Cittadini & Salute Agosto 2012

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Attentato alla libertà e alla Costituzione Signor Presidente del Consiglio, Signor Ministro della Sanità,

È lo Stato che decide dove il cittadino deve farsi curare?

Il Ministero della Salute annulla il Titolo V della Costituzione azzerando le competenze delle Regioni

Una revisione della Costituzione cambia tutte le regole imponendo tariffe per le analisi di laboratorio al di sotto dei costi di produzione.

L’effetto peggiore per la gente sarà: la mancanza di scelta del luogo di cura e il calvario degli ammalati in difficoltà. Con questi tagli il governo rende improduttivi i laboratori ospedalieri e i laboratori accreditati che saranno costretti ad abbandonare la convenzione. Questa Spending review esclude le imprese convenzionate dal servizio sanitario nazionale decretando la crisi per tremila attività, il licenziamento di cinquantamila operatori. DICIAMO AL GOVERNO: FERMATEVI! I risparmi che vi proponete si realizzano abolendo esami inutili e non chiudendo i servizi! Esistono soluzioni alternative a saldi invariati Chiediamo un incontro immediato Prima di consegnare le chiavi delle nostre strutture Cittadini & Salute

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SPENDING REVIEW

Sanità da piangere Meno sette miliardi e novecento milioni in tre anni

La diluizione nel tempo prolunga il dolore, non ne attenua l’urto. Questo dovrebbe sapere il mi-

nistro Renato Balduzzi che però con tono rassicuratorio dice che “nel 2013 ci saranno 4,3 miliardi in meno, 2,7 in meno per il 2014 e 900 milioni quest’anno”.

Poi arriva la botta per i piccoli come per i grandi ospedali. “I posti letto pubblici secondo le

prime stime provvisorie diminuiranno di settemila unità a partire dal 2013”.

Ma tra i dati più pesanti, il taglio del quaranta per cento per la diagnostica. Questo significa che

avremo meno prevenzione e meno controlli per convivere con le diverse malattie.

Questo significa, inevitabilmente più costi economici (la cosa che più interessa ai ragionieri

della Salute) e molti costi in vite umane.

Mai come in questi giorni si può parlare di vera e propria lotta per il diritto alla cura. La prevenzione e la possibilità di convivere con la malattia messi in discussione dai tagli della Spending review. Sì, perché una scure sta per abbattersi sul sistema per la cura della salute. Ne sono coinvolti tutti gli ambiti, dal farmaceutico alle strutture primarie come gli ospedali. A fare le spese della revisione, come al solito i più poveri: la diagnostica che rappresenta l’avamposto della Sanità nel senso che si configura come prevenzione alle malattie e come possibilità di riuscire a conviverci. La prima somma da tagliare consiste in 4,7 miliardi. Riguarda i finanziamenti. Si aggiunge agli 8 miliardi previsti dalla precedente manovra. Ma nel triennio la somma consiste in oltre 21,5 i miliardi. Il problema è che si adottano misure di revisione della spesa quando in realtà si fanno tagli uniformi che non guardano priorità tempistiche.

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In sostanza non si tutelano farmacie, ambulatori e centri diagnostici che sono il primo front-office del cittadino con la Sanità. Non si guarda alla priorità nella salvaguardia della salute, nel senso che non si concede un tracciato preferenziale per le malattie gravi o per gli indigenti veri. E poi non si usano le maniere forti verso quei meccanismi farraginosi della Sanità pubblica, quindi non si guarda alla priorità funzionale. Si riducono drasticamente i servizi ai cittadini. Come se si trattasse di un meccanismo punitivo. Come se, in fondo in fondo, le voragini alla Sanità siano state determinate al popolo e non dall’incapacità di gestire e governare queste immense risorse in cui consiste la Sanità pubblica. Il tutto in una situazione che ha già diversi problemi. Il servizio sanitario italiano non è adeguato al diritto fondamentale di cittadinanza espresso da regione a regione.

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Intendiamoci, la voragine nel pianeta Sanità è senza fine, dura da vent’anni ed era prevedibile che si sarebbe arrivato, presto o tardi, al “redde rationem” definitivo. Il 4 luglio il ministro della Salute Renato Balduzzi ha presentato il piano per l’efficienza sanitaria. Primi incriminati i governi degli enti regione che sul versante della Sanità hanno governato male, specialmente a Sud. Una presa d’atto lineare dalla quale non si può prescindere in prospettiva del cambiamento dei sistemi di governo del sistema sanitario nazionale. Sul Fondo nazionale, la spesa sanitaria è stata superiore ai 112 miliardi. Una quantità immensa di denari che dice poco se si pensa che il disavanzo complessivo nazionale è di 1.779 miliardi di cui 1.610 a carico delle Regioni. Si tratta dell’1,3% in più del 2010. Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Valle d’Aosta, Friuli e Sardegna e due province autonome di Trento e Bolzano hanno investito 1,2 miliardi per ripianare la differenza tra i costi sostenuti e le risorse messe a disposizione dallo Stato. Di queste hanno raggiunto l’obiettivo: Lombardia, Veneto, Umbria, Marche e Abruzzo. L’appeal della sanità lombarda attrae cittadini da tutte le regioni, la sanità veneta ha un attivo di 48,6 milioni. Mettendo la lente sul Veneto, eletta regione virtuosa, il tasso di ospedalizzazione è di 146 posti letto ogni mille abitanti. La Campania, invece, ne ha 204. I piani di rientro hanno avuto un effetto positivo, almeno sui bilanci degli enti regione: le perdite sono calate del 38%. Là dove non sono state imposte si registra un peggioramento del 2,5%. Ma bisogna comunque rilevare che il disavanzo sanitario c’è specialmente al Sud con una delineazione del 42%. I piani di rientro. Riguardano Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Piemonte e Puglia. In Abruzzo il 2011 si chiude con un avanzo (prima delle coperture per il pregresso) di 18,5 milioni.

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A sostegno del Sud va comunque rilevato che, grazie ai piani di rientro, la Campania ha abbattuto il disavanzo portandolo a 175 laddove prima era a 500. Sempre in Campania, però, i costi hanno superato di settanta milioni il previsto. Questo per l’acquisto di beni e servizi. Sempre sul piano di rientro il Molise ha combinato il disastro commissariando il commissario - una condizione comica se non fosse tragica e almeno unica in Italia. Nel Lazio il deficit supera gli 800 milioni e i costi hanno registrato uno scostamento di ben 1,3 miliardi rispetto alle previsioni. Le cause sono attribuite ai costi per il personale e all’acquisto di beni. Anche la spesa farmaceutica è cresciuta dalle previsioni. Eppure la riduzione di spesa doveva comprendere una diminuzione del 4,7%. Ci sono invece flessioni oltre l’8% in Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Puglia e Calabria e incrementi molto rilevanti in Valle d’Aosta e a Bolzano, in Molise e Campania. Sono andati al doppio del limite massimo, invece, Piemonte, Friuli, Toscana, Umbria, Marche, Basilicata e Sardegna. Ma quando lo paghi il farmaco la musica è diversa. L’unica voce virtuosa è quella dei ticket, la spesa è diminuita. Anche le addizionali Irpef, aumentate del 6%, hanno dato il contributo nel 2011. In tal senso la Sanità del Lazio ha il responso più negativo d’Italia mostrando i suoi 181 euro pro capite sui malati del Lazio. Piemonte, Lombardia e Toscana hanno 45 euro pro capite, come costo complessivo della sanità pro capite. Ma il problema restano sempre i livelli di assistenza della Sanità, che sono l’aspetto fondamentale. E anche in tal senso il Centrosud appare come fanalino di coda nazionale con Molise, Lazio, Sicilia, Calabria, Campania e Puglia. Questo perché i livelli sanitari di assistenza mostrano segni di inadempienza. Fonte: Ministero salute

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SPENDING REVIEW

Tagli alla diagnostica significa più ammalati Il laboratorio ha un ruolo centrale nella tutela della salute dei cittadini. Un convegno al Senato

Spendere meno in Sanità non serve. Bisogna spendere meglio. Su questa grande traccia deve essere organizzato il ripensamento del sistema di spesa sanitaria. Su questo la discussione al convegno organizzato alla biblioteca del Senato il 4 luglio. La logica della spending review ipotizzata dal governo è un’occasione per riqualificare la spesa socio sanitaria, apportando dei tagli ai costi e anche al personale. Il mondo medico allora chiede di non intaccare la qualità della tutela della cura. Il problema da risolvere allora consiste nel coniugare la tutela della salute dei pazienti con le esigenze di risparmio da parte del SSN attraverso il miglioramento della qualità nei laboratori. La diagnostica clinica si basa in gran parte sulla diagnostica di laboratorio: oltre il 70% delle diagnosi viene costruito sui dati di laboratorio.

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In Microbiologia e Virologia arriviamo quasi al 100%. Oggi, la diagnostica molecolare avanzata è fondamentale per l’identificazione precoce di un gran numero di malattie ed è ovvio che nella maggior parte dei casi, una diagnosi precoce non solo diminuisce fortemente il rischio del paziente contribuendo ad una più rapida guarigione, ma è anche una fonte di sicuro risparmio perché evita un gran numero di complicazioni che insorgono per effetto di una diagnosi tardiva. Il laboratorio è quindi un gioiello per la diagnostica clinica e, come tutti i gioielli, costa. Ma nemmeno tanto! Solo che la necessità attuale è quella che nulla può più costare senza rendere. Attualmente, si cerca di ridurre il costo delle analisi di laboratorio attraverso la riduzione dei laboratori e del personale addetto, con la creazione di aree vaste,

confidando nei risparmi determinati dall’economia di scala. Tale soluzione non sembra però la migliore, perché spersonalizza il paziente e non garantisce i risparmi desiderati. Si è visto, infatti, che all’economia di scala si accompagna un aumento dei costi determinati dalle necessità di trasporto ed una riduzione della qualità determinata dall’aumento dei tempi di risposta e spesso la necessità di ripetizione dell’esame per deterioramento del campione. La maggior parte degli errori di laboratorio (oltre il 60%) si verifica nella “fase preanalitica”, che è proprio quella che viene messa più a rischio nelle aree vaste, dove i centri di raccolta distano anche cento chilometri dal luogo dove vengono eseguite le analisi. Problemi di conservazione e trasporto dei campioni e conseguente necessità di dover ripetere gli esami o, peggio, di dare risposte inadeguate, aumenterebbero e non ridurrebbero i costi.

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SPENDING REVIEW

Servizio Sanitario nazionale, ecco quanto mi devi costare!

Pubblicati i prezzi per beni e servizi che debbono essere da riferimento in tutte le Asl L’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (Avcp) ha pubblicato online le elaborazioni dei prezzi di riferimento di beni e servizi individuati dall’Agenas, che risultano avere maggior impatto sulla spesa sanitaria. Dispositivi medici, principi attivi, ristorazione, pulizia e lavanderia. Tutto questo fa l’ammontare dei costi in Sanità che però non deve “montare”, nel senso, non deve crescere artatamente. La giornata alimentare di un paziente dovrebbe costare 9,40 euro, mentre il pasto di un dipendente 4,62 euro.

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La rilevazione dell’Osservatorio deve ora essere confermata nell’iter di conversione del decreto di Spending review attualmente all’esame del Parlamento, per stabilire quali siano i prezzi “troppo alti” che consentirebbero alle Asl di rinegoziare i contratti con i fornitori e di rescinderli senza pagare penali in caso di mancato adeguamento da parte dei fornitori stessi. E come punto di riferimento per intervenire sulla “forbice” dei prezzi per gli acquisti delle Asl che, oggi, raggiunge addirittura il 1.200% tra diverse realtà.

Il prezzo di una siringa sterile è di soli 2 centesimi di euro, mentre in alcune zone d’Italia il prezzo di acquisto può arrivare fino a 65 centesimi. L’elaborazione dell’Autorità ha inoltre indagato il settore dei servizi cosiddetti “non sanitari”, individuando i prezzi di riferimento dei servizi di ristorazione, di pulizia (individuando i prezzi in base alla classificazione di cinque aeree di rischio) e di lavanderia. In quest’ultimo caso il servizioprestato dovrebbe costare, per ogni paziente, 3,50 euro per ogni giornata di degenza.

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OSPEDALI COSTI FEDERALISMO

In definitiva, si tagliano i posti letto Dopo i rumors pubblicati sui giornali più referenziati e le smentite del ministro l’evidenza che emerge dai numeri

Prima condizione: siano confermate le annunciazioni dette in tema di tagli alla Sanità. In questo caso, solo in questo caso, sono 239 gli ospedali in Italia sotto i 120 posti letto. A rischiare la scure sono quelli sotto gli 80 posti: 154 ospedali. Le regioni che hanno maggior numero di piccoli ospedali, con un numero inferiore degli 80 posti letto, sono Sicilia (25), Lazio (21), Calabria (18), Marche (16), Lombardia (14) e Toscana (10). In base all'ultima elaborazione del Sistema informativo sanitario non risulterebbe, invece, nessun ospedale da chiudere sotto gli 80 posti letto in Puglia, che

invece ha 2 ospedali sotto i 120 posti letto. E buone notizie arrivano anche dalla Provincia di Trento e dal Molise che, se la norma contenuta nel decreto sulla Spending Review fosse confermata, si troverebbero a chiudere un solo presidio sanitario. Situazione non critica anche in Emilia-Romagna, regione che da tempo ha avviato una ristrutturazione della rete ospedaliera e che ha 2 soli ospedali con meno di 80 posti. Una situazione analoga a quella di altre Regioni, come il Friuli Venezia Giulia, Liguria e Umbria, tutte con soli 2 ospedali sotto gli 80 posti letto.

La Sanità deve tornare ad essere centralizzata

Il modello regionale non ha funzionato. Lo ha detto il senatore Claudio Gustavino

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La Sanità in Italia è un miracolo. Un miracolo tenere una Sanità a disposizione di tutti con i costi più bassi di altri paesi dove il servizio sanitario ha alcune esclusioni. La premessa del senatore Claudio Gustavino al convegno organizzato alla biblioteca del Senato il 4 luglio. La politica ha un dovere che non può delegare a nessuno: proporre il governo del sistema in modo ragionevole.

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Oggi sono regionalizzate. Ventuno centri di costo sono un’assurdità. Non ce lo possiamo più permettere. Dobbiamo tornare a un sistema sanitario nazionale. Ciascuno si senta parte di un grande disegno nazionale, non territoriale. La riforma del Titolo Quinto ha creato molta demagogia e non laboratori seri, come quelli di cui dovremmo parlare effettivamente. La speranza allora è che chi verrà abbia il coraggio che questa classe politica non ha avuto. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t


Italian Hospital Group

CENTRALINO 0774 38.61 FAX 0774 38.61.04 188, Via Tiburtina 00012 Guidonia (RM) www.italianhospitalgroup.it

Sul luogo di lavoro la Prevenzione è Sicurezza Vincenzo Martino, Responsabile del Servizio Prevenzione, Igiene e Sicurezza sul luogo di lavoro

L’emanazione del Testo Unico Decreto L.vo 81/2008 ha contribuito, in ogni azienda, a disciplinare figure, mezzi e procedure per meglio prevenire e tutelare il lavoratore dai rischi derivanti dallosvolgimento della propria attività. Una delle componenti principali del governo clinico-assistenziale nelle strutture sanitarie è rappresentata, appunto, dalla gestione dei rischi, alcuni più noti (infezioni ospedaliere, cadute accidentali, errata movimentazione dei carichi, effetti avversi di un microclima non idoneo ala specificità dell’ambiente, ecc), altri meno, ma che necessitano comunque di interventi orientati al controllo e alla prevenzione. La loro gestione è un impegno essenziale e costante in un’Azienda che, come Italian Hospital Group, voglia garantire la sicurezza di utenti e lavoratori. L’esigenza di realizzare un processo specifico per la sicurezza e la tutela dei pazienti e dei lavoratori si fonda sui seguenti elementi: - Non consapevolezza o non percezione da parte di alcuni operatori del rischio durante lo svolgimento di determinate attività; - I rischi presenti possono determinare gravi disagi ai pazienti, agli operatori, nonché gravi danni all’azienda; - Gran parte dei rischi sono prevedibili e, quindi, prevenibili. A questo proposito, italian hospital Group ha investito risorse ed energie per definire procedure ed attuare interventi che, attraverso l’integrazione di competenze, di sinergie professionali e azioni specifiche consentono la realizzazione di progetti organizzativi-assistenziali miranti alla riduzione del rischio. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

Tali interventi si prefiggono di: - Promuovere il cambiamento culturale in tema di gestione del rischio; - Condividere percorsi strutturati inerenti al governo assistenziale e al risk management; - implementare metodi e strumenti efficaci di prevenzione e adottare adeguati accorgimenti; - promuovere la formazione ed interventi educativi in materia. Oltre ai normali rischi presenti in ogni azienda, strutturali o di tipo impiantistico, sono da prendere in considerazione i rischi specifici derivanti da un’attività di tipo sanitario-assistenziale: rischio chimico, rischio biologico e fisico. L’esperienza realizzata e i risultati raggiunti grazie alla mappatura dei rischi presenti in azienda, effettuata soprattutto attraverso l’elenco dei principali fattori di rischio per tipologia, fornito dall’ISPESL attraverso l’esame del registro infortuni e attraverso l’analisi delle segnalazioni pervenute dai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), ci stimolano a continuare sulla strada intrapresa, forti dei risultati raggiunti, ma sempre consapevoli che la gestione del rischio richiede un impegno costante verso la capacità di trarre insegnamenti dall’esperienza. Ciò comporta un esercizio continuo di verifica e condivisione del percorso intrapreso. La vera garanzia di sicurezza, infatti, sta nel costruire un approccio sempre più integrato con le diverse professionalità coinvolte nel processo assistenziale e nella capacità di sviluppare competenze tecniche supportate da conoscenze scientifiche.

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SPENDING MEDICINE

Anche i farmacisti in rivolta

I tagli che il governo ha in animo di fare mettono in ginocchio tutto un settore

Si riduce il tetto della spesa farmaceutica territoriale (dall’attuale 13,3% della spesa sanitaria complessiva, al 13,1% nel 2012, al 11,5% dal 2013) non potrà che tradursi in maggiori ticket e minori farmaci in prontuario. Il cittadino dovrà pagare quote di compartecipazione sempre più elevate ovvero avere un minor numero di farmaci gratuiti. Di fatto per la farmaceutica saranno necessariamente rivisti al ribasso i LEA, livelli essenziali di assistenza.

Questo, secondo le ipotesi messe in campo del governo. Non ci sta Federfarma e i farmacisti che negli ultimi anni si dicono particolarmente bersagliati dalle politiche finanziarie. Minacciano delocalizzazione con effetto di 15 mila nuovi disoccupati. Questa la posta in palio in questa fase di trattativa sindacale per un piano che riesca a tutelare il diritto alla salute. Federfarma è pronta a iniziative di protesta nel caso le misure ipotizzate fossero confermate dal Consiglio dei Ministri. Fonte: Federfarma

Aumenta il consumo di farmaci Ma, sempre nel 2011, diminuisce la spesa farmaceutica in Italia L’aumento nei consumi è di +0,7%. La diminuzione dei prezzi è di -6,1%. La spesa a carico dei cittadini, che nel 2011 è pari a 6.346 milioni di euro, aumenta rispetto all’anno 2010 del 5%. Tale aumento è dovuto principalmente all’incremento dell’acquisto privato da parte dei cittadini dei farmaci di fascia A (+21%) e in misura ridotta all’incremento della spesa per i farmaci con ricetta a carico

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del cittadino (+3,7%) e dei farmaci per automedicazione (+0,4%). La spesa sostenuta dai cittadini per il ticket, invece, ammonta a 1.337 milioni di euro (22,1 euro pro capite) con un incremento rispetto all’anno 2010 del 34%. Il ticket raggiunge, nel 2011, un’incidenza sulla spesa farmaceutica lorda del 10,8% (nel 2007 era del 4,2%). Fonte: Ansa

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Anche i farmacisti piangono

Diminuiscono i consumi di farmaci griffati, gli italiani hanno imparato ad acquistare prodotti sostitutivi

Le donne sono la categoria sociale rilevabile che fa maggiore uso di medicinali. In questa rilevazione dati però la notizia consiste nel fatto che la tipologia di farmaco più frequentata consiste negli antidepressivi. Cresce la spesa sostenuta per i ticket sui farmaci (+34% in un anno). Diminuisce la spesa pubblica per i medicinali, questo perché ai afferma l’uso di farmaci generici con minore costo per il servizio sanitario nazionale. A dirlo è l’Osservatorio sull’impiego dei medicinali (Osmed) dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Gli immigrati consumano meno farmaci ma tra di loro è in grande aumento di antidiabetici. Farmaci per il sistema cardiocircolatorio sono in testa alla classifica degli acquisti. Nel 2011 il mercato farmaceutico totale ha totalizzato 26,3 miliardi di euro.

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È una finanziaria! La spesa pubblica per farmaci a carico del SSN è stata invece pari a 12.387 milioni, con una riduzione del 4,6% rispetto al 2010. In contempo, è aumentato del 21% l’acquisto da parte dei cittadini dei farmaci di fascia A (rimborsabili dal SSN) e del 3,7% quello di farmaci a carico del cittadino con ricetta. Il calo di spesa è particolarmente evidente in Puglia (-15,8%), Calabria (-15,3%) e Campania (-10,8%). Regioni interessate da piani di rientro dal deficit, che hanno adottato misure di contenimento della spesa molto drastiche, quali l’introduzione o l’aumento del ticket e il potenziamento della distribuzione di medicinali acquistati dalle ASL direttamente agli assistiti e/o tramite le farmacie convenzionate sulla base di specifici accordi. Fonte: Osmed Aifa

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REGIONE LAZIO

Si amplia il pronto soccorso del San Camillo Arrivano 467 mila euro al Dea di secondo livello Spazi ristretti. Struttura inadeguata, quella del pronto soccorso, per dare risposta ai pazienti di buona parte della capitale d’Italia. Lo stanziamento è modesto, serve a dare possibilità di prendersi cura di maggior numero di pazienti. L’intervento prevede un ampliamento di circa 500 metri quadrati al piano rialzato con la realizzazione

di una boarding area di 18 posti letto e un posto letto isolato, oltre a locali per infermieri, di servizio e di attesa. La nuova area sarà collegata al pronto soccorso, attraverso due monta letti, e alla medicina d’urgenza mediante un nuovo accesso orizzontale. Fonte: Regione Lazio

Proiezioni nel Lazio Un taglio che fa piangere tutti

Il 6 luglio la presidente della Regione Lazio rilascia questa dichiarazione all’Ansa: “Con il cambio dei criteri per i posti letti per acuti, cioè quelli degli ospedali, nel Lazio si toglierebbero tra i 600 e gli 800 posti”.

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E ancora. “Questo nuovo taglio di posti letto porterà ulteriori affollamenti al pronto soccorso - ha aggiunto -. Probabilmente riusciremo a non toccare gli ospedali specialistici, più difficile sarà salvare quelli sul territorio”. Polverini chiede un incontro al premier Monti. Fonte: Ansa

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MONDEZZA ALIMENTARE

Cattive bevande!

Il ministero della salute avverte sul pericolo di cattivi rimedi al caldo e al senso di spossatezza

Bisogna prestare molta attenzione al consumo dei cosiddetti “energy drink”, bevande analcoliche che contengono sostanze stimolanti. Infatti il loro consumo non è “scevro da rischi per la salute umana”. Lo spiega il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare in un “parere” nel quale mette in luce anche i pericoli che derivano dall’assunzione contemporanea di “energy drink” e di alcol. Il Comitato nazionale fa notare che i principali consumatori di “energy drink” sono giovani adulti compresi tra 18 e 35 anni, ma “non va trascurata la

presenza di consumatori adolescenti”. Diversi studi in Europa e negli Usa hanno evidenziato una prevalenza di consumatori tra gli studenti. In Italia uno studio effettuato dalla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Messina ha rilevato un consumo di “energy drink” da parte del 57 per cento degli studenti. I rischi sono legati al contenuto particolarmente elevato di caffeina in queste bevande che può arrivare al 150 e fino al 300 per cento in più rispetto a bevande più tradizionali che contengono caffeina.

Cibo-spazzatura, per risparmiare Vanno a farsi friggere le qualità della cucina nostrana La dieta mediterranea è in via di estinzione. I livelli di classe si vedono innanzitutto su come ci si alimenta. Tutto questo evidenzia un’attitudine ad ammalarsi che costituisce una differenza ancora più grande dell’automobile o dell’appartamento di proprietà. La classe di riferimento a cui il sondaggio lanciato dall’Ansa fa riferimento a una fascia di famiglie con reddito al di sotto di 25 mila euro.

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Quindi non si parla di fascia di povertà. Ebbene, in questa fascia sociale si acquista margarina, carni in scatola perché i prezzi sono più accessibili. Sempre le famiglie con reddito basso al di sotto di 25 mila euro l’anno - consumano meno olio d’oliva, yogurt, verdure e cereali. Invece il 68% di chi guadagna 40.000 euro l'anno aderisce ai principi della dieta mediterranea consumando pesce, frutta, legumi e carni bianche. Lo studio è stato svolto su 13.262 italiani.

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ANNI D’ORO

Cinquant’anni, l’età d’oro

Se vissuti nella consapevolezza di sé emerge un controllo e una forza mai conosciuti prima

Non è una consolazione per i meno giovani. Si acquisisce maggiore consapevolezza di sé, si ha mediamente un livello funzionale dell’organismo in perfetta efficienza, si sanno combattere i mali che arrivano dallo stress, dalle tensioni esterne, dall’incapacità a dare risposte nell’immediato. Tutto questo fa il cinquantenne, almeno per chi ci arriva in stato di grazia e con un buon grado di consapevolezza. Più che la maturità si potrebbe chiamare una transizione verso la fase piena della maturità che volge verso la senescenza. Questa la nuova definizione data da uno studioso, Carlo Strenger, professore presso la Tel Aviv University. Sullo sfondo, chiaramente, l’estensione dell’età media.

Si muore più tardi e non è detto che questo incida con gli anni della vecchiaia. Un cinquantenne può avere la lucidità e la freschezza di un ragazzo con qualche ruga in più e molto meno ingenuo entusiasmo. La consapevolezza e la realizzazione del sé sono possibilità concrete ed è stato sfatato il mito secondo cui in età matura le funzionalità cerebrali cominciano a deteriorarsi. La ricerca si compone anche di indicazioni utili per vivere meglio a cinquant’anni. In questo una contraddizione a quanto espresso prima, dovendo essere i cinquanta l’età della saggezza che può far a meno di buoni consigli e di cattivi esempi. Per tanto, risparmiamo il lettore dalla paccottiglia di questi luoghi comuni. Fonte: Harvard Business Review

“L’ansia ti fa vecchia!”

Ma è sempre la genetica a dare le risposte ultimative Le donne ansiose hanno i telomeri corti. Si tratta dell’ultima sezione del Dna, volta a proteggere il materiale genetico. Con i telomeri corti, quindi, ci si invecchia prima. Ma se vuole essere accordata la relazione stretta tra telomeri e invecchiamento, rimane da dimostrare la

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relazione tra ansia e telomeri. La ricerca vanta gli esami del sangue a cinquemila donne con età compresa tra i 42 e i 69 anni che hanno risposta a domande sulle loro fobie e ansie. Questi test avrebbero messo in relazione le donne ansiose a quelle con i telomeri corti. Fonte: Plos One

Mensile di informazione Socio-Sanitaria Editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Redazione Via Carlo Del Prete, 6 Tel. 0774 081389 Stampa Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Rm). Registrazione n. 31 del 29/06/2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato alla redazione, non verrà restituito. Chiuso il 30/07/2012 w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

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RICERCA

Camminare contro il diabete La migliore terapia di prevenzione appare l’uso della funzione pedestre del muoversi

Le persone con una bassa attività fisica sono più a rischio di diabete. La migliore prevenzione è camminare, camminare, camminare. Chi ha l’abitudine di farlo ha minori possibilità di ammalarsi di diabete. Consigliabile un minimo di 10 mila passi al giorno, tenendo presente che 2 mila passi corrispondono a circa 1 chilometro e mezzo. I ricercatori hanno chiesto a 1.800 volontari di misurare con un pedometro la loro attività fisica quotidiana.

Nessuno dei partecipanti, all’inizio dello studio, soffriva di diabete, ma dopo 5 anni 243 persone hanno sviluppato la malattia. Il 17 per cento di quelli con minore attività fisica si erano ammalati, rispetto al 12 per cento di quelli che invece facevano almeno 3.500 passi al giorno. Le persone che camminavano di più avevano il 29 per cento in meno di probabilità di sviluppare malattie come il diabete, al netto degli altri fattori di rischio. Fonte: Diabetes Care

Mitosi, ora la conosciamo meglio C’è un passaggio prima sconosciuto nella duplicazione delle cellule Il processo per cui una cellula si divide dando vita a due cellule figlie mancava di un passaggio. Grazie a uno studio finanziato dall’Airc, è stato identificato il ruolo di una proteina, la fosfatasi Fcp1, che sarebbe necessaria ai fini della corretta esecuzione della mitosi.

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La mitosi consiste in quella fase necessaria in cui il Dna di una cellula viene archiviato per poi essere duplicato costituendo il suo processo di rigenerazione. Quando questo avviene in modo scorretto subentrano patologie come malattie degenerative e tumori. Fonte: Nature Comunication

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ALTA TEMPERATURA

Obiettivo: contrastare l’afa Parola d’ordine: alleggerire il metabolismo, ridurre le calorie Bisogna farlo a tavola, ancor prima di forcing per improvvisati sportivi. Si sprecano così i menu ideali o quantomeno le liste degli alimenti da evitare. Tutto all’insegna del dogma provvisorio delle attuali conoscenze in fatto di alimentazione. Il prossimo anno probabilmente avremo un menu sfumatamene differente, a seconda delle ricerche con altre nozioni utili in termini di nutrizione. Oppure avremo sostanzialmente la stessa lista di alimenti. Mentre si aprono le scommesse impariamo a memoria il decalogo contemporaneo. 1) Rispettare quotidianamente il numero e gli orari dei pasti, soprattutto la prima colazione, che deve essere privilegiata rispetto agli altri pasti; 2) Aumentare il consumo di frutta e verdura di stagione e yogurt (senza zuccheri aggiunti), ma non trascurare la frutta secca (mandorle, noci...) ricca di grassi “buoni”, minerali e fibre, senza ovviamente esagerare, perché ricca di calorie; 3)Preparare i piatti con fantasia, variando gli alimenti anche nei colori, dati dalle sostanze ad azione antiossidante (vitamine, polifenoli...); 4) Moderare il consumo di piatti elaborati e ricchi di grassi, meglio condire con olio d’oliva a crudo;

5) Privilegiare cibi freschi, facilmente digeribili e ricchi di acqua e completare il pasto con la frutta, regola da seguire quando si consuma “al sacco”, non esagerando con gli spuntini salati o zuccherati; 6) Consumare un gelato o un frullato può essere un’alternativa al pasto di metà giornata; 7) Evitare pasti completi con primo, secondo e contorno quando, durante soggiorni in albergo o in viaggio, è più facile che si consumi al ristorante sia il pranzo che la cena. Optare quindi in una delle due occasioni per piatti unici bilanciati: alcuni degli abbinamenti possibili sono pasta con legumi e/o verdure, carne/pesce/uova con verdure; 8) Consumare poco sale e preferire sale iodato, ne bastano 5 grammi, e per gli ipertesi può essere utile consumare sale iposodico o asodico; 9) Rispettare le modalità di conservazione degli alimenti, mantenere la catena del freddo e ricordare che cibi conservati a lungo in frigorifero rischiano un peggioramento nutrizionale e una contaminazione da microrganismi; 10) Bere almeno 1 litro e mezzo di acqua al giorno, moderare il consumo di bevande con zuccheri aggiunti e limitare il consumo di bevande moderatamente alcoliche come vino e birra, evitare le bevande ad alto contenuto di alcol.

Yogurt contro il caldo Lo consiglia il ministero della salute

Lo yogurt può rivelarsi la giusta soluzione per pranzi irregolari e un’alimentazione senza regole. Chiaramente il prodotto, essendo a base di latte, consente di raggiungere con maggiore facilità l’apporto giornaliero raccomandato sia di calcio che di proteine, vitamine e minerali. Alternativo alla sana colazione o al sano spuntino grazie alla sua composizione bilanciata e alla sua corretta porzionatura. Ma questi sono i consigli che arrivano dal ministero della salute. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t

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Cittadini & Salute


Mario

Dionisi Caro Mario Monti,

Una premessa, innanzitutto. Sono un imprenditore della sanità privata e come tale portatore di interessi legittimi. Quel che metto nero su bianco però è la verità. Anche se il mio discorso parte da un punto di vista ben preciso, determinato dalla mia attività, cosa ben chiarita in premessa, questo non difetta di correttezza nei contenuti. Quel che il governo sta facendo nei confronti della nostra categoria di imprenditori della diagnostica convenzionata porterà altri danni alla Sanità. Quando fu dato il via alla diagnostica convenzionata, a decidere sulle tariffe da riconoscere ai laboratori convenzionati nel ‘96 fu il Ministero della Sanità e non della Salute (allora più seriamente si chiamava così perché lo Stato può garantire un servizio non una condizione che non dipende da volontà umana). Le Regioni applicarono questi parametri alle attività che ottenevano il convenzionamento con la struttura pubblica. Negli anni successivi, sempre per limare il deficit della Sanità, queste tariffe furono ritoccate, nonostante l’esborso per questa voce fosse poco superiore al 2% dell’intero ammontare dei costi sanitari. Ebbene, se nonostante questi tagli la Sanità ha continuato ad ampliare il suo deficit è dimostrato che questi tagli non servivano, anzi forse incentivavano le spese di deficit. Sì, perché per la mano pubblica costa molto meno finanziare i servizi di diagnostica privaticonvenzionati piuttosto che svolgere tutta questa attività in strutture solo pubbliche. Ma vorrei che la verità fosse solo questa. Arrivano attestazioni da ogni studio di ricerca sociale, ultima tra questa quella del Censis, sulla preferenza degli italiani nei nostri centri. Qui pulizia, attenzione, cortesia, precisione e anche solerzia sono garantiti.

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Cittadini & Salute

Il nostro è un avamposto insostituibile della Sanità. Si guarda, giustamente, con attenzione al taglio dei posti letto, ma il contatto con la cura della propria salute ciascun italiano ce l’ha attraverso i nostri laboratori di analisi. Qui si fa prevenzione, qui si tiene sotto controllo patologie conclamate con le quali si può convivere. Se a tutto questo sostituiremo delle file stressanti nelle strutture pubbliche o prezzi non più accessibili saranno in molti a rinunciare alle cure. Questo significherà più malati e più costi nell'immediato futuro. Tanto solo questo interessa i nuovi baroni delle finanze. La salute - a dispetto di quanto strombazza la dizione ufficiale del solito ministero che vuole incostituzionalmente riprendersi a tutte le sue prerogative accentratrici - è questione che interessa solo chi non ce l'ha. E allora sono dolori per trovare servizi adeguati in un'Italia la cui Costituzione recitava il diritto alla cura come valore preminente. Era l’articolo 32. Era! Presto o tardi aboliranno anche quello. Anzi no, le petizioni di principio vanno sempre bene, la loro effettiva applicazione nel nostro paese è diventata una burla. Ricordiamolo, leggiamolo insieme come fosse un salmo. Chissà che qualcuno rinsavisca. “Art. 32 - La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Bello eh? Rileggiamolo ancora, e ancora un’altra volta. Noi veniamo da qui. Dove andremo a finire è difficile dirlo.

Mario Dionisi

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