Cittadini & Salute Ottobre 2012

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Editoriale

Ospedali? Inospitali! di Angelo Nardi

Ho avuto la recente esperienza di un ricovero ospedaliero prolungato perché colpito da una colica renale in pieno agosto. Due settimane perché mi impiantassero un stent (altro non è che un filo in grado di collegare i reni alla vescica). Come in Pinocchio i medici nel frattempo discettavano sulla mia calcolosi chiedendosi se fosse diversamente adeguato, invece predisporre la triturazione. Quel che era vero il giorno non era più vero la sera: chi mi avrebbe operato, quando mi avrebbero operato, usando quali modalità. Il tutto nel primo ospedale della Capitale, un ospedale che da solo fa una Asl. Non voglio utilizzare questo mio breve spazio come sfogo personale, non interesserebbe a nessuno e non servirebbe a nulla. Semplicemente iniziare a ragionare su un altro modello di ospedale. Quelli che abbiamo adesso sono la versione tecnologicamente evoluta di quelli dell’Ottocento. Il terzo millennio invece deve nuovamente porre la persona al centro dell’universo. La pensa come me anche un brillante articolo pubblicato su una rivista scientifica americana Annals of Internal Medicine. L’autore fa in dettaglio l'elenco delle inadeguatezze di queste strutture, dei loro controsensi. Dei continui errori e delle gaffes dei medici che il paziente evoluto deve saper rilevare se non vuole avere una terapia sbagliata. Sveglia alle sei, misurazione della temperatura corporea e della pressione indipendentemente dalle condizioni di salute, anche se il soggetto in questione non ha problemi né di pressione né di possibile febbre. Il paziente è riconosciuto con questo nome che a ben guardare rappresenta una definizione, dal latino "potior", patire. Il paziente smette di avere un nome e cognome, smette di avere le sue specificità di persona, smette di essere un portatore di malesseri dovuti alla sua biologia o storia personale. Il paziente è uno standard. Non si può avere una medicina a misura della persona, ma sempre e solo a misura della specie. Per la persona parlano i valori messi in relazione a un parametro di sano e di insano. Del resto l’ospedale è pensato, riferito, alle esigenze dei medici, non del malato. Il meccanismo feudale che è duro a morire. La rivoluzione sanitaria invece deve partire dal ribaltamento di porre il malato al centro della struttura sanitaria che lo accoglie.

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Regione Lazio, quando corrotto è il sistema Cura della salute, il nodo di ogni contendere Arriva l’Autunno, occhio ai virus! Le piante che filtrano le sostanze cancerogene IHG/ Strategie vaccinali anti HBV nel paziente

emodializzato

Meglio il medico di famiglia che il medico in tv Legge 38, questa sconosciuta!

Sconfessato il mito dell’alimento biologico Malattie respiratorie, un calvario! I cani avvisano del tumore alla prostata Il tè! Prostata in allarme

Er Batman sarà ricordato come innovatore

Regione Lazio ancora lenta nel recupero dal deficit Più privati nella Sanità, lo dice l’Antitrust I punti neri degli ospedali italiani Cari amici lettori

Cittadini & Salute

Mensile di informazione Socio-Sanitaria Editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Redazione Via Carlo Del Prete, 6 Tel. 0774 081389 Stampa Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Rm). Registrazione n. 31 del 29/06/2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato alla redazione, non verrà restituito. Chiuso il 06/10/2012

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ATTUALITÀ

Regione Lazio, quando corrotto è il sistema

Qui non si parla di favorire un’impresa a vincere una gara, non si tratta di sottrazione illecita di risorse per cui punito il colpevole la storia è conclusa. Qui si racconta di una maggioranza che per tenersi in piedi dava compensi ubriacanti. E probabilmente era tutto regolare

Con buona probabilità tutti gli indagati usciranno dall’inchiesta giudiziaria illesi, perché non c’era illecito. Si gonfiavano le tasche in base a norme che loro stessi avevano approvato. Tutto alla luce del Sole, tutto con buona pace di chi soffre in ospedale per carenze dovute a mancanza di risorse. La norma di giunta Polverini parla chiaro. Ogni Consigliere ha un budget di spesa per sostenere il rapporto tra elettore ed eletto. Ma “quella cifra veniva ritoccata” - ha ammesso Fiorito. (Va ricordato che il Consigliere regionale percepisce 13 mila netti di stipendio). Con questo giochetto nel 2011 l’insieme dei sessanta Consiglieri della Pisana si sono messi in tasca quattordici milioni, centomila euro in più ciascuno. (È stato fatto un calcolo che con quei quattordici milioni di aggiunta a stipendi si sarebbero potuti assumere circa duecento medici e infermieri). Queste elargizioni hanno bisogno di tagli in altre voci di spesa ed è lo stesso Fiorito a spiegare che il presidente dell’assemblea taglia da trasporti, scuola, sanità. Noi abbiamo meno qualità di servizi, loro più ostriche. Sembra un pezzo di Cetto Laqualunque ma oramai questo caso l’ha abbondantemente superato. Ma con questa iperbole di soldi messa allo scoperto in questa storia quel che potrebbe accadere è che si perda l’orientamento dei valori monetari. La Regione Lazio ha accumulato un deficit nella sanità di un miliardo e 139 milioni. Cifra davanti la quale questi danari sono bazzecole.

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E allora questi soggetti amano vivere in una Bisanzio di tardo impero, incurante del futuro sul quale nessuno può dire, presi solo dal compiacere i propri piaceri riconosciuti come unico valore. Questa smollatezza porta all’incapacità di decidere quando c’è da decidere e rimandare costantemente. Difficile essere traino di nuovo, impossibile essere portatori di idee, tutto si dilegua tra ostriche e champagne. E la dimostrazione è a portata di mano. Nel quinquennio dell’Unione europea che parte dal 2007 sono stati stanziati per lo sviluppo del Lazio (fondi Por-Fesr) 743,5 milioni. Sono tanti soldi, sono soldi veri. Hanno un difetto, non possono essere sottratti per trovare spazio nelle tasche di furbacchioni. (L’Europa non scherza coi controlli e nelle verifiche). La stima è di millecinquecento posti di lavoro in più con questi fondi interamente sfruttati. La Regione Lazio non li utilizza o la fa in minima parte. Certo! Non c’è da parte, anche di un solo rappresentante della classe dirigente - amministrativa o politica - la spinta a fare, a migliorare a dare risposta ai problemi. Troppo offuscati da ostriche e champagne. Troppo attenti a riempire legittimamente le tasche perché questo colpo di fortuna nella vita non gli ricapiterà più. Quindi bisogna acchiappare cercando di sistemarsi per il resto della vita. Difficile ora riprendere il bandolo della matassa se non gettando via tutto quel che c’era per dedicarsi a un altro filo. Ma per fare questo c’è bisogno del vero protagonista: la gente, gli elettori. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


ATTUALITÀ

Cura della salute, il nodo di ogni contendere Negli Stati Uniti il tema del contendere in politica guarda sempre a dati concreti. Tanto che il duello Obama - Romney sarà sempre più incentrato sulla Sanità

Il prestigioso periodico The Lancet ha dedicato un intero numero alla questione del rapporto tra la copertura sanitaria per l’intero popolo di un sistema paese che consiste nell’aspettativa dei cittadini. È Margaret Chan, Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad aver dichiarato che “La copertura sanitaria universale è il concetto più potente che la sanità pubblica ha da offrire”. Nel numero monografico di The Lancet si affrontano tre argomenti. Il primo esplora gli elementi di prova sui legami tra espansioni nel campo della salute e copertura della popolazione. Il secondo esamina le dimensioni politiche ed economiche della transizione alla copertura sanitaria universale, e il terzo prende in esame nove paesi a basso reddito e medio-basso reddito in Africa e Asia, che hanno attuato riforme nazionali di assicurazione malattia. Ma c’è un altro punto di vista che richiede progressi continui e sostiene la necessità di un grande ruolo del settore pubblico nella riforma dei sistemi sanitari. Ciò che diventa chiaro in questa analisi è che, anche se la copertura sanitaria universale non è una garanzia per il progresso, l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulla questione se non ora, ma su come sfruttare al meglio la transizione. In un commento, Judith Rodin e David de Ferranti conclude: “ciò che emergerà nei prossimi decenni in ogni paese riforma impresa non è del tutto chiaro, ma, come questa serie e gli esempi di paesi in molti a proporre, ci w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

stiamo avvicinando ad un periodo in cui questa - transizione verso una copertura sanitaria universale - sarà raggiunto e le famiglie non saranno più a rischio di avere dei costi di malattia rovinare la loro vita”. Ma per tornare al tema di partenza, prima che Barack Obama vinca a mani basse sul contendente Mitt Romney, prima ancora che l’attuale presidente degli Stati Uniti sia ricordato come l'umanizzatore del crudele sistema americano basato sulle assicurazioni, bisogna anche ricordare i tagli di Obama, proprio sulla Sanità. È stato proprio Obama a proporre di tagliare 480 miliardi di dollari dai programmi di assistenza sanitaria Gli elettori statunitensi il 6 novembre avranno due modelli da scegliere. A differenza dell’Italia e l’Europa, negli States ci sono due modi di intendere il governo della cosa pubblica e questo si evidenzia in fatti molto concreti e riscontrabili. Il primo tra questi riguarda la Sanità. Sempre in questo articolo di The Lancet si vuole riflettere su questo dato: “Obama e Romney senza dubbio debbono tornare alla questione di quale tipo di sistema sanitario l’America può permettersi. Ma la vera domanda è questa: gli Stati Uniti possono permettersi di essere un paese in cui gli individui, nati uguali, non hanno la libertà di realizzare il proprio potenziale a causa della difficoltà evitabili problemi di salute ed economiche? Americani, la scelta è vostra!” E ancora: “la scelta non sarà solo tra due candidati o due parti. Sarà una scelta tra due diversi percorsi per l’America”. Fonte: The Lancet

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CURIOSITÀ

Arriva l’Autunno, occhio ai virus! Si annunciano anche più aggressivi che nelle stagioni precedenti Immancabile l’appuntamento con il toto-influenze autunno-invernali. Le previsioni sono tra le più lanciate ma anche interessate, affinché si faccia incetta di farmaci per debellarle. Da tempi non sospetti, comunque, era emerso che in questa stagione influenzale sarebbero stati protagonisti agenti aggressivi molto forti. A rafforzare questa tesi la Società italiana di terapia Antinfettiva, Antibatterica, Antivirale, Antifungina. Il 20 settembre il congresso a Udine lo proclama con implicito invito a vaccinarsi. Eloquenti i casi che arrivano dall’Australia, dove ora è appena trascorso l’inverno. Secondo questo banco di prova importante a circolare sono ben due virus, quindi bisogna vaccinarsi.

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Meno influenza significa meno antibiotici. Si scongiura la possibilità di rendere più forti i ceppi più resistenti. Queste le motivazioni per i sostenitori del vaccino. Ma c’è anche la previsione dell’Associazione nazionale industria farmaceutica automedicazione che prefigura ben dieci milioni di ammalati. Il successo di tesi come queste è sempre determinato dalla durata della stagione invernale, quindi dal carattere prolungate. (Se come conferma chiedessimo alle previsioni meteorologico non avremmo risposte fededegne). Tre i virus. Il famoso A(H1N1) conosciuto come influenza suina ne fa parte. Il 27 settembre i virologi dell’Anipa hanno presentato le proiezioni a Milano in una conferenza stampa.

Non si nega una caratteristica maggiormente aggressiva di questa nuova fenomenologia di virus. A determinare la conferma o la smentita della pessimistica previsione saranno le temperature. Se saranno rigide per tanti giorni i rischi di contrarre la malattia aumentano. Provvedimento utile, allora, usare i farmaci da automedicazione. Laddove la febbre non fosse sgominata dopo tre giorni consultare il medico. Al fine di scongiurare la facilitazione del contagio è bene che chi contrae l’influenza accetti il fatto di essere ammalato e si astenga dal lavoro e da frequentazioni che non sono necessarie. Consiglio dei consigli, come al solito, il vaccino.

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CURIOSITÀ

Le piante che filtrano le sostanze cancerogene Ne è convinta una testimonianza studiata da un’equipe della Nasa Gli appassionati giallisti ricorderanno sicuramente Nero Wolf che nel suo studio arredato con reperti boreali, piantagioni rare acquisite dalle parti più disparate della Terra riuscisse a convivere perfettamente e far respirare al meglio il genio dell’indagine criminologica. Quasi avesse bisogno innanzitutto di inspirare aria buona per ossigenarsi al massimo al fine di rendere i processi neuronali di connessione più fluidi. Su questa stessa idea il risultato di una ricerca commissionata dalla Nasa, per trovare campi applicativi per vivere meglio in interni. La conclusione consiste nel liberare le navicelle dagli inquinanti dell’aria.

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Per questo la Nasa ha iniziato a studiare attentamente le piante per arrivare al risultato che almeno 15 piante comuni sono in grado di filtrare - alcune di più altre di meno - le sostanze inquinanti, e cancerogene, come il benzene, la trielina e la formaldeide. Quindi questa scoperta può essere utilizzata anche negli appartamenti. Nelle case la formaldeide si trova nei tendaggi, nelle colle e nei rivestimenti, il benzene è un componente delle vernici e del fumo di tabacco, mentre la trielina è usata nelle sostanze adesive, negli smacchiatori e in altri detergenti. Questi i cattivi. I buoni da respirare invece stanno nel l’edera del diavolo, lo spatifillo, la pleomele, la gerbera e la sanse-

vieria trifasciata (fiamma verde). Anche ficus e angelica del Giappone hanno un perché in casa. Con una pianta tra quelle menzionate, in casa, avremmo la migliore protezione verso agenti inquinanti. Attenzione, quindi. Prima di riempirsi casa di piante per respirare meglio pensare bene gli innesti, per tanto, farsi consigliare da esperti in materia. Allo studio di Nero Wolf prima di entrare nel pieno di un caso il malcapitato si doveva ascoltare lunghe premesse piene di parallelismi che non coglieva nessuno (tantomeno il lettore) con il caso. Ma i tempi sono diversi, tutt’altra rapidità nello scambio di battuta e risposta. E qui le piante non entrano. Fonte: Natural Society

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Italian Hospital Group

CENTRALINO 0774 38.61 FAX 0774 38.61.04 188, Via Tiburtina 00012 Guidonia (RM) www.italianhospitalgroup.it

Unità Decentrata Dialisi Italian Hospital Group Strategie vaccinali anti HBV nel paziente emodializzato Dott. Pasquale Polito e Dott. Antonio Gorini - U.O.C. Nefrologia e Dialisi Ospedale di Tivoli e Unità Decentrata Dialisi c/o IHG

La malattia renale cronica (CKD) ha una prevalenza molto significativa nel mondo occidentale. Gli studi epidemiologici indicano che la prevalenza varia dal 13% all’8%. In Italia si stima intorno al 9% della popolazione generale la prevalenza di CKD (circa 6 milioni di persone). La CKD è definita come una riduzione della filtrazione glomerulare (GFR: glomerular filtrate rate) inferiore a 60 ml/min o la presenza di danno renale persistente (proteinuria, ematuria, alterazioni morfologiche, ecc.) per più di 3 mesi. Il progressivo aumento dei pazienti con CKD è tale da definire questa patologia come una “pandemia”. Ciò è riconducibile all’invecchiamento della popolazione e all’incremento di patologie croniche come ipertensione arteriosa e diabete mellito, che sono le principali cause di CKD nel mondo industrializzato. Secondo l’OMS nel mondo ci sarebbero circa 346 milioni di soggetti diabetici. Nella sola Regione Lazio i dati del Sistema di Sorveglianza PASSI 20072008 mostrano una prevalenza del 21,7% di ipertensione arteriosa tra gli intervistati (n=2606). Questa percentuale sale al 40,7% osservando la popolazione con età tra i 50 e 69 anni. Quanto alla CKD, non abbiamo dati certi. Manca un registro italiano di patologia e la malattia è sottostimata a tutti i livelli: poca consapevolezza da parte dei cittadini, poca sensibilizzazione da parte dei medici di base e degli specialisti. Una diagnosi tardiva della CKD comporta molteplici complicanze. Quando la funzione renale è compromessa in maniera avanzata (GFR <10 ml/min) è necessario iniziare il trattamento dialitico. La metodica più utilizzata nel mondo è l’emodialisi (90%). I pazienti in emodialisi hanno un più elevato rischio di infezioni gravi legate alla presenza dell’accesso vascolare, indispensabile per la circolazione extracorporea.

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Inoltre, i pazienti in dialisi hanno una ridotta risposta immunologica alle infezioni. La dialisi ha costi sociali e sanitari (diretti e indiretti) molto elevati. Oltre ad apparecchiature, farmaci e personale sanitario, vanno considerati i costi legati alle comorbilità, alle frequenti ospedalizzazioni, all’impegno dei caregivers nella gestione dei pazienti. Ogni paziente in emodialisi ha un costo medio per il S.S.N. di circa 50.000 euro/anno. In Italia abbiamo dati abbastanza completi sull‘epidemiologia dei dializzati grazie al lavoro dei Registri Dialisi Regionali e Nazionale. Al momento vi sono circa 55.000 pazienti in trattamento emodialitico. Solo il Registro Regionale Dialisi e Trapianto del Lazio (RRDTL) prende in considerazione la problematica relativa al rischio di infezione da HBV e il problema vaccinazione, indice di una scarsa sensibilità verso il problema vaccinazione/infezione/epatopatia HBV relata. I soggetti prevalenti positivi per HBsAg sono aumentati tra il 2006-08. Nel 2009 si è tornati alla prevalenza del 200001 pari al 2,9%. Nel 2010 la prevalenza si è ridotta al 2,4%, corrispondente a 113 persone HBsAg+. Anche tra gli incidenti nel 2010 si è osservata una diminuzione rispetto agli anni precedenti, con un tasso del 1,8%. In tutta la Regione Lazio vi sono 167 posti dialisi dedicati a pazienti HBsAg+. In questa coorte laziale di pazienti risultano vaccinati per HBV il 81,8% dei prevalenti e il 51,7% degli incidenti. Nella U.D.D. di IHG tutti i pazienti sono stati vaccinati per evitare l’infezione da HBV. Viene data grande importanza all’igiene delle mani, all’uso corretto dei guanti e dei mezzi di protezione individuale, alla presa in carico dei rifiuti, della biancheria, dei dispositivi e dei materiali e alla formazione del personale.

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ATTUALITÀ

Meglio il medico di famiglia che il medico in tv

In un’indagine del Censis l'ultima tendenza delle famiglia italiane non vede solo i motivi economici come spiegazione Non c’è palinsesto che non abbia dentro il momento dello specialista in medicina con il giornalista a fare le domande fesse ed il professionista intento a rispondere fesserie che saprebbe dire chiunque. Eppure appare essere un genere di intrattenimento molto apprezzato, ma perché intrattiene, non informa effettivamente. Quando gli italiani vogliono essere informati vanno dal medico. Da quello che hanno più immediatamente a portata: il medico di famiglia. Gli italiani si definiscono in maggioranza (il 59,7%) molto o abbastanza informati sui temi sanitari, e la principale fonte del proprio bagaglio di conoscenze è proprio il medico di famiglia (per il 55,6%), cui segue Internet (10,8%), i familiari e gli amici (10,1%), la televisione (5,9%), il medico specialista (5,8%), il farmacista (4%) e la carta stampata (3,6%). Per quanto riguarda il web lo utilizza “a scopo sanitario” il 32,4% degli italiani. Si tratta di una percentuale che negli ultimi anni è rimasta sempre costante spiega Ketty Vaccaro, responsabile del settore Welfare del Censis - ma con l'allargarsi del numero di utenti della rete questo “zoccolo duro” si ampia dal punto di vista numerico”.

Tra i principali difetti della comunicazione sanitaria sui mass media c'è poi la complessità delle informazioni fornite (secondo il 33,3% delle opinioni raccolte), l'enfatizzazione dei rischi per situazioni con un impatto reale minimo, come ad esempio nel caso dell'influenza aviaria (31,1%), la carenza di informazioni pratiche (27,2%), la leggerezza con cui talvolta vengono trattate le sperimentazioni, come se fossero terapie già disponibili (15,8%), il mancato aggiornamento (15%). Il risultato è che il ruolo dei mass media appare ridimensionato nella determinazione dei comportamenti individuali: meno di un terzo degli italiani traduce in pratica qualche volta le informazioni raccolte attraverso i mezzi di comunicazione (solo il 29,8%), mentre il 70,2% afferma di non avere mai adottato le indicazioni ricevute dai media. Al massimo, il 17,2% modifica il proprio stile di vita, il 15,3% decide di provare nuovi farmaci o prodotti per il benessere, l'8,6% di sottoporsi a un controllo medico. “Il risultato non mi sorprende - ha commentato Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria - siamo in un periodo di mediatizzazione e politicizzazione della salute, ma in fondo il malato vuole solo essere curato, e vuole che a farlo sia il medico”. Fonte: Ansa

Legge 38, questa sconosciuta! E il dolore è ancora una condizione diffusa tra i malati I cittadini conoscono i centri di terapia contro il dolore, ma sono i medici a non conoscerli. È l’associazione Vivere Senza Dolore a lanciare l’allarme. I farmaci oppioidi, sono maggiormente usati, ma troppi pazienti continuano a soffrire. L’indagine mostra che il 61,7% dei cittadini

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interpellati dichiara di soffrire di dolori cronici. Il 51% dei ricoverati in ospedale soffre fisicamente. Cresce anche il grado di consapevolezza tra le persone sul diritto a non soffrire: dal 27,9% di coloro che percepiscono il diritto alla cura come il diritto ad avere cure anche contro il dolore è salito al 44%. Fonte: Ansa w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


ATTUALITÀ

Sconfessato il mito dell’alimento biologico

Non è meglio di quello tradizionale. Lo dicono molte ricerche, ma non tutte Lo studio reca nel titolo un punto interrogativo, com’è giusto in un criterio di analisi permanente per cui non si vogliono dare illusorie certezze. Ma lo studio ha un ampio margine di casi sotto esame e difficilmente dovrebbe trovare delle smentite. Sono stati esaminati migliaia di studi pubblicati tra il 1966 e il 2011. Quindi, sono stati analizzati i dati più rilevanti contenuti in 237 ricerche. Gran parte riguardano l’uso di pesticidi e i loro pericoli nell’alimentazione. Ebbene, si è rilevato che non ce ne sono. Una donna incinta che mangia rigorosamente biologico non metterà al mondo un bambino più sano di un’altra che mangia cibi ordinari. Semmai il vantaggio di non usare pe-

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sticidi è per l’ambiente, ma per l’alimentazione il discorso consiste in una grande montatura. Nell’ambito delle vitamine, non ci sono differenze significative. Lo stesso vale per il latte. Va detto che i cibi biologici sono più ricchi di fosforo. Sostanze nocive come i colibatteri, salmonelle o batteri campylobacter non presentano differenze rilevanti tra il bio e il non bio. La risposta a distanza non ha mancato di farsi sentire. Quasi a mo’ di botta e risposta il 5 settembre è stata ripresa una frase del poeta contadino americano, Wendel Berry: “Mangiare è un atto agricolo”. E la regione Marche ne ha fatto suo il motto. A marcare il dibattito concorre il divario di prezzi sussistente.

Il bio costa molto di più. E questo si sostiene attraverso una fitta economia che si è formata sul “naturale è bello” soprattutto in alimentazione. Un concetto chiaro e intuitivo che però ha sullo sfondo un business dal fatturato ben in vista. Solo in Italia, i negozi bio più importanti appartengono al gruppo EcorNaturasì, la catena maggiore che conta 88 supermercati bio, due ristoranti e una macelleria. Nel 2010 il fatturato degli esercenti EcorNaturasì è cresciuto di quasi il 20%, raggiungendo i 112 milioni di euro. Ora, dire tutto insieme a coloro che tanto spendono che questo o quello pari sono, sarebbe un colpo non sono per chi ha impiantato il business.

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Malattie respiratorie, un calvario! Nel 2008 in Italia hanno causato il 6,5% delle morti Le manifestazioni tipiche sono problemi di concentrazione e di memoria. Bronchite cronica ed enfisema, le malattie più letali. Bisognerebbe chiedersi il vero motivo di questa escalation di malattie polmonari. E come se non bastasse si profilano altre malattie esiziali: della fibrosi polmonare reumatica. I dati sono stati presentati alla Camera dei deputati il 26 settembre dove si sono preparati i lavori per il congresso nazionale della Pneumologia che si svolge a Catania dal 3 al 6 ottobre. Si tratta di una malattia che è ancora considerata rara, ma già ha il dato di ottomila casi. Ogni anno colpisce dieci persone ogni 100 mila abitanti. La categoria dei fumatori che hanno superato i sessantacinque anni di età sono la più bersagliata. Grande fattore di rischio, come sempre l’ambiente, quindi soprattutto il lavoro. Le malattie respiratorie correlate al lavoro più diffuse sono l’asma bronchiale, le alveoliti allergiche, la bronchite cronica, la rinite e sono causate dalla esposizione ad agenti biologici di origine vegetale ed animale, ad agenti atmosferici (freddo, caldo, umido), ad agenti chimici utilizzati nelle varie lavorazioni. Nel settore della grande distribuzione, che comprende tra l’altro le attività di carico e scarico, disposizione delle merci negli scaffali, lavoro all’interno di celle frigorifere, le malattie respiratorie sono causate fondamentalmente dalla inalazione di polveri e farine, polveri di agenti chimici e materiale biologicamente attivo, come le muffe e i derivati animali, e dalle escursioni termiche legate agli ambienti lavorativi (aria condizionata, celle frigorifere).

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Nel settore dei trasporti su ruote le malattie respiratorie sono causate prevalentemente da agenti biologici e chimici contenuti nelle merci trasportate, agenti con i quali l’uomo viene a contatto essenzialmente nelle attività di carico e scarico del mezzo , ma anche mentre si trova alla guida. Nel settore agricolo i fattori di rischio richiamati sono tutti presenti ed è particolarmente difficile discernere il fattore di rischio lavorativo da quello extra lavorativo a causa della sovrapposizione degli ambienti di lavoro e di vita. In questa sezione sono presenti materiali utili per la prevenzione o riduzione di queste malattie; alcuni sono stati realizzati appositamente in questa occasione, altri sono stati selezionati tra quelli sviluppati da Istituzioni pubbliche nazionali o straniere e/o dalle Parti sociali con livelli di approfondimento diversi per soddisfare un ampia gamma di esigenze. Chiaro che in queste condizioni le forme di controllo per la tutela si ramificano da parte dell’Arpa. Nell’intero pianeta a dare gas tossici e anidride carbonica non sono solo la Cina, in crescita senza regole, e senza controlli. La città contaminata è San Paolo dove deve essere ripristinata la condizione ambientale necessaria affinché abbia quelle condizioni essenziali per cui un ambiente possa esser ritenuto vivibile. Ma senza andare troppo lontano un’emergenza c’è anche a Brescia Est. Giovedì 27 settembre il nuovo convegno sul tema, organizzato dal Comitato Spontaneo Contro le Nocività ha reso pubblici i dati dell’ARPA. Risultante: il monitoraggio deve essere continuo, l’allarme sulle malattie respiratorie non deve fermarsi, anzi deve concentrarsi sulle grandi città. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


RICERCA

I cani avvisano del tumore alla prostata Commissionata una ricerca per avere gli stessi sensori in grado di capire Una sperimentazione oramai consolidata dà ai cani questa capacità di percepire la presenza di un tumore alla prostata annusando l’urina dell’uomo. E allora è stato commissionato uno studio che sarà effettuato dall’Istituto clinico Humanitas.

La ricerca dovrebbe concludersi in tre anni. La pretesa è quella di individuare le molecole che fa reagire il miglior amico dell’uomo per duplicarla in laboratorio come sensore in grado di riconoscere nelle urine la presenza del tumore. Fonte: Ansa

Il tè! Prostata in allarme

In una ricerca scozzese si rileva un accentuazione di casi di tumori in chi ne beve La ricerca riguarda ben seimila volontari. È durata 37 anni. Bevendo più di sette tazze al giorno di tè c’è la possibilità statistica di sviluppare il cancro alla prostata rispetto ai non bevitori. Ma anche chi ne beve, sebbene in quantità inferiori, vede diminuire notevolmente questa possibilità. Iniziato in Scozia nel 1970, la ricerca ha raccolto dati su uomini tra i 21 e i 75 anni di età.

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Ma è pur vero che precedenti ricerche non mostravano legami tra tumore e tè nero e addirittura si parlava di un effetto preventivo del tè verde. In difesa dei bevitori di tè, c’è anche una risposta a questo dato. Il tè, da solo, potrebbe non essere un fattore di rischio. Hanno minori probabilità di essere in sovrappeso, di non bere alcol e avere buoni livelli di colesterolo. Fonte: Nutrition and Cancer

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REGIONE LAZIO

Er Batman sarà ricordato come innovatore

Sapevamo già che spending review si traduce in Italia con tagli lineari. Ma con i fatti della Regione Lazio inizia il depotenziamento dei poteri locali Ci sono tutte le premesse per lo stato centrale nella sfiducia ad enti regione. Prima fra tutte la sfiducia sul governo della Sanità. La polpetta prelibata della Sanità torna nelle mani del potere centrale e si brinderà all’eclisse del Titolo V, Indipendentemente da cosa si pensa sull’argomento bisogna prendere atto che anche nel migliore dei casi il governo delle regioni da quando furono istituite quaranta anni fa circa, non è stato mai all’altezza di un progetto riformatore. Se il suo pensiero debole è stato apprezzato, quindi compensato dallo stato centrale, d’altro canto non ha mostrato elementi storicamente apprezzabili. Ora, il governo della sanità è anche riequilibrare i poteri e, aggiungo, non solo tra stato centrale e stato periferico, ma soprattutto è quello di costruire delle capacità, strutturare relazioni, ripensare quella discutibile distinzione tra government e governance, tra gestione e politica, tra politiche e programma-

zione, tra governanti e governati. Oggi non si può ripensare il governo della sanità per continuare a correre dietro a prospettive di incompatibilità tra diritti e spesa. Governare la sanità non è mai stata solo una questione istituzionale. L’idea di governo in sanità non può coincidere solo con le istituzioni e soprattutto essere affrontata come una variabile indipendente da una strategia. Il braccio di ferro tra poteri sarà sottile, non emergerà in evidenza sui giornali. Ma il modo migliore di far morire una legge in Italia non è abrogarla ma non applicarla. Così non saranno riconosciute deleghe di rito. Molte competenze rimarranno nelle mani del governo, specialmente in materia sanitaria. Tantopiù dopo quel che è successo il ricatto di vedersi rappresentati come dei nuovi Er Batman per i governatori in sanità. I rapporti tra istituti non si risolvono in pochi mesi e il senso della crisi verrà gestito con sapienza politica dai governi tecnici che si apprestano. Bob Kane e Bill Finger

Regione Lazio ancora lenta nel recupero dal deficit

I dati del secondo trimestre però si salvano ma solo perché sono state introdotte nuove tasse C’è un disavanzo di 109,395 milioni di euro ma le coperture sono di 792 milioni. Manca l’evidenziazione di “ulteriori elementi di rischio emersi dalla gestione 2011”. Ci sono ancora gravi ritardi nell’attuazione del Piano di rientro. Questo è il quadro emerso sulla sanità regionale del sistema paese. I dati, acquisiti il 24 luglio, sono stati divulgati il 9 settembre. Secondo la valutazione ci sono elew w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

menti di rischio emersi dalla gestione 2011 e non quantificati dall’ente-regione. È mancato l’aggiornamento del Programma Operativo per il 2012 secondo le indicazioni dei Ministeri affiancanti. A pesare ci sono anche le mancate decisioni sulla questione ospedaliera, vedi i Castelli. Sempre nel Lazio si rilevano ritardi con gli erogatori privati per l’anno 2012. Fonte: Ministero salute

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Più privati nella Sanità, lo dice l’Antitrust Nella relazione di Pitruzzella vengono indicate vecchie rigidità del sistema La politica ogni tanto si accorge che esiste la Sanità non solo perché deve fare dei tagli. Chi si è occupato delle possibilità finanziarie ancora aperte in questo mondo, l’Antitrust. Tutto questo in un complesso di riforme che guardano allo snellimento e alla liberalizzazione nel funzionamento della struttura pubblica. Il presidente Pitruzzella ha quindi proposto più accesso agli erogatori privati che non gravano sull’erario pubblico; stop quindi all'accreditamento provvisorio; criteri di trasparenza nella selezione delle imprese convenzionate; valutazione della performance e, per l’acquisto di beni e servizi, no a meccanismi che sovrastimino il livello del costo standard.

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“Il processo di liberalizzazione dei mercati ha mostrato, durante il Governo Monti, rapide accelerazioni ma molto resta ancora da fare”. Lo scrive il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Giovanni Pitruzzella, in una segnalazione richiesta dall’Esecutivo e inviata al Governo e al Parlamento, in cui si fotografa lo stato dell’arte dei singoli mercati e propone le ulteriori modifiche necessarie. E spazi di intervento ulteriore, secondo l'Antitrust, ci sono anche nel settore farmaceutico e nella sanità, così come nelle Poste, assicurazioni, servizi professionali, pubblica amministrazione, trasporti e servizi pubblici locali. Nella segnalazione, richiesta dal Governo per predisporre anticipatamente la legge annuale per la concorrenza,

l’Antitrust ribadisce che l’apertura dei mercati e l’introduzione dei meccanismi concorrenziali sono ingredienti “imprescindibili per stimolare, in prospettiva, la crescita e migliorare il benessere dei consumatori. Devono tuttavia essere accompagnati da istituzioni efficienti e veloci, che diano certezza dei tempi a chi vuole investire nel nostro Paese”. Inoltre, sottolinea ancora l’Antitrust, “in attesa che venga ridisegnata l’architettura istituzionale del Paese, bisogna rafforzare da subito i poteri sostitutivi dello Stato e delle Regioni per evitare l’inerzia degli Enti locali. In caso di mancato intervento delle Regioni sui Comuni sarà lo Stato a dovere assumere le determinazioni necessarie”.

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ATTUALITÀ

I punti neri degli ospedali italiani

Una mappa che indica precise arretratezze nel sistema sanitario nazionale Il 3 ottobre il Ministero della Salute e Agenas (titolare del sistema di valutazione) hanno presentato i risultati del Programma nazionale di valutazione degli esiti (Pne) con i dati su mortalità, tempi di intervento e altri indicatori per 42 prestazioni erogate negli ospedali pubblici e privati italiani. Sotto la lente sono finite 1.483 strutture sanitarie (sono state considerate quelle che realizzano almeno 10 interventi) e oltre 10 milioni e mezzo di degenze ospedaliere per 7 milioni di pazienti. Il primo dato riguarda la mortalità da infarto per coloro che riescono a raggiungere la struttura sanitaria. Non riescono a superare i trenta giorni di vita è 11,61%. Ma nel Lazio ci sono due ospedali ad avere dati di mortalità doppi, in relazione alla media nazionale: il San Giovanni Evangelista di Tivoli che conosce il 24,6% dei casi e la clinica S. Anna di Pomezia. La lista delle patologie in cui l’indicatore della mortalità a trenta giorni riesce a dare un canone di efficienza delle cure mediche è lunga. La ricezione dati di Agenas evita di mettere in relazione la politica dei tagli degli ospedali con il livello di performance di ciascuno di questi. Nel senso che, a prima lettura, nessuno di questi luoghi pericolosi per la salute fa parte della black-list dei nosocomi da tagliare. Sono stati tutti promossi. E allora si deve capire il merito dei tagli. Chiaramente vale il solo criterio economico e di prossimità al territorio e con queste categorie il criterio vorrebbe assumere un carattere tecnico. Ma questa importante illustrazione di dati ha il merito anche di portare alla riflessione sul significato che ha oggi l'ospedale nella nostra società è quello che deve darsi. Sono risultati che indicano in modo estremamente preciso delle inefficienze e non necessariamente queste possono esw w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

sere attribuite all'arretratezza dei territori. L’organizzazione sanitaria dovrebbe vivere di vita propria altrimenti non ha senso definirla tale. La risposta quindi non è semplicemente far funzionare alcuni servizi sopra la media di mortalità concepibile in un paese della comunità europea. La risposta, si diceva. consiste nel ripensare il ruolo dell'ospedale, la capacità di esprimere autonomia dai problemi del territorio, la regola di porre il paziente al centro della sua ragion d’essere e di disporre la rete dei servizi su di lui, non sulle esigenze del personale medico consolidato nella struttura. Le indicazioni della ricerca Agenas sono molto precise e partono dall’indicazioni di specifiche cause di morte o di particolari disfunzioni come di cattive abitudini - ad esempio il parto cesareo - ma non soddisfano la solita designazione del Sud d’Italia come Sanità più arretrata. Anzi, ci sono delle sorprese. Il dato di mortalità a 30 giorni per intervento Bypass Aortocoronarico (media esiti Italia 2,45%) rileva uno scenario variegato sorprendente: ben cinque strutture concentrate al Centro Nord. La mortalità a 30 giorni per ictus conferma molta variabilità nei risultati (la media esiti nazionale è dell’11,61%). Le migliori performance sono state raggiunte dall’ospedale Eustacchio a San Severino Marche. Il tumore gastrico maligno fotografa risultati più o meno omogenei sul territorio, ma soprattutto rivela in alcuni casi differenze tra le varie strutture della stessa Regione (la media esiti è dell’5,88%). Nel caso dell’intervento chirurgico entro 48 ore dal ricovero per frattura del collo del femore nell’anziano, i numeri ci descrivono una media nazionale molto bassa: solo il 33,11% dei ricoverati riesce infatti ad essere operato nei tempi previsti.

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Mario

Dionisi Cari amici lettori,

non possiamo discostarci da questo dato. Gli italiani

terribile, inoppugnabile. Mentre ci sottoponevamo a pa-

durre, ed eliminare negli anni, il deficit statale. Tra i de-

fa, l’IMU, le accise sui carburanti ecc e si facevano que-

hanno pagato e ancora pagano credendo sia giusto ri-

ficit, quello più tangibile, percepibile sulla pelle delle

persone perché riguarda un bene primario come la cura della salute, è il deficit sanitario. In questo quadro, da al-

cuni anni la scure del risparmio ha colpito il settore della

gare l'Irpef il doppio di quanto pagavamo pochi anni sti sacrifici perché c'era di 1 miliardo e 139 milioni di

euro da pagare come voragine sanitaria. E questi nani della politica li spendevano per loro prebende!

Quello che abbiamo ascoltato nei dibattiti di questo

poliambulatorietà privata: 50% di riduzione tra budget e

mese è andato al di là di ogni fantasia. Fiumi di soldi

gliore a costi contenuti, noi imprenditori abbiamo af-

titi e dilapidati.

tariffe. Sempre in questa battaglia di dare una sanità mi-

frontato la stretta economica, ma abbiamo anche

denunciato alle autorità preposte che, tagliare del 50% una spesa inferiore al 2% del totale sanitario è un follia.

che tolti al bene e alla salute dei cittadini venivano spar-

A questo punto però il dilemma è un altro, se questo

scandalo non fermerà:

- l’arroganza di coloro che sono sicuri di essere eletti, per-

Il risultato è stato che, nel Lazio, il costo delle analisi

ché scelti dal partito e poter gestire somme enormi a pro-

stazioni! Privato e pubblico effettuano lo stesso numero

- la folla di soggetti (strapagati), nominati non perché

cliniche è aumentato. Si tratta di dodici milioni di pre-

prio piacimento per costruire il loro consenso di votanti.

di analisi. Il problema è che per altre spese tanto rigore

capaci ma perché “affidabili” alla logica di potere e

amministrative, sempre più incarichi a cosiddetti esperti

Ma questi fatti evidenziano un’altra verità, la più

nessuno lo ha visto. Inalterate e anche cresciute le spese

senza alcun altro PUBBLICO dovere.

che non hanno dato efficienza o risparmio. i funzionari

drammatica di tutte: tutti dobbiamo pagare le tasse, è

In tutto questo il decreto Balduzzi prevede incrementi

un’area di evasione, ma se questa è la realtà e se lo Stato

si moltiplicano: Quanti sono? Quanto prendono?

solo nell’edilizia sanitaria! La nostra condizione è che si

paga e si fanno sacrifici. Ci sembrava fosse arrivato un momento di razionalità, non dico di rigore, parola illu-

soria, ma ci troviamo davanti solo a sperperi. Comun-

que i ragionamenti si azzerano davanti a un dato chiaro,

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drammaticamente vero che questo non avviene e si crea

avesse potuto godere di maggiori fondi avremmo avuto gli stessi sperperi: questi dirigenti, questi ser-

genti della politica, questi furbetti del quartierino avrebbero avuto ancora più soldi da dilapidare!

Mario Dionisi

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