Terra e Vetro
CIVIERO ARTE CONTEMPORANEA
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Non sempre è facile stabilire perchè è stata scelta la strada più difficile, però, nel tempo, ti accorgi che non è più per te stesso, ma per lasciare una piccola traccia a chi viene dopo.
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Giovanni Battista Pairola nasce a Imperia il 14 novembre 1935. Ha lavorato giovanissimo con i grandi nomi dell’arte italiana: Fontana, Lam, Fabbri, Scanavino con i quali partecipa alla grande Mostra “Omaggio ad Arturo Martini” con due opere dal titolo “Tele piegate”, una sua personale interpretazione della pittura (cemento, tempere e tela di sacco). In quegli anni lavora anche a Parigi e partecipa alla mostra organizzata dall’U.N.E.S.C.O. “Salvare Venezia”. Ritornato in Italia lavora a Milano per frequentare poi il gruppo di Calice con artisti della levatura di Bueno, Nespolo, Adami, Boetti. Nel 1975 Pairola accende un grande falò e brucia tele, colori e pennelli, un gesto coerente con il suo stile di vita, un suo modo di chiudere con la pittura.
Inizia una nuova esperienza, l’amore per la materia e la creta. Si immerge per lunghi anni nello studio delle terre fino al trionfale successo della “Terra e Vetro”, dando vita per la prima volta al mondo, all’unione di queste due materie antiche quanto l’uomo. Il direttore del Museo d’Arte Moderna di Faenza lo inserisce nel volume “The masters of modern ceramics”. Scrive Dragone: “la trasparenza del vetro che a caldo si innesta sulle argille sottoposte a cottura riducente, qualifica i risultati formali nei vari oggetti che l’artista vien modellando: dai magmi materici, ai vasi bottiglia, dalle figure alle piastre”. Le opere di Pairola si conservano in numerosi musei e gallerie d’arte moderna: Faenza, Firenze, Ginevra, San Francisco e Los Angeles. Muore a Sanremo il 20 gennaio 2013.
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VITA DA ARTISTA 5
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iovanni Battista Senardi, in arte Pairola, un borgo dell’entroterra di San Bartolomeo al Mare, tanto amato da assumerne il nome. Pairola nasce ad Imperia nel 1935, il 14 Novembre.
Negli anni ’60/’70 lavora ad opere materiche di sua personale interpretazione (pasta di cemento, miscelata a tempere su una superficie di tela di sacco). In quegli anni lavora a Parigi e presenta una sua opera alla mostra “Salvare Venezia”, organizzata dall’Unesco. Ritornato in Italia, lavora a Milano, per frequentare poi il gruppo di Calice, nell’entroterra di Savona, con Fontana, Dova, Lam, Agenore Fabbri, Mondino, Adami, Scanavino, Boetti, Bueno, Nespolo, con i quali partecipa anche alla grande Mostra “Omaggio ad Arturo Martini”, con due opere “tele piegate”. Partecipa, inoltre, negli anni ’70, a personali nella galleria “Il Brandale” di Savona e al Centro d’arte Janneret di Ginevra, uno dei più prestigiosi a livello europeo, in cui è esposta in mostra permanente una sua opera, premio Renault. In occasione della mostra personale al centro d’arte e cultura “Il Brandale” di Savona scrive nella presentazione: “Dal 1935 al 1960 senza interesse, poi ho prodotto cose inutili (quindi artistiche), sintetizzando sempre più verso una
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strutturazione uniforme, seguendo una linea costante che mi ha portato a centrare tutto il mio interesse sull’esecuzione, applicando sistemi semplici ed evidenti”. C’è già, come vedremo in seguito, il suo profondo interesse, forse ancora inconscio, per la scultura in terra e per la ceramica Raku. Continua Pairola: “Le sole piegopitture, che si concretizzano su una superficie libera sono causate dall’azzardo reale, con una netta soppressione del tema. Automaticamente il colore si sviluppa dopo la nascita delle “piegopitture”, come elemento complementare e non primario”. C’è nella ricerca di quegli anni uno sguardo attento ai movimenti che hanno segnato l’Arte Contemporanea del dopoguerra, soprattutto il lavoro di Burri sull’espressività della materia e la Pop Art americana sulla valenza artistica degli oggetti di uso quotidiano. Tale ricerca si concretizza nelle opere citate, da lui denominate “piegopitture” e sul bellissimo “ulivo bruciato” (Fig.13) rivestito con stoffa e gesso. Il decennio che ha preceduto l’invenzione della “Terra e Vetro” riveste particolare importanza, anche se è stato difficile reperire opere che documentino il lavoro di quegli anni (Fig.11-12-15).
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La mostra alla Galleria Brandale di Savona, galleria storica di avanguardia, sulle piegopitture, alcune delle quali sono documentate (Fig.7-8-9-10-16), è già un punto di svolta nel percorso dell’artista. La volontà sempre presente di passare “all’esecuzione”, lo porta al passaggio fondamentale dalla rappresentazione su tela al lavoro di piegatura sulle stoffe. Emerge il desiderio di manualità, le tele vengono piegate nella ricerca estetica di forme nuove. Non è importante solo il fattore estetico, ma anche e forse soprattutto, il bisogno di nuovi materiali, un primo distacco dall’opera intesa come pennello-tela. Distacco che diventerà totale nell’ulivo bruciato rivestito con stoffa e gesso, databile all’inizio degli anni ’70. Nell’opera, che è ormai scultura, Pairola si serve dell’espressività della materia, tratta dalle fondamentali esperienze di Burri, e di materiali di uso quotidiano, quali la stoffa e il gesso; ne risulta un’opera di grande impatto estetico ed emotivo. Nel 1975 Pairola si ritira nel suo borgo e inizia uno studio sulle terre e sul vetro. 8
Scrive Rodolfo Falchi: “È proprio in quell’anno che Pairola accende un grande falò e brucia tele, colori e pennelli, un gesto coerente con il suo stile di vita di uomo e di artista, un suo modo di chiudere con la pittura. Inizia così una nuova esperienza: l’amore per la materia e la creta, un’amore che diviene via via sempre più totale, fino al trionfale successo della “Terra Vetro”. Sono riuscito in una ricerca condotta con Valeria Wadsworth a rintracciare il perito chimico Livio Borgis che, dietro mia sollecitazione, mi ha inviato una mail che rappresenta, per me, un documento di straordinaria importanza perché, oltre a notizie esclusive, data il periodo di studio e di preparazione che è stato necessario per giungere al traguardo delle sculture in “Terra e Vetro”. Scrive Livio Borgis: “Ricordo che Pairola aveva uno splendido forno a muffola, con caratteristiche tecniche di tutto rispetto ed un buon controllo della temperatura. Scherzando gli dissi: con un forno così puoi rifondere anche il vetro. Dopo un attimo di pausa gli si illuminarono gli occhi e rispose: ci ho già pensato, ma non so bene come fare e mi mancano i materiali.
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Se vuoi i materiali te li posso procurare io e ti posso fornire anche della letteratura tecnica sul vetro. Così ebbe inizio il lavoro di Pairola. Portai con me i materiali necessari e anche una vecchia termocoppia con un intervallo di misura delle temperature, utile per ricontrollare la fase di ricottura, fondamentale per evitare di mandare tutto in frantumi. Ma la cosa più interessante fu l’impiego di un certo materiale che venne utilizzato come facilitatore dell’aggrappo fra la terra e il vetro. Pairola provò, riprovò, distrusse un bel po’ di roba prima di riuscire a domare questi due materiali, unendoli, seppure in equilibrio instabile, quasi magico e creando così opere notevoli, che riescono solo ai “matti” come lui. All’inizio degli anni ’80, Pairola acquisisce mercato nazionale, espone al Palazzo del Parco a Diano Marina e alla Galleria Pirra di Torino sculture in “Terra e Vetro” ottenendo uno strepitoso successo. Il direttore del Museo d’Arte Moderna di Faenza lo inserisce nel volume “The masters of modern ceramics”. 10
Il suo crescente successo di critica e di mercato si concretizza nel 1982, quando Pairola ha l’onore di rappresentare l’Italia in Giappone in una esposizione della durata di tre mesi al Kamasura Codansha Cheramich Museum di Tokyo. L’opera presentata è una scacchiera in ceramica, costata quattro mesi di lavoro, interpretata con estro e personalità artistica unici. L’opera è ampiamente documentata nelle pagine finali del volume. Inizia il periodo più esaltante della sua produzione artistica, corroborato anche dal grande successo di mercato. Diceva Modigliani: “La scultura ha il fascino del divino, perché puoi plasmare delle creature”. Non so se Pairola avesse un concetto così alto del proprio lavoro, ma una cosa è certa: quando, in occasione della personale al Brandale di Savona Pairola manifestava “tutto il mio interesse nell’esecuzione” indicava, con chiarezza, il suo futuro approdo alla scultura. Se è vero che nelle sue opere non si avverte l’ansia di “plasmare delle creature” appare, tuttavia, con forza ed evidenza il piacere, quasi fisico, di plasmare la materia, di immergere le mani nella creta, creando, questo sì, forme continuamente nuove. Le sue “piastre”, fra i lavori qualitativamente più importanti, non sono mai ripetitive.
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Le forme si rinnovano in continuazione: da peduncoli simili ad alghe marine, a straordinarie forme tondeggianti che ricordano le note musicali, a forme complesse simili a corde annodate. C’è una piastra, in cui, eccezionalmente, il vetro la fa da padrone, eppure, nel caos apparente, l’immagine che ne risulta esprime una grande forza, per le proprietà estetiche insite nella materia. In ogni sua opera c’è originalità ed estro creativo: dai piatti, a volte lavorati con incavi laterali o con “impronte” in superficie come quelli pubblicati, ai vasi, dove la forma è solo un pretesto per poter inserire preziosi decori. Appare del tutto evidente come, nelle sue sculture, il sesso femminile sia assoluto protagonista, ma è indubbio che qualsiasi sia la fonte di ispirazione, il risultato è straordinario. Si noti la piccola medusa in cui i peduncoli dell’animale sono ottenuti con microscopiche gocce di vetro oppure le “spugne” o la piccola “vela”, in cui il vetro sembra sospeso nel vuoto e conferisce al tutto un aspetto magico. Nei numerosi disegni preparatori (Fig.3-4-5-6), alcune dei quali, poi, tradotti in scultura Terra e Vetro, appare, con frequenza, l’immagine della figura femminile con la bocca aperta. 12
L’espressione del volto si ritroverà, identica, in numerose sculture. Sono sculture che esaltano momenti erotici, in posizioni che non lasciano adito a dubbi, tuttavia l’espressione del volto non è esattamente quella di un godimento estatico, è, anzi, a volte, inquietante e quasi di sofferenza, come se l’Artista lasciasse a chi guarda l’emozione legata al proprio personale stato d'animo. La rappresentazione di immagini che oscillano fra l’estasi e la sofferenza sono, forse, la rappresentazione di una insoddisfazione interiore dell'artista, nella convinzione che sia pressochè impossibile trovare negli altri un completo appagamento. I disegni, i lavori prodotti con la sola argilla (Fig.1-2-14-17-18), e le prime interessantissime prove realizzate con terra e vetro, testimoniano quanto laborioso e difficile sia stato il percorso verso la “Terra e Vetro”. Le mostre del Palazzo del Parco a Diano Marina (6 - 30 aprile 1985 e 22 marzo - 6 aprile 1986) sono uno strepitoso successo con un centinaio di opere presentate, tutte in Terra e Vetro, e tutte vendute. Anche alla Galleria Pirra di Torino, una delle più importanti gallerie italiane del settore, nella personale “Omaggio a Torino” (23 novembre - 7 dicembre 1985), il successo di vendite e di apprezzamenti critici è notevole.
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Le principali riviste specializzate, comprese le riviste nazionali di arredamento, nel presentare abitazioni prestigiose, indicano sovente la presenza di sculture Terra e Vetro di Pairola. Anche in opere apparentemente meno importanti, quali vasi, piatti, coppe Pairola eleva l’oggetto a forme non standardizzate intervenendo sullo stesso, aggiungendo, togliendo, modificando, impreziosendo la struttura iniziale. Nella presentazione che scrissi in occasione della mostra personale alla Galleria Pirra di Torino rilevai, credo, gli elementi essenziali dalla scultura in terra e vetro: “La trasparenza del vetro che Pairola è riuscito a conferire alle sue sculture dà quel senso di alleggerimento delle masse che la terra, sola, non avrebbe potuto conferire”. Perché, mi chiesi, Pairola ha scelto per la sua opera assenza di colore? È una scelta ben precisa che intende privilegiare la plasticità dell’opera, porre in rilievo la forma, non può essere diversamente se si pensa che nessuna opera d’arte più della scultura in terra nasce dall’intervento della mano dell’uomo, in nessun’altra la manualità che dà vita e forma è altrettanto importante. L’assenza di colore, quindi, è significante proprio in quanto tale, sostituita dalle modulazioni della materia. 14
Vorrei ancora aggiungere un pensiero sulla tecnica Raku, da Pairola così amata e approfondita. Il Raku è una tecnica di origine giapponese. Nasce nel sedicesimo secolo, in sintonia con lo spirito Zen che esalta l’armonia presente nelle piccole cose e la bellezza nella semplicità e naturalezza delle forme. Il termine giapponese Raku significa, letteralmente, comodo, rilassato, piacevole, gioia di vivere. Durante il processo Raku il pezzo subisce un forte shock termico, ci vuole, quindi, un’argilla robusta e refrattaria. Il pezzo, in argilla refrattaria bianca, dopo essere stato modellato, viene cotto, una prima volta, a 950/1000° C. La decorazione dell’opera per Pairola, prescindendo dal colore, consiste nel processo di riduzione, processo chimico che permette di ottenere effetti di passaggio dal colore nero al colore grigio. Nel 1989 Pairola si reca nella Repubblica Dominicana, dove, per conto del governo, realizza due statue di grandi dimensioni, una per la Plaza della Juventud, l’altra per Plaza de los Estudiantes a Santo Domingo. Il “Listin Diario” del 12 ottobre 1989, il più importante giornale della capitale dominicana, dedica a Pairola l’intera pagina culturale, col titolo “El escultor Gianni Pairola”. Nell’estate del ‘92 l’artista torna in patria.
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Per chi scrive termina qui la grande stagione artistica di Pairola. Da allora non più sculture in terre e vetro, non più ricerca, difficoltà assortite di vita. Ciò che Pairola ha realizzato rimarrà nella storia dell’arte della nostra terra e oltre, come un segno indelebile del grande Artista che lui è stato. Termino questa mia presentazione con ricordi personali, per quanto limitati, che possono aiutare a comprendere il suo modo di vivere, le fonti della sua Arte. Ho frequentato Pairola per trent’anni, ne ho ammirato l’estro creativo e la sua voglia inesauribile di “scoprire” qualcosa di nuovo. Ho ascoltato le sue colorite storie in giro per il mondo, la sua capacità tutta italiana di cavarsela in qualsiasi situazione, un’etica, tutta sua, che lo portava ad affrontare i momenti difficili senza mai lamentarsi. Suo era lo spirito “bohémien”, che lo animava, quell’aura di artista sopra le righe che lo ha sempre accompagnato. La profonda conoscenza dell’universo femminile ha profondamente influenzato la creazione delle sue sculture in terra e vetro, ove sono sovente presenti espliciti riferimenti all’organo genitale femminile. 16
Tutto ciò ha, tuttavia, prodotto opere di grande bellezza, affascinanti, frutto di un’estetica nuova, sconosciuta, che solo attraverso la fusione della terra con il vetro poteva realizzarsi. Un giorno, non molti anni fa, venne da me, in galleria, e mi disse che sarebbe partito per il Messico. Gli scrissi una lettera in cui ripercorrevo i risultati sorprendenti e straordinari degli anni ’70 e ’80, ma, allo steso tempo evidenziavo le difficoltà, che, sovente, sorgevano a rapportarsi con lui. Usai una parola forte “poco affidabile”. Pairola non partì. Dopo due mesi entrò in galleria e mi disse “Ricordi la lettera che mi hai scritto?” risposi: “Certo”. Riprese “Non c'è una parola sbagliata”. Era consapevole della vita che conduceva, alla sua maniera, senza sottostare ai voleri di nessuno, i cui capisaldi, almeno per ciò che dava a vedere, erano due: l'arte e la donna. Non era facile penetrare nel suo intimo, raramente si confidava, rare erano le espressioni che riguardavano la sua vita privata, i suoi affetti. Dava l’impressione di un uomo che non si poneva molti problemi per quanto riguarda i rapporti con gli altri esseri umani, eppure, nel suo animo, assieme all’amore per l’Arte, doveva esserci una sensibilità forte, che, forse, lui non voleva fare apparire. Ci ha lasciato pochi scritti e tutti quelli che conosco riguardano il suo lavoro di artista. Sul certificato di morte alla voce residente si legge: “irreperibilità al censimento” è l’ultimo messaggio di una vita d’artista.
Pairola non datava i propri lavori. Le opere pubblicate sono tutte realizzate nel decennio 1976-1986.
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TERRA E VETRO 19
Piastra in terracotta e vetro
cm 32,8x32,8
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Piastra in terracotta e vetro cm 32,8x32,8
21
Piastra in terracotta smaltata e vetro cm 33x33
22
Piastra in terracotta smaltata e vetro cm 32,5x35,5
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Scultura in terracotta e vetro cm 31,5x22x17
24
Scultura in terracotta e vetro cm 32,8x32,8x20
25
Piastra in terracotta smaltata
cm 32,5x32,5
26
Piastra in terracotta e vetro cm 43,5x43,5
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Piastra in terracotta e vetro smaltato
cm 45x45
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Piastra in terracotta cm 47,5x47,5
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Scultura in terracotta e vetro cm 40x14x21
30
Scultura in terracotta e vetro cm 40x28x20
31
Scultura in terracotta e vetro cm 29x32x31
32
Scultura in terracotta e vetro cm 30x27x19
33
Vaso in terracotta e vetro h. cm 25
34
Piastra in terracotta e vetro cm 32,8x32,8
35
Piastra in terracotta cm 38x30
36
Scultura in terracotta e vetro cm 19,5x19,5x15
37
Scultura in terracotta e vetro cm 16,5x15x17
38
Scultura in terracotta e vetro cm 19,3x19,3x14
39
Scultura in terracotta smaltata e vetro cm 10x13,5x39
Scultura in terracotta e vetro cm 15x7x39
40
Piatto in ceramica smaltata diam. cm 36,5
41
Scultura in terracotta e vetro
cm 10x10x21,5
Scultura in terracotta smaltata
h. cm 15,5
42
Piatto in ceramica smaltata diam. cm 36,5
43
Scultura in terracotta e vetro cm 11,5x9x13
44
Piatto in ceramica smaltata diam. cm 41,5
45
Scultura in terracotta e vetro cm 10x10x11,5
46
Vaso in ceramica smaltata h. cm 16
47
Scultura in terracotta e vetro cm 10x10x16
48
Piatto in terracotta diam cm 31,3
49
Scultura in terracotta e vetro cm 10x10x15,5
50
Piatto in terracotta smaltata e vetro diam cm 22,5
51
Scultura in terracotta e vetro cm 13,5x13,5x17
52
Piatto in terracotta smaltata diam cm 24,5
53
Scultura in terracotta e vetro cm 9x8,5x11,5
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Maschera in terracotta smaltata diam cm 26
55
Scultura in terracotta e vetro cm 12,5x17x14
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Vaso in ceramica smaltata e vetro h. cm 22
57
Vaso in terracotta smaltata
h. cm 16
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Scultura in ceramica smaltata h. cm 27
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Scultura in terracotta e vetro cm 15x15x11
60
Vaso in ceramica smaltata h. cm 35,7
61
Scultura in terracotta e vetro cm 7x8x7,5
62
Vaso in ceramica smaltata h. cm 36,5
63
Scultura in terracotta cm 25x25x41
64
Vaso in ceramica smaltata h. cm 25
65
Scultura in terracotta e vetro
cm 7x7x16,5
66
Scultura in terracotta smaltata cm 12,5x14x40
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Scultura in terracotta smaltata e vetro cm 17x7x20
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Vaso in ceramica smaltata h. cm 36,5
69
Scultura in terracotta smaltata e vetro cm 16x10x23
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Scultura in terracotta smaltata e vetro base diam. cm 25 - h. cm 33,5
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Scultura in terracotta e vetro
cm 17x14x14
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Scultura in terracotta smaltata e vetro cm 15x8x39,5
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Scultura in terracotta e vetro
cm 19x22x12
74
Scultura in terracotta smaltata e vetro cm 14x9,5x43
75
Scultura in terracotta e vetro
cm 19,3x19,3x15
76
Scultura in terracotta e vetro cm 38x32x21
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Scultura in terracotta e vetro
cm 30x26x26,5
78
Scultura in terracotta smaltata e vetro cm 32,8x32,8
79
Scultura in terracotta e vetro
cm 33x33x26
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Scultura in terracotta e vetro cm 32,7x32x8,5
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HANNO SCRITTO 83
Potrebbe apparire strano parlare di Pairola - pittore, scultore, ceramista- agli Imperiesi ed ai Dianesi, ma così non è: la naturale ritrosia di questo Artista, il volontario ritirarsi a lavorare ed esporre lontano dai luoghi natali, non hanno, finora, permesso di conoscerlo che a quanti ne hanno seguito l’operato nel suo quasi-esilio. Un vuoto che questa Mostra di Diano Marina permette, finalmente, di colmare. Le sculture-ceramiche che Pairola presenta sono di altissimo livello, artistico e tecnico; dimostrano come egli (seguendo con tenacia un quasi doloroso cammino di evoluzione attraverso le più diverse forme di espressione, dalla tela e dagli olii, alla carta, alle stoffe e, finalmente, alla ceramica) abbia sempre tenuto fede ad una sua precisa concezione dell'arte che non tollera deviazioni o prostituzioni. Le sculture di Pairola - siano esse le maschere, i nodi, le foglie, le elevazioni e gli incavi - hanno sempre una loro maschia vitalità, una personalità ben qualificata. A quella che è la inesauribile fonte di ispirazione si aggiunge la magia della realizzazione tecnica: superfici lucide ed opache, antri misteriosi in cui la fantasia ama perdersi; un linguaggio quasi ignoto, eppur chiaro alla mente, che non stanca ed affascina. Nell’antro di fuoco e di terra dove prepara e cuoce le sue opere, Pairola ci appare come un Prometeo che ruba la fiamma al sole per donarla agli uomini.
Recentemente Pairola ha apportato alle proprie realizzazioni una sensazionale innovazione tecnica, una vera e propria invenzione: è l’inserimento del vetro nella terra, fino a diventarne parte integrante: superando difficoltà tecniche inimmaginabili Pairola ha trovato modo di aggiungere questo nuovo materiale al suo bagaglio espressivo. Bruno Viano La trasparenza del vetro che a caldo si innesta sulle argille sottoposte a cottura riducente, qualifica i risultati formali nei vari oggetti che l’artista viene modellando: dai magmi materici (non immemori di nereggianti lave vulcaniche), che sfociano in una sorta di informale, ai vasibottiglia, dalle figure alle piastre.
Angelo Dragone Attraverso una ricerca di materiali e di tecniche diverse Pairola, è pervenuto a una personale interpretazione di oggetti, di forme che riconducono al magma delle eruzioni vulcaniche, di figure dolorose e angoscianti. Si ravvisa in questo suo mondo il senso di una sofferta inquietudine che trova più rasserenanti approdi nelle allungate bottiglie e in quel suggestivo rapporto che intercorre fra le terre scure e corrose e le parti in vetro che creano una nuova dimensione espressiva: “la trasparenza del vetro che Pairola è riuscito a conferire alle sue sculture - nota Lorenzo Civiero - dà quel senso di alleggerimento delle masse che con la terra, sola, non avrebbe potuto ottenere”.
Angelo Mistrangelo
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Il cammino artistico di Pairola è assolutamente naturale. Passato attraverso le più ampie esperienze pittorico/grafiche, approda alla “TERRA” con la più assoluta “Naturalità” senza forzare o prevaricare la propria personalità e sensibilità. L’approccio è perciò genuino e spontaneo, non così il suo fare artistico che è impegno costante e sofferto. In una ricerca continua che va dalla costruzione di forni sia ceramici che forni vetro, alla miscelazione delle argille, Pairola ha “inventato” l’unione del Vetro alla Terra creando così nuovi materiali. Le opere che nascono non concedono nulla alla banalità ripetitiva, non vogliono essere e non sono l’oggetto ornamento, l’oggetto funzione, poiché vivono di una vita assolutamente autonoma: si collocano al livello dell’oggetto d'arte. Ogni “Terra e Vetro” di questo artista è altamente qualificante della personalità e delle tensioni interiori, con le quali Pairola sempre affronta la propria opera. Queste “Terre” così scure, così laviche, così materiche, così sofferte, sono belle poiché l’artista non viene mai meno al dovere stimolante, ma difficoltoso del creare.
Prof. Giovanni Valdini
Liberando la tela dalla cornice, dandole in tal modo massima libertà di esistere, l’artista agisce sulla medesima, piegandola e stirandola astrattamente: dalle linee ricavate interviene internamente con situazioni geometriche di colore. La grande tela stirata dall’artista assume ormai forma e diventa oggetto valore (camicia). Pairola ha scritto una presentazione, ampiamente documentata, sul perché e sul come è giunto, attraverso la ricerca di quei materiali, che sono diventati camicia - stoffa, camicia - carta e poi camicia - plastica, all’oggetto. Più tardi la plastica avvolgerà l’ulivo diventando personaggio. Nel 1975 Pairola scopre la pietra, e per arrivare alla creta il passo è breve. L’artista intuisce subito la vastità della ricerca e studiando le diverse terre arriva ad un proprio impasto, unico per sopportare qualsiasi choc termico. La ricerca è estesa ai forni. Ne costruisce quattro coperti ancora oggi da segreto professionale. Approfondendo gli studi sulla terra e variandone i componenti chimici perviene ad una situazione vetrosa che gli permetterà di unire il vetro, creato con componenti che risultano con il medesimo coefficiente di dilatazione della massa argillosa, alla terra stessa.
Rodolfo Falchi
Alla Galleria Pirra Ceramiche, in Lungo Po Cadorna 1, Torino è allestita una stimolante ed interessante personale: sono in mostra le personalistiche sculture realizzate con terra e vetri da Pairola. Questa ricerca artistica non va considerata quale momento episodico, ma, aggregazione e continuazione di incisivi itinerari espressivi. Infatti, l’operazione culturale artistica di Pairola nasce da un'incisiva analisi dei fenomeni naturalistici mediati attraverso riflessione e creazioni consone all'etimologia scultorea. Le terre che Pairola plasma e cuoce autonomamente, attraverso le sue mani, acquisiscono markers di netta derivazione realistica e le successive cotture e l’inserimento quasi magmatico dell'elemento “vetro” conferiscono a questi preziosi, individualistici manufatti, le caratteristiche di una elitarietà formale di ampia risonanza. L’abbinamento, o forse, meglio, una nuova utilizzazione del binomio, “terre” e “vetro” acquisisce nelle opere di Pairola, strutture linguistiche create ex-novo, la cui topologia ambientale possiede precise morfologie di comunicazione visiva ove l'elemento creativo focalizza uno strutturalismo dalle ascendenze neo-figurative. Lo studio di forme pure, in cui Pairola raggiunge esiti determinanti, consente al nostro artista di evocare anatomie primitive ove il costante impegno artistico è lo strumento essenziale per dominare la materia: terra e vetro oggi, note amplificate di un poema sinfonico le cui origini si stemperano nel passato.
Fondere il vetro nella terracotta e amalgamare due materie che, sinora, potevano essere unite solo con l’uso di collanti: è il sogno di generazioni di artisti. A farlo diventare realtà è il ceramista Pairola. Nel paesino dell’entroterra di San Bartolomeo al Mare, dal quale ha preso il nome d’arte e dove da anni vive e lavora, Pairola, con un operazione da alchimista è riuscito a “sposare” la terra con il vetro. Impresa impossibile, sinora, perchè l’una e l’altro dovevano essere cotti e lavorati separatamente e poi attaccati fra loro con un mastice. Con un accorto dosaggio delle sostanze chimiche che compongono la terra, il pericolo di uno schock termico è stato scongiurato, e così Pairola può modellare a suo piacimento il vetro, senza timore che la ceramica non regga. Non è stata un’intuizione casuale per Pairola. Era dal ’76, infatti, che si dedicava ad esperimenti in tal senso, prima sulle diverse qualità di terra, poi sui forni, interamente costruiti da sè, con tecniche particolari, per ottenere effetti straordinari. Le prime febbrili prove hanno dato risultati positivi. Spiega Pairola: “mi è sempre piaciuto curiosare nella materia. E adesso posso compiere interventi nella roccia aperta, scavata per impreziosirla con ricami di vetro”.
Stefano Delfino
Giorgio Borio
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uando lo scultore italiano Gianni Pairola ha eletto la Repubblica Dominicana a suo destino turistico, non immaginava che la sua fama si potesse espandere più di quanto fosse pensabile e meno che mai che le sue sculture diventassero un complemento estetico e simbolico degli edifici che il governo avrebbe costruito a Villa Juana e Villa Francisca. Pairola, il cui vero nome è Giovanni Battista Senardi, è un eminente rappresentante della scultura italiana, nativo di Imperia. Ha partecipato a molte esposizioni personali e collettive in nazioni diverse, quali Inghilterra, Germania, Svizzera, Svezia, Belgio, Francia, Usa e Giappone. Ha esposto con scultori e pittori del livello di Fontana, Dova, Lam, Fabbri, Mondino, Adami, Scanavino, Boetti, Bueno e Nespolo, con i quali partecipò ad un omaggio al grande scultore italiano Arturo Martini. Al ritorno dalle vacanze dalla Repubblica Dominicana portò con sé una tale impressione delle bellezze del paese, che iniziò a pensare di potervisi stabilire. Ebbe alcuni contatti con imprenditori italiani residenti nel paese e in seguito vi fece ritorno con l’intenzione di trovare lavoro. Quando gli ingegneri incaricati delle opere pubbliche a Villa Juana e a Villa Consuelo, seppero che Pairola si trovava nel paese lo contattarono e concordarono con lui la creazione di due sculture, una per la Plaza de la Juventud e l’altra per la Plaza de los Estudiantes, da inserire nel progetto di ristrutturazione di questi quartieri. Pairola ha creato provvisoriamente il suo laboratorio in un locale della via 30 di Marzo, dove ha preparato le sculture che saranno in seguito collocate nel dicembre dello stesso anno.
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Con la bocca aperta Una caratteristica delle rappresentazioni relative agli esseri umani che scolpisce Pairola consiste nel fatto che tengono sempre la bocca aperta. Ciò ha origine da una concezione dell’artista che raffigura la bocca aperta, come sete del sapere, la curiosità. Per quanto concerne le sculture che prepara, afferma che ognuna nasconde un significato molto legato al luogo dove sarà collocata. Le sculture rappresentano composizioni di figure umane, fra loro collegate pur non essendo forme staccate, al contrario ognuna si relaziona con l’altra in una visione di insieme mantenendo però ognuna il proprio significato. Altra caratteristica delle figure di Pairola è rappresentata dal fatto che tutte stanno sedute, ciò rappresenta la stabilità l’equilibrio dell’essere umano. La scultura collocata davanti alla torre de Profesionales, raffigura la professionalità, la gioventù, la famiglia e la cultura. Quella collocata nella Plaza de los Estudiantes rappresenta la gioventù che studia e le due figure extraterresti enfatizzate dall’artista, rappresentano il sapere e la conoscenza superiore. Pairola afferma che, al fine del risultato dei suoi lavori, l’esperienza lavorativa nel paese, è stata molto positiva.
Listin Diario - 1° ottobre 1989 Traduzione dalla spagnolo di Enrico Landini.
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Nella terra da millenni riconosciuta maestra nella produzione di opere in ceramica Pairola, rappresenta l’Italia al Kamasura Codansha Cheramich Museum di Tokyo.
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finito di stampare nel mese di maggio 2013 da Tipografia Camuna SpA Brescia
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Grazie a tutti Si ringraziano i collezionisti che, con la loro disponilità, hanno reso possibile la pubblicazione delle opere. Un sentito ringraziamento al compianto Rodolfo Falchi che, con passione e competenza, ha seguito il lavoro di Pairola prima di me, e il cui archivio mi è stato un prezioso aiuto. Ringrazio, in modo particolare, Valeria Wadsworth, persona straordinaria, senza la cui preparazione ed eccezionale impegno nel raccogliere e conservare le opere dell’artista, questo volume non avrebbe, probabilmente, mai visto la luce. Un sentito ringraziamento ad Erminia e Guido Ferreri, abituali frequentatori dell’Artista, il profiquo scambio di opinioni e di conoscenza mi è stato di grande aiuto. Ringrazio ancora Nicola Senardi, fratello di Pairola, per il concreto contributo alla realizzazione del volume. Ringrazio mio figlio Francesco autore di tutte le immagini fotografiche, compito brillantemente risolto nonostante la complessità della materia. Gianni Comolli Art Director e creativo per l’impaginazione e l’immagine editoriale. Ivan Carella e Oriano Stancari per l’interpretazione e la cura nella costruzione dei finish layout. Massimo Franchini, che con tutto lo staff della Tipografia Camuna sono riusciti a valorizzare e a dare anima a questo volume.
Lorenzo Civiero