Carl Burckhardt 1878-1923. Ein Bildhauer zwischen Basel, Rom und Ligornetto

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Uno scultore tra Basilea, Roma e Ligornetto Ein Bildhauer zwischen Basel, Rom und Ligornetto

Carl Burckhardt 1878–1923

Christoph MerianVerlag



Echi dall’antichità Zeitlose Klassik


Il volume accompagna la mostra Echi dall’antichità Carl Burckhardt (1878-1923) Uno scultore tra Basilea, Roma e Ligornetto 10.06–28.10.2018 Esso è pubblicato dalla Confederazione Svizzera, rappresentata dall’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica, per conto dell’Ufficio federale della cultura, Berna. Diese Publikation begleitet die Ausstellung Zeitlose Klassik Carl Burckhardt (1878–1923) Ein Bildhauer zwischen Basel, Rom und Ligornetto 10.06.–28.10.2018 Eine Veröffentlichung der Schweizerischen Eidgenossenschaft, vertreten durch das Bundesamt für Bauten und Logistik, im Auftrag des Bundesamtes für Kultur, Bern.

© 2018 Museo Vincenzo Vela, Bundesamt für Kultur, Bern Christoph Merian Verlag, Basel

Edizione del museo Museumsausgabe Museo Vincenzo Vela ISBN 978-3-9524712-4-1 Edizione in commercio Buchhandelausgabe Christoph Merian Verlag ISBN 978-3-85616-876-6


Carl Burckhardt 1878–1923

Uno scultore tra Basilea, Roma e Ligornetto Ein Bildhauer zwischen Basel, Rom und Ligornetto

A cura di/ herausgegeben von Gianna A. Mina Tomas Lochman

Christoph Merian Verlag


Il modello in gesso per il grande Danzatore nella loggia di Villa Casanova a Ligornetto, 1921 Basilea, Archivio M. Schwander

Das Gipsmodell für den grossen Tänzer in der Loggia der Villa Casanova in Ligornetto, um 1921 Basel, Archiv M. Schwander


Indice

Inhaltsverzeichnis

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Prefazione

Gianna A. Mina

Direttrice Museo Vincenzo Vela

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Carl Burckhardt: vita e opere, 1878-1923

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Rudolf Suter

39

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Tomas Lochman

130

La pittura, autentica passione di Carl Burckhardt

Rudolf Suter

198

Carl Burckhardt scrittore d’arte: il libro su Rodin

Felix Ackermann

172

«…un demone malvagio mi ha mandato il caro Moser…»: il rapporto tra Carl Burckhardt e Karl Moser

Rudolf Suter

152

La ricerca dell’essenza del plasticismo: Carl Burckhardt scultore

Il movimento come stato

Peter Suter

Prospetto sintetico della vita e delle opere di Carl Burckhardt

Tomas Lochman

Bewegung als Zustand

Peter Suter

Apparati 212

Die Malerei – Carl Burckhardts wahre Leidenschaft

Rudolf Suter

199

Carl Burckhardt als Kunstschriftsteller: Das Rodin-Buch

Felix Ackermann

173

«…da schickt mir ein böser Dämon den wohlmeinenden Moser…» – zum Verhältnis zwischen Carl Burckhardt und Karl Moser

Rudolf Suter

153

Die Suche nach dem plastischen Kern: Carl Burckhardts bildhauerisches Oeuvre

Tomas Lochman

131

Im Schatten der Malerei. Plastik der frühen Moderne in der Schweiz

Marc-Joachim Wasmer

65

Carl Burckhardt, Biografie und Werdegang, 1878–1923

Rudolf Suter

38 All’ombra della pittura: la scultura in Svizzera all’inizio dell’era moderna

Marc-Joachim Wasmer

Vorwort

Gianna A. Mina Direktorin Museo Vincenzo Vela

Appendices 213

Biographische Kurzübersicht zu Carl Burckhardts Leben und Werk

Tomas Lochman

218

Bibliografia

218

Bibliografie

224

Catalogo delle sculture

225

Verzeichnis der plastischen Werke

Tomas Lochman

254

Fonti e crediti fotografici

Tomas Lochman

254

Quellen und Bildnachweise


Prefazione Gianna A. Mina Direttrice Museo Vincenzo Vela

Il Museo Vincenzo Vela è lieto di presentare al pubblico e agli studiosi interessati una mostra e una pubblicazione scientifica dedicate all’artista Carl Burckhardt, di origini basilesi, nato nel 1878 a Lindau nei pressi di Zurigo e scomparso a Ligornetto nel 1923, nell’allora Palazzo Casanova (oggi Villa Morgana), poco distante dalla casa-museo dello scultore ­Vincenzo Vela (1820-1891), il luogo che in questi mesi ospita il suo lavoro. La mostra dal titolo Echi dall’antichità si inserisce nel consolidato novero di esposizioni dedicate dal museo federale a scultori attivi nei secoli XIX e XX, poco noti al pubblico italofono e, più in generale, trascurati dai grandi musei. Artisti che, al di là delle loro indiscutibili capacità, hanno manifestato, ognuno con intenti e modalità diversi, interesse per questioni collettive caratteristiche del loro tempo, intervenendo con sculture e monumenti ideati su suolo pubblico, nel relativo specifico contesto. In passato sono state proposte mostre monografiche dedicate ai francesi Henry de Triqueti (1803-1874), a François (17841855) e Sophie Rude (1797-1867), all’americano Augustus Saint-Gaudens (1848-1907), alla friburghese Adèle d’Affry (1836-1879) o al ticinese Pierino Selmoni (1927-2017), artiste e artisti le cui opere sono entrate in un ideale dialogo con i monumentali gessi di Vincenzo Vela, il quale ha saputo costruire la sua fortuna critica e condizionare la scultura italiana del secondo ’800 perseverando, con grande abilità, nel sapiente connubio tra sollecitazione pubblica e istanza personale. Anche Carl Burckhardt, sebbene sia da alcuni definito il padre della scultura moderna svizzera, rimane ai giorni nostri un artista poco noto. Nonostante abbia lasciato notevoli testimonianze nello spazio pubblico e si sia cimentato, anche sul piano teorico, con il rinnovamento della scultura nel nostro Paese, impegnandosi in prima persona in favore della conoscenza dell’opera di Auguste Rodin in Svizzera, egli rimane purtroppo ancora una figura poco studiata e indagata esclusivamente in ambito germanofono, oltre ad apparire raramente in mostra. 1 Il catalogo che accompagna l’esposizione omonima desidera riportare all’attenzione di un più vasto pubblico un poliedrico artista, che fu pittore e scultore insieme, analizzandone sia il rapporto con l’antichità che l’interesse per la produzione scultorea moderna. L’opportunità di allestire una mostra-ricerca come questa, costruita su più anni e con notevole perseveranza, è da considerarsi un’impresa preziosa e forse in futuro sempre più rara, tanto è diventato oggi difficile conquistare la fiducia di grandi istituzioni, movimentare sculture di grandi dimensioni e ottenere in prestito bozzetti e opere in materiali delicati (gessi, cere, carte ecc.). Eppure, nonostante questi ostacoli esistano, resta invariata la nostra convinzione che luoghi espositivi simili al nostro giochino un ruolo fondamentale nel recupero e nello studio di figure apparentemente periferiche alla storia dell’arte più nota e a quella generalmente più amata. Una certezza che è stata in questo caso confermata – e ce ne rallegriamo molto – dalla decisione del Kunstmuseum di Basilea, tra i massimi musei d’arte svizzeri – depositario, insieme al suo Kupferstichkabinett, di un notevole numero di opere di Carl Burckhardt – di presentare in mostra elementi della nostra esposizione arricchendola di nuovi materiali.2

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Vorwort Gianna A. Mina Direktorin Museo Vincenzo Vela

Mit grosser Freude präsentiert das Museo Vincenzo Vela dem kunstinteressierten Publikum eine Ausstellung sowie eine wissenschaftliche Publikation zu Carl Burckhardt. Der Basler Kunstschaffende wurde 1878 in Lindau bei Zürich geboren und verstarb 1923 im ehemaligen Palazzo Casanova (heute Villa Morgana) in Ligornetto, nicht weit entfernt vom Künstlerhaus des Bildhauers Vincenzo Vela (1820–1891), wo in den kommenden Monaten sein Werk ausgestellt wird. Die Ausstellung trägt den Titel Echi dall’antichità (Zeitlose Klassik) und ist Teil unserer anerkannten Ausstellungsreihe über Bildhauerinnen und Bildhauer des 19. und 20. Jahrhunderts, die im italienischsprachigen Raum noch relativ unbekannt sind und bei den etablierten Museen allgemein nur wenig Beachtung finden. Dabei handelt es sich um Kunstschaffende, die neben ihren unbestrittenen Fähigkeiten auch grosses Interesse an den gesellschaftlichen Problematiken ihrer Zeit hegten, und von denen jede/r mit eigenen Zielsetzungen und auf eigene Weise Skulpturen und plastische Denkmäler schufen, die für den öffentlichen Raum innerhalb ihres jeweiligen spezifischen Kontexts bestimmt waren. So organisierte das Museo Vincenzo Vela in den vergangenen Jahren monografische Ausstellungen über Henry de Triqueti (1803–1874) sowie François (1784–1855) und Sophie Rude (1797–1867) aus Frankreich, Augustus Saint-Gaudens (1848–1907) aus Amerika, ­Adèle d’Affry (1836–1879) aus Freiburg sowie über den Tessiner Pierino Selmoni (1927–2017). Die ausgestellten Werke dieser Künstlerinnen und Künstler traten in den Räumlichkeiten dieses bundeseigenen Künstlerhauses in einen fruchtbaren Dialog mit den monumentalen Gipsmodellen von Vincenzo Vela, dem es zu seiner Zeit gelang, sich hohes Ansehen bei der Kunstkritik zu erarbeiten und die italienische Skulptur der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts zu erneuern und mitzuprägen, wobei er den öffentlichen Ansporn geschickt mit seinen persönlichen Neigungen zu verbinden verstand. Wenngleich Carl Burckhardt von manchen als Vater der modernen Schweizerischen Plastik bezeichnet wird, ist auch er ein bis heute wenig bekannter Künstler. Obwohl er beachtliche Skulpturen im öffentlichen Raum hinterliess, sich auch auf kunsttheoretischer Ebene für eine Erneuerung der Bildhauerei in unserem Land einsetzte und sich höchstpersönlich um die Verbreitung des Werks von Auguste Rodin in der Schweiz bemühte, wurden ihm nur selten tiefergehende Studien gewidmet, die – wenn überhaupt – ausschliesslich im deutschsprachigen Raum geleistet wurden. Ferner wurden seine Werke nur selten ausgestellt.1 Daher soll die mit vorliegendem Begleitkatalog verbundene gleichnamige Ausstellung diesen vielseitigen Künstler, der sowohl als Maler als auch Bildhauer tätig war, nun einem breiteren Publikum zugänglich machen, wobei unter anderem sein Verhältnis zur Antike sowie sein Interesse für die moderne Plastik näher beleuchtet wird. Eine mit extensiver Forschungsarbeit verbundene Ausstellung dieser Grössenordnung zu organisieren und auf die Beine zu stellen, nahm mehrere Jahre in Anspruch und forderte eine beachtliche Ausdauer. Andererseits war dieses aussergewöhnliche Unterfangen aber auch eine kostbare Gelegenheit, die sich in Zukunft womöglich immer seltener bieten wird – ist es doch in der heutigen Zeit schwierig geworden, das Vertrauen wichtiger Institutionen zu gewinnen, um grossformatige Skulpturen von deren angestammtem Ort fortzubewegen und Bozzetti oder Werke aus empfindlichen Materialien (Gips, Wachs, Papier, etc.) als

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ill. 1 — Pietro Chiesa (1876-1959) Vincenzo Vela alle prese con le Vittime del lavoro vegliato dai suoi capolavori, ante 1906 tecnica mista su carta, 42 x 60,5 cm Ligornetto, Museo Vincenzo Vela

Abb. 1 — Pietro Chiesa (1876–1959) Vincenzo Vela bei der Gestaltung von Die Opfer der Arbeit umgeben von seinen Meisterwerken, vor 1906 Mischtechnik auf Papier, 42 x 60,5 cm Ligornetto, Museo Vincenzo Vela

ill. 2 — Carl Burckhardt intento a scolpire le metope del Kunsthaus di Zurigo, 1914 Basilea, Archivio M. Schwander

Abb. 2 — Carl Burckhardt bei der Arbeit an den Metopen am Kunsthaus Zürich, 1914 Basel, Archiv M. Schwander

Ideata insieme a Tomas Lochman – archeologo e curatore presso l’Antikenmuseum und Sammlung Ludwig di Basilea nonché studioso interessato al recupero di scultori attivi tra ’800 e ’900 3 ispiratisi a una classicità tradotta in un linguaggio aggiornato al loro tempo –, la mostra prende le mosse, oltre che dai motivi addotti in precedenza, da uno specifico dato biografico che lega Burckhardt a Ligornetto. Qui egli trascorse gli ultimi anni della sua vita, dopo aver affittato nel 1919 Palazzo Casanova, sito sulla strada che collega Ligornetto a Stabio, e ivi realizzò le sue ultime importanti opere, il Danzatore (p. 4; ill. 41, p. 117) e l’Amazzone (ill. 38, p. 112). Fu allo stesso tempo affascinato dal paesaggio sinuoso e «scultoreo» del Mendrisiotto, oltre che dagli usi e dalle tradizioni locali, come la vendemmia o la fienagione, che riprodusse in innumerevoli schizzi e disegni e in opere pittoriche di grandi dimensioni (ill. 12, p. 191). Per quanto possa sembrare inverosimile agli estimatori di Vincenzo Vela, e in generale a chi rifletta su questo aspetto, quest’ultimo non interessò affatto l’artista basilese, fatto salvo essere da lui definito, in un tono forse più ironico che rispettoso, il «santo locale». Un disinteresse che non sorprende, essendo stato il Ticinese già poco dopo la morte, avvenuta nel 1891, relegato in una sorta di limbo celebrativo da un canto, e condannato a un triste oblio dall’altro. Sommariamente considerato sorpassato, poco interessante per le nuove generazioni attive a Nord delle Alpi, a causa del realismo delle sue opere e delle tematiche fortemente ancorate alle istanze celebrative del secolo XIX soprattutto italiano, lo scultore ticinese, che non aveva realizzato nulla di importante nella Svizzera confederata, subiva un pregiudizio che lo confinava in una non meglio definita dimensione «verista e vagamente romantica», non veramente stimolante per gli artisti attivi e sollecitati in contesti urbani, e culturalmente orientati alle novità provenienti da Francia e Germania (Auguste Rodin, Max Klinger e altri), e a un certo classicismo gradualmente semplificato nelle forme.

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­Leihgaben zu erhalten. Und dennoch, trotz aller zweifellos bestehenden Hindernisse, sind wir weiterhin fest davon überzeugt, dass Ausstellungsorte wie der unsere eine fundamentale Rolle für die Wiederentdeckung und Erforschung von Künstlerpersönlichkeiten spielen, die auf den ersten Blick nur Randfiguren der bekannteren und vielleicht auch bevorzugten Kunstgeschichte sind. Dieses Credo wurde in vorliegendem Fall – was uns ausserordentlich freut – durch eines der wichtigsten Kunstmuseen der Schweiz bestätigt, das zusammen mit seinem Kupferstichkabinett auch eine beachtliche Anzahl an Werken von Carl Burckhardt besitzt: Das Kunstmuseum Basel beschloss nämlich, gleichfalls eine Ausstellung zu organisieren, die Teile unserer Schau miteinbeziehen und mit neuen Materialien anreichern wird.2 Die Ausstellung wurde in Zusammenarbeit mit Tomas Lochmann konzipiert, der als Archäologe und Kurator beim Antikenmuseum Basel und Sammlung Ludwig tätig ist und sich als Wissenschaftler für die Wiederentdeckung von Bildhauern einsetzt, die im 19. und 20. Jahrhundert wirkten, aus der Klassik ihre Inspiration schöpften, deren Attribute aber in die Bildsprache ihrer Zeit umzusetzen verstanden.3 Neben den bereits genannten ­Beweggründen war ferner die biografische Verflechtung Burckhardts mit dem Ort Ligornetto ausschlaggebend, denn hier verbrachte er die letzten Jahre seines Lebens, nachdem er 1919 den Palazzo Casanova an der Strasse von Ligornetto nach Stabio angemietet hatte. In diesem Anwesen schuf er auch seine letzten wichtigen Werke wie den Tänzer (S. 4; Abb. 41, S. 117) und die Amazone (Abb. 38, S. 112). Carl Burckhardt war nicht nur von der hügeligen und «plastischen» Landschaft des Medrisiotto fasziniert, sondern auch von den Bräuchen und örtlichen Traditionen wie der Weinlese oder der Kornernte, die er in unzähligen Skizzen und Zeichnungen sowie in grossformatigen Malereien abbildete (Abb. 12, S. 191). Auch wenn es den Verehrern von Vincenzo Vela und allen, die sich mit diesem Künstler beschäftigen, unvorstellbar erscheinen mag – der Basler Künstler interessierte sich nur geringfügig für den Bildhauer, den er in einem eher ironischen als respektvollen Ton als den «Heiligen des Ortes» titulierte. Dieses Desinteresse ist nicht überraschend – wurde der Tessiner doch schon kurz nach seinem Tod im Jahre 1891 von vielen in eine Sphäre ehrerbietiger Bewunderung gehoben, von anderen hingegen in trostlose Vergessenheit befördert und «eingefroren». Knapp ausgedrückt wurde Vincenzo Vela aufgrund seines Realismus und der von ihm aufgegriffenen Themen als überholt und wenig interessant für die neuen Künstlergenerationen erachtet, die nördlich der Alpen wirkten, denn seine Werke huldigten den Errungenschaften und Persönlichkeiten des 19. Jahrhunderts, insbesondere in Italien. Nachdem er in der Schweizerischen Eidgenossenschaft keine bedeutenden plastischen Werke hinterlassen hatte, musste der Tessiner Bildhauer Vorurteile erdulden, die ihn in eine nicht genauer definierte Ecke von «Naturalismus mit einem Hauch von Romantik» sowie zu einem gewissen Klassizismus mit schrittweise vereinfachter Formensprache verbannten. Dies wirkte auf die Künstler, die im urbanen Kontext tätig waren, daraus ihren Ansporn zogen und sich in kultureller Hinsicht an den neuen Strömungen aus Frankreich und Deutschland orientierten (Auguste Rodin, Max Klinger und andere), nicht sonderlich reizvoll. Mehr als das Werk seines Vorläufers Vincenzo Vela – der übrigens in einem Gemälde von Pietro Chiesa aus dem Jahr 1906 in einer Haltung abgebildet ist, die dem Basler Künstler auf einer Fotografie von 1914 nicht unähnlich ist (Abb. 1, 2) – schien den Maler Carl ­Burckhardt das einzigartige Gebäude interessiert zu haben, welches noch immer das Dorf Ligornetto beherrscht: das prachtvolle Künstlerhaus auf zentralem Grundriss, Gedenkstätte und Museum gleichermassen, das womöglich auf einem in der Schau ausgestellten Aquarell aus jenen Jahren zu erkennen ist (Abb. 3). Im Gegensatz zu der geringen Aufmerksamkeit, die der Basler Bildhauer seinem Kollegen aus Ligornetto zollte, zeitigt diese Ausstellung aber auch einen Nebeneffekt, der jedoch nicht minder wichtig ist: Einige Werke Burckhardts sowie andere Arbeiten, die von ­seinem

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Più dell’opera del suo antesignano Vincenzo Vela – raffigurato da Pietro Chiesa nel 1906 in un atteggiamento non dissimile da quello dell’artista basilese, colto in una fotografia del 1914 (ill. 1, 2) – sembrò interessare il Burckhardt pittore la singolare costruzione che ancora oggi domina il villaggio di Ligornetto, la maestosa casa-d’artista, museo sacrario a pianta centrale, che è forse da individuare in un acquerello di quegli anni (ill. 3), esposto in mostra. Contrariamente alla scarsa attenzione per lo scultore ligornettese dimostrata da parte dello scultore basilese, la mostra ha avuto come risvolto secondario, ma non per importanza, il fatto che alcune opere di Carl Burckhardt, e altre a lui ispirate, sono state donate al museo o vi sono state depositate a lungo termine. Si tratta anzitutto del modello originale del grande ­Danzatore, donato al museo da un attento collezionista privato (ill. 4): un suggestivo gesso, che in tal modo entra a far parte di una delle maggiori e più integre gipsoteche monografiche europee. Tematicamente correlato a questo gesso è un nucleo di dipinti e carte del pittore svizzero Hans Bosshardt (1922-2009), donato dalla vedova dell’artista alla Collezione d’arte della Confederazione. Le opere testimoniano dell’interesse di Bosshardt per la vitalità di questa figura, per l’effetto tridimensionale che egli accentua studiando il suo riflesso nello specchio e per le variazioni cromatiche del gesso nel dialogo con la luce (ill. 5). Più recentemente la Fondazione Werner Coninx ha depositato nelle nostre collezioni, sotto forma di prestito a lunga durata, la bella Testa di romano (ill. 1, p. 68), opera giovanile di Burckhardt, la Figura femminile in bronzo (1918, VPW 15B2) nonché un nucleo di disegni, sanguigne, schizzi e acquerelli di grande qualità, provenienti dal lascito dell’artista (ill. 6; ill. 8, p. 77; ill. 13, p. 81; ill. 14, p. 83; ill. 17, p. 85; ill. 1, p. 175). Attraverso lo studio di queste carte si conferma la versatilità dell’artista, per il quale la pittura, la scultura e il disegno possedevano un valore equivalente e vicendevolmente influivano l’uno sull’altra. A questi generosi donatori e prestatori esprimiamo la nostra sentita gratitudine. Carl Burckhardt fu una personalità «densa» e ricca non solo in veste di artista, ma anche come autore epistolare prolifico e continuo; centrale fu per lui la riflessione teorica sulla forma in scultura, suggeritagli dalla revisione del proprio giudizio sull’opera di Auguste Rodin, di cui curò, poco prima di trasferirsi a Ligornetto, una mostra e una pubblicazione.4 Notevole, per chi oggi allestisce mostre, fu l’atteggiamento di Burckhardt autentico ­«curatore» di mostre, preoccupato di costruire senso e significato di un artista attraverso un attento allestimento e una oculata illuminazione, pensieri che riassunse nel suo volume su Rodin. C’è pertanto da augurarsi che la costruzione di questa mostra dedicata al suo lavoro incontri idealmente la sua approvazione! Un progetto costruito su più anni è inevitabilmente un progetto a più mani e il frutto di numerose «buone volontà» e di gesti collaborativi e solidali. Sono pertanto numerose le persone che desidero ringraziare di tutto cuore. Anzitutto Tomas Lochman, co-curatore della mostra e autore del saggio portante nonché del catalogo delle opere plastiche in questo volume. Stimato collega, archeologo appassionato di gipsoteche, mi propose, ormai parecchi anni or sono, di pensare a questa mostra, intuendo un’ambizione che a mia volta portavo in serbo da molto tempo e che mi era allora parsa irrealizzabile con le nostre sole forze. Le prime discussioni stimolanti le avemmo con Ella van der Meijden, allora responsabile della Skulpturhalle di Basilea e con lo storico dell’arte Stefan Hess, che ringrazio per quegli scambi fecondi. Man mano che il progetto prendeva forma si sono aggregati conoscitori e autori dei saggi, Felix Ackermann, Martin Schwander, Peter Suter, Rudolf Suter e Marc-Joachim Wasmer, che ringrazio sentitamente per il loro impegno. Ringrazio il direttore del Kunstmuseum Basel, Josef Helfenstein, il quale si è dimostrato aperto alla possibilità di riprendere una parte della mostra, ampliandola con materiali propri e nuovi, a completamento di una rassegna costruita sulla biografia di un artista attivo tra Basilea e Ligornetto. Ringrazio i generosi prestatori istituzionali e soprattutto i molti privati che hanno risposto

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ill. 3 — Carl Burckhardt Paesaggio meridionale, 1922 ca. acquerello, 34,8 x 21,2 cm Basilea, Kunstmuseum Basel, Kupferstichkabinett, Lascito Carl Burckhardt, 1957

Abb. 3 —Carl Burckhardt Südliche Landschaft, um 1922 Aquarell, 34,8 x 21,2 cm Kunstmuseum Basel, Kupferstichkabinett, Nachlass Carl Burckhardt, 1957

Schaffen inspiriert sind, wurden dem Museum dauerhaft oder langfristig überlassen. Dabei ­handelt es sich um das Originalmodell zum sogenannten grossen Tänzer, das ein aufmerksamer Privatsammler unserem Museum zueignete (Abb. 4). Diese suggestive Gipsskulptur wird somit nun Teil einer der bedeutendsten und umfassendsten monografischen Gips­ sammlungen auf europäischem Boden. In engem thematischem Zusammenhang mit genanntem Gipsmodell steht eine kleine Anzahl von Gemälden und Werken auf Papier des Schweizer Malers Hans ­Bosshardt (1922–2009), eine Schenkung der Witwe des Künstlers an unsere Sammlung. Diese Werke bezeugen das Interesse Bosshardts für die Figur des Tänzers in ihrer ­Lebendigkeit, für deren dreidimensionale Wirkung, die er anhand der Betrachtung ihres Spiegelbilds näher untersuchte, und für die farblichen Variationen, welche die Gipsober­fläche im ­Zusammenspiel mit Licht erzeugte (Abb. 5). Weiterhin hat die Werner Coninx ­Stiftung kürzlich unsere Sammlungen um einige langfristige Leihgaben bereichert: den schönen Römerkopf (Abb. 1, S. 68), ein Jugendwerk Burckhardts, die Weibliche Figur aus ­Bronze (1918, VPW 15B2) sowie eine Reihe von Tusch- und Rötelzeichnungen, Skizzen und hoch­wertigen Aquarellen, die aus dem Nachlass des Künstlers stammen (Abb. 6; Abb. 8, S. 77; ­ Abb. 13, S. 81; Abb. 14, S. 83; Abb. 17, S. 85; Abb. 1, S. 175). Beim Studium dieser Werke auf Papier tritt die Vielseitigkeit des Künstlers zutage, für den Malerei, Bildhauerei und Zeichnen denselben Stellenwert einnahmen und sich wechselseitig befruchteten. Allen Schenkern und Leihgebern wollen wir hiermit unsere tiefste Dankbarkeit für ihre Grosszügigkeit ausdrücken. Carl Burckhardt war eine «gehaltvolle» und vielschichtige Persönlichkeit – nicht nur als Künstler, sondern auch als kontinuierlicher, emsiger Briefschreiber, wobei theoretische

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ill. 4 — Carl Burckhardt Danzatore, 1921 calco in gesso dal modello in argilla, 160 x 49 x 61 cm Ligornetto, Museo Vincenzo Vela

Abb. 4 — Carl Burckhardt Tänzer, 1921 Gipsabguss nach Tonmodell, 160 x 49 x 61 cm Ligornetto, Museo Vincenzo Vela


ill. 5 — Hans Bosshardt (1922-2009) Il Danzatore di Carl Burckhardt, s. d. olio su tela, 74 x 58,5 cm Ligornetto, Museo Vincenzo Vela

Abb. 5 — Hans Bosshardt (1922–2009) Der Tänzer von Carl Burckhardt, o. J. Öl auf Leinwand, 74 x 58,5 cm Ligornetto, Museo Vincenzo Vela

­ etrachtungen zur plastischen Form im Zentrum seines Interesses standen. Dies rührte B ­daher, dass Burckhardt, kurz bevor er nach Ligornetto übersiedelte, eine Ausstellung und ein Buch über Auguste Rodin realisiert4 und im Zuge dessen sein Urteil über das Werk Rodins revidiert hatte. Bemerkenswert für all jene, die heutzutage Kunstausstellungen aufbauen und inszenieren, war auch die Vorgehensweise Burckhardts als «Kurator» im wahrsten Sinne des Wortes: Wie er selbst in seinem Begleitkatalog zu Rodin zusammenfasste, war er stets bemüht, den Sinn und die Bedeutung eines Künstlers anhand einer sorgfältigen räumlichen Anordnung der Werke und einer umsichtigen Beleuchtung zu vermitteln. Daher bleibt nur zu hoffen, dass die von uns gewählte Präsentation seiner Werke in dieser Ausstellung auch das ideelle Einverständnis des Künstlers Carl Burckhardt finden möge! Ein über Jahre angelegtes Projekt ist unweigerlich nur durch viele Hände zu bewältigen und kann ausschliesslich dank zahlreicher Gesten des «Guten Willens» sowie der Mitarbeit und Solidarität etlicher Beteiligter umgesetzt werden. Daher möchte ich einer Reihe von Personen von ganzem Herzen meinen Dank ausdrücken. Zunächst wäre da Tomas Lochman, Mitkurator der Ausstellung sowie Autor des zentralen Essays und des Werkkatalogs der Plastiken, der in diesem Band enthalten ist. Der

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ill. 6 — Carl Burckhardt Nudo maschile (studio per il Danzatore), 1921 (?) gesso nero su carta composta da più fogli su cartone, 42,9 x 34 cm Collezione Werner Coninx, in deposito permanente al Museo Vincenzo Vela, Ligornetto

Abb. 6 — Carl Burckhardt Männlicher Akt (Studie zum Tänzer), 1921 (?) Schwarze Kreide auf zusammengesetztem Papier über Karton, 42,9 x 34 cm Sammlung Werner Coninx, Dauerleihgabe im Museo Vincenzo Vela, Ligornetto

all’appello con entusiasmo, aprendo le proprie case e concedendoci con facilità le opere con le quali vivono da tempo; rinnovo i ringraziamenti ai donatori per la loro considerazione e alla Werner Coninx Stiftung per il prestito duraturo del nucleo Burckhardt. Un ringraziamento particolare va tributato alla Fondazione della Famiglia Burckhardt e ai discendenti diretti e indiretti dell’artista basilese. A Pierre Jaccard, attento e sensibile restauratore che ha riportato il modello in gesso del Danzatore a nuova vita, un sentito grazie. Una volta ancora il piccolo team che compone questa preziosa casa-museo si è identificato con il progetto di mostra, sostenendolo ognuna e ognuno con le proprie specifiche competenze. Di questo sono grata e fiera. Rivolgo un particolare ringraziamento ad Anita Guglielmetti, la quale, coadiuvata da Paola Colotti, Alessia Passardi e Christina Müller, ha attentamente curato la redazione del complesso volume, manifestando ancora una volta perizia e competenza. A Cornelia Meyer indirizzo la mia gratitudine per essersi presa cura della redazione tedesca del catalogo, con intelligenza e sensibilità. Al pubblico auguro di scoprire o riscoprire l’opera di Carl Burckhardt con piacere e interesse. Il Mendrisiotto collinoso e inondato di luce, definito la «Toscana della Svizzera» – fino a pochi decenni or sono a giusta ragione, oggi purtroppo con un retrogusto nostalgico – ha ospitato a partire dagli inizi del Novecento numerosi artisti e comunità di artisti basilesi5, attratti dalla sua bellezza. Tale fatto ci incoraggi a prenderci cura di questo paesaggio ancora alpino e già latino, e a conservare un atteggiamento accogliente, nell’accezione più ampia del termine, verso chi vi giunge da lontano.

NOTE

1

Risale al 1978 l’ultima mostra monografica, tenutasi alla Kunsthalle di Basilea; più recentemente il Kunsthaus di Zurigo ha dedicato alla scultura polilitica Venere (1908-09, ill. 11, p. 78) una bella mostradossier, accompagnata da un volume a cura di Lukas Gloor, cfr. Zürich, cat. mostra, 2013.

2

3 4

Carl Burckhardt. Suche nach dem plastischen Kern, Kunstmuseum Basel, 1° dicembre 2018-31 marzo 2019. Basel, cat. mostra, 2004. Rodin, Basilea, Kunsthalle Basel, aprile 1918, Cfr. Burckhardt, C., 1921.

5

Ad esempio il Gruppo Rot-Blau, al quale i musei d’arte del Mendrisiotto hanno dedicato un’ampia rassegna oltre vent’anni or sono. Cfr. Ligornetto, Chiasso e Mendrisio, cat. mostra, 1996.


g­ eschätzte Kollege schlug mir bereits vor vielen Jahren vor, über eine derartige Ausstellung nachzudenken – wobei er wohl ein Gespür dafür besass, dass ich selbst schon seit geraumer Zeit ein solches Projekt im Sinne hatte, es mir aber aus eigenen Kräften und mit den uns gegebenen Mitteln unrealisierbar erschien. Die ersten, anregenden Gespräche zum Thema wurden mit Ella van der Meijden, seinerzeit Leiterin der Skulpturhalle Basel, und dem Kunsthistoriker Stefan Hess geführt. Für diesen fruchtbaren Austausch möchte ich beiden danken. Als das Projekt allmählich Form anzunehmen begann, stiessen weitere Kenner und Autoren von Beiträgen hinzu, nämlich Felix Ackermann, Martin Schwander, Peter Suter, Rudolf Suter und Marc-­Joachim Wasmer, denen ich ebenfalls für ihren Einsatz danken möchte. Im Weiteren bedanke ich mich bei Josef Helfenstein, dem Direktor des Kunstmuseums Basel, der sich für die Möglichkeit zugänglich zeigte, einen Teil unserer Ausstellung zu übernehmen, diese mit eigenen und neuen Materialien zu bereichern und so die Werkschau eines Künstlers zu vervollständigen, dessen Lebens- und Schaffensweg von Basel nach Ligornetto führte. Mein Dank gilt überdies den grosszügigen Leihgebern, sowohl von institutioneller Seite als auch den Privatsammlern, die unserem Ruf mit Begeisterung folgten, ihre Türen öffneten und uns selbstlos Werke überliessen, die ihr Leben über lange Zeit begleitet hatten. ­Ferner möchte ich mich erneut bei den Schenkern für ihre Gunst bedanken sowie der Werner ­Coninx ­Stiftung meinen Dank für die Dauerleihgabe ihres Burckhardt-Konvoluts ausdrücken. Ein besonderes Dankeschön gebührt der Burckhardtschen Familienstiftung und allen ­direkten und indirekten Nachkommen des Basler Künstlers. Nicht zuletzt möchte ich auch den umsichtigen und feinfühligen Restaurator Pierre Jaccard erwähnen, der dem Gipsmodell des Tänzers neues Leben eingehaucht hat. Das kleine Team dieses speziellen und schönen Künstlerhauses hat sich auch bei diesem Anlass mit dem Ausstellungsprojekt identifiziert und alle Mitarbeitenden brachten bereitwillig ihre spezifischen Kompetenzen ein – darauf blicke ich mit Stolz und Dankbarkeit. Vor allem aber bedanke ich mich bei Anita Guglielmetti, die mit der tatkräftigen Hilfe von Paola Colotti, Alessia Passardi und Christina Müller die Redaktion des komplexen Begleitbands übernahm und dabei erneut ihre Fachkenntnis unter Beweis stellte. Des Weiteren gilt mein Dank ­Cornelia Meyer für ihre kluge, mit Fingerspitzengefühl umgesetzte Redaktion des deutschsprachigen Katalogteils. Den Ausstellungsbesuchern wünsche ich, dass sie das Werk von Carl Burckhardt mit Freude entdecken oder ihm erneut mit Interesse begegnen mögen. Die «Toskana der Schweiz», wie das lichtdurchflutete und hügelige Mendrisiotto bis vor einigen Jahrzehnten bezeichnet wurde – damals zu Recht, heute leider mit einem nostalgischen Unterton –, hat seit Beginn des 20. Jahrhunderts dank seiner Schönheit zahlreiche Basler Künstler und Künstlergruppierungen angezogen.5 Möge diese Tatsache uns anregen, weiterhin umsichtig mit dieser noch alpinen, doch gleichzeitig schon südländischen Landschaft umzugehen und allen, die uns aus Nah und Fern besuchen, im wahrhaftigsten Sinne offenherzig zu begegnen.

ANMERKUNGEN

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Die letzte monografische Ausstellung in der Kunsthalle Basel geht auf das Jahr 1978 zurück; in neuerer Zeit hat das Kunsthaus Zürich der polyliten Skulptur Venus (1908-09, Abb. 11, S. 78) eine schöne Dossier-Ausstellung samt einem Begleitkatalog von Lukas Gloor gewidmet, vgl. Zürich, Ausstellungskat., 2013.

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Carl Burckhardt. Suche nach dem plastischen Kern, Kunstmuseum Basel,

1. Dezember 2018–31. März 2019. Basel, Ausstellungskat., 2004. Rodin, Basel, Kunsthalle Basel, April 1918, vgl. Burckhardt, C., 1921.

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So etwa die Gruppe Rot-Blau, der die Museen des Mendrisiotto vor über 20 Jahren eine Ausstellung widmeten. Vgl. Ligornetto, Chiasso und Mendrisio, Ausstellungskat., 1996.


Carl Burckhardt: vita e opere, 1878-1923 Rudolf Suter

Quinto di otto figli di un pastore protestante, Carl Burckhardt nasce il 13 gennaio del 1878. All’epoca suo padre, Abel Burckhardt (1841-1883), originario di Basilea, è pastore della comunità di Lindau (ZH) e come sua moglie, la zurighese Luise Burckhardt-Hess (1846-1926), è anch’egli figlio di un pastore. Poco dopo la nascita di Carl, la famiglia si trasferisce a Rüti (ZH), ma la morte prematura di Abel costringe Luise e i suoi otto figli a stabilirsi a Basilea presso dei parenti. La famiglia risiede inizialmente in un appartamento in Leonhardsstrasse, per spostarsi in seguito in Oberwilerstrasse 46.1 A Basilea Carl compie la sua formazione scolastica: dall’aprile del 1893 allo stesso mese del 1894 frequenta il primo anno della scuola reale (Realschule) e nelle pagelle relative a quel periodo, nelle quali – come sarà costume per molto tempo – applicazione e rendimento vengono valutati separatamente per ogni disciplina, l’alunno mostra di aver conseguito in quasi tutte le materie il massimo dei voti in applicazione, e un punteggio appena inferiore in rendimento. Questo vale anche per il disegno a mano libera e quello tecnico; quanto all’educazione fisica, invece, dall’ottobre del 1893 Carl risulta dispensato.2 L’esonero dall’attività sportiva appare motivato dalla salute cagionevole, un handicap che segnerà tutta la vita dell’artista. In un tema dal titolo I miei primi ricordi, risalente probabilmente all’ultimo anno di scuola, il 1896, Carl racconta di aver sofferto ripetutamente fin dall’età di cinque anni di polmonite. Una volta il medico aveva abbandonato qualsiasi speranza di guarigione e già era stata preparata la camicina da morto, quando il bimbo si era alzato d’improvviso dal letto, come un «novello Lazzaro», sotto gli occhi esterrefatti dei presenti. Solo in seguito Carl avrebbe appreso che quella stessa notte suo padre era morto: «In quella triste notte, mentre io tornavo inaspettatamente alla vita, il mio caro padre moriva.»3 Se del padre morto prematuramente l’artista avrebbe conservato un buon ricordo, ambivalente risulta invece il rapporto con la madre. Da Roma le scrive: «Mia adorata carissima madre! […] Nutro un grande desiderio di rivederti e di ringraziarti per tutto il tuo amore. […] Non dimenticherò mai quanto hai fatto per me in questi ventiquattro anni […].»4 Dai ricordi giovanili di Luise Burckhardt-Hess emerge il profilo di una donna sensibile, comprensiva verso le idee e i sentimenti dei suoi figli.5 Verosimilmente fu una madre affettuosa e indulgente, la cui fervida fantasia forse incoraggiò anche la vena artistica di Carl. Col tempo tuttavia Burckhardt mostra di sentirsi oppresso da lei: «Mia madre mi fa delle terribili scenate […]. Si è accorta che non sono più influenzabile e questo la fa arrabbiare. […] La mamma è invecchiata e parla di morte; vorrebbe tanto amore e tenerezza, e a me riesce difficile dimostrarle i miei sentimenti.»6 Un’ombra pesante grava sull’adolescenza di Carl: «A 14 anni fu protagonista di un terribile incidente: l’amico del cuore, il compagno di giochi vicino di casa, morì per mano sua mentre entrambi cercavano di uccidere per pietà un corvo domestico malato. Correva l’anno 1893. Seguì nel 1894 il rito della confermazione. Nella cattedrale, durante la cerimonia, davanti alla comunità che era a conoscenza dell’episodio, l’austero pastore (Salis) con durezza ed enfasi aveva rivolto a Carl le parole del versetto “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi”. Il giovane si era sentito segnato e l’interpretazione che fu data dell’incidente finì per gravare la sua anima di un fardello morale insopportabile.»7 Il passo è appuntato su un taccuino oggi custodito presso l’Archivio di Stato di Basilea nel quale un anonimo, che doveva aver avuto accesso a informazioni riservate, aveva cominciato a tracciare una

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Carl Burckhardt, Biografie und Werdegang, 1878–1923 Rudolf Suter

Carl Burckhardt wird in eine kinderreiche Pfarrersfamilie hineingeboren. Als er am 13. Januar 1878 zur Welt kommt, hat er bereits vier Geschwister, denen noch drei weitere folgen. Zu jener Zeit ist der Vater, der Basler Abel Burckhardt (1841–1883), Pfarrer in der Gemeinde Lindau (ZH). Dieser stammt, wie Carls Mutter, die Zürcherin Luise Burckhardt-Hess (1846–1926), ebenfalls von einer Pfarrersfamilie ab. Bald nach Carls Geburt siedelt die Familie nach Rüti (ZH) um. Bedingt durch den frühen Tod des Vaters zieht die Mutter mit ihren acht Kindern nach Basel zu ihrer Verwandtschaft. Die Familie wohnt zuerst in einer Wohnung an der Leonhardsstrasse, später bezieht sie ein Haus an der Oberwilerstrasse 46.1 In Basel besucht Carl die Schulen. Seine Zeugnisse der Realklasse I B von April 1893 bis April 1894, die, wie lange üblich, in jedem Fach Fleiss und Leistung gesondert benoten, bescheinigen dem Schüler in den meisten Fächern die Bestnote 1 beim Fleiss und eine 2 bei der Leistung. Das gilt auch für das Freihandzeichnen und das Technische Zeichnen. Seit Oktober 1893 ist er vom Turnen dispensiert.2 Die Befreiung vom Turnunterricht weist auf eine Schattenseite in Carl Burckhardts Leben hin: Er wird seit seiner Kindheit häufig von Krankheiten heimgesucht. In einem Schulaufsatz mit dem Titel Die ersten Erinnerungen aus meinem Leben, der wohl auf das letzte Schuljahr 1896 zu datieren ist, erzählt er, dass er bereits als Fünfjähriger nacheinander an mehreren Lungenentzündungen erkrankt sei. Der Arzt habe die Hoffnung auf Besserung schon aufgegeben, und man habe bereits das Totenhemdchen vorbereitet, als er sich unerwartet im Bett aufrichtete, worauf er von den Umstehenden «wie ein aus dem Grabe Erstandener» angeblickt worden sei. Das alles habe er erst hinterher erfahren, ebenso dass sein Vater genau in jener Nacht gestorben sei: «Es war in jener traurigen Nacht, als ich plötzlich wieder wie zum Leben zurückgerufen wurde, – da mein lieber Vater starb.»3 Während er seinen früh verstorbenen Vater positiv in Erinnerung hat, ist sein Verhältnis zur Mutter ambivalent. Aus Rom schreibt er ihr: «Meine liebste teuerste Mutter! […] Ich habe eine grosse Sehnsucht Dich wieder zu sehen und Dir für alle Deine Liebe zu danken. […] Ich will nie vergessen was Du mir Grosses u. Gutes gethan hast in meinen vierundzwanzig Lebensjahren […].»4 Aus den Jugenderinnerungen von Luise Burckhardt-Hess lässt sich schliessen, dass sie eine feinfühlige Frau war, die sich gut in die Vorstellungs- und Gefühlswelt von Kindern hineinversetzen konnte.5 Sie muss daher eine verständnis- und liebevolle Mutter gewesen sein und eine blühende Phantasie gehabt haben, was vielleicht auch die künstlerische Ader Carls gefördert hat. Doch im Laufe der Jahre fühlt sich der Sohn von ihr bedrängt: «Mit meiner Mutter habe ich schauerliche Scenen gehabt […]. Sie merkt dass ich Ihrem Einfluss ganz entwachsen bin u. das regt sie auf. […] Meine Mutter ist gealtert u. spricht vom Sterben – sie möchte viel Liebe u. Zärtlichkeit und macht es mir unmöglich meine Gefühle ihr zu zeigen.»6 Im Jugendalter lädt Carl eine schwere Schuld auf sich: «Als Carl 14 Jahre alt war traf ihn ein schweres Unglück: sein liebster Kamerad und nachbarlicher täglicher Gespiele kam durch seine Hand um als die beiden einen kranken zahmen Raben aus Mitleid erschiessen wollten. Das war 1893. 1894 erfolgte die Confirmation. Im Münster. Der gestrenge Geistliche (Salis) gab ihm mit Beziehung u. Nachdruck vor der wissenden Gemeinde den Spruch: Kommet her zu mir alle die Ihr mühselig u. beladen seid. – Er fühlte sich gezeichnet und durch die Auslegung des Geschehenen rings um ihn mit unerträglichen moralischen ­Gewichten

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ill. 1 — Carl Burckhardt Ritratto del pittore Heinrich Altherr, 1898 carboncino, 37,4 x 24 cm Basilea, Kunstmuseum Basel, Kupferstichkabinett, dono Dr. Erwin Treu, 1957

scarna biografia del defunto artista. Terminata la scuola, Burckhardt ancora adolescente si trasferisce a Monaco al seguito del pittore basilese Heinrich Altherr (ill. 1, 2). Riferisce entusiasta alla madre delle lezioni impartite da Heinrich Knirr presso la sua scuola privata di pittura che il ragazzo definisce «eccellente». «L’accademia al momento non ci attira per niente. […] Là gli studenti sono costretti a eseguire i propri lavori con precisione pedante e cambiano modello solo ogni due settimane […]. Knirr la pensa diversamente; è convinto che sia fondamentale imparare ad assimilare le forme del corpo.» Il giovane è impegnato quasi tutto il giorno. «Non voglio fare altro, è il lavoro più bello che possa immaginare, anche se spesso mi sembra di migliorare troppo lentamente […].»8 Qui Burckhardt allude a un problema che segnerà la sua carriera artistica ancora per alcuni anni: il suo lavoro tende ad arenarsi e lo scultore se la prende con se stesso. A Natale del 1898 annota sul diario: «Comincio a conoscermi: uno spirito diviso. Un uomo con grandi potenzialità, al quale sono stati sottratti gli anni migliori dello sviluppo, al quale la forza vitale è stata stroncata sul nascere. Ho vissuto la prima giovinezza schiacciato dal peso dei più grandi dolori che hanno consumato la parte migliore di me: per questo è tutta la vita che non riesco a spiccare il volo.»9 A Monaco Burckhardt ha modo di conoscere l’opera di Klinger che, per un certo periodo di tempo, costituirà per lui un modello di riferimento. I disegni eseguiti a partire dal 1898 appaiono influenzati dai cicli di opere grafiche dell’artista tedesco. La serie di disegni a penna in quattro parti intitolata Le favole del leone (1899)10, in particolare, a detta dello stesso Burckhardt, «riecheggia fortemente Klinger».11 Anche nella policromia della Venere in marmo, eseguita alcuni anni dopo e considerata uno dei capolavori di Burckhardt, ritroviamo echi dell’opera scultorea dell’artista tedesco. Alla fine di agosto del 1898 Burckhardt fa ritorno a Basilea12 , dove esegue il primo autoritratto conservatosi: un disegno a carboncino (ill. 4). Sebbene in questi primi anni l’artista tenda all’autoreferenzialità – come attesta un altro autoritratto a olio del 1898, preceduto da un disegno a penna (ill. 3) –, un ruolo non trascurabile rivestono anche i ritratti di altri individui: quello di Heinrich Altherr13, ad esempio, del 1898 (ill. 1) o di Zeus, su cui torneremo più avanti, nel quale sono riconoscibili i tratti del volto e la corporatura del modello prescelto. Quello stesso anno, un conoscente comune di Basilea gli presenta Sophie Hipp (1876-1942)

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Abb. 1 — Carl Burckhardt Bildnis des Malers Heinrich Altherr, 1898 Kohle, 37,4 x 24 cm Kunstmuseum Basel, Kupferstichkabinett, Geschenk Dr. Erwin Treu, 1957


­ elastet.»7 Diese Passage findet sich in einem Notizheft im Staatsarchiv Basel-Stadt, in dem b eine unbekannte Person, die über Insiderwissen verfügt haben muss, den Beginn einer nur rudimentär skizzierten Biografie über den verstorbenen Künstler niedergelegt hat. Nach der Schulzeit begibt sich Carl Burckhardt als noch Jugendlicher zusammen mit dem Basler Maler Heinrich Altherr (Abb. 1, 2) nach München. Enthusiastisch berichtet er seiner Mutter über den Unterricht in der privaten Malschule von Heinrich Knirr: Die Knirrschule sei «ausgezeichnet», und «an die Academie zieht es uns vorläufig noch nicht. […] Die Schüler an der Academie müssen ihre Arbeiten pedantisch genau ausführen u. haben nur alle paar Wochen ein neues Modell […]. Knirr macht es anders. Er sagt, die Hauptsache sei zu lernen die Formen des Körpers in sich aufzunehmen.» Er arbeite fast den ganzen Tag, und eine «andere Arbeit wollte ich durchaus nicht – sie ist die schönste, die man sich denken kann, jedoch gehen mir meine Fortschritte oft zu langsam […].»8 Die letztere Bemerkung deutet auf eine Schwierigkeit in Burckhardts künstlerischem Leben hin, die noch einige Jahre andauern wird: Die Arbeit kommt nicht von der Stelle, und der Künstler hadert deswegen mit sich selbst. An Weihnachten 1898 schreibt er in sein Notizbuch: «Ich fange an mich kennen zu lernen. Ein zersplitterter Geist. Ein Mensch mit grossen Anlagen, dem die beste Zeit zur Entwicklung geraubt, dem die Lebenskraft überspannt wurde, eben als sie aufzukeimen begann. Ich habe die ganze schöne erste Jugendzeit unter dem Drucke der grössten Leiden gestanden, die mein Bestes verzehrten, so dass ich für mein Leben lang mich nicht recht aufschwingen kann.»9 In München begegnet Burckhardt dem Werk Max Klingers, das eine Zeit lang wegweisend für ihn sein wird. Seit 1898 sind seine Zeichnungen von Klingers druckgrafischen Zyklen geprägt, darunter die vierteilige Folge von Federzeichnungen mit dem Titel Löwenmärchen von 189910, die nach Burckhardt «etwas arg an Klinger anklingend ausgefallen» ist.11 Auch die Polychromie der wenige Jahre später in Angriff genommenen Marmor-Venus, einem der Hauptwerke Burckhardts, ruft das bildhauerische Werk des Deutschen in Erinnerung. Ende August 1898 kehrt Burckhardt nach Basel zurück12 , wo das erste erhaltene Selbstbildnis, eine Kohlezeichnung, entsteht (Abb. 4). Überhaupt scheint er sich in diesen frühen Jahren künstlerisch mit sich selbst zu beschäftigen, wie ein in Öl gemaltes Selbstbildnis von 1898, dem eine Federzeichnung vorausging, beweist (Abb. 3). Auch das Porträt ­anderer

ill. 2 — Carl Burckhardt e Heinrich Altherr in atelier, 1900 ca.

Abb. 2 — Carl Burckhardt und Heinrich Altherr im Atelier, um 1900

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(ill. 5, 6),

un’aspirante pittrice, all’epoca residente a Strasburgo, divenuta in seguito docente presso le scuole di arti applicate di Karlsruhe e di Strasburgo, di cui Burckhardt s’innamora perdutamente. La donna purtroppo è già impegnata, come risulta da una lettera a lei indirizzata dall’artista: «[…] vi amo dal primo giorno che vi ho conosciuta. Vi amo di un amore grande, profondo, puro ma infelice perché so che il vostro cuore appartiene a un altro e che voi amate costui.»14 Alla fine, tuttavia, sarà Burckhardt a spuntarla sul rivale, convolando a nozze con Sophie nel 1905. Il loro sarà un matrimonio molto felice, come attestano le lettere che i due si scambieranno anche in seguito durante i numerosi periodi di lontananza imposti dal lavoro. Quegli anni sono segnati anche da dissapori con Heinrich Altherr, all’epoca uno degli amici più cari dell’artista. «Heini» – come lo chiama nella sua corrispondenza – è indolente e pigro nello scrivere. Non risponde né alle lettere di Carl, né a quelle di Johanna Hipp, la sorella di Sophie che vorrebbe volentieri vedere il «caro Heini», come lei stessa lo definisce. Per questo in una missiva Burckhardt lo apostrofa definendolo un «mascalzone» e gli fa una tirata d’orecchie.15 Malgrado i diverbi, nell’ottobre del 1899 i due amici partono insieme per Genova16 e Firenze diretti a Roma, dove giungono il 30 di quel mese.17 Burckhardt si accende di entusiasmo per le modelle italiane che attirano la sua attenzione per la strada.18 Dopo essersi dedicato inizialmente alla pittura e al disegno, nel 1901 affronta il suo primo progetto scultoreo: il gruppo di Zeus ed Eros (ill. 3, 4, p. 69) per il quale si avvale di due giovani romani, Cesare e Battista. Malgrado proceda con estrema lentezza, l’artista non demorde e persevera con ostinazione nella difficile impresa che si protrarrà fino al 1904, senza giungere tuttavia a compimento. Solo la testa di Eros sarà fusa in bronzo (VPW 1.1B2), mentre Zeus arriverà allo

ill. 3 — Carl Burckhardt Autoritratto, 1898 penna acquerellata e matita, 26,5 x 19 cm Basilea, Staatsarchiv Basel-Stadt

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Abb. 3 — Carl Burckhardt Selbstbildnis, 1898 Feder, laviert und Bleistift, 26,5 x 19 cm Staatsarchiv Basel-Stadt


ill. 4 — Carl Burckhardt Autoritratto giovanile con paesaggio fluviale sullo sfondo, 1898 carboncino, 37,6 x 21,3 cm Basilea, Kunstmuseum Basel, Kupferstichkabinett, Deposito degli Amici del Kunstmuseum Basel, 1954

Abb. 4 — Carl Burckhardt Jugendliches Selbstbildnis vor Flusslandschaft, 1898 Kohle, 37,6 x 21,3 cm Kunstmuseum Basel, Kupferstichkabinett, Depositum der Freunde des Kunstmuseums Basel, 1954

­ ersonen spielt in jenen Jahren eine nicht unwesentliche Rolle. So zeichnet er 1898 ­Heinrich P Altherr13 (Abb. 1), und noch im Zeus, von dem später die Rede sein wird, erkennt man die Gesichtszüge und den Körperbau des entsprechenden Modells. Im gleichen Jahr lernt er bei gemeinsamen Basler Bekannten Sophie Hipp (1876–1942) kennen (Abb. 5, 6), eine damals in Strassburg wohnende, angehende Malerin und spätere Lehrerin an den Kunstgewerbeschulen von Karlsruhe und Strassburg, in die er sich heftig verliebt. Zu seinem Bedauern ist sie bereits vergeben, wie aus einem seiner Briefe an sie hervorgeht: «[…] ich liebe Sie seit dem ersten Tag da ich Sie sah. Meine Liebe ist so gross und stark und rein – wie unglückselig – denn ich weiss Ihr Herz gehört einem anderen – und Sie lieben ihn – den anderen.»14 Es gelingt ihm aber schliesslich, sie für sich zu gewinnen. Die beiden heiraten 1905 und führen eine sehr glückliche Ehe, wie die Briefe verraten, die sie sich auch später noch während der zahlreichen beruflich bedingten Trennungsphasen schreiben. In jenen Jahren gibt es Konflikte mit Heinrich Altherr, der damals zu seinen engsten Freunden gehört. «Heini» – so nennt ihn Burckhardt in den Briefen – ist schreibfaul und phlegmatisch. Er antwortet weder auf seine noch auf die Briefe von Johanna Hipp, der Schwester von Sophie Hipp, die den «lieben Heini», wie sie schreibt, gerne sehen würde. In einem Brief redet ihn Burckhardt deswegen mit «Du Schuft» an und liest ihm die Leviten.15 Trotz dieser Auseinandersetzungen reist er im Oktober 1899 mit Altherr über Genua16 und Florenz nach Rom, wo die beiden am 30. Oktober ankommen.17 Burckhardt schwärmt von der Schönheit der italienischen Modelle, die ihm überall auf der Strasse auffallen.18 Er widmet sich zunächst der Malerei und der Zeichnung und seit 1901 seinem ersten bildhauerischen Projekt, der Gruppe Zeus und Eros (Abb. 3, 4, S. 69). Zwei junge Römer, Cesare und Battista, werden seine Modelle für die genannte Plastik. Obwohl er nur sehr langsam vorwärts kommt, lässt er nicht locker und verbeisst sich in eine zähe Arbeit, die sich bis 1904 hinzieht, ohne zur Vollendung zu kommen. Nur den Kopf des Eros lässt er in Bronze giessen (VPW 1.1B1). Der Zeus gerät bis zum zweifarbigen Wachsguss und wird erst postum

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ill. 5 — Carl Burckhardt, Sophie Hipp, Heinrich Altherr a Roma, tra il 1900 e il 1902/03 Basilea, Staatsarchiv Basel-Stadt

stadio di calco in cera bicolore per essere fuso nel bronzo solo dopo la morte dello scultore (VPW 1.1B1). Burckhardt non persegue il successo a tutti i costi. Evita di esporre in pubblico qualcosa di cui non sia pienamente convinto, come consiglia anche al fratello minore Paul, che all’epoca stava svolgendo la sua formazione artistica: «Fai solo ciò che nel tuo intimo ritieni giusto per te e di cui senti di poterti assumere la responsabilità in qualsiasi situazione.»19 Il suo obiettivo è riuscire a rappresentare i corpi di Cesare e Battista, a suo giudizio «i modelli più belli», paragonabili «agli dèi dell’antica Grecia.»20 Questo spiega perché più spesso parli di Cesare o di Battista che non di Zeus o di Eros: «Questo sabato pomeriggio ho ripreso a lavorare a Cesare per la prima volta dopo quattro settimane! […] I prossimi tre giorni mi dedicherò ancora al calco in cera di Cesare […].»21 L’artista non ricerca la semplice imitazione della natura. In una lettera di quel periodo, nella quale, come capita anche altrove, inserisce alcune riflessioni teoriche, definisce l’opera scultorea come «un passaggio armonioso dallo spigoloso allo smussato, dal massiccio all’impalpabile, dal concavo al convesso». Ogni lato della scultura deve essere in rapporto armonico con gli altri: «Una scultura ha cento lati che devono corrispondere a un’immagine ideale e trasmettere allo spettatore che le gira attorno l’impressione di un’armonia che nasce dalla sintesi di toni e melodie differenti: basta un singolo lato dissonante per rovinare la percezione armonica dell’insieme.»22 Burckhardt è insoddisfatto tanto del risultato quanto del fatto di lavorare in uno studio: «[…] ero come un matto che trapanava con insistenza sempre lo stesso buco […]. Oggi finalmente ho aperto gli occhi: ho passato gli anni migliori della giovinezza in un grande carcere simile a una stalla, tra quattro umide pareti marroncine, […] e dopo essermi speso con logorante accanimento, qual è il risultato? Un gesso freddo e artificioso […].»23 A un’amica racconta di «un anno mezzo di lavoro trascorso come un prigioniero» dentro lo studio, sognando paesaggi sotto forma di «composizioni monumentali».24 Nella stessa lettera riferisce di una passeggiata a cavallo – sorprendente per un uomo di costituzione delicata e salute cagionevole – in cui ha avuto modo di godere appieno della natura: «Tra la polvere e l’arsura delle tre del pomeriggio ci siamo allontanati dalla piazza di Nettuno su possenti cavalli selvaggi di campagna. […] In un’ora e mezza abbiamo raggiunto la torre [Torre Astura] senza fermarci mai, quasi sempre al galoppo lungo la battigia, tra le onde spumeggianti […]. La felicità

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Abb. 5 — Carl Burckhardt, Sophie Hipp, Heinrich Altherr, Rom, vermutlich 1900 oder 1902/03 Staatsarchiv Basel-Stadt


in Bronze ausgeführt (VPW 1.2B). Burckhardt möchte zwar gerne erfolgreich sein, aber nicht um jeden Preis. Er möchte nichts an die Öffentlichkeit bringen, hinter dem er nicht stehen kann, wie er seinem jüngeren Bruder Paul, der damals ein in Ausbildung stehender Künstler war, rät: «Thue immer nur das was Du selbst in Deinem Innern für das für Dich richtige hälst u. das Du in allen Lebenslagen vor Dir selbst verantworten kannst.»19 Sein künstlerisches Ziel ist die Darstellung der Körper von Cesare und Battista, die er als «die schönsten Modelle» preist und die ihn «an die Götter Griechenlands erinnern.»20 Dazu passt, dass er nur selten von Zeus oder Eros, aber häufig von Cesare oder Battista spricht: «Heute Samstag Nachmittag habe ich zum ersten Mal wieder gearbeitet nach 4 Wochen! Am Cesare. […] Die 3 nächsten Tage arbeite ich noch am Wachscesare […].»21 Er strebt aber keine blosse Naturnachahmung an. In einem Brief aus jener Zeit charakterisiert der Bildhauer, der da und dort seine künstlerische Praxis theoretisiert, das plastische Werk als «eine harmonische Abwechslung von grad und rund, von hoch und tief von convex und concav». Zudem muss jede Ansichtsseite stimmen: «Und eine Plastik hat ja Hundert Seiten, die einem Bilde gleich in einer gedachten Fläche in Erscheinung treten müssen, und die dem um die Plastik herumlaufenden Beschauer die verschiedenen Melodien u. Töne zu einer ganzen Harmonie geben müssen; eine einzige unästhetische Ansicht z. Beispiel kann den ganzen Eindruck verteufeln.»22 Burckhardt ist sowohl mit dem Resultat als auch dem Arbeiten im Studio unzufrieden: «[…] ich bohrte wie ein Wahnsinniger ins gleiche Loch […]. Und heute habe ich Abrechnung gehalten: Ich sass die schönsten Jahre meiner Jugend in einem grossen stallähnlichen Kerker, zwischen 4 feuchten braunroten Wänden, […] und nach einem hirnwüthigen Fleiss steht vor mir: eine falsch harte Gipsfigur […].»23 Seiner Freundin gegenüber spricht er von «anderthalb Jahren Gefängnisarbeit» im Atelier und träumt von Landschaftsbildern in der Form von «monumentalen Compositionsentwürfen».24 Im gleichen Brief schildert er ihr, wie er die Natur auch als Reiter erlebte, was man von dem fein gebauten und krankheitsanfälligen Künstler nicht erwarten würde: «Um 3 Uhr nachmittags in der Gluth u. dem Staub des Tages ritten wir auf kräftigen wilden Campagnapferden von der Piazza in Nettuno weg. […] In anderthalb Stunden erreichten wir den Turm [die Torre Astura] – nach fortwährendem

ill. 6 — Carl Burckhardt e Sophie Hipp, 1905 ca.

Abb. 6 — Carl Burckhardt und Sophie Hipp, um 1905

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nasceva proprio dalla consapevolezza di sentirsi tutt’uno con la natura […].» All’origine della rappresentazione di cavalli che ricorre di frequente nelle opere posteriori vi è dunque questa passione per l’equitazione, più che il semplice gusto per un motivo antico. Dall’agosto del 1895 Burckhardt comincia a scrivere poesie che appunta su un taccuino.25 Tra queste composizioni alcune sono dedicate alla natura – alla primavera ad esempio – ciò che offre al poeta lo spunto per riflettere sul passato. L’artista idealizza la natura, contrapponendola alla società che disprezza: «Voglio vivere la mia vita nel segno di una creatività libera e spontanea e non permettere mai più che un qualche potere mi costringa a rinchiudere la mia esistenza dentro la dura prigione degli uomini che sanno stare in società, sono ben educati, pensano e si tormentano […]».26 Burckhardt considera l’ordine borghese il «peggiore dei nemici»27, ma a dispetto di queste posizioni radicali è ben integrato nella società alle cui regole ha mostrato di piegarsi accettando il matrimonio – uno dei pilastri dell’ordine borghese – con Sophie Hipp. Se il desiderio di un’esistenza al di fuori della società non si realizzerà mai, il sogno di lavorare immerso nella natura diventa realtà nell’estate del 1903 quando l’artista si stabilisce con la moglie a San Felice Circeo, a sud di Roma, per dipingere. I vari studi di marine attirano su di lui l’attenzione del professor John Meyer, un mecenate che lo invita a Capri dal luglio all’ottobre del 1904 per realizzare alcuni schizzi preparatori a una marina di grandi dimensioni. 28 In questo contesto nasce il dipinto Pescatori di Sorrento (ill. 7, p. 186).29 Alla fine del 1904 Burckhardt chiude lo studio di Roma e fa ritorno a Basilea, dove comunque aveva continuato a recarsi di tanto in tanto per ragioni di lavoro, anche durante il periodo romano. Già nel 1903 era stato incaricato di realizzare un rilievo ispirato al tema «Cristo aiuta un peccatore caduto a risollevarsi» per il timpano del portale della chiesa di San Paolo appena costruita (ill. 2, p. 135). Il modello, preparato a Roma tra gli ultimi mesi del 1904 e il giugno del 1905, viene convertito in pietra sul posto. Come accadrà anche in seguito, Burckhardt fa eseguire il lavoro a un suo assistente, lo scalpellino sangallese Wilhelm Meier, limitandosi alla supervisione e all’ultima mano. In una lettera indirizzata all’architetto Karl Moser, riferendosi a una delle figure nelle nicchie realizzate successivamente, dichiara che lo scalpellino che ha ingaggiato lavora «sotto la mia guida».30 In realtà, anche ora Burckhardt preferirebbe dedicarsi alla pittura, ma ragioni economiche lo costringono a fare affidamento sulle commesse. In effetti l’artista, pur trovandosi piuttosto spesso in ristrettezze, riesce comunque sempre a ottenere un incarico o a vendere un’opera; può contare al bisogno sull’aiuto di parenti e amici più intimi o su un mecenate generoso spuntato d’improvviso, o su un’istituzione disposta a finanziarlo. Nel 1901, ad esempio, non solo la Commissione federale delle belle arti gli assegna una borsa di studio di 1500 franchi31 , ma ottiene anche l’incarico per la realizzazione di due manifesti: uno per l’Esposizione di arti e mestieri di Basilea, l’altro per la festa in occasione del 400° dell’entrata di Basilea nella Confederazione. Dal disegno di quest’ultimo verranno tratti una litografia a colori e dei francobolli celebrativi.32 Nel 1903 gli è assegnata una seconda borsa di studio, questa volta dell’importo di 1000 franchi.33 Nel 1909 la famiglia si trova nuovamente in difficoltà economiche: Burckhardt prega allora la madre di prestargli «quanto prima possibile» 200 franchi, perché possa acquistare il materiale necessario per le sue sculture in pietra. Per indorare la pillola, decora la lettera contenente la richiesta con quattro piccoli disegni della testa del nipotino di tre mesi Titus.34 Dopo il matrimonio con Sophie Hipp, nel 1905, la coppia si è stabilita ad Arlesheim nei pressi di Basilea, città che l’artista critica perché a suo avviso vi si può condurre solo una «squallida e noiosa vita basilese».35 Del capoluogo detesta persino l’architettura, come testimoniano le sue esternazioni poco lusinghiere riguardo ai lavori di ampliamento del Municipio terminati nel 1904.36 Nel 1905 inizia a lavorare alla Venere, una scultura che lo terrà «incatenato» per gli anni a venire (ill. 11, p. 78) e che si trasformerà, proprio come nel caso del gruppo di Zeus ed Eros, in un impegno estenuante a proposito del quale lo stesso scultore parlerà in seguito di

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wildem Ritte. Fast immer Galopp am Rande der schäumenden Wellen entlang […]. Die Freude war dabei eigentlich das Bewusstsein sich einmal mit der Natur eins zu fühlen […].» Die häufige Darstellung von Pferden, die wir später in seinem Werk antreffen werden, ist daher wohl nicht nur seiner Vorliebe für antike Motive, sondern auch seiner Leidenschaft für das Reiten geschuldet. Spätestens seit August 1895 verfasst Burckhardt Verse, die er in einem Notizbuch festhält.25 Darunter befinden sich einige Gedichte, die von der Natur handeln, etwa dem Frühling, den er als Anlass zum Nachdenken über die Vergänglichkeit nimmt. Burckhardt idealisiert die Natur, die er als Gegensatz zur von ihm verachteten Gesellschaft empfindet: «Ich will mein Leben angesichts der freien unendlichen Schöpfung zubringen und mich nie mehr durch irgend eine Macht zwingen lassen das schmutzige Gefängnis gesellig lebender sich erziehender sich quälender und denkender Menschen zu meinem Dasein zu machen […]».26 Die bürgerliche «Weltordnung» stelle sich dem Künstler gar «als eigentlichster Feind» gegenüber.27 Trotz dieser radikalen Aussagen ist Burckhardt gut in die Gesellschaft integriert, und durch die Ehe mit Sophie Hipp unterwirft er sich sogar einem ihrer tragenden Pfeiler. Der Wunsch, abseits der Gesellschaft zu leben, sollte zwar nicht in Erfüllung gehen, aber immerhin wird der Traum, in der Natur arbeiten zu können, im Sommer 1903 wahr, als Burckhardt zusammen mit Sophie Hipp in San Felice Circeo südlich von Rom malen kann. Die vielen Meeresstudien verschaffen ihm vom Kunstliebhaber Professor John Meyer den Auftrag, von Juli bis Oktober 1904 nach Capri zu reisen, um Skizzen für ein grosses ­Meeresbild anzufertigen.28 In diesem Kontext entsteht das Gemälde Fischer von Sorrent (Abb. 7, S. 186). 29 Ende 1904 gibt Burckhardt das Atelier in Rom auf und kehrt nach Basel zurück, das er auch in der Römer Zeit arbeitshalber ab und zu besucht hat. Bereits 1903 hatte er den Auftrag für ein Relief mit dem Thema «Christus hilft einem gefallenen Sünder auf» für den Giebel über dem Portal der soeben errichteten Pauluskirche in Basel erhalten (Abb. 2, S. 135). Das in Rom verfertigte Modell wird von Ende 1904 bis Juni 1905 vor Ort in Stein übertragen. Die Steinarbeiten – und das gilt auch für die späteren – lässt Burckhardt von einem Assistenten, dem St. Galler Steinmetz Wilhelm Meier, ausführen. Er beaufsichtigt sie jedoch und legt auch die letzte Hand an. In einem Brief, den er im Zusammenhang mit einer der späteren Nischenfiguren an der Fassade des Kunsthauses Zürich an den Architekten Karl Moser sendet, bestätigt er, dass der Steinhauer, den er angeheuert hat, «unter meiner Leitung» arbeitet.30 Eigentlich würde Burckhardt auch jetzt wieder lieber malen, aber er ist aus finanziellen Gründen auf Aufträge angewiesen. Er steckt öfters in materiellen Engpässen, findet aber auch immer wieder heraus, weil er hin und wieder einen Auftrag erhält oder ein Werk verkaufen kann, seine nächste Umgebung ihm in der Bedrängnis hilft, ein grosszügiger Mäzen auftaucht oder eine Institution ihn fördert. So gewährt ihm zum Beispiel im Jahr 1901 die Eidgenössische Kunstkommission ein Stipendium von 1500 Franken.31 Im gleichen Jahr erhält er zwei Plakataufträge: für die Gewerbeausstellung in Basel und die Basler Bundesfeier 1901. Aus dem Entwurf für das letztere Plakat werden eine Farblithografie und Jubiläumsmarken geschaffen.32 1903 wird ihm erneut ein Stipendium von 1000 Franken zugesprochen.33 Noch 1909 muss die Familie das Geld im Haushalt sparen, und Burckhardt bittet seine Mutter, ihm «baldmöglichst» 200 Franken zu leihen, damit er das Material für seine Steinarbeiten kaufen kann. Um ihr sein Anliegen zu versüssen, verziert er das Briefpapier mit vier kleinen Zeichnungen des Kopfs ihres damals drei Monate alten Enkels Titus.34 Nach der Heirat mit Sophie Hipp im Jahr 1905 lässt sich das Ehepaar in Arlesheim bei Basel nieder. An Basel selbst lässt Burckhardt kein gutes Haar, weil man hier seiner Meinung nach nur «ein elendes baslerisch langweiliges Leben» führen kann.35 Auch die Architektur missfällt ihm, und über die 1904 abgeschlossene Erweiterung des Rathauses äussert er sich abfällig.36 1905 beginnt Burckhardt eine weitere plastische Figur, die ihn für die nächsten Jahre ­fesseln

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«­ logorio».37 In cerca del materiale per la Venere, l’artista si trasferisce in una località balneare della costa ligure vicina alle cave di marmo di Carrara, e successivamente a Firenze dove nel 1908 nasce suo figlio Titus. L’estate successiva la famiglia si sposta di nuovo sulla costa, a Bocca di Magra. Burckhardt sceglie personalmente i tipi di marmo, ma non ha fortuna con i tagliapietre locali che giudica incompetenti. A farne le spese è la testa della Venere: le sue dimensioni saranno più piccole di quanto previsto in origine e i capelli dovranno essere scolpiti nuovamente. Anche per quanto riguarda il corpo una parte verrà asportata perché eccessivamente spigolosa. Alla fine di novembre del 1909 la statua è pronta e viene acquistata da un suo ex compagno di scuola, Theodor Dieterle, medico a Zurigo. Questi vorrebbe esporre l’opera al Kunsthaus di Zurigo, ma il piano naufraga di fronte al rifiuto del museo. Successivamente – siamo nel 1920 – Dieterle tenta di sistemare la scultura nella sala Böcklin del museo della Augustinergasse a Basilea, dove anche Burckhardt la vedrebbe volentieri, ma anche questa volta deve fare i conti con le molteplici riserve espresse dall’istituzione. La Venere finirà così per essere esposta per decenni in un padiglione appositamente affittato da Dieterle a Zurigo. Occorrerà attendere il 1967 perché l’opera trovi finalmente una collocazione nella sala Böcklin del Kunsthaus di Zurigo, dove è conservata tuttora. Nel 1997 la Fondazione Sophie e Karl Binding ha acquistato la Venere per poi donarla nel 2013 alla Società di belle arti di Zurigo.38 Prima ancora di aver ultimato la Venere, nell’estate del 1908, Burckhardt si lancia in una nuova avventura artistica. Vince infatti il concorso per la decorazione architettonica della facciata del Kunsthaus di Zurigo, la cui costruzione era appena stata ultimata. Deve eseguire cinque metope e due figure dentro nicchie (ill. 3, p. 140; ill. 4, p. 141) ma, come già in passato, anche questa volta una malattia che lo colpisce tra marzo e giugno del 1909 costringe lo scultore a interrompere i lavori.39 Sul finire del 1910, o l’anno seguente, la famiglia Burckhardt fa ritorno a Basilea.40 Va ad abitare in Froburgstrasse, e all’angolo tra questa e il St. Alban-Rheinweg, presso gli studi della Società basilese di belle arti (Basler Kunst­verein) l’artista affitta subito uno spazio dove lavorare.41 Nell’estate del 1911 si reca a Parigi per aggiornarsi sui nuovi orientamenti dell’arte contemporanea e in quella occasione visita anche Versailles.42 Alla fine di quell’anno nasce la figlia Eleonore. A Basilea Burckhardt partecipa ora sempre più attivamente alla vita artistica pubblica. Nel 1913 entra a far parte della commissione del Kunst­verein. In questa veste si batte, tra l’altro, perché vengano acquistate le opere di artisti locali tra cui un controverso dipinto di Alfred Heinrich Pellegrini43; per rafforzare la sua posizione accetta la carica di rappresentante degli artisti all’interno della commissione del Kunstverein.44 Si fa promotore, inoltre, di un cambiamento nei criteri di selezione dei partecipanti alle mostre organizzate dal Kunstverein. Finora era stato quest’ultimo a decidere chi invitare e anche per l’esposizione prevista per aprile e maggio del 1919, in concomitanza con la Mustermesse, la fiera campionaria istituita due anni prima, aveva stilato una lista a sua discrezione. Contrario a tale modus operandi, Burckhardt propone piuttosto di adottare la formula di un «invito generale», affinché sia offerta a chiunque abbia realizzato qualcosa d’interessante la possibilità di esporre pubblicamente la propria opera. Burckhardt non riuscirà tuttavia a imporre il suo punto di vista.45 Nel 1919 diviene consulente degli artisti che partecipano ai concorsi indetti dal Credito statale per l’arte (Staatlicher Kunstkredit), istituzione fondata quello stesso anno e che tutt’oggi si occupa di acquistare le opere di artisti locali e di finanziarli, nonché di abbellire attraverso l’arte gli spazi pubblici. L’anno seguente entra a far parte della giuria dello Staatlicher Kunstkredit.46 Convince inoltre il comitato della Skulpturhalle di Basilea, museo che ospita una collezione di calchi in gesso di sculture antiche, a fornire un contributo per l’acquisto di una copia in gesso dell’Homme qui marche di Auguste Rodin47 (ill. 4, p. 159), consentendo così al Kunstmuseum di Basilea, grazie anche all’erogazione di altri finanziamenti, di entrarne in possesso. Nel 1918, due anni prima della sua acquisizione, l’opera di Rodin era stata presentata al

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wird: die Venus (Abb. 11, S. 78). Dieses Projekt verwickelt ihn in eine ähnlich aufreibende Arbeit wie das Ensemble Zeus und Amor, die der Bildhauer nachträglich als «Knorzen» bezeichnet.37 Für die Steinarbeiten an der Venus zieht Burckhardt mit seiner Ehefrau nach Forte dei Marmi, einem in der Nähe der Carrara-Marmorbrüche an der ligurischen Küste gelegenen Badeort, und später nach Florenz, wo 1908 der Sohn Titus geboren wird. Im Sommer 1909 siedelt sich die Familie erneut an der Küste an, dieses Mal in Bocca di Magra. Der Künstler sucht die Marmorsorten persönlich aus, ist aber unglücklich mit den lokalen, in seinen Augen unfähigen Steinmetzen, von denen sich einer am Kopf der Venus verhaut, sodass dieser kleiner als geplant wird und die Haare neu gemeisselt werden müssen. Wegen einer zu tief punktierten Stelle muss auch am Körper ein Stück Stein abgetragen werden. Ende November 1909 ist die Venus fertig. Sie wird von einem ehemaligen Schulfreund, dem in Zürich praktizierenden Arzt Theodor Dieterle, gekauft. Dessen Plan, die Statue im Kunsthaus Zürich aufzustellen, scheitert an der Zurückweisung durch das Museum. 1920 will Dieterle die Venus im Böcklinsaal des Museums an der Augustinergasse in Basel unterbringen, wo auch Burckhardt sie gerne sehen würde. Aber auch dieses Vorhaben schlägt wegen verschiedener Vorbehalte fehl. Schliesslich findet sie für Jahrzehnte in einem von Dieterle eigens für die Figur angemieteten Pavillon in Zürich einen Platz. 1967 wird sie doch in einem Böcklinsaal präsentiert, aber in jenem des Kunsthauses Zürich, wo sie heute noch steht. 1997 erwirbt die Sophie und Karl Binding Stiftung die Statue und schenkt sie 2013 der Zürcher Kunstgesellschaft.38 Im Sommer 1908, noch bevor die Venus fertig ist, erwartet Burckhardt das nächste bildhauerische Abenteuer: Er gewinnt den Wettbewerb um die Fassadengestaltung des neu erbauten Kunsthauses Zürich, für das er fünf Metopen und zwei Nischenfiguren entwerfen darf (Abb. 3, S. 140; Abb. 4, S. 141). Wie so oft wird die Arbeit durch eine Krankheit unterbrochen, die ihn von März bis Juni 1909 heimsucht.39 Die Familie Burckhardt lässt sich Ende 1910 oder 1911 erneut in Basel nieder.40 Sie findet eine Wohnung in der Froburgstrasse, und der Künstler kann gleich um die Ecke, am St. Alban-Rheinweg, ein Atelier im Atelierhaus des Kunstvereins mieten.41 Im Sommer 1911 reist Burckhardt nach Paris, um sich über die zeitgenössische Kunst zu orientieren. Bei dieser Gelegenheit besucht er auch Versailles.42 Ende dieses Jahres wird die Tochter Eleonore geboren. In Basel greift Burckhardt nun vermehrt in das öffentliche Kunstleben ein. Seit 1913 ist er Mitglied der Kommission des Basler Kunstvereins. In dieser Funktion setzt er sich unter anderem dafür ein, dass Werke lokaler Künstler, darunter ein umstrittenes Gemälde ­Alfred Heinrich Pellegrinis, angekauft43 und Vertreter der Künstler in die Kommission des Kunstvereins aufgenommen werden, um ihre Position zu stärken.44 Zudem fordert er eine ­Veränderung in der Auswahlpraxis für die Ausstellungen des Kunstvereins. Bisher hatte der Verein entschieden, welche Künstler eingeladen werden sollen, und auch für die im April und Mai 1919 – während der zwei Jahre zuvor ins Leben gerufenen Mustermesse – stattfindende Ausstellung eine Liste von Künstlern erstellt. Dagegen wehrt sich Burckhardt und schlägt stattdessen vor, eine «allgemeine Einladung» auszusprechen, um jedem, der etwas Gutes hervorgebracht hat, die Möglichkeit zu geben, seine Werke der Öffentlichkeit vorzustellen. Er dringt mit seinem Antrag jedoch nicht durch.45 In dem 1919 gegründeten Staatlichen Kunstkredit, der bis heute Werke lokaler Künstler ankauft und diese damit unterstützt sowie den öffentlichen Raum mit Kunstwerken bereichert, wirkt Burckhardt 1919 als Berater der an den Wettbewerben teilnehmenden Künstler und sitzt 1920 in der Jury.46 Zudem gewinnt er den Vorstand der Basler Skulpturhalle, einer Sammlung von Gipsabgüssen antiker Skulpturen, dafür, einen Betrag an den Kauf eines Gipsabgusses von Auguste Rodins L’homme qui marche zu leisten47 (Abb. 4, S. 159), wodurch, zusammen mit anderen Beiträgen, der Ankauf für das Kunstmuseum Basel möglich wird. Rodins Werk war 1918, zwei Jahre vor dem Ankauf, in einer Ausstellung in der Basler Kunsthalle zu sehen. Burckhardt, der dort keine zwei Monate vorher eine eigene ­Werkgruppe

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