Incontro Febbraio 2008

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Per una Chiesa Viva P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI Anno IV - N. 1 - Febbraio 2008 www.incontroravello.com www.chiesaravello.it

RAVELLO

Programma quaresimale Il percorso dell’anno liturgico che dal Natale ci conduce alla celebrazione della Pasqua di Risurrezione del Signore,nel mese di febbraio e marzo 2008,assume una particolare connotazione battesimale e penitenziale:battesimale perchè accompagna il credente nella riscoperta del Battesimo e dei valori essenziali ad esso collegati; penitenziale, perchè la parola di Dio che viene proclamata nella liturgia di questo tempo, riproponendo la storia della salvezza , soprattutto nella sua fase culminante dei giorni della passione e morte di Gesù, stimola fortemente alla conversione della vita, favorendo la crescita interiore dei singoli e della comunità. La comunità cristiana che riesce a fare esperienza dell’amore di Dio che si è manifestato nella storia della salvezza,certamente progredisce nelle vie del Signore che guida il suo popolo all’incontro con Gesù Cristo,il Crocifisso e Risorto, il Dio Vivente, presente nella nostra storia,come amico,compagno e salvatore degli uomini.Quest’anno,infatti, fin dalla prima settimana di febbraio,il giorno 6 del mese, diamo inizio alla Quaresima, l’importante stagione liturgica, che vissuta intensamente nella preghiera, nell’ascolto della parola del Signore e nell’impegno del personale rinnovamento interiore,prepara degnamente ed efficace-

mente i cuori alla celebrazione della Pasqua.Il tempo quaresimale che si caratterizza, anzitutto,come tempo della preghiera intesa come risposta a Dio che ci parla ancora nella Sacra Scrittura abbondantemente proclamata in questo periodo

dell’anno liturgico,è considerato tempo forte della Chiesa, perché dedicato in special modo alla formazione dei battezzati nel loro cammino di fede.Persuasi dell’urgente necessità di approfondire la conoscenza delle verità della fede e della morale cristiana,per crescere e radi-

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carci nelle grandi certezze della fede che professiamo, in questo tempo di grazie noi dovremo fare grande profitto della predicazione straordinaria che si svolge nelle nostre comunità e dedicare anche più tempo all’ascolto della Parola di Dio che oggi,provvidenzialmente giunge dappertutto,anche nelle case, dalle varie stazioni radiofoniche e televisive cattoliche,esistenti in Italia e nel mondo.Abbiamo bisogno di ascoltare,comprendere,assimilare e tradurre in opere e in una autentica, coerente condotta di vita i salutari insegnamenti che la Chiesa ci offre. Nel mese di febbraio, inoltre,il nostro programma quaresimale si arricchisce anche con la visita a Ravello della preziosa Reliquia del Capo dell’Apostolo Sant’Andrea,Patrono della nostra Chiesa Locale che in devoto pellegrinaggio viene portata nei paesi della Diocesi in occasione delle celebrazioni del VIII centenario della traslazione del Corpo del Santo dalla Basilica dei Santi Apostoli in Costantinopoli ad Amalfi,avvenuta l’8 maggio 1208,per interessamento del cardinale amalfitano Pietro Capuano Per la durata di due giorni, dalla sera del giorno 14 sino alla sera del 16 febbraio,secondo un opportuno programma di celebrazioni comunitarie e di catechesi,la Reliquia sosterà nel nostro Duomo,esposta alla venerazione dei fedeli. Don Giuseppe Imperato


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VIII CENTENARIO (1208-2008) DELLA TRASLAZIONE DELLE RELIQUIE DELL’APOSTOLO ANDREA DA COSTANTINOPOLI AD AMALFI Sant’Andrea Apostolo Commemorato da tutte chiese cristiane, chiamato anche nella tradizione ortodossa Protocletos, che significa primo chiamato, fu uno dei dodici apostoli di Gesù Cristo, fratello maggiore di San Pietro. Secondo la fede cristiana egli nacque a Betsaida sul lago di Galilea. “Andrea” non era quasi sicuramente il suo nome da galileo, in quanto né in aramaico né in ebraico si trova traccia di un simile nome, nome che invece è comune nella cultura ellenica. Prima di conoscere Gesù fu discepolo di San Giovanni Battista (Giovanni 1,35). Fu probabilmente il primo a seguire Gesù. Viveva a Cafarnao (Marco 1,29). Nei Vangeli viene indicato in tutti i momenti salienti della vita di Cristo ed era sicuramente uno dei discepoli più vicini al Messia (Marco 13,3; Giovanni 6,8, 12,22). Negli Atti degli Apostoli viene menzionato una sola volta (1,13).Secondo Eusebio, che cita Origene, Andrea predicò in Asia Minore, lungo il Mar Nero e probabilmente raggiunse la regione del Volga. Questa è lo ragione per cui è Santo Patrono della Romania, dell' Ucraina e della Russia. La tradizione lo vuole primo vescovo di Costantinopoli. Morì martire a Patrasso dove subì il supplizio della croce. Questa croce, che oggi viene indicata con il nome di Croce di Sant 'Andrea, era un supplizio romano chiamato Crux decussata: i legni a cui veniva inchiodato il condannato erano posti a forma di X. Le sue spoglie vennero successivamente traslate a Costantinopoli. Nel lontano 8 maggio 1208, il Cardinale amalfitano Pietro Capuano, legato pontificio alla IV crociata, introdusse nella piccola cittadina costiera di Amalfi le spoglie dell'Apostolo Andrea, che trasportò via mare da Costantinopoli; un affresco del 1610 di Aniello Falcone rievoca l'avvenimento, mostrando le strutture architettoniche della primitiva cattedrale romanica. Sant'Andrea è patrono della città di Amalfi, sulla tomba del-l'Apostolo fu realizzato, nei

primi anni del Seicento, un altare che presenta lo statua bronzea dell'Apostolo, opera di Michelangelo Naccherino., e quelle marmoree dedicate da Pietro Bernini ai Martiri Lorenzo e Stefano. Sin dal 1304 sulla tomba dell' Apostolo si verifica lo comparsa in quantità variabili di un liquido, incolore, inodore ed insapore denominato "manna". In tempi recenti le reliquie di una parte del capo, riposavano in Vaticano, ma Papa Paolo VI nel 1964 donò questa parte a Patrasso, dove ora riposa nella chiesa a lui dedicata; chiesa eretta, secondo lo tradizione, sul luogo del suo martirio.

Un po’ di storia… Amalfi, nella Cattedrale, da otto secoli, dal lontano 8 maggio 1208, custodisce i resti mortali dell’apostolo Andrea: caput et ossa reliqua, il capo e le altre ossa, come recita un antichissimo documento, che ha trasmesso la cronaca della traslazione. Un amalfitano, il card. Pietro Capuano, che li aveva portati da Costantinopoli, l’odierna Istanbul, fece costruire a sue spese la cripta per deporveli e custodirli. Oggi, in un risveglio di studi e di pietà attorno a quelle Reliquie, ci si accorge di possedere un tesoro inestimabile, capace di donare alla cittadina, bagnata dal Tirreno e già ricercata per la sua bellezza incomparabile, un ruolo importante nella vita ecclesiale e nel cammino ecumenico. E’ certamente la Provvidenza che veglia su questi “segni” preziosi, quali sono le Reliquie dei Santi, che accompagnano il cammino della Chiesa nei secoli e gli donano vitalità. La Provvidenza vegliò anche su quelle dell’Apostolo. Questi subì il martirio sulla croce a Patrasso, nella Grecia, negli anni immediatamente seguenti il 64 d.C. durante la persecuzione di Nerone, scatenata prima a Roma e poi nelle province dell’impero. Le sue Reliquie rimasero nella città greca fino all’anno 357, quando l’imperatore Costanzo, figlio di Costantino, le volle traslare a Costantinopoli, desiderando renderla ricca di reliquie, quasi una seconda Roma. Nella città del Bosforo erano custodite nella Basilica dei SS. Apostoli. Ivi il card. Capuano, che era legato di papa Innocenzo III al seguito della quarta Crociata, fu guidato dalla colonia amalfitana, attiva a Costantinopoli e riuscì a venirne in possesso. Siamo agli inizi del 1205.

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Si è parlato di furto. Alla parola lo storico Werner Maleczek, che ha egregiamente scritto di Pietro Capuano e del suo tempo, ha aggiunto, per addolcirla, il qualificativo “pio”, ma non credo proprio che le Reliquie del Santo siano state rubate… Il Capuano agì in un clima favorevole ai Latini. Costantinopoli era caduta nelle mani dei crociati nell’aprile 1204. Il 16 maggio seguente sorse l’Impero Romano d’Oriente. Il Capuano aveva preceduto in Siria la spedizione. Quando seppe del fatto, decise di raggiungere la città. Vi giunse, dopo una difficile navigazione, nel dicembre, quando i Latini ormai comandavano. Era legato del Papa e poté muoversi in piena libertà… Quando il 22 ottobre scorso è stato in Amalfi S.S. Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli, nel descrivergli il sepolcro dell’Apostolo, quando accennai alla Basilica dei SS. Apostoli, mormorò: Non c’è più… Infatti, non c’è più. Sotto il dominio ottomano è stata abbattuta e sul suo suolo è stata eretta una moschea… L’arcivescovo di Amalfi Ercolano Marini, nel 1928, l’ha visitata. Descrisse, poi, le sue impressioni: “Ponendo piede in questo edificio… io mi sentii stringere il cuore. Qui era stato il venerando Corpo di S. Andrea apostolo… Raccolsi intorno a me i miei amalfitani e con loro, a bassa voce, dissi l’antifona e l’orazione del Santo…”. Ma, se le Reliquie fossero rimaste lì, nella rovina del tempio che fine avrebbero fatto? La Provvidenza quel giorno vegliava… Pietro Capuano conservò le Reliquie dell’Apostolo presso di sé, assieme ad altre, molte delle quali oggi sono venerate in Cattedrale nella “Cappella delle Reliquie”, e nel 1206 fece ritorno in Italia. Si fermò a Gaeta, da dove inviò in Amalfi quanto di sacro portava con sé, in bauli sigillati, mentre si recava a Roma per far relazione al Papa sulla missione ricevuta. Aveva mantenuto il segreto sul dono che stava per fare ad Amalfi anche con lo stesso arcivescovo, che era Matteo Costantini (1202-1215) da Capua. Intanto faceva costruire a sue spese il transetto dell’attuale Cattedrale, sorta intorno al mille e già dedicata a S. Andrea, e la cripta sottostante. L’opera fu pronta per il 1208 e la consegna alla nostra Chiesa avvenne, come s’è detto, l’8 maggio. Le Reliquie, intanto, erano state conservate “in loco celebri”, che la tradizione individua in Conca dei Marini. Da lì partì, per mare, il corteo, che le accompagnava. L’urna venne portata in Cattedrale, a spalle, da quattro Vescovi, seguita dallo stesso Capuano, tra un popolo plaudente, sotto una pioggia di fiori. Nel tempio, ottenuto il silenzio, egli, da buon oratore qual era, infiammò con la sua parola i cuori, esortando a circondare le Reliquie di devozione fervida e sincera e a meritare la protezione dell’Apostolo con una condotta intemerata. Poi aprì, sotto gli occhi di tutti, l’urna, perché si costatasse la portata dell’evento e si desse gloria a Dio, che visitava in tal modo il suo popolo. Presentò di esse ogni singola parte. Dall’Oriente era stato portato un Corpo intero. Dicevamo: caput et ossa reliqua. Parte delle Reliquie, sigillate nell’urna d’argento, furono depositate sotto l’altare della Confessione; altre, deposte in un’urna di marmo, vennero sotterrate nella Cripta, in luogo che solo alcuni conoscevano, la cui memoria, poi, venne smar-

rita. Vennero alla luce per caso nel 1603, il 2 gennaio, durante i lavori per la trasformazione barocca della cripta, ma l’urna venne sotterrata di nuovo, non senza un documento di ricognizione, del quale si conservò copia presso la Curia. Le incursioni dei pirati saraceni lungo le nostre coste sconsigliavano l’esposizione di Reliquie. Ritornarono alla luce il 28 gennaio 1846, durante i lavori eseguiti dai muratori ravellesi: Andrea Di Palma capomastro, Pantaleone e Raffaele Di Palma manovali per la costruzione del coro. Si lavorava di notte, perchè si sapeva che qualcosa potesse venir fuori. Dall’urna ritrovata venne tratta l’insigne reliquia del Capo, che veneriamo a parte.Da oltre settecento anni, dal 29 novembre 1304, raccogliamo dalla Tomba venerata dell’Apostolo il segno della “Manna”… Cosa sia, non chiedetecelo… E’ una “realtà” che ci lascia sempre pensosi… Non escludiamo che si tratti di un fatto naturale, ma la durata secolare - interrotta per quarantacinque anni nel ‘500, in tempi difficili per la Chiesa universale e per la nostra locale, e poi ripresa nel febbraio 1586 - documentata negli ultimi cento anni in ogni singola manifestazione; il modo col quale si manifesta, perché a volte il sacro liquido c’è, a volte, invece, tutto è asciutto, a volte è una sola goccia, a volte è straordinariamente abbondante, come lo scorso 21 novembre; il fatto che muova i nostri sentimenti, perché quando c’è ringraziamo il Signore, quando non c’è gli chiediamo perdono, tutto questo ci fa pensare come anche la Manna sia un dono della Provvidenza accanto all’altro delle Reliquie… Dio ci visita continuamente… Le celebrazioni per l’VIII Centenario della traslazione del Corpo sono anch’esse, se vissute con Fede, una visita del Signore. (Da Camminiamo insieme con l’Apostolo Andrea)

PENITENZIERIA APOSTOLICA

Il giorno 25 Luglio 2007 la PENITENZIERIA APOSTOLICA, in forza delle facoltà accordatele dal Sommo Pontefice, benevolmente concede soddisfatte per bene le solite condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiere secondo le intenzioni del Sommo Pontefice) - l’indulgenza plenaria lucrabile, nell’Arcidiocesi di Amalfi - Cava, dai fedeli sinceramente pentiti, che abbiano devotamente partecipato a qualche sacra funzione o pia pratica compiuta in onore di S. Andrea Apostolo o che almeno, davanti alle reliquie del Santo Apostolo esposte alla pubblica venerazione, abbiano recitato la preghiera del Signore e il simbolo di Fede, con l’aggiunta di pie invocazioni alla Beata Maria Vergine e a S. Andrea: Nei giorni consacrati alla memoria di S. Andrea, riportati nel calendario universale o in quello proprio diocesano: 28 gennaio, giorno del ritrovamento della reliquia del Capo; 08 maggio, anniversario della traslazione delle reliquie; 27 giugno, giorno del patrocinio dell’Apostolo; 30 novembre, festa del martirio; Durante la peregrinazione della Reliquia; Ogni volta che per devozione si compia, in gruppo, un pellegrinaggio alla Chiesa Cattedrale.Tale concessione è valevole per l’intero Anno Diocesano di S. Andrea. Nonostante qualsiasi disposizione contraria.

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Card. Stafford


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I figli sono una grande ricchezza per ogni Paese: dal loro numero e dall’amore e dalle attenzioni che ricevono dalla famiglia e dalle istituzioni emerge quanto un Paese creda nel futuro. Chi non è aperto alla vita, non ha speranza. Gli anziani sono la memoria e le radici: dalla cura con cui viene loro fatta compagnia si misura quanto un Paese rispetti se stesso. La vita ai suoi esordi, la vita verso il suo epilogo. La civiltà di un popolo si misura dalla sua capacità di servire la vita. I primi a essere chiamati in causa sono i genitori. Lo sono al momento del concepimento dei loro figli: il dramma dell’aborto non sarà mai contenuto e sconfitto se non si promuove la responsabilità nella maternità e nella paternità. Responsabilità significa considerare i figli non come cose, da mettere al mondo per gratificare i desideri dei genitori; ed è importante che, crescendo, siano incoraggiati a “spiccare il volo”, a divenire autonomi, grati ai genitori proprio per essere stati educati alla libertà e alla responsabilità, capaci di prendere in mano la propria vita. Questo significa servire la vita. Purtroppo rimane forte la tendenza a servirsene. Accade quando viene rivendicato il “diritto a un figlio” a ogni costo, anche al prezzo di pesanti manipolazioni eticamente inaccettabili. Un figlio non è un diritto, ma sempre e soltanto un dono. Come si può avere diritto “a una persona”? Un figlio si desidera e si accoglie, non è una cosa su cui esercitare una sorta di diritto di generazione e proprietà. Ne siamo convinti, pur sapendo quanto sia motivo di sofferenza la scoperta, da parte di una coppia, di non poter coronare la grande aspirazione di generare figli. Siamo vicini a coloro che si trovano in questa situazione, e li invitiamo a considerare, col tempo, altre possibili forme di maternità e paternità: l’incontro d’amore tra due genitori e un figlio, ad esempio, può avvenire anche mediante l’adozione e l’affidamento e c’è una paternità e una maternità che si possono realizzare in tante forme di donazione e servizio verso gli altri.

Servire la vita significa non metterla a repentaglio sul posto di lavoro e sulla strada e amarla anche quando è scomoda e dolorosa, perché una vita è sempre e comunque degna in quanto tale. Ciò vale anche per chi è gravemente ammalato, per chi è anziano o a poco a poco perde lucidità e capacità fisiche: nessuno può arrogarsi il diritto di decidere quando una vita non merita più di essere vissuta. Deve, invece, crescere la capacità di accoglienza da parte delle famiglie stesse. Stupisce, poi, che tante energie e tanto dibattito siano spesi sulla possibilità di sopprimere una vita afflitta dal dolore, e si parli e si faccia ben poco a riguardo delle cure palliative, vera soluzione rispettosa della dignità della persona, che ha diritto ad avviarsi alla morte senza soffrire e senza essere lasciata sola, amata come ai suoi inizi, aperta alla prospettiva della vita che non ha fine. Per questo diciamo grazie a tutti coloro che scelgono liberamente di servire la vita. Grazie ai genitori responsabili e altruisti, capaci di un amore non possessivo; ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, agli educatori e agli insegnanti, ai tanti adulti – non ultimi i nonni – che collaborano con i genitori nella crescita dei figli; ai responsabili delle istituzioni, che comprendono la fondamentale missione dei genitori e, anziché abbandonarli a se stessi o addirittura mortificarli, li aiutano e li incoraggiano; a chi – ginecologo, ostetrica, infermiere – profonde il suo impegno per far nascere bambini; ai volontari che si prodigano per rimuovere le cause che indurrebbero le donne al terribile passo dell’aborto, contribuendo così alla nascita di bambini che forse, altrimenti, non vedrebbero la luce; alle famiglie che riescono a tenere con sé in casa gli anziani, alle persone di ogni nazionalità che li assistono con un supplemento di generosità e dedizione. Grazie: voi che servite la vita siete la parte seria e responsabile di un Paese che vuole rispettare la sua storia e credere nel futuro. Roma, 2 ottobre 2007 Memoria dei Santi Angeli Custodi

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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Digiuno, preghiera ed eucaristia Nei messaggi del Papa per la Quaresima e per la Giornata del Malato 2008 Il papa traccia l’identikit della elemosina cristiana, aiuto a chi è nel bisogno ed esercizio ascetico. Il messaggio per la Quaresima 2008 è dedicato all’impegno che, con il digiuno e la preghiera, accompagna i fedeli alla celebrazione della Pasqua. “Cristo si è fatto povero per voi”, la frase della seconda Lettera ai Corinti dell’apostolo Paolo, guida la riflessione di Benedetto XVI. Ecco lo scopo delle collette per le Chiese più povere, un sostegno e una purificazione. Nessuno possiede ciò che ha, piuttosto lo amministra, e deve farlo in favore di tutti, ognuno è mezzo della Provvidenza. Un richiamo che il papa riprende dalle parole di san Giovanni e rilancia nei confronti dei paesi a maggioranza cristiana che sono ancora più responsabili di fronte alle popolazioni nella povertà. “Soccorrerle è un dovere di giustizia prima ancora che un atto di carità”.L’elemosina cristiana è dunque giusta, caritatevole e nascosta. Tutto deve essere compiuto a gloria di Dio e non nostra, dice il papa. Riflessione molto netta in una società in cui “carità” e “beneficenza” diventano attività da salotto e da show. "Nella moderna società dell’immagine occorre vigilare attentamente poiché questa tentazione è ricorrente".L’elemosina cristiana è espressione di carità, virtù teologale che esige conversione. Come ci ha insegnato Cristo morendo in croce, dono totale di sé. Ecco allora un altro criterio della elemosina cristiana, la verità. “Quando agiamo con amore, esprimiamo la verità del nostro essere. ”Se agiamo per amore di Dio, il Padre ricompensa le nostre elemosine con la sua gioia. Addirittura frutto della elemosina cristiana è il perdono dei peccati.La condivisione con i poveri ci mette nella disposizione di ricevere il perdono. “Penso, scrive Benedetto, a quanti avvertono il peso del male compiuto e proprio per questo si sentono lontani da Dio… L’elemosina avvicinandoci agli altri ci avvicina a Dio”. E’ educazione all’amore l’elemosina, perché insegna a dare tutto di se stessi, come la vedova del Vangelo che dona una moneta, non ciò che ha di superfluo, ma quello che è. Tutta se stessa. Un episodio che introduce i giorni della passione di Gesù che ha dato tutto se stesso per noi , e la Quaresima ci spinge a fare altrettanto attraverso l’elemosina. Un canto d’amore quello che Benedetto XVI ci invita ad intonare per i prossimi giorni di Quaresima, per praticare la carità, l’amore che “ispira forme diverse di dono”, un allenamento spirituale, il regalo di qualcosa di materiale che è segno del vero grande dono che possiamo offrire agli altri “con l’annuncio e la testimonianza di Cristo, nel Cui nome c’è la vita vera”. Un vero “combattimento spirituale”, un esercizio ascetico, un coinvolgimento totale dell’essere, non certo una esibizione.Il messaggio del papa è stato presentato stamani con una conferenza stampa in Vaticano, a cui ha partecipato anche il cardinale Josef Cordes, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum. Il porporato ha invitato le agenzie internazionali e le Ong ad essere più chiare sui "bilanci strutturali" perchè "a volte sono sorprendentemente alti". "Di certo - avverte Cordes - sarebbe utile se in occasione di appelli mediatici, lanciati in seguito a calamità come lo Tsunami, non venisse indicato solamente il numero di conto corrente, ma anche la percentuale che le agenzie trattengono per mantenere la propri istituzione. Aiuterebbe il donatore a discernere in quale modo il suo dono raggiunge i bisognosi restando il più integro possibile". Da parte sua, invece, nel Cor Unum (il dicastero che si occupa della carità del papa), "i costi amministrativi delle fon-

dazioni nel 2006 non arrivano al 3 per cento. E questo vuol dire che il 97 per cento delle offerte viene destinato alla carità". Da “Zenit” 27-01-2008 Da un lato, l’Eucaristia che, nel contemplare il sacrificio di salvezza di Cristo, instilla la pace nel cuore di chi, pur malato, vive il suo dolore aperto alla fede. Dall’altro lato, la Madonna, considerata da chi soffre la madre consolatrice per eccellenza. Su questo vincolo spirituale tra il sacrificio di Cristo e sua Madre, Benedetto XVI impernia il Messaggio per la Giornata mondiale del malato 2008, tradizionalmente fissata all’11 febbraio, giorno in cui la giovane Bernadette Soubirous vide apparire la “Bianca Signora” in un anfratto roccioso della campagna di Lourdes. E proprio quella Grotta, diventata un luogo di preghiera e un simbolo di speranza per milioni di malati, sarà al centro - fino all’8 dicembre di quest’anno, del Giubileo per il 150.mo delle apparizioni dell’Immacolata Concezione. Meditare su di lei, scrive il Papa nel Messaggio, offre ai malati un primo insegnamento: “Lasciarsi attrarre dal ‘sì’ che l’ha congiunta mirabilmente alla missione di Cristo, redentore dell’umanità - afferma - è lasciarsi prendere e guidare per mano da Lei, per pronunciare a propria volta il ‘fiat’ alla volontà di Dio con tutta l’esistenza intessuta di gioie e tristezze, di speranze e delusioni, nella consapevolezza che le prove, il dolore e la sofferenza rendono ricco di senso il nostro pellegrinaggio sulla terra”. Tuttavia, prosegue il Papa, “non si può contemplare Maria senza essere attratti da Cristo” e questo legame, spiega, “lo avvertiamo, in maniera misteriosa, nel Sacramento dell’Eucaristia”. Ecco perché a Lourdes, constata Benedetto XVI, la liturgia eucaristica è un “forte e costante richiamo”, insieme con le altrettanto frequenti adorazioni del Santissimo Sacramento e le benedizioni dei malati. Dunque, il tema del prossimo Congresso eucaristico internazionale in programma in terra canadese, evidenziando l’Eucaristia come “dono di Dio per la vita del mondo”, arriva a suscitare nei cristiani - afferma il Pontefice “un’attenzione amorevole per i sofferenti e gli ammalati”, poiché l’Eucaristia “spinge ogni credente a farsi ‘pane spezzato’ per gli altri”. Dunque, “è proprio dall’Eucaristia”, riflette Benedetto XVI, che la pastorale della salute “deve attingere la forza spirituale necessaria a soccorrere efficacemente l’uomo e ad aiutarlo a comprendere il valore salvifico della propria sofferenza”. Il Papa termina il messaggio invitando anzitutto a valorizzare “appieno” quella che definisce la “felice coincidenza” tra il 150.mo anniversario delle apparizioni di Lourdes e il Congresso eucaristico internazionale. E poi, invoca la protezione di Maria su quanti, dice, sono provati dalla malattia, sugli agenti sanitari, sugli operatori della pastorale sanitaria ovvero, scrive, su “chiunque con fattiva dedizione si occupa di servire, nel corpo e nell’anima, gli ammalati e i bisognosi”. Se a Québec, conclude Benedetto XVI, “si contempla il mistero dell’Eucaristia dono di Dio per la vita del mondo, nella Giornata Mondiale del Malato, in un ideale parallelismo spirituale, non solo si celebra l’effettiva partecipazione della sofferenza umana all’opera salvifica di Dio, ma se ne possono godere, in certo senso, i preziosi frutti promessi a coloro che credono. Così il dolore, accolto con fede, diventa la porta per entrare nel mistero della sofferenza redentrice di Gesù e per giungere con Lui alla pace e alla felicità della sua Risurrezione”. Da “Radio Vaticana”

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LE TENTAZIONI Riflessioni sull’avvincente capitolo contenuto in “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI Il Battesimo di Cristo nel fiume Giordano costituisce l’investitura formale della sua missione che lo porterà fino al culmine dell’esperienza terrena attraverso il sacrificio della propria vita e la Risurrezione. Appena battezzato Gesù uscì dall’acqua, si aprirono i cieli e lo Spirito di Dio si pose su di Lui. I Padri della Chiesa hanno visto, in questo evento, un’analogia con l’unzione mediante la quale re e sacerdoti venivano investiti in Israele. Secondo i tre vangeli sinottici (Marco, Matteo e Luca) la prima disposizione dello Spirito Santo conduce Cristo nel deserto per essere tentato dal diavolo, dall’ebraico “Satan” che significa avversario. Le tre tentazioni narrate dai Vangeli di Matteo e Luca sono precedute da un tempo di 40 giorni nel quale Cristo digiuna e si raccoglie in preghiera nel deserto. Il numero Quaranta, era ricco di contenuti simbolici. Quaranta erano stati gli anni trascorsi dal popolo d’Israele nel deserto; quaranta furono i giorni che Mosè trascorse sul monte Sinai prima di ricevere le Tavole della Legge e quaranta furono quelli di digiuno e di cammino che portarono Abramo a raggiungere il monte Oreb dove avrebbe dovuto sacrificare il figlio Isacco. Il nocciolo di ogni tentazione è “rimuovere Dio, che di fronte a tutto ciò che nella nostra vita appare più urgente sembra secondario, se non superfluo e fastidioso”. La tentazione che ci minaccia in molteplici forme – scrive Benedetto XVI – è quella di mettere ordine da soli nel mondo, senza Dio. E poi: “ La tentazione fa finta di indicarci il meglio, si presenta sotto la pretesa del vero realismo ovvero potere e pane”. Proprio il pane è il protagonista della prima tentazione raccontataci da Matteo e da Luca. “Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane”. Un’ affermazione, quella del diavolo tentatore, che rimanda ad altre provocazioni costruite sull’enunciato “Se sei Figlio di Dio…” e rivolte a Cristo anche sotto la croce. Il tema del pane nella vita di Gesù è presente in maniera evidente in altri due episodi. Il primo è la moltiplicazione dei pani per le migliaia di persone che avevano seguito il Signore nel deserto per ascoltarlo. L’altro: l’Ultima Cena, che diventa l’Eucarestia della Chiesa e il miracolo permanente di Gesù sul pane. Egli stesso è divenuto pane per noi. Al tentatore Gesù risponde citando l’antico testamento (Dt 8,3) “Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce

dalla bocca di Dio!”. Questa affermazione di Cristo, spinge Benedetto XVI ad esprimere la sua preoccupazione per i Paesi in via di sviluppo dove i principi puramente tecnico-materiali hanno lasciato da parte Dio emarginando le strutture religiose, morali e sociali esistenti. Nella seconda tentazione, la più difficile da comprendere, il diavolo conduce Gesù a Gerusalemme, lo depone sul pinnacolo del Tempio e lo invita a lanciarsi giù poiché, citando il Salmo 91, “gli angeli lo custodiranno in ogni suo passo”. Senza penetrare a fondo nei contenuti teologici di questa tentazione, diremo che essa ha come oggetto la corretta interpretazione della Bibbia e il tentativo ossessivo di mettere alla prova Dio. E’ forte e chiaro il monito di Benedetto XVI nell’interpretare il tentativo di trattare Dio come un oggetto: “…noi neghiamo Dio in quanto Dio, perché ci poniamo al di sopra di Lui. Perché mettiamo da parte l’intera dimensione dell’amore, dell’ascolto interiore e riconosciamo come reale solo ciò che è sperimentabile, che ci è stato posto nelle mani. Chi la pensa in questo modo fa di se stesso Dio e degrada così facendo non solo Dio, ma il mondo stesso.” Nella terza e ultima tentazione il diavolo conduce il Signore in visione su un alto monte. Gli mostra tutti i regni della terra e gli offre il dominio del mondo. L’immagine del monte ha due corrispettivi nella storia di Gesù. Il primo è quando il Signore risorto raduna i suoi sul monte e dice : “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra”, chiaro riferimento al potere salvifico. L’altro episodio, poi, è quello del Golgota dove Cristo muore in croce, deriso dagli uomini e abbandonato dai suoi. Il regno di Cristo è diverso dai regni della terra e dal loro splendore, che Satana gli dispiega dinanzi. Molto spesso nella storia degli imperi cristiani si è voluta assicurare la fede mediante il potere politico; ciò il più delle volte ha finito per mettere la prima al servizio e ai criteri del secondo. Il significato profondo della terza tentazione concerne una fondamentale domanda: Cosa ha portato Gesù all’umanità? La risposta è semplice: ha portato Dio, il cui volto si era prima manifestato a poco a poco e che ora noi conosciamo. Il potere di Dio nel mondo è silenzioso, ma vero e duraturo. E mentre questo potere permane, i regni della terra, che Satana aveva mostrato a Cristo, sono tutti crollati. Salvatore Amato

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SEGNO DEL MESE DI FEBBRAIO “FACCIAMO LUCE INSIEME”

APPUNTAMENTO MENSILE DOMENICA 3 FEBBRAIO 2008 IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ALLE ORE 18.00 ACCENDEREMO LA LETTERA DELL’ARCIVESCOVO LAMPADA CHE PER TUTTA LA QUARECara famiglia, SIMA ARDERA’ NELLA NOSTRA CHIESA, eccomi, con un’altra lettera, all’inizio di un nuoCON L’OLIO OFFERTO DA OGNI vo anno, pronto ad augurare ogni bene, in particolare NOSTRA FAMIGLIA

pace e salute, a ciascuno dei tuoi componenti. Ci è dato un nuovo anno, un altro periodo per la nostra FACCIAMO LUCE INSIEME vita da vivere intensamente, operando per il bene comune. “Io sono la luce del mondo ; chi segue me non cammina nelle Ci tengo molto a ricordarti che ogni famiglia, con tenebre,ma avrà la luce della vita.” la collaborazione di ognuno dei suoi membri, cresce (Gv.8,12).Assumendo natura umana,il Figlio di Dio si è manicome Luce. Luce non solo nella storia del mondo,ma al suo interno in umanità, affettività, disponibilità … festato nella storia personale di ogni uomo. Egli si è fatto uno di Questo vale pure per la Chiesa che è come la gran- noi,per dare senso alla nostra esistenza. San Paolo nella lettera de famiglia che abbraccia tutte le famiglie. agli Efesini: “ Se un tempo eravate nelle tenebre,ora siete luce Mi auguro davvero che anche tu, ora o in futuro, ti del Signore,comportatevi perciò come figli della luce, il frutto senta accolta in essa, portando la tua luce, che è quel della luce consiste in ogni bontà,giustizia e verità.Cercate ciò desiderio già vivo al tuo interno, nella tua quotidiani- che è gradito al Signore e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre …Per questo sta scritto : “ Svegliati,o tu che tà: camminare insieme per rafforzare le relazioni con dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà”. tutti, ben sapendo che si cresce nel bene comune … Attraverso il Battesimo ogni cristiano riceve in dono La Vita se non insieme! Nuova.Nella Resurrezione,un’abbagliante Luce Divina rifulge nel Volto di Cristo. “ Il suo Volto brillò come il sole e le sue Con la mia benedizione. + Arcivescovo Orazio Soricelli

LETTERA DEL PARROCO FACCIAMO LUCE INSIEME

Per il dono dell’esistenza di cui tutti godiamo,ognuno di noi fa risplendere la presenza di Dio Creatore e nostro Padre Buono, di cui ci sentiamo figli e fratelli fra noi. Tutti perciò, avvertiamo l’esigenza di irradiare il tesoro che ci portiamo dentro,il desiderio di comunicare il bene che riceviamo e che vogliamo donare, l’ansia di un mondo più giusto ed il dovere di contribuire alla costruzione di una società migliore e più equa,che garantisca serenità e pace. Corrispondendo a questa esigenza del cuore, faremo “luce insieme “, quando Domenica 3 Febbraio, alle ore 18.00, ci raduneremo intorno al Signore portando un po’ di olio, per esprimere il segno dell’impegno a camminare insieme e favorire la crescita di una comunità fraterna ed armoniosa. Fraternamente!

vesti divennero candide come la luce”. (Mt.17,2) . Attraverso la Resurrezione,siamo diventati Luce in Cristo,tutto ciò ci permette di vivere come figli della Luce ( Ef.5,8), di restare in Comunione con Dio (1 Gv,5 ),di conservare l’amore con i fratelli ( 1 Gv 2,8-11). La Luce alimenta,altresì,la fedeltà a Dio e la nostra vigilanza,attraverso la preghiera e l’attesa. Per noi cristiani,allora,“per me il vivere è Cristo” di San Paolo,deve essere un insegnamento da cui partire per cercare un vero slancio missionario,per avvicinarci ai Sacramenti e all’ascolto della Parola con una Spiritualità unica,in modo da far fruttificare i doni dello Spirito:carità,gioia, benignità e pace . Un invito a testimoniare la Luce del Risorto , ad annunciare Cristo con la nostra vita,per maturare una fede creativa ed illuminante per noi e per gli altri . Come Comunità parrocchiale e come appartenenti alla grande famiglia della Diocesi,vivere il secondo segno del Piano Pastorale,significa far rifulgere La Luce di Cristo ricevuta nel Battesimo,attraverso la nostra vita. Ogni battezzato si impegni a dare un contributo,non solo materiale,consegnando la boccettina con l’olio,ma soprattutto spirituale,rispondendo all’invito del Signore : “ Risplenda la vostra luce davanti agli uomini,perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli .” ( Mt.5,16 ).

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Giulia Schiavo


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La bambola della Quaresima Terminate le festività Natalizie, numerosi sono gli appuntamenti religiosi che si susseguono: le celebrazioni per la riposizione di Gesù Bambino; la festa della luce, altresì conosciuta come il giorno della Candelora; San Biagio, Martire di particolare interesse e devozione popolare per il rito di benedizione della gola; i Santi Cirillo e Metodio, (ricordati in tutte le celebrazioni del 14 febbraio) fino alla celebrazione delle Sacre Ceneri. Dopo il Martedì Grasso, giorno di boria e divertimento, scherzi e allegria, ecco il mercoledì delle Ceneri, Carnevale, secondo tradizione, muore e in varie città d’Italia se ne celebra il “rito funebre” con pianti, lamenti, funzioni e fiaccolate, perché questa dipartita segna l’avvento della Quaresima e con essa l’arrivo di una strana presenza. Dall’aspetto spesso non più giovane, mesta e triste, scalza, con una lunga mantella che le copre la testa e le spalle, il rosario tra le mani, un grembiule, e una patata penzolante con sette piume di gallina…da qualche inferriata, si affaccia sulla strada…la bambola della Quaresima. Il suo nome è “Quarantana”. Tradizione vuole che essa rappresenti la vedova di Carnevale, ma più che altro è il simbolo di una società contadina dove il tempo liturgico, scandiva la vita familiare, e il senso religioso delle ricorrenze era al centro dell’insegnamento. La Quarantana, era, e dovrebbe tutt’oggi essere, imbottita con gli stracci raccolti qua e là per casa, ritagli di indumenti o anche cenci dimessi; rigorosamente vestita di nero ad indicare il lutto della Quaresima, stringe tra le mani un rosario, preghiera da sempre ritenuta efficace per l’intercessione e l’espiazione; scalza, come emblema di indigenza; con il grembiule, non lo portano le Signore; e quella patata, cibo prevalente e prelibato in un piatto solitamente troppo povero di sostanza e quantità. L’unico tocco, seppur lieve, di colore sono le sette piume di gallina, una per ogni peccato capitale e per ogni settimana fino a Pasqua. Per quaranta giorni, la Bambola della Quaresima è sempre lì, nonostante le intemperie metereologiche, con il capo chino snocciola il rosario, non c’è consolazione per un penitente in preparazione della salvezza, tuttavia la speranza di ben fare viene premiata con l’alleggerimento del peso della patata. Da questa, infatti, ogni settimana viene strappata una piuma a simbolo del tempo trascorso e di uno dei peccati espiati. La tradizione della Quarantana è assai radicata nel Sud Italia, particolarmente in Puglia e in Calabria. La Bambola ha più o meno lo stesso aspetto dappertutto, tra le mani però, a volte, ha la conocchia, con la quale filare notte e giorno, per distrarsi dal defunto “marito”; inoltre non sempre è “impiccata” ad un’inferriata, bensì si trova penzoloni tra balconi più o meno dirimpettai. C’è anche chi non si accontenta di sette piume, e ne mette giusto quaranta, una per ogni giorno…A Ravello è possibile scorgerne alcune in Via Trinità o anche a Sambuco.

Al Sabato Santo la Quarantana giungerà senza piume, il tempo della penitenza è ormai finito, è arrivato quello di Resurrezione. Arrivederci bambola triste che con la tua presenza ci rammenta di un tempo forse da riscoprire, e di un dolore, quello della penitenza, che vale la pena sperimentare, perché la morte e la resurrezione di Cristo sono il più grande dono d’Amore mai fatto all’umanità intera; all’anno prossimo.

Elisa Mansi NATALE CONTINUA NEI RITI TRADIZIONALI DELLA REPOSIZIONE DEL BAMBINO Incominciando dal Duomo, nella solennità dell’Epifania e proseguendo nelle domeniche seguenti fino al 2 febbraio si celebra il rito della reposizione del Bambino con processione, bacio del Bambino e canto del Te Deum. IL PRESEPE VIVENTE ALLESTITO A SAMBUCO

Domenica 20 gennaio u.s., in una Sambuco convertita a presepe vivente, i fedeli del Rione a nord di Ravello, hanno salutato il Bambino Gesù (con la cerimonia della reposizione), all’insegna della semplicità e della tipicità. La reposizione del Bambino, che era prevista per domenica 13 gennaio, è stata rinviata alla domenica successiva a causa delle cattive condizioni atmosferiche. La processione, partita dalla piazzetta San Pio, ha attraversato il Rione sulla via principale, dove sono state allestite le botteghe delle arti e degli antichi mestieri. Si potevano ammirare le creazioni del panettiere, del fabbro, del falegname, del ripara botti, del ceramista, dell’affilacoltelli; risentire il martello che batteva il ferro caldo sull’incudine, la lama del coltello che veniva affilata dall’arrotino, l’uva pestata con i piedi durante la rappresentazione della vendemmia, per molti anziani presenti è sembrato di ritornare indietro nel tempo, mentre i più giovani ammiravano con stupore quelle “arti” scomparse da un bel po’ con l’avvento della tecnologia. Il presepe vivente sambucano ha esaltato la conformazione morfologica del territorio che si fonde, in maniera naturale, a quella ruralità che Sambuco ha saputo ben custodire nel tempo e che ben si prestano alle atmosfere presepiali. Infatti questa contrada è il “polmone” di Ravello e famosa sin dal Medioevo per la produzione di legnami pregiati e di lana destinati ai commerci gestiti dalle nobili famiglie ravellesi del tempo. La manifestazione si è conclusa in serata con la Santa Messa e con il consueto momento gastronomico che le massaie sambucane hanno offerto ai numerosissimi curiosi accorsi, mobilitatisi da tutto il paese e dalle zone limitrofe. Sin dai primi giorni del nuovo anno, tutti i sambucani, in assoluta sinergia, si sono adoperati per l’ottimale riuscita dell’evento; le circa ottocento presenze registrate, hanno pienamente ripagato gli sforzi degli abitanti di Sambuco

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che per una domenica ci hanno permesso di riscoprire le nostre origini, dove lavoro, sacrificio e fede cristiana sono stati i fondamenti dell’esistenza dei nostri nonni. Questo appuntamento si colloca di diritto nel palinsesto degli eventi più importanti che Ravello offre durante l’anno a testimonianza del fatto che tra gli abitanti della Città della Musica risiedono impegno, fantasia, estro e capacità organizzativa, unità di intenti, amore per la propria terra, ma soprattutto profonda fede cristiana.

Emiliano Amato UN SALUTO A GESU’ BAMBINO L’ultima domenica di gennaio, come da tradizione, nella Parrocchia del Lacco, si celebra la “levata di Gesù Bambino”, un giorno in cui, grandi e piccini, si ritrovano a Messa per dargli l’ultimo saluto. Tutto comincia con il giorno dell’Immacolata, iniziano i preparativi per l’allestimento del presepe e fino a Natale c’è sempre qualcosa che manca, da aggiustare, o da togliere e anche se alla costruzione di quest’opera si partecipa in pochi, tutti hanno qualcosa da dire sulla “casa” di Gesù. Il 24 notte, pronti o no, stop ai preparativi! Arriva Gesù Bambino…E’ sempre una grande festa, ma la Sua riposizione, non è da meno. Quest’anno a causa dei lavori in corso presso la Chiesa di Santa Maria Del Lacco, il rito è stato celebrato nella chiesa ex-abbaziale di Santa Maria, Trifone m.e Biagio v. La piccola statua di Gesù Bambino con le braccia aperte al mondo (“mandato agli uomini per la loro redenzione”), il candido abito (la purezza), la corona, (il Messia) e il rosso mantello, ha accolto, domenica sera, quanti sono accorsi a rendergli omaggio. Al rosario, cantato, sono seguite le litanie, eseguite dal popolo a cori alterni sull’intonazione natalizia e poi il suono della zampogna ha accompagnato il Sacerdote all’altare dando inizio alla Celebrazione Eucaristica. In questa terza domenica del tempo ordinario il passo del Vangelo trattato, ricorda la chiamata di Gesù agli Apostoli adempiendo a quanto predetto dal profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”. La luce del popolo d’Israele era Gesù, anche se non lo sapevano…, la nostra? La risposta è sempre la stessa e chiaramente ce lo ha indicato Don Pietro, durante l’Omelia. Con poche semplici parole, ci ha riportato dal tempo della gioia per la nascita di Nostro Signore, a quello del pianto per la Sua morte; dalle incertezze nelle quali brancoliamo giorno dopo giorno alla ricerca del benessere più materiale che spirituale, alla certezza della salvezza dataci proprio da quel Bambino che lì, dall’altare, ci guardava: Piccolo, eppur maestoso davanti all’altare; Adulto e Inerme sulla croce alle sue spalle. Forse per la prima volta e in modo così visivamente diretto, abbiamo avuto dinanzi agli occhi l’intero percorso della vita data per Amore. Alle parole del Sacerdote, nella Chiesa è sopravvenuto qualche attimo d’innaturale silenzio, solo l’incenso si librava nell’aria attraversandola, probabilmente ognuno pensava alla miseria umana dinanzi a tale sacrificio. Terminata l’Omelia, la funzione Liturgica, si è snodata fino al termine quando il Celebrante ci ha richiamato all’ordine e alla compostezza per la processione. Innanzi la Croce, i chierichetti, il popolo “della luce” ( le persone che recavano la candela accesa), il Celebrante con Nostro Signore in braccio, il popolo e per strada “l’incendio”. Questa, la definizione che si attribuisce allo scatolame posto lungo il percorso della processione, con al suo interno della benzina ed una miccia di sacco di juta grezza. Tre ragazzi con le fiaccole accese, precedevano la processione e, camminan-

do, davano fuoco agli stoppini, una fiamma viva, trascinata un po’ dalle correnti, scaturiva da questi barattoli per illuminare la strada a Gesù Bambino. Fino a qualche anno fa, si soleva depositare questi barattoli per tutta la parte nord della Parrocchia, quella visibile dalla piazzetta Andrea Mansi: per terra, sui muretti, ai balconi delle case, nelle costruzioni non ancora terminate…tanto che si parlava di “incendio del Monte”. Si cominciava una settimana prima a raccogliere i barattoli e a portarli in sacrestia, con tanta pazienza si arrotolavano i pezzi di sacco e vi si attorcigliava intorno del ferro sottile per evitare che il rotolo si aprisse. Per noi ragazzi era un vero divertimento, per chi, da adulto, ci teneva d’occhio, forse un po’ meno e anche se, nonostante il nostro entusiasmo, qualche barattolo non s’incendiava, perché la miccia era stata confezionata in modo molto scadente, non importava, quelle fiamme erano comunque il frutto di un lavoro offerto per il semplice sorriso degli osservatori. Se anche quest’anno è stato possibile ammirare l’incendio un ringraziamento particolare, va rivolto al Comitato festa che si è adoperato per la sua messa in opera e ripulita. Negli anni, tante cose sono cambiate, le costruzioni ormai terminate non hanno potuto più ospitare i barattoli e anche sui balconi non se ne sono visti, da adulti si acquisisce maggiormente la concezione del pericolo…tuttavia è stato bello constatare il rivivere di una così antica tradizione. Durante la processione si è pregato per la pace, per i giovani…e accompagnati dalla zampogna si è fatto ritorno in Chiesa dove la benedizione ed il bacio del Bambino, accompagnato dal canto degli zampognari, hanno dato concluso la celebrazione. La festa però non è finita. Ogni anno la Parrocchia organizza una lotteria con premio un presepe composto di poche grandi statue raffiguranti i principali protagonisti del presepe, dunque si è proceduto all’estrazione, con attenta trepidazione. Il nome del fortunato, purtroppo, ha sgretolato le speranze degli altri, e il leggero brusio di tristezza non è mancato, tuttavia: ”ci riproviamo l’anno prossimo”; “pazienza quest’anno è andata male, riproveremo”; “c’è sempre l’anno prossimo”, e via di seguito, hanno rivelato quello che è il carattere semplice e gioviale di una Comunità che non si perde d’animo. A seguire la distribuzione di dolci preparati e portati dalle stesse famiglie della parrocchia, hanno davvero posto fine a questa bellissima serata di saluto a Gesù Bambino, alle zampogne, alle melodie natalizie e al presepe. Il presepe, di cui si ricorda la prima realizzazione ad opera di San Francesco, ci tiene compagnia per circa un mese, ma non può allietarci di più, il tempo scorre e con esso si susseguono i temi liturgici, così dobbiamo darvi l’arrivederci. Arrivederci all’anno prossimo Gesù Bambino, la Tua benedizione possa accompagnarci in quest’altro anno, affinché al Tuo ritorno Tu possa ritrovare sempre persone migliorate rispetto a come le hai lasciate, che hanno camminato sui Tuoi insegnamenti, facendone tesoro.

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Elisa Mansi


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BILANCIO DI UN SESSENNIO ALLA GUIDA DELL’ “AZIONE CATTOLICA PARROCCHIALE” Dopo un sessennio alla guida dell’Azione Cattolica parrocchiale fare un bilancio di ciò che è stata questa esperienza è come gettare uno sguardo a volo d’uccello non solo sul cammino che l’associazione ha percorso all’interno della Parrocchia, ma anche sul cammino che la stessa Parrocchia ha fatto sulla via della propria crescita pastorale. Quando sei anni fa fui chiamata a guidare l’associazione al termine di un triennio che aveva visto i tre settori annaspare tra le difficoltà di una crisi che coinvolgeva l’Azione Cattolica a livello nazionale e le inevitabili complicazioni che una realtà piccola come la nostra creava in rapporto soprattutto ai problemi pratici di gestione, avevo paura di non essere capace non di condurre la nostra associazione attraverso il percorso formativo dei tre settori ma di dovermi trasformare nell’ago della bilancia di situazioni varie che fino a quel momento avevano turbato la vita dell’AC e della Chiesa locale. Ed infatti prima di accettare mi rivolsi all’allora responsabile diocesano del settore “Giovani”, con il quale fino a quel momento avevo collaborato essendo responsabile dello stesso settore a livello parrocchiale e la risposta fu quanto mai chiarificatrice dei dubbi: “L’Associazione ti chiede di servirla in questo altro ruolo, le capacità le acquisterai strada facendo anche perché non lavorerai mai da sola: l’AC è sotto il soffio dello Spirito”. E cominciò l’avventura… perché di un’avventura si è trattata, bella, a volte stancante, a volte difficile, ma sempre sostenuta da qualcosa di più grande dei problemi che si sono presentati. Il bilancio non può che chiudersi in positivo e non perché l’Azione Cattolica di Ravello viva oggi un momento felice e senza problematiche, ma solo perché sei anni fa l’associazione doveva, secondo i consigli di chi aveva guidato la realtà associativa fino ad allora, prendersi un anno di sospensione da ogni attività per poter cambiare. Ricordo la chiamata dell’Assistente parrocchiale, Don Giuseppe Imperato, quando mi disse che dovevamo fare tutti insieme qualcosa per evitare che la chiusura di un anno si trasformasse nell’abbandono di un progetto importante per la parrocchia, per cui si decise che l’anno sabbatico era inutile, occorreva andare avanti comunque perché nel frattempo, operando dal di dentro, si poteva raddrizzare la rotta di questa grande nave che stava rischiando di naufragare. E la nave riuscimmo con lo sforzo di tutti a farla ripartire con sacrifici… Ricordo la sera in cui, con l’assemblea composta da tutti gli aderenti e dai responsabili della Diocesi, si costituì il nuovo direttivo con me come presidente e ricordo ogni parola di quello che dissi: era un programma che doveva condurre l’associazione a diventare non la protagonista assoluta della Parrocchia ma la co-protagonista della vita pastorale di Ravello. Era questo il primo problema da risolvere: in una parrocchia dove esistono più associazioni laicali di ispirazione diversa si corre il rischio che ognuno cammini per la propria strada non creando momenti di raccordo da cui possano scaturire occasioni di crescita spirituale per tutti, per chi aderisce e per chi non è un laico impegnato. Ed è stata questa la nota dolente di tutto il sessennio, più che un presidente mi sono ritagliata un ruolo di mediatrice tra le varie realtà, cercando di creare con la mia associazione occasioni di interscambio, che a volte sono andate bene, altre volte non hanno trovato nessuna accoglienza. Ma ci abbiamo provato, abbiamo almeno messo in

campo tutte le forze affinché si potessero superare delle contraddizioni che non possono esistere in un ambito dove tutti lavoriamo e ci muoviamo verso la stessa direzione, cioè la testimonianza di Cristo negli ambienti dove noi laici operiamo. Su questo punto posi l’attenzione quella sera: l’Azione Cattolica doveva essere capace di portare all’interno della parrocchia le problematiche che un cristiano incontra nei settori della propria attività, doveva avere anche il coraggio di denunciare e di avviare a soluzione dicotomie letali per la crescita e la maturità di una Comunità piccola come la nostra. Gli scontri non sono mancati, scontri vissuti sempre con la malinconica presa di coscienza che la difesa del “proprio territorio” abbia fatto travisare intenti che non erano malvagi come venivano interpretati e abbia fatto perdere occasioni importanti, ma scontri condotti sempre nel più assoluto rispetto del compito affidato dai Vescovi all’Azione Cattolica, di collaborare, cioè, con la gerarchia ecclesiastica. Certamente una difficoltà pratica non di poco conto da superare è stata la mancanza di spazi, ma anche questa problematica è stata risolta di volta in volta con un po’ di buonsenso: ho sempre ripetuto ai responsabili dei tre settori che anche a me sarebbe piaciuta una sede per l’associazione tutta nostra, con spazi dove poter organizzare anche momenti di festa, ma la realtà della nostra parrocchia rendeva difficile poter realizzare tutto questo e allora di volta in volta abbiamo trovato la soluzione più adatta. Ma accanto a questo ci sono stati i momenti belli: quando si è ripresa la frequenza ai campi scuola per il settore Ragazzi, quando si è riusciti a creare momenti di crescita per chi aderiva e per chi ancora non aveva scelto di seguire il nostro cammino, quando stanchi arrivavamo alla fine di qualche iniziativa che aveva realizzato gli obiettivi che avevamo scelto. Il settore Adulti ha inaugurato l’iniziativa di incontrarsi non solo per la formazione, ma una volta al mese anche per un momento di convivialità e di condivisione del tempo libero. Alla fine di questo bilancio, che non si può basare su una statistica degli iscritti o del numero di incontri, devo per forza ricordarmi del settore “Giovanissimi e Giovani”, settore che non è riuscito ad aprirsi alle problematiche che riguardano la pastorale giovanile della Parrocchia; spero che sia questo il settore che riceverà attenzioni maggiori in questo nuovo triennio che si è aperto. Confesso, poi, che alcuni pezzi dell’associazione ce li siamo persi per strada: tasselli sempre importanti, ma che non sempre hanno voluto essere recuperati. Per concludere, un ringraziamento ai responsabili dei tre settori che con me hanno affrontato le difficoltà dell’associazione in questi sei anni e come me hanno gioito dei successi, ma alla “mia” Azione Cattolica rivolgo un augurio importante, un augurio formulato con parole non mie: “Azione Cattolica di Ravello, duc in altum, osa sempre perché la Chiesa locale ha bisogno di te e tu della Chiesa locale, sii sempre al servizio della gerarchia ecclesiastica perché hai il dovere di costruire la Chiesa voluta da Cristo e non spaventarti dei problemi, degli errori di cui ti diranno artefice perché è lo Spirito che ti guida e quindi da ogni caduta ti rialzerai più forte” e poi l’AC è un’avventura ed ogni avventura sfida il ven to con trario e con tinu a n el tempo …

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Maria Carla Sorrentino


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mente con la maturità e con l’esperienza che ho acquisite fin NUOVA PRESIDENTE DELL’ A.C. RAVELLO qui. La volontà non mi manca, la passione nemmeno, spero soltanto che la fortuna, il vostro aiuto e il Signore mi aiutino in questo importante passo. Vi ringrazio per la fiducia che avete Venerdì 25 gennaio u.s., nel giorno della memoria liturgica riposto in me ed auguro a me stessa ad maiora”. della Conversione dell’Apostolo Paolo, l’Azione Cattolica M.Carla Sorrentino parrocchiale si è riunita in assemblea per procedere al rinnovo delle cariche del direttivo per il prossimo triennio. “INCONTRO” Dall’assemblea, presieduta dall’Assistente parrocchiale Don Giuseppe Imperato e dal rappresentante della Presidenza DioAL QUARTO ANNO… cesana, sono venute le indicazioni da sottoporre Con questo numero il mensile “Incontro per una Chiesa Viva” all’Arcivescovo, Mons. Orazio Soricelli, circa i vari servizi da entra nel quarto anno di pubblicazione. Le attestazioni di graricoprire in seno all’associazione; come Presidente parrocchia- dimento e le sollecitazioni a proseguire sulla strada intrapresa le è stata proposta Manuelita Perillo, come vicepresidenti del costituiscono un grande stimolo per tutta la redazione ad imsettore Adulti Camera Maria Rosaria e Sorrentino Maria Car- pegnarsi con maggiore entusiasmo. la, come Responsabili del settore Giovani e Giovanissimi Ciof- Il mensile oggi rappresenta il luogo in cui i tempi e i ritmi delfi Vittoria e Palumbo Marianna, come Responsabile del settore la vita religiosa e sociale di Ravello trovano un punto di conRagazzi Amato Raffaele. vergenza e di comunione. Manuelita Perillo, invitata dall’Assistente Parrocchiale Don E’ impossibile immaginare un mondo che faccia a meno della Giuseppe Imperato a rivolgere all’Assemblea un saluto, ha comunicazione e dei mezzi d’informazione cartacei o informavoluto ringraziare quanti hanno creduto in lei tanto da propor- tici. la alla guida dell’associazione parrocchiale per i prossimi tre Come ripeteva recentemente Benedetto XVI, senza l’apporto anni. dei mezzi di comunicazione “sarebbe veramente difficile favorire e Ha detto, infatti: “è con emozione, con sorpresa e con un sen- migliorare la comprensione tra le nazioni, dare respiro universale ai timento di passione che accetto la carica alla quale sono stata dialoghi di pace, garantire all’uomo il bene primario designata e per la quale mi avete acclamata. Emozione: ritengo dell’informazione, assicurando, nel contempo, la libera circolazione di essere troppo giovane, potrei dire “ragazza” che alla mia età del pensiero in ordine soprattutto agli ideali di solidarietà e di giustioggi si è considerati ancora ragazzi e non posso non emozio- zia sociale”. narmi di fronte ad una carica del genere, perché vado a rap- Non manca, purtroppo, il rischio che i giornali si trasformino presentare nella società cattolica tutta la parrocchia, direi spesso in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate l’intero paese. Mi dà sollievo però un fatto: parlando spesso in dagli interessi dominanti del momento. Questo è il caso di una famiglia , specie con mia madre, ho saputo che in un’epoca in comunicazione usata a fini ideologici. cui le informazioni erano anche un po’ meno complete di oggi, A questi fini il mensile della nostra comunità ecclesiale non si è in cui anche la legge riconosceva maturi a ventuno anni e non mai piegato. Anzi, nel corso degli anni ha dato e darà sempre a diciotto un membro della mia famiglia divenne presidente di tutti la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensieAC alla sola età di sedici anni e portò avanti l’associazione fa- ro. cendole ottenere tanti meriti almeno nel seno della Diocesi. L’anno di lavoro che è appena trascorso ci permette di tracciaQuesti ricordi mi daranno certamente la forza di imitarlo. re un bilancio sull’attività svolta finora. Durante questi tre Emozione, sorpresa. –Dicevo più su sorpresa. Non potevo anni teologia, liturgia, cronache di eventi religiosi e non, rinon sorprendermi come e perché di fronte a tanti soci più cordi di persone che ci hanno lasciato, storia locale, tradizioni adulti la scelta sia caduta su di me. Mi auguro soltanto di non religiose, iniziative sociali hanno costituito i rami principali del deludervi, di non deludere chi sta al di sopra di noi sommario di “Incontro per una Chiesa Viva”. nell’amministrazione del cattolicesimo nella parrocchia e nella Uno dei pregi maggiori del mensile, però, è stata la possibilidiocesi; di rendermi degna della fiducia riposta in me. Anche tà che ha dato a tanti giovani ravellesi di poter rivelare le proqui ho un conforto, anche qui del tutto personale: tutte le prie capacità d’indagine, di sintesi e di scrittura pur non aveniniziative che ho preso e alle quali ho partecipato fin ora hanno do frequentato scuole di giornalismo. dato soddisfazione piena a me stessa e a chi ha avuto fiducia in Ci auguriamo che nella nostra comunità non manchino mai me. Sono sicura che con l’aiuto del Signore anche stavolta comunicatori coraggiosi e autentici testimoni della verità, poiriuscirò a superare un grosso passo al quale mi accingo. Al ché essi hanno il grande compito di “farsi interpreti delle odierne terzo punto ho messo passione. Fin da quando ero più piccola istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicaho avuto sempre la passione e la volontà di agire per la gioia zione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come temdei piccoli e per l’interesse dei grandi. Faccio questa differenza po prezioso per la ricerca e la testimonianza della verità ai fini dello perché fare la gioia dei piccoli significa fare anche l’interesse sviluppo della verà comunione nei molteplici ambiti della vita civile e dei loro genitori, degli zii, dei parenti, dei…grandi. religiosa”. Fin ora ho svolto queste attività così, spontaneamente senza propormi nessun obiettivo da raggiungere. Vuol dire che da Salvatore Amato oggi mi proporrò questi obiettivi in modo organico e certa-

MANUELITA PERILLO

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CELEBRAZIONI DI FEBBRAIO 2008 In questo tempo la Messa vespertina nei giorni feriali sarà celebrata alle 17.30 mentre la prefestiva e festiva (sabato e domenica) sarà celebrata alle 18.00 2 FEBBRAIO - SABATO Presentazione di Gesù al Tempio Chiesa di Santa Maria delle Grazie Ore 18.00: Benedizione delle candele con processione e Santa Messa Nella Chiesa di Santa Chiara dal giorno 2 al giorno 5: : GIORNATE EUCARISTICHE Ore 09.00: Esposizione del SS. Sacramento; ore 16.00: Rosario Eucaristico; ore 16.30: Vespri e Santa Messa 3 FEBBRAIO IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 08.00-10.30: Sante Messe Ore 18.00: Santa Messa e celebrazione del segno del mese di febbraio “FACCIAMO LUCE INSIEME” 6 FEBBRAIO— MERCOLEDI LE CENERI—INIZIO DELLA QUARESIMA Ore 18.00: Santa Messa e imposizione delle Ceneri 7 –-21-28 FEBBRAIO GIOVEDI Ore 17.30: Santa Messa e Adorazione Eucaristica 8-15-22-29 FEBBRAIO VENERDI Ore 18.00: Via Crucis 10 FEBBRAIO I DOMENICA DI QUARESIMA Ore 08.00-18.00: Sante Messe Ore 10.30: Santa Messa e celebrazione comunitaria del sacramento dell’Unzione degli infermi 11 FEBBRAIO 150° ANNIVERSARIO DELL’APPARIZIONE DELLA MADONNA A LOURDES Ore 17.30: Santo Rosario, litanie Ore 18.00: Santa Messa 14 FEBBRAIO Ore 19.00: ARRIVO DELLA RELIQUIA DEL CAPO DI SANT’ANDREA 15-16 FEBBRAIO Ore 08.00-10.30-18.00: Sante Messe e liturgie particolari 15 FEBBRAIO: In serata Veglia Foraniale per i Giovani 17 FEBBRAIO II DOMENICA DI QUARESIMA Ore 08.00-10.30-18.00: Sante Messe 24 FEBBRAIO—III DOMENICA DI QUARESIMA Ore 08.00-10.30-18.00: Sante Messe

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