L'identità integrata - Massimo CICOLIN

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LUMH LIBERA UNIVERSITÀ DI STUDI PSICOLOGICI EMPIRICI MICHEL F. HARDY F.A.I.P. FEDERAZIONE delle ASSOCIAZIONI ITALIANE di PSICOTERAPIA

L’IDENTITA’ INTEGRATA

di MASSIMO CICOLIN

TESI D’ESAME Counselor in Discipline Psicologiche Empiriche

ANNO ACCADEMICO 2008-2009

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INDICE 3

Introduzione

Capitolo primo: L’Identità Integrata 5 9 10 13 15 16 19 24 26 28 29 29 30 30 31 31 32 32 32 34

I.1 I.2 I.2.1 I.2.2 I.2.2.1 I.2.2.2 I.2.2.3 I.2.3 I.2.4 I.2.4.1 I.2.4.2 I.2.4.3 I.2.4.4 I.2.4.5 I.2.4.6 I.2.4.7 I.2.4.8 I.2.4.9 I.2.4.10 I.2.5

L’identità secondo la psicologia classica L’identità integrata I vari ruoli previsti dall’ordine I principi attivi del proprio codice L’uomo Yang La donna Yin L’assimilazione dei principi attivi del sesso opposto L’evasione del debito empirico Il superamento dei meccanismi di difesa La rimozione La proiezione La fissazione La regressione Il ritiro emotivo L’identificazione L’identificazione proiettiva La razionalizzazione L’intellettualizzazione Il diniego Un percorso di sviluppo personale

Capitolo secondo : Lo Psicodramma Olistico 37 42 43 44 47 48 49 50 50 51 55

II.1 II.2 II.3 II.3.1 П.4 II.5 II.6 II.6.1 II.6.2 II.6.3 II.6.3.1

Lo psicodramma classico Cenni storici I Fondamenti dello psicodramma Spontaneità e creatività Lo psicodramma post moreriano Lo psicodramma olistico Teorie su cui si basa lo psicodramma Olistico L’apporto del psicodramma classico Il contributo antropologico di Rojas Bermudes Il contributo della psicologia del profondo La suddivisione dei simboli

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56 61 61 64 66 69

II.7.4 II.8 II.8.1 II.8.2 II.8.3 II.8.4

Il contributo della psicologia della gestalt Le tecniche espressive Il sogno guidato Il disegno onirico L’ espressione corporea Gli oggetti intermediari

Capitolo terzo : L’Analisi Empirica 71 74 75 76 76 77 78 78 79 80 81 82 83 83 84 85

III.1 III.1.1 III.1.1.2 III.1.1.3 III.1.2 III.1.2.1 III.2.2 III.1.2 III.2 III.2.1 III.2.2 III.2.3 III.2.4 III.2.5 III.2.6 III.2.7

L’ Analisi Transazionale Lo stadio dell’IO Genitore Il Genitore Affettivo Il Genitore Normativo Lo Stato dell’IO: Bambino Il Bambino Adattato Il Bambino Libero Lo Stato dell’IO:Adulto L’Analisi Empirica Stato dell’IO: il Genitore Il Genitore Maestrino Il Genitore Affettivo Stato dell’IO: Bambino Il Bambino Arrabbiato Il Bambino Vittima Stato dell’IO:Adulto

Capitolo quarto : il corso “Il Potere dei Simboli” 86 87 87 91 94 96 97 98

IV.1 IV.2 IV.2.1 IV.3 IV.4 IV.4 IV.5 IV.6

Obiettivo del corso Il primo giorno di corso Attività del primo giorno di corso Il Secondo giorno di corso Il Terzo giorno di corso Il Quarto giorno di corso Il Quinto giorno di corso Una testimonianza

100 101

Bibliografia Sitografia

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INTRODUZIONE

Questa tesi dà conto di una mia sperimentazione come docente nel seminario “Il Poteri dei Simboli” avvenuta nel corso degli ultimi due anni accademici. Gli studi compiuti per la realizzazione del seminario, condotto a quattro mani con il Magister Michel F. Hardy, mi hanno dato modo di sviluppare una ricerca sull’identità che qui propongo. La ricerca condotta ha portato a definire che l’identità integrata ha bisogno di essere conquistata dal singolo attraverso esperienze empiriche. Nell’esperienza empirica di cui si darà conto si è fatto uso dell’Analisi Empirica e dello Psicodramma Olistico. Ho conosciuto per la prima volta lo psicodramma olistico sei anni fa, da allora l’ho seguito come partecipante, poi l’ho studiato e approfondito e ora lo conduco. Il seminario si pone lo scopo di far si che ogni corsista sperimenti empiricamente lo stato d’eccellenza, rendendosi consapevole che ogni individuo possiede le cariche primarie necessarie per poter vivere al meglio ogni ruolo. L’identità integrata è uno stato empirico che ogni essere riconosce come la propria matrice, così come ogni nave che voglia tornare a casa riconosce la luce del faro del proprio porto. Da sempre l’uomo si pone alcune domande: “dove vado?”, “perché esisto?”, ma sopratutto “qual è la mia identità?”. Questo scritto non vuole trovare risposte a quesiti su cui filosofi, artisti e scienziati hanno ampliamente scritto, ma raccontare un percorso. Raccontare un viaggio che inizia con la prima tappa del bambino che usa il pronome “io” e si conclude con il raggiungimento dell’ultimo stadio vitale in cui emerge la saggezza necessaria per accettare con serena consapevolezza la vicinanza della morte.

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Si tratta di un viaggio nel tempo, sposteremo il calendario indietro di 2500 anni per ascoltare Platone nel Simposio, per ammirare la bellezza della tragedia greca, per vivere le migliori menti dell’ottocento fino ad arrivare ai giorni nostri scoprendo l’Analisi Empirica di Michel Hardy. Un percorso nell’uomo Yang e nella donna Yin, che ci porterà a trovare l’Anima e l’Animus di ogni individuo per raggiungere l’identità integrata. Lungo il cammino incontreremo i vari stadi dell’Io: il Bambino, il Genitore e per finire l’Adulto. In questo cammino metteremo in scena le nostre ansie, le nostre paure, per ritrovare la nostra vitalità e la spontaneità/creatività: nostra vera forza creatrice. Il viaggio che propongo spazia attraverso i secoli e i continenti ma, per chi lo desidera, può rappresentare il viaggio supremo: quello dentro di sé.

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Capitolo primo: L’IDENTITA’ INTEGRATA

I.1 L’IDENTITA’ SECONDO LA PSICOLOGIA CLASSICA «Secondo una metafora di William James (1842-1910), l’identità è come un torrente che: o ha confini ben netti rispetto all’ambiente del mondo che lo circonda; o ha continuità attraverso la sua lunghezza; o si muove autonomamente sotto il proprio peso e impeto»1. La perdita di questi aspetti, nella propria identità, comporta un disagio: se ad esempio si è sprovvisti “confini” ben definiti che delimitino ciò che è interno da ciò che è esterno si può avere la sensazione che siano gli altri a guidare la propria vita; se non si vive “autonomamente” ovvero imprigionati in schemi e ruoli troppo vincolanti da cui ci si vorrebbe sottrarre, si può avere una sensazione di depersonalizzazione

e a volte di

panico. Prima della nascita di un bambino i genitori si chiedono come egli sarà, se sarà maschio oppure femmina, a chi assomiglierà e quale nome farà al caso suo. Un neonato non ha coscienza della propria identità ed è con il passare del tempo che si riconosce come entità indipendente dalla madre. Questo approccio avviene sia attraverso “il corpo a corpo” con la mamma durante il quale il piccolo sviluppa una percezione di sé come essere dipendente e separato; sia attraverso la manipolazione degli oggetti, egli apprende una prima coscienza di sé. Da 1 a 3 anni riconosce la propria immagine allo specchio e inizia a usare il pronome “io”. 1

Oliverio A. F., Oliviero A. - Psicologia- Ed. Zanichelli, 2007 –p.393

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Nel corso di questo processo evolutivo una tappa importante è quella “dell’oggetto permanente”, in questa fase il bambino è consapevole dell’esistenza di un oggetto o di una persona anche quando vengono a trovarsi oltre il suo spazio percettivo: da quel momento in poi il bambino sa che un essere può restare identico a se stesso pur cambiando il contesto . Winnicot pediatra e psicanalista ritiene che la madre crea un ambiente esterno favorevole allo sviluppo dell’identità del suo bambino. Se le cure materne sono state sufficientemente “buone”, il bambino avrà fiducia in un ambiente esterno accogliente e salutare che “introietterà” determinando uno sviluppo della personalità pervasa da una profonda sicurezza. Erik Erikson definisce così lo sviluppo dell’identità nell’adolescente: “Non sono quello che dovrei essere e neanche quello che ho intenzioni di essere, però non sono nemmeno quello che ero prima.”2 L’adolescente si orienta verso una propria identità sempre più autonoma dalla famiglia e incentrata su un suo progetto individuale.

E. Erikson spiega come il processo di

acquisizione dell’identità in un giovane avvenga attraverso tre passaggi: o un primo passaggio dai modelli parentali acquisiti a una fase di “diffusione dell’identità” in cui egli lascia l’identità infantile senza impegnarsi ancora in scelte di vita, né esplora nuove forme di identità; o Un secondo passaggio in cui il giovane esplora nuove identità senza impegnarsi in scelte definitive;

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Oliverio citato, p.242

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o Infine nell’ultima tappa egli raggiunge una identità definitiva, che gli consente di operare le scelte e di assumersi impegni e responsabilità importanti nei confronti di sé e degli altri. Secondo Erikson, il mancato superamento della fase di crisi di identità adolescenziale conduce il ragazzo a uno stato di insicurezza di fondo che durerà per il resto della sua vita. Diversamente se l’adulto non supererà la tappa dell’età matura ovvero la “produttiva”, che comprende la formazione di una famiglia e l’acquisizione di un ruolo lavorativo, egli vivrà un senso di ristagno e di noia, al contrario, se egli riuscirà a superarla, vivrà un senso di appagamento . Fin dall’infanzia il soggetto investe molte energie psichiche nella creazione del Sé, nel comprendere ciò che gli altri si aspettano che egli sia o che diventi, nell’ interpretare le aspettative dei genitori e degli insegnanti. I genitori approvando, disapprovando, suggerendo e indirizzando contribuiscono all’impostazione della sua identità, anche se questa potrà mutare nel corso degli anni. In una fase successiva l’individuo ricerca non solo di dare un’ immagine di sé che possa aderire alle richieste esterne, ma che aderisca anche alle proprie aspirazioni ed inclinazioni. Tale processo si presenta nell’adolescenza e accompagna l’individuo per tutta la vita. “L’identificazione” con i genitori, i fratelli, le sorelle, il gruppi dei pari, è un processo importante nella formazione dell’identità. Questo bisogno di “identificazione” può diventare il collante che unisce i componenti del gruppo formando l’identità di gruppo: un’entità cui l’individuo partecipa, in cui si fonde e si confonde e che in alcuni casi può assorbire e sostituire l’identità personale.

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L’ identità individuale può essere definita come l’insieme delle rappresentazioni e dei sentimenti che l’individuo ha di se ; ma può anche essere definita come quella dimensione psichica che consente alla persona di realizzarsi e di rimanere identica in mezzo agli altri. «Sono almeno sei i tratti costitutivi dell’identità individuale: o La continuità consente di rimanere se stessi nel corso del tempo, identici o somiglianti a se stessi; o La coerenza è la rappresentazione più o meno strutturata che l’individuo ha di sé, e che gli altri hanno di lui; o Unicità è il sentimento di essere originale, unico. Può essere un tratto positivo, ma può anche indicare chiusura e rifiuto degli altri; o La diversità: l’identità ha molte sfaccettature e ogni individuo ha svariate apparenze; ciò può costituire una ricchezza ( sfaccettature articolate dei i ruoli multipli) oppure una scissione, una frammentazione dell’”io”; o Cambiamento: l’identità si realizza attraverso l’azione, i comportamenti; l’individuo deve sapere gestire il paradosso del cambiamento e della continuità; o Positività tutti gli individui hanno bisogno di pensare di valere e di sentirsi riconosciuti, in caso contrario la costruzione dell’identità individuale diventa problematica»3. Nella vita quotidiana gli individui possono subire delle crisi di identità o anche vivere “conflitti di lealtà” nei confronti del proprio passato da cui man mano si sono staccati e differenziati. Infatti l’identità è uno sforzo costante nel trasformarsi senza contraddirsi troppo.

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Oliverio citato, p.394

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I.2 L’IDENTITA’ INTEGRATA Platone nel “Simposio” narra del mito dell’Androgino: in principio ciascun uomo costituiva un intero, l'uomo era perfetto, bastava a sé stesso ed era felice. Aveva quattro gambe e quattro braccia ed era quindi molto forte ed autonomo; aveva due volti, quindi riusciva ad avere una panoramica visiva a 360 gradi. Questo essere non era né maschio né femmina, era perfetto e felice. Un giorno, Zeus, geloso della loro perfezione, divise gli Androgeni a metà e li disperse ovunque sulla Terra. E così furono creati gli uomini e le donne. Da allora l'uomo iniziò a cercare disperatamente l’altra metà di sé perché senza di questa egli si sentiva incompleto e infelice. Tutte le epoche sono ricche di trasposizioni, in chiave più o meno religiosa, dei sentimenti umani tramite favole, miti, parabole, leggende, ma in questo caso, dopo 2500, anni è possibile comprendere tale mito e la sua profonda verità. A donarci questa consapevolezza è “l’Analisi Empirica”4 la quale evidenzia che l’individuo integrato è colui che nel corso della propria evoluzione ha raggiunto la piena potenzialità del proprio codice Yin eYang. La personalità evoluta di ogni uomo e di ogni donna è il risultato di un’azione reciproca e integrata tra maschile e femminile. Nella società attuale si viene spesso a creare un ordine statico e dicotomico nella convinzione che le donne posseggano caratteristiche unicamente femminili e gli uomini posseggano caratteristiche unicamente maschili. «Piu l’adulto si avvicina alla matrice d’eccellenza del proprio maschile e femminile , ossia al codice Yin e Yang, più si accosta a uno stato integrato» 5. Una identità integrata è un preciso modello empirico frutto di anni di evoluzione della specie, raggiungibile attraverso: 4 5

L’Analisi Empirica ideata da Michel F. Hardy Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. IV– Centro Studi Hardy, 2009 –p. 35

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o

i vari ruoli previsti dall’ordine;

o i principi attivi del proprio codice, cioè per l’uomo la carica Yang e per la donna la carica Yin; o l’assimilazione ed elaborazione dei principi attivi del sesso opposto; o l’evasione del proprio debito empirico; o la presa di coscienza dei propri meccanismi di difesa; o un percorso di sviluppo personale che permetta all’individuo di esprimere le capacità e le potenzialità indispensabili per superare ogni momento difficile e che lo conduca al ruolo d’eccellenza.

I.2.1 I VARI RUOLI PREVISTI DALL’ORDINE «L’ordine empirico regola e contiene tutto ciò che è, come se fosse la grammatica di un grande disegno». 6 Un neonato che piange, un bambino che gioca, un uomo che cammina e un anziano che sorride, in ogni momento della sua vita l’uomo possiede una propria identità . La società odierna possiede degli standard legati all’età, c’è un tempo per studiare, uno per lavorare, uno per sposarsi e per avere una famiglia, uno per andare in pensione, uno per ammalarsi ed infine per morire.

Secondo “l’Analisi Empirica” vi è un preciso

ordine cronologico per l’ acquisizione di una identità integrata. «L’individuo passa dal ruolo di base del figlio o della figlia, a quello dell’adulto, suddiviso in parti femminili e maschili. Soltanto in un terzo

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Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. III – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 34

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momento, avendo vissuto ed incarnato i ruoli come tali, può entrare in quello della saggezza che lo porta fino al suo esaurimento biologico». 7 Secondo Michel Hardy esiste un sistema chiamato “Ordine Empirico”, che sfugge alla comune comprensione umana, le cui leggi regolano il libero fluire dei processi fisici e metafisici, i cosiddetti moti dell’anima. «L’ordine empirico sta alla base del funzionamento di tutti i moti universali definendo la matrice della vita e di ogni possibile espressione». 8 La vita dell’individuo per essere armonica ha bisogno di seguire il concatenarsi dei ruoli e la loro matrice d’eccellenza ovvero la soluzione empirica più adatta alla situazione stessa. Il ruolo sistemico primario, o campo di forza primario, è collegato al sesso biologico a cui ogni individuo appartiene: esso riporta l’individuo alle sue radici emotive ereditarie, lo avvicina al maschile e femminile personale, a quello della propria stirpe e della collettività. Maschio o femmina si nasce, uomo o donna si diventa. L’uomo si crea (o deriva) da un lungo processo identificativo che, fin da bambino, il maschio compie apprendendo innanzitutto dal proprio padre, poi da tutti i maschi significativi con cui viene in contatto e dall’eredità maschile della propria stirpe. Allo stesso modo l’uomo sviluppa anche il proprio lato femminile, spesso inconsapevolmente, acquisendolo dalla propria madre, dalle donne significative che sin dall'infanzia hanno popolato il suo mondo relazionale e dall’eredità femminile proveniente dalla propria stirpe. Lo stesso processo interessa la donna. 7 8

Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. III – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 39 Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. I – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 27

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Anche “l’inconscio collettivo”9 è sicuramente un serbatoio da cui un individuo può attingere punti di riferimento per poi attivare risorse al fine di integrare il proprio maschile e femminile. Questo processo di integrazione del proprio Yin e Yang avviene in maniera empirica, infatti le esperienze assimilate e assorbite conducono alla consapevolezza necessaria. Attraverso il sentire l’individuo coglie le sensazioni ed le emozioni interne e esterne che contraddistinguono che ogni tappa e che lo condurranno ai ruoli successivi di cui egli sarà portatore naturale. Attraverso l’acquisizione dei ruoli basilari, la persona può accedere ai sotto-ruoli. I principali sotto-ruoli sono il buon padre e la buona madre. Ciascuno dei ruoli è contraddistinto da diritti e doveri propri, ad esempio il ruolo di figlio prevede il diritto di ricevere amore mentre il ruolo del genitore prevede il dovere di darlo.

Ogni diritto disatteso ed ogni dovere incompiuto

genera un “debito sistemico” 10. Ogni fase della vita prevede un ruolo ben preciso che determina una responsabilità empirica pertinente ben definita che, se ignorata, si ripropone in momenti successivi. Superando i ruoli

precedenti, l’individuo stende le “fondamenta” necessarie per

integrare i ruoli successivi. Più l’individuo è in grado di sperimentare ruoli empirici, più è pervaso da una sensazione di appagamento profondo verso la vita dal momento che ha acquisito tutte le espressioni e varianti possibili di tali ruoli. L’uomo viene al mondo per evolversi ed ogni esperienza che si trova a vivere è finalizzata alla sua evoluzione. 9

Inconscio collettivo è un termine della psicologia analitica coniato da Carl Gustav Jung. L'inconscio collettivo, in opposizione all'inconscio personale, è condiviso da tutti gli uomini e deriva dai loro comuni antenati. 10 Il debito esprime sempre uno sq uilibrio tra il dare e il ricevere, nei paragrafi successivi verrà meglio esplicitato il concetto di debito.

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I ruoli sono calibrati normalmente sull’evolversi

del ritmo

biologico

dell’individuo, ovvero sulla sua capacità di sostenere una responsabilità sempre maggiore. Il sistema, anche nella distribuzione dei ruoli, segue un unico denominatore universale: quello della massima “funzionalità” 11 garantendo

la migliore

evoluzione della specie . Fin dalla nascita ad ogni individuo viene assegnato un compito da

svolgere per

sviluppare o completare la propria evoluzione o l’ evoluzione della propria anima. Nell’ultimo stadio

può emergere la saggezza necessaria per accettare con serena

consapevolezza l’avvicinarsi della morte.

I.2.2 I PRINCIPI ATTIVI DEL PROPRIO CODICE Ci sono sempre stati indiscutibili differenze tra uomo donna: fin dai tempi antichi la donna si occupava della casa e della crescita dei figli mentre l'uomo cacciava e svolgeva attività che richiedevano una maggiore forza fisica. In questo modo si sono delineate quelle differenze che sono state tramandate culturalmente da generazione in generazione.

Al giorno d’oggi i ruoli sono diversi, sussiste una maggiore

intercambiabilità, a volte addirittura i ruoli sono invertiti, ma sia l’uomo che la donna posseggono un diverso patrimonio genetico che li induce verso i principi attivi del proprio sesso biologico. Il lato maschile e quello femminile si manifestano in ogni azione compiuta quotidianamente; essi si esprimono tutti i giorni, per esempio nella

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Per l’Analisi Empirica la Funzionalità è il parametro d’eccellenza dell’ordine, esso non contempla la casualità, ma riconosce come unico meccanismo legittimo quello della causa e effetto. Tale principio stabilisce il ruolo o codice empirico della persona in quel determinato momento, specificandone i diritti e doveri.

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scelta di un libro o di un film, nell'atteggiamento tenuto nei confronti di una persona in una determinata situazione, o nella scelta di una canzone che accompagna il movimento del corpo. Il proprio maschile e femminile è un moto interno ed esterno. « Ogni uomo e ogni donna accede a un proprio codice empirico. Questo è come un contenitore di base, che porta i principi Yin o quelli Yang, a seconda del proprio sesso biologico ».12

Ogni codice detiene le cariche primarie differenti tra maschile e

femminile le quali si esprimono attraverso specifici talenti, abilità, capacità, attitudini e differenze oggettive ad esempio: o La donna Yin presenta nel suo lato “luce”13: dolcezza, accoglienza, sensibilità e fragilità; mentre nel suo lato “ombra”14: paura tristezza, perfidia, indecisione e cattiveria . o L’uomo Yang presenta nel suo lato luce: l’attitudine alla guida, il suo guerriero, la responsabilità, la concretezza, la progettualità, la determinazione, la forza, la potenza e la lealtà; mentre nel suo lato ombra: aggressività, rabbia, l’essere calcolatore, spigoloso, brusco, prepotente, severo e duro.

Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. I – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 108 Luce è connesso a quello più ampio di bene, in questo caso sono cariche empiriche necessarie e indispensabili per l’identità integrata di un individuo. 14 Ombra è connesso a quello più ampio di male, in questo caso sono cariche empiriche necessarie e indispensabili per l’identità integrata di un individuo. 12 13

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I.2.2.1 L’UOMO YANG Se lo sviluppo psichico dell’uomo non incontra “ostacoli”15 egli si radica nel proprio sesso biologico, acquisendo un profondo senso di fiducia in sé e di speranza nella vita. L’uomo ha integrato il proprio ruolo primario, ovvero il proprio lato maschile, accettando e portando alla coscienza il proprio lato ombra.

Questo passaggio nella

propria ombra è doloroso per l’individuo, tuttavia una volta riconosciuta, essa diventa una risorsa che può diventare una fonte di ricchezza e pienezza. L’individuo, non proiettando più all’esterno i lati che meno accetta di se stesso, migliora la propria qualità di vita e si sente collegato con ogni creatura dell’universo. L’uomo Yang possiede luce e ombra, conosce a fondo la propria rabbia, la paura, la colpa, il senso di inadeguatezza, ma nessuna sfera emotiva ha il soppravvento sulle altre; è in grado di gestire se stesso e le situazioni, anche difficili, che lo interessano in uno stato di equilibrio e serenità interiore. L’uomo Yang si colloca tra “l’uomo Yin”16e “l’uomo Yang alterato”17, riunendo in sé una parte maschile presente e ben sviluppata, senza eccesso e non avendo bisogno di dimostrare la propria mascolinità. Una qualità che per definizione rappresenta il maschile è la vitalità. Come forza che spinge verso la vita, essa porta l’uomo all’autoaffermazione. Si tratta cioè di quella spinta che lo induce a guardare sempre in avanti, a protendere verso, ad avanzare di buon grado è un movimento volto al cambiamento. Le caratteristiche dell’uomo Yang sono volte al raggiungimento di uno scopo e alla realizzazione di un bisogno. Questo

15

Per ostacoli si intende: bisogni legittimi non corrisposti, deviazioni traumatiche comunque diritti empirici infranti. 16 L’uomo Yin può essere definito come l’uomo che si esprime e vive maggiormente nella proprio Yin come effetto compensatorio disarmonico di una minore carica Yang. 17 L’uomo Yang alterato può essere definito come l’uomo che si esprime maggiormente con l’ombra Yang come effetto compensatorio disarmonico di una minore carica Yang.

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movimento maschile è di fondamentale importanza nella trasmissione della vita: dei circa trecento milioni di spermatozoi emessi durante l’ eiaculazione, solo uno raggiunge l'ovulo della donna.

La forza, la determinazione e la competitività dell’unico

spermatozoo che raggiunge l'ovulo è fondamentale affinché possa nascere una vita. Una carica primaria Yang è l’energia che mette l’individuo in grado di realizzare i propri sogni e che in un primo momento si manifesta nell’autoaffermazione personale e successivamente si esprime nella tutela del nucleo familiare come massima espressione dell’amore maschile. « Egli dona protezione a chi ama, utilizzando la chiarezza, la determinazione e la fermezza18», essendo riuscito nel proprio cammino di sviluppo personale ad autodisciplinarsi, superando i tabù e gli stereotipi e scegliendo liberamente i propri principi, l’uomo Yang conferisce supporto, struttura e ordine alla propria famiglia. L’amore paterno ha il compito preciso di trasferire le qualità Yang alla propria prole.

I.2.2.2 LA DONNA YIN Le neuroscienze, in appoggio alle considerazioni psicologiche, evidenziano oggi un modo di pensare maschile e femminile attribuibile alle diverse funzioni degli emisferi cerebrali. «L’emisfero sinistro acquisisce i codici e le regole familiari e sociali e con essi sviluppa una personalità adatta all’ambiente socio-culturale in cui vive » 19. Esso induce ad una personalità conservativa e ripetitiva, che, in quanto tale difende ed impone i propri schemi mentali. L’emisfero destro interpreta fisiologicamente le informazioni in base al proprio codice genetico. 18 19

Esso «si sostituisce agli stimoli

Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. III – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 21 Zonta R.- Psicologia Generale, dello Sviluppo e Applicata- Ed. Edipsicologiche,Cremona,1998 –p.371

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ambientali (quali tipologie predominanti del pensare, abitudini, regole, tradizioni buone e cattive) programmando ed inviando stimoli all’emisfero sinistro per tentare di liberare l’individuo da abitudini, idee preconcette e riorganizzargli le informazioni distorte » 20. Appare chiaro che l’Io dell’emisfero destro rende la persona obiettiva, creativa, mentre quello dell’emisfero sinistro rende la persona competitiva ed egoica. Il modo di pensare al femminile procede dalla visione di un insieme dove informazioni ed esperienze vengono messe in relazione tra loro per individuarne differenze, connessioni, simbolismi fino al raggiungimento dell conoscenza attraverso un processo sintetico, induttivo, analogico. Si tratta di un procedimento che non separa, ma unisce anche attraverso percorsi invisibili ed oscuri, dove possono manifestarsi l’indecisione e l’indeterminatezza della donna, per poi tornare alla luce con nuovi saperi. Il pensiero maschile, analitico e logico-deduttivo in riferimento al principio di causaeffetto penetra nelle cose isolando i diversi aspetti del contesto fino ad arrivare alla conoscenza razionale. Il principio maschile ha un ruolo complementare a quello femminile. Il femminile e il maschile si completano pur nelle loro assolute diversità. Non c’è parità o disparità dei sessi, ma ci sono ruoli nettamente diversi, dove il femminile esprime la forza creatrice e generatrice di idee e passioni. Anche il femminile è dotato di luce e ombre, tanto sono diversi ed opposti gli attributi che lo caratterizzano e che si esprimono con fantasia, inventiva, gioia, sensualità, protezione, pace, condivisione, forza psichica, comprensione del diverso, l’affinità per il primitivo e naturale, che con l’indecisione, la dipendenza, l’indeterminazione o con

20

Michele Trimarchi, - L’Io nascosto - Editoriale, Il Corriere di Roma, 2002

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sentimenti estremi come perfidia, cattiveria e vendetta. Accettando e portando alla coscienza il proprio lato ombra la donna esprimere autenticità. Anche la propria fragilità, delicatezza e sensibilità diventano nel percorso di integrazione dapprima moti da nascondere a successivamente talenti, che conferiscono “forza e potere”. Il potere della donna Yin si può definire “liquido21”, la donna ha una forza più morbida di quella maschile, più delicata ed estesa che si esprime attraverso una morbidezza consistente e onnipresente del tutto priva di aggressività. La donna Yin si esprime attraverso la dolcezza, la dedizione, la cura e l’arrendevolezza. Il suo coraggio proviene dal cuore, non dalla sfida.

“La donna Yin …essendo in

collegamento profondo con le proprie radici biologiche, non ha bisogno di ostentare talenti femminili al fine di ottenere approvazione”.22 Essa si esprime attraverso la propria gentilezza e amorevolezza, non ha bisogno di ricorrere alla rabbia per farsi rispettare, in quanto sente che così smarrirebbe il proprio potere personale. L’entusiasmo e la forza di vivere che ella esprime le assegnano una forza travolgente nonostante la sua apparente delicatezza. La Luna comprende in sé molti aspetti del femminile poiché le sono associati innumerevoli simboli del mondo vegetale, animale, umano: è principio di fecondità, creatività, immaginazione, ispiratrice di artisti e sensitivi, padrona dell’inconscio e della notte, simbolo di incostanza in quanto legata al principio di trasformazione. Essa influenza le acque, le maree, i cicli biologici femminili, la fertilità, le acque amniotiche. Le sue fasi hanno segnato lo scorrere del tempo nei calendari lunari, il suo ciclo completo corrisponde a quello biologico femminile. 21

La definizione il potere liquido è stato coniato da Michel F. Hardy per descrivere e sottolineare la differenza dal potere maschile. 22 Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. IV – Centro Studi Hardy, 2009 – p. 42

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Platone scrive «Non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra (…) per questo motivo è verosimile che la prima nascita sia stata portata a termine, attraverso i poteri del Creatore, dalla terra senza che fossero necessari quegli organi (…) che la natura deve produrre negli esseri che procreano. Dunque la prima nascita avvenne nel grembo materno della Terra, le successive con la riproduzione nel grembo della donna».23 Ogni donna necessita di esprimersi attraverso i moti guida del proprio codice. Un moto fondamentale è l’accoglienza e la trasformazione.

La donna accoglie quella spinta

dell'uomo che viene fermata, ridotta, trasformata, e cambiata. La donna, accogliendo nel suo grembo quel singolo spermatozoo e trattenendolo per un periodo di tempo, lo trasforma facendolo diventare una nuova vita.

Nessun’ altra

accoglienza e trasformazione può dirsi così miracolosa. La sua matrice d’eccellenza si manifesta con il ruolo di buona madre, l’amore incondizionato, la cura e l’accoglienza che prima dedicava a se stessa ora li può espandere dondoli ai propri figli.

I.2.2.3

L’ASSIMILAZIONE

DEI

PRINCIPI

ATTIVI

DEL

SESSO

OPPOSTO L’essere umano è concepito come unione di polarità: femminile e maschile, Yin e Yang. Il pensiero filosofico orientale esprime compiutamente il concetto di polarità nel simbolo del Tao, che rappresenta la realtà dell’universo e dell’uomo nell’unione dei principi opposti : Yin e Yang. 23

Zarattini V.C. - Gli archetipi del femminile nel tempio massonico – in http//www.granloggia.it/GLDI/Default.aspx/ShowPage.aspx?PageID=1477 –aggiornato il 14Marzo2009

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Lo Yang, ovvero il sole, è il simbolo del principio attivo, maschile e positivo il quale esprime in termini psicologici la “coscienza” diurna. Lo Yin, o principio passivo, “lunare”24, assimilabile per analogia al buio, alla notte e al rimosso, rappresenta l’elemento femminile, ricettivo che corrisponde “all’inconscio”25 della persona. L’uomo conserva in sé degli aspetti tipicamente femminili che spesso rimangono misconosciuti. Ogni uomo infatti presenta una componente femminile26 inconscia nella propria personalità. Allo stesso modo ogni donna possiede una componente inconscia maschile27. Secondo Carl Gustav Jung, la parte femminile presente nell’uomo, o “Anima”, e la parte maschile della donna, o “Animus”, corrispondono alle parti inconsce che nella psiche rappresentano il sesso opposto. Animus e Anima sono considerati come elementi complementari, che ogni individuo deve necessariamente coniugare in sé se vuole arrivare a sviluppare una personalità integra. Jung auspica, infatti, alla costituzione di una vera e propria “psiche androgina”. La bisessualità psichica e morfologica richiama la figura “dell’androgino”, in quanto evoca la mancanza di una chiara identificazione in un solo sesso. «La persona raggiunge lo stato di Integrazione soltanto dopo una fase di “integrazione”, ossia assimilando ed elaborando i principi attivi del sesso opposto ».28 Questa visione si avvicina molto a quella del Tantra.

Shakti nel tantra è la forza

femminile, che può essere attribuita alla partner ma fa riferimento anche alla donna interiore che esiste sia nell'uomo che nella donna. Questa doppia sessualità è propria di

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L’associazione femminile e donna è descritto più specificatamente nel paragrafo precedente. Con il termine inconscio Freud intendeva un complesso di processi, contenuti ed impulsi che non affiorano alla coscienza del soggetto e non sono quindi controllabili razionalmente. 26 Semplificando si può dire che Jung ritiene che in un uomo vi sia il 49% di femminile che lui definisce Anima. 27 Semplificando si può dire che Jung ritiene che in una donna vi sia il 49% di maschile che lui definisce Animus. 28 Hardy F.M. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. IV – Centro Studi Hardy, 2009 – p. 36 25

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tutti gli esseri umani e secondo il tantra deriva dal padre e dalla madre. Il tentativo di sopprimere questa naturale androginia a favore di una esagerata mascolinità o femminilità, crea squilibri psicologici, che in occidente vengono classificati come nevrosi. L’individuo integrato attraverso lo sviluppo del proprio maschile e femminile possiede la chiave per l'espansione della coscienza, per l'unione con il tutto, per l'intima percezione della natura più illuminata. Egli coglie Armonia e spiritualità, presenza di amore e volontà insieme, soddisfazione dei principali bisogni di affetto e di auto affermazione. L'equilibrio tra parte maschile e femminile all'interno della persona equilibrio di forze, potenzialità e benessere. Una donna Yin integrata canalizza la sua aggressività (ombra Yang) filtrandola attraverso le proprie qualità (di luce Yin ) quali la dolcezza e la cedevolezza. Allo stesso modo ogni uomo filtra la propria paura (ombra Yin ) attraverso la propria spinta vitale; inoltre può accedere a un lato femminile presente e coadiuvante che lo rende armonico e armonioso. La persone integrate dispongono di uno spazio interiore più ampio , in grado di tollerare gli atteggiamenti altrui senza per questo doverli subire. I due percorsi di pensiero, ricettivo o induttivo e penetrativo o deduttivo, visti nel paragrafo precedente, ci suggeriscono che, grazie alla loro complementarietà si possono creare processi mentali armoniosi e completi, cosa che evidentemente non si è ancora realizzata a causa del prevalenza di uno sull’altro. Nonostante i cambiamenti sociali, politici, culturali, religiosi del mondo d’oggi che potrebbero offrire alla donna la possibilità di ritrovare ed esercitare il proprio ruolo empirico. Nell’individuo il proprio Yin e Yang

tende a rimanere involuto, sconnesso e

mal integrato, dando adito a comportamenti differenti da persona a persona.

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Semplificando si può dire che i ruoli più caratterizzati sono quelli dell’uomo Yin o Yang alterato e della donna Yang o finta Yin.

In realtà le persone non integrate

oscillano tra il proprio maschile e femminile ma non avendo una carica primaria sviluppata utilizzano dei ruoli compensatori, per poter gestire le situazioni che si presentano. Nell’integrazione del proprio maschile e femminile sono determinanti le relazioni genitoriali. Ad esempio si può dire che l’uomo Yin, accomodante, insicuro, indeciso ossia con una carica d’ombra femminile espansa e l'uomo Yang alterato che mostra una spinta esagerata mantenendosi sempre in sfida, aggressivo, con atteggiamento da macho hanno una comune caratteristica: si trovano entrambi ancora sotto l'influenza materna. Inoltre l’uomo Yin che si manifesta nel conquistare tante donne, esprime in realtà in questo potere un potenziale aggressivo verso un modello femminile materno troppo invadente e oppressivo, dal quale non è ancora riuscito a distaccarsi per trovare una sua identità. Allo stesso tempo manifesta una matrice maschile acquisito inadeguata, quello del dongiovanni. Nell'omosessualità maschile, massima espressione dell’uomo Yin, femminile è molto sviluppata,

in cui la parte

a volte questa è la conseguenza di un rapporto

particolarmente intimo, confidenziale e fusionale con la madre, il figlio diventa ipersensibile al mondo interno di lei, ed è colui che comprende l'intimità di sua madre meglio di chiunque altro. Nel rapporto con l'altro svilupperà la tendenza a relazionarsi con la parte femminile, probabilmente svilupperà una particolare attenzione alle fragilità alle sofferenze e alle delicatezze altrui, è facile, in questi casi, sentire la mancanza di una parte maschile interna forte, che si manifesterà ad esempio nel non accettare la propria rabbia o nel non manifestarla proprio, ma soprattutto, non avendo sviluppato le

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proprie qualità Yang, egli non riuscirà ad avere confini o a creare difese da questa eccessiva intimità e sensibilità e cadrà spesso nella propria tristezza. La donna Yang, invece avendo un pessimo rapporto con il proprio femminile utilizzerà ruoli maschili come l’aggressività o la sfida distanziandosi così dai ruoli primari del proprio sesso biologico. Carl Rogers esponente della psicologia umanistica mette in discussione la psicoterapia, secondo cui l’esito positivo è frutto di applicazioni sistematiche di ricostruzioni di tratti patologici che l’individuo preserva nella propria personalità. Egli sostiene che in ogni persona sia insita la potenzialità per produrre al suo interno gli aggiustamenti di cui la stessa ha bisogno. Questa teoria è importante perché suggerisce che all’interno dell’individuo vi sono già tutte le capacità e le potenzialità indispensabili per superare ogni momento difficile. In ogni momento della vita si può incrementare l’integrazione dell’identità, acquisendo il meglio delle caratteristiche maschili e femminili sviluppandole a prescindere dal proprio genere. «Uomo o donna integrato non si nasce ma si diventa …il ruolo integrato ha bisogno di essere conquistato dal singolo attraverso le proprie attitudini al fare». 29 E’ importante mantenere il giusto equilibrio tra il proprio maschile e femminile cercando di far crescere armoniosamente ogni aspetto del proprio essere e ogni area della propria vita. In questo modo l’individuo si sente unito al tutto e percepisce il collegamento empirico sia con gli uomini che con le donne potendo rispettare l ‘energia arcaica di entrambi. Grazie a questi talenti «Essi sono le uniche forme empiriche capaci di accedere all’amore e – quindi –di poter entrare in relazioni autentiche e appaganti ».30 29 30

Hardy M.H. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. IV – Centro Studi Hardy, 2009 – p. 35 Hardy M.F. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. I – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 110

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I.2.3 L’EVASIONE DEL DEBITO EMPIRICO «L’ordine empirico definisce la matrice della vita e di ogni possibile espressione ». 31 Il sistema che sta alla base del funzionamento di tutti i moti universali tende sempre all’equilibrio e, laddove si crea un disequilibrio, trova comunque il modo di ristabilire l’armonia attraverso eventi che talvolta potrebbero anche sembrare traumatici all’occhio umano, ma che in realtà hanno il solo scopo di riportare la giusta armonia nella vita dell’individuo. Ogni uomo e ogni donna che diventi genitore dona al proprio figlio tutti i talenti, le qualità, le capacità e l’amore che possiede. Normalmente anche i migliori genitori infrangono i diritti empirici del proprio figlio; il figlio infatti ha il diritto di ricevere amore e di assorbire le cariche primarie di maschile e femminile da due genitori integrati, ossia che abbiano integrato il proprio Yin e il proprio Yang. «Il debito di base acquisito da piccoli è sempre per una qualità d’amore insufficente 32 ». «Il debito esprime sempre uno squilibrio tra il dare e il ricevere» 33 Al bambino è richiesto di prendersi carico del debito generato dai propri genitori, debito che essi avevano ereditato dalla loro stirpe.

Così il figlio

assimila l’eredità empirica dei propri predecessori e la integra nella propria vita, diventando egli stesso il portatore principale di tale carica. Il debito empirico è una sorta di “banca” in cui vengono depositate azioni negative o azioni non compiute. 31 32 33

Hardy M.H. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. I – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 27 Hardy F.H. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. II – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 27 Hardy F.H. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. II – Centro Studi Hardy, 2008 –p. 21

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Il debito si paga attraverso una sorta di “guarigione”. Fin dalla nascita ogni individuo possiede un compito da svolgere per sviluppare o completare la propria evoluzione o l’ evoluzione della propria anima. Ma soltanto da adulto potrà riscattare il proprio debito diventando consapevole di tutta la sua portata , permettendosi di accedere al dolore precedentemente rimosso 34.

L’integrazione del proprio debito avviene solamente

accettando e supportando il carico di dolore generato. In un secondo momento l’individuo giunge a trasformarlo affrontando le dovute difficoltà. Il dolore non è una cieca punizione, ma un percorso da superare. Il debito sistemico si evade svolgendo il compito dato dal ruolo empirico in cui l’individuo viene a trovarsi e superando gli innumerevoli ruoli che troverà lungo il suo percorso.

Ogni essere ha un compito da

svolgere evolvere è un dovere verso di sé, la stirpe e l’umanità. L’evasione del proprio debito conferisce una intima sensazione di gioia che non è da attribuirsi ad un periodo propizio, bensì alla conferma che ci si sta muovendo nel libero fluire. Si può essere sereni solo quando si seguono i dettami dell’ordine sistemico che conducono allo stato di eccellenza. Veniamo al mondo per evolverci ed ogni esperienza che viviamo è finalizzata a questo. Più ci si avvicina alla conoscenza, più ci si rende conto della perfezione del Tutto. «Ogni avvicinamento alla matrice d’eccellenza (ovvero l’integrazione) indica anche una elaborazione del proprio debito, poiché il singolo si può accostare ad essa soltanto nella misura in cui prima ha evaso il proprio arretrato empirico» 35.

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In psicologia, la rimozione è un meccanismo psichico che allontana dalla coscienza desideri, pensieri considerati inaccettabili e insostenibili dall'Io, e la cui presenza provocherebbe dispiacere. Nel paragrafo successivo vedremo i meccanismi di d ifesa tra questi la rimozione. 35 Hardy F.H. –La Grammatica Dell’Essere,Vol. IV – Centro Studi Hardy, 2009 – p. 35

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L’evasione del proprio debito è il moto più importante perché legato al miglioramento ed al mantenimento della specie; l’impegno a riscattare il proprio debito costituisce la più grande responsabilità del genere umano.

I.2.4 IL SUPERAMENTO DEI MECCANISMI DI DIFESA L’analisi empirica sostiene che tutta la conoscenza debba essere acquisita dalla coscienza tramite sensazioni interne o esterne, tuttavia in determinati momenti della vita alcuni meccanismi possono bloccare e alterare la coscienza e le sensazioni stesse. Secondo Michel Hardy: «ciascun essere umano sviluppa meccanismi di difesa nei primi anni di vita, imparando così a cautelare se stesso e il proprio mondo interiore. Si tratta di schemi empirici che, una volta sviluppatisi, aggirano il controllo cosciente e diventano veri e propri binari emotivi per il resto della propria esistenza » 36. I meccanismi di difesa rappresentano le attività, per lo più inconsce, che le funzioni dell’Io mettono in gioco per bloccare, trasformare, annullare o contenere vissuti che generano tensione, dolore, fastidio, rifiuto, ecc. Secondo la psicologia accademica i meccanismi di difesa sono configurazioni psicologiche inconsce che riducono il conflitto, e di conseguenza l’angoscia, mantenendo un equilibrio intrapsichico, regolando l’autostima e modulando l’angoscia. Nel modello relazionale le difese sono considerate meccanismi di protezione per preservare il sé autentico.

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Hardy M.H. - Il Potere dei Simboli- Il Genitore - 2008 slide 2

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Le difese sono evolutivamente necessarie basti pensare ad esempio alle vanterie dei bambini che rappresentano un potente veicolo attraverso il quale essi superano l’inferiorità per accedere alla virilità. I meccanismi difensivi dell’Io, nel tentativo di sfuggire a stati d’animo penosi, solitamente “negano” o “proiettano” o “rimuovono” l’effetto legato alla pulsione, con la conseguenza che la loro carica, controllata dalla controcarica psichica dell’Io, non riesce a manifestarsi e di consegenza a consumarsi. Nell’ambito della psicologia sociale e sperimentale le difese vengono identificate con le strategie di “not coping37, con la capacità di non riuscire ad affrontare i problemi. Si tratta di meccanismi inconsci e volti soprattutto alla risoluzione di minacce esterne. Per Anna Freud le difese primitive sono i modi in cui il bambino piccolo percepisce il mondo. Esse sono: La Identificazione proiettiva, la Scissione o Dissociazione primitiva, la Idealizzazione primitiva, il Diniego, l’Onnipotenza, la Svalutazione, la Regressione, l’Autismo. Le difese meno primitive sono: l’Introiezione, l’Identificazione, 37

La traduzione è non facendo; in questo contesto si potrebbe anche dire: non riuscire a farcela a superare ciò che è in quel momento.

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l’Interiorizzazione, la Fissazione, la Sublimazione, la Rimozione, il Blocco o repressione degli affetti, la Formazione reattiva, l’Ascetismo, la Razionalizzazione, la Traslazione, l’Isolazione o isolamento, l’Intellettualizzazione, il Ritiro emotivo, la Psicosomatizzazione. Alcuni meccanismi di difesa tra quelli sopra elencati hanno un peso maggiore, rispetto ad altri, nella formazione di una identità integrata, di seguito ne vengono trattati alcuni.

I.2.4.1 LA RIMOZIONE In psicologia, la rimozione è un meccanismo psichico che allontana dalla coscienza desideri, pensieri considerati inaccettabili e insostenibili dall'Io, la cui presenza provocherebbe dispiacere. Questo meccanismo di difesa tende a rimuovere lo stimolo del proprio mondo interiore o del mondo esteriore.

Ad esempio capita a volte che

individui coinvolti in incidenti, in aggressioni o morti violente dimentichino l’ evento.

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Il meccanismo elimina l’episodio “rifiutando di accettare ciò che è accaduto” piuttosto che affrontare una situazioni spiacevole. Nella rimozione qualcosa viene conosciuto e poi rimosso;

I.2.4.2 LA PROIEZIONE La proiezione è un meccanismo che difende l’individuo dall’angoscia.

Tale

meccanismo si presenta come una soluzione all’insuccesso del meccanismo di Rimozione. Ad esempio: “non sono io a provare sentimenti ostili… è l’altro che mi perseguita” oppure “io non sono bugiardo…sono gli altri che mentono e devo difendermi mentendo anche io”. Quando un individuo non accetta la propria ombra può solo proiettarla sugli altri. I pregiudizi, certe opinioni incontrollate e le superstizioni molto spesso si basano su proiezioni.

I.2.4.3 LA FISSAZIONE La fissazione è il meccanismo attraverso cui il soggetto si “fissa” in un certo stadio di sviluppo difendendo ad esempio la propria idea anche se indifendibile razionalmente e “fissandosi” su cose che non hanno alcun significato.

Un evidente segnale di tale

meccanismo è lo sguardo fisso e assente. Tale meccanismo rappresenta un arresto dello sviluppo evolutivo emotivo-affettivo per cui la persona rimane “fissata”, come immobilizzata in una precedente fase evolutiva per la sua inconscia necessità di proteggere il proprio equilibrio psicologico. Esempio: figlio iperprotetto e non svezzato

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all’impegno, alle frustrazioni e anche alle gratificazioni eccessive, esso rimane fissato allo stadio infantile-orale.

I.2.4.4 LA REGRESSIONE La regressione e’ il meccanismo che adotta comportamenti retroattivi legati ad un certo stadio di sviluppo. La persona in regressione può adottare alcuni comportamenti tipici del bambino. Si deduce che in determinate circostanze e per circoscrivere la propria frustrazione, l’individuo viva nel passato, dissociato dal presente, come se un film continuasse a riavvolgersi all’infinito. L’immagine che egli ha di se stesso è legata al passato, non riesce a proiettarla nel presente e non può certo proiettarla nel futuro. Ma oltre ad essere episodico può anche essere un meccanismo permanente, come si verifica nelle crisi di adattamento dell’individuo, caratterizzato da debole personalità o da decadenza senile.

I.2. 4.5 ILRITIRO EMOTIVO Il ritiro emotivo e’ il meccanismo che porta all’isolamento e alla passività. Alcuni individui vivono ritratti in un loro mondo, come se il proprio io non volesse più venire a contatto con il sociale. Si verifica nel caso di frustrazioni intense o persistenti con ritiro emotivo-affettivo-interpersonale per timore di ulteriore dolore.

Ne sono un

esempio: i tossicomani, gli alcolisti, i sognatori ad occhi aperti o coloro che si dedicano esclusivamente ad un intenso lavoro”.

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In alcuni casi si può arrivare all’anestesia emotiva, incapacità di sentire le emozioni. Un evidente segnale di tale meccanismo lo si può riscontrare nella postura con la chiusura a riccio del corpo stesso.

I.2.4.6 L’IDENTIFICAZIONE Facendo parte dei meccanismi fisiologici di costruzione dell’io in ogni forma di educazione, l’identificazione può trasformarsi in meccanismo di difesa patologico nel caso in cui ad esempio vi sia imitazione servile (per spontaneo contagio psichico da parte di un immagine parentale) oppure nella perversione sado-masochista in cui si verifica l’identificazione proprio con ciò di cui si ha più paura e che si vorrebbe sopprimere: l’aggressore.

I.2.4.7 L’IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA L’Identificazione proiettiva è il meccanismo di difesa che consiste nel proiettare nell’altro delle parti di sé che il soggetto considera “buone” oppure “cattive”. Tale meccanismo prevede che il soggetto proietti sull’altro parti che non accetta di se stesso, oppure parti che lo spaventino.

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I.2.4.8 LA RAZIONALIZZAZIONE E’ un processo di schermatura volto a coprire una crepa nel mal riuscito processo della Rimozione, per cui viene operata inconsciamente una distorsione delle idee, delle motivazioni, delle percezioni e delle interpretazioni con la finalità di creare delle giustificazioni di fronte a se stesso e agli altri. Si tratta dell’esempio della volpe e l’uva: la volpe, che non arriva a cogliere l’uva, dice che è acerba.

I.2.4.9 L’ INTELLETTUALIZZAZIONE La persona che utilizza questo meccanismo di difesa parla dei sentimenti senza provare alcun sentimento. Ad esempio: “bene la cosa mi fa rabbia” espresso con un tono distaccato. L’idea di provare rabbia è accettata ma viene inibita l’espressione concreta della rabbia. Può avere un valore adattivo quando non ci si lascia coinvolgere dall’emotività e dall’impulsività. Diventa disadattiva quando non ci si lascia coinvolgere emotivamente per gioire delle situazioni che si vivono.

I.2.4.10 IL DINIEGO Il diniego è un processo che induce un individuo a non riconoscere la natura della pulsione penosa o inaccettabile di se e degli altri. La pulsione non viene completamente rimossa, ma può "affacciarsi" alla coscienza, venendo negata l'origine o l'appartenenza personale. Questo meccanismo di difesa è piuttosto arcaico e disadattativo. Ad esempio il bambino prima, e l’adulto poi, applicano una fuga psicologica dalla realtà che così non viene distorta: il meccanismo che ne deriva è del tipo “se non lo riconosco non

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accade”. L’intento è quello di mantenere il proprio equilibrio psichico, ma lo svantaggio è che l’individuo si estranea dalla partecipazione attiva alla soluzione interpersonale dei problemi. Il diniego inoltre rappresenta quel meccanismo di difesa automatico inconscio di disconoscimento delle proprie immagini mentali spiacevoli (che può essere anche la propria ombra), istinti sessuali o aggressivi che portano con sé una particolare carica emozionale Per concludere è bene sottolineare che i meccanismi difensivi dell’Io operano sempre al di fuori della sfera del conscio ed esprimono strategie empiriche per coprire il proprio debito. «Ciascun debito è correlato a un dolore rimosso, e così anche ogni tipo di difesa è atto a nascondere le proprie ferite emotive».38 L’uomo cerca, naturalmente, di sfuggire al dolore e, se proprio è costretto a patirne, di allontanarsene il prima possibile, per ripristinare l’omeostasi interna. E’ questo un principio biologico, prima ancora che psicologico. E così, già dai primi mesi di vita, il bambino attiva delle difese per proteggersi dal dolore. Evidentemente l’adulto in grado di supportare il proprio dolore non può vivere di illusioni, di inganni e di autoinganni. Questo è possibile sostituendo il principio del piacere con quello di realtà. Il primo principio tende al soddisfacimento del piacere a qualsiasi costo ed in forma immediata, il secondo conosce l’attesa e consente il soddisfacimento dei bisogni realistici. Questo passaggio evolutivo sembra semplice a prima vista, tuttavia è talmente difficile non ingannarsi, non difendersi, abbandonare le proprie armature, che in alcuni casi il rimedio, cioè la difesa, è peggiore del male, cioè la verità. l’accettazione di questi limiti è un sicuro indizio di integrazione.

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Hardy M.F. –Il Potere dei Simboli- Il Genitore - 2008 slide 1

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Tuttavia, la scoperta e


I.2.5 UN PERCORSO DI SVILUPPO PERSONALE Un percorso di sviluppo personale permette all’individuo di esprimere le proprie capacità e potenzialità indispensabili per superare ogni momento difficile, conducendolo nel ruolo d’eccellenza. Questo percorso ha come meta lo sviluppo della identità integrata individuale; essa rappresenta quindi lo sviluppo delle pecularietà differenti di ogni individuo, sulla base della sua disposizione naturale. Questo è possibile attraverso: o il miglioramento del proprio maschile e femminile che porta obbligatoriamente a rivedere in chiave empirica, ovvero attraverso il sentire, il rapporto con i propri genitori. L’essere umano in qualsiasi fase della propria esistenza, può riscoprire in sé le radici del suo potenziale e le proprie aspirazioni fondamentali, attivandosi per concretizzarle; o la presa di coscienza porta a nutrire pensieri armonici costruttivi, realistici e non illusori, aiuta a contenere questo pericolo e stimolo a provare. Superando i meccanismi di difesa che avevano prodotto pensieri disarmonici negativi, ansia che causa

scarsa lucidità e aumenta la possibilità di errori e dunque, di

insuccessi.

La presa di coscienza invece porta a nutrire pensieri armonici

costruttivi, realistici e non illusori, aiuta a contenere questo pericolo e stimolo a provare; o la destrutturazione dei ruoli compensatori disarmonici che in alcuni casi diventano dannosi per la salute psico-fisica dell’individuo, riuscendo a formare l’ humus necessario per il ruolo successivo; o il vivere completamente le proprie emozioni superando l’anestesia emotiva, che

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conduce l’uomo al ristagno e alla morte emotiva. Nel caso contrario alimenta si circolo virtuoso, in cui l’emozione alimenta la vitalità; o il superamento di una difficoltà attuale che conduce l’individuo ad avere speranza nelle proprie capacità di realizzazione di quel dato obiettivo, di quell’oggetto o servizio che è alla base del concetto di autoefficacia personale. Le convinzioni di efficacia contribuiscono quindi alla motivazione e alla valorizzazione di sé in vari modi. Esse determinano gli obiettivi che le persone si pongono, ma anche la quantità di impegno che attivano, la perseveranza di fronte alle difficoltà e le capacità di recupero rispetto agli insuccessi. Le persone con scarsa fiducia in se stesse, incontrando delle difficoltà riducono l'impegno e rinunciano, mentre una salda convinzione nelle proprie competenze, quanto meno favorisce un maggior impegno se non il superamento stesso dell'ostacolo; o la modificazione della percezione del mondo esteriore, in alcuni casi vissuto come minaccioso e insicuro. Le persone sono in parte anche frutto dell'ambiente in cui vivono. Ognuno deve confrontarsi con l'ambiente in cui vive e cercare di coltivare le proprie potenzialità; o la decisione di cambiare e di sviluppare potenzialità, di superare ostacoli anche interni, come possono essere azioni ripetitive e automatismi non utili. Il movimento al cambiamento va sostenuto e accompagnato attraverso: la messa a fuoco degli obiettivi, la valorizzazione degli strumenti che già si posseggono per affrontare il cambiamento, l’esplorazione delle aree di miglioramento e degli strumenti che servono a raggiungere lo scopo, nonché il supporto e l’incoraggiamento a non desistere di fronte a “ricadute” o a insuccessi parziali.

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“Riuscire” significa soddisfare i bisogni profondi che presiedono alla realizzazione di se stessi. Ciò chiede di credere che sia realmente possibile. In alcuni casi può essere necessario un aiuto esterno come la partecipazione ad un seminario che può avere un’ottima influenza sul proprio percorso di sviluppo personale. Con il Magister Michel F. Hardy si è pensato di costruire un percorso della durata di cinque giorni che potesse offrire ai partecipanti una tappa di consapevolezza nel loro percorso di miglioramento. Un seminario di ricerca di meccanismi di difesa personali per trasformare l’arretrato empirico in nuove risorse. Attraverso “l’Analisi Empirica” e lo “Psicodramma Olistico” è possibile riscattare la consegna famigliare, o meglio, riconoscere le proprie strategie di Autoboicottaggio. Il corso si propone di accompagnare i presenti in un viaggio interiore allo scopo di ricollegare ed armonizzare le energie mentali, emozionali e fisiche nelle zone più profonde del loro essere, per poi farle fluire allo stato di coscienza. Infatti quando la persona riconosce i propri talenti e il proprio valore, può liberarsi da assurde distorsioni e proiettare la propria vita verso una realtà sempre più consona e rispondente alla sua vera identità integrata. Il seminario utilizza oltre allo “psicodramma olistico” che verrà illustrato nel capitolo successivo anche “l’Analisi Empirica” che è una attualizzazione e rivisitazione in chiave empirica “dell’Analisi Transazionale” di Eric Berne.

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Capitolo secondo : LO PSICODRAMMA OLISTICO

Jacob Levi Moreno disse: «Un incontro a due, sguardo nello sguardo, faccia a faccia. E quando sarai vicino io coglierò i tuoi occhi per metterli al posto dei miei, e tu coglierai i miei occhi per metterli al posto dei tuoi, poi io ti guarderò con i tuoi occhi e tu mi guarderai con i miei».39

I.1 COS’E’ LO PSICODRAMMA CLASSICO Nel teatro greco, in quello di Sofocle in particolare, la Tragedia si rappresentava come una festa popolare dove venivano messi in scena i problemi della città. A queste feste partecipava tutto il popolo, la scena e la platea formavano un tutt’uno, infatti all’unisono il coro esprimeva i sentimenti della folla per l’eroe che incarnava i problemi del gruppo. L’opera teatrale riusciva a esorcizzare le difficoltà del popolo offrendo una azione terapeutica per gli spettatori. Allo stesso modo oggi lo psicodramma ha l’obiettivo di superare le difficoltà della vita per vivere meglio la realtà di ogni giorno. Lo psicodramma, nella sua forma classica, prevede una scena in cui si svolge l’azione; un protagonista della rappresentazione; un uditorio che, al pari del coro della tragedia greca, fa da eco al protagonista manifestando le proprie emozioni di fronte alle vicende rappresentate e una èquipe psicodrammatica i cui componenti, denominati “Io ausiliari”, 39

Moreno J. L. – Motto- tradotto da Einladung zu einer Bbegegnung, Vienna, 1914

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hanno il compito di recitare le parti di cui il paziente può aver bisogno per presentare adeguatamente la propria situazione. In questo modo prendono corpo figure proprie del mondo del paziente che possono essere reali, come il padre e la madre, o simboliche, come Dio, Satana o il Giudice. Il termine Psicodramma deriva dal greco psiche40 (anima) e drame

(azione,

adempimento) e designa una metodologia che esplora i vissuti dell’anima mediante tecniche di rappresentazione scenica. Lo psicodramma utilizza i paradigmi teatrali (attore, regia, palcoscenico, drammaturgia, musica, luci, pubblico) come strumenti per una terapia espressiva attiva ( active psychotherapy ) che si distingue dalla “terapia passiva” freudiana. Ciò significa che mentre Freud, “dimenticando” il corpo, faceva sdraiare il paziente sul lettino, instaurando un rapporto strettamente duale (terapeutapaziente), lo psicologo Jacob Levi Moreno (1889-1974), fondatore dello psicodramma41 lascia che il paziente, previo riscaldamento ( warm up ), co-agisca su un palcoscenico circolare costruito su più livelli, corrispondenti simbolicamente alla molteplice espressione delle emozioni. Il regista è lo psicodrammatista che, con domande strategicamente mirate, favorisce l'emersione del problema che, talvolta inconsciamente, affligge il soggetto. Egli decide se e quando introdurre brani musicali per facilitare l'immedesimazione del soggetto; lo stesso vale per le luci atte ad indurre a determinati stati d'animo. Non esiste drammaturgia scritta: il testo non è altro che un episodio realmente vissuto dal paziente/attore e ora rivissuto, partendo dal presupposto che la catarsi può scattare solo se il soggetto, rimettendo in scena il proprio vissuto spesso traumatico

(pathos),

lo

rielabora

prendendone

coscienza.

Come

descritto

precedentemente si rimette in circolo il meccanismo drammatico delle tragedie greche, 40 41

Oppure psuché Rigettando invece la triade psicoanalitica di Es, Io e Super Io

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strutturate sulla ciclicità di tre elementi: capovolgimento dell'iniziale situazione positiva ( peripetheia ), trauma ( pathos ), liberazione catartica ( catharsis ). Come le tragedie avevano sovente per oggetto i drammi intrafamiliari, ambientati nella reggia di famiglie allora regnanti, così Moreno individua nella casa privata, sede anche di tensioni estreme, il “locus nascendi” del teatro terapeutico. Si tratta di un teatro senza attori, senza testo e senza arrangiamento in cui ciascuno è invitato a salire sulla scena per interpretare il ruolo assegnatogli (terapia espressiva attiva). Moreno definisce lo psicodramma come la scienza che esplora la verità degli esseri umani o la realtà delle situazioni, attraverso metodologie drammatiche. «Lo psicodramma è il teatro dell’uomo liberato, dalle sue catene, in mezzo ad una platea di persone anch’esse sciolte dalle stesse, tutti membri partecipi di un evento che permette di uscire dalla propria vita, per ritrovarla nella scena, vissuta da un’altra persona, che, liberata dalle costrizioni, scioglie ed esprime i problemi del gruppo»42. «Si può definire come una ricerca della verità propria e altrui all’interno di un gruppo di persone che discutono liberamente dei loro problemi, li condividono, li interpretano, li rimettono in discussione e si guardano mentre fanno tutto ciò, prendendo le distanze dal loro modo abituale di essere»43. La rappresentazione psicodrammatica consiste nel ricreare situazioni non risolte o conflittuali in un ambito di gruppo libero, protetto e flessibile, al fine di risolvere o dissolvere conflitti e problemi emotivi attraverso la rappresentazione di un “teatro della vita”.

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Levi Moreno J. 1946- Manuale di psicodramma-, vol. I, Beacon, NY, Beacon House./ristampa Editore Astrolabio Ubaldini, Roma, 1985-p.13. 43 Schützenberger A.A.-Lo psicodramma- Di Renzo Editore; Roma, 2003 -p. 26

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«Lo psicodramma libera da inibizioni, difficoltà, traumi del passato rimettendoli in scena, operando una catarsi44 del passato nel presente o del futuro nel presente, mediante una rappresentazione drammatica dei conflitti».45 E’ indiscutibile che non sia possibile rivivere esperienze passate, è invece possibile vivere il “passato-presente”, ossia mettere in scena le immagini mentali presenti del proprio passato. La rappresentazione scenica può essere una ripetizione affettiva del passato e in certi casi può operare una liberazione di energia psichica46. L’azione catartica è l’aspetto terapeutico dello psicodramma che più si accosta alla bellezza e al fascino della tragedia greca. Il gioco permette di rivivere simbolicamente una scena reale o immaginata e tramite ciò di “liberare le passioni o sciogliere i conflitti”. L’improvvisazione drammatica risolve i problemi e le tensioni del presente o le difficoltà del futuro attraverso l’esplorazione di tali situazioni. Lo psicodramma ha lo scopo di sviluppare le potenzialità intrinseche nell’uomo e di rappresentarle attraverso una scena; mira a stimolare e a favorire l’arricchimento delle capacità relazionali, l’ampliamento della consapevolezza e della conoscenza propria e dell’altro. Nello psicodramma si “vive” globalmente un’esperienza che coinvolge corpo e mente, parola e azione, emozione e ragione, in uno spazio protetto (il teatro) e in un clima relazionale favorevole, che consente di mettersi in gioco accrescendo la propria spontaneità e creatività. Il gruppo nello psicodramma aiuta il soggetto a non sentirsi il solo coinvolto in una situazione traumatica, difficile, in questo modo il protagonista 44

Katharsi: La catarsi è quel meccanismo psicologico che, quando la tensione emotiva sia stata portata ad un apice massimo, si manifesta attraverso una scarica emozionale molto evidente intensa e repentina l’atto purificatore o il suo effetto.cfr.cap.I.6.2 p.43 45 Schützenberger A.A.- Lo psicodramma- Di Renzo Editore; Roma, 2003 -p. 28 46 Che può essere definita anche catarsi, liberazione, purificazione.

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avverte la risonanza affettiva derivante dalla solidarietà del gruppo (chiamata in gergo eco del gruppo). L’eco del gruppo riesce a far comprendere al partecipante che non è il solo a “soffrire”, ma che il suo dolore è condiviso anche da altri.

Inoltre un altro

beneficio derivante dal gruppo è la creazione di un clima non giudicante e di accettazione, nel quale i partecipanti possano esprimersi liberamente, vedersi per quel che sono e mettersi in discussione. Lo psicodramma consiste nella rappresentazione drammatica di conflitti e situazioni cruciali, personali o generali, a scopo diagnostico, terapeutico, pedagogico o didattico. Una caratteristica dell’avvenimento psicodrammatico è che l’individuo si assenta temporaneamente dai ruoli usuali della propria vita. Il protagonista si trova ad avere libertà di prendere decisioni e ciò favorisce in lui spontaneità e creativà. Nel palcoscenico il personaggio principale, mediato dalle regole psicodrammatiche, può agire in modo relativamente libero dall’angoscia e adattare le situazioni sociali ai propri desideri. Questa esperienza emozionale e cognitiva spiega uno degli aspetti principali dell’efficacia dello psicodramma: i partecipanti, e gli spettatori che si identificano con essi, traggono vantaggio dall’esperienza emozionale grazie alla distanza critica che si viene a creare dai loro problemi in quanto lo psicodramma permette di affrontare con sicurezza i propri sentimenti, risveglia il senso di responsabilità nei confronti del proprio agire, e crea le premesse necessarie per una nuova strutturazione del proprio mondo.

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I.2 CENNI STORICI L’origine, i primi sviluppi e il significato dello psicodramma classico sono strettamente legati a J. L. Moreno, fondatore dello psicodramma, della sociometria47 e della psicoterapia di gruppo, tecniche queste nate dal desiderio di andare oltre la psicoanalisi: non più l’individuo, bensì il gruppo; non più la parola, bensì l’azione. J. L. Moreno ebbe un incontro con Freud nel 1912, ma ne rifiutò il pensiero, preferendo “L’evoluzione creatrice” di Bergson, e proprio grazie ad essa comprenderà l’importanza della spontaneità creatrice ovvero la spontaneità propria del creato. J. L. Moreno tenne la prima “seduta psicodrammatica ufficiale” a Vienna, in un giorno predestinato, il 1° Aprile 1921. Il 1° Aprile in Austria è considerato il «giorno dei pazzi»48 Nel fecondo clima filosofico e psicologico che caratterizzava le vicende della Vienna dei primi del Novecento, Moreno impiantò le fondamenta della sua “cattedrale teatrale” tendente alla liberazione della naturale spontaneità e creatività dell’uomo, caratteristiche intrinseche in ogni individuo. «Il 1932 viene generalmente considerato l’anno ufficiale della psicoterapia di gruppo; risale infatti a quell’ anno, in occasione del congresso annuale dell’American Psychiatric Association tenutosi a Filadelfia, il riconoscimento della denominazioni sul lavoro terapeutico riferito ad una situazione gruppale, in analogia con quanto già attribuito al lavoro dei singoli individui»49. In quel congresso J. L. Moreno si impegnerà a dare visibilità al

suo “teatro della

spontaneità”, che aveva lo scopo di migliorare le relazioni interpersonali. 47

Sociometria: La sociometria è costituita dall'insieme delle tecniche che rendono rappresentabili (e, quindi, percepibili in modo ben definito) le forze di attrazione (tele positivo) e quelle di rifiuto (tele negativo) intercorrenti fra i membri di un gruppo. 48 Schützenberger A.A.- Lo psicodramma- Di Renzo Editore; Roma, 2003 -p. 26 49 Boria G. -Psicoterapia psicodrammatica- Ed. Franco Angeli, Milano, 2005 –p.9

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Il “teatro della spontaneità”, formatosi in quegli anni e in quel clima culturale, si andò precisando nel dopoguerra, fino ad assumere la forma teorica e metodologica di psicodramma. Lo psicodramma di J. L. Moreno è oggi conosciuto in tutto il mondo e la moglie Zerka Toeman Moreno ne continua la divulgazione.

I.3 I FONDAMENTI DELLO PSICODRAMMA Lo psicodramma considera l’uomo in modo dinamico, attraverso sei dimensioni della sua esistenza: o La spontaneità/creatività (binomio chiamato nel gergo del psicodramma “fattore S/C”), elemento motore della dinamica mentale , forza propulsiva dell’elemento umano; o Il proprio status sociometrico, vale a dire il ritorno affettivo o quota di amore riscosso in ciascuno dei gruppi ai quali l’uomo appartiene; o Il ventaglio dei ruoli che gioca nella vita, l’insieme costituito (ed integrato) da un insieme di ruoli attuali e potenziali che egli crea e sviluppa; o La rete di interazioni, con la quale tutte le persone si rapportano, che possono essere definite come le transazioni con gli altri; o Il proprio atomo sociale, ovvero il mondo affettivo personale; o Il “telè” ovvero il grado di comunicazione autentica che l’individuo riesce a stabile con le altre persone.

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I.3.1 SPONTANEITA’/CREATIVITA’ -In Principi di Spontaneità (Manuale di Psicodramma)- Moreno scrive: «L'addestramento alla spontaneità porta ad una forma di apprendimento che mira ad una personalità più unita ed energica di quella ottenuta con altri metodi educativi. L'obiettivo principale è l'addestramento agli stati spontanei e non l'apprendimento di contenuti. L'importanza data al contenuto porta alla scissione dell'individuo in una personalità dell'"azione" e in una personalità del "contenuto". Abbiamo considerato valida l'ipotesi dello sviluppo di due diversi "centri" della memoria - un "centro dell'azione" e un "centro del contenuto", che generalmente continuano a esistere come strutture separate senza collegamenti. (...) Nella situazione di vita reale, tuttavia, l'ideale è esattamente questa felicità di integrazione". Prima del 1920 estranea

la estemporaneità/spontaneità era considerata dagli scienziati

all’intelligenza,

successivamente

invece

viene

considerata

origine

fondamentale dello sviluppo

dell’intelligenza

creativa, in quanto principale

catalizzatore della creatività.

La creatività è come una bella addormentata che

necessita di un catalizzatore per diventare attiva; in questo caso il principale catalizzatore è la spontaneità, vista come qualcosa che proviene dall’interno»50. La spontaneità si può definire come lo stato fisico in cui l’uomo viene a trovarsi quando sente vitale la sua disponibilità a mobilitare le proprie energie intellettuali, fisiche, affettive per mettersi in rapporto adeguato con la realtà “inventando” risposte adatte alla realtà stessa. Essa è il prerequisito della creatività: «infatti ha la funzione di catalizzatore che sviluppa la creatività trasformandola in qualcosa di operativo».51 50 51

Levi Moreno J. -Il teatro della spontaneità- Di Renzo Editore, Roma, 2007 –p.9 Boria G. -Psicoterapia psicodrammatica- Ed. Franco Angeli, Milano, 2005 –p. 31

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Moreno ritiene che la spontaneità operi nel presente, nel qui e ora; «essa stimola l’individuo verso una risposta nuova ad una situazione già conosciuta».52 Il neonato si rapporta con il mondo esterno con grande spontaneità che conduce ad una grande creatività; infatti non ha schemi precostituiti ed il suo apprendimento nei primi anni è straordinario.

La spontaneità stimola a trasformare la realtà alimentando il

cambiamento, aiuta a “destrutturare” gli schemi mentali o le abitudini quando questi non sono più adatti a vivere il presente.

Il contrario della spontaneità è l’atto

meccanico, la routine, il ripetersi delle stesse azioni. In Moreno l’interesse per la estemporaneità/spontaneità è stato suscitato dall’osservazione dell’attore sulla scena e rafforzato dalla tecnica della recitazione, che pone l’attore in svariate situazioni che mirano ad "addestrarlo" all’azione scenica improvvisata. Lo scopo dell’attore, secondo Moreno, è aggiungere novità, vivacità e qualità drammatica alla fedele interpretazione del copione. Il comportamento spontaneo ha una qualità esistenziale ed una qualità creativa, in quanto trasforma l’usuale in qualcosa di unico. La spontaneità è il termometro per misurare la capacità di rapportarsi con gli altri e quindi diventa uno degli indicatori più significativi della salute mentale di una persona. La mancanza di spontaneità è ad esempio tipica dell’ansia e si manifesta con un comportamento rigido e stereotipato. Spontaneità e Creatività sono intrinseche nel substrato biologico di ogni uomo e attraverso il psicodramma si sviluppano e si potenziano. Moreno scrive: « affinché si presenti qualcosa di nuovo occorre risvegliare un principe azzurro cioè la spontaneità »53, egli individua il fattore spontaneità-creatività come elemento chiave nell’espansione dell’individuo e della relazione con l’altro. 52

Levi Moreno J. -Il teatro della spontaneità- Di Renzo Editore, Roma, 2007 –p. 42

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La pratica dello psicodramma si propone di far sviluppare la spontaneità, dando modo agli attori di partecipare intimamente ai ruoli impersonati (ego ausiliari) e di acquisire, per questa via, una maggiore “esperienza” dei comportamenti; attraverso questa tecnica il soggetto migliora l’adattamento alla realtà esterna quotidiana. Creatività e spontaneità sono interdipendenti e essenziali l’una all’altra; se vi fosse solo la prima senza la seconda vi sarebbe un creatore/disarmato. Diversamente la spontaneità senza creatività produrrebbe un deficiente/spontaneo. Inoltre, il comportamento spontaneo è un comportamento giocoso, poiché non è calcolato, né diretto ad uno scopo ed è basato su funzioni immaginative ed intuitive. «La creatività costituisce la più alta forma di intelligenza che l’uomo conosca e rappresenta una forza che pervade tutto l’universo, per cui questo appare in continua evoluzione».54 I concetti di spontaneità e creatività hanno assunto una posizione di primaria importanza a partire dalla fine della seconda guerra mondiale: in campo educativo si compiono ricerche e si utilizzano test sulla creatività e sulla spontaneità, e acquistano man mano rilevanza metodi basati sulle loro applicazioni pratiche; nelle attività artistiche, come la musica, la danza, la pittura, la poesia, la recitazione, ecc., la creatività e la spontaneità sono ritenute a buon diritto elementi basilari. L’interesse per la spontaneità è comunque strumentale rispetto al tema dello sviluppo della creatività. Sia in formazione che in terapia, uno degli obiettivi principali non è lo sviluppo della spontaneità in se per sé, quanto la capacità di realizzare atti creativi, di assumere creativamente ruoli nuovi e di superare/trasformare in modo creativo i ruoli personali, sociali e lavorativi divenuti inadeguati o stereotipati.

53 54

Levi Moreno J. -Il teatro della spontaneità- Di Renzo Editore, Roma, 2007 –p.11 Boria G. -Psicoterapia psicodrammatica- Ed. Franco Angeli, Milano, 2005 –p.32

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L’uomo è spontaneo quando cerca nuovi comportamenti, per risolvere una specifica situazione, e creativo mentre li assume e realizza. La creatività può essere considerata come un riflesso del divino sull’umano. Essa è una forza che pervade tutto l’universo; se fosse in atto la condizione opposta, quella di creatività di grado zero, il mondo risulterebbe assolutamente immutabile, automatico, senza passato né futuro, privo di un’evoluzione e di un fine, pertanto privo di significato. « Un esempio è offerto dalla creazione di nuovi organismi capaci di vivere sulla terra in un momento in cui la vita animale si svolgeva unicamente in mare ».55

П.4 LO PSICODRAMMA POST MORERIANO Lo Psicodramma Classico è il precursore di varie discipline che si diffondono a metà secolo; esso si diffonde in Europa e America, soprattutto in Francia ad opera di Basquin, Bour, Lebovici, Schützenberger.

Distinguendosi dallo psicodramma

“classico” seguito Zerka Moreno, da L. Yablonsky e G. Boria, lo psicodramma “postmoreniano” si può suddividere in tre indirizzi: o freudiano (O. Rosati): volto a enucleare i rapporti inconsci tra desideri interni ed espressioni esterne, aspetto non sempre approfondito da Moreno; o

junghiano (M. Gasseau, G. Gasca): che privilegia il lavoro sui sogni e sui simboli ad essi annessi in un costante bilanciamento tra doppio e ombra, tra ruolo e archetipo collettivo;

o olistico: che aggiunge elementi teorici della psicologia del profondo, con particolare riferimento alle ricerche sui simboli, archetipi e miti di Carl Gustav

55

Levi Moreno J. -Il teatro della spontaneità- Di Renzo Editore, Roma, 2007 –p.8

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Jung, di antropologia e della scuola argentina di psicodramma di Rojas Bermudez.

II.5 LO PSICODRAMMA OLISTICO Lo psicodramma olistico (dal greco "olos" totalità) prende in considerazione la persona nella sua totalità e considera gli aspetti psicologici, emotivi, fisici, relazionali, esistenziali e spirituali come fra loro interdipendenti e inscindibili. «Il corpo, la mente e lo spirito formano in armonia con l’universo esterno, un insieme sempre in evoluzione, in costante processo di affermazione della propria singolarità, con la coscienza di appartenere al Tutto»56. L’attenzione non è rivolta solo alle parole e al corpo, ma anche all’espressione grafica, alle immagini, ai simboli che emergono durante il riscaldamento, in modo da integrare l’intuizione e la razionalità, l’azione e la riflessione, la giocosità e la serietà. Possiamo individuare tre obiettivi fondamentali ed intercorrelati dello psicodramma olistico: o superare la radicale scissione tra gli aspetti consci e inconsci della psiche allo scopo di riunire gli aspetti fondamentali dell’io per sviluppare un ego sano, forte e sensibile; o superare la scissione tra io e corpo per riunire lo psico-soma e per rivelare l’organismo totale al fine di portarne alla luce le più vaste possibilità;

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Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 2

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o superare la scissione tra l’organismo totale e l’Universo, allo scopo di ricollegarsi con un’identità profonda di appartenenza al Tutto, senza essere il Tutto, mettendosi sempre più in contatto con la propria spiritualità57. La durata dello psicodramma olistico può mutare dalla singola giornata ai quindici giorni, l’ambiente deve essere confortevole e in armonia con la natura e con il panorama che lo circonda.

II.6 TEORIE SU CUI SI BASA LO PSICODRAMMA OLISTICO Alla base dello psicodramma olistico vi è un ampio ventaglio di riferimenti teorici: o lo psicodramma classico di Moreno; o il contributo antropologico, della scuola argentina di psicodramma di Rojas Bermudez; o la psicologia del profondo con particolare riferimento alle ricerche sui simboli, miti, archetipi o sull’immagine primordiale di Carl Gustav Jung; o la terapia della Gestalt (F.S. Perls), che contribuisce ad una visione globale, olistica di ciò che viene rappresentato. Vi apportano il loro contributo anche i direttori di psicodramma argentini Alberto Bermolen e Maria Grazia Dal Porto.

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Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 44

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II.6.1 L’APPORTO DEL PSICODRAMMA CLASSICO «Gli uomini comuni guardano le cose nuove con occhio vecchio, l'uomo creativo, osserva le cose vecchie con occhio nuovo.» 58 Dallo psicodramma moreniano vengono ripresi i cinque concetti teorici fondamentali, e cioè: il concetto di spontaneità, di creatività, di ruolo, di tele e di catarsi. L’accento posto da Moreno sulla creatività e sulla spontaneità merita di essere considerato un contributo fondamentale allo psicodramma olistico. La spontaneità infatti, si riferisce alla preparazione dell’atto, mentre la creatività all’atto in se stesso.

Nello psicodramma olistico la spontaneità agisce non soltanto nella

dimensione verbale, ma anche in tutte le altre dimensioni espressive come il rappresentare, l’azione, l’interazione, la musica, la danza, il disegno.

II.6.2 IL CONTRIBUTO ANTROPOLOGICO DI ROJAS BERMUDES «La danza è una poesia dove ogni movimento è una parola.»59 W. Reich fu il primo ad utilizzare il contatto corporeo per liberare zone contratte, integrandole così con vissuti correlati. Anche Carl Gustav Jung mostrò profondo interesse per la danza e per il movimento che definì immaginazione attiva dato che, secondo lui, rende manifesto l’inesprimibile che è nell’uomo. Danza e movimento stanno alla base di interventi che sono ritenuti capaci di portare a una integrazione emotiva, mentale e fisica della persona. Oltre a Jung molti hanno prodotto importanti lavori che dimostrano come il movimento e la danza facilitino e stimolino la 58

Bona Gian Piero –“Aforismi terapeutici”- Cavaliere Roberto in http://www.iltuopsicologo.it/aforismi_terapeutici.asp- aggiornato al 2007 59 Mata Hari –“Frasi celebri e pensieri sulla danza”- in htm// www.dancevillage.com/frasi-celebriaforismi-danza.php-aggiornato in febbbraio 2009

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consapevolezza di sé, la rappresentazione, la comunicazione, la trasformazione ed una maggior integrazione sociale. La Gestalt Dance (psicodanza) nasce dalle esperienze compiute a Buenos Aires nell’ambito della scuola di psicodramma “Zerka Moreno” dai professori Jaime RojasBermudez, Cristina Narvaez, Cristina Lucioni, Monica Zuretti e, soprattutto, da un intenso lavoro di Biodanza svolto il Italia da parte del suo creatore Rolando Toroaneda (in collaborazione con Alberto Bertolen e Maria Grazia Dal Porto). Applicare la danza nella psicodramma diventa un elemento importante proprio perché libera sia il corpo che la mente da legami che inibiscono il fluire regolare dei pensieri, delle emozioni, degli affetti ed anche delle componenti motorie e psicomotorie.

II.6.3 IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA DEL PROFONDO «I sogni sono desideri che l'uomo tiene nascosti anche a se stesso». 60 La psicologia del profondo è la base su cui poggia tutta la struttura dello psicodramma, il sogno guidato, il disegno onirico e la drammatizzazione stessa. Lo psicodramma attinge dalla psicologia del profondo le teorie sul simbolo, sui miti e gli archetipi di Carl Gustav Jung.

Lo studioso svizzero: «ritiene che ogni persona

abbia un livello subliminare, l’inconscio personale, sotto il quale si estende un livello profondo, l’inconscio collettivo: arcaico in quanto le sue manifestazioni hanno un carattere primitivo, e collettivo dato che i suoi contenuti sono patrimonio comune dell’umanità»61. Egli sosteneva che l'inconscio collettivo è una parte della psiche umana che si può distinguere dall'inconscio personale per il fatto che, a differenza di 60 61

Akira Kurosawa- Aforismi – in http://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=43c7- aggiornato al 2008 Baroni M.R.- Psicologia - Ed. Vallardi, Milano, 2000 –p 128

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questo, non deve la sua esistenza all'esperienza personale e non è perciò un'acquisizione personale.

Il contenuto dell'inconscio collettivo è formato essenzialmente da

"archetipi". Gli archetipi non sono prodotti dal pensiero e dunque il pensiero non riesce a coglierli; tuttavia vi sono alcune figure che ricorrono nei sogni e sono presenti nei miti di tutto il mondo, immagini primordiali che determinano il pensiero e la condotta umana. «Gli archetipi sono energie, modelli che organizzano il comportamento, strutture originali profondamente radicate, collettive e assolute (…) che tendono a manifestarsi attraverso l’energia psichica»62. Il concetto di archetipo, che è un indispensabile correlato all'idea di inconscio collettivo, indica l'esistenza nella psiche

di una “energia psichica” che

indirizza e mobilita l’uomo in ogni epoca e cultura verso una determinata direzione. Jung definisce la libido, ovvero l’energia psichica, attraverso una frase appartenente Kant: «Tesoro, giacente nel campo delle idee oscure, che costituisce l’abisso profondo delle conoscenze umane, per noi irraggiungibili»63. L’inconscio in questo caso non è un ripostiglio in cui si accumula ciò che non serve, ma al contrario la sorgente della coscienza e dello spirito dell’essere umano, siano essi creativi o distruttivi. L'inconscio diviene una grande guida, un “amico” e un consigliere della coscienza con cui comunica, o tenta di farlo, attraverso il linguaggio dei simboli. «La luce del conscio coglie l’energia induttiva dell’archetipo, lo circonda o costituisce con esso una configurazione immaginaria e lo lancia nello spazio psichico vero e proprio: così nasce un simbolo»64. Jung comprende che la comunicazione tra coscienza e inconscio avviene in modo simbolico. Il linguaggio simbolico è il linguaggio universale che permette di unire la 62

Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 30 Oliverio A. F., Oliviero A. - Psicologia- Ed. Zanichelli, 2007 –p.197 64 Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 31 63

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conoscenza interiore a quella esteriore.

Esso per natura propria aiuta l'uomo a

conoscere se stesso e a collegarsi alle energie universali. La parola simbolo deriva dal greco sun-ballein che significa mettere insieme, unire. Il simbolo apre orizzonti ampi e misteriosi dell'esistenza umana; qualcosa cioè che il linguaggio può esprimere solo in parte.

Esso per natura propria aiuta l'uomo a

trascendersi in una più alta e completa sintesi. Il linguaggio simbolico è il linguaggio universale che permette di unire la conoscenza interiore a quella esteriore. Già Eraclito sosteneva che «l'armonia invisibile vale più di quella visibile». E Platone nel Fedro scriveva che «dell'anima, propriamente, può parlare solo un dio, l'uomo può accennarne per simboli ed immagini». Il simbolo è il cuore della vita immaginativa; rivelando i segreti dell'inconscio conduce l’uomo alle motivazioni più nascoste delle proprie azioni. Il simbolo collega all'immagine visibile una parte dell'invisibile occultamente intuita. La sua comprensione dipende dalla sua percezione diretta da parte della coscienza. Il simbolo è un microcosmo rivelatore simultaneo di più sensi. «Jung ha definito il simbolo come una macchina trasformatrice della libido. I miti le fiabe, le cerimonie, i riti, i sogni ci introducono in azioni simboliche che permettono di dirigere l’energia verso un oggetto analogo, convertendolo così in una forma diversa nata da quella originale»65.

L’energia trasformatrice induce realmente un

cambiamento: ad esempio nel modo di considerare una situazione, nell’atteggiamento tenuto nei confronti di una persona, nella scoperta di opportunità di cui l’individuo non si rendeva conto, nell’attenzione prestata a rischi che prima non si erano valutati. Che cosa è cambiato in realtà?

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Come può un’immagine onirica trasformare uno stato

Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 29

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d’animo che magari accompagna da lungo tempo la psiche del soggetto, in uno stato nuovo, diverso, senza che sia accaduto nulla di tangibile, senza aver pensato volontariamente a nulla? Questo è possibile perché il simbolo è una immagine che si è attivata e che è emersa alla coscienza per attrarre l’attenzione su un “qualcosa” che nella sua universalità è presente negli strati più profondi della psiche umana, ma che, in quel momento, rappresenta una relazione vitale nel percorso di quell’individuo. Si tratta di un trasformatore di energia perché apporta un nuovo “sapere”, perché svela l’essenza di una situazione che, magari senza averne coscienza, l’individuo sta già vivendo. Come talvolta la conoscenza di un particolare ignoto può mutare il senso di un’intera situazione, così l’incontro con il simbolo può dissolvere vecchi equilibri psichici, indicarne di nuovi o chiarire situazioni ancora immerse nel caos iniziale. La trasformazione avviene in quanto i contenuti psichici introdotti dal simbolo mobilitano le forze pulsionali orientandole verso oggetti diversi, provocando nuove relazioni: è questo lavoro psichico a creare energia. Il simbolo junghiano è vitale perché è tramite fra inconscio e coscienza, collegamento fra mondo interno e mondo esterno dell’individuo, punto di incontro dell’inconscio individuale con l’inconscio collettivo. L'inconscio collettivo ha a disposizione molti più dati rispetto alla limitata coscienza personale e riesce quindi ad avere una visione più globale ed integrata degli eventi, per questo può suggerire soluzioni maggiormente sensate. Certi racconti, che in genere si crede siano riservati ai bambini, sono in realtà dei racconti iniziatici, ma per poterli interpretare bisogna conoscere la scienza dei simboli. Ad esempio il drago non è altro che rappresentazione della forza sessuale. Il castello rappresenta il corpo dell'uomo. In tale castello sospira la principessa, cioè l'anima che

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la forza sessuale mal dominata tiene prigioniera. Il cavaliere rappresenta l'ego, lo spirito dell'uomo e le armi di cui si serve per vincere il drago rappresentano i mezzi di cui lo spirito dispone: la volontà per dominare la forza sessuale.

Perciò, sebbene sia

rappresentato con una coda di serpente, simbolo delle forze sotterranee, una volta dominato, il drago diventa servitore dell’uomo tanto da fungergli da mezzo per viaggiare nello spazio, dato che possiede delle ali. Si tratta dell'eterno linguaggio dei simboli.

II.6.3.1 LA SUDDIVISIONE DEI SIMBOLI Esistono diverse categorie di simboli che si suddividono come segue: o i simboli individuali sono frutto dell’ unione armoniosa di conscio e inconscio; o i simboli culturali manifestano verità senza principio né fine. Oltre le lingue, le etnie e le culture, esiste infatti un linguaggio trasversale le cui tracce si ritrovano da una zona geografica ad un’altra, da un periodo storico all’altro. I simboli culturali possono diventare immagini collettive della cultura delle società civilizzate. o i simboli naturali hanno origine dai contenuti inconsci, essi si manifestano attraverso le immagini degli archetipi fondamentali, si possono trovare nei cicli proiettivi, nella musica, nell’arte e nella poesia. o il simbolo vivo scaturisce dagli impulsi più arcani.

Si tratta dell’espressione

superiore di qualcosa di intuito, ma ancora sconosciuto, che suscita una adesione inconscia liberando energia psichica rivitalizzante.

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Si tratta allora di viverli questi simboli, di riconoscerli ed elaborarli, dato che si possono considerare realtà cariche di potenzialità attività: risultato di un completo lavoro di sintesi, e anche di una elaborazione del passato che porta ad agire concretamente nel futuro. Attraverso l’emersione di simboli attraverso il sogno guidato, il disegno onirico e la successiva messa in scena, l’individuo riesce a vivere concretamente il suo inconscio e a utilizzare l’energia psichica necessaria per superare le difficoltà e migliorare la sua vita. La scena psicodrammatica può essere considerata lo spazio in cui il mondo delle immagini e dei simboli entra in rapporto con la storia personale di ciascuno arricchendola di nuovi significati; lo spazio in cui può avvenire la compensazione tra conscio e inconscio, dove la ricerca di un nuovo equilibrio dinamico può trovare la propria armonizzazione. «La via del simbolo stimola la creatività, la possibilità di risolvere i conflitti in un modo nuovo, non ripetitivo né coatto. Nel cuore del conflitto troviamo la possibilità per ogni azione creativa»66.

II.7.4 IL CONTRIBUTO DELLA PSICOLOGIA DELLA GESTALT Come lo psicodramma è legato al nome di Moreno, così la terapia gestaltica è legata a quello di Perls. Fritz Perls nasce a Berlino da una famiglia borghese nel 1893 e si interessa in adolescenza al teatro. Laureatosi in medicina nel ’21, si specializzò in psicologia e intrattenne relazioni con Goldstein e Reich.

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Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 38

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In seguito al nazismo si rifugiò in Sud Africa, dove applicò la gestalt in ambito psichiatrico, poi negli Stati Uniti. Si interessò allo psicodramma di Moreno e a molte altre nuove forme di terapia, dal “risveglio sensoriale” al Buddismo Zen. L’approccio della Psicoterapia della Gestalt trae spunto e si rifà ai concetti sviluppati in base alle ricerche nel campo della percezione svolte dagli psicologi della Gestalt, che dimostrano come l’uomo non percepisca le cose come elementi distinti e sconnessi ma, mediante il processo percettivo, le organizzi in insiemi significativi. Uno dei concetti basilari della Psicoterapia della Gestalt è sintetizzato dall’enunciato «il tutto è differente dalla somma delle parti che la compongono»67. Tale enunciato spiega la modalità del funzionamento di base non solo del processo percettivo, ma anche dell’apparato psichico in generale. Tale unità significativa, il tutto è rappresentata dalla parola tedesca “Gestalt” che sta ad indicare una struttura, una configurazione e la particolare forma organizzativa delle parti individuali che la compongono. La premessa basilare della psicologia della Gestalt è che la natura umana è organizzata in strutture o totalità, che è sperimentata dall’individuo in questi termini, e che può essere compresa solo come una funzione delle strutture o totalità da cui è costituita. «Ciò che l’individuo coglie nel percepire una melodia, per esempio, non sono i singoli suoni, ma una “forma melodica” dotata di una struttura che nasce dall’interdipendenza che lega i vari suoni tra di loro»68. La Psicoterapia della Gestalt considera l’uomo come un organismo unificato capace di funzionare su più livelli qualitativamente diversi e apparentemente indipendenti, ma non per questo scissi: il livello del pensiero (mente) e il livello dell’azione (corpo). Questa Oliverio A. F., Oliviero A. - Psicologia- Ed. Zanichelli, 2007 –p. 16 Oliverio, citato-p. 15

67 68

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visione, che si può definire “olistica”, si basa sul principio che il tutto è più grande o diverso della somma delle sue singole parti. L’insieme non è semplicemente il risultato di un accumulo di parti, ha piuttosto una propria unità intrinseca, una particolare struttura data dall’ integrazione delle parti. Vedere la persona come una totalità più grande della somma delle sue parti, significa vederla come composta da tutte le parti: corpo, mente, pensieri, sentimenti, immaginario, movimento, non come il frutto della semplice addizione di queste, bensì come un nuovo insieme unitario, integrato, nel quale ciò che fa la differenza è il modo in cui queste parti si aggregano e danno forma all’unità persona. La persona è costituita dal funzionamento integrato nel tempo e nello spazio dei vari aspetti del tutto. Da questo punto di vista curare esclusivamente un aspetto della persona o identificare una parte come la causa del problema significa frammentare artificialmente ciò che in realtà è qualcosa che funziona come unità. Tale visione tende al superamento delle scissioni derivanti dalle categorie concettuali tipicamente occidentali: individuo/ambiente, esperienza interna/esterna, sé/altro, soggetto/oggetto, e considera tali categorie come “indivisibili” in quanto parte del campo totale. «Anche se è possibile dividere la frase “io vedo un albero”, in soggetto, verbo e complemento oggetto, nell’esperienza non si può suddividere il processo in questo modo» (Perls, 1969). La Psicoterapia della Gestalt è una terapia del qui-e-ora, in cui è posto l’accento sul presente come segmento espressivo della totalità dell’esperienza, come il luogo in cui si incrociano le tensioni verso il futuro e gli influssi del passato. L’errore o il problema è attribuire agli altri ciò che dipende da sé o viceversa. Secondo la teoria della Gestalt il

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paziente è invitato ad agire qui e ora, senza aspettare domani. Egli deve riferire a sé ciò che prova (“io ho caldo” invece di “fa caldo”, “io soffoco” invece di “si soffoca”), perché il problema si annida in ciò che si dà per oggettivo e non si riconosce essere prodotto dallo stesso soggetto. Dopo aver ripreso su di sé ciò che dipende da sé, il soggetto deve assumersi la responsabilità di quello che fa e che non fa sostituendo “non posso” con “non voglio”. Si tratta di una terapia sperimentale piuttosto che verbale o interpretativa, attraverso la quale il cliente può apprendere come vivere con consapevolezza nel presente. Egli può imparare a rivolgere la sua attenzione a ciò che fa, sperimenta o sente nel presente, nel qui-e-ora, diventando gradualmente consapevole dei suoi gesti, della sua respirazione, delle sue emozioni, della sua voce, delle sue espressioni facciali o dei suoi pensieri pressanti.

Il presupposto fondamentale della tecnica terapeutica può essere

rappresentato dalla frase “ora io sono consapevole”. Infatti solamente nel qui-e-ora è possibile diventare consapevoli di tutte le scelte, dalle piccole decisioni alle scelte esistenziali. La Gestalt dice: «se si immerge una mano in acqua tiepida dopo che la si è tenuta in acqua fredda si avrà una sensazione di calore, mentre se la mano è stata in acqua calda e poi in acqua tiepida si proverà una sensazione di freddo».69 Analogamente i colori cambiano di intensità a seconda degli accostamenti. Il direttore-terapeuta può facilitare il paziente in questa auto-scoperta svolgendo una funzione di specchio amplificatore, ponendogli delle domande finalizzate al suo diventare più consapevole del proprio comportamento quali ad esempio: “cosa fa?”; “cosa sente?”; “cosa vuole?”; “cosa evita?”; “cosa si aspetta?”.

69

Oliverio, citato-p. 15

59


Nella drammatizzazione viene data

importanza,

attraverso la ripetizione

e

l'ampliamento, ad ogni postura, ad ogni gesto, ad ogni tic, ad ogni atteggiamento al fine di rendere esplicito ciò che è fatto in modo inconsapevole. Ciò consente alla persona di entrare in contatto con una modalità di comunicazione che il suo corpo mette in atto attraverso messaggi non verbali. Nell' interpretare le varie "parti" la persona dà vita alla propria rappresentazione interna, dalla quale possono comparire i diversi conflitti e le diverse figure come ad esempio: “il tiranno e il suddito”o “l’aggressore e la vittima”. Ogni forma di rappresentazione attraverso il metodo dell’auto-espressione favorisce il processo di formazione di una identità dovuta all’armonizzazione delle parti interpretate. Attraverso la messa in scena si riesce a “dare voce” alternativamente, ai poli opposti di una situazione particolare: volere-non volere; fare-non fare; al fine di trovare un equilibrio tra due posizioni vissute come estreme, non negandole, ma ascoltandole fino in fondo. Quando la persona porta due imperativi reciprocamente contraddittori, tali affermazioni rivelano la scissione presente nella sua personalità. In questo caso, nell’interpretare le due parti o i due ruoli opposti riesce a sperimentarne fino in fondo le emozioni collegate, ciò facilita lo scioglimento delle posizioni conflittuali, fino ad arrivare all’integrazione.

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II.8 LE TECNICHE ESPRESSIVE Lo psicodramma olistico è una terapia creativa che stimola la messa in scena del mondo interno grazie alle tecniche espressive e si forma in varie fasi: riscaldamento, drammatizzazione e condivisione tra i membri del gruppo. Le fasi, semplificando, possono essere a loro volta così suddivise: o un sogno guidato; o il disegno onirico; o la drammatizzazione; o gli oggetti intermediari; o esercizio di espressione corporea come la Gestalt Dance.

II.8.1 IL SOGNO GUIDATO In una posizione comoda, senza braccia né gambe incrociate, ad occhi chiusi, in un luogo sereno, si vieni guidati in un sogno che permette di connettersi con il proprio nucleo profondo. La tecnica del sogno guidato utilizza le capacità proprie dell’essere umano. Ognuno è dotato della capacità di immaginare, di visualizzare, di costruire nella propria mente scenari immaginifici oppure di rielaborare semplicemente scene e immagini passate. Nei bambini tale capacità è particolarmente spiccata, poi, crescendo, la formazione scolastica prima e l’impostazione razionale del mondo del lavoro poi, ne determinano il progressivo atrofizzarsi. Tuttavia la capacità di visualizzazione, così come la capacità di immaginare, è collegata al sistema nervoso e pertanto può essere riattivata. L’immagine dà forma al pensiero e lo rende concreto; quando il pensiero prende forma, si carica di energia psichica e diventa operativo.

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La visualizzazione è il linguaggio più appropriato per comunicare con la parte non accessibile al pensiero verbalizzato ed apre un canale privilegiato di comunicazione con l’emisfero destro, muto di parole, ma ricco di immagini nelle quali sono riposte emozioni, pensieri e ricordi. Nel testo Crescere Ferrucci la definisce come «un insieme di tecniche volte ad evocare e stimolare il naturale processo di integrazione della psiche umana, che troppo spesso si blocca». Aggiunge anche che queste tecniche «permettono di affilare la mente, risvegliare l’intuizione, immaginare con più vitalità e ricchezza». Il sogno guidato ha lo scopo di

evocare immagini che rappresentano un modo di

espressione arcaico e che consentono di entrare nell’intimità affettiva dell’individuo. L’intervento del direttore è indirizzato in primo luogo a far si che il gruppo raggiunga uno stato di rilassamento (il Training Autogeno); in secondo luogo a produrre uno stimolo, solitamente archetipico, attraverso il sogno guidato (o visualizzazione guidata) favorendo così l’emersione dell’affettività e la presa di contatto con il proprio mondo inconscio. Queste tre fasi permettono ai protagonisti di superare i blocchi o affrontare le angosce. I componenti del gruppo in questa fase si muovono sul piano inconscio attraverso il proprio “immaginario”, ritrovano la soluzione dei conflitti passati, mobilitando le proprie capacità interiori e liberando l’energia libidica attraverso immagini simboliche. Anche se lo stimolo di partenza, ricco di simboli archetipici, è uguale per ogni componente del gruppo, la risposta è individuale, infatti ognuno “vive il proprio sogno”. «Il sogno guidato ci mette in contatto con la nostra realtà soggettiva e profonda, formata soprattutto da immagini. Il suo scopo è quello di riunire e riarmonizzare le

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parti frammentate dell’Io».70 Secondo la Psicoterapia della Gestalt ogni elemento del sogno rappresenta un aspetto del Sé: quando si sogna è come se si scrivesse il proprio “copione”, come se si raccontasse di se stessi.

Il sogno comunica un “messaggio

esistenziale”, un messaggio sul “modo” in cui esistiamo, sulla natura della nostra esistenza. Solitamente esso contiene due importanti elementi: il primo è l’enunciazione di chi siamo; infatti interpretando ciascuna parte o elemento del sogno si può divenire maggiormente consapevoli delle cose con le quali ci si identifica, ma anche di ciò che non si riconosce come facente parte di sé, al fine di riappropriarsene. Le immagini che emergono seguendo questa tecnica possono essere positive oppure negative. Attraverso l’immaginazione spontanea, si dà voce alla parte più profonda e naturale e non è proficuo rifiutare o temere aspetti che rappresentano stati emotivi del profondo.

La

trasformazione avviene accettando e mettendo in scena le proprie immagini spontanee fermate e fissate nel disegno onirico.

La messa in scena permette che emergano

liberamente tutti i sentimenti ad essa associati, pertanto l’immagine si trasforma. Il suo cambiamento porta con sé un modo diverso di vedere le cose e un afflusso di nuove emozioni.

Questa trasformazione, a sua volta, può influire concretamente sul

comportamento. L’altro elemento significativo è rappresentato solitamente da una parte mancante che corrisponde alla soluzione finale. «Quindi il lavoro sul sogno ha come fine quello di stabilire un contatto con le parti di sé che l’individuo non riconosce come proprie, e di riappropriarsi di queste parti o della parte mancante». 71 70

Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 68

71

J. S. Simkin, 1978- “Psicoterapia della Gestalt” -Scatena Stefano in http://www.stefanoscatena.it/?id=285- aggiornato 2008

63


II.8.2 IL DISEGNO ONIRICO «Il colore è il tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento multicorde: è la fusione armonica di luce e spirito»72. Ogni gesto che l’uomo compie è portatore di significato, è una sua proiezione perché in lui è sempre presente l’inconscio collettivo che lo lega al mondo primitivo. Come gli uomini primitivi esprimevano le loro credenze e percezioni rappresentandole graficamente in modo primordiale e scrutavano i segnali provenienti dall’ambiente che li circondava, così ancora oggi tali simboli e miti sono presenti nell’uomo contemporaneo e lo aiutano a esplorare il mondo magico e istintivo che è in lui. Negli anni

’70,

Maria Grazia

Dal Porto e

Alberto Bermolen, entrambi

psicodrammatisti, insieme al pittore Abel Luis Raggio, svilupparono i concetti del disegno onirico, dando così ad ognuno la possibilità di mettere su carta, in modo involontario e ludico, importanti contenuti psichici che prendono poi vita e voce attraverso la drammatizzazione psicodrammatica. Il sogno guidato, che precede il disegno, è come una rete che pesca nell’inconscio i contenuti e permette di “rovesciarli“ sulla carta usando forme e colori in modo libero e informale. Il disegno è un’espressione semplice, immediata e rappresentativa del mondo interiore e, come il sogno, si esprime per simboli. Disegnare in modo automatico quasi come uno scarabocchio dà la possibilità ad ogni persona di trasformarsi in un essere espressivo ed estetico, permette di creare facendo emergere i contenuti interni.

72

Vasilij Kandinskij-“Pensiericolori immagini emozioni”- splinder in http: //ilaele.splinder.com/- aggiornato 2009

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Carl Gustav Jung ha definito il sogno «la piccola porta occulta che conduce alla parte più nascosta e intima dell’anima»73e il disegno onirico rappresenta un’altra faccia del sogno, ugualmente profonda, autentica ed intima. Usando i colori in modo libero e fuori da stereotipie, sviluppa la spontaneità e la creatività permettendo così di risvegliare le forme simboliche “addormentate” nell’ inconscio e di trasferirle sulla carta. La comprensione del simbolo è un processo interiore, attraverso il quale l’individuo si rivela a se stesso. Il palcoscenico psicodrammatico può diventare lo spazio di questo processo. I simboli emersi nel disegno acquisiscono tridimensionalità, movimento e voce, diventano “vivi” e si svelano. La persona può “entrare” nel suo disegno, dare vita ai suoi simboli e scoprire passo dopo passo il loro significato. Non si tratta di una acquisizione puramente mentale, ma di una conoscenza totale, al tempo stesso intellettuale, affettiva e spirituale. La scena psicodrammatica può essere considerata lo spazio in cui il mondo delle immagini e dei simboli entra in rapporto con la storia personale arricchendola di nuovi significati; lo spazio in cui può avvenire la compensazione tra conscio e inconscio, dove la ricerca di un nuovo equilibrio dinamico può trovare la propria armonizzazione. La scena psicodrammatica rende vive queste immagini. Il protagonista porta in scena i simboli emersi nel suo disegno, può entrare nel mondo interiore che il disegno ha fatto emergere, può agire e trasformare, può toccare, riconoscere, incontrare parti di sé, vivere le disarmonie, agire per armonizzarle, superare ostacoli, mettere in atto risorse.

73

Tirinato Antonio -“I dolori dell’anima”- Centro Icone – Fiesole (FI)Firenze, in http//www.centroicone.it/dolori.htm- aggiornato il 27 Marzo 1999

65


Per ogni individuo ogni colore ed ogni sfumatura sono diventati, nel corso della propria personale storia, simboli, emozioni, ricordi particolari.

Esiste anche un livello più

profondo nello studio del colore e della sua relazione con la psiche, un livello in cui i colori diventano un linguaggio di base comune a tutti gli uomini.

Lo psicodramma

olistico "agisce" con il linguaggio dei simboli. Il disegno onirico è una delle tecniche espressive utilizzate per far emergere simboli. I simboli che il soggetto lascia inconsapevolmente sul foglio bianco raccontano aspetti di lui, desideri, paure, modalità di vivere le relazioni con gli altri e di percepire il mondo circostante. Tracciando spontaneamente linee, forme si mette inconsapevolmente in contatto con la parte più profonda di sè ed è possibile comprendere ed eventualmente modificare determinati comportamenti che tende a perpetuare nel tempo. Ecco quindi come ognuno diventa abile creatore attraverso l’espressione artistica di sé, attivando un dinamico processo si evoluzione, di continuo scambio dialogico tra sé e l’altro.

II.8.3 L’ ESPRESSIONE CORPOREA Il mondo psichico non può essere veicolato soltanto dal linguaggio; la parola è completata dal gesto. Alberto Bermolen e Maria Grazia Dal Porto affermano: «La Gestalt Dance sorge come una sintesi da noi elaborata partendo dai vissuti in psicodramma, dalla Gestalt, dall’ espressione corporea, dalla formazione in Biodanza, compiuta in passato con il Prof.

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Rolando Toro, dell’Università Cattolica di Santiago del Cile, in più di dieci anni di conoscenza e collaborazione».74 La Gestalt Dance è movimento ritmico del corpo. In essa è fondamentale la scelta delle musiche attraverso le quali si può modulare il ritmo, la velocità del movimento e, soprattutto, l’elaborazione di vissuti ed una speciale attivazione dell’immaginario. Scrivono A. Bermolen, M.G. Dal Porto e L. Moretto: «La musica è un’arte espressiva, suggestiva e magnetica. In tutti i tempi ha manifestato e rispecchiato sia il mondo, sia la vita interiore della persona. Gli archetipi musicali ci trascendono e ci riportano a lontani vincoli con lo spazio e il tempo. La musica, attraverso i suoi simboli, ha sempre colto l’oscuro e l’indecifrabile del misterioso universo che ci circonda e ha fatto da ponte tra questo e le tensioni legate al nostro desiderio di trascendenza, alle nostre paure, ai nostri blocchi nel comunicare con l’universo interiore che ci abita. La musica è stata definita da Novalis “l’arte del dinamismo psichico”. La Gestalt Dance può essere definita come la possibilità di contattare la propria emotività-sensoriale-estetica, attraverso movimenti suggeriti dalla musica, che mirano ad una struttura gestaltica cioè totalizzante».75 L’individuo spesso ha paura di cambiare e si trincera dietro vari meccanismi, gesti ripetitivi e coatti, si mette la maschera perché teme di non essere accettato “cosi come è”. L’utilizzo di un modello di intervento che non usi le vie razionali (il parlare dal lettino; le associazioni libere; l’analisi critica della realtà), come ad esempio la Gestalt Dance è molto efficace; riesce ad attivare il linguaggio del corpo istintivo ed intuitivo e ad aprire alle problematiche nascoste, alzando i veli, liberando il fluire semplice e

74 75

Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 -p. 75 Bermolen, Dal Porto,Moretto, citato -p. 75

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profondo sviluppando tutte le capacità necessarie per superare le difficoltà del momento. L’energia che si libera con la danza fa vibrare tutto il corpo nelle sue componenti psico-mentali (affettive e cognitive) permettendo di creare un miglior contatto con se stesso, rendendo il protagonista più libero, genuino, autentico e creativo. Le componenti della Gestalt Dance si legano con le espressioni più profonde dell’energia cosmica che si sprigiona e si attiva nel corpo attraverso i punti ben riconosciuti dall’antica cultura medica cinese: i “chakra”. Tutto il sistema si attiva con le emozioni, con le espressioni affettive che portano l’individuo a migliorare il suo equilibrio, integrazione e relazione con il mondo esterno. Le figure della danza esprimono gli stessi sentimenti e le stesse emozioni sottesi ai disegni ed alle parole. La messa in azione del corpo nello psicodramma olistico scuote rapidamente le barriere, le difficoltà e le incongruenze che una psicoterapia verbale “faccia-faccia”, può raggiungere solo in molto tempo e con grande fatica. Il contesto pieno di gioia, di iniziative, di ricchezza emotiva e di profondità affettiva, favorisce l’armonizzazione e l’integrazione di parti del sé in conflitto tra loro. Nella Gestalt Dance, ogni movimento acquista un significato simbolico e rituale che, con l’aiuto della musica quale elemento liberatorio e dell’ambiente predisposto ad hoc, porta a far riemergere memorie positive e sensazioni intense. Il ritmo, la musica, i gesti che si susseguono e scivolano rispettando la costruzione scenica, le forme di contatto e di incontro che gli stessi “attori ballerini” facilitano, attivano la liberazione dalle tensioni rendendo auspicabile la spontaneità.

68


«E’ un valido strumento per riconnettere la persona al proprio ritmo interiore, per superare le dissociazioni tra linguaggio corporeo e linguaggio parlato, per riallacciare il ritmo interiore con quello ecologico e di conseguenza migliorare anche il ritmo sociale».76 È importante ricordare che il ritmo è collegato alla vita fisiologica, alle energie che circolano nel nostro corpo; la melodia ha influenza sulla vita affettiva, emotiva e psichica; l’armonia mette in sintonia la parte razionale della mente con quella intuitiva. In questo modo, il ritmo mobilizza, la melodia incita al movimento e l’armonia lo coordina. La danza libera energie stagnanti ed inattive. Apre nuovi canali di comunicazione. Il suono tocca il nucleo profondo dell’io, la radice dei ricordi personali ed ancestrali. Permette di creare il miglior contatto con se stessi perché l’individuo possa esprimersi libero, genuino, autentico e creativo. Scopo della Gestalt Dance è quello di aiutare la persona a vivere bene se stessa, con soddisfazione, con gioia e, soprattutto, nella “certezza di potersi vivere spontaneamente, senza sotterfugi e senza paure”.

II.8.4 GLI OGGETTI INTERMEDIARI «Il termine “oggetto intermediario” è stato coniato da Jaime Rojas Bermudez per definire un oggetto che diventava uno strumento per interagire con un ruolo complementare, nei casi in cui la comunicazione è bloccata e non fluisce facilmente, quando il soggetto sente di non avere la possibilità di rispondere o comunicare faccia a faccia. Aiuta a far affiorare situazioni latenti».77 In alcuni casi vengono introdotti oggetti intermediari come le maschere, i burattini e gli oggetti in grado di produrre un 76 77

Bermolen, Dal Porto,Moretto, citato -p. 76 Bermolen, Dal Porto,Moretto, citato -p. 64

69


suono. La musica può essere usata come oggetto intermediario; in questo caso non si ha più a che fare con la musica registrata, ma con alcuni strumenti musicali: «Gli strumenti musicali sono tutti i corpi e gli oggetti capaci di produrre suoni, di realizzare forme musicali».78 I più semplici sono quelli a percussione: nacchere, bastoncini di legno duro, cimbali, triangoli, campane, xilofoni, timpani, tamburi, grancasse, ocarine, ecc. Gli oggetti intermediari, oltre ai meccanismi di identificazione e proiezione, risvegliano simboli dell’inconscio personale ed assoluto e possono dar vita a dialoghi interni e sentimenti di partecipazione comune. Gli oggetti intermediari sono adeguati per esplorare il mondo delle emozioni. Questi oggetti intermediari prendono vita nello spazio psicodrammatico diventando elementi simbolici e archetipici, in questa zona transizionale, a metà strada tra la fantasia e la realtà , dove tutto avviene e tutto è possibile. Lo psicodramma olistico, attraverso la messa in scena di queste oggetti intermediari, oltre a perseguire un cambiamento di copione o di comportamento, mira ad una trasformazione profonda del modo di rapportarsi al mondo. Anche la fiaba può diventare un oggetto intermediario che, introducendo nel mondo simbolico, fa percorrere i paesaggi interiori lungo la strada della trasformazione, mostrando i conflitti che bloccano il fiume della vita e gli strumenti per superarli. La fiaba svela le energie profonde di ogni persona, favorisce l'attivazione dell'energia archetipica e la pone al servizio dell'evoluzione dell'uomo portando in superficie modelli adeguati alle sue capacità potenziali.

Questo prezioso strumento viene qui

utilizzato come un mezzo induttore e catalizzatore di cambiamenti, di espansione e di 78

Bermolen, Dal Porto,Moretto, citato -p. 65.

70


trasformazione. Uno strumento che consente la ricomposizione delle parti frammentate dell'Io, che allarga la possibilità di comprensione ed è agente di cambiamento e superamento degli aspetti bui della personalità.

Capitolo terzo : L’ANALISI EMPIRICA

III. 1 L’ANALISI TRANSAZIONALE Michel Hardy ha attualizzato e rivisitato in chiave empirica “l’Analisi Transazionale” creando quella che egli definisce “Analisi Empirica”, ma per meglio comprendere quest’ultima vediamo i concetti base dell’Analisi Transazionale di Erick Berne di cui essa è figlia. L’Analisi Transazionale, nasce nella metà del XX secolo. Essa si propone di studiare l’individuo non tanto nella sua individualità, quanto piuttosto nel suo sistema di relazioni. Erick Berne si interessa dei meccanismi con cui gli individui interagiscono tra loro, meccanismi che lui definisce “transazioni”. Un qualsiasi dialogo è uno scambio di transazioni in cui le persone coinvolte, emittente e ricevente, energizzano uno o più stati dell’io. Il punto di partenza fondamentale è la costatazione che ogni individuo nel corso della stessa giornata o anche solo nel corso dello stesso dialogo, energizza stati dell’io diversi cambiando così anche atteggiamento, espressione del volto, tono di voce, postura corporea e lessico utilizzato.

71


Secondo questa teoria le persone, nell’affrontare determinate situazioni, tendono a ripetere un “copione”, ovvero “un piano di vita inconscio che si basa su di una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina in una scelta decisiva”. Il copione inconsciamente scelto durante la prima infanzia a volte può essere vincente e altre volte no, tuttavia, raggiunta l’età adulta senza averne nessuna consapevolezza, si tende a ripetere il copione scegliendo dei comportamenti e delle modalità operative che ci permetto di confermarlo, sia che si tratti di un copione vincente o meno. L’ Analisi Transazionale assume come riferimento teorico il modello psicanalitico e suddivide la personalità dell’uomo in tre stati dell’io : Genitore, Adulto e Bambino. Lo “Stato dell’io Genitore” comprende comportamenti, pensieri ed emozioni introiettati dalle figure genitoriali. Lo “Stato dell’io Adulto” comprende comportamenti, pensieri ed emozioni che sono la risposta diretta al qui ed ora. Lo “Stato dell’io Bambino” comprende comportamenti, pensieri ed emozioni riproposti legati all’infanzia. Eric Berne scrive: «Nel linguaggio dell’analisi transazionale, il Genitore ipercritico gioca al biasimo, l’Adulto gioca al ragioniere e il Bambino

vorrebbe giocare a

Guardia e Ladri.»79. Nei paragrafi successivi verranno approfonditi e specificati i tre stati egoici. La teoria degli stati dell’io ha dato il via a nuove teorie sulla comunicazione, le traslazioni difatti, sono mezzi comunicativi di almeno tre parti della personalità di ciascun individuo. Questa constatazione offre all’operatore un mezzo evidente sul 79

Berne E.- Analisi Transazionale e Psicoterapia - Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1971 –p.27

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piano sociale per individuare diverse istanze dell’io. La conseguenza rilevante è che si può partire da ciò che si fa, per riconoscere i ruoli giocati. Quando si entra in rapporto con un’altra persona intervengono, spontaneamente , gli stati dell’io e così possono cominciare gli intoppi, i problemi, gli screzi, le incomprensioni, che in realtà seguono schemi classificabili e rispondenti a precise regole. Così si attivano quelli che l’Analisi Transazionale definisce giochi ovvero il fatto che all’interno di una comunicazione c’è una trasmissione di emozioni che obbedisce a determinate regole.

L’analisi Transazionale nelle sue espressioni più

semplici, si occupa di diagnosticare quale stato dell’io ha provocato lo stimolo transazionale e quale ha messo in moto la reazione Transazionale. I giochi rappresentano la successiva individuazione di un modo particolare di struttura delle transazioni. La scoperta dei giochi psicologici ha permesso di capire come gli individui tentino di salvare capra e cavoli nel “qui e ora”, ovvero come cerchino contemporaneamente di tener conto delle istanze dei bisogni del bambino arcaico e delle esigenze dell’adulto.

È ben comprensibile perciò come nell’animo di questa

persona nascano delle paure che si possono riassumere nelle esclamazioni: “Chissà cosa mi diranno”, “E adesso cosa faccio?”, “Devo stare attento perché, se sbaglio, me la faranno pagare!”, ecc. Questo spiega perché alcune persone vadano in crisi quando devono prendere una decisione. In una vita sana ed equilibrata i messaggi del genitore non dovrebbero mai arrivare direttamente al bambino, ma passare per il filtro dell’adulto che può, dopo una attenta valutazione, decidere al di là dei timori che risalgono alla primissima infanzia.

73


La comprensione di queste paure è necessaria affinché l’adulto possa fare un attento esame della situazione attuale. Le paure di un tempo se non comprese ed eliminate, creano pericolosi pregiudizi e possono portare ad azioni o giudizi fuori luogo. I messaggi provenienti dal genitore, sia esso critico o amorevole, andrebbero sempre analizzati nella pratica enfasi sul qui e ora. L’uomo è equilibrato quando ha integrato questi tre stati egoici ed è in grado di utilizzare ogni stato in base al contesto, attraverso una scelta da parte del suo stato egoico dell’adulto. Questo gli permette di operare le scelte necessarie e di assumersi gli impegni e le responsabilità importanti nei confronti di sé e degli altri, avendone una visione positiva. Il concetto IO SONO OK e TU SEI OK di Harris riassume questa visione. Questo concetto si riferisce ad un individuo che vive felicemente ogni fase dello sviluppo umano e raggiunge la saggezza necessaria per superare gli stereotipi e i pregiudizi, per sentirsi parte del tutto e vivere il presente.

III. 1. 1 LO STATO DELL’IO GENITORE Secondo la prospettiva offerta dall’Analisi Transazionale lo stato egoico del Genitore riproduce gli stati dell’ego dei propri genitori o la percezione che si ha degli stati di essa. E’costituito da un insieme di atteggiamenti, percezioni, comportamenti relativi alla classe “genitori”, ossia a tutti coloro che, per rapporto di parentela, per autorità o per anzianità, hanno esercitato un’influenza importante negli anni formativi della coscienza.

74


«Uno stato genitoriale dell’io è un insieme di sentimenti atteggiamenti e modelli simili a quelli della figura genitoriali».80 Il Genitore consiste in una serie di registrazioni, a livello cerebrale, delle parole e dei comportamenti dei “genitori”. L’essere umano trasmette questi “dischi genitoriali” ed agisce come padre e la propria madre, anche nel caso in cui non abbia gradito ciò che essi dicevano o facevano. Lo stato del Genitore si forma dai 0 ai 9/10 anni di vita del bambino, anche se si aggiungono messaggi genitoriali ad ogni età. Sul piano funzionale è bene distinguere che lo stato dell’Io Genitore può manifestarsi nelle persone in due modi: come Genitore Affettivo e, Genitore Normativo.

III. 1. 1.2 IL GENITORE AFFETTIVO Il Genitore Affettivo è la parte che “si prende cura di”, materna e comprensiva; si esprime in atteggiamenti di cura, protezione e attenzione. Questa parte è in grado di mettere limiti in modo fermo, efficiente, ragionevole; dice agli altri quali comportamenti sono adeguati e quali no, facendo in modo che l’altro non si senta perdente o frustrato. Il Genitore Affettivo manda messaggi “Tu sei ok”, il suo tono di voce è dolce, i suoi gesti sono attenti e rispettosi. Le parole indicano comprensione e affetto. I messaggi sono di fare piuttosto che di non fare. Per esempio: “Cammina più lentamente e sarà meno pericoloso” invece di “Non correre”.

80

Eric Berne citato, p.64

75


III. 1. 1.3 IL GENITORE NORMATIVO Il Genitore Normativo è la parte che racchiude l’insieme dei precetti, dei principi morali, delle norme e dei giudizi sui valori, sia positivi che negativi.

Il Genitore

Normativo si esprime come parte severa, che impone regole e dà ordini. Il Genitore Normativo manda messaggi: “Tu non sei ok”. Tende a inviare messaggi di non fare anziché di fare, esagera e generalizza. Tale messaggio è trasmesso dal tono di voce, stridulo o grave, dall’uso delle parole, dall’espressione del viso, dai gesti.

III. 1. 2 STATO DELL’IO: IL BAMBINO Secondo la prospettiva offerta dall’Analisi Transazionale lo stato egoico del Bambino è l’espressione della parte più primitiva della mente umana che rappresenta e contiene tracce arcaiche e sedimentazioni emotive della prima infanzia. «Lo stato dell’io Bambino è un insieme di sentimenti e atteggiamenti e modelli di comportamento che risalgono alla nostra infanzia individuale».81 Questo stato dell’Io consiste in una serie di registrazioni a livello cerebrale dei sentimenti provati dal bambino; le parole udite, i comportamenti visti dei genitori e/o delle figure genitoriali. Esso è pertanto la sede dei bisogni, degli atteggiamenti e dei comportamenti dell’infanzia, legati alle esigenze psicobiologiche più profonde.

La

soddisfazione o l’insoddisfazione verso un oggetto, introiettata e memorizzata come valore positivo o negativo, determinerà il prodotto della vita sentita che potrà esplicitarsi in creatività e fantasia o, di contro, in frustrazione e senso di colpa.

81

Eric Berne citato, p.66

76


Lo stato dell’Io Bambino viene formandosi dagli 0 ai 5 anni di vita. Nel Bambino ci sono tutte le disposizioni Impulso ad agire Capacità di godere Creatività Curiosità Emozioni e loro espressioni Invidia-gelosia manipolazione Vergogna Sul piano funzionale è bene distinguere che lo Stato dell’ Io Bambino può manifestarsi nelle persone in due modi: come Bambino Adattato e come Bambino Libero.

III. 1. 2 . 1 IL BAMBINO ADATTATO Il Bambino Adattato, che ha una funzione di rispetto e di adattamento alle norme; si esprime ogni qualvolta una persona ricorra ad un sistema di comportamenti noti per vivere in armonia con le “figure genitoriali” e/o per ottenerne segni di attenzione, che l’Analisi Transazionale chiama carezze.

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III. 1. 2 .2 IL BAMBINO LIBERO Il Bambino Libero ha una funzione di espressione libera, non vincolata da leggi. Il Bambino Libero esprime spontaneità, voglia di divertirsi ed una funzione creativointuitiva. Questo stato egoico porta la persona a trovare una buona soluzione per ogni questione.

III. 1. 2 STATO DELL’IO: ADULTO Secondo la prospettiva offerta dall’Analisi Transazionale lo stato egoico dell’Adulto è orientato in modo autonomo verso l’apprezzamento obiettivo della realtà. «Lo stato dell’io Adulto è caratterizzato da un insieme autonomo di sentimenti, atteggiamenti e modelli di comportamento che risultano adatti alla realtà presente».82 E’ espressione della parte logica e razionale, adeguata alla realtà del momento, che raccoglie, registra e utilizza ogni tipo di informazione, verifica ed elabora i concetti come prodotti del ragionamento. Solo quando il soggetto si trova nell’Adulto reagisce alle situazioni con tutte le risorse disponibili. Lo stato dell’Io Adulto inizia a formarsi intorno al decimo mese di vita del bambino. Di fatto il sistema nervoso alla nascita non è ancora sufficientemente sviluppato e si completa solo intorno ai dodici anni, fase dello sviluppo del pensiero astratto.

E’

pertanto questa l’età in cui l’Adulto diventa realmente funzionale. Ernst sostiene che un volto inespressivo non è indice del volto dell’adulto. Egli osserva che nell’adulto l’atto di ascoltare è rilevato da movimenti continui del volto, degli occhi

82

Eric Berne citato, p.65

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e del corpo, con una frequenza del battere delle palpebre che va dai tre ai cinque secondi. Il viso dell’adulto è franco, se il capo è inclinato, la persona tende ad ascoltare da un punto di vista di preconcetto. Ecco di seguito alcuni esempi di Transizione in cui sia Emittente che Ricevente energizzano il proprio stato egoico dell’Adulto

E) Io credo che questo obbiettivo si possa raggiungere in questo modo. R) Comprendo il suo punto di vista, ma la mia opinione è un’altra.

E) C’è stato qualche motivo che ti ha impedito di arrivare in orario? R) Non ho calcolato bene il traffico.

E) Mi puoi dire che cosa pensi di questo argomento? R) Secondo me …..

III. 2 ANALISI EMPIRICA Michel Hardy, padre dell’Analisi Empirica, ritiene che l’integrazione dell’individuo dipenda, come ampiamente descritto nei capitoli precedenti, dallo sviluppo del proprio Yin e Yang . Secondo L’Analisi Empirica ciascun essere umano possiede dei meccanismi di difesa fin dai primi anni di vita, imparando così a cautelare se stesso e il proprio mondo interiore. Questi meccanismi di difesa si manifestano anche nelle diverse espressioni dell’ Io,

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dando adito a comportamenti differenti da persona a persona a seconda del tipo di ruolo compensatorio espresso, ad esempio uomo Yin o donna Yang. Sono i ruoli compensatori a sviluppare cariche disarmoniche che fanno sì che l’individuo si esprima maggiormente attraverso l’ombra. Si tratta di espressioni arcaiche, quelle dell’io, uguali per tutti gli individui nonostante ogni tipo di compensazione disarmonica personalizzi una funzione del debito. « Appartengono a tutti gli essere umani a

prescindere della razza, dalla cultura e

dall’età».83.

Anche l’Analisi Empirica suddivide l’individuo in tre egoici: o Stato dell’io Genitore, ovvero il “finto grande”, in richiesta d’amore; o Stato dell’io Bambino, ovvero “il piccolo”, in richiesta d’amore; o Stato dell’io Adulto, ovvero “il grande”, colui che è in grado di donare amore;

III. 2 .1 STATO DELL’IO: IL GENITORE Lo stato dell’io Genitore è definito da Michel Hardy come lo stato del “finto grande”, in quanto l’individuo che esprime questo stato dell’io non è radicato nella matrice del proprio sesso biologico e nemmeno nella matrice del sesso opposto. Chi si esprime con il “Genitore” entra in quel momento in contatto con emozioni provenienti dalle immagini genitoriale registrate nei primi anni di vita. Tali immagini

83

Hardy M. F. - Il Potere dei Simboli- l’Adulto - 2008 slide 3

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avevano una carica empirica non adeguata, tuttavia il bambino le ha interiorizzate proprio come farebbe un registratore. In questo modo ha fatto propri i messaggi critici e svalutanti ricevuti dai genitori ed educatori.

Più i messaggi avevano una carica

empirica non adeguata ai bisogni del bambini più il suo dolore si è fatto grande. Gli adulti disattendendo i bisogni del bambino hanno fatto si che egli diventasse portatore anche del loro debito empirico. Il passaggio del debito sistemico può sembrare a prima vista ingiusto ma ha solo l’unico scopo di evolvere e migliorare la specie. Questo stato egoico si suddivide nel “Maestrino” e nel “Genitore affettivo”.

III. 2.2 MAESTRINO L’Analisi Empirica ritiene che chi utilizza lo stato egoico del Maestrino energizzi una compensazione disarmonica che lo porta ad esprimersi maggiormente attraverso l’ombra Yang. Il Maestrino comunica i principi morali di cui si fa portatore, e da le norme e giudica i valori, sia positivi che negativi. Egli avrebbe bisogno di autodisciplinarsi e di imporsi delle regole ma non ne è in grado, mentre gli dà un senso di onnipotenza elevarsi a criticare gli altri delegittimandoli. E’ chiamato Maestrino perché quando parla è come se spiegasse agli altri come comportarsi, come vivere. Una frase che utilizza spesso è “ti spiego”. Si presenta come un uomo che è distaccato dalle proprie emozioni, è parzialmente anestetizzato per non sentire il proprio dolore. Egli non educa, cioè sviluppa le capacità intrinseche nell’altro, comunica nozioni concetti come se l’altro fosse una tabula rasa.

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Il Maestrino non riesce a dare amore ne a se stesso ne agli altri, non ritiene nessuno al suo pari ma in realtà lui si sente inferiore e inadeguato. Crea dipendenza non facendo crescere l’altro per riceve in cambio un po’ di affetto.

III.2.3 GENITORE AFFETTIVO Chi si esprime attraverso lo stato del Genitore Affettivo utilizza una compensazione disarmonica che lo porta ad esprimersi maggiormente con l’ombra Yin. Il Genitore Affettivo dispensa amore in cambio di obbedienza, di ammirazione o di convenienza. Egli si avvicina sempre a chi sta male, si mostra come il salvatore. Egli fa in modo

che l’altro abbia sempre bisogno di lui e non esca dallo stato di

necessità diventando troppo autonomo. Il Genitore affettivo crea dipendenza. Chi si esprime con questo stato egoico si mostra sempre preoccupato, attento all’altro, e desideroso di gestire l’altro, la frase tipica è “me ne occupo io” o “non ti preoccupare”. È la parte che “si prende cura di”, senza tenere conto delle esigenze dell’altro. Il genitore affettivo asseconda l’altro in cambio di qualcosa , infatti il suo ragionamento è: ti ammiro dicendoti quanto sei bravo, ma in cambio mi dai ciò che voglio, ovvero asseconda l’altro in cambio di qualcosa. Anche egli non riesce a dare amore ne a se stesso ne agli altri, utilizza la dipendenza manipolando l’altro per ricevere affetto.

82


III.2.4 STATO DELL’IO: IL BAMBINO Lo stato dell’io Bambino è definito da Michel Hardy come lo stato del “piccolo”, perché l’individuo che esprime questo stato dell’io non è radicato nella matrice del proprio sesso biologico e nemmeno

nella matrice del sesso opposto. Chi si esprime con il

“Bambino” entra in quel momento in contatto con emozioni di quando lui era molto piccolo, in dinamiche dei primi anni di vita mai risolte che hanno un grande carico di dolore. Ma soprattutto l’espressione del “Bambino” indica una richiesta d’amore. Questo stato egoico si suddivide nel “Bambino Arrabbiato” e nel “Bambino Vittima”.

III.2.5 IL BAMBINO ARRABBIATO Chi si esprime attraverso lo stato egoico del Bambino Arrabbiato utilizza una compensazione disarmonica che lo porta a relazionarsi con l’esterno principalmente attraverso l’ombra Yang. Utilizzando questo stato dell’io l’individuo pretende “amore” con arroganza, come fosse un suo diritto o come fosse un dovere dell’altro donarglielo. Il bambino Arrabbiato utilizza strategie dell’ombra Yang come la rabbia, la prepotenza, la voce alta e la sfida. Il suo linguaggio è molto infantile la frase tipica “io voglio” o “non mi importa dei tuoi problemi”. Infatti nel momento in cui una persona energizza questo stato egoico non è in grado di entrare in empatia con l’altro, è concentrato solo su di sé e sui propri bisogni. Anche il Bambino Arrabbiato non riesce a dare amore né a se stesso né agli altri, semplicemente lo pretende proprio come farebbe un bambino, a prescindere dall’età anagrafica.

83


III.2.6 IL BAMBINO VITTIMA Chi si esprime attraverso lo stato egoico del Bambino Vittima utilizza una compensazione disarmonica che lo porta ad esprimersi maggiormente attraverso l’ombra Yin. Chi utilizza questo stato dell’io pretende “amore” attraverso la sottomissione, l’annullamento di se stesso, il vittimismo e le scuse. Il Bambino Vittima ha introiettato nei primi anni di vita che essendo vittima riesce a ricevere amore. Questo meccanismo, già malsano per un bambino, può diventare dannoso e pericoloso con il proseguire degli anni. Chi energizza questo stato dell’io utilizza strategie dell’ombra Yin come il senso di colpa e la perfidia per manipolare gli altri. Il suo linguaggio è molto infantile, una sua frase tipica è “non ce la faccio” o “povero me”. Infatti nel momento in cui una persona energizza questo stato egoico non è in grado di sostenere le proprie responsabilità, è concentrato solo su se stesso e sui suoi bisogni. Anche il Bambino Vittima non riesce a dare amore né a se stesso né agli altri, lo pretende proprio come se egli fosse l’ unica vittima di questo mondo.

III.2.7 STATO DELL’IO: L’ADULTO L’Io Adulto è lo stato dell’individuo integrato che esprime lo stato di eccellenza. L’Adulto vive nella realtà e si esprime attraverso il proprio sentire.

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Le immagini delle figure genitoriali che egli ha introiettato e i bisogni disattesi non si esprimono liberamente in lui, ma vengono filtrate dalla propria coscienza. Chi energizza questo stato di eccellenza è in grado di essere un buon padre e una buona madre. Infatti solamente gli individui che amano e accettano se stessi possono dare e donare amore. «L’Adulto attua comportamenti e atteggiamenti che si distaccano dai propri stati emotivi, non identificandosi più con essi.

L’adulto è in grado di assumersi la

responsabilità della propria vita e del proprio dolore»84.

«Quando qualcuno tenta di diffamare una persona Yin integrata o le manca di rispetto, essa rivela il proprio dolore – non subito, ma entro un certo arco di tempo – davanti agli altri»85. Non sente imbarazzo né vive il dolore come sconfitta, ma come percezione del proprio potere d’adulto. Frasi tipo potrebbero essere “Mi dispiace che tu voglia ferirmi…”, “sono dispiaciuto dal tuo/vostro comportamento…”, “Mi procura dolore sentire che…” o “Non penso che io meriti…”, in cui – sempre parlando soltanto di sé e mai degli altri (i quali si sentirebbero soltanto accusati) – svela l’ingiustizia, la malignità o l’azione riprovevole subita. Questa rivelazione avviene con calma, in modo consapevole e senza atteggiamenti aggressivi o vittimistici, bensì con un atteggiamento da adulto.

La sua espressione

avviene in modo composto e gentile, con voce bassa e ferma, tuttavia con un’apertura disarmante, evidenziando un atteggiamento naturale e pieno di forza.

84 85

Hardy M.H. - Il Potere dei Simboli- l’Adulto - 2008 slide 2 Hardy M.H. - Il Potere dei Simboli- l’Adulto - 2008 slide 2

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Si tratta della forza posata del potere integrato, che si esprime con morbidezza anche nel momento della verità più cruda e compromettente. «La donna Yin integrata fa a meno della critica, dei commenti sprezzanti e dei moti di vendetta che spesso accompagnano le strategie di difesa, elaborando il dolore su un proprio piano profondo prima di esternarlo »86. Così l’Adulto corrisponde a ogni apparente offesa, oltraggio o tentativo di diffamazione con la propria autenticità, rivelando la semplice verità dietro le strategie aggressive altrui. Attraverso questo tipo di risposta, il gioco nascosto viene alla luce, perdendo di potere davanti alla sincerità disarmante e non accusante del suo protagonista.

Quarto capitolo: IL CORSO “IL POTERE DEI SIMBOLI”

IV. 1 OBIETTIVI DEL CORSO Il corso, ideato a quattro mani da Magister Michel Hardy e dallo scrivente, si propone di accompagnare i presenti in un viaggio interiore allo scopo di ricollegare ed armonizzare le energie mentali, emozionali e fisiche nelle zone più profonde del proprio essere, per poi far fluire le risorse del singolo. Infatti quando l’individuo riconosce le proprie potenzialità e il proprio valore, può liberarsi da assurde distorsioni e proiettare la propria vita verso una realtà sempre più consona e rispondente alla sua propria identità integrata.

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Hardy M.F.H. - Il Potere dei Simboli- l’Adulto - 2008 slide 2

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Il corso ha l’obbiettivo di riconnettersi con l’energia vitale del libero fluire superando le difficoltà presenti e riconoscendo e integrando i propri meccanismi di difesa.

IV. 2 IL PRIMO GIORNO DI CORSO Gli obbiettivi della prima giornata di corso sono quelli di fornire ai partecipanti l’acquisizione e le conoscenze necessarie circa l’origine del simbolo e le sue principali forme di manifestazione. Creare il gruppo attraverso esperienze empiriche. Utilizzare il rilassamento fisico per condurre i partecipanti all’ascolto interiore e al silenzio esteriore per scendere in profondità dentro di sé. Le attività proposte sono volte alla creazione di un sereno clima di gruppo ed un ambiente protetto in cui il singolo possa esprimere e rappresentare se stesso secondo le modalità previste dallo psicodramma.

IV. 2.1 ATTIVITA’ DEL PRIMO GIORNO DI CORSO Magister Michel F. Hardy inizia presentando il corso e chiedendo ai partecipanti di presentarsi e rispondere alle seguenti domande: 1. Se tu potessi essere un personaggio di una favola chi ti piacerebbe essere? 2. Di quella favola qual è il personaggio che ti piace meno? 3. Qual è la situazione o il momento della favola che i personaggi scelti ti piacciono di più o di meno? Lo scrivente successivamente attraverso delle slide presenta le origini del simbolo, i suoi significati e le principali manifestazioni. Qui di seguito riportiamo alcuni cenni.

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Il viaggio che si propone ai corsisti è quello dello studio dei simboli, è un viaggio attraverso i secoli e i continenti ma, soprattutto, per chi ne ha il coraggio, rappresenta il viaggio supremo: quello dentro di sé. Esso per natura propria aiuta l'uomo a conoscere se stesso e a collegarsi a delle energie universali. Il linguaggio simbolico è il linguaggio universale che permette di unire la conoscenza interiore a quella esteriore. Il simbolo è una immagine che si è attivata e che è emersa alla coscienza per attrarre l’attenzione su un “qualcosa” che nella sua universalità è presente negli strati più profondi della psiche umana, ma che, in quel momento, rappresenta una relazione vitale nel percorso di quell’individuo. E’ un trasformatore di energia perché apporta un nuovo “sapere”, svela l’essenza di una situazione che l’individuo sta già vivendo, magari senza averne coscienza Il simbolo junghiano è vitale perché è il tramite fra inconscio e coscienza, collegamento fra mondo interno e mondo esterno dell’individuo, punto di incontro dell’inconscio individuale con l’inconscio collettivo. L'inconscio collettivo ha a disposizione molti più dati della limitata coscienza personale ed esso riesce cosi ad avere una visione più globale ed integrata degli eventi che gli permettendogli di suggerire soluzioni adeguate. Il simbolo presenta diverse funzioni che si possono riassumere nelle otto seguenti. o “esplorazione”: la prima funzione del simbolo è esplorativa poiché permette di cogliere la relazione tra un termine noto e uno ignoto; o “sostituzione”: la seconda funzione è di sostituto di contenuti impossibilitati a penetrare nella coscienza; o “mediazione”: la terza funzione è di mediatore tra elementi separati, di coordinatore di tendenze contrarie e contrapposte;

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o “unificazione”: la quarta funzione è di unificatore dei tre livelli di esperienza umana (l'inconscio, il conscio e il sovraconscio); o “socializza”: la quinta funzione è di socializzatore in quanto il simbolo mette in comunicazione profonda il singolo con l'ambiente sociale; o “risonanza”: la sesta funzione è detta di risonanza ed è collegata alla vitalità del simbolo, ossia è attiva in quanto esso si accorda all'atmosfera spirituale di un'epoca, di una società o di un individuo; o “trascendente”: la settima funzione è di trascendenza ossia di connessione fra due forze antagoniste portando al superamento delle contrapposizioni e al progresso della coscienza; o “trasformazione”: l'ottava funzione è di trasformatore dell'energia psichica dell'inconscio in modo che essa possa essere assimilata e integrata nell'io cosciente.

Successivamente viene introdotto il lavoro del disegno: Ogni gesto che l’uomo compie è portatore di significato, è una sua proiezione perché in lui è sempre presente l’inconscio collettivo che lo lega al mondo primitivo. Ogni arte espressiva giunge a portare all’esterno ovvero alla coscienza il mondo interiore dell’individuo. Come i nostri progenitori esprimevano le loro credenze e percezioni rappresentandole graficamente in modo primordiale e scrutavano i segnali provenienti dall’ambiente circostante, così ancora oggi tali simboli e miti sono presenti in noi e ci aiutano a esplorare il mondo magico e istintivo che c’è in noi.

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A questo si invitano i corsisti a sperimentarsi nel primo esercizio pratico e per eseguirlo sarà utilizzato come stimolo il sogno guidato. Viene introdotto il sogno guidato in cui si invita il corsista, in stato di rilassamento, a immaginare un paesaggio di natura e successivamente il sole e la luna. Al

termine della visualizzazione ogni soggetto

riprodurrà su carta le immagini che la sua mente gli avrà suggerito utilizzando i colori che sentirà più adatti allo scopo . Per poter svolgere al meglio l’esercizio sarà chiesto ai partecipanti di mantenere il silenzio anche dopo aver terminato il disegno, in modo da rispettare i tempi degli altri partecipanti. Il corso continuerà nel dopocena con un rilassamento fisico totale. Il rilassamento derivante dal tranning autogeno ha lo scopo di sciogliere le tensioni e le resistenze. Dopo il quale seguirà un sogno guidato che inviterà i partecipanti a immaginare un frutto e successivamente disegnarlo sulla carta. Il frutto disegnato manifesta, in quel preciso istante, il mondo interiore del partecipante. Il fine è quello che il corsista scopra e che porti alla coscienza i simboli che guidano la sua vita. Il partecipante per accedere al suo mondo interiore ha bisogno innanzitutto di “fare silenzio”, di scollegarci cioè dalla frenesia del mondo esterno e di sintonizzarci su se stesso, sul suo mondo interiore. In questo modo prendere coscienza ed imparare a decifrare il proprio linguaggio interiore. Per questo durante il corso è richiesto al di fuori della sala e richiesto di osservare la consegna del silenzio.

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IV. 3 IL SECONDO GIORNO DI CORSO Le attività proposte nella seconda giornata sono volte alla creazione di un sereno clima di gruppo ed un ambiente protetto in cui il singolo possa esprimere e rappresentare se stesso secondo le modalità previste dallo psicodramma. Il gruppo è invitato all’ascolto interiore e al silenzio esteriore per scendere in profondità dentro di sé. Saranno invitati a rivivere l’esperienza del rilassamento fisico. Il sogno guidato proposto nel secondo giorno è quello degli alberi archetipi ovvero la quercia e il tiglio che rappresentano simbolicamente il padre e la madre. L’obiettivo della seconda giornata è quello di far acquisire ai corsisti le conoscenze di base necessarie dell’Analisi Empirica, specificatamente sullo stato egoico del Genitore. Attraverso le slide Michel F. Hardy specifica alcuni punti del suo pensiero in riferimento all’Analisi Empirica qui sotto riportati. «Ciascun essere umano sviluppa meccanismi di difesa nei primi anni di vita, imparando così a cautelare se stesso e il proprio mondo interiore. Si tratta di schemi empirici che, una volta sviluppatisi, aggirano il controllo cosciente e diventano veri e propri binari emotivi per il resto della propria esistenza. La psicologia accademica distingue tra stili di difesa adattivi e disadattivi, ma in chiave sistemica si tratta sempre di strategie empiriche imparate per coprire il proprio debito. In ogni situazione, ogni momento, ogni atto, ogni evento, interagiscono due polarità complementari, ossia la carica Yang e quella Yin. Entrambi si manifestano anche nelle diverse espressioni dell’ IO, dando adito a comportamenti differenti da persona a persona. Secondo il tipo di alterazione empirica (uomo Yin, donna Yang, ecc), si sviluppa un meccanismo di difesa (ruolo compensatorio) più Yang (aggressivo e giudicante) piuttosto che Yin (vittimistico e

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remissivo). Si tratta di espressioni arcaiche, quelle dell’IO, uguale per tutti nonostante che ogni tipo d’alterazione le personalizza in funzione del proprio debito. Lo schema sotto riportato è una slide utilizzata nel corso per spiegare l’Analisi Empirica. LE DIVERSE ESPRESSIONI DELL’IO E LE SUE DIFESE appartengono a tutti gli esseri umani

YANG

a prescindere della propria razza,

YIN

la finta donna Yang

la finta donna

l’uomo Yang alterato

l’uomo Yin

il finto uomo Yang

il finto uomo Yin

Yin cultura o età.

la donna Yang IL GENITORE ossia IL FINTO GRANDE = IL MAESTRINO /

la donna Yin alterata GENITORE AFFETTIVO

manipola biasimando:

manipola lodando:

“se vuoi che ti amo

“ti amo, ma non mi deludere”

bisogno di corrispondere alle mie aspettative” Somministra regole e da’ ordini.

IL BAMBINO ossia IL PICCOLO =

ti rendo dipendente prendendomi cura di te. protezione e attenzione.

IL BAMBINO ARRABIATO / “Io voglio”, “Ho ragione”, “non mi importa”, “mi sono rotto”

L’ADULTO ossia IL GRANDE

=

L’ECCELLENZA / “credo che…”, “io penso…”,

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LA VITTIMA “non me lo merito” “non ce la faccio” “mi vergogno”

IL CONSAPEVOLE “ho sbagliato…”,


“capisco, ma…”, “per essere

“è un mio diritto”

obbiettivi dobbiamo…”,

“ so che mi spetterebbe”

“è vero…”,

“è falso che…”

““il mio punto di vista è…

Il Ruolo del genitore ovvero quello del finto grande si suddivide nel”Maestrino”e nel “Genitore Affettivo. Nel ruolo di Maestrino l’individuo adotta strategie di difesa predilette dal gruppo Yang alterato, come la critica e giudizio permanente delle norme dei comportamenti . Il soggetto quando è nel ruolo di Maestrino fa il bello e il cattivo tempo delegittimando l’altro e creando dipendenza. Racchiude l’insieme dei precetti, dei principi morali, delle norme e dei giudizi sui valori, sia positivi che negativi. Nel ruolo di “Genitore Affettivo”l’individuo adotta strategie di difesa predilette dal gruppo Yin alterato. Il soggetto quando interpreta il ruolo del Genitore Affettivo è nella parte di chi “si prende cura di”, materna e affettiva. È in grado di mettere limiti in maniera calma e amorevole: “ti do’ affetto e nutrimento, ti ammiro ti dico che sei bravo, ma in cambio mi dai ciò che voglio”. Asseconda l’altro in cambio di qualcosa»87; Segue una esercizio pratico sullo stato dell’io Genitore. I corsisti in coppia scrivono un esempio tratto dalla loro esperienza personale in cui risulti evidente come in quell’occasione abbiano energizzato lo stato egoico del Maestino e successivamente un'altra esperienza della loro vita in cui risulti evidente come abbiano energizzato lo stato egoico del Genitore Affettivo. Nel pomeriggio e nella sera si svolgerà lo “psicodramma olistico”, mettendo in scena i disegni eseguiti dal gruppo. 87

Hardy M.F. - Il Potere dei Simboli- Il Genitore - 2008 slide 1/6

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IV. 4 IL TERZO GIORNO DI CORSO Le attività proposte nel terzo giorno sono volte alla creazione di un sereno clima di gruppo ed un ambiente protetto in cui il singolo possa esprimersi e rappresentare se stesso secondo le modalità previste dallo psicodramma. Il gruppo è invitato all’ascolto interiore e al silenzio esteriore per scendere in profondità dentro di sé . I corsisti saranno chiamati a rivivere l’esperienza del rilassamento fisico affinché si fissi attraverso la ripetizione. Durante il sogno guidato il gruppo sarà condotto a visualizzare un bambino e un giocattolo che rappresentano simbolicamente il proprio bambino interiore ed il loro oggetto transazionale. Nel corso della terza giornata i corsisti acquisiranno le conoscenze di base necessarie circa l’Analisi Empirica, specificatamente circa lo stato egoico del Bambino. Attraverso le slide Michel F. Hardy specifica alcuni punti del suo pensiero in riferimento allo stato dell’io denominato “Bambino Arrabbiato” e “Bambino Vittima” qui di seguito riportate. «Lo stato dell’io chiamato Bambino si esprime attraverso comportamenti, proiezioni e aspettative infantili che sovrastano la propria realtà empirica e s’impongono nei rapporti, attraverso il prendere. Lo stato dell’io nominato Bambino Arrabbiato o Bambino Yang utilizza strategie di difesa appartenenti al gruppo Yang alterato. Mentre lo stato dell’io nominato Bambino Vittima o Bambino Yin utilizza strategie di difesa appartenenti al gruppo Yin alterato. Le caratteristica fisiche reazioni inconsce del corpo che rivelano la presenza del ruolo del piccolo ovvero dello stato egoico nominato Bambino sono: o le reazioni Yang (bambino rabbioso): lacrime, il labbro tremante, il broncio, la stizza, la voce acuta, il roteare gli occhi, il fare spallucce, mettersi le dita nel naso, dimenarsi e ridacchiare, lo stuzzicare, il provare delizia, ridere a squarcia

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gola, spingere sempre in avanti, sfida e competizione, la sindrome del primo della classe, voler primeggiare, il ruffiano, il farsi bello; o le reazioni Yin (bambino vittima) sono: gli occhi bassi, la seduzione continua, sorridere sempre, gli occhi innocenti, la voce lamentosa, sbattere gli occhi, sollevare la mano per chiedere il permesso di parlare, si morde le unghie, il corpo ritroso, atteggiamenti di sottomissione o di compiacimento, l’esitare, tentennare, essere titubante, indeciso, dubbioso, insicuro, incerto,…. Mentre le caratteristiche verbali sono: o del Bambino Arrabbiato oltre al linguaggio infantile, sono molte le espressioni che servono ad individuarlo: “io desidero”, “io voglio”, “non lo so”, “farò”, “non me ne importa”, “immagino”, “quando sarò grande, più grande”, “migliore”, “il migliore” (molti superlativi hanno origine nel bambino, da cui vengono usati come gettoni nel gioco: “il mio è migliore”); o Il Bambino Vittima: “mi dispiace”, “scusami”, “non è colpa mia”, “non l’ho fatto apposta”, “povero me”, “non c’è la faccio”, “è troppo difficile”, “non lo merito”, “ma perché c’è l’ha sempre con me?”».88 Segue una esercizio pratico sullo stato dell’io Bambino. I corsisti in coppia scrivono un esempio tratto dalla loro esperienza personale in cui risulti evidente come in quell’occasione abbiano energizzato lo stato egoico del Bambino arrabbiato e successivamente un’altra esperienza della loro vita in cui risulti evidente che abbiano energizzato lo stato egoico del Bambino Vittima. Nel pomeriggio e nella sera si svolgerà “lo psicodramma olistico”, mettendo in scena i disegni eseguiti dal gruppo.

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Hary M.F. - Il Potere dei Simboli- Il Bambino - 2008 slide 1/7

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IV. 4 IL QUARTO GIORNO DI CORSO Le attività proposte nel quarto giorno sono volte come i giorni precedenti alla creazione di un sereno clima di gruppo ed un ambiente protetto in cui il singolo possa esprimersi e rappresentare se stesso secondo le modalità previste dalla psicodramma. Il gruppo è invitato all’ascolto interiore e al silenzio esteriore per scendere in profondità dentro di sé . I corsisti saranno chiamati a rivivere l’esperienza del rilassamento fisico. Durante la visualizzazione il gruppo sarà condotto a visualizzare il loro Mago interiore, simbolo della capacità di trasformare le cose ovvero la rappresentazione dell’identità integrata. Nel corso della quarta giornata attraverso le slide Michel F. Hardy specifica alcuni punti del suo pensiero in riferimento allo stato dell’io denominato Adulto qui di seguito riportate. «Lo stato egoico denominato Adulto è nel ruolo di eccellenza. Soltanto la donna Yin integrata e l’uomo Yang integrato sono in grado di poter adoperare il meccanismo d’eccellenza. Si distinguono da tutti gli altri ruoli empirici attraverso un meccanismo di difesa particolare e unico: adoperano come meccanismo prediletto la forza della realtà. La realtà empirica diventa così lo strumento d’eccellenza per contrastare ogni mancanza di rispetto, ogni atto di malignità, ogni attacco sottile, ogni atto di screditamento, e per ogni atto di critica e giudizio nei propri confronti, obbligando la controparte a costituirsi apertamente . Tutto ciò avviene rivelando il proprio dolore apertamente. Così Il proprio disagio, il dispiacere, la tristezza o l’amarezza per ciò che la persona subisce, diventano gli strumenti d’eccellenza, costringendo l’altro a prendersi le proprie responsabilità per il dolore procurato. Così l’adulto corrisponde a ogni apparente offesa, oltraggio o tentativo di diffamazione con la propria autenticità,

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rivelando la semplice verità dietro le strategie aggressive altrui. Attraverso questo tipo di risposta, il gioco nascosto viene alla luce, perdendo di potere davanti alla sincerità disarmante (e non accusante) del suo protagonista. L’adulto sa integrare e dare spazio alle varie istanze del proprio IO senza che nessuna delle sue parti possa prendere il sopravvento, ossia senza che né il bambino né il genitore possano dominare il suo profilo empirico»89. Segue un’esercizio pratico sullo stato dell’io Adulto. I corsisti in coppia interpretano da “Adulto” le esperienze fatte nei giorni precedenti da Genitore e da Bambino. Lo scopo è di dimostrare empiricamente che è possibile portare ad uno stato di eccellenza ogni situazione e che in ogni individuo vi sono le capacità intrinseche per poterlo fare. Nel pomeriggio si concluderanno le drammatizzazioni di ogni componente del gruppo. Ad ogni partecipante sarà data la possibilità, rispettando le normali resistenze, di mettere in scena il proprio disegno. Nel dopocena ogni componente del gruppo sarà invitato a mettere in scena i personaggi della favola scelti il primo giorno. Interpretando il ruolo che più e che meno gli piace, metteranno in scena ciò che accettano di più e di meno di loro.

IV. 5 IL QUINTO GIORNO DI CORSO Le attività proposte nel quinto giorno sono volte alla creazione di un sereno clima di gruppo nonché a suggellare uno stato di intima armonia. Nel corso della quinta giornata i corsisti saranno invitati a riflettere sul lavoro svolto nelle giornate precedenti. Saranno chiamati a rivivere per ancora una volta l’esperienza del rilassamento fisico affinché eventuali ansie o paure vengano lasciate andare.

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Hary M. F. - Il Potere dei Simboli- L’adulto - 2008 slide 1/4

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Durante la visualizzazione odierna i componenti del gruppo prenderanno contatto con la loro casa interiore e nuovamente con il loro bambino interiore che questa volta simboleggerà un nuovo inizio, una nuova partenza. Al termine dell’esercizio saranno invitati ad esprimere un augurio profondo a questo bambino, traducendo in parole quanto di più intimamente augurano a se stessi. Questo scritto li accompagnerà nel ritorno a casa quale messaggio di speranza e di ritrovata armonia.

IV. 6 TESTIMONIANZA DI UN PARTECIPANTE Per concludere allego la testimonianza di Daniela Frascisco, una partecipante dell’ultimo corso i il potere dei simboli: «In una splendida cornice , dove, solo i suoni della natura accompagnavano le nostre giornate, il seminario “Il potere dei Simboli” è stato per me una costante sorpresa, ricca di prese di coscienza e di emozioni. Le brevi rappresentazioni, sia di noi che dei personaggi della favola sono state un susseguirsi di chiarimenti . Mi hanno fatto vedere limpidamente diverse mie trasformazioni di cui non ero ancora consapevole e aspetti che non credevo miei in quanto prima mi erano inaccettabili. In quei momenti mi sono sentita come un vulcano in eruzione, sentivo fluire dentro di me una fonte infinita di energia , quel magma denso ed infuocato che sta nel mio profondo è sfogato all’esterno portandomi un'immensa gioia interna. Durante lo psicodramma un’altra scoperta meravigliosa, il sentire, mai prima di quei momenti mi sentivo, sentivo gli altri e quello che era il mio ruolo. Nell’aria avvertivo

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una forza energetica incredibile, era palpabile l’unione tra i vari partecipanti. E’ stata una grande esperienza, una connessione armoniosa di noi con l’universo. Sono tornata a casa con un maggiore ascolto di me e degli altri, con la consapevolezza che questo amore posso viverlo ogni giorno, ovunque io sia e per il resto della mia vita. Michel & Massimo, la mia anima vi ringrazia di cuore per averle dato la possibilità di vivere un’esperienza meravigliosa come questa.»

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Bibliografia Michel F. Hardy –La Grammatica Dell’Essere,Vol. I – Centro Studi Hardy, 2008 . Michel F. Hardy –La Grammatica Dell’Essere,Vol. II – Centro Studi Hardy, 2008 . Michel F. Hardy –La Grammatica Dell’Essere,Vol. III – Centro Studi Hardy, 2008. Michel F. Hardy –La Grammatica Dell’Essere,Vol. IV– Centro Studi Hardy, 2009 . Bermolen A., Dal Porto M.G., Moretto L. - La via del simbolo- Editrice CVX, Roma, 2001 Pani R. -Lo psicodramma psicoanalitico- Ed. Franco Angeli, Milano, 2007 Boria G. -Psicoterapia psicodrammatica- Ed. Franco Angeli, Milano, 2005 Levi Moreno J. -Il teatro della spontaneità- Di Renzo Editore, Roma, 2007 Levi Moreno J. 1946- Manuale di psicodramma-, vol. I, Beacon, NY, Beacon House./ristampa Editore Astrolabio Ubaldini, Roma, 1985. Schützenberger A.A.- Lo psicodramma- Di Renzo Editore, Roma, 2003 Jung C.G.- Su sogni e trasformazioni - Colloqui di Zurigo - Edizioni Ma.Gi. Roma, 2005 . Jung C.G.- L’uomo e i suoi simboli - TEA, Milano, 2008. Berne E.- Analisi Transazionale e Psicoterapia - Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1971 Crotti E.- E tu che albero sei?- Mondadori Editore, Cles (TN), 2006 Zonta R.- Psicologia Generale, dello Sviluppo e ApplicataEdipsicologiche,Cremona,1998 Avalle U.-Maranzana M.- Pensare ed Educare- vol. II , Paravia , Milano,2003 Avalle U.-Maranzana M.- Pensare ed Educare- vol. III , Paravia, Mialno, 2003 Baroni M.R.- Psicologia - Ed. Vallardi, Milano, 2000 –p.

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Fasola C.- L’identità - l’altro come coscienza di sé- UTET, 2005 Galimberti U. - Psicologia- Garzanti, 2004 De Mauro T. - Il Dizionario della Lingua Italiana- Paravia, 2000 Perini E. - Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari- Giunti, 2006 Oliverio A. F., Oliviero A. - Psicologia- Ed. Zanichelli, 2007

Sitografia http//www.socialpsychology.org/ http//www.ship.edu/-cgboeree/socpsy.html http//www.wilderdom.com/psychology/social/Introduction.htlm http://ale1980italy.files.wordpress.com/2007/06/gerard_du.jpg http//www.granloggia.it/GLDI/Default.aspx/ShowPage.aspx?PageID=1477 http://www.iltuopsicologo.it/aforismi htm// www.dancevillage.com/frasi-celebri-aforismi-danza.php in http://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=43c7 http://www.stefanoscatena.it/?id=285 http: //ilaele.splinder.com http//www.centroicone.it/dolori.htm

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