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1 1. Butcher’s Bridge Ljubljana, Slovenia - model 2. Condominium Trnovski Pristan Ljubljana, Slovenija ph. Hisao Suzuki

La fase A del Concorso Venice CityVision è basata tutta sulla comunicazione, mal a fase B è più importante: come potranno essere comunicate queste 200 proposte per influenzare la visione e la traformazione futura di una città come Venezia?

PEB: Storia. A tuo avviso esistono dei limiti nel vivere e/o progettare in città storiche come Venezia o Roma? Se si quali sono i limiti? In che modo è possibile secondo te trasformare/ progettare le città storiche?

Il nostro primo libro si chiamava “3D > 2D: The Designers Republic’s adventures in and out of architecture” ed era una sorta di antitesi della monografia d’architettura. Non volevamo mostrare gli edifici, così li abbiamo annullati in un linguaggio grafico. Inoltre, avevamo intitolato una delle nostre mostre “Sadar-Vugas primavera estate 2000” presentando il nostro lavoro come una collezione di moda: non facciamo edifici alla moda, ma abbiamo imparato a comunicare gli edifici dalla moda.

BV: La città storica è come un organismo vivente che ha bisogno di essere trasformato. La cosa peggiore che potrebbe accadere ad una città storica, in qualsiasi parte del mondo, è quella di essere congelata come un’ area protetta senza possibilità di trasformazione. Città come Venezia o Roma sono città stratificate in cui è possibile leggere le tracce della storia. Questo le rende città davvero interessanti.

PEB: Innovazione. Sempre in un’intervista video per AD hai detto: “Fare innovazione vuol dire saper produrre e saper comunicare: per riuscire a fare innovazione bisogna in primis saper comunicare la propria idea al cliente, all’impresa e al pubblico”. Oltre alla comunicazione in che modo si può realmente innovare l’ambiente, il contesto locale in cui si vive? BV: Al fine di essere innovativi in architettura è necessario farlo in uno spazio 3D. Non virtuale, ma in uno spazio reale. Questo è ciò che l’architettura può fare e nessun altro può fare. Innovare è permettere nuove esperienze alle persone che entrano nell’ edificio, che sono in interazione fisica con esso: permettere di toccare, sentire, annusare e vedere lo spazio che abbiamo creato. Tutto qui.

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In realtà dovremmo tentare di capire quali sono le possibilità di un cambiamento che arricchisca e consenta una trasformazione dinamica della città. Non sto dicendo che città come queste dovrebbe essere demolite o completamente cambiate, ma, perché non trovare specifiche aree nel centro storico di Venezia, che potrebbe diventare la Venezia del XIII secolo? Voglio dire, se a Venezia è possibile vedere edifici del XVI secolo accanto al XVII e XVIII secolo, perché non vedere anche il secolo XIII? Naturalmente ci sono dei limiti, ed ecco perché è molto importante, non solo per gli architetti, trovare criteri che permettano la trasformazione dei centri storici, magari trovando alcuni edifici di minor valore rispetto agli altri sui quali lavorare.


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