Cittadini & Salute Novembre 2012

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Mario

Dionisi Cari amici lettori,

Come editore di questo giornale mi preme eviden-

ziare alcune rilevazioni in conclusione del servizio pubblicato nelle pagine 4 e 5.

non avere interventi adeguati e casi di malasanità che non fanno più notizia.

Ma, a costo di ripetermi cento volte, i tagli vengono

Noi sappiamo che la Regione Lazio, solo per il 2012,

fatti a noi imprenditori della diagnostica. Non toccano le

denziare che i costi continuano ad essere esorbitanti e

In media in Italia le spese degli ospedali prendono

ha un deficit di seicento milioni. Il “solo” va ad evi-

spese inconcludenti nei nosocomi italiani.

non serve, non aiuta, la considerazione che due anni

poco più della metà dei costi per la Sanità in un ente-re-

geriale della sanità vedrebbe l’intervento di tecnici in

tante nei nostri ospedali.

fa questo deficit era il triplo. Una conduzione managrado di saper lavorare in modo mirato. L’esempio ri-

gione. Ma è pur vero che di incoerenze se ne vedono All’Umberto I un tipo di operazione viene effettuata in

tualmente citato delle siringhe acquistate a prezzi di-

15 reparti diversi. Quindi, ci sono reparti che non fanno

l’idea ma non serve a capire bene la proporzione del

bisogna garantire carriere dei rispettivi primari, nomine

versi in diverse Asl e in diversi enti-regione, rende dramma in cui versa la nostra Sanità.

E non è del tutto vero che in questa condizione non

più di uno o due interventi l’anno. Tutto questo perché

e ruoli! Come se ci trovassimo in una qualsiasi struttura statale. Non meraviglia quindi il ricorso sempre più fre-

si possano fare investimenti. Qualsiasi stato di crisi si

quente a strutture private, come oramai fanno rilevare

sto significa innovazione del servizio attraverso la ca-

Vi chiederete il motivo per cui un imprenditore della

risolve con nuovi investimenti sulla produttività e que-

diverse indagini sociologiche.

pacità di migliorare la tecnologia, migliorare la

sanità privata si interessi della sanità pubblica. Il fatto

i tempi e la qualità.

spese di bilancio di uno Stato. Una persona ammalata

capacità di fare da parte del personale, migliorare così L’innovazione, e un grande sforzo da parte di piccoli

imprenditori della diagnostica è avvenuto in modo evi-

è che la cura della salute non è una voce qualsiasi nelle

che non può accedere alle cure per motivi economici pretende comunque che le siano riconosciute in base

dente negli ultimi quindici anni. Sotto questo profilo

all'articolo 32 della Costituzione. E questo crea un rim-

il paziente dalla diagnosi passa alla terapia o al ricovero

vata si trovano sulla stessa barricata. Quindi spendere

siamo migliori di altri paesi. Il problema nasce quando ospedaliero. Lì arrivano i guai. Lì può capitare di con-

trarre un virus in sala operatoria, lì può succedere di w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

balzare di problemi sociali in cui Sanità pubblica e pri-

bene, spendere meglio. E verificare che gli effetti della cura giungano a buon fine.

Mario Dionisi

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ATTUALITÀ In Italia la sanità privata totalizza il fatturato di trenta miliardi di euro che rappresentano il 23% del totale della spesa per le spese per la cura della salute. I costi della spesa sanitaria privata sono sostenuti direttamente dai cittadini all'82%. Solo il 13,9% è sostenuto da fondi sanitari integrativi. Mentre le assicurazioni prendono il 3,7% dei costi, sia come assicurazioni sulla malattia che come assicurazioni vita. Lo ha detto Sergio Crobello, presidente di Assoprevidenza durante il convegno a Roma sul tema: “I servizi per gli anziani, un aiuto concreto alle famiglie” che si è effettuato lunedì 29 ottobre. Del resto la conseguenza alla sfiducia verso la sanità pubblica è un dato che consegue ai fatti di malasanità evidenziati dagli organi di stampa. D’altra parte è altrettanto vero che non tutti possono accedere a una sanità sulle spese del malato. La fiducia verso la sanità pubblica diventa, quindi, una necessità sociale. Il problema diventa come saperla valutare in termini oggettivi, al di là del sensazionalismo di alcuni titoli. Sulla misurazione del suo livello sono stati inseriti alcuni nuovi indicatori per la valutazione dei servizi erogati dalle Regioni. Si tratta di indicatori per dare un vero e proprio voto di merito al servizio sanitario. Questi indicatori sono stati aggiornati per dare una va-

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Sanità sempre più

La cura della salute tra assicurazioni e fondi corre lutazione a tre enti-regione: ciascuna per una frazione del paese, nord, centro e sud. Questi nuovi parametri sono arrivati al tavolo della conferenza Stato Regioni. Non sono stati modificati solo gli emblemi di buon funzionamento ma anche l’elaborazione della graduatoria. L’appropriatezza e l’efficienza dei servizi riguardano la spesa farmaceutica pro capite, il costo dell’assistenza di base, la media del costo del ricovero per acuti in degenza ordinaria, ma anche operazioni nello specifico come su quanti femori si è operato entro quarantottore, e molti altri indicatori. Ma mentre si è in attesa di conoscere questi voti, semmai saranno pubblicati, fanno sensazione alcune notizie recenti come la prenotazione di una mammografia per giugno 2015. Succede a Montebelluna, in provincia di Treviso, nel Veneto, dove i dati economici mostrano che la Sanità funziona meglio delle altre regioni d’Italia. Primo caso di inoppugnabile malasanità. Un medico condannato per aver asportato, in provincia di Savona, l’unico rene funzionante del paziente con una banale cisti alla milza. In questo notiziario abbiamo scelto di non pub-

blicare nome e cognome del chirurgo né l’ospedale in cui è avvenuto il fatto. Questo perché non costituisce prova di alcunché, la notizia è stata battuta da altre agenzie e notiziari. E poi, si ritiene, che il lettore debba concentrarsi sul caso in sé, ancor prima di additare responsabilità oggettive sulle quali solo la magistratura giudicante può dire qualcosa con scienza. Il fatto è avvenuto il 13 febbraio del 2011. L’operazione a cui doveva esser sottoposto il malcapitato paziente era in laparoscopia. Non si capisce per quale motivo il chirurgo abbia asportato anche l’unico rene che gli era rimasto obbligandolo alla dialisi per undici mesi prima di un trapianto del rene. Si ritiene che il chirurgo abbia commesso un “errore inescusabile”. Lo stesso chirurgo precedentemente era stato condannato per aver provocato danni alla vescica ai danni di un altro malcapitato che doveva semplicemente avere un intervento di plastica protesica per un’ernia. Sempre nelle recenti cronache c’è un filo metallico lasciato nel torace di un malato di lungo corso che scopre di avere un "porter" non ancora estratto. (Il porter è uno strumento che consente di far arrivare w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


un fatto privato su doppio binario con la mano pubblica

le cure della chemioterapia in modo più efficace e senza straziare le vene). Ma al di là di questi esempi eloquenti, estratti nel novero dei fatti successi ad ottobre, non si tratta di fare una graduatoria di merito tra servizio sanitario privato e quello pubblico. Sarebbe una dissertazione inutile che non porta a nulla, a meno che non si abbiano delle conclusioni preconfezionate. Il problema resta come far convivere i due volti della nostra Sanità, come garantire la cura della salute per tutti senza demagogie. Sempre i dati emersi il 29 ottobre dal Business International, nonostante gli italiani ricorrano più spesso alla Sanità privata il servizio pubblico costa sempre di più. Dati alla mano, nel 2009 su una spesa pro capite extra Sistema sanitario nazionale di 694 dollari, l’italiano ne spende direttamente la quasi totalità, 617 dollari pari all’88,9%. All’opposto un francese su una spesa sanitaria pro capite privata di 878 dollari, ne spende personalmente solo 291, pari al 33%. In mezzo la Germania con un rapporto quasi “fifty-fifty” 552 dollari spesa personale e 424 dollari mutuata). w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

La proposta emersa nel convegno allora è di costituire dei Fondi per uno snodo per l’integrazione delle politiche socio-sanitarie dei diversi enti locali e del no profit. In questo ambito va affrontato anche il tema della tutela universalistica della salute. Il problema però è che se si delega a una concertazione in cui i diversi attori del servizio sanitario pianificano invece di farsi la guerra si arriverebbe a un monopolio di potere che sfuggirebbe di mano ad un esercizio di controllo democratico. La politica, attualmente, si è dimostrata incapace a gestire questo ruolo di controllo. Ma il sospetto è che se si perpetra l’attuale condizione avremmo una Sanità pubblica povera per poveri e una Sanità privata che attinge solo servizi più tranquilli e facilmente remunerati. Il miglioramento del cittadino alla cura, ora, si perde in questi rivoli. A dare una mazzata alla Sanità pubblica, e in particolare a quella del Lazio, ci si mette anche il ministero della Salute con un indagine effettuata da Agenas. Sulla sostanziale base dei parti cesarei e dei tempi per operare e riabi-

litare le fratture di femore si decreta che i nosocomi laziali siano scarsi. Va ricordato anche che la Regione Lazio ha un deficit di seicento milioni di euro nel 2012. Due anni fa era il triplo. In una condizione in cui non si possono fare investimenti e c’è solo da tagliare è molto difficile migliorare lo standard dei servizi. E in media in Italia le spese degli ospedali prendono poco più della metà dei costi per la Sanità in un ente-regione. Ma è pur vero che di incoerenze se ne vedono tante nei nostri ospedali. “Nel Policlinico Umberto I lo stesso tipo di operazione viene eseguita in 15 reparti diversi”. - ha detto Carlo Perucci, di Agenas quando ha presentato la ricerca il 2 novembre - Questo vuol dire che in molti reparti non si fanno più di 1-2 interventi l’anno”. Ci sono anche argomenti consolatori: la mortalità a trenta giorni dopo bypass aortocoronarico, mentre la media nazionale è del 2,45%, nel Lazio è al 2,3, ma al San Camillo-Forlanini, nel Sant’Andrea e nel Policlinico Umberto I la mortalità è ancora più bassa. Lo stesso vale per le patologie oncologiche. Quindi la morale che se ne ricava è la seguente: in caso di gravità ricorrere alla struttura statale, anche perché nelle strutture private non si prendono la responsabilità di carichi assicurativi. Per tutto il resto ci sono le strutture private. Una Sanità sempre più per benestanti. Beatrice Portinari

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CURIOSITÀ

Con il judo ho battuto il dolore

Laetitia Casta parla della disciplina sportiva come fonte di energia pura, parla della sua esigenza di fisicità e di tutto questo come sorgente viva per trovare sempre nuove energie “Ho fatto tanto sport - ha detto sempre la Casta in un’intervista per la Gazzetta dello Sport il 5 settembre - È importante per me essere fisica. Ho fatto judo per nove anni nei quali ho fatto competizione. Ma ho capito che c’era qualcosa nella competizione che non mi piace. Un mondo troppo chiuso per me”. In un’altra intervista il 20 ottobre su La Repubblica dice di aver superato momenti difficili grazie alla capacità di sopportazione che ha assimilato dall’attività sportiva. Una diva “deve difendersi con le unghie davanti a colleghe che le rubano spazio”. Non c’è settimana che passa nella quale anche in pubblicazioni scientifiche accreditate non si indichi nell’attività sportiva la più grande abitudine di vita in grado

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di prevenire indesiderate malattie. Laetitia Casta non poteva esimersi da certe domande vista la splendida forma in cui la si vede in una pubblicità molto lanciata nelle televisioni. Ma la novità con cui Laetitia parla del suo rapporto con lo sport e la vitalità, visti come una sola cosa, costituisce una grande eccezione nel mondo di cellulosa e della passerella nel quale la Casta vive. Altre dive, mentendo pericolosamente, parlano del loro rapporto col cibo come se non fosse un problema per loro. Laetita Casta è verace. Non appare snob dicendo di dedicarsi a sport sconosciuti, nemmeno è dedita alla palestra in modo forsennato. In un sito espressamente dedicato alle sue esternazioni on line dice di sé che ama anche correre in kart e fare im-

mersioni. “Lo sport per me è un piacere non è un obbligo!” Non nega le necessarie attenzioni che sono di tutti: “se faccio jogging sgranocchio un po’ la mattina, se mi tuffo nel pranzo mi limito nella serata” (www.laetitiacastaonline.com). Nuovamente esplode contro il senso comune che vuole le dive inchiodate a una vita regolata a perfezione. “A volte si è più magre, a volte più grasse: per me queste cose non sono importanti. Io mangio quando mi va, faccio ginnastica quando mi va, mi sento a posto così. Quando una donna mi parla di bellezza, vorrei dirle “ti prego, parlami di una cosa meno inutile”. Non sono una donna immagine: io sono vera” Se è vero, la sua verità ci dà una bella immagine: di sé stessa, non di altro. Gemma Donati

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RICERCA

Fare sport digiuni è meglio I grassi superflui si bruciano meglio e si alza il metabolismo Lo testimonia una ricerca anglosassone pubblicata su British Journal of Nutrition che ha solo il difetto di non avere un campione molto ampio di sperimentazione, nel senso che i volontari prestati all’esperimento sono appena dieci. La ricerca però offre dati inoppugnabili per la precisione dei risultati offerti. Il campione, pur limitato, è formato da giovani sovrappeso che sono stati sottoposti a dieta, ad esercizi fisici durante il giorno e ad altrettanta attività prima di fare la prima colazione. I risultati maggiormente vantaggiosi per quanto riguarda l’innalzamento del metabolismo postprandiale e la perdita di peso, sono stati evidenziati in coloro che si sono sottoposti ad attività fisica appena svegli, prima di fare la prima colazione.

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Quindi assodato che l’esercizio fisico fa bene alla salute, praticato a digiuno fa meglio. Con “postprandiale” si intendono semplicemente gli effetti sul metabolismo una volta che il corpo ha assunto cibo per le due colazioni o per cena. Il metabolismo indica quel cambiamento che si ha nell’organismo quando entrano dei fattori energetici. Si tratta di un processo molto complesso che si configura con decine di migliaia di processi biochimici. Consiste nella velocità del corpo nel consumare calorie. Il problema consiste nell’aumentare il livello del metabolismo per dimagrire. (Nutrizionisti e dietologi spesso non sono d’accordo perché non c’è in questo un’educazione alla sana alimentazione e laddove il metabolismo dovesse dimi-

nuire gli effetti del primo dimagrimento sarebbero annullati). Ma è pur vero che con un certo tipo di allenamento si può alzare il metabolismo assimilando di meno, quindi dimagrendo. Il dato centrale si ravvisa nella muscolatura che più è attiva e di buona consistenza più si bruciano calorie. Vale per tutti, sportivi e non, donne e uomini, giovani e vecchi. Il muscolo ha bisogno di energia quindi brucia quella che si assimila con l’alimentazione. Corsa, ciclismo, nuoto sono ottimi sport per stimolare il metabolismo. Importante, dopo brevi periodi con un certo tipo di allenamento, cambiare. Il metabolismo così è deve adattarsi al nuovo regime. Mettere insieme, in uno stesso allenamento, attività aerobica e anaerobica. Pia de’ Tolomei

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Prevenzione & Salute Dott.ssa Giorgiana Feliziani

Medico-Chirurgo Medico-Estetico Specialista in Dermatologia e Venereologia Presso il: Laboratorio Analisi Villanova Via Galletti, 8-10 Tel. 0774.529175 Si riceve su appuntamento

La mappa dei nei in epiluminescenza Un valido aiuto per la diagnosi precoce del tumore della pelle Negli ultimi anni si è osservato un aumento costante dell’incidenza dei tumori della pelle. Tra le neoplasie cutanee, il melanoma rappresenta la forma più aggressiva in quanto dotato di un’elevata potenzialità metastatizzante. La diagnosi precoce di questo tumore, e dunque la tempestiva asportazione chirurgica, offrono al paziente una guarigione completa; se al contrario la diagnosi viene posta in una fase più avanzata di crescita del melanoma (spessore di Breslow ≥1 mm), il tasso di mortalità risulta estremamente elevato e anche le più moderne tecniche chirurgiche e/o terapie post-chirurgiche (chemioterapia, radioterapia) offrono solo risposte parziali e non durature al malato. Nella lotta contro questo tumore cutaneo l’importanza della diagnosi precoce e della prevenzione hanno dunque stimolato la ricerca a sviluppare nuove metodiche strumentali che offrano un aiuto alla semplice osservazione clinica delle lesioni cutanee. Allo stato attuale una delle più moderne tecniche utilizzate dai dermatologici è la videodermatoscopia in epiluminescenza. Si tratta di una metodica diagnostica non invasiva che si è dimostrata un aiuto molto efficace nello studio e nel monitoraggio delle lesioni cutanee. (*) Questo esame strumentale rapido, indolore e privo di qualsiasi controindicazione, consente di: - Valutare strutture e caratteristiche della lesione nevica, altrimenti non visibili con la semplice osservazione ad occhio nudo; - Acquisire e memorizzare le immagini realizzando un Archivio di Monitoraggio del paziente, che avrà così una completa e consultabile “mappa dei nei”.

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La memorizzazione fotografica, infatti, offre la possibilità anche a distanza di tempo di confrontare le immagini raccolte e quindi di seguire l’evoluzione di qualsiasi lesione cutanea per coglierne eventuali cambiamenti. Poter individuare atipie e trasformazioni, anche lievi, è fondamentale per la diagnosi precoce non solo del melanoma, ma anche di altri tumori della pelle (basaliomi, spinaliomi, ecc). Prima dell’utilizzo della videodermatoscopia in epiluminescenza, la diagnosi di nei a rischio si basava esclusivamente sulla clinica, cioè sullo studio della morfologia macroscopica e delle modalità evolutive delle lesioni pigmentarie secondo i criteri dell' ABCDE (Asimmetria-Bordi-Colore-DimensioniEvoluzione). In realtà, nella pratica clinica, anche osservando scrupolosamente questi criteri, di frequente restava il dubbio sul carattere benigno o meno di alcuni nei e pertanto si procedeva all'asportazione chirurgica, spesso inutile, di un gran numero di lesioni. Oggi, invece, la videodermatoscopia in epiluminescenza, studiando in vivo microstrutture e caratteristiche architetturali di atipia altrimenti invisibili all’osservazione ad occhio nudo o con una semplice lente di ingrandimento, consente di aumentare l’accuratezza diagnostica del 30% e pertanto, oltre a rappresentare un indispensabile ausilio nella diagnosi precoce del tumore della pelle, consente di ridurre il numero di asportazioni chirurgiche inutili. *. Argenziano G, Soyer HP. Dermoscopy of pigmented skin lesions--a valuable tool for early diagnosis of melanoma. Lancet Oncol. 2001 Jul;2(7):443-9. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


Italian Hospital Group

CENTRALINO 0774 38.61 FAX 0774 38.61.04 188, Via Tiburtina 00012 Guidonia (RM) www.italianhospitalgroup.it

IHG/ Degenze, Centro Diurno e Assistenza domiciliare, per prendersi cura dell’Alzheimer oggi Un convegno per coordinare interventi e terapie per la cura delle demenze

Nel Lazio si stima che ci siano settantamila persone affette da demenza. Nel mondo le persone colpite da demenza sarebbero oltre 35 milioni. Sono due semplici dati per provare come la demenza sia una patologia sempre più presente nella nostra società. Non a caso, nel 2008 l’Unione Europea ha individuato le demenze come priorità socio-sanitaria. Coerentemente, la Francia ha approvato un piano, lo stesso ha fatto il Regno Unito. L’Italia è in ritardo. La Regione Lazio però il 12 giugno del 2012 ha approvato una legge regionale con l’obiettivo di creare una rete di interventi socio-sanitari integrati finalizzati alla presa in carico del paziente e della famiglia nelle varie fasi della malattia (L.R. 6/2012). Il mondo della sanità del Lazio ora deve creare questo coordinamento. Partendo da queste premesse, Italian Hospital Group ha organizzato il convegno che si è svolto il 9 novembre a Tivoli Terme. Al Convegno si sono incontrati gli esperti del settore per analizzare l’effettiva situazione in cui si trovano tutti gli operatori coinvolti, a qualsiasi titolo, nella cura e nell’assistenza dedicata ai pazienti affetti da Demenza o malattia di Alzheimer e per aggiornare sulle novità nel campo della terapia e della diagnosi. L’iniziativa è finalizzata anche ad illustrare quanto è in programma nella Regione Lazio per riorganizzare i servizi per le demenze in ottemperanza alla legge n°6 del 12 giugno del 2012. Nel convegno sono state inoltre illustrate le tecniche riabilitative utilizzate nei luoghi di cura (degenza, centro diurno, domicilio) per gestire le manifestazioni cliniche della malattia di Alzheimer (che da sola rappresenta il 60-70% di tutte le forme di demenza) e gli interventi per migliorare la qualità di vita dei familiari. Gli interventi riabilitativi, infatti, anche nelle demenze, hanno una ricaduta positiva sulla malattia e contribuiscono a rallentarne l’evoluzione ed a migliorare la qualità della vita del paziente e della famiglia. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Di fatto, la riabilitazione ha come obiettivo il mantenimento del ruolo e della autonomia nel proprio ambiente con i limiti imposti dalla patologia. Il danno funzionale deve essere compensato con interventi adeguati, utilizzando le risorse funzionali ancora non compromesse. L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica “la riabilitazione” come intervento finalizzato a “riportare i pazienti al massimo raggiungibile di adattamento fisico, psicologico e sociale”. Essa deve, pertanto, adottare tutte le misure che mirano a ridurre l’impatto della disabilità e dell’handicap e a consentire ai disabili di ottenere un ottimo inserimento nella società. Quindi con l’espressione “intervento riabilitativo” si deve intendere “qualsiasi strategia finalizzata a ridurre una disabilità o un handicap” con l’obiettivo di ottenere “il miglior livello di autonomia utilizzando al meglio le proprie risorse residue”. Molti lavori scientifici osservano ormai che nessuna terapia farmacologica può prescindere da un preventivo intervento “riabilitativo” che corregga cause psicologiche o sociali, che possono sottendere alcune manifestazioni cliniche che sviluppano i pazienti con demenza. Tuttavia, c’è ancora difficoltà a sviluppare linee guida “riabilitative” specifiche per la demenza anche perché la ricerca investe ancora poco su questi aspetti. A sostegno dell’utilità degli interventi riabilitativi sono anche le più recenti evidenze della letteratura che dimostrano quanto il cervello abbia la capacità di riadattare e riorganizzare la propria microstruttura (plasticità) ripristinando connessioni tra i neuroni e così recuperare in parte o totalmente funzioni perdute. Tutto questo anche in età avanzata. L’esempio di più immediata comprensione della “plasticità” delle cellule nervose è il recupero delle funzioni motorie o del linguaggio che si può avere dopo un evento cerebrale acuto (ictus) che le aveva compromesse.

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ATTUALITÀ Chiunque si sia iscritto in palestra o ad un circolo sportivo avrà notato una stretta vigilanza per la consegna del certificato medico con elettrocardiogramma. Anche per le attività non agonistiche. Lo prescrivono le nuove normative imposte dopo i casi di morte per arresto cardiaco nei campi di Calcio e Pallavolo. Con la nuova misura si conta di evitare la mortalità sui campi di gioco al novanta per cento. Si calcola siano state effettuate quattro milioni di visite sportive. L’osservazione stretta della nuova norma consente al medico di scoprire piccole patologie che non necessariamente vietano l’idoneità allo sport bensì permettono di affrontare anomalie per tempo prima che queste possano degenerare. La visita sportiva è anche l’occasione per un vero e proprio screening della popolazione. Come ruolo e funzione questa delle visite obbligatorie per iscriversi in un centro sportivo ha sostituito il ruolo prima assegnato alla visita militare e alle visite scolastiche che oggi non vengono più effettuate. Il problema è che oltre a preoccuparsi di parare le terga, i nuovi regolamenti debbono andare a guardare anche alle innovazioni della ricerca. Probabilmente certi parametri funzionali accolti come dogma di benessere oggi non sono più validi. La forma fisica oggi risente degli influssi e dipende anche dal clima. Infatti i cambiamenti del tempo incidono sul metabolismo e per tenerlo effi-

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Obbligo della visita

La nuova normativa applicata si traduce ciente torna la tesi dello sforzo breve ma intenso. Ed a questo debbono guardare coloro che tornano in palestra o in piscina per il recupero delle sane abitudini. Tempo di nuove tesi sull’allenamento e di ritorno di un dibattito che non ha mai fine: quello sulla regolazione del metabolismo. Il metabolismo regola la trasformazione di calorie in energia. Il metabolismo è un sistema regolatore. Il suo equilibrio consente a tutto l’organismo di funzionare regolarmente. Torna di moda, in alternativa a sport come corsa e ciclismo, preferendo la palestra la tesi del breve e intenso. In tal senso sono sufficienti tre minuti di attività fisica intensa per migliorare il proprio metabolismo. Ciò in opposizione alla tesi degli sforzi cadenzati ma prolungati. Ma a sbancare ogni tesi c’è una ricerca pubblicata su Medicine and Science in Sport and Exercise per cui i cambiamenti climatici modificano le misure del metabolismo a riposo usate per calcolare diete o valutare malattie come il diabete. Secondo questa ricerca a incidere è il cambiamento nella composizione atmosferica. Tutto dipende da quanto ossigeno si respira confrontato a quanta anidride carbonica si produce con la respirazione. Oggi l’atmosfera è più ricca di anidride

carbonica e più scarsa di ossigeno. Bisogna rivedere questa situazione sulla respirazione. Secondo i calcoli presentati nell’articolo, il cambiamento di composizione può portare a errori fino al 7 per cento, che si riflettono sulle terapie e sull’esercizio fisico prescritto. Sono ordine di problemi che oramai non possono stare più sullo sfondo. Accompagnare la propria quotidianità a un sottofondo di attività sportiva oramai è decretato come un asse necessario per l’esistenza di ognuno. L’esercizio fisico allena anche il cervello. È dimostrato infatti che lo sport attiva i livelli cognitivi anche nei non-atleti. I primi benefici effetti si vedono già dopo quattro mesi di allenamento. La sperimentazione presentata in un convegno il 30 ottobre a Toronto durante il congresso della Canadian Cardiovascular Foundation ha visto un gruppo di persone in media poco meno che cinquantenni sottoporsi a test neuropsicologici, cognitivi e biologici. Prima e dopo il periodo di allenamento. Le persone che si sono sottoposte alla sperimentazione erano sovrappeso. La conferma è che l’attività fisica rende il cervello sveglio. Si ragiona con maggiore velocità e profondità. Si prendono decisioni più rapide. L’allenamento era composto di w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


per lo sport in medicina preventiva

due sedute a settimana e fatto da esercizi aerobici intensi di breve durata: uno scatto di corsa o bicicletta mantenuto per 30 secondi alternati a esercizi a bassa intensità, come una camminata rapida. Si vede subito, allora, che l’ossigenazione del cervello migliora e migliorano anche le capacità cognitive. Ma, sempre nel tenersi in forma, coloro che hanno problemi cardiocircolatori fanno bene a preferire il nuoto. Questo perché il sangue ha un migliore ritorno verso il cuore. A dirlo sono i ricercatori del Montreal Heart Institute al congresso della Canadian Cardiovascular Foundation riunitisi a Toronto il 30 ottobre. In acqua si superano gli eccessivi stress da strada. Gli studiosi lo dicono, chiaramente, a seguito di osservazioni dirette sull'apparato cardiocircolatorio.

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Bicicletta, corsa e veloci camminate fanno bene alla salute ma includono una serie di fastidi sull’organismo e affaticamento a carico del cuore, soprattutto se si è in sovrappeso o si soffre di artrite o altre patologie croniche. Diversamente, la cyclette in acqua utilizzata come allenamento aerobico garantisce gli stessi benefici senza affaticare eccessivamente l’organismo. Due gruppi di persone sane sono stati sottoposte alla cyclette a terra e ad e alla cyclette in acqua. Nei due gruppi sono risultati identici i consumi di ossigeno e l’attività aerobica. Ma l’esercizio in acqua è risultato maggiormente efficace sull’apparato cardiorespiratorio: il sangue ha un migliore ritorno verso il cuore. La pressione dell’acqua sulle gambe e sul corpo stimola in modo più funzionale l’im-

pianto circolatorio. Quindi, è bene farla questa visita di pragmatica per accedere all’attività sportiva preferita. Di sicuro non saprà riconoscere gran che, ma dando accesso alla libera facoltà di muovere la macchina corporea anche lo spirito ne trarrà vantaggio. Ma addirittura l’effetto positivo di un’attitudine, anche involontaria, al movimento arriva in modo casuale da una ricerca in cui si rileva che i bambini con un cane stanno meglio sono più reattivi e meno grassi. Questo perché almeno una volta al giorno debbono accompagnare il loro fido a fare i bisogni quindi sono costretti a fare una passeggiata. Si prendono la responsabilità di queste conclusioni i ricercatori dell’University of Western Australia. Il campione sul quale è stata effettuata la ricerca è ampio: 1.200 bambini che vanno dai 10 ai 12 anni di età. La ricerca medica se ne occupa, oggi, così diffusamente anche perché è il primo ventennio in cui una generazione cresce davanti al computer e non correndo nei cortili o nei giardini. Francesca da Polenta

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RICERCA

Matematica, facoltà cognitiva Una branca parallela della mente (supposto che la mente esista) La matematica ha un senso. Ha un senso perché dà campi di conoscenza autonomi da quella che si intende, in modo generico, conoscenza. Nel senso che la matematica non è stata scoperta semplicemente per darci strumenti di computazione utili a riconoscere delle quantità altrimenti inconoscibili. La matematica è una branca delle attitudini cerebrali al pari del linguaggio, quindi della sua facoltà neurologica di acquisirlo. Lo stesso, recentemente, si è scritto sulla musica. Tutto questo serve a capire il funzionamento del cervello riuscendo a decifrare la sua capacità di lavorare non esclusivamente come accumulo di nozioni da incamerare e da tenere ben ferme alla memoria consapevole e da saper rispolverare anche nella memoria di cui si sono perse le tracce. Si allude, qui, a quelle reminiscenze, nozioni, acquisite nei banchi di scuola, ma che in età adulta inevitabilmente si perdono. Il cervello, sostanzialmente, non somiglia a una sacca nella quale inserire più oggetti possibili facendo attenzione che non sfuggano alla sua capacità di ritenere.

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Somiglia più a un tavolo con diversi cassetti, ciascuno dei quali, però, dà la misura di quello che può essere riposto dentro ma anche quello che chiede per il suo dinamismo. Queste voci, questi cassetti che accumulano e chiedono un certo tipo di nozioni, riescono ad essere dialoganti tra loro e questo dà una capacità flessibile di dare e ricevere conoscenza. La matematica quindi non deve essere considerata un tabù per quelli che non la capivano a scuola o un mezzo per fare gli intelligentoni da parte di coloro che riconoscono in questa branca del sapere una fonte congeniale. I diversi gradi di comprensibilità è tutto da dimostrare che siano congeniti, generativi, oppure siano semplicemente più o meno inconsapevolmente sollecitati nei primi anni di vita. Ma lo studio apparso su PNAS ci conferma che la matematica va al di là della mera indicazione di quantità e della capacità di muovere attorno a queste. Quella matematica fa parte di una delle diverse qualità cognitive presenti nell’umano intendere. Si tratta, in altri termini, di un linguaggio che prescinde completamente la parola. Giovanna Visconti

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RICERCA

Testosterone, ormone della verità Quando il comportamento sociale è determinato dalla chimica, ma più esattamente non è determinato dal pregiudizio Il testosterone sarebbe l’ormone della sincerità, oltre ad essere il ben conosciuto ormone che caratterizza i tratti tipicamente maschili nel comportamento come nella fisiologia. Di qui si potrebbe dedurre che le donne, aventi meno testosterone, abbiano per questo maggiore tendenza a mentire. La sperimentazione si è concentrata sull’ormone steroideo cercando di dimostrare una sua determinazione nei comportamenti. (Diversamente la tendenza a mentire è stata associata a questioni ambientali legate certamente a fattori psicologici). Sono stati presi a campione 91 uomini dai 22 ai 26 anni in ottime condizioni di salute. Divisi classicamente in due, un gruppo è stato trattato con un’innervazione di testosterone un altro con una soluzione placebo. Entrambi i gruppi sono stati sottoposti ad un gioco per cui mentire, con la tranquillità di non essere scoperti, li avrebbe giovato nel punteggio acquisito. Ebbene, coloro che hanno avuto il testosterone hanno mentito di meno. Questa la dimostrazione che si colloca nel “recente dibattito sugli effetti del testosterone sul comportamento sociale”. La relazione del testosterone con i comportamenti evidenti ha, in effetti, occupato fiumi di tesi e di trattazioni. Dal momento della sua scoperta si associò il testosterone al ruolo di regolatore dei caratteri secondari maschili, oltre che alla sua azione anabolizzante. In seguito l’aumento dell’aggressività e della libido fu associata subito al testosterone. Quindi elevati tassi di testosterone porterebbero all’ostilità e all’aggressività. Ma negli anni la ricerca ha ridato giustizia all’ormone tipicamente maschile ridimensionando questa che oramai è relegata a credenza popolare.

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Ma, ancora oggi, molti studi di psicologia del comportamento in economia assumono a fondamento biologico gli effetti del testosterone. Ancora si legge, anche in periodici scientifici accreditati, della tendenza ad attribuire all’azione dell’ormone steroide quel comportamento più aggressivo attribuito alle persone di sesso maschile. Ma in contraddizione a tutto ciò la ricerca indicata in apertura. L’esperimento ideato dagli autori era finalizzato a leggere quale sia il vero effetto dell’ormone, al di là dell’interpretazione determinata dal pregiudizio sugli effetti di questo ormone. Alle volontarie si è proposto un gioco di contrattazione. Ciascuna partecipante era consapevolmente soggetta ad assimilare una dose sublinguale di testosterone, oppure di un placebo. Chiaramente ciascuna di queste donne non era effettivamente a conoscenza dell’effettiva sostanza assunta. Ebbene, la lealtà nel comportamento è cresciuta nelle donne che anno ingerito la dose dello steroide maschile. In questo modo sono diminuite le contestazioni nel rapporto tra persone e il gioco ha proceduto con maggiore efficienza. (La qual cosa tenderebbe anche a sfatare il mito di un mondo governato da donne, quindi non obnubilate da spinte da testosterone, nel quale non ci sarebbero conflitti). Dall’altra parte, invece: le donne che non hanno ingerito testosterone, ma hanno assimilato un indifferente placebo, che quindi si sono mosse e comportate secondo natura, ma ritenevano di aver ricevuto una dose di testosterone, si sono comportate in modo molto più sleale e scorretto di quelle che ritenevano di aver assunto la sostanza inerte. È il pregiudizio a dettare il comportamento. Difficilmente i comportamenti possono essere giudicati in assoluto. Margherita degli Aldobrandeschi w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


ATTUALITÀ

Quando la Klebsiella è un batterio killer In Italia cresce il numero delle infezioni che resistono agli antibiotici Le infezioni ospedaliere conoscono una percentuale di ricoveri che va dal 5 all’8% dei ricoveri. Ogni anno si verificano circa 450-700 mila infezioni (soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi). Nell’1% dei casi si stima che esse siano la causa diretta del decesso del paziente. Un caso recente, erroneamente trattato in cronaca mentre dovrebbe essere l’emblema di un caso sanitario è quello di una morte per Klebsiella. È la denominazione di un batterio che è causa comune di infezioni respiratorie e delle vie urinarie, ma diventa molto minaccioso quando non risponde ai medicinali. In un’inchiesta nelle mani della Procura di Roma si indagano 107 operatori sanitari dell’ospedale Umberto I per la morte di Ascenza Marcheletti, 48 anni, ricoveratasi per un tumore al fegato e alla meninge a fine luglio ma che il 7 ottobre trova la morte per una sospetta setticemia da infezione di Klebsiella. La donna era stata sottoposta a dieci operazioni in sessanta giorni. I medici non si sarebbero accorti per tempo che la donna aveva contratto, probabilmente in sala operatoria, il germe killer. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Sul caso si è anche aperta una commissione d’inchiesta parlamentare. Il senatore Ignazio Marino, medico oltre che politico, però tiene a chiarire: “Si tratta di un evento drammatico che però, purtroppo, non è così improbabile”. Secondo Marino può infatti accadere “che nei nostri ospedali si concentrino batteri potenzialmente letali, soprattutto in reparti come la terapia intensiva”. Di qui la necessità di un monitoraggio delle infezioni ospedaliere. “E, a mio parere, la raccolta e l’analisi uniforme di questi dati - ha aggiunto - dovrebbe essere affidata a una autorità indipendente dalla politica una sorta di garante della salute. La conoscenza delle criticità del sistema ci permetterebbe di individuare più agevolmente misure efficaci per ridurre al minimo l’incidenza d morti per infezioni nosocomiali. Insomma, è difficile chiedere a medici, infermieri e tecnici di migliorare lo standard della qualità delle cure, se non possono sapere con precisione quali sono le criticità da combattere nel loro ospedale”. In un servizio sul Corriere della Sera pubblicato il 26 agosto Mario Pappagallo scrive esplicitamente che “in Italia

nel triennio 2008-2010 sono state contratte complessivamente 2.269.045 infezioni ospedaliere, per un totale di 22.691 decessi, e per un costo a carico del Servizio sanitario nazionale che oscilla tra i 4,8 e gli 11,1 miliardi di euro”. A dare questi dati è il centro studi Sic (Sanità in cifre) di FederAnziani. Ne consegue che è più facile morire per infezione ospedaliera che per incidente stradale. Secondo l’Istat, le vittime nelle strade - sempre nei tre anni che vanno dal 2008 al 2010 - sono state 13.052, a fronte dei 22.691 decessi legati alle infezioni ospedaliere. Chiaramente le persone anziane o immunodeficienti sono il tipo di persone più vulnerabili e più colpite. Ma c’è anche il pericolo che in tema di tagli agli sprechi si cerchi di risparmiare sull’attività di igiene e profilassi degli ambienti ospedalieri come di alcune strumentazioni. In un ospedale ci si dovrebbe prendere cura della salute paziente. La realtà del rovesciamento di questa elementare nozione appare invece una notizia che ogni giorno. Il primo requisito per un ospedale non arrecare danno al malato: “Primum non nocere” - ora diventa un obiettivo primario perché non chiuda. Spia Salvani

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Barack presidente! Ancora

Con Obama negli States vince anche la speranza di migliorare i servizi sanitari Resisteremo al cattivo gusto di scrivere: noi l’avevamo detto. La copertina di Cittadini e Salute pubblicata anche sullo spazio del portale telematico, il nostro servizio sulle elezioni statunitensi a un mese dalla consultazione elettorale aveva semplicemente individuato una necessità fortemente sentita in quel popolo e che oramai riguarda ogni paese civile. L’evoluzione della tecnologia, la comunicazione sugli avanzamenti effettuati nel mondo della scienza medica non può far a meno di alzare il livello di richiesta sui diritti alla cura della salute. Questa non può essere garantita, in tutti i suoi diversi aspetti, anche quelli minimali, a ogni cittadino. Ma se è chiaro che lo Stato, in ogni società occidentale, non può garantire su tutti i sistemi di cura possibili e immaginabili (proprio perché la grande evoluzione di conoscenze e di tecnologie di cui c’è bisogno non può essere garantita senza un concorso attivo del cittadino), d’altra parte, una società non può conoscere due, tre, classi di cittadini per livelli di servizi sanitari. Le classi corrisponderebbero alle fasce di reddito, per cui solo i benestanti avrebbero sinonimicamente pieno diritto alla salute. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Noi tutti amiamo l’America. Ha costruito una parte della nostra formazione di persone, sia per immaginario sia per cultura. E questo vale anche per le persone più refrattarie a questo paese. (Qui non si vogliono esaltare gli States come è stato fatto in tanto giornalettismo provinciale italiano: se in termini di libertà abbiamo molto da imparare, altrettanto non è in termini di diritti. Per noi il diritto alla salute è un concetto sancito dalla Costituzione. Lo stesso vale per il diritto allo studio, il modo di esercitare il diritto al voto...). La novità di Barack Obama ha avuto nello spirito dell’inclusione la sua forza. Tutto il contrario del suo avversario elettorale. In tal senso lo sforzo della sua riforma sanitaria che ha garantito anche agli esclusi, anche ai senza reddito, la speranza di ricevere cure. Certo, molto è da migliorare. Gli ospedali pubblici sono scarsi in relazione alla domanda. La logica sanitaria, che oramai funziona anche da noi, cura il male e congeda il paziente, anche se ancora in pieno recupero. D’altra parte il modello privatistico assoluto non reggeva più. I costi assicurativi non garantiscono neanche un poi il servizio sanitario.

I costi sono arrivati a livelli proibitivi e in gran parte dei casi non coprono tutti i rischi, quindi le possibilità di degenza. D’altra parte la riforma sanitaria di Obama è stata denigrata come “socialista” - espressione con la quale negli States si apostrofa una persona che si vuole offendere in modo irreparabile. Si tratta, sicuramente, di una riforma assolutamente insufficiente e avrà bisogno di correttivi, ma è sicuramente un primo passo e la gente senza lavoro o con basso reddito, quindi senza assicurazione, l’ha capito e l’ha premiato. In mezzo ci sono una miriade di cose. È chiaro! Il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, la morte di Osama Bin Laden, il saper rispondere - negli evidenti limiti - a una crisi finanziaria di importanza storica riuscendo a recuperare un po’ sulla disoccupazione. Tutte cose importanti. Ma di sicuro Obama ha avuto il merito di riconoscere il senso profondo di un rapporto sinergico tra amministrazione pubblica e legittimo interesse al profitto per chi investe in Sanità, così come in tutte le altre voci in economia. Questo di Barack Obama consiste nel laboratorio politico-amministrativo per cui si parlerà ancora per tanto tempo di questo presidente. Angelo Nardi

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CURIOSITÀ

I magnifici sette dell’alimentazione per un postquarantenne

Sono gli alimenti che non debbono essere dimenticati, specialmente per chi ha superato la prima giovinezza. Un vademecum pratico, una linea orientativa di come ci si deve attenere per proteggersi quando gli anni potrebbero iniziare a farsi sentire

Con dieta non si intende una regola forsennata da tenere per un periodo di tempo limitato. Tutt’altro. La dieta, in senso semantico, significa regola, normativa, sistema di conduzione dei comportamenti. Sotto il profilo alimentare non esiste allora una dieta che vada bene per tutti, una regola o una condotta che sia perseguibile con beneficio da chiunque la segua. La stessa medicina sempre più si sta orientando verso applicazioni che guardino più alla soggettività del paziente e sempre meno dei sistemi universali di cura si confermano come tali. Lo stesso è per l’alimentazione ideale che per esser tale, non esiste. Le diete generalmente propagandate hanno quindi breve durata perché propongono una forzatura nei comportamenti nutrizionali che invece deve essere evitata. La legge, la dieta quindi, consiste nel seguire una linea di nutrizione per tutta la vita. Facile a scriversi, difficile a farsi. Quel che segue è un vademecum prodotto da un condensato di articoli scientifici e acquisizioni inoppugnabili presenti nella scienza dell’alimentazione. Questo vale prevalentemente per le persone che hanno superato i quaranta. Con ciò ci si vuole avvicinare, per approssimazione, alla soggettività che ciascuno di noi deve prescriversi nei suoi buoni comportamenti alimentari. Ecco i magnifici sette più consigliati, oggi, in dietologia. Avena. Contiene infatti beta-glucani. Sono fibre per ridurre il cosiddetto “colesterolo cattivo” (LDL). Tre grammi di avena al giorno tolgono il grasso dalle arterie di torno. Salmone, sgombro, tonno, sardine e aringhe. I cosiddetti “pesci grassi”. Contengono acidi grassi omega 3. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Anche in questo caso aiutano le arterie a mantenersi in forma. Aiutano a tenere la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna in frequenze corrette. Nel cucinarli è fortemente consigliato seguire cotture delicate. Questo perché gli omega 3 svaniscono ad alte temperature. Pomodoro. Ricco di licopene: un importante antiossidante. L’organismo con il licopene si protegge dalle cellule tumorali e dall'aterosclerosi. Anche in questo caso è preferibile non cuocere il pomodoro, non cuocerlo affatto. Così il licopene si esprime al suo massimo. Il pollo. Le sue proteine sono preferibili a quelle della carne rossa. Consigliato mangiarlo senza pelle. Non fa ingrassare, tanto più se si evita di mangiare la pelle: petto e coscia, le parti consigliate e non solo per il palato. Le ciliegie. Anche qui potenti antiossidanti ne fanno un alimento da non dimenticare. Le ciliegie consentono che non si accumuli l’urea nel sangue che fa sviluppare la gotta. Le ciliegie giustamente non sono disponibili sempre, e allora sostuire con un bicchiere di succo di ciliegia non zuccherato 3 o 4 volte a settimana. Mandorle. Si tratta di un alimento che coadiuva la prevenzione del diabete. L’organismo con la loro azione nutrizionale controlla i livelli di zucchero nel sangue. Come standard di consumo alimentare si consigliano poco più di mezzo etto di mandorle al giorno. Un regime da tenere per poco meno di un mese. Cuore e arterie ne trarranno beneficio. Latte intero. Specialmente dopo i cinquant’anni aiuta a combattere il regresso muscolare che senza allenamento specifico rischia di farsi sentire nella fisiologia di qualsiasi persona. Alagia Fieschi

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ATTUALITÀ

Cataclismi della Natura, è allarme

L'OMS: "Il clima ha un profondo impatto sulla vita e sulla sopravvivenza delle persone. I servizi climatici possono migliorare queste vite, anche con risultati migliori per la salute". L’Organizzazione mondiale della sanità dà l’allarme. Questo gli deriva dai rapporti che gli pervengono da l’Organizzazione metereologica mondiale. Siccità, inondazioni e cicloni colpiscono la vita di milioni di persone ogni anno. La variabilità del clima ed eventi estremi come le alluvioni possono anche innescare epidemie come diarrea, malaria, dengue e meningiti. E se per un verso risulta evidente che i disastri climatici provocano danni alla salute, c'è anche un aspetto meno evidente che consiste in quei cambiamenti di temperatura esterna all’ambiente, nello snaturamento dei cicli stagionali, tali da comportare altri problemi per il necessario passaggio fisiologico. La fisiologia di ciascuno è determinata da un equilibrio termico che può essere scombinato da cambiamenti tra temperatura interna corporea e quella esterna determinata dalla condizione climatica subita per l’imprevedibilità del clima. Nel mondo, le malattie per cui si avverte maggiore allarme sono la malaria la dengue (una malattia infettiva tropicale causata dal virus Dengue). Nei paesi industrializzati ci si limita a raffreddori, influenze e polmoniti. Al fine di avvertire sui pericoli da cambiamento climatico è stato pubblicato l’Atlante della Salute e del Clima. Gli autori, chiaramente, l’Organizzazione meteorolo-

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gica mondiale. Si leggono esempi concreti di come le informazioni climatiche possono essere usate per proteggere la salute pubblica. In alcune zone del pianeta l’incidenza di malattie infettive come la malaria, la dengue, la meningite e il colera può variare tra le stagioni, e in modo significativo anche tra gli anni, a seconda del meteo e delle condizioni climatiche. Sapere prima quale clima sta sopraggiungendo è decisivo per attuare attività di prevenzione con vaccini o qualsiasi altra azione di supporto sanitario. In tutto questo è decisivo riuscire a capire dove potrebbe arrivare un’epidemia e saperne decifrare, per tempo, il livello di intensità. Sempre più decisiva, quindi, la collaborazione tra servizi meteorologici e sanitari. I primi risultati da questa collaborazione sono già evidenti: il bilancio delle vittime di cicloni di intensità simile in Bangladesh si è ridotto da circa 500 mila persone nel 1970, a 140 mila nel 1991, a 3 mila nel 2007. Un problema sono anche i caldi improvvisi. In tal senso le previsioni meteorologiche svolgono una funzione insostituibile. Ma uno degli argomenti più delicati da affrontare in merito a questo tema è quello delle fonti di approvvigionamento energetico e la capacità di saper amministrare in tutti i modelli di società strumentazioni che non depredino le risorse

della terra ma ne utilizzino in modo naturale e, riducendo le captazioni dalla Terra, le risorse: energia elio-termica, eolica. Queste le previsioni che arrivano dall'Organizzazione metereologica naturale: “Il passaggio a fonti di energia pulita per la casa permetterebbe di ridurre i cambiamenti climatici, e di salvare la vita di circa 680 mila bambini l’anno grazie all’inquinamento atmosferico ridotto”. Anche in casa nostra le variabili ambiente e salute vengono messe in relazione in un convegno organizzato ad Arezzo dal 20 al 23 novembre dal ministero della Salute, Ministero dell’Ambiente, ISS, Agenas … È il 7° Forum Internazionale Sviluppo Ambiente Salute, che si terrà dal 20 al 23 novembre 2012 presso Arezzo Fiere Congressi. Compatibilità finanziarie e diritto alla cura il tema generale da cui si muoveranno le relazioni. Matilde di Canossa

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Mensile di informazione Socio-Sanitaria Editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Redazione Via Carlo Del Prete, 6 Tel. 0774.081389 Stampa Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Rm). Registrazione n. 31 del 29/06/2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato alla redazione, non verrà restituito. Chiuso il 07/11/2012

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