Articolo di Marcello Santarelli, apparso sul giornale Tiburno il5 novembre 2019. Prima pagina

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TIBURNO Martedì 5 novembre 2019

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L’intervista

“Quella volta che incastrai l’orco cattivo di Villanova” Parla il cacciatore di pedofili L’Ispettore Davide Sinibaldi, da segugio di banditi a coordinatore del Pool Antiviolenza della Polizia di Marcello Santarelli

vizio che moriva nel dimenticatoio dei nostri archivi polverosi. er un quarto di secolo è corso dieInvece pensammo di creare una sortro alle “batterie” di rapinatori ta di database e di monitorare le famiromani e alle gang di spacglie particolarmente a rischio, ladciatori tiburtini, gli ultimi diedove venivano segnalati interci anni li ha dedicati a una delventi reiterati, contattavamo e le piaghe peggiori della socontattiamo le vittime, mettencietà: la violenza sulle dondoci a disposizione per un evenne e sui bambini. tuale ascolto. IL MODELLO TIVOLI Davide Sinibaldi, 55 anDa lì è nata la collaboraI 10 anni della squadra ni, Ispettore superiore delzione con l’allora Centro Anla Polizia di Stato, è il retiviolenza “Le Lune” di Guie le indagini più delicate donia sponsabile del Pool Antiviodiretto da Lina Losacin un libro diffuso negli co insieme alla quale organizlenza del Commissariato di Tivoli, referente e co-autore del zammo un nuovo modello di inistituti scolastici “Codice Rosa Integrato”, un motervento nei luoghi in cui la viodello operativo a contrasto della lenza emergeva, dal pronto soccorviolenza di genere che prevede l’inteso al consultorio, fino al medico di farazione tra forze dell’ordine, ospedali miglia. e centri anti-violenza, oltre che referenQuindi interessammo il dirigente del te del progetto “Scuole Sicure”, il ciclo pronto soccorso di Tivoli Ugo Donati di incontri coi ragazzi degli istituti dele scrivemmo il Codice Rosa Integrato l’hinterland tiburtino. che prevede personale sanitario formaOggi l’Ispettore è anche co-autore di to e l’intervento immediato di poliziot“Donne in cammino... verso la pienezti specializzati insieme alle esperte del za dei diritti umani”, un libro scritto e Centro Antiviolenza come ausiliarie di curato da Cinzia Merletti, insegnante Polizia giudiziaria. dell’Istituto comprensivo “Eduardo De Perché il libro “Donne in cammiFilippo” di Villanova, che verrà presenno”? tato sabato 9 alle ore 18 presso il Grand Il libro è figlio del Codice Rosa InHotel “Duca d’Este”. tegrato, nel senso che nella nostra rete Una sintesi degli ultimi dieci anni di coinvolgemmo anche altri attori istituattività di un investigatore entrato in zionali, non ultime le scuole perché crePolizia il 15 gennaio 1983. Primi anni diamo nel cambiamento culturale se alla Digos di Roma, poi il concorso da vogliamo vincere la violenza domestisottufficiale e il trasferimento alla Squaca. dra Mobile Quinta Sezione Antirapine Il libro è destinato alle scuole nasce fino al 2006 quando ha chiesto di essegrazie a un rapporto di collaborazione re aggregato al Commissariato di Tivocon la professoressa Merletti la quale li Tre anni passati ad arrestare banditi ci chiese di organizzare presso l’Eduare spacciatori fino a rendersi conto dei do De Filippo un convegno e incontri molteplici casi di violenza domestica e formativi prima coi docenti poi coi geatti persecutori. Argomenti discussi nelnitori quindi con i ragazzi. la tesi di Laurea in Scienze delle InveCol Pool Antiviolenza siamo entrati stigazioni e Scienze Tecniche Psicolonegli istituti portando ognuno e proprie giche presso l’Università degli studi de capacità ed esperienze professionali e L’Aquila, che insieme ad un Master di dal 2012 col progetto Scuole Sicure absecondo livello ne hanno fatto un esperbiamo iniziato a parlare coi ragazzi e to del settore, promotore del cosidetto prima ancora a formare i docenti facen“Modello Tivoli”. do rete. “Registravamo tantissimi interventi L’assurdo di questa faccenda era che delle volanti in situazioni di criticità fala Polizia parlava un linguaggio giurimiliare - esordisce l’Ispettore - c’era la dico, i medici un linguaggio sanitario, necessità di creare una specializzazioi docenti un linguaggio scolastcio: none per affrontare reati che fino al 2009 nostante tutti facessimo parte della mecon l’introduzione dello Stalking venidesima pubblica amministrazione in vano affrontati in maniera disgiunta ma realtà non riuscivamo a parlare tra noi non era percepito il disvalore che properché ognuno era arroccato e perfino curavano alle vittime”. diffidente nei confronti dell’altra proCome e quando è nato il Pool Anfessione tiviolenza? La chiave di volta è stata creare una “Proprio nel 2009. L’allora dirigenrete e stabilire quale lingua parlare. te del Commissariato Giancarlo SanteQuali risultati ha portato? lia mi chiese di organizzare un gruppo Enormi perché gli insegnanti si sodi lavoro e un nuovo modello di interno sentiti compresi: non ci dimentichiavento rispetto al passato. mo che la scuola è forse il primo baFino ad allora la volante interveniva luardo contro la violenza, la criminapresso un luogo in cui veniva segnalalità e contro tutte quelle cose che quota una lite domestica, ma all’arrivo la tidianamente combatto. lite era sedata per cui ci si limitava a inCosì per la prima volta i docenti hanvitare le parti a formalizzare denuncia no iniziato a inviare segnalazioni sulla e a scrivere una magra relazione di serbase dei malesseri dimostrati dai loro

P Davide Sinibaldi, 55 anni, dal 2006 è in servizio al Commissariato di Tivoli e dal 2009 coordina il Pool Antiviolenza

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studenti e questo ci ha permesso di entrare nelle scuole per parlare di bullismo, droga, violenza di genere, ma soprattutto di sdoganare la divisa. In che senso? Io vengo da una generazione in cui la Polizia entrava nelle scuole per manganellarci piuttosto che per parlarci. Oggi il nostro slogan è “Un amico in più”, i ragazzi sanno di potersi rivolgere a un fratello maggiore a cui chiedere consiglio anche per i piccoli grandi bisogni di un adolescente. Ispettore Sinibaldi, dai rapinatori ai pusher fino a diventare un precursore nel contrasto alla violenza di genere. Perché? La prima domanda che un investigatore si pone su una scena del crimine è perché, come e soprattutto chi commette il delitto: l’autore è anonimo, difficile da individuare. Mi ha stimolato il fatto che nel caso della violenza le vittime vengono a raccontarci quanto subito, ci dicono chi è il carnefice, quindi sembrerebbe che inizialmente si parta avvantaggiati. Pensavo che fosse più semplice, invece le dinamiche che determinano le violenze hanno effetti psicopatologici e questo mi ha invogliato a crescere professionalmente confrontandomi con altre figure trattandosi di materia che spazia dall’ambito criminalistico o quello scientifico: è impensabile che un buon investigatore possa far conto solo sulle proprie capacità professionali per inchiodare i colpevoli di un reato. Che faccia ha un pedofilo? Dietro a tutte le parafilie esistono patologie, non lo dico io ma il Manuale diagnostico delle malattie mentali che ben definisce i tratti patologici da chi è mosso da questo impulso irrefrenabile di importunare i bambini: esiste una vera e propria sindrome riconosciuta e in seno alle caratteristiche con cui agisce il pedofilo ci permette di identificare il suo modus operandi, di individuare e comprendere se sia un sadico piuttosto che un perverso. Che faccia ha invece un uomo violento? E’ completamente diverso, alla base della sua violenza c’è la sua cultura: tutti gli uomini violenti, senza eccezione alcuna, sono stati avvezzi alla violenza e nelle fasi evolutive vi sono stati esposti fino a normalizzarla. C’è differenza tra l’uomo violento e il criminale comune, per intenderci i componenti delle batterie di rapinatori che inseguiva quando era alla Squadra Mobile? Grande differenza. Il rapinatore quasi mai parla di fronte all’inquirente e si avvale della facoltà di non rispondere. Al contrario l’uomo violento parla tantissimo perché è convinto di essere nel giusto, lui non percepisce il suo agito violento delittuoso come un disvalore, un po’ come lo psicopatico che commette un reato senza provare em-

patia nei confronti della vittima. L’uomo violento è convinto che il suo agito sia giustificato e rimanda sempre all’altro la responsabilità della loro violenza, anzi la maggior parte delle volte si sentono vittime del reato che loro stessi agiscono. Vale lo stesso per i pedofili? No, il pedofilo è convinto di non fare del male alla vittima perché gli vuole bene, in realtà lui non pensa di arrecare un danno così grande, per lui è una manifestazione di affetto, di comprensione, di accoglienza nei confronti della vittima stessa. Pedofili e uomini violenti sono riconoscibili, ossia fanno una vita normale nella società? Sono in mezzo a noi e sono tra noi. Basti pensare quando accade un femminicidio la prima cosa che fa un giornalista è mettere il microfono sotto il naso del vicino di casa che dice: era una brava persona, una persona comune, lavoratori, una famiglia perfetta. E’ esattamente questa la figura , non emerge mai come quelle caratteristiche somatiche di chi vive di espedienti che un bravo investigatore percepisce subito: l’uomo violento è assolutamente normale, la violenza è trasversale, riguarda ogni ceto sociale. Le statistiche parlano chiaro: non esistono isole franche, la violenza la troviamo dai quartieri bene a quelli più degradati. I vicini spesso commentano: “era una brava persona”. Ma un uomo diventa omicida da un giorno all’altro? Spesso erroneamente ascoltiamo alla tv: “Uccide la moglie in preda a un raptus di follia”. Questo non esiste proprio, e non soltanto in psichiatria, perché la violenza si perpetra nell’arco degli anni. Questi comportamenti violenti non sono solo di carattere fisico, ma anche psicologico, verbale, economica: sono tutte quelle condizioni come l’isolamento finalizzate a privare dell’identità le donne e a metterle nella condizione di essere assoggettate a quell’uomo che nel tempo riesce a fare credere alla vittima di vivere grazie a lui. Aumentano i casi oppure si denuncia di più? Aumentano i casi e si denuncia di più. Si denuncia di più perché oggi le donne grazie a questo enorme fenomeno di sensibilizzazione permette di catalizzare la violenza in più luoghi: le scuole, i consultori, i centri antiviolenza, i medici di famiglia.


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