Cittadini & Salute Settembre 2011

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Editoriale

Sanità e Politica, gemelli diversi di Angelo Nardi Il 7 settembre in Parlamento il

ministro della Salute Ferruccio

Fazio ha risposto alle interroga-

zioni di alcuni deputati.

“Per una volta la sanità non è

stata toccata e questo è un segnale importante, anche se il settore è stato toccato nella manovra

di luglio”.. Ma sempre sulla mano-

vra, il ministro: “Nella manovra - Ipsissimum verbum - l'unica

cosa prevista per la sanità è la rimozione del blocco del turn over

nelle Regioni con piano di rientro, e questa è una cosa positiva”. La vittoria per la Sanità invece consiste nella deroga all'ipo-

tesi del blocco di turn over per quegli enti regione commissa-

riati perché impegnati nelle operazioni di rientro dal deficit

sanitario.

Non si vede perché la stessa operazione non possa esser ten-

tata per il deficit pubblico: obbligo a rientrare dal debito pubblico adottando scadenze inderogabili.

L’unica deroga deve consistere nella possibilità di recuperare

il personale con nuove competenze. Rientrare dal deficit pub-

blico è possibile adottando politiche di vendita di pezzi inutili di Stato presenti in Finmeccanica, nelle Società partecipate, nelle Ferrovie dello Stato ... Presenze che nel terzo millennio non

hanno alcun senso se non per esercitare un controllo inutile da parte della politica.

Inutile, perché queste grandi realtà si muovono motu pro-

prio. Oltre che inutile, inattuale: perché attestano la disperazione dei governi che perdono potere e cercano di arroccarsi al fatto di essere azionisti dei luoghi dove l’economia vera decide. Ma i governi non possono esercitare più alcun controllo sulle

dinamiche sostanziali dell’economia.

La classe politica è in piena crisi di identità. Prima che la

tecnocrazia prenda il reale sopravvento, come per la Sanità, la

politica si occupi della sua missione: dare un direzione al corso delle cose.

Lo stesso nel mondo della Sanità: liberarsi dai gravami am-

ministrativi e politici per occuparsi esclusivamente della salute dei cittadini.

Idealismo? No. Si tratta dell’unico modo per non venir sop-

piantati dalla tecnica.

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Trentotto miliardi di deficit per la Sanità in dieci anni

Apple senza Jobs “Da me è tutto curabile, in Italia no” Virus che ammazzano i tumori Rubrica Prevenzione & Salute

Nutrigenetica, una risorsa per risorgere IHG/ Una nuova organizzazione dell’assistenza psichiatrica territoriale

Comici, miglior medicina contro le cardiopatie Sanità italiana, la bocciatura della Corte dei Conti Di nuovo le scimmie Acqua, preziosa come oro Di sale, si muore Malattie mentali, le più diffuse Tbc, arriva la Procura e la politica Vino rosso, solo un bicchiere!

Cittadini & Salute Mensile di informazione Socio-Sanitaria della Provincia di Roma est editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Art Director Antonella Cimaglia Webmaster Mariano Trissati Redazione Via Galletti, 16 00012 Villanova di Guidonia (Rm) e-mail: redazione@cittadiniesalute.it Te l e F a x 0774 529498 - 0774 320278 S t a m p a Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Rm). Registrazione n. 31 del 29 giugno 2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato o spedito alla redazione, non verrà restituito. Chiusura: giovedì 8 settembre 2011

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Attualità

Trentotto miliardi di deficit per la Sanità in dieci anni

Il governo di spesa per la salute è accusato di aver sperperato, ma va pur detto che le sue voci di spesa sono appesantite da macigni che non hanno nulla a che fare con la tutela della salute propriamente detta.

Per il Sistema sanitario nazionale la manovra vale 8 miliardi di riduzione di trasferimenti in tre anni. All’alba del 2014, si conta di far entrare a regime i costi standard incidendo sul tendenziale di spesa con la speranza di fare dei costi standard virtù di bilancio. Una cura, quella del taglio caustico, che potrebbe essere peggiore del male. Infatti, semplicemente togliendo si può avere il contro-effetto da parte degli enti regione virtuosi. Anche loro potrebbero entrare nei piani di rientro. Sulla Sanità mezza Italia è sotto tutela. Alla faccia del federalismo! Ma il mondo della cura e prevenzione della nostra salute, oltre avere un livello di priorità di importanza indiscutibile, può essere considerato la terza industria del nostro Paese. A protestare non sono solo i medici e il personale direttamente coinvolto nella politica dei tagli. Le imprese che lavorano nel Sistema sanitario nazionale sono quelle più in allarme. Il problema è che nel conteggio dei costi per la salute si sommano una mi-

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riade di fattori che con le spese per assicurare a tutti una Sanità efficiente non hanno alcun nesso. Si tratta anche di voci importanti, come molte rilevazioni dell’Arpa (ad esempio) che dovrebbero far parte del monte spese per l’Ambiente, non per la tutela della Salute. Quando si tratta di costi esorbitanti bisognerebbe guardare di quante spese non ascrivibili alla Sanità vengono invece conteggiate in questa grande fonte di spesa. Un altro costo che non ha nulla a che fare con la Sanità riguarda l’amministrazione di cui ha bisogno la sua organizzazione aziendale. Il necessario apporto di uffici contabili, programmazione, statistica, management, non hanno nulla a che fare con la medicina, la farmacia, la diagnostica, la chirurgia e i costi delle loro strutture. Sono costi che potrebbero essere messi a carico di altre voci. Questo solo per mettere in chiaro questi sono i costi effettivi della Sanità e capire dove incidere. Quindi per spendere meno

in Sanità bisogna capire di quanti voci è fatto questo mega bilancio, che per molte voci poco ha a che fare con la Sanità. Quindi per limitare i costi, in una logica di manovra ispirata giustamente ai criteri di massima austerità, bisognerebbe usare innanzitutto la pala. Togliere cioè una miriade di costi impropri. Una volta osservati, in effetti, i motivi di sperpero, usare il machete onde tagliare i costi eccessivi, impropri, stroncare con la sopravvalutazione di prodotti e servizi. Solo dopo un’attenta analisi delle grandi voci di costo si può usare il bisturi per agire precisamente in situazioni specifiche dove si è esorbitato dai costi standard. I tempi corti a cui sono sottoposti gli amministratori impongono il tutto e subito e in questo l’effetto più tipico è la morte di cellule buone assieme a quelle cancerose, ma anche questo non assicura la sopravvivenza dell’organismo. Intendiamoci, in Italia il 48% dei cittadini hanno l’assistenza sanitaria pubblica commissariata o tartassata. Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo, Molise commissariate. È da questi numeri che parte la riflessione del settimo punto del «Manifesto» del Sole 24 Ore per la crescita. «Definire un patto di stabilità w w w.cittadinies alut e.it


Attualità interno effettivamente non derogabile sui parametri dei costi standard per la spesa sanitaria». Proposta tutta da riempire di contenuti. Ma certo qualsiasi riflessione sul futuro dell’universalismo che potrà restare della sanità pubblica, non può non partire almeno da tre considerazioni di fondo. La prima: il federalismo fiscale e i costi standard che dal 2013 dovranno diventare gradualmente la pietra filosofale del buon governo di asl, ospedali, aziende sanitarie pubblico-private. La seconda: il taglio pressoché scontato delle prestazioni essenziali (i Lea) oggi garantite, col prevedibile spazio che sarà lasciato alla sanità integrativa, se non sempre di più a forme sostitutive come le assicurazioni, per chi potrà permettersele, col risultato di segnare un sempre più im-

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petuoso ritiro dello Stato dal “tutto a tutti” che già oggi è una chimera. La terza considerazione, collegata a doppia mandata alle prime due: il gap tra le Regioni nell’offerta di servizi e nel governo del sistema locale, col Sud (da Roma in giù) che è sempre più un’Italia altra” di offerte in meno e di qualità inferiore. In tutta risposta la manovra va a colpire i casi, cosiddetti, lievi di intervento sanitario: i ticket che dovranno essere riconosciuti per le prestazioni sanitarie più lievi. Ma non tutti gli enti locali recepiscono la normativa nazionale della quota fissa. Sono fuori dal ticket quelli che percepiscono un reddito inferiore ai 36.152 euro. Lo stesso vale per coloro che usufruiscono di esenzione. Sono tenuti al pagamento di una quota fissa di 25 euro per

le prestazioni in Pronto Soccorso ospedaliero i “codici bianchi”, non seguiti da ricovero tutti coloro che non ne sono esenti ed hanno età maggiore di 14 anni. L’eccezione è per i traumi e gli avvelenamenti acuti. Esiste ora un ticket per le visite specialistiche. Secondo la nuova normativa nazionale, il ticket diventa fisso: 10 euro a ricetta. L’importo massimo per ricetta è fissato in 36,15 euro. Ciascuna ricetta può contenere fino ad un massimo di 8 prestazioni della stessa branca specialistica.
 Sono però previste una serie di esenzioni, per: patologie croniche; malattie rare; diagnosi precoce tumori; invalidità; gravidanza; test Hiv; reddito inferiore a determinate soglie. Bene usare il bisturi, come si diceva. Ma prioritariamente solleviamo la sanità da una miriade di costi impropri! Angelo Nardi

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Attualità

Apple senza Jobs

La battaglia contro il cancro dell’amministratore della Mela è iniziata otto anni fa

Il 24 agosto Steven Paul Jobs ha annunciato le dimissioni da amministratore delegato di Apple Inc. Il ruolo è stato ceduto al suo vice Tim Cook. Il titolo ha avuto una flessione del sette per cento in Borsa, d’altra parte era anche prevedibile che il fatto di aver lasciato la guida del colosso informatico lasci qualche profondo interrogativo sul futuro dell’azienda. La Apple fondata da Steve Jobs è la prima società quotata in borsa per valore di mercato. Era d’altra parte noto a tutti, dato che Steve Jobs lo annunciò nel 2004 che la malattia non gli avrebbe consentito di stare troppo a lungo alla guida di Apple. Nel 2003 a Jobs fu diagnosticata una rara forma di cancro al pancreas, l’anno dopo l’annuncio pubblico e la prima

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operazione al pancreas. Due anni fa il trapianto di fegato. Steve Jobs oltre a fondatore di Apple è stato proprietario di NeXT Computer acquisita poi da Apple, amministratore delegato di Pixar poi ceduta alla Disney, inoltre è anche membro del consiglio d’amministrazione e azionista di maggioranza della Walt Disney Company. Nel 2010 il Financial Times l’ha insignito del riconoscimento di personaggio dell’anno. Nell’anno 2007 entra nella classifica di Fortune come uno dei primi venticinque uomini di business del mondo. Ora sul genio della tecnologia e del fare impresa si addensano ben altre speculazioni che quelle di Borsa. Si ipotizza sulla sua salute, si fanno previsioni ri-

gorosamente non pubblicate ma che in definitiva trapelano dalle maglie larghe del mondo mediatico gestito in Rete. Il prossimo appuntamento è con la sua biografia. La si aspettava a dicembre, è stata anticipata un mese prima. Di lui, l’immagine chiara dell’uomo positivo, impegnato nella più importante lotta, dopo aver vinto quella con la sua affermazione di persona con idee nuove. Tutto nacque in un garage di una piccola città californiana. Il suo sogno ha raggiunto il mondo. Migliore testimonianza l’ha data lui stesso quando nel discorso per la laurea Honoris causa a Stanford enuncia un asserto che rimarrà nella storia: “non si possono connettere i punti guardano avanti, si può farlo soltanto guardano indietro”. Ed anche la sua lotta contro il cancro deve seguire lo stesso percorso a ritroso. Rex Stout

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Attualità

“Da me è tutto curabile, in Italia no” Vasco Rossi mai così a contatto con i suoi fans. La malattia gli ha dato un aura di vate, ma la sua battaglia - ammette lui stesso - è per la sua salvezza.

La rock star non ha potuto presenziare a Venezia, ha sospeso il suo tour ma non smette di mordere e di far arrabbiare i benpensanti. Ha dichiarato che non si sottoporrebbe mai a chemioterapia se fosse ammalato di cancro e lì si sono scatenati gli oncologi. Perché? Un uomo non ha diritto a professare una sua convinzione? Il suo è un messaggio che rischia di produrre effetti imitativi. Riguardano sempre e comunque libere scelte di persone che decidono di aderire ad un modello piuttosto che scegliere per sé, comunque questa scelta sarebbe una loro scelta. Perché gli oncologi se la prendono con Vasco? Il fatto è che il rocker è riuscito a cogliere aspetti di inadeguatezza della terapia medica legata a una logica connessa col mondo della tecnica, non con quello delle emozioni, delle pulsioni, delle libere scelte. Il dipendere da una terapia rischia di piegare la libera espressione della propria volontà. “Se debbo morire, voglio morire allegramente” - ha detto. Il ruolo di rockstar ha superato l’umanità della persona. Il 22 agosto 2011 sarà una data che ricorderanno i sostenitori di Vasco Rossi

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ed anche per lui segna uno spartiacque esistenziale incontrovertibile. Il genio della “Vita Spericolata” rinunzia temporaneamente a completare il tour per una nuova degenza e ulteriori accertamenti. La decisione segna anche l’inizio di una fase completamente nuova dell’uomo, non più rockstar ma Social Rocker come lui stesso si è definito parlando direttamente su Facebook a tutti coloro che lo sostengono in un afflato che va molto al di là della simpatia greca ispirata dalle sue canzoni e dai suoi testi. Toccante il suo messaggio scritto su un biglietto: “Se c’era una cosa che avevo voglia e bisogno di fare era tornare un po’ sul palco! Questo stop non ci voleva. Purtroppo svela che sono umano, non sono un supereroe indistruttibile e non cammino nemmeno sulle acque! Mi dispiace se qualcuno ne rimarrà deluso. Guardate oltre l’orizzonte e saremo di nuovo insieme... Vi voglio bene, vi abbraccio tutti e non vi deluderò mai”. C’è però una buona notizia. Secondo quanto hanno dichiarato i medici che l’hanno in cura, Vasco Rossi non ha il cancro. Deve però riposare assolutamente per i postumi della costola rotta

che gli dà ancora forti dolori. Ma è proprio la malattia che, pur indicata esplicitamente, riesce ad essere rimossa. Non convincono le spiegazioni frettolose dei medici. Non c’è equilibrio tra la malattia dichiarata e la misura per curarla. Il rocker soffre troppo. La diagnosi cambia: è un virus. La voce dei fans e le preoccupazioni tematizza esplicitamente la possibilità di un cancro. Di nuovo risponde Vasco: “se avessi un cancro non mi curerei ... Voglio morire allegro”. Essendo quello del rocker un comportamento che ispira l’emulazione si crea allarme. L’argomento non può esser confinato a un gioco di battute e risposte. Scende in campo, mettendoci la faccia, Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di Oncologia del prestigioso Istituto Nazionale Tumori di Aviano. “Ogni giorno lavorativo in Italia a circa 1.000 nostri connazionali viene fatta una diagnosi di cancro per 250 mila nuovi casi di tumore l’anno, dei quali circa 10 mila sono sotto l’età dei 40 anni. In Italia vi sono oggi 2.200.000 persone che vivono con il cancro e, di queste, circa 1.285.000 sono lungo sopravviventi, possono cioè essere considerati guariti con una spettanza di vita identica a quella della popolazione generale senza cancro”. Rex Stout w w w.cittadinies alut e.it


RICERCA

Virus che ammazzano i tumori

Secondo uno studio pubblicato su Nature un concentrato ad alto impatto offensivo esclusivamente verso cellule cancerose riesce a selezionare dalle cellule buone Immettere virus oncolitici comporta la distruzione di cellule cattive senza pregiudicare quelle buone. Lo stabilisce una ricerca. Il principio non è davvero originale. Sono le positive risultanze a rendere ottimisti. A prendersi un suo ruolo nella lotta la cancro era stato un preparato costituito da virus dell’Herpes labiale. Riuscivano ad essere efficaci nella lotta al melanoma. Doveva solo essere iniettato dentro la sostanza cancerosa. Non si sono registrati effetti collaterali di specifico rilievo. In questa ricerca i virus sono entrati nell’organismo per endovena. Il problema stavolta era lenire il tumore in diverse parti del corpo.

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Ventitre i malati coinvolti. Ciascuno con neoplasie diffuse e in stato avanzato. Si è rilevato che i virus si moltiplicavano nei tessuti tumorali. La parte sana dei tessuti però rimaneva sana, non veniva alterata. Se confermata su campi applicativi più vasti - perché, giova ripetere, la sperimentazione è stata già applicata agli uomini non si tratta semplicemente del classico studio da laboratorio sui topi - darebbe un grande contributo alla lotta contro il cancro che conferma i suoi dati positivi anche su Annals of Oncology: si allunga la vita, il cancro si evidenzia sempre più come malattia meno letale. La mortalità è diminuita del 7% negli uomini, del 6% nelle donne. Nel 2011 in Italia sono previsti circa 177.000 decessi a

causa dei tumori, 100.000 negli uomini e 77.000 nelle donne. Il “big killer” per eccellenza si conferma essere il cancro al polmone (33.000 morti), seguito da intestino (22.000), mammella (12.000), pancreas (10.800), stomaco (9.600) e prostata (7.800). I dati sono forniti da uno studio, coordinato da Carlo La Vecchia, responsabile del Dipartimento di Epidemiologi dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, pubblicato da Annals of Oncology. Secondo i calcoli dei ricercatori, nei 27 Paesi dell’Unione Europea i decessi nel 2011 saranno 1.281.000, rispetto ai 1.256.000 del 2007. Numeri sostanzialmente stabili quindi ma, se si dovesse tenere conto dell’invecchiamento della popolazione, metterebbero in evidenza che i tassi di mortalità sono diminuiti del 7% negli uomini e del 6% nelle donne. John Dixton Carr

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Rubrica

Prevenzione & Salute

Prevenzione & Salute vuole informare, in maniera semplice ed efficace, sulla prevenzione e sul modo di combattere le patologie più diffuse del terzo millennio.

La nutrigenetica consiste nello studiare come i geni riescono a determinare un effetto specifico, persona per persona, in virtù degli elementi nutrienti. Se a livello genetico non si produce più lo specifico enzima, quell'alimento diventa tossico.

Dottoressa Helen Costanzi Specialista in Scienza della Nutrizione GRUPPO EUROMED Via Roma 186 (Guidonia Montecelio) Tel. 0774 300401 gruppoeuromedguidonia@gmail.com

Nutrigenetica, una risorsa per risorgere Dimentichiamo le diete frustranti. Archiviamo le prescrizioni alimentari senza risultati apprezzabili. Con l’esame nutrigenetico è possibile capire quei livelli di intolleranza alimentari che non presentano manifestazioni evidenti, ma che invece danno pesantezza, aggravano le funzionalità dell’organismo, hanno l’effetto della pinguedine. La nutrigenetica, è una nuova disciplina che studia il singolo individuo e le sue caratteristiche genetiche in relazione al metabolismo, alimentazione e ambiente in cui vive. Non va confusa con la Nutrigenomica, che invece coniuga la genetica con l’alimentazione. Attraverso la nutrigenetica, si comprende il metabolismo di alcune vie metaboliche di estrema importanza come il gruppo delle vitamine B di cui sappiamo l’implicazione in patologie cardiovascolari o lo studio della vitamina D e calcio correlati all’osteoporosi. Altri gruppi di geni sono quelli che riguardano la nostra capacità di detossificare l’organismo. Nello specifico si studia il superossido dismutasi (SOD) che svolge una funzione fondamentale per smaltire i radicali liberi.

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In nutrigenetica si studia la ridotta produzione o assenza di un enzima, la Betalattasi in grado di scindere il lattosio (zucchero) presente nel latte di origine animale. Succede, quindi, di rilevare l’intolleranza al latte, che in questo caso, essendo dovuta ad un deficit enzimatico è di natura permanente. Non ci sono altri modi per capire queste intolleranze, non c’è esperienza che tenga. I deficit enzimatici sono di natura genetica, non si capiscono attraverso il gusto. L’esame nutrigenetico valuta anche altre predisposizioni come quella per la Celiachia, nichel (contenuto in tantissimi alimenti), sale (indice predittivo per l’ipertensione) ed infine si studia il carico glicemico del pasto che ognuno di noi dovrebbe rispettare per evitare lo sviluppo di diabete. Sempre attraverso l’esame nutrigenetico è possibile capire il tipo di metabolismo. Quindi si comprende quali sacrifici si debbono sopportare per dimagrire effettivamente, in modo permanente e quali sacrifici, invece, sono perfettamente inutili. Questi e altri motivi, rappresentano una spinta a conoscere il nostro corpo al fine di tutelare la sua integrità ed efficienza.

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Italian Hospital Group

CENTRALINO 0774 38.61 FAX 0774 38.61.04 188, Via Tiburtina 00012 Guidonia (RM) www.italianhospitalgroup.it

I.H.G. - Struttura Residenziale Psichiatrica “Villaggio Adriano”

Una nuova organizzazione dell’assistenza psichiatrica territoriale

Dott. Attilio Piccinino, Medico Psichiatra, Responsabile Strutture Residenziali Psichiatriche Italian Hospital Group Nel panorama sanitario italiano, il servizio psichiatrico territoriale ha sempre rappresentato un nodo critico, sia per le difficoltà intrinseche, sia per la complessità dell’apparato organizzativo. Nel Lazio le disposizioni normative più recenti sono contenute nel Decreto del Commissario ad Acta n. 90 del 10/11/2010, nel quale sono indicate le norme strutturali, organizzative e tariffarie della filiera residenziale psichiatrica. Un dato di rilievo riguarda la riqualificazione delle Case di Cura Neuropsichiatriche in Strutture per Trattamenti Psichiatrici Intensivi Territoriali (STPIT), secondo cui le cliniche psichiatriche vengono a svolgere un trattamento cosiddetto di “postacuzie”, cioè in un contesto di minore complessità assistenziale rispetto agli SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) dove affluiscono i pazienti acuti. Questa configurazione costituisce una tappa importante nel superamento della dimensione custodialistica. Spesso, infatti, la cosiddetta “Clinica Privata Psichiatrica” costituiva un serbatoio di utenti/casi considerati non trattabili a livello riabilitativo. Ora, invece, l’accento è posto sulla continuità assistenzialeterapeutica, per cui si configura un percorso di “recupero a gradini”, con diradamento progressivo dell’aspetto assistenziale ed intensificazione di quello riabilitativo. Tale percorso è rappresentato oltre che dagli SPDC e STPIT già menzionati, dalle Strutture Residenziali Psichiatriche, divise in Terapeutico Riabilitative e Socio-Riabilitative. Nella ASL RMG, le Strutture Residenziali Psichiatriche sono gestite quasi esclusivamente dall’Italian Hospital

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Group, che ne ha attive 6, sia Terapeutico-Riabilitative (Villaggio Adriano e Rocca Canterano), sia Socio-Riabilitative (Villanova, Giona, Villa Adriana e Subiaco). Il valore della residenzialità è insito nella concezione architettonica e spaziale delle Strutture che garantisce varie opportunità di privacy ed il godimento dei propri diritti soggettivi. La residenzialità diventa in questo caso un valore umano, una condizione soggettiva ed autonoma dell’individuo che utilizza questo abitare per affrontare un momento critico della sua storia di malattia. Ogni trattamento è il frutto di un progetto riabilitativo individualizzato (PRI) condiviso tra tutte le parti (operatori, paziente e suoi familiari, CSM di provenienza). Il percorso di recupero è accuratamente registrato in 2 sistemi informatici, che raccolgono tutti i dati relativi ai pazienti. Ad aumentare la qualità del prodotto è da sottolineare il fatto che il soggiorno degli ospiti avviene in un contesto accuratamente demedicalizzato, in perfetta sintonia con i dettami regionali, in strutture dall’aspetto di civile abitazione, dove l’ospite viene stimolato a collaborare, nel rispetto della sua volontà, alle varie attività riabilitative, comprendenti anche quelle di tipo ludico-ricreativo esterne quali soggiorni estivi, gite in luoghi di vario interesse, attività sportive ecc... Attraverso l’adozione di questi strumenti, le Strutture Residenziali IHG esprimono in pieno lo spirito riformistico della sanità regionale, garantendo i principi di eguaglianza, partecipazione, imparzialità, continuità, diritto di scelta, efficacia ed efficienza indicati nella Direttiva del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994.

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Curiosità

Comici, miglior medicina contro le cardiopatie

Al congresso europeo di Cardiologia è stato dimostrato che ridere fa bene alle arterie, come fare attività fisica o i farmaci anticolesterolo “O il mio orologio è rotto o quest’uomo è morto”. Forse potrebbe essere Groucho Marx, la migliore terapia per le cardiopatie. Una medicina sicuramente alternativa, se, come diceva detestava oltre ai medici, farmaci e farmacie: “Se per farmaci intendete porcherie di farmacia, io sono di avverso parere. L'ultima volta che sono andato dal dottore mi ha dato tante medicine che, una volta guarito, sono stato male per un mese intero”. Lo stesso può valere per il grande Totò quando metteva i panni del chirurgo cinico in Totò Diabolicus che se la prendeva con la comprensibile paura del paziente operato senza anestesia: “Lei è un paziente che non ha pazienza!

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E che paziente è? Abbia pazienza!” In sostanza, farsi una bella risata ha lo stesso effetto delle statine. A Parigi, in estrema sintesi il 28 agosto hanno ufficialmente approvato le conclusioni di uno studio dell’Università del Maryland. Non era nuovo il convincimento che il buonumore fa bene alla salute, ma il responso di questo studio ha del sensazionale. Il fatto di aver ricevuto il plauso di 30 mila medici ha dato conferma alla concezione diffusa. Nello studio si relaziona l’espansione dell’endotelio, il rivestimento interno dei vasi sanguigni, nelle stesse persone in seguito alla visione di uno spettacolo divertente e di uno drammatico. Ebbene, la risata provoca la dilatazione dei vasi fino

al 50% in più. Aterosclerosi, infarti e ictus, trovano nei film comici il migliore nemico. Alla stretta relazione tra umore e salute è stata dedicata un'intera parte del congresso parigino. L’argomento già trattato precedentemente trova, oggi, una nuova tematizzazione perché il mondo della medicina teme gli effetti della crisi economica dei nostri giorni. Si teme gli infarti crescano del 15%. La stima è data da uno studio irlandese pubblicato nel 2010. Roberto Ferrari, past president della European Society of Cardiology (ESC), esorta i medici di famiglia a non sottovalutare i segnali di allarme della salute dei propri pazienti. Le preoccupazioni, le costanti sollecitazioni, determinano un fattore di squilibrio del sistema cardiovascolare. Anche l’adrenalina funziona come un vasocostrittore. Philiphe Marlowe

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Attualità

Sanità italiana, la bocciatura della Corte dei Conti

Il 4 agosto la magistratura finanziaria riscontra che le risorse impegnate nel 2010 superano il 75 per cento della spesa corrente complessiva

Un dato positivo: il Patto per la Salute si è dimostrato efficace nel frenare il tasso di crescita della spesa sanitaria in rapporto al PIL. Diminuisce negli ultimi anni la spesa sanitaria, all’8 per cento del Pil dal 2000/2006, arriva al 7 per cento nell’ultimo quadriennio. Il Sistema sanitario nazionale è costato 113,5 miliardi nel 2010. Si registra un miglioramento di 1,5 miliardi, secondo le stime della finanza pubblica 2011-2013. Ma è pur vero che nel 2010 la spesa sanitaria è cresciuta del 2,7 per cento rispetto al 2009. Una spesa procapite di 1.880 euro. L’incremento è del 2,2 per cento sul 2009. In tutto questo ad essere bocciato è il federalismo fiscale voluto dal decreto legislativo n.68 del 2011 dove si prevede che, dal 2013, il finanziamento sanitario tra gli enti Regione conoscerà una ripartizione sul “fabbisogno sanitario nazionale standard”. Il finanziamento per il 2011 cresce dello 0,7 per cento rispetto al precedente esercizio, in misura inferiore sia al tasso d’inflazione programmato che alla variazione registrata nel biennio 2009/10 (1,4%). Confermato l’importante decremento del defi-

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cit complessivo del Sistema Sanitario Nazionale dal 2009 al 2010 (da 3,2 miliardi a 2 miliardi di euro circa). Chiudono positivamente l’esercizio 2010 solo Lazio, Abruzzo, Sicilia e Liguria. Gli acquisti di servizi costituiscono la maggior voce di spesa corrente: nel 2010 si registrano pagamenti per 51 miliardi, pari al 44,7 per cento del totale, contro i 38,1 miliardi della spesa per il personale e i 12,2 miliardi della spesa per acquisto di beni. I pagamenti in conto capitale si riducono nel triennio 2008-2010 in valore assoluto di 136 milioni e nel 2010 rappresentano il 2,6 per cento del totale per un importo di 3,1 miliardi di euro. Va detto che è stata rilevata una riduzione del 28,5% del disavanzo complessivo. Il merito va attribuito esclusivamente agli enti regione impegnati nella manovra di rientro. Solo la Puglia non ha migliorato i suoi standard di spesa. Continua lo stato di disavanzo per 12 enti-regione ed entiprovincia beneficiati dallo stato di autonomia. Sono la Valle d’Aosta, Trento, Veneto, Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.

Impossibile non rilevare il fatto che, anche nel 2010, i disavanzi si sono concentrati soprattutto nell’area del Centro-Sud. Il quadro che esce dal rapporto della Corte dei Conti mostra la spesa sanitaria costituita da tre grandi aggregati. Facendo una media l’anno scorso esprimevano questo rapporto di pesi specifici nei bilanci: costi per il personale (32,7%), costi per l’acquisto di beni e servizi (30,3%), e spesa convenzionata o accreditata (36,5%). La spesa dovuta all’acquisizione di servizi è risultata la maggiore spesa corrente: nel 2010 ci sono stati pagamenti per 51 miliardi di euro, pari al 44,7% del totale, contro i 31,8 miliardi della spesa per il personale e i 12,2 spesi per l’acquisto di beni. Di certo, oltre alle misure strutturali, assolutamente necessarie e improcrastinabili, l’intervento forte va impresso in situazioni come quella registrata a Frosinone il primo settembre dove medici continuavano ad assegnare farmaci a pazienti defunti da tempo. Si tratta di ben 1.500 persone morte e che da anni risultavano ancora iscritte alla “mutua” della Regione Lazio. Non singoli esempi di malversazione, quindi. Bensì di un sistema di truffa reiterato e continuativo. Centonovantaquattro, i medici che percepivano indennità. Ora dovranno restituirle. Francesca da Polenta w w w.cittadinies alut e.it


Cinema

Di nuovo le scimmie Di nuovo ci dicono che il male è in noi! Il 23 settembre in Italia esce il nuovo film sulla saga delle scimmie. Pensavamo di essercene liberati dalla inquietante similitudine tra uomini e scimmie, ma non è così. La differenza da quando è uscito il primo film con Charlton Heston grande protagonista e classico della fantascienza, è che la fantascienza in quel fine anni Sessanta temeva la palingenesi nucleare attraverso una guerra mondiale, quindi l’estinzione degli uomini a vantaggio delle scimmie. Un vero e proprio schema evolutivo che rovescia la predizione di Nietzsche per cui come l’uomo era il superamento della scimmia, lo stesso doveva essere il superuomo per l’uomo. In questo film l’evoluzione della specie ricominciava proprio dalle scimmie, scaraventando in schiavitù l’homo sapiens. Nei nostri anni a fare paura non è più tanto la carica autodistruttiva dell’uomo rappresentata dalle guerre incontrollabili come effetti, bensì la stessa psiche umana sottoposta a degrado degli anni. Nel film gli scienziati studiano sull’Alzheimer e in questo modo si fanno protagonisti diretti dell’evoluzione delle scimmie. Quindi rimarcano un loro primato per lo scalino nella crescita di un’inwww.cittad inies alut e.it

tera stirpe animale di cui a buon diritto possono ritenersi parte. Negli Usa ai primi di agosto sono stati incassati 54 milioni di dollari al primo weekend di uscita. Questo attesta solo che sul film ci sono grandi aspettative, non che il film abbia valore. Verdetto per il quale bisogna attendere la proiezione sui nostri schermi o almeno la conferma del successo americano. Ma l’interesse è dettato espressamente dalla rivisitazione dell’impostazione iniziale. Come ha detto uno dei protagonisti, David Oyelowo: “Questo è davvero un ripensamento del film originale. Negli anni ’60, quando tutto è iniziato, la fantascienza ha voluto rappresentare una storia in cui delle scimmie raggiungevano un tipo di intelligenza potenzialmente pericolosa per l’umanità, e ci si è dovuti rivolgere al regno della fantasia. Ora, con il progresso tecnologico, è possibile fare molto di più. Questo film è una sorta di ammonimento, un racconto meno di fantasia e più plausibile, credo sia la cosa che maggiormente lo contraddistingue. Inoltre, questa volta non sono persone travestite da scimmie. Abbiamo un contesto nel quale le scimmie sono esseri senzienti, e inoltre c’è un’incredibile tecnologia

sviluppata dalla Weta Digital, per cui è possibile vedere l’umanità di queste scimmie grazie a quello che si riesce a fare ora con il motion capture. La nostra storia, incentrata sul tema “uomo contro bestia”, diventa estremamente efficace, perché in questa incarnazione sembra molto più reale”. Nel riportare in auge uno dei romanzi di fantascienza più azzeccati nella critica contro la corsa alle armi e la Guerra Fredda degli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non ricordare la grande intuizione del suo romanziere: lo scrittore Pierre Boulle. Nel 1963 dà alle stampe il romanzo. Sembra una delle trovate, tra le tante, nella fitta produzione del genere che in quegli anni costituivano il successo sicuro nelle librerie. E invece il romanzo definisce nuovamente i canoni letterari di questo filone, mai sufficientemente messo al rango che gli spetta. Il linguaggio che simula un lessico scientifico, il ribaltamento delle teorie evolutive, la ricerca incessante per la salvezza che alla fine si svela come la presa di coscienza dei propri mali e l’origine di una vera e propria dannazione. Come un reprint della letteratura biblica gli uomini sono artefici della loro caduta dal paradiso in cui si trovavano e che non riuscivano ad apprezzare tanto da trovare la loro rovina. Il mondo dei pacifisti non poté che applaudire l’opera. Vanni Fucci

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Curiosità

Acqua, preziosa come oro Due iniziative di scienziati e medici affrontano il tema dell’emergenza idrica

Il 24 agosto si sono conclusi due convegni internazionali di medicina e scienza in cui è stata discussa l’importanza dell’acqua per il genere umano in grande espansione. Ad Erice il tradizionale convegno di scienziati sui mali del mondo e l’altro organizzato dall’Onu a Stoccolma. Ad Erice si è ribadito che c’è spreco di risorse idriche. Colpevole l’inquinamento e la pessima distribuzione, sono state formulate proposte come l’appello ai governi di tutto il mondo per considerare l’acqua come una grave incombenza planetaria. Il 23 agosto a Stoccolma è stata evidenziata la nozione di degrado alimentare da

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sottosviluppo idrico: una persona su 6 sul pianeta non ha acqua sufficiente per sopravvivere, nel 2050, quando saremo 9 miliardi, per garantire la sicurezza alimentare servirà il doppio dell’acqua utilizzata attualmente. A confermare le paure di chi teme sia inserita come genere di mercato la principale risorsa della Terra il 4 settembre arriva una notizia da Genova in piazza Caricamento. Un distributore di acqua automatico in città pronto a dissetare, ma in cambio di una monetina da dieci centesimi. L’offerta è variegata. Non si tratta del corrispettivo dei “nasoni” a Roma solo a pagamento perché si può spingere sul tasto “semplice”, fredda o gassata. La prima scelta è gratis,

per le ultime due invece il cliente-consumatore paga 10 centesimi al litro. Si tratta dell’acqua del sindaco, quelle che proviene dall’acquedotto, per intenderci. La spiegazione sul pagamento è data da Feder-utility: si paga solo per la refrigerazione e per l’acqua gassata perché la sorgente idrica in sé viene erogata gratuitamente. Al di là della credibilità delle versioni o delle giustificazioni offerte per questo servizio, la novità fa riflettere nel merito del servizio di recapito della fonte che è altra cosa dalla fonte. Per questo il pagamento dovrebbe essere inserito come aspetto necessario per accedere alla fonte. Questo perché la stessa fonte - l’acqua - venga meglio utilizzata, valorizzata, non dispersa. Piccarda Donati

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RICERCA

Di sale, si muore

E l’Italia è uno dei Paesi a più grande consumo Ed è sempre un italiano a mettere in guardia il mondo dagli alti consumi di sale. Si chiama Francesco Cappuccio che studia presso la Warwick University: Il suo appello è nientepocodimeno che all’Onu. Senza mezzi termini dice: il sale uccide. Il nostro Paese oramai appare nel guinness delle realtà dove ci sono cittadini che consumano abitudinariamente maggior quantità di sale. Un ordine di motivi consiste nel fatto che il sale è già presente nei cibi. Ed anche se altre ricerche sdrammatizzano gli effetti negativi che l’eccesso di sodio apporterebbe per l’insorgere di ictus e ipertensione, deve pur esserci una responsabilità in termini di conduzione culinaria se, però, l’Italia presenta una percentuale di cittadini obesi sempre più grande. Non a caso, infatti, in Italia si consuma più sale. La media degli italiani è di 10,8 grammi al giorno - 12 la media degli uomini, 10 quella delle donne. Il fabbisogno necessario mediamente per un fisico è invece di un grammo di sale al giorno. Ma solo il 20% è rappresentato dal condimento. Il resto fa parte integrante degli alimenti. Senza arrivare a una misura draconiana basterebbe che

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ciascun italiano consumasse la metà del sale abituale per avere - assicurano dall’Anmco - 60 mila infarti in meno e 40 mila ictus ogni anno. Secondo l’Oms la misura giusta consiste in cinque grammi di sale al giorno. Ed è specialmente i meno giovani che debbono star ben attenti dall’eccessivo consumo di sodio. Eccedere significa dare incentivo all’accentuazione di stati che portano alla demenza. Il sale è il peggior nemico di ogni cura preventiva contro l’Alzheimer. A confermarlo, se proprio ce n’era ulteriore bisogno, è una ricerca condotta da un’università ed un istituto di ricerca. Quella del Baycrest Research Centre for Aging and the Brain, dell'Institut Universitaire de Geriatrie de Montreal, della McGill University e della Universite de Sherbrooke. A dirigere quest’ultima è la dottoressa Alexandra Fiocco. Ha ricevuto la pubblicazione su una prestigioso periodico di informazione scientifica specializzato, "Neurobiology of Aging". La ricerca ha coinvolto 1.262 volontari, uomini e donne, anni di età che variano dai 67 agli 84 anni. Presi in esame abitudini alimentari e stili di vita è stato individuato il profilo di vulnerabilità.

In sostanza si è verificato che assumere sodio non ha solo rilevanza sul cuore, ma sul cervello. Così, una dieta troppo ricca di sale unita alla sedentarietà riduce le performance cognitive e apre le porte alla futura demenza se non all'Alzheimer. Diversamente, moderarsi col sodio e praticare una corretta attività fisica stimola la salute del cuore (meno pericolo ipertensione) e del cervello, che rimane più efficiente nel raccogliere ed elaborare informazioni. La dose giornaliera di sodio consigliata e raccomandata è compresa tra i 575 e i 3.500 mg a dispetto dell’età e delle condizioni di salute della persona che lo assume, così immettere nel nostro corpo una quantità limitata di sodio diventa un dovere per mantenerci in salute per svariati motivi. Piccarda Donati

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RICERCA

Malattie mentali, le più diffuse

In Europa sono quelle che meno si riconoscono, ma quasi la metà ne sono affetti. Ma anche l’OMS per il 2020 prevede la depressione come la seconda tra le malattie più diffuse.

Sono 165 milioni di europei che soffrono di malattie mentali e neurologiche. Depressione, ansia, insonnia o demenza sono patologie molto diffuse ma difficilmente fanno casistica tra le sofferenze più diffuse. Solo un terzo dei malati a livello psicologico o psichico hanno una terapia. È quanto afferma uno studio sui disturbi mentali. Sono diventati la sfida per la salute più grande d'Europa. Il ventunesimo secolo offre questo aspetto inusitato per il continente antico. La maggior parte dei casi rimangono non trattati, rimossi, nascosti, occultati, segregati come vergogna. Vanno chiaramente distinti dalle affezioni relative ai “disturbi al cervello”, di cui le conseguenze e l’urgenza di un apporto terapico si fanno maggiormente stringenti. Lo studio copre 30 paesi: l'Unione Europea più Svizzera, Islanda e Norvegia. La popolazione complessiva è di 514 milioni di persone, e comprende tutti i disturbi mentali gravi, tra cui (tra gli altri) la depressione, disturbi bipolari, disturbi d'ansia, insonnia, dipendenza e schizofrenia, così come molti disturbi www.cittad inies alut e.it

neurologici, incluso l’ictus, epilessia, morbo di Parkinson e la sclerosi multipla. Lo studio identifica inoltre le sfide fondamentali per una migliore ricerca di base e clinica sui disturbi mentali e neurologici nella regione. La ricerca è dell’European College of Neurophisycpharmachology (ECNP), per cui ben il 38% dei cittadini europei è affetto da patologie psichiche. Senza contare che i disturbi di questo tipo sono raddoppiati in soli 5 anni: passando da 82 milioni nel 2005 a 164 milioni nel 2010. Ansia (14%), insonnia (7%) e depressione (6,9%) sono i più diffusi. Ciò che maggiormente conta, secondo ECNP, è che ci troviamo di fronte a una vera e propria epidemia multigenerazionale. I soggetti colpiti, infatti, non sono, come si potrebbe pensare, solo gli anziani, ma anche gli adulti e soprattutto i giovani. Tant’è che la soglia di queste patologie della mente si é abbassata sensibilmente anche a causa dell’abuso di alcol e droghe. Last but not least, nella maggior parte dei casi i pazienti preferiscono i rimedi casalinghi ai trattamenti nelle strutture ospedaliere.

Ed anche per le malattie mentali affiora lo stilema della cura preventiva prima che il male si acclarato e il più dei casi irreversibile al punto di una scomoda convivenza. Il must, come sempre, diventa, curare quando si è piccoli: riconoscere i casi di ansia nei piccoli, secondo gli esperti, porterebbe a una riduzione del 60 per cento dei casi complessivi. L’ansia che arriva fin da piccolo è sintomale di un disturbo più grave da adulto. I ricercatori dell’Imperial College di Londra sostengono che i problemi d’ansia potrebbero essere l’anticamera per malattie ben più gravi come, per esempio, quelle neurodegenerative - tra cui la malattia di Parkinson. Intervenire per tempo potrebbe cambiare il corso della malattia. L’Organizzazione mondiale della sanità ha previsto che la depressione diventerà dal 2020 la seconda tra tutte le malattie in tutte le fasce d’età. Già considerata come la madre di tutte le malattie, mentali e non, il problema nei prossimi anni consisterà nel saper dare risposte adeguate perché le grandi aziende farmaceutiche non investono in ricerca. La ricerca d’altro canto non offre risposte certe e metodi farmacologici fuori dalle contestazioni future. Sono i governi e le associazioni a investire in ricerca sul disagio per gli studi nelle neuroscienze. Louise Salomé

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Regione

Tbc, arriva la Procura e la politica

Della questione sui riscontri positivi dei neonati all’ospedale Gemelli da gennaio 2011 già se ne discute in termini politici Il 5 settembre sono arrivate le prime iscrizioni sul registro degli indagati per il contagio di Tbc al Policlinico Gemelli. Reato ipotizzato dalla procura di Roma: epidemia colposa. Indagati: i vertici dell’ospedale. I pm in verità rincarano la dose con omissione di atti d’ufficio. Il problema resta l’infermiera che il 28 luglio ha scoperto di essere ammalata di tubercolosi polmonare. La stessa operatrice impegnata nel reparto maternità di uno dei più grandi e stimati ospedali romani, già nel 2004 era risultata positiva ai test. Evidentemente c’è stata una mancanza nell’applicazione dei protocolli o comunque nelle misure di sicurezza e tutela: del personale come dei pazienti. I bambini positivi il 6 settembre sono arrivati a 122. Nella nursery dove la donna poi trovatasi ammalata di tubercolosi polmonare lavorava non hanno contratto la malattia, questo perché i tempi di incubazione a volte durano anni. Il dato preoccupante è che il numero dei piccoli positivi è soggetto a salire - Il problema della salute dei piccoli sarà risolvibile. Deve essere risolto il quesito su come possa esser successa una cosa del genere, come mai l’infermiera non fosse poi stata www.cittad inies alut e.it

allontanata dai reparti una volta trovata positiva ai test. Nuovamente scende in campo un politico sul caso. Ignazio Marino del Pd ha i requisiti per farlo e lo fa entrando nel merito così come ha fatto il Presidente della Regione Lazio pur non avendo le competenze. “Nonostante ciò che sostiene la presidente Renata Polverini - ha detto Marino - quanto accaduto al Policlinico Gemelli è scientificamente una 'epidemia di contagi nosocomiale”. Il conteggio dei bambini positivi al test è arrivato a superare i più di cento. Ignazio Marino parla come presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale. Marino incalza la Regione Lazio: “Serve un decreto urgente della Regione Lazio che preveda l’obbligo per tutti gli operatori dei reparti ad alto rischio, in tutti gli ospedali e in tutte le strutture sanitarie private, dello screening per la tubercolosi ogni anno: un semplice test che garantisce che il personale sanitario a cui ci affidiamo non sia portatore di questo bacillo. Che senso ha attendere il rientro dalla pausa estiva di tutti gli organismi competenti in questa vicenda e, in primis, del ministro della Salute? Gli strumenti di

prevenzione esistono e non c'è certo bisogno di convegni scientifici o riunioni politiche per attuarli con diligenza anche nel Lazio”. Ma la questione è il difetto in vigilando della struttura sanitaria che non si è avveduta della malattia. “Un numero così alto di contagi - ha detto Marino - potrebbe essere comprensibile in Rwanda o nella Repubblica Democratica del Congo, dove purtroppo la Tbc è molto diffusa, non a Roma”. A farsi da portavoce sempre la Regione Lazio che insiste nello spiegare anche che l’attività di controllo sui 1.271 neonati nati nell’ospedale dal primo marzo al 25 luglio prosegue ininterrottamente. Il 25 agosto sono emersi 4 altri esami positivi: 3 femmine e un maschietto. Sono nati a marzo e aprile. Secondo la stima del 7 settembre i casi di neonati positivi al test arrivano a 122. Il primo contagiato è nato a dicembre 2010. Va sempre specificato che la positività al test riguarda la contrazione del bacillo, non della malattia. È chiaro che tutti i genitori dei bimbi nati al Gemelli, a fine 2010, vogliano fare il test, anche perché è per l’iniziativa autonoma dei genitori che si è scoperto il caso nel 2010. Quindi, per concentrare dati e controlli, da lunedì 5 settembre è operativo solo l’ambulatorio dedicato al Policlinico Gemelli. John Dixton Carr Cittadini & Salute

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Curiosità

Vino rosso, solo un bicchiere!

Un solo drink per pasto giova alla salute, mantiene giovani, grazie ai composti fenolici. L’antiossidante si rivela come uno degli elementi più preziosi perché il vino preservi questa qualità Tutti i dubbi sono fugati. Anche se l’alcol non è amico del cuore, basta berne con moderazione ed ogni riserva è allontanata. Stavolta la ricerca che ne magnifica le qualità arriva dall’Università di Navarro. Con un bicchiere di vino al giorno - in quintessenza il risultato della loro ricerca - ci sono benefici anche sulla dieta.
 Un bicchiere di vino rosso al giorno, dunque, metterebbe al riparo dall’accumulare chili di troppo, secondo questo nuovo studio. Il Daily Express a metà agosto ha ospitato un’intervista nella quale viene illustrata la ricerca che promuove il bere vino rosso in modo moderato. Ma c’è un’altra sostanziale ragione per cui un buon bicchiere di vino rosso non dovrebbe mai derogare dalle buone abitudini anche da proporre ai propri commensali: secondo uno studio pubblicato su Journal of sexual Medicine due anni fa, stimola l'erotismo femminile. A curare lo studio, manco a farlo apposta, sono ricercatori italiani dell’Università di Firenze. In questo campo di stimolazione non centra il meccanismo chimico che dovrebbe indurre comportamenti meno inibitori.

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Cittadini & Salute

Il vino rosso, semplicemente, facilita l'aumento di flusso di sangue fino ad aumentare il desiderio. Ma ad inizio settembre un’altra ricerca rafforza la nozione felicemente diffusa per cui il vino rosso è salutare, in particolare riesce limitare l’accumulo di grassi nel sangue (sempre se bevuto modus in rebus). Ad affermarlo è l’istituto nazionale italiano per la ricerca in materia alimentare che ha pubblicato uno dove ha rilevato la qualità di contrastare l’azione dei grassi ossidati. Il campione dei soggetti osservati è limitato: dodici persone. Ma, anche qui, la moderazione non guasta. Salvaguardando la dieta abituale al riparo da medicine e vitamine, il campione si è alimentato in modo maldestro accompagnato ad acqua, per una settimana, con il conforto di due bicchieri di vino rosso nella settimana successiva. Risultato: è aumentata la perossidazione lipidica nel periodo in cui bevevano vino. Ma sull’argomento c’è una folta letteratura per la quale l’ultimo studio citato fa seguito a una miriade di attestazioni. Innanzitutto il colore rosso. Dipende da flavonoidi. Si chiamano - ed il nome corrisponde a una definizione - quercetina, rutina, catechina, epicatechina.

Sono specialmente i flavonoidi ad avere attività antiossidante (10-20 volte maggiore della vitamina E). Fatte i dovuti raffronti con altre bevande alcoliche, nella stessa famiglia riducono l’ossidazione del colesterolo-LDL - è il colesterolo cattivo. Con ciò non si vuole indurre al consumo tanto da giustificarne la smodatezza nel bere. Chiaramente anche per il vino rosso c’è il monito a gustarlo con appropriatezza. La moderazione in questo caso significa in termini applicativi, dai due ai tre bicchieri. Non più. Questo vale per l’uomo. La donna invece ha come terreno limite nel quale decidere di attenersi uno o due bicchieri. Le lettrici del gentil sesso non se ne adontino. Una volta tanto che la differenza di genere viene affermata, dovrebbe esser ritenuta un elemento evolutivo per la ricerca e la divulgazione. Solo che non giova ai piaceri dell’immediato per le gentili amiche che vorrebbero condividere ogni bicchiere con il suo amico degustatore. Ci sono due possibilità: che l’amico si limiti, oppure che la gentile amica addivenga alla trasgressione di un bicchiere in più al consentito. Una scelta di questo genere offre un vantaggio in termini di diplomazia. Addurre al piacere del buon vino il non avere saputo resistere alla tentazione di apprezzare altri piaceri. Conan Doyle w w w.cittadiniesalu te.it




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