Chic style magazine speciale primavera 2018

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CHIC

Style

F a s h i o n

M a g a z i n e

TIPOLOGIA DI SERVIZI Chic Style... non solo magazine! Qualità, passione, impegno quotidiano per il tuo negozio! • •

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LOGO

CONCETTO

“Il cambio del logo è un po’ come il cambio d’abito: lo si fa per adattarsi a una nuova realtà, per veicolare un nuovo messaggio” Giuseppe e Cristina.

La storia di hairPrestige inizia nel 2007 quando Giuseppe e Cristina decidono di intraprendere una nuova sfida: ideare un salone differente dagli altri per soddisfare le esigenze di tutte le donne. Passione, costante aggiornamento e crescita professionale li ha portati ad ampliare il proprio team ed a specializzarsi nella colorazione dal 2017, dopo 10 anni di esperienza. Un cambiamento che parte dal nome “PRESTIGE PARRUCCHIERI – GLI SPECIALISTI DEL TUO COLORE” , perchè è questo ciò che oggi li rende unici e differenti: la specializzazione e la personalizzazione del colore in base alle caratteristiche e necessità della cliente.

Il nuovo elemento distintivo del salone è un pennello dalla punta intrisa di colore racchiuso in una “P”. Un logo dal forte potere rappresentativo del cambiamento del salone che ha deciso di evolversi e specializzarsi nel colore. Una rottura con il passato per racchiudere l’identità ed i valori futuri del team di Prestige Parrucchieri.

CONSULENZA

COLORAZIONE

Ogni colorazione è sempre accuratamente studiata per un connubio perfetto tra richiesta della cliente ed i consigli esperti del team, per un risultato ottimale. Infatti il primo approccio avviene attraverso una consulenza, una vera e propria chiacchierata iniziale per definire le sue abitudini ed esigenze. Si passa successivamente allo studio di incarnato, occhi, lineamenti e fisionomia per realizzare un colore personalizzato per valorizzare i suoi tratti e renderla bellissima. La cura della cliente non si limita esclusivamente all’aspetto esteriore, ma anche alla salute del capello. Una delle eccellenze del salone è infatti l’attenzione per le tecniche innovative di colorazione per preservare la salute della persona e di tutti i capelli.

Le tecniche di colorazione che rendono il salone unico nel settore sono molteplici, ne citiamo alcune. Sunshine. Una sfumatura che permette di scegliere in base al proprio gusto quando e come modificare il colore senza nessun vincolo, e che permette di allungare i tempi di ritocco fino a tre mesi. Alluminium. La tecnica che abbina diverse sfumature per avere un effetto di colorazione multi sfaccettato. Il nome di questa tecnica nasce dall’utilizzo di fogli di carta d’alluminio, che si utilizzano per separare le diverse nuances. Artistic color. La tecnica in cui si unisce il colore uniforme delle radici a sfumature di uno o più colori sulle lunghezze.

LA DIFFERENZA Un nuovo logo ed un nuovo nome che segna un importante cambiamento nella ridefinizione del ruolo del team, da semplici parrucchieri a specialisti del tuo colore in grado di offrire consulenze e servizi volti a valorizzare la cliente.


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che attraverso la collaborazione con Chic Style Magazine seleziona in tutta Italia scegliendo di promuoverli all’interno del proprio spazio.

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EDITORE Associazione ! CHIC Testata Registrata presso il Tribunale di Frosinone. DIRETTORE

Claudio Giuliani GRAFICA

Advok Studio srl - Grafica & Web info@advok.it MADDALENA ZOLFINI VALENTINA FANFERA Direttore responsabile and product manager adv SALVATORE PIGLIASCO SS 155 per Fiuggi n 7 03100 Frosinone Tel. 0775 961440 Creative area / Creative coordinator/Brand Manager CLAUDIA PALOMBI CHIARA LUCIA GUARINO chicstyle.redazione@gmail.com Capo redattore CLAUDIA PALOMBI redazione@chicstyle.it In questo numero Fotografia RICCARDO LANCIA Makeup & Hair Artist FRANCESCA ROTONDI HAIR-STYLE VALERIO QUISTINI Stylists CHIARA LUCIA GUARINO CLAUDIA PALOMBI Collaboratori ROBERTA EVANGELISTI CLAUDIA MINNA Redattori ANASTASIA VERRELLI CLAUDIA CAPONE FRANCESCA CAVALIERE GIULIA ABBRUZZESE GIUSI ROSAMILIA MARTINA ARDUINI MATTEO TOMAINO STEFANY BARBERIS VINCENZO TIRITTERA VIVIANA GUGLIELMINO VALENTINA DI MANNO ROBERTA EVANGELISTI Modelle Erica G. Your Way Management Giulia Petronio

In copertina MODELLA Erica G. Your Way Management FOTOGRAFIA Riccardo Lancia HAIR - STYLE Valerio Quistini MAKEUP Francesca Rotondi STYLIST Claudia Palombi, Chiara Lucia Guarino COSTUME DESIGNER Catia Mancini Costumi per lo Spettacolo LOCATION Interno 36 ARREDAMENTO Porta Portese – mercatino dell'antiquariato e del vintage

I partners di questo numero APPONI SPACE, MAD MODA ACCESSORI DESIGN, QUADRIFOGLIO, OTOVISION, ATELIER WHITE F. P&B DIFFUSION, HAIR PRESTIGE, ADVOK STUDIO COMUNICAZIONE, PASTICCERIA DOLCEMASCOLO , GRUPPO GO! AUTOMOBILI, OMNIA FITNESS, LA PROVINCIA, NEW HAIR DIMENSION, ACQUA E TERME FIUGGI SPA, FALC CERAMICHE, PORTA PORTESE – MERCATINO DELL'ANTIQUARIATO E DEL VINTAGE, FARMACIA QUERQUI DOTT. GIOVANNI, TOCCI ANGELO, CHATEAU D'AX, OLCHI SNC, CIQUADRO SRL, RAINBOX SRL, FIRMINIO, VERONESE TECHNOLOGY

Location INTERNO 36

PROSSIMA USCITA – PRIMAVERA 2018 CHIUSO IN STAMPA IL 16 FEBBRAIO 2018 STAMPA - ARTI GRAFICHE AGOSTINI - TIRATURA 10.000 COPIE

I CONTENUTI, LE DESCRIZIONI, LE IMMAGINI E LE COLLABORAZIONI PRESTATE SI INTENDONO ESCLUSIVAMENTE A TITOLO GRATUITO


Chic!

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quasi cinque anni dalla sua fondazione, Chic Style realizza e presenta il suo primo numero “Speciale Primavera 2018” con una collaborazione sempre più stretta con La Provincia Quotidiano. Un edizione straordinaria come il suo contenuto, ricco di protagonisti di fama mondiale che talenti emergenti. Non più, o non solo, un magazine di moda, ma una evoluzione della rivista. Quindi più spazio alle interviste esclusive, alle tendenze, ai marchi da tenere d’occhio e ai lifestyle, per una testata che ribadisce la propria identità, spaziando dalla carta stampata all’online. Intatta l’attenzione ai designer emergenti che Chic Style seleziona continuamente realizzando per loro gli editoriali fotografici da sfogliare all'interno del magazine. Prodotti d'avanguardia ed innovativi di brand di tutta Italia che possono essere acquistati da Mad- Moda Accessori e Design. Una vera piattaforma creativa per valorizzare quelle realtà nuove e promettenti del Fashion Design come i ragazzi dell' Accademia di Belle Arti di Frosinone. Le porte/pagine del magazine sono state aperte a queste nuove promesse della moda realizzando per loro uno shooting fotografico con i loro abiti protagonisti di Altaroma 2018. Chic Style continua a scommettere sulla creatività e sui giovani come vetrina di lancio e palcoscenico per far conoscere i volti e le creazioni dei designer del domani.

La Redazione.

20. 21. 24. 25. 28. 30. 32. 34. 36. 40. 50. 54. 55. 56. 58. 62. 64. 70. 72. 74. 77. 80. 84. 88. 92. 96.

Icona Lucia Pica Un look Multicolor Leggere come piume Life in pvc is so cool Vestire asimmetrico Scarpe Gioielli Plexi Diego Cusano INTERNO Home&Design I. consigli di Grug Marco Verrelli Ultra Violet Bella come bio comanda Intervista Giancarlo Giannini Fendi Studios Fernando Cobelo Marcella Ciapetti Intervista Susanna Iamunno Gucci Federica Iaccio Intervista Barbara di Rollo Intervista Sara Battisti Intervista Maria Spilabotte Intervista Alessia Savo Netflix Influencer Vincenzo Olchi Style & Beauty

INDEX

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O P U L E N C E Foto Riccardo Lancia / Style Claudia Palombi – Chiara Lucia Guarino Costume Designer Catia Mancini Costumi per lo Spettacolo Mua Francesca Rotondi / Hair Style Valerio Quistini Model Erica G. - Your Way Management / Location Interno 36 Arredamento Porta Portese – mercatino dell'antiquariato e del vintage Assistente Claudia Minna


Di Martina Siravo

BEAUTY

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Di Martina Siravo

BEAUTY

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FROSINONE - Via Aldo Moro n.85, Tel. 0775.824242 - CECCANO - Via Madonna della Pace Tel. 0775.601054 - SORA - Corso dei Volsci n.65 Tel. 0776.831775 - ISOLA DEL LIRI - Corso Roma n.23-25, Tel. 0776.807233 - MONTE S.G. CAMPANO - Via Boccafolle n.42, Tel. 0775.891183



Lucia Pica

Se tutti noi ci truccassimo allo stesso modo, avremmo tutti lo stesso volto

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Di Roberta Evangelisti

ucia Pica, cresciuta a Napoli, nel ’99 decide di trasferirsi a Londra, la “Grande mela” europea, come lei stessa la definisce, sentendosi stretta nel nostro Paese. Qui si specializza nella scuola di Greasepaint Make Up College; dopo aver lavorato nella saga di James Bond, presto sente che la sua strada è nella moda: ossessionata dai make up di Charlotte Tilbury, inizia a collaborare con lei diventandone poi, prima assistente. Lucia si afferma, ma la necessità di esprimere se stessa, è forte da decidere di diventare freelance ed inizia a collaborare con i colossi della moda: Dolce e Gabbana e Louis Vuitton, e le copertine di Vogue Paris, Self-service e ID. "Il make-up è uno strumento potente e un modo meraviglioso per migliorare la propria bellezza, ma non deve diventare una maschera dietro cui nascondersi". Questo comunicano i lavori di Lucia: contrasti cromatici, sapientemente dosati, con un tocco ludico e fresco. Sa osare con eleganza e contemporaneità, seguendo varie tecniche innovative, come il layering, la stratificazione di diversi prodotti in un ordine strategico per ottenere un make-up uniforme e naturale. Nel 2015 diventa Chanel Global Creative Make up & Color Designer. Indimenticabile la sua campagna 2016 “Eye can be”, shot by Mario Testino, e Kristen Stweart nella sua magnetica bellezza. Il genio di Lucia Pica non smetterà di stupire: questa volta è alle sue origini che dedica la collezione primavera estate 2018, Neapolis. La capsule è un omaggio al Golfo ed ai suoi scorci: il verde, il rosa sono le nuances che derivano da una porta, una parete, il rosso è quello degli affreschi di Pompei. Non resta che farci avvolgere dalla sua magia, perché siamo sicuri, non ci si può aspettare diversamente da una delle make up artist più influenti del pianeta.

ICON

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Di Stefany Barberis

Un look multicolor

Tie-Dye outfit: quando i colori invadono lo stile

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vete presente quelle magliette che andavano tanto negli anni '60? Multicolor un po' stile hippie che sicuramente alcuni di voi hanno indossato almeno una volta nella vita? Forse non tutti lo sanno ma questa fantasia psichedelica era un must anche degli anni ’90, oltre ovviamente all’abbigliamento dei figli dei fiori. Il termine Tie-dye, ovvero “annodare e tingere” indica la tecnica di stampa del tessuto, caratterizzata da un particolare effetto ottenuto con le azioni che il nome stesso suggerisce.Il risultato? Un originale texture a contrato, contraddistinto da disegni sfumati che costituiscono l’elemento tipico di questo tipo di lavaggio. Questa tecnica è nata in Giappone durante il periodo Nara e in Cina durante la dinastia T’ang che, grazie alla grande disponibilità di fibre come la seta e la canapa, venivano tinte con estratti di radici, fiori, foglie e bacche. Ma il vero “boom” è arrivato tra gli anni ’60 e ’70, in chiave sicuramente più psichedelica e colorata.Simbolo del movimento hippy, gli indossatori di questa moda hanno deciso di autoprodursi e personalizzare il proprio abbigliamento con questa tecnica dando come significato la libertà e il ritorno alla natura.Uno stile che ancora oggi viene indossato da blogger ed influencer donando un tocco di colore al proprio outfit.Ecco quindi un paio di consigli per indossare al meglio lo stile Tie-Dye. Se avete in mente di indossare la classica t-shirt dai colori arcobaleno un po' optical il trucco per non apparire troppo pacchiani e sicuramente carnevaleschi è indossarla con uno shorts. Adatto sicuramente per una passeggiata al mare, con una spadrillas e uno zainetto (possibilmente entrambi tinta unita).Se invece avete voglia di apparire diverse durante un'apericena o una serata con le amiche una tuta Tie-Dye magari dai colori caldi (come terra o mattone) è il look perfetto per voi. Un richiamo un po' etnico, perfetto se indossato insieme a maxi bracciali in argento o dorati e perché no anche dei maxi orecchini. Creando così un look fuori dal comune e che sicuramente vi distinguerà.Se invece non avete intenzione di osare troppo ma volete comunque distinguervi, l’indumento ideale e perfetto per la stagione calda è una pashmina in seta dall’effetto psichedelico. Indossata come turbante con un look più minimal vi distinguerà da tutti gli altri, facendo apparire eleganti e particolari.Ma ci saranno altri mille modi per apparire fashion e alla moda grazie al Tie-Dye, ma ricordate, non per forza dovrete indossare colori optical perché il bello di questa tecnica è che spazia dai colori della terra al rainbow style fino al classico black and white. E voi quale look avete scelto?

Non solo per i primi giorni di vacanza, torna il tie-dye, generatore di pensieri hippie Chic, sinonimo di libertà ed evasione già dai tempi di Woodstock

MODA

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Tendenza Glitter


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Di Giusi Rosamilia

Leggere come piume

I feather dress sono un must irrinunciabile, un tocco glam che tutte desiderano già!

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ere o finte che siano invadono totalmente gli outfits: dalle scarpe alle borse, dai cappelli ai capi spalla, dalle maglie ai pantaloni per finire anche agli accessori come orecchini o collane. Si assapora così un gusto retrò non solo per i dress code, abiti proibitivi elegantissimi adatti per grande soirée, ma anche per capi casual. Ed è proprio questa la novità che stupisce: si era abituati a vedere il plumage solo su abiti elegantissimi e di certo non su quelli sportivi. Sono piume nuove, diverse, più ironiche. Struzzo o marabou, sarà davvero facile indossarle, anche se forse risulteranno un pò scomode da usare tutti i giorni. Per chi ama lo stile classico opterà di sicuro per il colore nero, per chi vuole osare, invece, può scegliere colori accesi e vistosi. Alcuni marchi di moda prendono le distanze da pellicce e piume, altri invece non possono farne a meno. Prada le fa svolazzare in passerella su cappottini, calzature e cappucci. Saint Laurent sfoggia una collezione disegnata da Anthony Vaccarello fatta di mini abiti in pelle, camicie, pantaloni, giacche impreziosite da mille piume colorate. La collezione di Nina Ricci è piena di piume, ispirata alla legione straniera francese con rimandi all’India Imperiale e riferimenti a Don Chisciotte. Demna Gvasalia ha disegnato la collezione di Balenciaga, dando il meglio di sè. Una splendida rivisitazione dell’eleganza borghese: elementi classici si decompongono e si compongono, si deformano e acquistano nuove linne. Tra rispetto del passato, innovazione, fantasia e coraggio la collezione si afferma essere una delle migliori della settimana della moda. Alexander McQueen si ispira ai riti pagani della Cornovaglia e a quelli scaramantici dei Celti. Sarah Burton reinterpreta il passato, scava a fondo nella storia e dà una lettura nuova, originale, diversa che coinvolge e stupisce. Abiti svasati percorsi da lacci, tailleur con giacca lunga abbinata a pantaloni ampi, pelle, maglia, piume e cotone si mescolano. I feather dress sono un must irrinunciabile, un tocco glam che tutte desiderano già!

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Di Francesca Cavaliere

Life in pvc is so cool! Il trench diventa impalpabile

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atex, pvc e vinile. Se ve lo state chiedendo: no, tranquille! Il negozio di ferramenta all'angolo della strada non diventerà la vostra personale boutique. Eppure, il messaggio lanciato dalle passerelle per questo Autunno Inverno 2017/2018 non lascia spazio ai dubbi: life in pvc is so cool! Non appena il gelo avrà infatti abbandonato la Penisola, arriverà il momento di sfoderare il must have per eccellenza: il trench. Brevettato agli inizi del '900 da Burberry, questo capospalla è ben presto diventato una vera e propria icona di stile, grazie alla sua estrema eleganza e versatilità, ma soprattutto semplicità. Concepito inizialmente per i militari, il trench coat - a quasi un secolo e mezzo dalla sua comparsa in trincea - continua ad innovarsi tanto nel design, quanto nei materiali scelti. E che sia con cintura o senza, corto oppure lungo, declinato nelle più tradizionali nuance – come quelle del beige, khaki o cammello - o in tantissime altre sfumature e cromie: il trench, resta un vero e proprio cult, amatissimo sia dagli uomini che dalle donne. Un evergreen che, per restale tale, ha saputo anche reinventarsi, facendosi portatore di innovazione. Ed ora, diventa impalpabile. Da Miu Miu a Emilio Pucci, fino a Calvin Klein il pvc si piega ai dettami della moda, e con esso il trech si trasforma in una pellicola protettiva di una molteplicità di look, da quelli più ricercati fino a quelli più casual. Ed è così che il fascino del pvc dopo aver contagiato le collezioni F/W di alcune delle più importanti Maison - fa tendenza, spopolando anche nello street style! Cool e sofisticato, oltre che estremamente pratico, il trench in pvc lucidissimo e super trasparente, ha già fatto incetta di consensi, soprattutto tra le celebs. Molte, infatti, non hanno

saputo resistere alle sue suadenti trasparenze, abbinandolo con outfit smart casual oppure super chic. Emblema di questo trionfo della plastica – tramutatosi immediatamente in un must have – è il trench Miu Miu, in cui l'invisibile si palesa nella sua veste più glamour, grazie a delle semplici rifiniture nere. E che sia opacizzato oppure arricchito da stampe ed applicazioni di vario genere, lasciatevi tentare dal trench in pvc. È arrivato il momento di osare. Di giocare con le trasparenze ed i contrasti. Di sdrammatizzare, perché no, i propri outfit con un capo tanto chic quanto eclettico. Lasciate, dunque, riposare nel vostro armadio il buon vecchio trench, per lui ci sarà tempo! Ora è tempo di pvc!

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Di Viviana Guglielmino

Vestire asimmetrico Dimentichiamoci le linee rette e ordinate

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alle rinomate case di moda ai brand low cost tornano in auge i capi asimmetrici. Dimenticate dunque le linee rette e ordinate perché la moda 2018, dalle passerelle allo street style, non cerca compostezza. Zara propone jeans in denim con orlo asimmetrico sfilacciato e pantaloni dal taglio più lungo sul retro rispetto che al davanti. Abiti e pullover perdono rigidità giocando con la morbidezza che solo un taglio asimmetrico riesce a dare. New entry in casa Zara è la gonna a costine modello a campana con orlo asimmetrico, un capo non facilissimo da indossare. E poi ancora parka primaverili, blazer e bomber con arricciature seguono le linee della silhouette. Gli abiti da cocktail assumono una chiusura a portafoglio e non mancano neanche i modelli con chiusura kimono. Silhouette fluide e prive di rigidità anche dalle passerelle. Il brand Anteprima ha puntato tutto proprio sull’asimmetrico, per la sua collezione S/S 2018, con capi dalla linea destrutturata. Anche Elie Saab ha giocato di asimmetria, tramite spacchi vertiginosi, gonne dal taglio obliquo e abiti con strascico lungo sul retro e gonna corta sul davanti. Nella sua linea garden, Jeremy Scott ha portato sulla passerella di Moschino – durante la Milano Fashion Week – abiti da sera dal taglio asimmetrico. Mentre Christopher Kane ha preferito mantenere la tendenza più sull’accostamento che sul taglio. Ciò è stato ripreso anche nello street style delle fashion icon, da Bella Hadid a Rihanna.

New entry in casa Zara è la gonna a costine modello a campana con orlo asimmetrico

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Di Claudia Capone

Scarpe

La forma del tacco è la vera protagonista

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esempio le Mary Jane proposte da Dolce & Gabbana, tempestate di fiori stilizzati sul corpo della scarpa e in rilievo sul tacco, o ancora le Pumps con fiori e borchie, o le Mary Jane rosse con glitter sempre dello stesso brand. Come non citare Alberto Guardiani che ha proposto i Lipstick Heels 115: décolleté a punta in camoscio, in vernice o con applicazioni, rese particolari dal tacco a forma di rossetto. Anche Prada non si è sottratta a questa moda e ha proposto la collezione Cadillac: scarpe ispirate alla celebre Cadillac Eldorado del 1959 e in generale alle automobili americane degli anni Cinquanta e Sessanta. Ci sono poi modelli di scarpe con forme del tacco ancora più particolari, quasi impossibili da portare, che sfidano ogni genere di sobrietà. Un esempio sono i sandali scultura proposti da Alexander McQueen, sia che si allaccino alla caviglia sia il modello gladiator, i sandali dello stilista inglese presentano un tacco dal design particolare e d’effetto. Sempre di McQueen non si possono non citare le Armadillo, comprate all’asta da Lady Gaga: una scarpa dal plateau estremo che avvolge completamente il piede e accompagnato da un tacco a spillo esagerato, una calzatura così alta da raggiungere i 30 centimetri. Accessori importanti e pezzi di vero design, i tacchi scultura modificano il concetto di scarpa il quale si eleva e trasforma la moda ordinaria in arte. La scarpa diventa così la reale protagonista e oggetto artistico, una vera e propria opera d’arte d’ammirare.

opo i diamanti, le scarpe con il tacco ‘are girl’s best friend’, il migliore amico di una donna e lo sanno benissimo tutte le shoes addicted.Che siano altissimi o appena di qualche centimetro, i tacchi rappresentano la donna, donano subito femminilità e sensualità regalando anche altezza e una figura più slanciata.I tacchi delle scarpe possono avere, oltre che diverse altezze, anche diverse forme quali spillo, stiletto e rettangolari, ma soprattutto possono assumere delle forme davvero particolari. Così, la forma del tacco diventa la vera protagonista e, grazie a designer di fama mondiale, la scarpa con il tacco diventa una scultura, un’opera d’arte su cui sfogare la creatività.Le scarpe con il tacco scultura vogliono infrangere le barriere ordinarie della moda e rappresentare il punto di incontro tra l’arte contemporanea e un’arte ibrida che lascia indietro la comodità o la semplicità, in favore dell’estetica e della bellezza. La scarpa con il tacco scultura, perciò, non è più un mezzo per veicolare la sensualità e il corpo della donna, ma esiste di per sé con autoreferenzialità. Ancora una volta la moda incontra l’arte, dove l’una influenza l’altra, in un connubio perfetto di bellezza e unicità, dall’aspetto futurista e d’avanguardia e pone la forma del tacco al centro dell’attenzione, la rende unica protagonista. Da quelle più sobrie a quelle più estreme, i designer si sono sbizzarriti nel riprodurre forme del tacco uniche ed originali. Come ad

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Di Anastasia Verrelli

Gioielli Plexi

Bracciali, collane orecchini arricchiranno ogni vostro outfit

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l plexiglas è una materia plastica, nobilitata grazie a coloro che la presentano in un modo nuovo trasformandola in un gioiello.Per le sue caratteristiche di trasparenza e brillantezza è chiamato anche cristallo acrilico. L’effetto finale infatti è molto simile a quello di un accessorio di cristallo, con la differenza però che quelli in plexi sono oggetti duraturi e che non necessitano di pulizia e lucidatura periodica. Poi, grazie alla sua versatilità e leggerezza, può essere abbinato a qualsiasi look, dal più elegante a quello più eccentrico. Tant’è che si possono trovare gioielli in plexi di qualsiasi forma e colore, combinazioni che possono rispecchiare ogni gusto e personalità. Il contrasto tra il materiale acrilico e le forme più eleganti è come se volesse raccontare le diverse particolarità e modi di essere che sono in ogni donna.Movimento e colori si intrecciano rivelando la tensione tra emozione e razionalità.Per non parlare poi dei prezzi. Gli accessori in plexiglas costano molto meno rispetto a quelli di altri materiali più preziosi, e il risultato finale non cambia, essendo lavorati con molta precisione e attenzione.Bracciali, collane, orecchini arricchiranno ogni vostro outfit, chic di giorno e sofisticato di sera. Indispensabili ormai se si vuole seguire la moda.Insomma, sono bijoux divertenti e sbarazzini, ideali per tutte le donne.

La creazione di gioielli con il plexiglas sta diventando di tendenza E già in molte sfoggiano questi bijoux

ACCESSORI

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Di Martina Siravo

BEAUTY

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Di Valentina Di Manno

Diego Cusano Satirico, tagliente, ma anche molto poetico: è Diego Cusano, giovanissimo creativo nato in provincia di Caserta. Non ama essere chiamato artista; si definisce un “ricercatore di fantasia” e si divide tra l’amore per la musica e quello per l’arte

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enomeno del web e appassionato viaggiatore, attraverso i suoi lavori esorcizza la quotidianità e racconta a modo suo il pazzo mondo che ci gira intorno offrendo un connubio di melodia e arti visive. Abbiamo avuto la fortuna di potergli rivolgere qualche domanda: Dedichi la tua vita all’arte, tra illustrazione e musica. Come sono nate queste tue passioni? "Secondo me sono nato già con queste passioni, forse qualche mio antenato suonava e disegnava anche perché tutta la mia famiglia lavorano nell’esercito, mia zia è funzionario dei Vigili del Fuoco. Sono nato io totalmente diverso e sto percorrendo una strada che inizialmente è stata molto faticosa e solo oggi sto raccogliendo i frutti. Per la musica invece ricordo di aver toccato i primi tasti di un pianoforte a mezza coda quando avevo 4 anni, mi piacque tantissimo e dopo 2 anni ho convinto i miei a portarmi da una maestra per imparare a suonare il pianoforte."

I N T E RV I E W

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Da cosa ti lasci ispirare quando suoni? Attingi molto dal tuo bagaglio personale? "Quando suono mi distacco dalla realtà faccio spazio dentro di me per descrivere il mio stato d’animo e per tradurre le mie emozioni del periodo in cui vivo. Altre volte inizio a creare una melodia e in base a quello che esce adatto un testo legato alle mie esperienze vissute, il viaggio, l’avventura, la vita e la continua ricerca di nuove ispirazioni. Ultimamente per via del disegno ho accantonato momentaneamente la musica perché portare avanti questi due colossi è davvero difficile. " Hai viaggiato tanto e hai avuto l’occasione di pubblicare un disco in Finlandia. In base alla tua esperienza, credi che al di fuori dell’Italia sia più facile per i giovani riuscire ad esaudire i propri sogni? "Assolutamente no, anzi vedo che i giovani vanno all’estero per lavorare ma per trovare un lavoro che puoi fare benissimo in Italia, pubblicai un disco in Finlandia perché feci un tour Europeo e mi proposero di fare un disco per il mercato estero. In Italia c’ho provato e ci proverò ma non m’interessa il successo oppure l’essere famoso mi piace fare musica, creare composizioni musicali. I sogni li raggiungi solo se sai quello che vuoi, con tanta pazienza, con la determinazione, la giusta sicurezza che puoi cadere e subito dopo rialzarti insomma bisogna crederci sempre e arrendersi mai!"

Sei molto attivo sui social network, dove hai un grande seguito. Le illustrazioni che pubblichi offrono un allegro e alternativo punto di vista a quello che è il mondo di oggi. Ce ne vuoi parlare? "Oggi vivo in un contesto storico in cui tutti sanno tutto, dove tutti si lamentano del contesto storico in cui viviamo, le persone attaccano, giudicano senza conoscere e senza informarsi, viviamo in un periodo dove ci propongono falsi ideali e soprattutto la massa segue tutto ciò che i media ci propongono. Vedo persone che fanno un cattivo uso dei social network lamentandosi in continuazione. Oppure le mamme che pubblicano costantemente la vita del figlio appena nato, oppure i giovani che non vivono, mettono su famiglia sfornano figli come le torte e pensano da adulti. Non ho più visto sorrisi…Ero stanco di tutto questo e ho deciso di guardare il mondo da un altro punto di vista e di regalarvi per qualche secondo un sorriso attraverso la mia quotidiana dose di immaginazione. Vorrei regalare sorrisi quando le persone osservano i miei disegni è la mia citazione che tutte le persone che mi seguono conoscono." Da artista a tutto tondo e considerando la tua giovane età, hai qualche consiglio da dispensare ai ragazzi che cercano di farsi largo nel mondo musicale come in quello dell’arte? "Non definirmi artista non voglio essere come tutti gli altri e non mi sento arrivato anzi questo è solo l’inizio spero, mi puoi benissimo chiamarmi “Ricercatore di fantasia” il mio consiglio è quello di percorrere due strade, cioè avere l’alternativa o la carta jolly. Capire cosa vuoi essere e cosa vuoi fare, iniziare a coltivare la terra, prenderti cura, concimare quello che sarà il tuo orto e vedrai che piano piano le verdure e la frutta che hai coltivato con tanta pazienza raccoglierai. Ovvio che se poi ti perderai dovrai rifare da capo tutto quanto sempre con pazienza, con determinazione e mantenendo la passione che hai dentro senza mai fartela togliere dalle persone che ti circondano imparando ad ascoltare te stesso."

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Di Giulia Abbruzzese

Arredare casa non è mai stato così semplice Un po’ come… giocare alla play station

La proposta di “INTERNO Home&Design” di Giuseppe Pantano Un visore 3D per entrare nei propri spazi e viverli. Virtualmente

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dee ed elementi di design per arredare uno spazio living o una zona notte? Riutilizzare una vecchia poltrona per dare un tocco vintage al salotto? Impreziosire una parete con carta da parati e materiali d’insolito accostamento? Oggi “disegnare” la propria casa è un po’ come giocare alla play station, magari indossando un visore che ti proietta, in una dimensione tridimensionale, all’interno del tuo appartamento e ti consente di vivere un’esperienza immersiva, in ambienti ricostruiti secondo esigenze assolutamente personali. Tutto questo si può negli 80 metri quadrati di “INTERNO Home&Design: progettiamo con stile...il tuo!”, in via Aldo Moro 312. L’architetto junior Giuseppe Pantano, interior design di Fiuggi, si occupa dell’assistenza clienti, vendita di arredi e consulenza per la progettazione di interni. Uno spazio espositivo, nel centro di Frosinone, inaugurato lo scorso novembre in cui il concetto di show-room è quello di un luogo informale, quasi familiare, con elementi di design allestiti in una zona living, in un’area pranzo e in una cucina, che in futuro ospiterà anche degli show-cooking. Diversi i partner commerciali: Fava Arreda temporary store, Casalese style, Casalplastik, VRender Service (servizi di grafica per architettura e design).

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Foto Andrea Sellari

Gli abbiamo chiesto cosa può essere definito, oggi, un oggetto di design. <È un progetto che propone un’innovazione, una rivoluzione con elementi che lo rendono eterno, senza tempo. Un qualcosa che deve incuriosire e spingere all’interazione, anche con un semplice sguardo o una domanda, fino a creare un’emozione. Deve trasmettere empatia nei confronti dei materiali che lo compongono, della sua manifattura e, ovviamente, della sua funzionalità>. Quali sono le ultime tendenze nel settore dell’arredamento? <Come in tutte le mode, anche nel design si susseguono delle tendenze e spesso hanno molto in comune. Sono diversi i segnali che annunciano il ritorno di un'art deco e sarà interessante vedere come verrà adattata ai giorni nostri>. Quale elemento di arredo è un evergreen? <In passato lo era per necessità o per tradizione, oggi lo è un po’ per moda, ma è da sempre stato così: il riciclo. Sono tanti a voler dare una seconda opportunità al mobile della nonna o a un pezzo d’arredamento che era nel precedente appartamento. Riproporlo e interpretarlo, attualizzandolo, crea con l'oggetto quella empatia e quell'emozione che lo rendono il nostro pezzo di design>.

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E nell’abbinamento di colori c’è una regola che non dovrebbe mai essere infranta? <La prima regola è: a proprio gusto... Poi i materiali, gli oggetti e i colori all’interno di un ambiente devono ricercare e creare un dialogo. Se parliamo di regole accademiche, diciamo che possono essere tre: abbinamento monocromatico (toni e gradazioni dello stesso colore); abbinamento per analogia (unire tre colori adiacenti) o abbinamento per complementarità (utilizzare colori opposti tra loro). Con quale idea è nato “INTERNO Home&Design”? <La sfida che ho voluto affrontare è quella di mettere a disposizione del cliente delle ambientazioni il più vicino possibile a quelle di una “casa” e non di un negozio, in modo da offrire una visione più completa e dettagliata degli arredi e in tutti i suoi aspetti, dal colore delle pareti all’oggettistica. E voglio farlo avvalendomi anche della realtà virtuale, proponendo un’esperienza di realtà immersiva in tre dimensioni: attraverso la grafica 3D e con l’ausilio di un visore, il cliente potrà entrare all’interno dei suoi spazi e, senza doverli immaginare, vedere realizzati i vari ambienti corredati di colori, complementi d’arredo e oggettistica>. Qual è la tendenza del 2018? <Si sta facendo strada, in questi ultimi anni, l’esigenza di addolcire il carattere forte dello stile industriale che, con il suo metallo e le sue superfici materiche, va lentamente a impoverirsi nelle forme, proponendo i tessuti come il velluto e il raso con colori primari forti e decisi, non come alternativa, ma in un ricercato dialogo tra loro. A mio parere nel design bisogna osare. Io invito sempre le persone a trovare un elemento unico e personale; non importa se è o meno in armonia con il resto, perché quello è il “mio design”>.

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Di Martina Siravo

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Come arredare con stile la propria casa

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uante volte abbiamo immaginato la nostra casa dei sogni? Senza problemi, senza difetti nÊ spazi morti e con piccoli dettagli che fanno la differenza? E quante volte ci siamo detti, vivendo gli spazi, che non abbiamo considerato pochi accorgimenti semplici ma fondamentali? Che abbiamo ascoltato consigli sbagliati da chi non era esperto del problema da risolvere? Con questa rubrica cerchiamo, grazie all’aiuto di Grug, di evitare errori e, soprattutto, di arredare la propria casa nel rispetto di desideri, scelte e funzionalità . Partiamo dalla zona notte. Ecco un esempio di come potrebbe essere disposta una camera da letto, rispettando metrature e non dimenticando nulla, nemmeno la culla del bimbo o la cuccia del nostro adorato amico a quattro zampe! Grug ha realizzato la piantina della camera da letto di Francesca, una giovane imprenditrice e mamma del piccolo Giulio, sei mesi appena. Ecco come si presenta:

1 Piantina fornita da Francesca

2 Ipotesi obbligata

PRESE LUCE

PRESE LUCE

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Ed ecco come Grug ha trasformato la stanza da letto di Francesca: 4. La tv non può mancare a Matteo, il marito di Francesca. E allora… eccola incassata nella parete armadio, in una posizione assolutamente ideale per quando lui è comodamente sdraiato.

1. Sposta la porta di ingresso alla zona notte per lasciare spazio all’armadio.

5. Il termosifone, come per magia, lascia spazio al termoarredo: più piccolo e di raffinato design

2. Utilizzando la parete fronte armadio la zona letto diventa più larga e così entra anche la culla.O la cuccetta del cane!

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Dal progetto...

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3 3. Utilizza le luci pendenti in modo tale da non occupare spazio sul comodino che serve, invece, per occhiali, libro, sveglia, acqua e… biberon!

Alla realizzazione


Foto Riccardo Lancia / Style Claudia Palombi Mua Francesca Rotondi / Model Giulia Petronio Location Interno 36 / Assistenti Claudia Minna – Roberta Evangelisti Abito di Claudia Minna


Sedici giovani designer, 32 capi realizzati attraverso la nuova tecnologia della stampa 3D e del Laser cut, per un risultato di grande impatto scenografico che ha lasciato stupito il numeroso pubblico presente all’evento sfilata “Interferenze POP UP”. Giovani designer che hanno lavorato al concept e alla realizzazione degli abiti della collezione Pop Up, presentati nella prestigiosa cornice di Altaroma 2018, nella sezione Fashion Hub dedicata a scouting e talenti emergenti. Abiti, frutto della ricerca e della sperimentazione degli studenti del biennio specialistico di Fashion Design dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Non solo progettazione stilistica, ma anche ricerca nell’utilizzo di nuovi materiali, per dare forma a costruzioni sartoriali impreviste che invadono linee geometriche lasciando spazio a forme nuove e tridimensionali. A supporto della realizzazione del progetto multimediale anche la Camera di Commercio di Frosinone, e Aspiin, Azienda Speciale Internazionalizzazione e del FabLab di Frosinone, laboratorio di fabbricazione digitale e prototipazione rapida. Abito di Antonella La Grasta

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In questa pagina abiti da sinistra verso destra Samanta Caponera Alessia Tomei – FabLab Frosinone Chiara Rossi


Abito di Liliya Marinova



In questa pagina abiti da sinistra verso destra abiti Goloria Cerroni Sharon Pacitto Carmen Moffa – FabLabFrosinone- Jacopo Spaziani Giovanna Fiore In questa pagina abito di Mahnaz Ebrahimi


Abito di Roberta Evangelisti


Corso della repubblica 87 Frosinone - 0775 169 3695


Di Viviana Guglielmino

Marco Verrelli

Pittore con il fascino del vero coinvolto dalla “pelle delle cose”

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uardando le opere di Marco Verrelli è difficile non rimanere affascinati dai colori vivaci e dall’attenzione che l’artista, classe 1961, dà ai particolari. Nelle sue opere, infatti, Verrelli riesce a catturare e a rendere vivi attimi di vita quotidiana e paesaggi urbani, soggetti che solitamente vengono inconsapevolmente trascurati ai più. Tuttavia non è facile inserire il suo stile all’interno di una vera e propria corrente artistica. Lo stesso Verrelli trova difficile autodefinirsi, preferendo lasciare la parola ai critici che da anni seguono e apprezzano il suo lavoro. Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con lui attraverso un’intervista che spazia dal ricordo dell’infanzia alla ventennale e pluripremiata carriera artistica. Una vita dedicata all’arte, qual è stato il suo primo approccio con la pittura? < Devo tornare molto indietro nel tempo, ripescare nella memoria ricordi dell’infanzia. Disegnavo, disegnavo sempre, fin da piccolissimo. In famiglia mi consideravano inclinato e mi incoraggiavano. In casa poi c’erano libri d’arte illustrati, ricordo che ci passavo le giornate sopra copiando le tavole con le mie matite colorate. Ma l’incontro con la pittura dal vero lo devo a uno zio artista milanese. Ogni volta che veniva a Roma mi portava con sé nelle sue infinite e ripetute visite alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Per me era un sogno, avrò avuto sette o otto anni. Poi un bel giorno, quello del mio undicesimo compleanno, proprio lui mi regalò un cavalletto, colori a olio, pennelli e una tela. Una magia. Mi spiegò come dovevo fare e da lì è iniziata un’avventura che dura ancora oggi. > Ricorda ancora la sua prima opera? < Ho un ricordo vago, però mi è rimasta impressa la mia insoddisfazione, ho impiegato molto a imparare, a passare dalle matite ai pennelli. Da autodidatta ho imparato sugli errori, negli anni ho fatto tutti quelli possiI N T E RV I E W

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bili.> A cosa si ispira esattamente quando disegna? C’è un messaggio che vuole lanciare con le sue opere? < I miei dipinti nascono da visioni del paesaggio reale. Posso venire rapito da una scena oppure da un oggetto, dalla sua plasticità o dal taglio di luce che lo colpisce. Se gli riconosco una forza evocativa, questa immagine nella mia mente si trasfigura in simbolo. L’oggetto caduto dalla sua funzione risorge come emblema o rappresentazione metaforica, prende forma in uno spazio non più fisico ma ideale. Non ci sono messaggi dall’alto, è una comunicazione orizzontale, quasi sempre riflessione sulla condizione umana o constatazione dello stato delle cose.> Come definirebbe il suo stile? < Vogliamo azzardare Realismo Surrealista? Oppure il mondo del Futurismo visto con gli occhi della Metafisica? Non so, è difficile autodefinirsi. Preferisco citare una descrizione di Carlo Fabrizio Carli, un attento storico dell’arte che per primo ha saputo cogliere l’essenza del mio lavoro: “Marco Verrelli, pittore d’immagine, irriducibilmente, ha sempre avvertito il fascino del vero; sempre è stato coinvolto dalla “pelle delle cose’’, senza per questo restare imprigionato in una dimensione realista, ma anzi testimoniando un'attitudine di disagio nei confronti della realtà contemporanea. Ma anche il linguaggio - che Verrelli adotta spesso - d’accanita competizione con il vero di natura, d’acribia precisionista, alla ricerca di un vero più vero del vero, supera l'ambito realista, approdando ad esiti spiazzanti di una realtà altra, artificiale e astratta; una sorta di clone geneticamente modificato del vero di natura: clone impeccabile e raggelato. Ecco, insomma - esito ben noto - l’esasperazione dell'esattezza diventare via di accesso al Surrealismo, cui difatti Verrelli guarda con molto interesse, specie nell'accezione magrittiana.” > C’è qualche artista del passato o a noi contemporaneo da cui ha mai tratto ispirazione nel corso della sua carriera? < Da ragazzo ammiravo due grandi geni del passato: Michelangelo, per la possanza dei volumi, e Caravaggio per la violenza della luce e la sua spregiudicatezza. Più avanti ho subito il fascino dell’onirismo surrealista e delle sospensioni metafisiche, quindi Magritte e De Chirico per fare solo due esempi noti. Infine ho amato il lirismo e le solitudini di Eduard Hopper, un altro indiscutibile maestro, già più vicino ai nostri tempi. Ma non posso dire che qualcuno mi abbia influenzato definitivamente, questi e mille altri autori del passato insieme ai contemporanei continuano a nutrirmi, con le loro immagini e le sensazioni che costantemente mi producono.> I N T E RV I E W

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Di Roberta Evangelisti

New Hair Dimension La bellezza come stile di vita

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a passione e l’amore hanno guidato Mirko Palombo fin da piccolino, quando, ricorda, accompagnava il suo papà dal parrucchiere e non voleva mai andare via: i suoi occhi blu rimanevano attenti a seguire la maestria con cui venivano tagliati ed acconciati i capelli. Affamato di voler apprendere tutti i segreti di quel mestiere che tanto lo affascinava, veniva lasciato lì per imparare, tanto che, a soli 14 anni, dopo aver terminato le scuole medie, frequenta per due anni la rinomata scuola Pino Rotili. Dopo gli studi, intraprende diverse esperienze lavorative che segnano la sua carriera in questi anni e confermano la sua bravura e l’alta professionalità che lo contraddistinguono: nella sua ventennale esperienza, ha lavorato anche come specialista/tecnico del colore e come consulente tricologico per Revlon Professional. Nel 2007 sa che è arrivato il momento e la maturità giusta per intraprendere il proprio percorso: apre il suo salone di bellezza uomo donna a Ferentino, NEW HAIR DIMENSION. Un ambiente accogliente e dinamico, in cui il cliente si sente sempre coccolato e a proprio agio, ma soprattutto protagonista, grazie ai numerosi contest e le varie offerte, che il team di New Hair Dimension propone in vari periodi dell’anno. I punti di forza sono sicuramente il poter affidarsi alla consolidata esperienza che permette anche alle donne di poter trovare il look adatto, nonché la particolare attenzione dell’uomo, che rappresenta una buona fetta di clientela. Ormai all’undicesimo anno di attività raggiunto un livello di successo e fiducia al di sopra delle aspettative, diventando uno dei saloni di riferimento. Traguardo che vede Mirko confermarsi come uno dei migliori hairdresser in circolazione, che ogni giorno, mette in pratica la sua filosofia: “il successo di un buon parrucchiere è lo sguardo soddisfatto di una donna che davanti allo specchio sorride soddisfatta”. L’unione di altissima professionalità, vocazione e continuo aggiornamento sono il risultato che ha portato Mirko Palombo a dare vita a New Hair Dimension.

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Testimonial - AMALIA SANNA - Foto Riccardo Lancia


Di Valentina Di Manno

Ultra Violet

Il 2018 é l’anno del viola galattico

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untuale come ogni anno, il Pantone Color Institute ha annunciato il color Pantone dell’anno che segnerà la tendenza di tutto il 2018: l’Ultra Violet 18-3838. Questo bellissimo punto di viola, né troppo chiaro, né troppo scuro, vuole essere una tinta provocatoria e riflessiva, fortemente legata all’dea del cosmo e ai suoi misteri, al cielo, alle galassie e alla vastità della bellezza che c’è oltre il nostro mondo, inoltre rappresenta l’unione degli opposti, essendo il viola un colore che nasce dall’incontro di rosso e blu. Da sempre il colore viola è stato simbolo di anticonformismo e molti artisti lo hanno portato in auge, da Prince a David Bowie, per non parlare dell’architetto Frank Lloyd Wright che era solito indossare un mantello viola per sentirsi più creativo, pertanto, questo Ultra Violet, simboleggia sperimentazione e non conformità, vuole soprattutto rappresentare infiniti sbocchi creativi. L’Ultra Violet 18-3838 non vuole semplicemente essere un trend ma un vettore di profondi significati per artisti e designer. Il pantone dell’anno, proprio come il Greenery del 2017, può sembrare una tonalità un po' azzardata, magari difficile da indossare, c’è addirittura chi sostiene stravaganti credenze secondo le quali il colore viola porti sfortuna… Brand e influencer, però, sono già a lavoro per proporre nuove idee tutte a tema Violet e non c’è da preoccuparsi perché questo colore si adatta benissimo a bionde, more e rosse, rende gli occhi magnetici, soprattutto quelli di colore verde e nocciola, e offre un alternativo tocco di colore negli outfit neri e grigi. Anche in tema di arredamento e design si prospetta un grande successo, il colore risulta, infatti, perfetto per creare ambienti rilassanti dove trovare rifugio dalla frenesia della quotidianità.

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Di Martina Arduini

Bella come bio comanda La nuova tendenza del make-up arriva dalla natura

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tanno prendendo sempre più piede nel mercato italiano, investendo non solo il settore alimentare ma anche quello dell’abbigliamento e della cosmetica: sono i cosiddetti prodotti biologici o più comunemente “bio”. La nuova frontiera del make-up naturale è tutto un mondo da scoprire. È decisamente un settore in crescita, quello del biologico, che affonda le sue radici nell’antichità. Le donne (e non solo loro!) già dalla preistoria facevano uso di cosmetici naturali, derivanti da estratti di fiori e piante. Si tratta di prodotti 100% naturali. Addio ai derivati petrolchimici, ai coloranti, alle paraffine e… chi più ne ha più ne metta! Spazio, invece, a composti di materie prime vegetali, lavorati e spremuti a freddo per non modificarne sensibilmente le qualità, formulati utilizzando prodotti provenienti da agricoltura biologica, senza impiego di organismi geneticamente modificati, secondo un elenco di sostanze non consentite. Prodotti che rispettano la natura e gli animali, biodegradabili e quindi non inquinanti per l’ambiente e non testati sugli animali. Sicuri per la pelle. Niente più intolleranze e allergie, le pelli sensibili saranno al sicuro! I “bio” infatti sono anallergici e, non contenendo sostanze nocive ma estratti naturali, non daranno problemi alle pelli più a rischio, anzi le proteggeranno. Un bio-cosmetico assicura un’ottima efficacia anche solo con una quantità minima. Niente più strati di prodotto sulla nostra pelle, ma poca e nutriente sostanza per un risultato migliore. Per riconoscere un prodotto biologico è importante guardare l’etichetta, che deve riportare il logo europeo e le certificazioni, ognuna delle quali ha un codice identifi-

cativo dello Stato in cui il prodotto è stato fabbricato; la sigla dell’organismo di controllo; il codice del produttore; se il prodotto è fresco o trasformato; il numero di autorizzazione alla stampa delle etichette. Ad attestare che i prodotti sono realmente privi di sostanze chimiche c’è l’Inci (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients), che indica uno standard convenzionale internazionale per l’etichettatura degli ingredienti nei cosmetici. Questo vuol dire che esistono regole internazionali in maniera tale che i consumatori di tutto il mondo possano facilmente capire cosa stanno comprando. La prima norma è che le sostanze devono essere inserite in ordine decrescente per quantità: questo significa che l’ingrediente principale deve essere elencato per primo, seguito da tutti gli altri. Gli elementi che conservano il loro nome in latino sono quelli che non hanno subito processi di trasformazioni chimiche; quelli sintetici, invece, prendono il nome inglese. Il trucco biologico è efficace come quello tradizionale? Ebbene sì! Contrariamente a quello che si pensa, i cosmetici biologici sono spesso più efficaci di quelli tradizionali. La tenuta maggiore sulla pelle è data dai principi vegetali utilizzati, che sono molto potenti: senza dover “abusare” del prodotto, l’efficacia risulta anche superiore. Il make-up tradizionale è un “trucco” nel vero senso della parola, in quanto grazie al silicone e ad altre sostanze è in grado di mascherare la pelle. I principi attivi dei cosmetici biologici, utilizzando sostanze simili a quelle della pelle, interagiscono con essa e in molti casi risolvono i problemi. Detto ciò, i prodotti bio non hanno nulla da invidiare ai cosmetici tradizionali. Provare per credere!

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Di Giulia Abbruzzese

Cosa c’è scritto nel mio libro? Anche la ricetta della pasta al pesto

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e chiudi gli occhi e lo ascolti, giureresti di avere davanti Jack Nicholson. Due o tre frasi per realizzare che lo hai già sentito altre volte. È proprio lui, Michael Douglas, nella sua magistrale e indimenticabile interpretazione in “Wall Street”. Oppure no. Lo stai confondendo con Gerard Depardieu. Quando tiri su le palpebre e lo guardi, in elegante abito grigio, riconosci un’icona di cinema e seduzione al tempo stesso. Italiana al cento per cento. Internazionale forse di più. I canadesi di Toronto pensano a lui ogni volta che camminano sull’Italian Walk of Fame: lì, dal 2009, c’è anche la sua di stella. Giancarlo Giannini batte orgogliosamente e ovunque bandiera tricolore. In Ciociaria c’è già stato altre volte. La conosce, la ama soprattutto per i suoi sapori e perché, dice contrariamente a chi il termine “ciociaro” lo ha troppo spesso denigrato, “lo associo subito al seno florido delle donne, delle contadine” . Lui, che nel 1973 ha vinto il Prix d'interprétation masculine al Festival di Cannes, nel 1976 è stato candidato all’ Oscar come miglior attore per Pasqualino Settebellezze, ha ricevuto sei David di Donatello, cinque Nastri d'argento e cinque volte il Globo d’oro. E chi non lo ricorda nei panni di Gennarino Carunchio in “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” accanto a Mariangela Melato? Proprio lui, ligure di nascita ma meridionale nel cuore, è stato recentemente a Sora, Ferentino e Paliano, dove il 3 febbraio scorso lo hanno insignito del Premio alla carriera. Ha parlato del perduto piacere di pensare, della solitudine come straordinaria energia per un ragazzino che, a differenza dei suoi coetanei, non cerca compagnia in formato elettronico. Ha raccontato della pasta al pesto, che occupa qualche pagina del suo volume “Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi)”, ripercorso il suo rapporto con i figli, che portava, ancora piccoli, nei ristoranti indicati dalle guide di gastronomia, perché imparassero da subito l’importanza di mangiare bene. Ma anche del senso della vita che ha capito al Sud: <Ho vissuto a Napoli, dove ho scoperto

un popolo straordinario e la vocazione artistica, il tempo che invita alla comunicazione, al parlare>. E, ancora, della sua straordinaria amicizia con Federico Fellini che adorava il parmigiano e chiamava Giannini “il lupo della notte”. Di Pier Paolo Pasolini, appassionato di fiammiferi. Ma ci ha anche svelato aneddoti inediti, come il film su di lui che, alla fine, ha girato Vittorio De Sica.

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Lei non è nuovo ad apparizioni in terra ciociara, quella che ha dato i natali a grandi nomi del cinema, della storia e della letteratura. Cosa apprezza in particolare di questa provincia? < Mi lasci dire che si mangia molto bene. Poi io amo tanto il sud e la Ciociaria è l’inizio del sud. Ci vengo sempre volentieri >. C’è una città o un luogo della Ciociaria che l’ha colpita? < Io sono affezionato a tutta l’Italia. Se dovessi scegliere un luogo in particolare di questa terra mi viene in mente la città di Ferentino in cui fanno il panfrutto, un dolce squisito che mi hanno regalato e che ho divorato >. E di Vittorio De Sica, illustre cittadino di Sora, qual è il primo ricordo che le torna in mente? < Il ricordo che ho di lui è legato a un film scritto molti anni fa su di me, quando avevo circa 23 o 24 anni. Mi proposero di farlo ma io rifiutai perché ero impegnato. Alla fine lo fece De Sica che aveva già sessant’anni. E forse lo interpretò anche molto meglio di quanto avrei fatto io >. Spesso ancora oggi il termine ciociaro viene connotato negativamente. Cosa impedisce, secondo lei, di superare questa concezione? < A me personalmente è un termine che piace: la Ciociaria, non so perché, mi ricorda il seno prosperoso delle donne. Quindi altro che dispregiativo! >. Televisione, cinema, teatro: in quale di questi “contenitori” Giancarlo Giannini è più vicino a se stesso? < In tutti e tre. Ho fatto tredici anni di teatro come un monaco, ho girato romanzi e sceneggiati per la televisione, al cinema sono stato candidato all’Oscar con Pasqualino Settebellezze quindi direi che non posso scegliere l’uno o l’altro. Sono un attore poliedrico anche se mi mancano i fotoromanzi. Ma l’ideatore di Grand Hotel era già morto quando ho iniziato a fare questo mestiere! >. A un attore simbolo della bellezza maschile non posso che chiedere qual è il canone di donna, tra quelle con cui ha lavorato, che rispecchia maggiormente il suo ideale... < Ho girato film e fiction con tante attrici, anche molto belle, ma non esiste un canone in particolare di bellezza femminile per me. Le confesso che mi sono piaciute un po’ tutte! >.

Il cinema, il teatro, la televisione: Giancarlo Giannini parla dei suoi esordi e dell’amore per il cibo Del film su di lui che ha fatto De Sica e della Ciociaria: Mi ricorda il seno prosperoso delle donne

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Di Claudia Palombi

Fendi Studios

La sorprendente mostra per immergersi nella settima arte

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l Palazzo della Civiltà a Roma c'é l’opportunità di vivere un’esperienza unica con la possibilità di interagire ed essere protagonisti della scena di un film tutto da reinventare. Si tratta della quarta mostra organizzata da Fendi per raccontare il rapporto della Maison con il cinema. Non ci sono intenti didascalici, ma si punta al coinvolgimento ludico dei visitatori come ad esempio a bordo di un’Alfa Romeo Duetto ci si può vedere su uno schermo, con capelli mossi dal vento, trasportati da Roma a New York. Il percorso espositivo prevede manichini che indossano pellicce e accessori creati da Fendi per i protagonisti di celebri film e diventati icone. È il caso della pelliccia che Gwyneth Paltrow, nei panni della tormentata Margot Tenenbaum, indossa nel film di Wes Anderson, oppure di quella indossata da Madonna-Evita nel film di Alan Parker, solo per citarne alcuni. Da non perdere, infine, le proiezioni nella sala da 64 posti allestita per l’occasione, che resterà aperta almeno fino al 25 marzo. Una mostra gratuita, assolutamente da non perdere.

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GIOIA

Non chiamatela marsupio Di Roberta Evangelisti

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er la stagione primavera/estate 2018, le ragazze di Firminio puntano sulla versatilità, proponendo la soluzione vincente per le esigenze di una donna multitasking e metropolitana.Gioia è il must have della collezione presentata al Mipel 2018, nei giorni tra l’11 e il 14 febbraio. L’alta pelletteria italiana, la sapienza artigianale e le linee essenziali, interpretate in maniera dissonante, sono le caratteristiche che rendono riconoscibile il prodotto Firminio. Caratteristiche che in Gioia, sono interpretate in formato pocket, ciò che le permette di essere indossata in tutti gli orari della giornata, non compromettendone, però, la capienza, grazie alla morbidezza e alla duttilità dei materiali.L’originalità e l’unicità di ogni donna viene rispettata in ogni creazione, per questo Gioia rappresenta la vera essenza del nome che porta: chi la indossa ha la possibilità di cambiare a seconda del proprio stato d’animo, dell’occasione e del proprio gusto. C’è cosa che renda

più gioiosa una donna dell’essere libera di essere se stessa? Che si senta eclettica, divertita, spiritosa, sportiva o elegante, questa minibag, all’occasione, si trasforma: portata a mano per essere sofisticata, con la cinta in vita per chi ha voglia di essere sportiva e spiritosa, a tracolla con la catena per essere comoda e glamour. Proposta in varie nuance, che variano dai toni più freddi /pastello a quelli più strong, la new entry di casa Firminio, riesce a soddisfare proprio tutte: dalle più romantiche alle più vivaci, si sentiranno pronte per passare la bella stagione con Gioia. Questo però, non prescinde dal fatto che, come in tutte le sue creazioni, Firminio abbia pensato un prodotto da custodire e tramandare, talmente versatile che è senza tempo. Gioia è l’ennesima delle tante conferme del successo sempre maggiore che sta acquisendo il marchio Firminio, che si sta affermando anche nel panorama internazionale, grazie all’esclusività, l’attaccamento al territorio e la passione, portando alto il nome dell’eccellenza made in Italy.

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ono 3 i modi per indossare la borsa!

A mano In vita con la cintura A spalla con la catena 3



Di Giusi Rosamilia

Fernando Cobelo

Amore, odio, disperazione, tristezza, felicità in un'illustrazione a penna

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he ordinary Young Man” è il tuo modo di definirti, vero? Spiegaci cosa si nasconde dietro tutto ciò. Parlaci della tua vita, del tuo percorso. "The Ordinary Young Man sei tu, sono io, è il tuo vicino di casa o anche qualche nostro amico dell’infanzia. Lui non è nessuno, ma allo stesso tempo è tutti. La verità è che se qualche volta ti sei sentito rappresentato dai suoi sentimenti, allora lui è anche te. The Ordinary Young Man è il personaggio che ha fatto iniziare tutto il mio percorso. Percorso che ora è diventato una vera e propria professione." Quando hai capito di dover intraprendere la strada dell’arte? "Professionalmente sono nato come architetto, ho studiato la carriera sia in Venezuela sia in Italia. La vita fa tanti giri. Ricordo che da piccolo mi piaceva tantissimo ridisegnare i personaggi dei cartoni che guardavo. Sono cresciuto in Venezuela, e non sempre riuscivo a trovare dei pupazzetti che mi piacessero, quindi li disegnavo e poi li ritagliavo per giocarci. Iniziare a disegnare di nuovo quasi arrivato ai 30 anni è stato un po’ come tornare alle basi della mia infanzia. L’architettura mi ha preparato per questo percorso. Anche se non faccio più quella professione, sento che non sarei finito a fare illustrazione se non l’avessi studiata." Come nascono i tuoi disegni? A cosa ti ispiri? "L’idea è rappresentare dei sentimenti ordinari attraverso elementi straordinari, usando però un linguaggio semplice, essenziale, quasi infantile. E’ un processo strettamente legato alle emozioni. Se un’illustrazione rappresenta tristezza, è perché probabilmente è stata fatta mentre sentivo proprio quello. Lo stesso succede con il resto: gli impulsi, gli animi e le sensazioni sono la fonte d’ispirazione. I N T E RV I E W

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Quando ti soffermi a guardare le tue opere finite, a cosa pensi? "Al fatto di essermi svuotato, ma nel senso buono del termine. Per me, disegnare a volte diventa una vera catarsi. Quando faccio illustrazioni personali (non commissionate), metto sulla carta proprio ciò che sto sentendo in quel momento. Tutto ciò mi aiuta a svuotarmi e a ricaricare le batterie." Come vanno interpretati i tuoi disegni? "Una cosa che mi è sempre piaciuta molto è vedere come le persone interpretano le mie opere. Una cosa è come sono uscite da me, un’altra completamente diversa è come arrivano agli altri. Nessuna interpretazione è sbagliata. Possono essere talmente soggettive che andrebbe comunque bene associarle a qualsiasi cosa tu stia sentendo in quel momento. Perché proprio la scelta di colori del bianco e del nero? "L’illustrazione mette le parole laddove più ne ho bisogno, ed è questo il bello. Non sono necessari i colori, neppure le grandi sfumature o la presenza di tantissimi elementi: il messaggio è essenziale, e così è più che sufficiente." Hai scritto un libro, come è stata l’esperienza? Come si concilia con la tua arte? "Durante gli ultimi anni ho avuto la fortuna di scrivere e/o illustrare diversi libri. Posso dire, senza dubbio, che ogni caso è stato un’esperienza meravigliosa. Con il primo libro (“Todo queda igual, pero igual cambia” - 2016 Ediciones Hidroavion), ho avuto carta bianca per creare qualsiasi cosa volessi, e fu così che è nato un libro bilingue e reversibile che racconta il processo di crescita personale di due personaggi attraverso i loro sogni, incubi, sentimenti ed esperienze . Con “Mil Maneras de Perderte” invece c’era già una storia creata ed il mio lavoro è stato illustrarla. Non appena ho letto la trama del libro non sono riuscito a crederci: narra la storia di un ragazzo giovane e ordinario (davvero!) che, essendo un po’ perso nella vita, si imbatte in un viaggio attraverso diverse città, ognuna rappresentata da un sentimento diverso. Vicky ha fatto un lavoro splendido col quale mi sono sentito identificato in tanti livelli. Direi che insieme al gruppo editoriale Penguin Random House abbiamo formato un’ottima squadra "

Il tuo stile viene definito minimal ed essenziale. Tu, invece, come lo definiresti? Non so se è essenziale, ma minimal sicuramente sì e anche molto sincero. Il tuo sito rappresenta il tuo modo di esprimerti e di disegnare, bianco e nero, linee pulite e contorni definiti. È possibile anche stampare le creazioni su supporti diversi. Ce lo spieghi meglio? "Una delle cose più belle dell’illustrazione è il fatto di poter sperimentare diverse tecniche, supporti e mezzi. Se tanto mantieni sempre la tua essenza, allora perché non provare e provare e provare ancora? " Sogni nel cassetto? "Progetti futuri ce ne sono tanti. La cosa più bella è vedere come evolvono in modo naturale. I miei personaggi crescono, e con loro, anch’io. Ci sono ancora tante cose da esplorare nella mia vita, nelle nostre vite, e non ho intenzione di fermarmi."

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Di Alessandra Celani

Un diario d’amore che attraversa le pieghe del tempo

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L’ultimo libro della psicopedagogista

Marcella Ciapetti parla dei giovani.

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Ma anche di suo nonno

Un viaggio nelle emozioni in cui la moda gioca a reinventarsi E diventa strumento per analizzare i sentimenti

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Foto Andrea Sellari

guardo dolce, sorriso rassicurante. È lei, Marcella Ciapetti, psicopedagista clinico, che apre le porte del suo studio a Frosinone e ti invita a entrare. Pareti dipinte con colori pastello, tranne una completamente nera (una lavagna) che trasuda la sofferenza di chi vive e pensa quel luogo come un nuovo inizio. Due ampie finestre, dalle quali entra la luce dell’inverno, completano un quadro a dir poco accogliente, rilassante. Un abbraccio affettuoso e iniziamo a parlare. L’incipit della nostra chiacchierata è il suo libro ‘Quinto, diario d’amore’, nato da un messaggio inviato su WhatsApp da un giovane paziente, sconvolto per una delusione d’amore, che ha aperto nella mente di Marcella un mondo di emozioni senza tempo, tra passato e presente. “L’idea del libro – spiega la Ciapetti - è nata intrecciando un po’ la mia esperienza, legata alle emozioni che provai la prima volta che aprii il quaderno di poesie scritte da mio nonno negli anni tra il 1935 e il 1937. Il filo conduttore è la sofferenza che lui ha provato in quegli anni, legata al tradimento della sua fidanzatina. Nonno era un ragazzo giovane e innamorato, aveva 19 anni. I sentimenti a quell’età si vivono sempre in modo molto forte. Questa delusione, che raccontò in modo molto intenso, mi è tornata in mente una sera di gennaio del 2016. Ricevo il messaggio di un ragazzo che aveva la stessa età di nonno, che mi informava delle sue pene d’amore. Improvvisamente sono riaffiorate in me tante emozioni, che mi hanno fatto capire che non c’è tempo per vivere i sentimenti. Anche la forma. Nonno usava la macchina da scrivere, lui invece utilizzando il digi-

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tale. Il punto di partenza è stato questo e allora ho iniziato a scegliere alcune poesie e a collegarle alle storie che ho ascoltato in questo studio. Un viaggio bellissimo nel tempo, durante il quale ho trovato la collaborazione di tante persone. Devo dire che non è un libro solo mio, mi piace sempre coinvolgere chi vive esperienze di vita che possono rappresentare uno spunto per gli altri”. Tutto è venuto per caso, i disegni, i colori, la copertina… I giovani fanno parte di questo progetto, che ha una funzione a livello sociale ed educativo. Così come le immagini che sono state associate alle poesie. Immagini che ricordano la moda del tempo che si intreccia con quella di oggi. La nostra chiacchierata dura poco meno di un’ora. Minuti che trascorrono via in serenità, durante i quali riusciamo a spaziare dagli anni Trenta fino a oggi. Ci accorgiamo che c’è un filo sottile che unisce tutto. La moda cambia? Non è così. Tutto torna. Tutto viene riproposto in maniera molto sottile, impercettibile. Il nonno scrisse le sue poesie nel 1935, Marcella lo ricorda attraverso una foto dell’epoca, come un giovane elegantissimo, composto. “Anche mia nonna – spiega – con la sua acconciatura, il suo stile raffinato, riusciva a trasmettere tanto della sua vita”. Attraverso l’abbigliamento, il gioiello, la pettinatura, il particolare, si può capire molto di una persona. La Ciapetti ne è convinta. Il suo lavoro, del resto, a contatto con i giovani, i bambini e gli adulti, le ha insegnato a captare ogni minimo respiro. Dai colori, dalle maglie, dalle scarpe, dall’abito elegante o sportivo: tutto può raccontare. “La moda può dire tanto”.

“La libertà della mente e l’attenzione che rivolgi al tuo corpo, il tuo modo di creare la tua immagine che corrisponde agli stati d’animo, è per me un punto di inizio per avvicinarmi alle persone. Ragazzi, adulti e anche i bambini parlano con il loro modo di vestire. C’è il giovane distinto e quello con il piercing: ogni elemento è importante per un confronto. Per aprire la porta dell’anima. Io fondamentalmente – prosegue la Ciapetti - mi vesto in base a come mi sento. Rispetto molto quello che provo. Sono sempre io, quello che non cambia è l’accoglienza dell’altro. Sia di fronte al ragazzo che viene con l’infradito e il pantaloncino sia davanti alla ragazza con la maglietta e la gonnellina corta. È un canale attraverso il quale loro si esprimono ed elementi che a me consentono di raccogliere e accogliere i sentimenti, e sofferenze. Anche la musica che ascoltano può dire qualcosa”. Alla fine di tutto il percorso: la semplicità è la carta vincente della vita. C U LT U R E

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Matteo Dolcemascolo Il sapore di una conferma

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erio e attento, lo sguardo concentrato, con una spatola raccoglie la glassa dal caldaio e delicatamente la spalma sul dorso dell'impasto; un movimento deciso che ripete ancora e ancora. Ogni tanto mi rivolge il volto, ma di quel sorriso luminoso che sono abituato a vedere, oggi non ve n'è traccia. Mi piacerebbe sapere cosa gli passa in testa in questo momento, di che pasta è fatta la sua tensione, ma per non scacciarla via sto zitto.“La Colomba è più complessa del Panettone”, mi dice tra un passaggio e l'altro, “la forma innanzitutto. La testa e la coda per noi pasticceri sono un vero esame, soprattutto in fase di cottura; rischiano di seccarsi troppo presto rispetto il corpo che è molto più spesso”. Certo penso io, è difficile, e anche per me che a malapena riesco a preparare un caffè la questione è chiara, ma ancora non sono soddisfatto, mi sembra qualcosa non torni, che questa sua ostinata concentrazione sia dovuta ad altro e non solo alla pura tecnica realizzativa. La glassatura di circa 30 pezzi è pronta, hanno un che di simpatico le colombe stese sulle teglie prima di essere infornate: un carattere disinvolto ma altero, se avessero la parola darebbero l'idea di qualcuno che la sa più lunga di quanto lasci vedere. Mentre spinge il carrello verso il grande forno, ancora mi racconta degli ingredienti utilizzati - tutti naturali e di prima scelta, gran parte provenienti dalle migliori agricolture locali - e della lavorazione: lenta, 3 giorni di attenzioni. Rispetto per il prodotto e il lavoro altrui? Sicuro, ma da Dolcemascolo questa è la norma e poi parliamoci chiaro, Matteo si è formato presso i migliori pasticceri italiani, nomi di spicco come Massari, Biasetto, Cantarin, confronti su confronti, con la più alta arte pasticcera... Io a questo cruccio ancora non riesco a dargli un nome. È solo più tardi, in una di quelle lunghe pause che distinguono il suo lavoro in cui si esamina il prodotto crescere lentamente, prendere vita e de-

finirsi, che tutto mi diviene più chiaro. Questa la domanda: “Dopo i grandi successi del Panettone, il prestigioso riconoscimento del Gambero Rosso, ci si aspetta molto da voi?” Ora un altro avrebbe scrollato le spalle e magari si sarebbe abbandonato ad uno sfogo, invece Matteo mi dona uno splendido sorriso, quello che conosco e mi mancava, ma non è solo radioso, negli occhi c'è un guizzo di genio. “In una realtà piccola come la nostra (Frosinone) talvolta i successi generano invidie, ma oltre questo, che a noi interessa poco, ti ritrovi esposto e se hai fatto tanti sacrifici per salire su a farti cadere non ci vuole niente. Sono tutti pronti a levarti la sedia da sotto. Le critiche allora diventano più aspre e non puoi permetterti di sbagliare neanche un'inezia”. “E voi come controbattete a tutto questo?”, chiedo io. “Noi? Siamo pasticceri, e adesso facciamo le colombe!” FOOD

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Tradizione, ricerca e artigianalità , per una Pasqua unica all’insegna del gusto.


Di Giulia Abbruzzese

Sulle orme del capo

Donna nei panni di una

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ella sala stampa del “Benito Stirpe”, dove mister Longo risponde alle domande sulla tattica e lo stato di salute dei giallazzurri, a lei hanno consegnato la maglia con il numero 25. I suoi anni. Pochi per chi oggi ha assunto una grande responsabilità su giovani eleganti spalle. Sufficienti per far parte di un gruppo imprenditoriale leader nel settore dell’arredo bagno. Eh sì, perché a farle da “allenatore” c’è una persona che conosce benissimo, sin dal suo primo vagito: il padre, Gerardo Iamunno. Lui è a capo di Gran Tour Bagno e Rain Box con sede ad Anagni. Ma è anche presidente della Piccola Industria di Unindustria. Susanna è uno dei volti nuovi dell’asset societario quando, parole del papà, il patron ha scelto di “smontare e rimontare” le sue aziende. Laureata in Marketing alla Luic di Varese, un viaggio studio in Cina e un anno nella multinazionale Om Stil, Susanna è una ragazza volitiva e decisa a centrare gli obiettivi. “Non da sola – dice – non ce la potrei fare. Con la squadra che mi sto creando all’interno della società”. Ma è anche una donna a cui piace la moda, che segue le tendenze. Insomma: grintosa, appassionata. E senza dubbio… chic! Venticinque anni e un cognome professionalmente “impegnativo”. Chi è Susanna Iamunno? < Una ragazza giovane ma determinata, che ha seguito sempre con passione il “lavoro del papà” e che non aspettava altro che questo momento. Ama viaggiare e conoscere nuove realtà e studiare nuove opportunità. Ha 25 anni e la volontà di crescere e migliorarsi ogni giorno attraverso passione e sacrifici >.

I testi universitari, un viaggio in Cina e poi tra le nuove “leve” dell’azienda di famiglia: cosa significa essere una giovane imprenditrice in questa provincia? < Per me è dare un segnale forte al territorio. Anche se è difficile perché questa, dal mio punto di vista, è una zona che è stata solo sfruttata e mai rilanciata a livello industriale. Parlo di responsabilità perché vorrei valorizzare un territorio sicuramente complicato, dove in passato le multinazionali si sono focalizzate di più sullo sfruttamento che sullo sviluppo e la crescita sociale >. I N T E RV I E W

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La tua azienda si occupa di design per le sale da bagno: quanto conta l’approccio femminile in questo ambito? < Molto, direi che è quasi essenziale. Nella scelta dei colori, negli abbinamenti/accostamenti con i rivestimenti il tocco femminile ci vuole >. L’outfit con il quale ti senti più a tuo agio? < Casual ma allo stesso tempo non banale e che mi faccia sentire bene in tutte le situazioni… Sicuramente non saprei rinunciare al blazer e a una blusa, che sono un evergreen del guardaroba. Con loro in un attimo anche il look più semplice assume un tocco sofisticato! >. Leggi riviste di moda? Su cosa ti soffermi maggiormente? < Sí, le adoro! Leggo spesso Vogue, Vanity Fair e Pambianco per articoli sul business del settore. Essendo laureata in Marketing mi affascina capire come le aziende del mondo della moda comunichino l’immagine dei propri prodotti. Mi soffermo molto sui servizi delle sfilate e sulle anticipazioni della stagione successiva. Amo i consigli e le opinioni degli esperti nelle rubriche >. L’accessorio che secondo te non deve mai mancare a una donna? < In realtà sono due: il rossetto e l’orologio >. Tre aggettivi per descriverti come giovane donna, imprenditrice e figlia… < Caparbia, costante e lungimirante >. Il modello di eleganza a cui ti ispiri è vicino a…? < Modello di eleganza non saprei, cerco sempre di essere me stessa. A livello professionale sicuramente penso a Marisa Bellissario, una donna che si è distinta nel proprio lavoro e che ancora oggi viene ricordata come la donna manager più famosa d’Italia. Ecco, lei è la mia musa ispiratrice >. Che rapporto hai con lo shopping: compulsivo o più “mordi e fuggi”? < Decisamente compulsivo >. La stanza da bagno è quella in cui la maggior parte delle donne ama passare il tempo: è così anche per te? < Certamente, ma forse io sono di parte, è la stanza a cui tengo di più. Dopo una giornata stressante al lavoro, trovare il tempo per rilassarsi nel proprio bagno è essenziale. Il benessere viene prima di tutto. E molte statistiche pubblicate su riviste del nostro settore mi danno ragione! Le persone oggi spendono molto di più per l’ambiente bagno piuttosto che per la cucina! >.

Susanna Iamunno è nata a Scafati, in provincia di Salerno, il 14 agosto 1992, segno zodiacale Leone. É la prima di due figlie: sua sorella Rita ha 21 anni e studia grafica pubblicitaria allo Ied di Roma. Fidanzata con Vito da tre anni, Susanna adora viaggiare: l’ultima vacanza che le è rimasta nel cuore l’ha portata tra i fiordi norvegesi. Le piace il nuoto ma ora per tenersi in forma va in palestra, è ghiotta di pizza napoletana anche se non disdegna la carne. Ama leggere e cucinare e se accende la tv è per guardare il nuoto sincronizzato.

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Foto Andrea Sellari

Susanna Iamunno, la sala da bagno e il mito di Marisa Bellisario


Gucci

La rivoluzione di Alessandro Michele Di Matteo Tomaino

Sono spudorato. Per me creare vuol dire rigurgitare, stravolgere e assemblare tutto ciò da cui sono stato e sono costantemente attraversato racconta Alessandro Michele, da qualche anno direttore creativo di Gucci

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ato a Roma nel 1972, si è formato assaporando cultura e bellezza grazie all’amore della madre per il cinema e l’interesse del padre per la scultura. Da adolescente ha vissuto la cultura post-punk in Europa e lo street style è diventato parte della sua essenza anche creativa oltre che del suo stile. Alessandro, dopo aver frequentato la prestigiosa Accademia di Costume e Moda di Roma, ha la prima esperienza significativa nel mondo della moda alla fine degli anni ’90, quando inizia a lavorare da Fendi come Senior Designer per gli accessori. Talento in ascesa, nel 2002 entra a far parte di Gucci assunto da Tom Ford. Da allora, nei suoi 15 anni in Gucci, Alessandro Michele ha ricoperto crescenti responsabilità all’interno della maison: prima assistente del direttore creativo (Frida Giannini) e successivamente direttore stesso. Dopo la dipartita fulminea di Frida Giannini, Alessandro si è trovato a dover disegnare una collezione in soli soli 7 giorni, in cui per la prima volta ha potuto raccontato la sua visione del marchio. Il suo linguaggio unico ha innescato in breve un’onda d’urto dal carattere estremamente decorativo, di eccesso e stravaganza, che ha fatto del marchio fiorentino l’epicentro del barocchismo, il tempio enciclopedico di una moda narrativa che celebra la diversità nella superficialità festaiola. Michele dimostra di non volersi limitare a creare abiti e accessori, ma bensì anche mondi spazio temporali attraverso collage intrisi di passato, ma nulla affatto nostalgici perché privi di gerarchie e ordini costituiti, sicché Rinascimento e kitsch, Star Trek e teatro elisabettiano, aulico e pop convivono nello spazio sovente di un solo outfit. Ne risulta così un linguaggio caotico ma preciso, traboccante ma potente, fatto di estremi sapientemente riuniti in un equilibrio nuovo per la maison. Un’ondata di novità insomma: uno dei primi a parlare di genderless proprio nel 2015, quando porta in passerella ragazzi eterei e dall'abbigliamento volutamente borderline, segnale della nuova sensibilità estetica in arrivo, quella fluidità di cui tutti parlano oggi. Alessandro Michele, che piaccia o meno, pone la sua sensibilità al centro di ogni collezione seppur, come dichiara lui stesso, continuando a mantenere i segni distintivi del marchio, i quali si possono rivisitare con arguta capacità.

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Di Anastasia Verrelli

Federica Iaccio Lungo il filo dell'arte

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ederica Iaccio è nata alla fine degli anni 80 vicino al mare. Ha vissuto in Inghilterra e non l’ha mai abbandonata. Attualmente vive e lavora a Milano. Qual è stato il tuo percorso? < Un percorso fatto di piccoli pezzi, ricuciti insieme solo alla fine. Ho studia Ho studiato fashion design, ho imparato in questo modo ad ascoltare la macchina da cucire. Ho creato abiti e lavorato nel campo della moda ma non riuscivo a respirare, non come intendevo io. Ho intrapreso successivamente gli studi di Art Direction e Graphic Design dove ho approfondito l’illustrazione ma non riuscivo a trovare il mio modo di comunicare, non sapevo quale fosse il giusto movimento per la mia mano, guardavo i singoli pezzi e lo facevo da vicino. Poi, distrattamente, senza pensarci troppo, feci un passo indietro. Vidi improvvisamente l’insieme e trovai il senso, il mio senso. Presi la mia vecchia macchina da cucire, messa da parte e chiusa in un armadio, la modificai per ottenere il gius chiusa in un armadio, la modificai per ottenere il giusto tratto ed iniziai a tracciare segni. >

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Da dove prendi ispirazione per le tue creazioni? < Non so se si possa parlare d’ispirazioni. Sono più che altro discorsi che inizio, che poi magari non finisco, domande che pongo, risposte che cerco, cose che sciolgo. Quando inizio non so mai quale sarà il risultato finale. Parte del mio lavoro dipende anche dalla macchina e ci sono le giornate no anche per le macchine da cucire. > Cosa vuoi comunicare? < Me lo domandavo anch’io ma poi ho smesso. > L’illustrazione che più ti rappresenta < Ammetto di avere un debole per "San Gennà”. Io non so bene per quale motivo io abbia deciso di disegnare il santo della mia città e non ho quindi una storia da raccontare. Ma ricordo che quando iniziai a lavorarci non mi allontanai un attimo dalla macchina, iniziai e finii in un unico flusso, dopo molte ore. Quel volto parla di radici, di forza e bellezza, di crepe e fossi, di malinconia. Parla di Napoli e parla di me.> Quando è nata la passione per l’arte? < Quando mia madre mi portò per la prima volta al mare, a scavare nella sabbia, a cercare cose con le mani. O forse quando mangiai la mia prima pizza, non ricordo.> Cosa provi mentre crei le tue illustrazioni? < Freddo, lavoro vicino ad una finestra troppo grande ma mi piace.> Come ti immagini in futuro? Continuerai a realizzare queste meravigliose opere? < Il bello credo sia quello di lasciare muovere i fili, non cucirli stretti tra loro, non dare un punto fermo, di chiusura. Far passare il vento e vedere cosa accade. L’importante è restare vicino alla finestra! > I N T E RV I E W

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Professioniste, madri ed esponenti di partito che si mettono in gioco. E non per gioco Alessia, Barbara, Maria e Sara: la loro è una corsa continua. Stavolta per la vittoria.

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Stare dietro a tutte non è cosa facile in questo periodo. Basta guardare i collaboratori, che in una mano tengono in perfetto equilibrio smartphone, tablet e auricolari e nell’altra i quotidiani, gli appunti cartacei e il materiale pubblicitario, mentre cercano di restare al passo. Eh sì, perché loro, le donne della politica, corrono da mattina a sera, persino sui tacchi a spillo e in modellanti tailleur, come se ogni giorno fossero concorrenti d’eleganza alla maratona di New York. Viaggiano con borse passe-partout, con i cellulari che ormai sono parti “estraibili” dei loro corpi tanto squillano, vibrano e scottano. I pasti e i momenti di relax, quelli possono aspettare, a dispetto della caffeina assunta in dosi massicce. Ma se riesci a condividere almeno uno di quei settemila caffè cantati da Alex Britti,

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ti raccontano tutto d’un fiato una giornata fatta di incontri, appuntamenti, confronti, convegni, tavole rotonde, studi televisivi e chilometri macinati. Con un pensiero rivolto a mariti, compagni, figli e nipoti che ora sono costrette a trascurare un po’. É così per Alessia Savo, candidata alla Regione Lazio con la Lega, moglie e mamma di due gemellini di un anno; Barbara Di Rollo, (marito e due figli); in corsa per la Pisana con il Partito Democratico come pure la collega Sara Battisti. E Maria Spilabotte, in campo per un secondo quinquennio al Senato della Repubblica, che si divide tra spesa, piscina e corso d’inglese. Non parlano solo di politica, fanno di più: si raccontano, svelano le loro passioni, qualche lato della vita privata, i gusti a tavola e in fatto di shopping. Aprono il cuore e gli armadi: quello che ne viene fuori è un ritratto al femminile ben lontano da visioni femministe ma dai contorni forti e fragili, con tratti ironici e pure vagamente onirici. Di vita vera e di quel lato C (come Concretezza) poco o per nulla conosciuto. Chic Style le ha intervistate per voi, perché non restino soltanto nomi e volti sulla scheda elettorale del 4 marzo. Buona lettura!

Di Giulia Abbruzzese


Di Giulia Abbruzzese

Scende in pista (regionale)

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nel passo a…due

Da campionessa italiana di danza sportiva a candidata consigliera per il Lazio Barbara di Rollo, manager della sanità e mamma in carriera che adora Armani

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e si lancia

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Foto Andrea Sellari

tavolta non balla da sola: il ticket per le elezioni del 4 marzo la vede in campo con accanto l’ex segretario provinciale del Partito Democratico, Simone Costanzo. Ma lei, campionessa italiana di danza sportiva, sa bene come muoversi. Quarantaquattro anni, un marito e due figli, per quattro giorni soltanto Barbara Di Rollo, cassinate doc, non potrà contare sul sostegno elettorale del primogenito Niccolò, 18 anni l’8 marzo prossimo. Spera, però, nel supporto dei suoi concittadini e di quanti, ripete come un mantra, “ hanno a cuore la rappresentanza del territorio in Regione”. Da 17 anni manager all’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli, Barbara è consigliere al secondo mandato al Comune di Cassino. Appassionata di politica, ha rappresentato l’Italia che scende in pista, quella capace di andare sulle punte ma anche di acrobazie che ne rivelano il carattere forte e coraggioso. E le consentono di affrontare, con la determinazione di chi studia a fondo le coreografie per conquistare una giuria che non perdona, competizioni senza esclusione di colpi, in un mondo storicamente (e pericolosamente) ancora troppo maschile. Del resto la sua femminilità non è un aspetto che passa in secondo piano. Non sempre un vantaggio, dice con la candida consapevolezza che l’essere donna è più facile quando si indossano tutù e scarpette. Ma neanche un ostacolo, se la bellezza va di pari passo con l’impegno

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e la determinazione. La incontriamo a Sora, in occasione di un appuntamento elettorale. Stringe mani, ascolta gente, parla del voto utile e, forse per scaramanzia più che per casualità, quando posa davanti al manifesto che la ritrae sorridente, scopriamo che indossa la stessa camicetta bianca, quasi fosse una sorta di portafortuna. Ammette, però, che i suoi colori preferiti sono il nero e il rosso. La politica è sempre più rosa: quando finiremo di stupirci per questo? < Spero mai >. “Siamo donne, oltre le gambe c’è di più…” cantavano Jo Squillo e Sabrina Salerno. Cosa ad esempio? < Un cervello. Che troppo spesso gli uomini vogliono nascondere >. Una manager nel settore della sanità che sceglie di impegnarsi in politica: quali sue caratteristiche sono adattabili per entrambi i ruoli? < Il rapporto diretto con le persone, il continuo dialogo con chi chiede il mio aiuto >. Se dovesse descriversi con tre aggettivi, quali userebbe? <Testarda è sicuramente il primo. Poi direi anche determinata e disponibile>. Aprendo il suo armadio cosa si trova in abbondanza?

<Abiti neri>. Uno stilista che le piacerebbe curasse la sua immagine? <Giorgio Armani>. Borsa, scarpe, gioielli: per cosa sarebbe disposta a spendere (se non lo ha già fatto) una cifra astronomica? <Sicuramente una borsa>. L’outfit che la rappresenta è? <Un classico tailleur, giacca e pantaloni>. In cosa, secondo lei, una donna è avvantaggiata rispetto a un uomo quando sceglie di intraprendere la carriera politica? <Secondo me non lo è affatto. Ha la possibilità di farsi aprire subito la porta ma poi è difficile che resti in un mondo che è ancora troppo maschilista>. Il limite che invece non è stato ancora, purtroppo, superato? <Direi che è proprio questo: una connotazione ancora troppo maschile della politica che dobbiamo assoluta-

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mente sdoganare>. C’è un modello di donna che la ispira in modo particolare e perché? <Sicuramente Rita Levi Montalcini, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente. Una donna splendida, semplice, impegnata, che con grande sacrificio ha raggiunto risultati incredibili>. Che rapporto ha con il cellulare? <Direi che è una mia costola>. Davanti a un buffet a cosa proprio non riesce a resistere? <Al salato in generale>. Un ticket per le regionali: vantaggi e penalizzazioni. Quali? <Il vantaggio credo sia costituito dalla possibilità di raggiungere più persone possibili perché si è in due e in un territorio così vasto, come la provincia di Frosinone che ha 91 comuni, è certamente un punto di forza. Di penalizzazioni non ne vedo>. Il complimento di un uomo che anziché compiacerla la fa irritare? <Sei bella>.

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Nel suo armadio ci sono soprattutto abiti neri ma una spesa folle la farebbe di certo per una borsa


Di Giulia Abbruzzese

Acqua, sapone e politica

Sara e la primavera…

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Futura

Trentasette anni, due nipoti, il sogno della Nuova Zelanda e del Consiglio regionale La Battisti si racconta e svela il suo lato femminile: per un paio di scarpe farei follie

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Foto Andrea Sellari

e le chiedi di posare per una foto, fa fatica ma sorride. Forse è questa la sua espressione più naturale. Lei stessa dice di sé: <Mi piace la mia ironia e quel lato fanciullesco che ogni tanto fa capolino>. Come la maggior parte delle donne è anche critica e, se ingrossa le fila di quelle che hanno giurato distanza eterna dal bisturi, farebbe decisamente a meno di naso, occhiaie e qualche rotondità unicamente figlie del piacere della tavola. Non della politica, sua grande passione sin dall’adolescenza, che poi le ha “rubato” tempo e libri, quando ha lasciato la facoltà di Economia e Commercio per una sede di partito. Della sua vita privata parla poco. Quello che basta per capire che ha il cuore impegnato, ma non troppo, e la famiglia nel dna. Marianna e Alessandro, i suoi fratelli, sono punti fermi. Sara Battisti, alatrense di nascita e fiuggina d’adozione, ha lo sguardo rivolto a Roma (e subito dopo in Nuova Zelanda, dove sogna di andare la prossima volta che preparerà una valigia). Ora l’obiettivo è diventare consigliera regionale. Per portare <più provincia nel Lazio>, come recita lo slogan dei manifesti. Una donna pratica con il lato femminile solo apparentemente nascosto dietro un cellulare nevrotico, giusto un filo di make-up e tacchi alti, seppur comodi. In realtà, davanti a una vetrina di scarpe, così come a pasta e pizza, non resiste e lo specchio delle sue brame le rende sempre, o quasi, un’immagine che la soddisfa. Quando la incontriamo, nel comitato elettorale di via I N T E RV I E W

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Una donna cresciuta nella sede del partito. In famiglia ha dei punti fermi: i fratelli Marianna e Alessandro

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Madonna della Neve, a Frosinone, è circondata di persone operose. Ma accetta di rispondere, tra una telefonata e l’altra, a qualche domanda su di sé. L’età a una donna non si chiede mai. Aggiro la domanda: cosa c’è scritto sulla sua carta d’identità? < 23 maggio 1981. Quasi 37 anni, le prime rughe, qualche capello bianco... ma che bello! >. Donna, sostantivo femminile come politica. Cosa le viene in mente pensando a questo binomio? < Legame, passione, determinazione. Mi viene in mente fatica. Perché a parità di condizioni con un uomo, per un assurdo paradosso, una donna in politica fa sempre il doppio della fatica per affermarsi, come nella società >. “Sara, svegliati è primavera” cantava Venditti. Ma per quella del 2018 forse è più appropriata la canzone di Lucio Dalla “4 marzo”… < O forse, rimanendo su Lucio Dalla (che tra l'altro è un cantautore a me molto caro), è ancora più appropriata “Futura”: “…Aspettiamo senza avere paura, domani” >. Ora immagini di essere già al 5 marzo con l’elezione regionale in tasca: cosa indossa per andare alla “prima” del Consiglio? < I miei abiti. Si va a lavorare non sul red carpet >. C’è una donna del panorama politico che potrebbe definire un modello da seguire? < Una del passato e una del presente. Tina Anselmi, grande spessore politico e donna di tante battaglie per l'emancipazione del nostro Paese. Ilaria Cucchi. Non è un politico. Ma la sua determinazione nel chiedere giustizia, per una legge sul reato di tortura, ha lasciato davvero un segno >. L’abito non fa il monaco: un detto valido anche per le donne che fanno politica? < Per una donna è più difficile farsi apprezzare per quello che si pensa e non per quello che si indossa. Però con la fermezza ci si riesce >. Quote rosa sì, quote rosa no: lei come vota? < Io ho militato in partiti in cui le donne hanno sempre avuto spazio e quindi, per impostazione culturale, ho ritenuto per anni questo dibattito inutile. Da giovane però non avevo contezza del paese reale. Spero che un giorno l'Italia non abbia bisogno di quote di rappresentanza: solo allora potremo dire di avere compiuto la democrazia di un paese moderno >.


Lavoro e occupazione, rilancio economico e industriale del territorio, sostegno alle fasce deboli e opportunità per le nuove generazioni: come si traducono questi obiettivi nella mente e nella sensibilità femminili applicate alla politica? < Si traducono allo stesso modo di un uomo che fa politica per ottenere risultati per la propria terra. Questa provincia non può più fare solo affidamento sulla piccola e media impresa. Io ho un sogno: raccontare una parte del Lazio che amo, farla vivere. Lavorare a un progetto sul turismo integrato, mettere assieme arte, storia, cultura, natura, paesaggio, attraverso dei percorsi che facciano immergere il turista, vivere la Ciociaria. Ecco, questa può rappresentare una differenza: le donne hanno fantasia e molta determinazione quando credono in qualcosa>. Il linguaggio politico per le regionali 2018 ha fatto suo il termine “ticket”: lei un biglietto per chi o cosa lo strapperebbe? < Per i miei due nipotini, Enrico e Tommaso. E per la mia famiglia, quella biologica e quella degli amici di sempre>. Sul suo comodino c’è il libro di… <Francesco Piccolo, “Piccoli momenti di trascurabile felicità”. Un libretto piccolo, appunto, letto tanto tempo fa tutto d'un fiato.

E l’ho voluto lasciare ben visibile accanto al letto come un monito, per ricordarmi, nella frenesia del quotidiano, di prestare attenzione alla felicità, che, nel suo essere fugace, non è poi così rara e si trova davvero nelle piccole cose>. L’oggetto dal quale non riesce mai a separarsi è? < Il cellulare, purtroppo >. Michelle Obama, Melania Trump, Hillary Clinton, Brigitte Macron, Emanuela Mauro in Gentiloni sono alcune first lady passate e presenti. Insomma, politiche “di riflesso”. Su chi azzarda un commento? < Brigitte Macron, il coraggio di rompere gli schemi e portare avanti una relazione con uomo molto più giovane di lei, senza paura >. Circoscrivendo la politica femminile nei confini provinciali, un aggettivo per le due Barbara del Pd (Caparrelli-Di Rollo)? < Di Rollo, pacata. Caparelli, complessa >. Un accessorio che le piacerebbe indossare ma non ha mai avuto il coraggio di farlo? < A me il coraggio non manca. Ho indossato abiti stravaganti, gioielli vistosi, scarpe colorate, cappelli eccentrici >. Il complimento di un uomo che la fa sempre arrossire è…? < Sei bella. Quando senti che è sincero >.

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Di Giulia Abbruzzese

Senatrice, atleta

e mamma.Maria

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La parlamentare Spilabotte è in corsa per il secondo mandato a Palazzo Madama Ma a Veroli gira con il cane Piddì, le buste della spesa e prepara ottime lasagne

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i sente fortunata già così. Sarà perché il suo Mr Darcy, quell’uomo ottocentesco che da secoli regna incontrastato nelle fantasie femminili, lo ha già incontrato. Il libro sul personaggio di Jane Austen, invece, ce l’ha accanto al letto, aperto non così a lungo quanto vorrebbe. Perché la sera, quando l’orologio segna le zero zero, lei entra in modalità off e ha soltanto sei ore di tempo per ricaricarsi. Senatrice uscente con l’obiettivo di non chiudersi dietro le spalle la porta di Palazzo Madama, Maria Spilabotte, classe 1972, è candidata con il Pd al collegio uninominale Lazio 7 e a quello plurinominale Lazio 3. Ma è anche una mamma (a 23 anni è nato il suo Filippo, oggi studente universitario di Lettere, al quale ha impartito un’educazione rigorosa), un’atleta e una donna che ha riscoperto, dopo una maternità inaspettata, il piacere di rituffarsi sui libri e laurearsi. Due volte. Sensibile e incline all’ascolto, alla voce “difetto” mette la testardaggine allo stato puro, la tigna. Si piace e piace agli uomini: quando le chiediamo un aneddoto curioso o simpatico del primo giorno in Parlamento, racconta la battuta di alcuni colleghi, sorpresi perché fino ad allora del Pd avevano conosciuto solo donne brutte. Ma è apprezzata anche dal mondo femminile, al quale ha dedicato gran parte della sua attività in Senato. La tavola per lei è sinonimo di cibo sano: frutta, verdura, niente dolci dopo cena, “un cornetto con la crema a colazione non me lo toglie nessuno” confessa. Due spruzzate di “Giorgio Beverly Hills”, una passata di tinta sulle labbra, Piddì sotto il braccio ed è pronta a partire.

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I segreti di una donna multitasking


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La sua giornata inizia alle 6:15 con la lettura dei giornali, un corso d'inglese e decine di vasche in piscina

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Foto Andrea Sellari

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Cinque anni da senatrice: ormai per lei Palazzo Madama non ha più segreti. Cosa cattura ancora il suo sguardo quando entra in aula? <Ogni giorno rivivo l’emozione del primo e il senso di gratitudine per aver potuto servire il Paese in questo quinquennio>. Lei è una donna piuttosto “stilosa”: per cosa le piacerebbe essere imitata? Un taglio di capelli, un accessorio particolare, un paio di scarpe da passerella… <Amo tutto quello che ha citato. Ma, con altrettanta sincerità, le rispondo che mi piacerebbe essere imitata perché sono “pulita dentro”, per la mia grande sensibilità e l’attenzione nei confronti dei più deboli. E non voglio fare propaganda politica: sono veramente così>. Prima senatrice della provincia di Frosinone: quale il contributo più significativo che pensa di aver portato al Governo? <Credo di aver rappresentato egregiamente il Parlamento italiano e il Governo in tantissime missioni all’estero, inclusa quella in cui sono stata l’unica europea tra i Paesi del partenariato orientale. Come vicepresidente della Commissione lavoro ho fatto in modo che più di mille persone della provincia di Frosinone, tra lavoratori ex Videocon e Vertenza Frusinate, avessero un paracadute o un ammortizzatore sociale da portare a casa tutti i giorni>. Le donne, purtroppo, di solito non votano le donne: che appello farebbe affinché si fidino di più le une delle altre? <Questa legislatura che volge al termine ha visto il Parlamento italiano rappresentato per il 32% da donne e, nel mio partito abbiamo, addirittura, sfiorato il 42%. Se non ci fosse stata questa presenza, credo che le politiche femminili sarebbero state trascurate. Il primo atto di questo Governo è stata la ratifica della Convenzione di Istanbul che considera la violenza contro le donne un crimine umano. Aggiungo anche che è stato scientificamente dimostrato che i Comuni “in rosa” funzionano meglio: abbiamo una capacità multitasking su cui nessuno, ormai, ha più dubbi. Io faccio la parlamentare, ma anche la mamma, la donna di casa che si occupa della spesa, cucina e fa quadrare il bilancio familiare, frequento un corso d’inglese, pratico sport eppure sono stata sempre presente in aula, senza mai far mancare il mio apporto al gruppo politico>.


C’è un modello di donna delle istituzioni al quale si ispira o si è ispirata durante la sua attività politica? <Non ho un modello specifico ma ci sono molte donne che ho apprezzato, come Nilde Iotti, alla quale mi lega l’appartenenza alla storia politica di cui lei è stata protagonista e io erede. Ma direi anche Rita Levi Montalcini e Anna Finocchiaro, capace di muoversi per moltissimi anni all’interno delle istituzioni senza mai uscire dalle righe, con una sobrietà e una correttezza che apprezzo moltissimo>. Se un giorno diventasse presidente della Camera dei Deputati, chi le piacerebbe fosse quello del Senato? <Sicuramente non Grasso. Ma le dico anche che il problema non si pone, perché la presidenza della Camera non è un ruolo che sarò chiamata a ricoprire!>. Non demordo comunque: e il presidente della Repubblica? <Con tutto il rispetto per il presidente Mattarella, che ho votato proprio con piacere, aspetto una donna. E se posso fare un nome è quello della Finocchiaro>. Un tailleur color pastello, il classico tubino nero o giacca e jeans: in quale di questi outfit si sente più Maria? <Tubino nero con giacchino di jeans>. La giornata tipo di una parlamentare… <Le posso raccontare la mia. Sveglia alle 6.15, lettura della rassegna stampa locale e nazionale, e colazio-

ne perché l’unico momento della giornata in cui mangio seduta. Seguo un corso d’inglese, vado in piscina e alle 10 inizio la giornata. Se resto a Frosinone mi divido tra incontri politici, studio, ascolto del territorio fino a sera inoltrata. Altrimenti direzione Roma. Prima di andare a dormire guardo un telegiornale e cerco di leggere un libro. A mezzanotte crollo>. Il Pd oltre che il suo partito è il nome del suo cane. Perché? <Il mio cane in realtà si chiama Piddì. Non è la sigla del Pd ma è un nome che mi piaceva e al quale lui si è abituato subito. E comunque, visto che lo adoro, è un gesto d’affetto anche verso il partito>. Lo stilista che le piacerebbe curasse la sua immagine è? <Armani>. Dopo la senatrice Merlin lei è stata l’unica a rimettere sul tavolo il tema della prostituzione ma la sua proposta di legge è ancora ferma. Quale spinta è necessaria perché diventi “operativa”? <La prostituzione va regolamentata per due motivi: combattere la schiavitù e la tratta degli esseri umani e difendere il diritto di chi questo lavoro lo vuole fare. Se parliamo della spinta necessaria per introdurre una regolamentazione, in questo momento, sarebbe sicuramente quella economica, fare cassa. Anche se, personalmente, credo che in primis il motivo più importante sia proprio quello di liberare quelle donne che non vogliono fare le prostitute ma sono schiave e vittime delle organizzazioni criminali che le sfruttano>. In quale Stato europeo o internazionale le piacerebbe rappresentare l’Italia e perché? <In Germania, perché è il Paese che il più delle volte prendiamo come esempio. Mi piacerebbe non soltanto per imparare le buone pratiche ma anche per far comprendere che l’Italia è un popolo di gente capace, oltre che la nazione più bella del mondo>.

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Di Giulia Abbruzzese

Sotto il segno del padre. E del Leone

Alessia sogna gli States

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Sindaco di Torrice, medico endocrinologo e da un anno mamma di due gemelli Figlia d’arte, in politica ha da poco sposato Matteo (Salvini). Nella vita Mauro

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tavola, sin da piccola, ha mangiato pasta e politica. Suo padre, con un nome ingombrante e un ruolo pubblico che le ha ceduto insieme alla dote, non le ha insegnato a volare. Ma a tenere i piedi ben saldi per terra. E Alessia, cognome Savo, che oggi ha 45 anni, lineamenti dolci ed energia da vendere, è un sindaco, un medico, una mamma, una moglie e una donna con lo stesso sogno di bambina: diventare una parlamentare. Per ora punta a varcare la soglia del consiglio regionale in camicia verde Lega. Senza trascurare la sua famiglia: il marito Mauro e i gemellini Tommaso e Maria Letizia, che hanno da poco compiuto un anno. Di passioni ne ha più di una, tutte a quattro zampe: gestisce un allevamento amatoriale di boxer. Il tempo è suo avversario e così niente gossip dal parrucchiere né fanghi al centro estetico, shopping mordi e fuggi a chilometro zero e, se è proprio costretta a sacrificare una manciata di minuti, lo fa per entrare in un negozio di giocattoli. Alla domanda sul ruolo che interpreta meglio, ci pensa, sorride e con un’umiltà che nulla ha a che vedere con la remissione risponde: <Preferisco siano gli altri a giudicarmi. Io mi dico brava ogni volta che riesco a fare qualcosa di buono>. Il taglio sbarazzino, il trucco che c’è ma non si vede e quella compostezza ereditata per dna, che fa pendant con le perle ai lobi, la rendono leggera e autorevole allo stesso tempo.

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e il Parlamento


Foto Andrea Sellari

Sul suo comodino c’è “L’arte di essere fragili” di Alessandro D’Avenia, nel cassetto un tour degli States, magari on the road. Lo dice mentre guarda l’uomo che ha sposato il 30 settembre scorso e con il quale condivide tutto, anche i pasti che saltano. Iniziamo dalla fine. E alla fine del suo percorso politico c’è la Lega di Matteo Salvini… <In realtà è l’inizio della mia carriera politica. Finora mi sono limitata a fare l’amministratore pubblico e con risultati, visto che sono sindaco da dieci anni e che i miei cittadini, ad esempio, non conoscono la Tasi, non avendola mai applicata. Quello con Salvini è il punto di partenza di un percorso che vuole essere pregno di pragmatismo>. Lei è un medico endocrinologo. Ma anche una mamma. E un amministratore pubblico. Insomma: la dimostrazione che una donna almeno tre cose insieme le può fare… <Le può fare se ci sono dei nonni che non sono stati vittime della legge Fornero. Ho potuto scegliere di cimentarmi in questa campagna elettorale solo perché ho il supporto della mia famiglia: sarà un mese di grande sacrificio anche per i gemelli ma credo che una madre per prima cosa debba essere un esempio>. La Meloni in tv si è commossa pensando al tempo che sottrae a sua figlia per fare politica. Lei come gestisce la sua vita familiare? <Come i miei bambini, anche io sono figlia di un politico quindi, in qualche modo, capisco cosa significhi avere un genitore impegnato nella società civile per cercare di migliorarla. Ma è proprio in questa “missione” che credo sia racchiuso l’insegnamento migliore che si possa trasmettere ai propri figli. Quindi, con l’aiuto di super-nonni senza i quali non riuscirei a fare tutto, abbiamo trovato il nostro equilibrio>. Quanto tempo dedica alla cura di sé? <Molto poco. Mi sono organizzata con il fai-date>. Eleganza, educazione, professionalità: si dia un voto per ciascuna di queste categorie. <Direi sei, otto e otto. Ovviamente miro sempre a migliorare>. Il cinema sta vivendo il “caso Weinstein”: la donna che vuole farsi spazio in politica può, secondo lei, incorrere nello stesso rischio? <L’idea che la donna debba farsi spazio in politica è un concetto che non mi piace, perché credo che abbia le stesse opportunità di un uomo. Se si decide di fare politica è necessario un percorso di crescita importante, che va dai banchi del consiglio comunale fino a sedi istituzionali dove si legifera ma con la consapevolezza di aver cono-

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sciuto il proprio territorio, le esigenze dei governati e la macchina amministrativa. Altrimenti ci sarà sempre una grande approssimazione in tutto ciò che si fa>. La invitano a una serata di gala: cosa indossa? <Il mio tubino nero magari impreziosito da un collo importante, anche in pelliccia sintetica. E le perle, che adoro>. Lei lavora nell’ambito della sanità che è uno degli argomenti più discussi e cavalcati nelle campagne elettorali: qual è la sua proposta in caso di elezione? <Se diventassi consigliere regionale vorrei abbattere le liste di attesa non per velocizzare il sistema, dal momento che la sanità non è un’industria, ma per dare la possibilità ai medici di lavorare ed essere retribuiti per quello che fanno, fornendo loro strumenti utili che permettano di operare con professionalità ed eccellenza e selezionando l’offerta sanitaria della provincia sulla base della domanda e non di una logica “clientelare”. Vorrei anche che fossero riqualificati tutti gli ospedali chiusi del territorio e non con le case della salute: mi piacerebbe che ogni nosocomio diventasse un distaccamento dell’ospedale centrale per branche ultraspecialistiche>. Cosa c’è, secondo lei, di ancora troppo maschile nella politica? <La decisione dei posti da assegnare per Camera e Senato>. Qual è stato il regalo che ha più apprezzato e chi glielo ha fatto? <Mio padre quando avevo 9 anni: il giorno del mio compleanno mi regalò una capretta nana che ho chiamato Heidi>. Operazione bisturi: c’è una parte di lei che sottoporrebbe a un ritocchino? <Farei una blefaroplastica. Meglio prevenire. E poi ho un fratello che è chirurgo plastico, quindi…>. C’è una donna per cui nutre particolare ammirazione? <Ce ne sono due. Eleonora de Fonseca Pimentel, una rivoluzionaria della Repubblica napoletana che ha dato la vita per gli ideali dell’unità e della libertà del nostro Paese. E San Suu Kyi, un’altra donna che combatte con assoluta eleganza e umiltà>. E un uomo? <Mio padre>. Lei è figlia d’arte politica: cosa ha imparato da lui? <Ad avere sempre i piedi per terra. Questo mi permette di non fare brutte cadute e mantenere una stabilità che trasmetto anche alla mia famiglia. E poi quei valori base che mi consentono di camminare da sola. Discutiamo su tutto e spesso abbiamo scontri molto accesi. Ma, in fondo, quello che conta è che tra noi c’è sempre un’enorme stima>. I N T E RV I E W

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Di Vincenzo Tirittera

Netflix influencer

Può un servizio streaming condizionare una generazione?

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a risposta è sì. Tutti gli scettici, il sottoscritto in primis, nel lontano, ma malinconicamente vicino, 2015 non avrebbero di certo scommesso su un archivio di contenuti streaming che approdava in un terreno ormai dominato dal prodotto targato (al tempo) Murdoch. E invece, eccoci qua. Netflix, in Italia si intende, ha stravolto la concezione dell’intrattenimento televisivo, persuadendo milioni di telespettatori. Vi chiederete cosa c’entra questo con la moda, ebbene tutto al suo tempo. Nel vasto palinsesto Netflix, proposto in maniera graficamente impeccabile e già questo fa tendenza-risiedono contenuti che a conti fatti hanno già influenzato, sotto l’aspetto del costume si intende, una buona fetta del ridente pianeta terra, da est a ovest, dai ghiacciai ai tropici. Prendiamo un esempio su tutti, a caso ma neanche troppo, Stranger Things: inutile starvi a raccontare di cosa parli, piuttosto ci soffermeremo sulla vendita di t-shirt a tema. Avete provato mai a fare una ricerca tra i più blasonati siti di e-commerce? All'input “Stranger Things’’ vi appariranno migliaia di risultati e di altrettanti e-shop che vendono le suddette t-shirt. E vanno a ruba! Non solo, ST ha senz’altro rafforzato la già esistente tendenza al revival anni '80, per la gioia dei designers più nostalgici. É stato il brand streetwear Ih Nom Uh Nit a stampare la faccia della protagonista, interpretata dall’at-

trice tredicenne Millie Bobbie Brown, su t-shirt e hoodies che in breve tempo avevano invaso i profili Instagram delle star, come quelli del rapper 2 Chainz, Kanye West e persino il nostrano Fedez. Proprio la baby star ha presenziato in prima fila all’ultimo fashion show di Calvin Klein a New York e partecipato a una delle ultime campagne del brand in veste di modella. All’ultima sfilata per la primavera-estate 2018 andata in scena a Parigi invece Nicolas Ghesquière ha portato sulla passerella di Louis Vuitton nientemeno che una maglietta con il poster di Stranger Things. Ce n’è per tutti: Narcos fai un salto temporale ancora più indietro, proponendo outfit anni ‘70, più “audaci”. Baffi modello “El Machico” che fa pure bad boy. Black Mirror, altra serie di successo, che “propone” mode alternative e futuristiche, si mantiene tuttavia su outfit discreti, rielaborando diversi mood temporali inserendoli in ambientazioni futuristiche. Glow insiste sul mood “ottantino”, sulla scia di Stranger Things. The Get Down, firmata dal maestro Luhrmann, ripercorre gli anni ‘70 del Bronx newyorkese. Tra Hip-Hop e Freestyle, tra pantaloni a zampa di elefante e gonne a vita alta è certamente quella maggiore impatto visivo. House of Cards reinterpreta uno stile ben più formale, rivisitando abiti da sera e smoking. Naturalmente lo smoking solo di sera, obbligatoriamente. Naturalmente ogni arco temporale proposto dalle serie, contiene suggerimenti su acconciature, barbe e baffi.

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A ciascuno il Suo!

Uno stile unico e inimitabile con un paio di occhiali Mag

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classici occhiali si reinventano con la linea di Marco e Stefano Magnante: Mag. I due fratelli titolari di Otovision hanno scelto il diminutivo del loro cognome per un “oggetto” fashion e dal design unico. Il progetto consente di personalizzare gli occhiali creando differenti combinazioni. Ogni modello infatti può essere personalizzato a tutto tondo, dalle bacchette alle parti metalliche, dalle lenti al colore. E non finisce qui perché si offre anche la possibilità di scrivere il proprio nome sulle aste. Ognuno potrà esprimere la propria creatività sia sugli occhiali da vista che su quelli da sole e sfoggiare ad ogni ora del giorno un accessorio tanto bello quanto unico. Mixando i vari elementi che lo compongono, ogni occhiale diventa un pezzo esclusivo che coniuga l’idea dei fratelli “Mag” allo stile del cliente finale. Inoltre possono essere dei gadget fashion per le aziende per mantenersi al passo con le tendenze stupendo i propri clienti in modo divertente, funzionale ed accattivante. Puoi acquistare gli occhiali Mag anche su internet www.occhialimag.it



Di Martina Arduini

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Ultime tendenze su capelli, barba e trattamenti estetici Vincenzo Olchi ci svela cosa passa per la testa delle donne. E sul viso degli uomini

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Foto Andrea Sellari

n bob lungo come quello che ha sfoggiato Laura Pausini nell’ultima serata sanremese? O una chioma liscia, dall'allure easy e decisamente bon ton, della padrona di casa Michelle Hunziker? E perché non osare con un rasta come quello che accompagna il corto rosso e lucidissimo di Noemi? Quest'anno sul palco più ambito d'Italia le teste ispirate alla semplicità sono state un must indiscusso. Come essere trendy ma allo stesso tempo natural chic come le star di Sanremo 2018? Per saperlo ci siamo affidati ai consigli dell'hair stylist Vincenzo Olchi. Trentatré anni, di Ceccano, Vincenzo ha iniziato la sua carriera da giovanissimo frequentando varie scuole e accademie molto rinomate, a iniziare dalla Rumsfa, che l'ha formato. Dal 2003 al 2017 ha frequentato l'accademia “Tigi”, della quale conserva il marchio nel suo salone, dove ha anche una vasta esposizioni di prodotti tra cui "Cotril" (quelli utilizzati da Belen Rodriguez) e "Barba Italiana" per gli uomini. Tre anni fa ha aperto il suo salone in Via Aldo Moro, a Frosinone, "Vincenzolchistyle". Qui lo abbiamo raggiunto per parlare di cosa frulla nella testa delle donne per la prossima primavera/estate. E ci conferma che il caschetto (o bob) in tutte le versioni è nella massima… fioritura. A cominciare dalla variante del very long bob, adatto a qualsiasi conformazione del viso. Il segreto sta, appunto, nella lunghezza. La versione più corta del normale, invece, è lo short bob, un ritorno della classica ‘scodella’ che fa pensare a Coco Chanel. Resta un passe-partout, adatto a tutte le occasioni, il taglio medio o scalato, come anche la frangia, un evergreen secondo Vincenzo, che va dagli anni 70, come quella piena di Brigitte Bardot o corta come quella di Cleopatra.

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Se hai coraggio dacci… un taglio

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Per i colori 2018 normalità e naturalezza fanno da padrone. Sì ai capelli castani in tutte le loro sfumature, e sì a vecchie conoscenze, il "Bronde” e il "Balayage", che puntano su delicati effetti sfumati. Ma non disperino le amanti delle tinte folli ed estrose: rosa, azzurro e frosty hair sono solo alcune delle colorazioni più cool per le fan del cromatico. Il 2018 è anche l'anno del biondo: freddo e glaciale, golden, caramellato o addolcito dai pastello, il biondo regna incontrastato su tutti, diventando uno dei top trend dell'anno. Spaziano prepotentemente anche i castani, dal color moka, ai castani più intensi.Tante sono le ragazze che affidano la bellezza e la cura dei loro capelli a Vincenzo, facendo richieste anche stravaganti, dal rasato a ciocche multicolor. Sicuramente in questi anni gli hanno richiesto maggiormente di "somigliare a Belen", star e diva indiscussa di bellezza, tant'è che anche a lui piacerebbe moltissimo poter lavorare con la sua chioma. Ma come fare per avere i suoi capelli? <Il taglio – spiega Vincenzo - è un lungo scalato o sfilato a seconda delle variazioni del momento, ma che rimane sempre fedele a se stesso. I capelli lunghi sono un ottimo jolly. Inoltre, la modella argentina ha lanciato una vera e propria moda con il suo capello mosso… ma non troppo>.

Ma la cura non è solo donna. I prodotti “Barba Italiana” sono una garanzia per gli amanti della barba, diventata il punto di forza preferito dai signori uomini. La tendenza numero sembra essere la “shorter long beard”, una versione “appena prima che sia troppo lunga”. La forma più modaiola è la quella squadrata sul mento, lunga al massimo 2 o 3 centimetri, alla Justin Timberlake, oppure una versione più corta che dona un aspetto pulito e formale. La bellezza è la parola chiave nel salone di Vincenzo. In via Aldo Moro 316 troviamo anche un accogliente centro estetico dove è possibile sottoporsi a cerette, massaggi, percorsi spa, ricostruzione unghie e terapie a infrarossi. La depilazione laser insieme alla luce pulsata invece, rappresenta una delle tecniche più efficaci per un'epilazione definitiva in grado di rimuovere il pelo in modo permanente, facendo dimenticare per sempre strappi dolorosi e scomodi rasoi. Per chi odia truccarsi ogni mattina, da Vincenzo è possibile sottoporsi al trucco permanente: a differenza di un tatuaggio, non va così in profondità ed è meno invasivo. I colori usati sono naturali e certificati e non creano problemi di intolleranza. Il vantaggio del trucco permanente è senza dubbio che non richiede "ore" di struccature serali né tantomeno sedute di trucco interminabili la mattina. Insomma, non c’è che da chiedere… E il salone di Vincenzo Olchi esaudisce!

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Di Martina Siravo

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