Il primo amore del tempo che fu

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L’educazione nell’adultalità

ricerca sui primi due stadi perché solo dal loro superamento si poteva accedere allo stadio dell’adulto. Il suo compito era ritenuto il raggiungimento ed il consolidamento della stabilità: “approdi e passaggi a essa, socialmente, sono stati e sono ancora chiamati: il lavoro, il matrimonio, la paternità o la maternità” pur con le diversificazioni determinate dai contesti socio-politico-culturali (D.Demetrio, 1990, p. 24). La psicoanalisi e la psicologia clinica si sono inizialmente interessate all’adulto solo nel caso di stati patologici. La geriatria (scienza medica per l’anziano) è la prima a sviluppare la ricerca sull’invecchiamento per la cura di malattie e disabilità ritenute proprie di questa età che ha iniziato ad espandersi notevolmente. Ma grazie anche all’incremento della ricerca medica, la psicologia generale e quella dell’apprendimento procedono a nuove sperimentazioni ed elaborazioni concettuali che porteranno ad una visione dell’adulto come portatore di un’identità composita, fragile, in disequilibrio continuo, soprattutto quando è coinvolto in processi di cambiamento frequente e rapido come quello iniziatosi in quegli anni. L’età adulta non viene dunque più considerata un prodotto biografico ma una costruzione continua di cui è artefice lo stesso soggetto con le decisioni che prende in rapporto alle opportunità che incontra ed ai molteplici ruoli che ricopre; l’intero corso della vita si rivela come un “continuum” evolutivo che dovrà essere affiancato da un continuum educativo. Negli anni ’70 lo statunitense D.Levinson suddivide la vita adulta in “prima adultità” (25-40 anni), “adultità di mezzo” (40-65 anni) e “tarda adultità” (oltre i 65 anni) utilizzando questa nuova terminologia per la sua fluidità e plasticità che esprimono il perenne evolversi della struttura vitale individuale; un contributo importante per il superamento della vecchia visione adultocentrica della concezione stadiale che aveva decretato la marginalizzazione dell’anzianità come età di chi “non è più” adulto, con tutte le conseguenti implicazioni negative di “perdita” delle capacità riproduttivo-produttive. 28


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