B&G N°16

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anno III - numero 16 | dicembre 2010 - febbraio 2011 | € 5,00

Un particolare del cilindro sospeso pensato da Serafino Consoli per “Chronosphere”

Serafino Consoli dà Forma al Tempo Nasce “Chronosphere”, uno spazio unico nel suo genere che stravolge il mondo dell’alta orologeria e dell’alta gioielleria Meritocrazia

Impresa, occorre valorizzare il talento

“K-idea”

Il concorso sull’Innovazione promosso da Kilometro Rosso

Alto di gamma

Il settore torna a crescere puntando su Made in Italy qualità ed eccellenza

Protagonisti

Alberto Bombassei Marina Bonomi Piercarlo Ceccarelli Massimo Cuccovillo Luciano Magni Claudio Lamperti Alberto Piantoni Antonio Pozzi Roberto Saccone Aldo e Carlo Vimercati



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Editoriale di Mauro Milesi Con la crisi “Io speriamo che me la cavo”? Legenda delle icone di lettura

E’ passato un altro anno, ma la doman-

un’opera di fede verso l’ignoto, ci chiede

Business & Gentlemen ha studiato dei

da fondamentale per l’economia e le im-

di chiudere gli occhi, di avanzare a testa

richiami grafici per aiutare la “naviga-

prese italiane resta la stessa. A distanza

bassa e aspettare di capire come andrà.

zione” dei servizi e offrire informazioni

di dodici mesi le previsioni più rosee sul-

“Io speriamo che me la cavo”: vi ricorda-

aggiuntive.

la fine della crisi sono state smentite dai

te? Noi la pensiamo come il compianto

Innanzitutto ogni articolo presenta

fatti e ci ritroviamo ancora oggi a vivere

Mario Monicelli che diceva che “La spe-

un’icona che ne identifica la tipologia

all’interno di una piattaforma econo-

ranza è una trappola. Una brutta paro-

mico-sociale fortemente intaccata dalla

la, non si deve usare”.

recessione. Inutile negarlo, anche noi di

Viviamo nel Paese che sa fare una cosa

B&G l’abbiamo presa un po’ troppo sotto

meglio di ogni altro posto al mondo.

gamba, trascinati dall’entusiasmo e dal-

Sappiamo arrangiarci, sappiamo sgomi-

la voglia di guardare il bicchiere mezzo

tare, sappiamo cavarcela senza l’aiuto

scientifica e che sono realizzati da

pieno. Questo è un momento difficile per

di nessuno. La speranza ce la costruia-

esperti, docenti o studiosi.

il Paese perché la politica registra l’enne-

mo da soli ogni giorno. La speranza va

sima profonda spaccatura, le polemiche

bene per quella politica del non fare,

me, focus di carattere divulgativo sui

sterili si avvitano su se stesse, le rifor-

dell’illusione, del ponte sullo Stretto di

temi d’interesse generale: dalla moda ai

me strutturali non decollano, famiglie

Messina, perché “tanto gli italiani si ar-

motori, dall’arte al design.

e imprese continuano la loro guerra di

rangiano da soli”. Manca un piano per il

Inoltre la lettura può riservare infor-

sopravvivenza. Siamo continuamente

rilancio e per il sostegno delle imprese?

mazioni aggiuntive con le seguenti icone

costretti a sentir parlare di scandali, an-

E le aziende italiane se la sono ca-

ziché di progetti per il futuro e il rilancio

vata da sole come se la cavano da

dell’Italia. E anche l’Europa vacilla dopo

sole

il ko di Grecia e Irlanda a cui si aggiunge

E allora tanto vale lasciar perdere la

il pericolo di crollo di Spagna e Portogal-

speranza per concentrarci sulla con-

lo. L’euro soff re e c’è chi prevede persi-

sapevolezza di noi stessi. Sì, noi prefe-

no una lenta morte della moneta unica

riamo “credere”, “ritenere”, “provare”,

se la Germania smetterà di sostenere

“sbagliare”, piuttosto che starcene qui a

il carrozzone. Insomma, rispetto a un

sperare. Certo, a volte finiamo per di-

anno fa, il cielo sopra le nostre teste ci

ventare più furbi che bravi, finiamo per

sembra tutt’altro che in schiarita, ma

essere sopraffatti dalla cultura dell’or-

c’è chi ci chiede di continuare a spera-

ticello o del “quartierino”. E, a volte,

re in un futuro migliore. Tuttavia a noi

nonostante tutto non ce la facciamo.

il concetto di speranza piace davvero

Perché, purtroppo, anche l’arte di arran-

poco. Perché la speranza ci chiede di fare

giarsi ha i suoi difetti. |

di contenuto: Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collaboratori B&G. Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnico-

Divulgativo: notizie, curiosità, antepri-

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Sommario numero 16 | dicembre 2010 - febbraio 2011

6.

Editoriale

46.

Il 2011: io speriamo che me la cavo?

12.

Abstract

L’azienda brianzola punto di riferimento per tessile e legno

50.

Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

14.

Meritocrazia

“K-Idea”

54. 56.

In ripresa

62.

Segnali positivi per il segmento dell’Alto di gamma

30.

Vimercati Accelera sulla qualità nel settore automotive

34.

Olimpia Splendid Investimenti e sviluppo nell’area bresciana

38.

Recodi

76.

42.

Roncoroni

Come costruire e preservare il buon nome d’impresa

Questioni di etica La differenza tra buonismo e giustizia nella gestione dei collaboratori

90.

Degustazione Gesti, dettagli e stile per apprezzare un sigaro

94. 98.

Internazionalizzazione

Nautica

Sri Lanka e Maldive Tra storia e relax per un viaggio da favola

104. Fiere

Prodotti innovativi Strategie di sviluppo nel processo d’innovazione

Pavimenti industriali: alla base di ogni progetto

Reputazione B2B

La straordinaria storia del fenomeno fisherman

Ancora troppo poco spazio alle donne

72.

88.

Serafino Consoli Festeggia la nascita di “Chronosphere”

68.

86.

Lady Web Marina Bonomi racconta il suo slancio per internet

Vendite Aumentare l’efficienza attraverso l’evoluzione della figura di venditore

Made in Italy Per Alberto Piantoni “Serve un marchio unico”

Le idee vincitrici del concorso organizzato da Kilometro Rosso

26.

Claudio Lamperti Intervista all’ad di Panasonic Italia Una storia di successo

La valorizzazione del talento per il successo d’impresa

20.

82.

Campionmax

Tutti gli appuntamenti più importanti

Energia in Italia Qual è il percorso compiuto nel nostro Paese

78.

Accoppiata vincente di innovazione e ricerca

La crisi? Uno stimolo Accelera il cambiamento anche a nuovi metodi di consulenza

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dicembre 2010 - febbraio 2011

Nuggets of B&G

We dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

Chronosphere lands in the territory of Fine Jewellery “Chronosphere” is here, a free-standing concept that has revolutionised the fine jewellery and watches industry worldwide and that has elevated the Italian-Made style to new heights in the temple of high-range products. This innovative architecture launches a completely new concept in the luxury sector dedicated to connoisseurs of jewellery and watches all over the world. “Chronosphere” opened its doors in late November from the insight and desire of Serafino Consoli, the 50-year-old company based in Bergamo that today has become one of the best solutions providers in the field of fine jewellery and watches, also thanks to its strong commitment to recognising and satisfying the special requirements of partners, companies and institutions.

English version

Panasonic’s success story “We know that the economy is so complex and difficult, increasingly more unpredictable and dangerous, where the survival of a company depends on the art of mobilizing every ounce of intelligence in the organisation. Only by drawing on the combined brainpower of all its collaborators can a company face up to the turbulence and constraints of today’s environment”. These are the words of Konosuke Matsushita, founder of Panasonic, one of the biggest consumer electronics companies in the world, which today can rely on the brainpower and work of 25 thousand engineers worldwide, capable of patenting an average of 7-8 thousand components and products. These numbers tell the history of an innovation inside the consumer electronics sector, reported by the new CEO for Italy, Claudio Lamperti.

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Abstracts

High-range on the path to recovery Innovation moves from the web Riding the internet and multichannel wave to increase a company’s potential. Th is is the approach entrepreneurs and managers must take if they don’t want to miss the train of innovation and opportunities offered by the internet. All this without sacrificing the crucial role played by the consumer, who has now become an expert, active key and critical player in the choice of products. Marina Bonomi, a successful manager with extensive experience in web and marketing solutions, advocate of multichannel services and new technologies, talks to us about the main possibilities offered by the new business devices. After gaining experience at Lexicon Digital Media, Omnitel, Vodafone and Olivetti, Bonomi is now manager of Mimesi, a media monitoring service of Reed Business Information, a content-company specialising in business-to-business information.

Promising results for the 2010 personal luxury goods industry. Despite being heavily influenced by the sharp economic decline in 2009, resulting in a total decrease of 8%, the first conclusions were drawn and the first assumptions on the outlook for 2011 were formulated during the Osservatorio Altagamme. In fact, the luxury goods sector is expected to grow by 10% this year, with sales likely to reach 167-170 billion euros. This sector consists mainly of clothing, accessories, cosmetics, furniture, jewellery and watches. According to a study conducted by Bain

& Co. in collaboration with Fondazione Altagamma, all the global markets are growing, although some are still lagging behind (e.g. Japan). After being influenced by the 2009 recession (-9%), Europe is preparing to close 2010 with a increase of 6%, while Japan, after a 12% decrease in 2009, confirms the negative trend with an expected decrease of around 8%. Sales in the Asia-Pacific region, whose positive trend in 2009 (+10%) continues this year, are expected to grow by 22%. China also continues to grow this year (+20% in 2009 and +30% in 2010).

A trip in discovery of Sri Lanka. The itinerary starts from the country’s capital, Colombo, an important ancient trade junction. Day three will be spent visiting Pinnawela, a real elephant “orphanage” and then Kandy, Matale, Sigiriya, Anuradhapura, Aukana, Polonnaruwa and Cangehi Island, staying in a completely renovated resort nestled in one of the most beautiful islands of the Ari atoll. Sri Lanka offers beaches and ancient monuments of worship, magnificent displays of a colonial past, natural parks, tea plantations and cities famous for their precious stones and tranquillity in the heavenly paradise of the Maldives on the island of Gangehi.

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English version

Sri Lanka and Maldives, amid plantations, temples and heavenly islands


Business&Gentlemen

dicembre 2010 - febbraio 2011

valore merito azienda

Il del

in

Progetti avvincenti, incentivi al merito, formazione continua: queste le possibili risposte per gettare solide basi meritocratiche e infondere un sano spirito di squadra tra i dipendenti, i manager e gli stessi imprenditori. Intervista con Piercarlo Ceccarelli, fondatore della Ceccarelli SpA che ha realizzato una ricerca sulla meritocrazia nelle imprese testi di Laura Di Teodoro

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Meritocrazia in azienda

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Massimo Pizzocri, Epson Italia Prima o dopo, “chi merita riesce sempre ad emergere”. Parola di Massimo Pizzocri, AD di Epson Italia, storica azienda all’avanguardia nella tecnologia dell’imaging digitale. L’azienda è presente in Italia con una fi liale dal 1987; impiega 150 persone e ha sede a Cinisello Balsamo (MI). Il fatturato dell’anno fiscale 2009/2010 (dal primo aprile 2009 al 31 marzo 2010) è stato di 216,480 milioni di Euro. Come valuta il livello di meritocrazia oggi? Sono convinto che chi merita riesce sempre ad emergere ma a volte può accadere con tempi diversi da quelli da lui preventivati. Ovviamente le opportunità di carriera che una società off re, soprattutto nel caso di piccole e medie aziende, è strettamente connessa alle esigenze aziendali. Oggi molte aziende operano in un

Valorizzare il talento, premiare l’eccellenza, in poche parole dare concretezza ai valori della meritocrazia, in tutti i settori, dal pubblico al privato. Come? Attraverso una serie di incentivi, progetti avvincenti e momenti formativi che sappiano dare ai dipendenti e ai manager nuovi e continui stimoli. Le proposte e le idee sono arrivate direttamente per voce degli imprenditori stessi e sono state raccolte da una ricerca dal titolo “C’è reale meritocrazia nella sua azienda?”, lanciato dal Gruppo Ceccarelli Spa, nell’ambito del Club Impronte, l’appuntamento virtuale che periodicamente mette in contatto oltre 2.500 professionisti di varie aziende, Pmi e non, che si confrontano di volta in volta su questioni che prendono spunto

mercato maturo o che comunque non ha i tassi di crescita degli anni scorsi. Questo significa che le opportunità di carriera nascono a volte, non solo sulla spinta di crescite organiche ma anche sulla base di ottimizzazioni organizzative. Esistono due modi di gestire la carriera da parte dei manager: chi pianifica la propria carriera attraverso un percorso fra più aziende e chi invece sceglie di fare carriera all’interno della stessa azienda. Nel primo caso si ottengono risultati più remunerativi; nel secondo, soprattutto per il middle management, i manager sono spesso quelli che più contribuiscono al successo aziendale anche se non sempre la remunerazione è in linea col mercato Come viene trasferito questo concetto di meritocrazie sul fronte dei giovani?

dalla realtà e che di fatto accendono il dibattito socio – politico ed economico. Club Impronte ha provato a dare una risposta, sottoponendo ai vari manager e capi azienda che ne fanno parte un questionario, anche provocatorio, che facesse emergere il sentore di chi le aziende le vive, le dirige, le crea. Il 52% degli intervistati alla domanda: “Oggi, nella sua azienda, chi merita riesce sempre ad emergere?” dichiara che quasi sempre questo avviene mentre solo il 4% lo dà per certo. Altro spunto è dato dalla domanda dedicata ai metodi utilizzati in azienda per garantire o per misurare la meritocrazia: il 52% predilige gli incontri one to one e il 17% quelli di gruppo. Si sa - però - che il momento della valutazione

Piercarlo Ceccarelli

Massimo Matteucci, Cmc Per fare carriera servono da una parte la giusta apertura dei vertici aziendali e dall’altra una buona dose di volontà e disponibilità a fare qualche sacrificio. È quanto affermano Massimo Matteucci, e Manlio Malatesta, rispettivamente presidente e responsabile del personale di CMC, azienda leader nel settore delle costruzioni; forte di un fatturato di circa 800 milioni di euro, equamente diviso tra Italia ed estero, l’impresa è attiva soprattutto sul fronte delle grandi infrastrutture, autostrade, gallerie e edilizia complessa. Come si inserisce il discorso della meritocrazia nella sua azienda? Da sempre siamo attenti alla valutazione professionale e al tema del lavoro sia sul fronte sociale che sindacale. Nella nostra azienda il merito viene misurato con grande attenzione sia per quanto riguarda il top management sia per il personale dipendente. Contiamo un organico composto da 560 unità di cui 45 sono dirigenti e 80 quadri. Siamo attenti a tutti, dal vertice agli impiegati e operai. 16


Meritocrazia in azienda

Per quanto riguarda i giovani, al di là di analisi di tipo generazionale che più hanno a che fare con le indagini sociologiche, ritengo non sia corretto in azienda parlare della “categoria giovani” ma piuttosto della “categoria dei talenti”. A questo proposito ogni anno Epson ha l’obiettivo di inserire in azienda una figura di talento, a prescindere dall’età e dal sesso. Nella vostra azienda come si misura il merito? Epson da diversi anni ha adottato una politica di incentivi e bonus che si articolano in due parti: una parte legata agli obiettivi aziendali (e che quindi lavora sul breve termine) e una parte legata invece ad obiettivi personali che mira a premiare la crescita delle persone e l’apporto che esse off rono all’azienda. | www.epson.it

insinua spesso nel dipendente un atteggiamento di diffidenza o addirittura di chiusura, quindi per rendere più agevole l’incontro: per il 39% degli intervistati bisogna attenersi ai dati oggettivi sulle prestazioni del dipendente e il 39% afferma che bisogna basare l’incontro sulla lealtà e sulla trasparenza; infine il 13% sottolinea l’importanza di parlare più di ciò che ci si aspetta in futuro piuttosto che del passato. Non poteva certo mancare la domanda dedicata ai bonus dei manager, i cosiddetti “profili alti” delle aziende, che spesso sono di entità così significative da sembrare addirittura eccessivi e quindi è stato chiesto se sia il caso di lasciare libero questo “mercato”. E le risposte non sono certo mancate, per coloro che ritengono che bisogna lasciarlo libero: il 17% dice che ciò è indispensabile per favorire la competizioni tra le risorse migliori, mentre un altro 17% afferma che i bonus servono per correlare il costo complessivo alla produttività. Ben il 26% però ritiene che sia necessaria una regolamentazione più stringente e

Secondo lei, quali sono i fattori che maggiormente influiscono sulla carriera? Essendo un’azienda dislocata tra territorio nazionale e internazionale, nella maggior parte dei casi la carriera di un dipendente è legata alla sua disponibilità nel crescere sul fronte delle competenze, alla capacità di cogliere gli obiettivi e le sfide che ogni lavoro mette sul campo. Nello specifico, ci deve essere la volontà e la disponibilità a viaggiare e a lavorare in Paesi lontani. Si fa carriera quando c’è una forte motivazione personale e quando ci si identifica fortemente con la realtà aziendale. Stiamo facendo molti lavori nell’Africa australe, in Egitto e in Cina. Si tratta di lavori in posti lontani e a elevata complessità tecnologica che richiedono da una parte forti sacrifici e

soprattutto il 35% degli intervistati afferma che il pacchetto bonus debba avere un tetto cui rifarsi. Dai commenti e dalle risposte sottolinea Piercarlo Ceccarelli – fondatore della Ceccarelli SpA - si evince come “L’incentivo principe è dato dalla motivazione che ogni azienda dovrebbe infondere a ciascun dipendente, attraverso la formazione continua e l’aggiornamento, in modo da assicurare una crescita professionale costante che va ad alimentare la motivazione individuale e di squadra, entrambe indispensabili per il successo dei progetti e per lo sviluppo di nuove opportunità dell’azienda stessa”. Di fatto il bonus è una conseguenza e quindi il risultato di un percorso. In base ai dati della vostra ricerca e alla sua esperienza personale come giudica il livello di meritocrazia in Italia? Secondo il mio personale osservatorio ritengo il livello buono soprattutto nelle aziende manageriali, dove troviamo professionisti

dall’altra un’ottima preparazione. Insomma, per noi il talento è alla base ed è un fattore da cui non si può prescindere . Quali sono gli strumenti incentivanti che utilizzate come azienda? Partiamo prima di tutto dalla definizione di obiettivi concordati. Il loro raggiungimento è commisurato a bonus in funzione al peso degli obiettivi stessi e alla loro complessità. Stiamo puntando molto sulle risorse giovani che ad oggi rappresentano il 20% circa del nostro organico (130 dipendenti con meno di 35 anni); abbiamo individuato giovani talenti e per accelerare la loro crescita professionale abbiamo creato una scuola di formazione ad hoc così da poter trasferire loro le conoscenze specifiche legate al no-

stro settore. Questo rappresenta un forte punto di motivazione per loro. I giovani di oggi hanno le caratteristiche giuste per diventare leader di domani? Certamente. Il fatto di esistere da 110 anni ci dimostra, come azienda, di aver puntato sempre su giovani talenti in gamba. La continuità è un obiettivo che da sempre ci poniamo e questo è direttamente collegato alla fiducia verso i giovani e alla nostra stessa disponibilità nel cercarli per formare un vivaio di talenti da far crescere. Siamo ottimisti anche per questa attuale generazione. |

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Business&Gentlemen

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seri e preparati, e in alcune aziende familiari. Meno positiva è la situazione in certe aziende e soprattutto nell’ambiente pubblico. Quanto e come la carenza di meritocrazia e incentivi a chi lavora bene può incidere negativamente nell’economia? La mia idea generale è estrema: per me l’impatto è grandissimo. Condivido infatti una visione sostenuta prima da Adam Smith e poi da Friedman secondo cui l’egoismo dell’individuo coincide con il bene collettivo. La meritocrazia quindi incide notevolmente sul benessere di tutti i membri della società. Mancando questo presupposto necessario si perdono energie vitali e l’impresa non riesce ad esprimere ciò che il proprio vertice chiede. A questo si aggiunge l’aspetto più individuale per cui, venendo a mancare l’autorealizzazione si crea una certa infelicità nei singoli, l’insoddisfazione, l’incertezza, la poca voglia di vivere e quindi la poca volontà di investire sulla propria vita creandosi una famiglia ecc.. Puntando al contrario sulla meritocrazia invece si va a investire sul progresso e si crea un valore per l’impresa. Come incide invece sulla singola azienda? Si perdono le opportunità. Se infatti le azioni dell’elite che guida, non vengono alimentate dalle idee dei collaboratori, le possibilità che si possono creare sono inferiori. Promuovendo le persone sbagliate si creano errori di gestione, andando verso l’asfissia e la morte dell’impresa stessa. Quali sono i principali incentivi che ciascuna azienda dovrebbe mettere in atto? Sono principalmente di tre tipi: di natura economica, di status e di natura psicologica. Sicuramente il più efficace nell’immediato è il bonus economico; nel medio termine risulta invece più efficace l’incentivo legato allo status, quindi la possibilità di fare carriera e crescere in azienda; nel lungo termine abbiamo l’autorealizzazione di sé e quindi il fattore più psicologico.

Francesco Rangoni, Util Industries La meritocrazia, un valore aggiunto necessario per far crescere l’azienda sotto i migliori venti. Parola di Francesco Rangoni, presidente e amministratore delegato di Util Industries. L’azienda, fondata nel 1959, è ormai da molti anni una tra le più grandi realtà mondiali nella produzione di supporti metallici per freni a disco e a tamburo. Durante questo lungo periodo l’obiettivo è rimasto sempre lo stesso: la massima qualità del prodotto. Cosa si intende oggi con meritocrazia? È la capacità di dare e riconoscere un valore aggiunto alle proprie risorse umane, con continuità e coerenza rispetto alla mission aziendale. Nella mia personale attività e nelle società in cui ho lavorato ho sempre cercato di metterla in pratica e fare in modo che i meritevoli venissero e vengano premiati e incentivati. Nella sua azienda come si misura il merito? Con l’analisi dell’efficacia dei risultati. Ci sono obiettivi, tempi, costi che fan-

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no riferimento a specifici patti aziendali approvati e in base a questi valutiamo il lavoro del management. Come viene motivato il personale? Declinando una serie di iniziative che coinvolgono da una parte il management, il middle mangement e tutte le persone che lavorano per noi, senza distinzioni di ruoli e mansioni. Il successo dell’azienda è frutto del lavoro di tutti, dell’abilità e della bravura di chi lavora per l’azienda. La meritocrazia resta quindi un’indispensabile valore aggiunto? Esatto. È un grande valore aggiunto e un passaggio fondamentale perchè è una leva per la crescita


Meritocrazia in azienda

Alla base della leadership servono quindi grandi doti relazionali. È necessario inoltre abituarsi rapidamente alla delega e al controllo, ergo i due strumenti reali con cui la leadership può concretizzarsi. Il buon tecnico prende il lavoro ma è il buon leader che deve essere capace di coinvolgere e di spiegare Cosa deve dimostrare un giovane talentuoso oggi per riuscire ad emergere? I giovani sono troppo impegnati a mostrare il loro lato più tecnico. Dovrebbero invece maturare sul fronte umano: se un giovane vuole essere apprezzato in azienda deve portare da una parte le proprie competenze e parallelamente anche la sua personalità, il suo carattere perché la vita in azienda necessità di una base armonica e di una certa empatia tra i suoi dipendenti. Il mio consiglio: ragazzi datevi da fare per portare fuori la vostra personalità e la vostra capacità di costruire. Come si formano le eccellenze oggi, o comunque come dovrebbero essere generate le nuove leadership, sia a livello pubblico che privato? Prima di tutto bisogna essere consapevoli del fatto che non esiste eccellenza senza la collabo-

dell’azienda ma non solo. Riconoscendo le capacità e il lavoro delle persone cresce l’autostima e la coscienza della bravura del singolo. In questo contesto come si inseriscono i giovani? Sono fondamentali per le loro abilità, la loro voglia di imparare. Sono sorgente di energie culturali e intellettuali che vanno coltivate e sui cui dobbiamo investire se vogliamo guardare al futuro con ottimismo. |

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razione con gli altri. Alla base della leadership servono quindi grandi doti relazionali. È necessario inoltre abituarsi rapidamente alla delega e al controllo, ergo i due strumenti reali con cui la leadership può concretizzarsi. Noi proponiamo alle imprese di lanciare sfide ambiziose e analizzare quanto la squadra sia stata coinvolta nel raggiungimento degli obiettivi. Il buon tecnico prende il lavoro ma è il buon leader che deve essere capace di coinvolgere e di spiegare. Un secondo punto importante è la capacità di sapere aiutare gli altri a comprendere le proprie motivazioni. Questo lavoro di conciliazione e di compatibilità tra il perché dell’individuo e quello dell’azienda comporta un notevole lavoro. Il leader deve essere capace di mostrare come ciascuno di noi sia una pedina indispensabile nel cammino verso il progresso. In cosa dovrebbero principalmente cambiare le aziende, e quindi gli imprenditori, per uscire da certi modelli gerarchici e chiusi? Molti di questi ragionamenti, purtroppo, non sono ancora passati in determinate aziende. Altri fortunatamente hanno capito che il vero vantaggio competitivo di ciascuna impresa è il proprio capitale umano. Al contrario pensare solo al mercato e ai prodotti porta a sminuire il lavoro e il contributo dei propri lavoratori. La resistenza da vincere su questo tema è tutta di carattere psicologico. Dietro c’è certamente una certa arroganza. Nel corso della sua esperienza professionale e della sua carriera quanto ha inciso la meritocrazia? Ho sbagliato spesso e ho imparato dai miei errori. Quando mi trovo a dover mettere in pratica questi principi divento anch’io miope e ho bisogno del consulente capace di prospettarmi una via fresca e nuova. |

L’uniforme, costante e continuo sforzo di ogni uomo di migliorare la propria condizione, principio da cui la prosperità pubblica e nazionale, così come quella privata, è originariamente derivata, è di solito abbastanza forte da mantenere il naturale progresso delle cose verso il meglio, a dispetto sia della prodigalità dei governi, sia dei peggiori errori dei pubblici amministratori. Adam Smith www.ceccarelli.it www.clubimpronte.it

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Business&Gentlemen

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“K-Idea”, quando l’innovazione diventa opportunità Kilometro Rosso ha premiato le idee vincitrici della terza edizione di “K-Idea”. Da Alberto Bombassei, presidente di Brembo e promotore del Parco Scientifico, il monito a ripartire dall’innovazione per fare impresa di Desirèe Cividini fotografie di Vincenzo Lombardi

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Innovazione

La piazza delle idee nel Centro delle Professioni al Kilometro rosso

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dicembre 2010 - febbraio 2011

E’ l’innovazione il punto da cui ripartire per fare impresa. Ne è convinto il presi- “In Italia, da oltre dente di Brembo e promotore del Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso trent’anni, gli investimenti Alberto Bombassei, intervenuto in occasione di “K-Idea”, manifestazione giunta per l’innovazione e la quest’anno alla terza edizione. Scopo dell’iniziativa è quello di promuovere e ricerca sono rimasti divulgare idee, intuizioni ed invenzioni innovative. Proposte che rappresentano fermi all’1 per cento delle vere e proprie opportunità per essedel Pil, mentre in altri re competitivi, ma che spesso faticano ad emergere per via di atteggiamenti con- Paesi, specialmente del servativi che prevalgono in ambienti non solo economici, sociali e industriali, ma Nord Europa, questo anche in quelli scientifici. Eppure, in un contesto come quello attuale, c’è bisogno investimento è quattro di idee nuove: “La globalizzazione di cui tanto abbiamo parlato in passato - ha di- volte il nostro” chiarato Bombassei - oggi è qualcosa di reale, che necessita di risposte. Se guardiamo indietro ci rendiamo conto che gli strumenti che abbiamo a disposizione sono inadeguati e che urge la necessità di ripensare a come fare impresa. L’innovazione, in questo contesto, diventa quindi fondamentale per creare nuovi posti di lavoro. Ma non parlo solo di innovazione di prodotto e di processo, ma di un nuovo modo di approcciare: questa è la vera sfida e la si può vincere solo investendo in formazione”. “K-Idea”, anche quest’anno, ha voluto dare un esempio dell’importanza di sostenere idee innovative, come spiegato da Roberto Vacca, presidente del Comitato di selezione di “K-Idea”: “Le invenzioni servono al mondo industriale - ha dichiarato -, ma in Italia, da oltre trent’anni, gli investimenti per l’innovazione e la ricerca sono rimasti fermi all’1 per cento del Pil, mentre in altri Paesi, specialmente del Nord Europa, questo investimento è quattro volte il nostro”. Il dato indica una certa chiusura verso quelle che sono le idee che

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nascono fuori dagli ambiti preposti alla ricerca e industriali: lo ha ribadito anche Mirano Sancin, direttore generale del Kilometro Rosso, il quale ha ricordato la finalità principale di “K-Idea” e cioè quella di “intercettare queste idee e di farle conoscere al mondo scientifico e tecnologico”. Quest’anno sono state 3 le idee premiate e 13 quelle segnalate come “meritevoli d’attenzione”, selezionate da un comitato competente tra le 123 presentate: per l’ambito “K-Impresa”, è stato premiato “Laserway- Automated 3D laser service”, presentato da Andrea Guerra. Si tratta di un centro di taglio automatizzato per offrire servizi a chi progetta e realizza tubi e profili strutturali, che si svilupperà all’interno del nuovo polo tecnologico del gruppo bresciano Castellini Officine Meccaniche. Nella categoria “K-Design” sono due le idee vincitrici: “Heels for fun”, che altro non è che un sistema di chiusura e di ancoraggio per calzature da donna con suola e tacco intercambiabile, ideato da Cinzia Emili e “Idestruttura”, un mobile caratterizzato da un sistema modulare a scatole compenetrate e a scomparsa, nato dalla creatività di Mario Mazzocchi. Ricordiamo, infatti, che quest’anno, accanto alla selezione già sperimentata nelle edizioni precedenti, e cioè un numero ristretto di proposte per ambiti applicativi anche molto diversi fra loro, sono state introdotte due novità: la sezione “KDesign”, un riconoscimento speciale per il Design (frutto della collaborazione con Jacobacci


Jacobacci & Partners Innovatori per natura.

6econdo Charles Darwin, in natura “non sono le specie più forti a sopravvivere, ma quelle più reattive ai cambiamenti”. Analogamente, nel sistema economico attuale, sempre più esigente e accelerato, la relazione tra innovazione e competitività è quanto mai stretta. Jacobacci & Partners, da oltre 135 anni, assiste i propri clienti nel settore della proprietà intellettuale per proteggere, valorizzare e sviluppare gli asset immateriali. Un impegno che dà vita a vere e proprie partnership strategiche, basate su un ampio patrimonio di conoscenze e su una rete operativa estesa in tutto il mondo. Per questo affidarsi a Jacobacci & Partners significa evolvere ed evolversi potenziando al massimo un patrimonio inestimabile: quello delle idee.

w w w. j a c o b a c c i . c o m


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I vincitori del concorso “k-idea”. Da sinistra: Andrea Guerra, Cinzia Emili, Mario Mazzocchi

& Partners), dedicato alle idee più meritevoli in un settore che in Italia è tradizionalmente sinonimo di inventiva e creatività; la sezione “K-Impresa”, altro riconoscimento speciale rivolto a imprenditori, inventori, ricercatori interessati a creare un’attività imprenditoriale ad alta intensità di conoscenza sulla base di un’idea creativa, per lo sviluppo della quale viene offerto un servizio di supporto sulla fattibilità e sostenibilità dell’idea imprenditoriale dal punto di vista tecnico – economico - finanziario ed organizzativo (in collaborazione con UBI-Banca Popolare di Bergamo e CentroBanca, Università di Bergamo e Warrant Group). Le statistiche L’edizione di quest’anno si è segnalata per un consistente numero di proposte e per alcune curiosità statistiche: il settore interessato dal maggior numero di proposte è stato quello dell’Ambiente (23% delle idee presentate; lo scorso anno era stato il settore ICT col 16%), seguito a ruota dal settore Energia (18%): un segno dei tempi, ovvero di una diffusa sensibilità verso problematiche decisamente attuali. Per quanto riguarda l’estrazione professionale degli ideatori, interessante annotare come il 29% sia un libero professionista, seguito a ruota da impiegati (25%) e ricercatori (17%), mentre i pensionati, in leggera flessione, rappresentano l’11%. Da evidenziare inoltre l’estrazione geografica, laddove l’11% delle idee provenivano dal 24

Centro Italia, il 13% dal Sud e la stragrande maggioranza da NordOvest (54%) e NordEst (22%). Per quanto riguarda le fasce d’età, fa piacere costatare un deciso aumento delle idee da parte di under 35 (il 26%), così come un confermato dato per la fascia 60-65 (ben 34% del totale). Infine, di rilievo l’aumento della partecipazione di idee al femminile, l’8% (contro il 5% della scorsa edizione). Kilometro Rosso è il primo parco scientifico a siglare un accordo con l’Agenzia per la Diffusione delle Tecnologie. L’edizione del 2010 ha assunto un’ulteriore rilevanza in quanto patrocinata anche dall’Agenzia per la Diffusione delle Tecnologie per l’Innovazione, afferente al Ministero per l’Innovazione, che ha ufficializzato la sigla di un accordo di collaborazione con Kilometro Rosso. Un vero e proprio primato per il parco, il primo a firmare un accordo di questo tipo. Ad annunciare l’intesa è intervenuto Mario Dal Co, Direttore generale dell’Agenzia per l’Innovazione, il quale ha parlato della volontà di “mettere in rete le istituzioni locali, eccellenti e non, per promuovere lo sviluppo e la capacità d’innovazione italiana. Il Kilometro Rosso è una di queste eccellenze che noi vorremmo mettere in rete, per trasferire le conoscenze verso chi non le ha, ma anche per valorizzare a livello internazionale quello che abbiamo”. L’obiettivo dell’accordo è la cooperazione per la diffusione dell’innovazione tecnologica,

“L’innovazione diventa fondamentale per creare nuovi posti di lavoro. Ma non parlo solo di innovazione di prodotto e di processo, ma di un nuovo modo di approcciare: questa è la vera sfida e la si può vincere solo investendo in formazione” attraverso efficaci processi di trasferimento dei risultati della ricerca, verso il complesso sistema delle imprese italiane, favorendo il collegamento con specifici aggregati di imprese, tramite l’integrazione diretta tra il mondo delle imprese e quello della ricerca finalizzata allo sviluppo della competività del sistema industriale, ottenuto incentivando la fruibilità dei risultati della ricerca e l’accessibilità delle aziende alle innovazioni. |

Il valore di un’idea sta nel metterla in pratica. Thomas Alva Edison www.kilometrorosso.com


www. brem bo.c om

Subject to official publication of the results by the FIA.

DON’T STOP WINNING.

RED BULL E SEBASTIAN VETTEL CAMPIONI DEL MONDO 2010 FORMULA 1

YAMAHA E JORGE LORENZO CAMPIONI DEL MONDO 2010 MOTO GP

BREMBO, FIERA DI AVER CONTRIBUITO CON I PROPRI SISTEMI FRENANTI, SI UNISCE AI FESTEGGIAMENTI PER QUESTE DUE GRANDI VITTORIE.


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L’alto di gamma, imbocca la via della ripresa Altagamma ha presentato una serie di studi che analizzano situazione e prospettive del mercato mondiale dell’alto di gamma. Imboccata la via della ripresa. Segnali positivi per tutti i settori e in tutti i mercati in collaborazione con Promos

Santo Versace, uno dei fondatori di Altagamma (Associazione delle Imprese Italiane di alta gamma), di cui è tuttora presidente

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L’osservatorio mondiale Altagamma sui mercati del lusso 2010, condotto da Bain & Company, analizza tre diversi settori: arredamento di alta gamma; beni di lusso personali; yacht di lusso. ARREDAMENTO L’arredamento di alta gamma prevede una crescita nel 2010 del 9%, dopo il -12% dello scorso anno. Il 2009 è stato quindi un anno difficile, con consumi in riduzione e cambiamenti sostanziali nei gusti e nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Il 2010 è un anno di ripartenza, con un mercato stabile o in lieve crescita. In termini di categorie di prodotto, trend differenti popolano i diversi segmenti. Imbottito e mobile (-14% nel 2009, +11% previsto nel 2010) nella categoria regina del settore, alcuni player particolarmente reattivi hanno parzialmente controbilanciato la caduta del fatturato entrando in segmenti adiacenti (sempre meno confini tra indoor e outdoor). Arredo bagno (-7% nel 2009, +8% previsto nel 2010): segmento meno colpito dalla crisi grazie al trend di consumo che vede il bagno divenire sempre più centrale nell’organizzazione delle case. Cucine (-12% nel 2009, +5% previsto nel 2010): gli incentivi statali non sono riusciti ad invertire il trend in atto. Nel 2010 riprende la crescita dei consumi di lusso (non ancora quelli mass). Outdoor (-9% nel 2009, +6% previsto nel 2010): da qualche anno in forte crescita il comparto ha visto l’ingresso di nuovi player che hanno determinato nel periodo di crisi la perdita di quote di mercato da parte degli specialisti a favore di nuovi brand provenienti dagli altri segmenti. Illuminazione (-9% nel 2009, +7% previsto nel 2010): i consumi sono ora più consapevoli e premiano il retail monomarca e l’attività d’intermediazione dei professionisti (architetti).


Internazionalizzazione

BENI DI LUSSO PERSONALI Il mercato globale dei beni di lusso personali nel 2009 è diminuito dell’8% rispetto al 2008 e si stima che nel 2010 crescerà del 10% rispetto allo scorso anno. Il 2009 ha confermato che le aziende più grandi reagiscono meglio a momenti di crisi del mercato. Sono aziende fortemente managerializzate, spesso leader di categoria con una esposizione e visibilità globale che le rende più flessibili in termini di ridirezionamento delle risorse verso mercati in crescita. Le fluttuazioni delle valute (rivalutazione di Dollaro Americano e Yen Giapponese) influenzano positivamente sia il 2009 (-11% a tassi costanti rispetto al -8% a tassi correnti) e soprattutto il 2010 (+6% a tassi costanti rispetto al +10% a tassi correnti). Il 40% della crescita del mercato nel 2010 è dovuta, quindi, alla rivalutazione delle due valute. Per quanto riguarda i canali distributivi, il retail monomarca è il canale che si sta dimostrando più resistente alla crisi. • L’wholesale è il canale che soffre maggiormente nel 2009, principalmente colpiti i department store americani, con una ripresa nel 2010 (+6% rispetto al 2009) dovuta ad un fenomeno di re-stocking. • Il retail resiste alla crisi nel 2009 (+2% rispetto al 2008), interamente grazie alle nuove aperture in corso d’anno, e trascina la ripresa nel 2010 (+20% nel 2010), trainato dall’andata a regime delle aperture dell’anno precedente (circa 400) e da un’ottima crescita organica (+12%). • Shopping online in grande crescita (+20% nel 2009 e nel 2010), con un sostanziale incremento dei siti di vendite off-price. Il segmento full price rappresenta, comunque, il 70% del mercato.

Il business travel retail (negozi in aeroporti, vendite su linee aeree e navi da crociere) rappresenta circa il 10% del totale mercato ed è stato meno impattato dalla crisi del 2009 (-1% rispetto al 2008) grazie all’influenza positiva di nuovi flussi turistici “di qualità” soprattutto dalla Cina. Sorprendenti le performance degli outlet, guidate da nuove aperture in Europa e Asia e dall’aumento di traffico e di scontrino medio. Il mercato degli outlet di lusso vale più di 8 B€ nel 2010. Per quanto riguarda le aree geografiche i mercati maturi sono danneggiati dalla crisi mentre i mercati emergenti resistono. •

Europa colpita dalla recessione nel 2009 (-9%), mostra segnali di crescita nel 2010 (+6%) anche trainata da aumento del traffico turistico (in particolare dalla Cina) e dal peso crescente dell’Europa dell’Est. Stati Uniti in recessione nel 2009 (-15%), fortemente colpiti dai forti sconti dei department store, mostrano forti segnali di ripresa nel 2010 (+7% a tassi costanti, +12 a valori nominali). Il Giappone dopo la forte crisi del 2009 (-12%), non mostra segnali di ripresa neppure nel 2010 (-8% in Yen, -1% se convertito in Euro rispetto al 2009). I player più piccoli hanno abbandonato il mercato a causa di una riduzione della spesa nei beni di lusso. L’Asia Pacific presenta crescite sostanziali sia nel 2009 (+10%) che nel 2010 (+22%), che confermano l’espansione di lungo periodo dell’area. La Cina (Mainland) rimane il 27


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delle aspettative nel 2009 (-6%) fortemente impattata dalla crisi dei profumi negli Stati Uniti; in ripresa nel 2010 (+4%) ma in maniera inferiore rispetto al resto del mercato.

mercato principale, con una crescita del 20% nel 2009 e del 30% nel 2010. L’Area Greater China (se aggiungiamo Hong Kong, Taiwan e Macao) è il terzo mercato del lusso dopo gli Stati Uniti e il Giappone. Per quanto riguarda le categorie di prodotto, diversi trend caratterizzano i diversi segmenti. •

Abbigliamento: colpito dalla crisi nel 2009 (-10%) riparte nel 2010 (+8%), trascinata da una forte crescita dell’uomo soprattutto dei brand casual e delle seconde e terze linee. Calzature: colpito in maniera inferiore dalla crisi nel 2009 (-4%), specialmente per quanto riguarda il segmento maschile, con un ritardo degli acquisti, mostra forti segnali di crescita nel 2010 (+16%) in tutte le aree geografiche. Accessori in pelle: il vero segmento che resiste alla crisi, in crescita sia nel 2009 (+2%) sia nel 2010 (+20%), trascinati da una forte ripresa degli acquisti delle donne negli Stati Uniti dopo gli scarsi acquisti del 2009. Orologi e Gioielli: dopo una forte crisi nel 2009 (-14%), principalmente legata al de-stocking del canale soprattutto per il segmento degli orologi, si assiste a una forte ripresa nel 2010 (+13%), trascinata dai paesi emergenti. • Profumi e cosmetici: riduzione del consumo maggiore

YACHT DI LUSSO Il mercato degli yacht di lusso ha vissuto una forte decrescita del 22% rispetto all’anno precedente. Per il 2010 è prevista un’ulteriore diminuzione del 16%. La crisi strutturale sta modificando pesantemente l’assetto competitivo del settore. Il mercato degli yacht di lusso è visto in ripresa del 6% nel 2011 (l’unico segmento ancora previsto in decrescita sono gli yacht “Over 15M€”). •

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Il segmento di yacht “Over 15M€”, nonostante avesse maggiormente resistito nel 2009 (-3%), è stato il più impattato nel 2010 (-30%). Si tratta di grandi progetti che hanno un time to market di 12-18 mesi. Ordini decrescenti nel 2009 e difficoltà di finanziamento dei progetti hanno, quindi, un impatto sui risultati del 2010. Il segmento di yacht da 7M€ a 15M€ dopo una decrescita del 10% nel 2010 continua il suo trend negativo con un -25% nel 2010. Il segmento di yacht da 3,5M€ a 7M€ rallenta il trend di decrescita nel 2010 (-5% rispetto al 2009) dopo una forte crisi nel 2009 (-30% rispetto 2008). Il segmento di yacht entry-level, 750k€ - 3,5M€ è quello maggiormente in crisi nel 2009 con un -40%, e il primo a reagire nel 2010 con una crescita del +6% nel 2010, diventando il segmento principale. Questo segmento ha guidato la grande crescita del segmento negli ultimi 5 anni e sarà ancora centrale nel futuro.


Internazionalizzazione

Il mercato dell’arredamento di alta gamma prevede una crescita nel 2010 del 9%, dopo il -12% dello scorso anno, mentre quello degli Yacht di lusso continua a soffrire, facendo seguire al -22% del 2009 un ulteriore diminuzione del 16% nel 2010 FASHION & LUXURY INSIGHT Il rapporto annuale di SDA Bocconi e Fondazione Altagamma analizza l’andamento delle imprese moda e alto di gamma quotate nelle borse internazionali. Le performance delle imprese del segmento più alto del mercato confermano il 2009 come il peggiore anno da decenni a questa parte. Questa tendenza è tuttavia associata a un miglior controllo dei costi operativi e a una riduzione significativa del capitale circolante rispetto alle vendite. Ciò suggerisce che le imprese sono state capaci di trovare in fretta le contromisure per reagire alla contrazione dei consumi con un più forte focus sull’efficienza.

PREVISIONI DI CRESCITA PER L’ALTO DI GAMMA NEL 2011 Nel 2011 crescita in tutti i settori del comparto alto di gamma, con margini in aumento nonostante la forte competizione. Buone previsioni per tutti i mercati, compreso il Giappone. Queste le evidenze emerse dall’Altagamma Consensus 2011, ricerca realizzata da Fondazione Altagamma con la collaborazione dei maggiori analisti internazionali specializzati. Segni positivi per tutte le categorie di prodotto nel 2011, con pelletteria e gioielleria/orologeria che mostrano il più alto tasso di crescita. Forte ripresa per l’abbigliamento. Riguardo ai mercati, sono previste crescite significative anche per Europa e USA, particolarmente nel primo semestre 2011 e forte ulteriore crescita per Asia, Medio Oriente e Resto del Mondo. Il Giappone - che al settimo anno consecutivo di calo dei consumi - è ancora il mercato relativamente peggiore, registra però un lieve segno positivo. Infine, l’Altagamma Consensus prevede che l’EBITDA medio delle imprese nel 2011 possa crescere di 15 punti percentuali rispetto al 2010. | www.altagamma.it

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Vimercati, accelera sulla qualità Da oltre sessant’anni l’azienda milanese, dedicata alla progettazione, industrializzazione e produzione di componenti e dispositivi per il mercato dell’auto, punta sull’eccellenza nella qualità e sull’affidabilità. Tra i suoi clienti vanta nomi come Bmw, Rolls Royce, Pininfarina e Ferrari testo di Desirée Cividini

La capacità di innovare è sempre stata la chiave. Fin da quando il timoniere Carlo Vimercati, da sbarre e tondini di ferro con soli tre torni, decise di produrre le viti fi lettate utili alle centraline e ai teleruttori della Telemeccanica Elettrica di Amati e Gregorini, partner della Telemecanique di Parigi. Era il 1947 e la piccola società O.M.V. Srl (Officine Meccaniche Vimercati), trasferitasi da Torre de’ Busi, in provincia di Lecco, a Milano - prima nel pittoresco quartiere milanese dell’Isola e poi nel 1950 nell’odierna “chinatown” - inizia a viaggiare veloce lungo il binario dell’innovazione: grani, bulloni e viti, non a caso, fi n dai primi anni Cinquanta, invece di essere torniti da lunghe sbarre di ferro, iniziano a essere stampati con un processo più rapido ed economico. Sono passati oltre sessant’anni da allora ma, nonostante l’evoluzione del mercato, la Vimercati Spa - azienda interamente dedicata alla progettazione, industrializzazione e produzione di componenti elettromeccanici ed elettronici, di interruttori, moduli, complessivi meccatronici e dispositivi integrati per il mercato dell’auto – continua a puntare sull’eccellenza nella qualità, sull’affidabilità e sul servizio offerto alla clientela. Tre punti fermi per una realtà che oggi produce componenti destinati al primo equipaggiamento, che vengono forniti direttamente a clienti fi nali come Bmw, Rolls Royce, Volkswagen, Psa, Renault, Fiat, Alfa Romeo, Iveco, Pininfarina, Ferrari. Passata dal tessile al meccanico e poi all’elettromeccanico e all’elettronico, la Vimercati oggi ha anche avviato un progetto di delocalizzazione. Ma il percorso per arrivare qui è stato lungo e non sempre semplice, come ci racconta Aldo Bianchi Vimercati: il giovane timoniere, che già nel 1997 aveva affiancato due nuovi partners fi nanziari, la statunitense General Electric e l’anglosassone 3i, nel maggio del 2005 trova come socio di maggioranza relativa la storica e italiana Mittel, al posto di GE e 3i. Nel marzo del 2008, infi ne, recupera 30

la maggioranza, lasciando a Mittel il 10% del pacchetto azionario. Una “rivoluzione” che ha permesso una crescita costante di fatturato, salito da 59.719.000.000 lire (pari ad oltre 30 milioni di euro) nel 1998 a oltre 40 milioni di euro oggi. Ma i venti della crisi hanno soffiato forte anche sulla Vimercati: “Non dimentichiamo – ricorda Aldo Vimercati – che il mercato dell’auto è stato uno dei primi a risentire degli effetti negativi della crisi. È un miracolo se oggi siamo ancora in piedi e siamo rimasti a galla con un volume di affari di 40 milioni di euro. Sopravvivere, però, è stato rocambolesco, con la cassa integrazione straordinaria e con l’elaborazione di piani ben specifici per rispondere ad un mercato profondamente cambiato”. E l’elemento da cui ripartire è stato il prezzo del prodotto: “La nostra priorità è stata ricercare soluzioni tecniche alternative per generare risparmio. Per questo siamo ricorsi al design to cost, che considera il costo di un prodotto


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Ritratto d’azienda

L’azienda Vimercati, passata dal tessile al meccanico e poi all’elettromeccanico e all’elettronico, produce componenti destinati al primo equipaggiamento, che vengono forniti direttamente a clienti finali come Bmw, Rolls Royce, Volkswagen, Psa, Renault, Fiat, Alfa Romeo, Iveco, Pininfarina, Ferrari come elemento determinante nella progettazione. Questo ci ha permesso di risparmiare circa 1 milione di euro”. E nel futuro secondo Carlo Vimercati bisognerà sempre più guardare oltre i confi ni nazionali: “Occorre partire con un presupposto chiaro e cioè che il mercato non tornerà più indietro ai livelli del 2007. Molto probabilmente nel 2013 assisteremo ad una ripresa, ma la crescita futura sarà concentrata essenzialmente nei Paesi del Bric, Brasile, Russia, India e Cina, dove occorrerà investire parte delle nostre risorse”. | L’innovazione consiste nel vedere ciò che hanno visto tutti pensando ciò che non ha pensato nessuno. Albert Szent-Gyorgyi

www.meccanicavimercati.com

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La Officine Meccaniche Vimercati viene fondata nel 1948 da Carlo, Franca e Alessandro Vimercati. Negli anni Cinquanta la commessa ricevuta dalla Veglia Borletti di portalampade corpo in ottone per i cruscotti automobilistici delle Fiat e quella di rinvii per i contachilometri della Vespa, spingono Vimercati a investire in nuovi spazi, materiali e macchinari. Il 5 settembre del 1957 il consiglio di amministrazione delle OMV Srl, presieduto da Carlo Vimercati e dalla sorella Franca Bianchi Vimercati in funzione di consigliere e responsabile amministrativa, decide di acquistare un terreno edificabile di 3500 metri quadrati nel comune di Pero per trasferire l’officina sita in via Niccolini. Così nel 1958 viene inaugurato a Pero lo stabilimento di via Vincenzo Monti 38. Nel 1962 lo stabilimento è ampliato con un secondo capannone di 400 metri quadrati dedicato per lo più alla capabilities di alberi per le lavatrici Indesit, San Giorgio, Zoppas e Ariston. In breve tempo si sviluppano i reparti di stampaggio, di trattamenti galvanici e di finitura. E’ l’epoca, dal 1963 al 1967, delle prime macchine Chappuis utilizzate per la lavorazione dei bossoli portalampade, delle macchine Davenport monomandrino o plurimandrini per la capabilities di alberi contagiri, che nel 1967 verranno sostituite dalle più audaci e precise Gieldemeister a 6 mandrini, delle Bihler RM25 tranciapiegatrici. Nel dicembre del 1989, adeguandola ai cambiamenti produttivi l’azienda cambia ragione sociale: le Officine Meccaniche Vimercati diventano la Vimercati SpA. Nel 1993-94 la produzione raddoppia e negli anni 199194 la Vimercati SpA produce 8 milioni di portalampade per i mercati francese e italiano. Intanto, accanto al mercato domestico dominato dal gruppo Fiat, la spinta all’esportazione avviata fin dai primi anni ’80 e consolidatasi negli anni ‘90, diviene evidente soprattutto in Germania e in Francia: la Vimercati ha così saldamente acquisito il ruolo di fornitore privilegiati, clienti del calibro di BMW, Rolls Royce, Volkswagen, Renault, PSA, Volvo, Fiat e Alfa Romeo. Aldo Bianchi Vimercati, che già nel 1997 aveva affiancato due nuovi partners finanziari, la statunitense General Electric e l’anglosassone 3i, nel maggio del 2005 trova come socio di maggioranza relativa la storica e italiana Mittel al posto di GE e 3i. Nel marzo del 2008 infine il giovane timoniere recupera la maggioranza lasciando a Mittel il 10% del pacchetto azionario. Una “rivoluzione” che ha permesso una crescita costante di fatturato, salito da 59.719.000.000 lire nel 1998 a 41,7 milioni di euro nel 2007. Nel 2006, infine, si definisce la collaborazione con il Politecnico di Milano per lo sviluppo di nuovi dispositivi innovativi che saranno in futuro installati negli autoveicoli.


INTESA PERFETTA L’incontro di conoscenze ed esperienze diverse genera sviluppo. Warrant Group è il catalizzatore di sinergie che crea valore aggiunto.

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Olimpia Splendid, il bello di essere Unici L’azienda di Reggio Emilia, leader nel mercato dei climatizzatori, sta ampliando il polo di Cellatica, nel bresciano, dove verrà concentrata e sviluppata la tecnologia relativa alle energie rinnovabili e alle pompe di calore testo di Laura Di Teodoro

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Azienda di successo

Un nuovo polo tutto bresciano per il Gruppo Olimpia Splendid, leader nel mercato del condizionamento, del riscaldamento e della deumidificazione. Il Gruppo, con sede a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, ha infatti ampliato la struttura produttiva di Cellatica, nel bresciano, con l’obiettivo di creare un vero e proprio “polo idronico” dove sarà concentrata e sviluppata tutta l’area legata alle energie rinnovabili e alle pompe di calore. Un’operazione fortemente voluta dall’amministratore delegato, bresciano, Roberto Saccone. “Brescia è sempre stata la sede della ricerca e dello sviluppo per i nostri prodotti di alta gamma – spiega l’ingegner Saccone -. Già da due anni abbiamo avviato una strategia di sviluppo dell’area impiantistica a Cellatica e oggi arriviamo ad aprire il nuovo polo, potenziato dell’area idronica, nel quale concentreremo l’intera produzione”. Fondato nel 1956 e diventato nel corso degli anni leader nel mondo della Climatizzazione, il Gruppo Olimpia Splendid opera attraverso tre stabilimenti: l’headquarter a Gualtieri (RE) fondato nel 1956; l’unità di Cellatica (BS) che risale al 1962 e da poco oggetto di un forte ampliamento; lo stabilimento di Shanghai attivo dal 2005 Tra i punti di forza che hanno guidato l’azienda verso alti livelli, Saccone sottolinea: l’attenzione ai bisogni del consumatore, l’innovazione e il design. “Grazie a una struttura di marketing attenta al mondo della climatizzazione e alle sue esigenze – spiega Saccone – abbiamo messo in atto un forte processo di innovazione, creando prodotti nuovi e unici sul mercato. Siamo gli inventori e produttori di Unico, il primo climatizzatore fisso senza unità esterna e di Issimo, il condizionatore portatile più piccolo e trasportabile esistente sul mercato. Il nostro processo centrale di innovazione è quello di trovare le soluzioni più all’avanguardia rispetto alle nuove esigenze del mercato”. Gli strumenti utilizzati dal Gruppo sono in primis la ricerca e la creatività, ergo il design. “Nel nostro team di lavoro sono entrati designer come King&Miranda e Dario Tanfoglio, chiamati a dare un’espressione estetica alla funzionalità del prodotto. I nostri prodotti devono essere riconoscibili – prosegue l’amministratore delegato -. Non ci basta distinguere il bello dal brutto, noi cerchiamo un design originale, frutto di una strategia ben chiara”. Come racconta lo stesso amministratore delegato, l’azienda si differenzia dai concorrenti per la sua capacità di innovazione che crea prodotti unici e caratterizzati. Fondamentale è l’utilizzo di una tecnologia sofisticata, unita all’attenta selezione dei materiali, a finiture e design unici e al fattore innovazione, il cui processo è concentrato nella sede bresciana. “Qui vengono distinte due grandi aree: la progettazione, dove sono impiegate 10 persone e il laboratorio con un nucleo di 5 persone”. Il resto dell’organico del settore ricerca e sviluppo – complessivamente composto da 25 persone – è distribuito presso le altre sedi del Gruppo. L’attenzione al mercato e la ricerca continua del 35


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dicembre 2010 - febbraio 2011

Roberto Saccone, amministratore delegato, di Olimpia Splendid

Olimpia Splendid Fondata nel 1956, Olimpia Splendid è azienda leader nel mondo della Climatizzazione, grazie all’ampia gamma di prodotti con i quali è presente nei mercati del Condizionamento, del Riscaldamento, del Trattamento dell’aria e dei Sistemi idronici. Il Gruppo, guidato dall’Amministratore Delegato Roberto Saccone, ha sede a Gualtieri (Reggio Emilia) e consta di due stabilimenti produttivi In Italia e di uno in Cina. Olimpia Splendid è presente su circa 45 mercati mondiali ed opera attraverso due filiali, oltre alla casa madre, quella commerciale di Madrid (Spagna) e quella commerciale e produttiva di Shanghai (Cina). A questa si aggiungerà, a gennaio del 2011, la nuova filiale francese. La sede di Gualtieri, attiva dal 1956, rappresenta l’headquarter ed il polo logistico del Gruppo Olimpia Splendid, con la presenza centralizzata degli uffici direzionali, commerciali e amministrativi.

Innovazione e funzionalità: sono questi i concetti chiave attorno ai quali si sviluppa la gamma Olimpia Splendid. Grazie a una struttura di marketing attenta al mondo della climatizzazione l’azienda ha messo in atto un forte processo di innovazione, creando prodotti nuovi e unici sul mercato, tra cui il primo climatizzatore fisso, senza unità esterna “nuovo” portano l’azienda ad inserire annualmente in catalogo un importante numero di nuovi prodotti dimostrando un dinamismo “che il mercato, soprattutto estero, continua ad apprezzare”. “Quest’anno – spiega Saccone - abbiamo lanciato produzioni nuove in tutti gli ambiti della nostra specializzazione, in particolare nell’ambito della climatizzazione è nato l’Unico con tecnologia inverter; siamo stati i primi ad applicare la tecnologia degli inverter a questa tipologia di climatizzatore. Per l’anno prossimo stiamo lavorando per completare la gamma Unico arricchendola con altri 4 modelli, confermando la nostra leadership come qualità di offerta. Sarà inoltre rinnovata tutta la gamma del condizionamento Split nel settore consumer; lavoreremo inoltre sulle pompe di calore e sul geotermico”. Ed è proprio sul tema dell’ecosostenibilità e della geotermia che l’azienda sta puntando. “Grazie alla competenza tecnica e ad un chiaro indirizzo strategico, da sempre lavoriamo sui fattori che permettono di ridurre i consumi – spiega l’amministratore dele36

gato -. Nella progettazione e produzione di tutti i nostri prodotti seguiamo una logica basata su componenti e materiali che premino i concetti di ecodesign e riciclabilità”. Sul fronte commerciale si annunciano novità per l’apertura di una fi liale in Francia, “un mercato su cui vogliamo puntare soprattutto sul fronte delle energie rinnovabili e da cui contiamo di imparare molto ”. E proprio il fattore “estero” ha permesso a Olimpia Splendid di superare il momento negativo legato alla crisi. L’azienda infatti ha registrato una crescita significativa di fatturato, grazie a mercati nuovi quali Brasile, Australia e Paesi est-asiatici e alla ripresa in alcuni Paesi europei. | Se si vuole avere successo bisogna pensare; bisogna pensare fino a starne male. Si deve rivoltare il problema nella propria testa fintantoché si sospetta l’esistenza di un aspetto che non sia stato considerato. Toy Herbert Lord Thomson of Fleet www.olimpiasplendid.it


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Alla

Luciano Magni, fondatore e direttore generale dell’azienda Recodi

dicembre 2010 - febbraio 2011

“base” di ogni progetto Pavimentazioni industriali. Alla scoperta di Recodi, realtà leader in Italia che ha fatto della qualità, dell’innovazione e della tecnologia gli elementi cardine per conquistare il mercato

Per vincere la sfida competitiva, bisogna saper fare la differenza. E in un settore particolarmente complesso come quello delle pavimentazioni industriali, la strada da percorrere è quella della progettazione avanzata, della tecnologia, dell’esperienza consolidata sul campo. E’ questa la convinzione di Recodi, realtà con sede a Palosco in provincia di Bergamo e conosciuta in tutta Italia anche grazie agli oltre quarant’anni di esperienza nella realizzazione di pavimentazioni industriali ad elevato coefficiente di tecnologia. L’azienda ha una forte vocazione innovativa e offre soluzioni specializzate in calcestruzzo e in resina, che permettono di soddisfare esigenze specifiche in svariati settori: dall’alimentare al farmaceutico, dal logistico/GDO al manifatturiero, dalla chimica all’automotive, dall’elettronica alle aree commerciali. “Recodi conosce davvero la tecnologia delle pavimentazioni – ci racconta il fondatore e direttore generale dell’azienda, Luciano Magni - sa determinare, per esempio quale spessore e quale armatura sono necessari per realizzare un pavimento soggetto a carichi specifici. Se rispondessimo solo a richieste di preventivo su pavimenti progettati da terzi, saremmo un semplice fornitore o posatore. Invece noi non ci fermiamo a questo. Verifichiamo 38

il dimensionamento delle pavimentazioni progettato da terzi affinché sia corretto e soddisfi davvero le esigenze di carico e di lavorazione necessarie al cliente”. Ma Recodi è strutturata non solo per intervenire su progetti altrui, bensì offre un efficiente servizio di progettazione interna: “Siamo in grado di progettare – sottolinea Magni - soluzioni specifiche e scegliamo sempre di proporre al cliente quella col migliore rapporto qualità prezzo. Quindi offriamo, per così dire, un pacchetto completo: siamo un referente unico per le pavimentazioni industriali”. La qualità del risultato di una superficie industriale è col-


Focus azienda

“Siamo in grado di progettare soluzioni specifiche e scegliamo sempre di proporre al cliente quella col migliore rapporto qualità prezzo. Quindi offriamo, per così dire, un pacchetto completo: siamo un referente unico per le pavimentazioni industriali”

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dicembre 2010 - febbraio 2011

Vocazione Ecosostenibile Recodi ha rivoluzionato completamente il proprio sistema di approvvigionamento energetico, investendo in un impianto a energia fotovoltaica che permette all’azienda di avere corrente elettrica attraverso questa fonte rinnovabile e pulita. “Abbiamo fatto questa scelta – dice Luciano Magni - perché si è dimostrata economicamente vantaggiosa e perché ci permette di ridurre concretamente l’inquinamento. E’ una scelta che fa parte della nostra sensibilità. Installeremo una potenza di 129 KW che servirà a coprire tutto il nostro fabbisogno e ci consentirà di vendere l’eventuale eccedenza”.

legata anche alle materie prime impiegate, un altro elemento decisivo in questo settore: “A differenza di molti competitor – continua Luciano Magni – Recodi è in grado di garantire la qualità dei materiali impiegati. Ad esempio nei pavimenti in calcestruzzo, noi non ci limitiamo ad acquisire una miscela realizzata da altri, ma mettiamo a punto noi la formulazione della miscela e la realizziamo sulla base delle caratteristiche particolari del pavimento che andremo a costruire”. Quindi, il valore aggiunto sembra essere un elemento chiave per una realtà come Recodi che è anche in grado di progettare pavimentazioni particolari, come, ad esempio, quelle cosiddette “senza giunti”, grazie a metodi innovativi e sempre con un rapporto qualità prezzo vantaggioso. Tutto questo studiando anche soluzioni mirate per ridurre ai minimi termini i rischi di non conformità e di difetto delle pavimentazioni. Recodi è conosciuta anche per le sue soluzioni di rivestimento in resina e anche su questo fronte sta mettendo a punto una serie di novità. “Usiamo prodotti e formulati che altri non usano – racconta Magni - come le malte epossidiche “chiuse”, cioè malte che hanno la stessa densità in ogni punto dello spessore. Inoltre adesso stiamo lavorando per produrre queste malte con prezzo ancora più conveniente, puntando sull’innovazione di prodotto e studiando anche nuovi formulati per garantire un’offerta ancor più vantaggiosa ai clienti. In generale, la sfida è quella di fare pavimenti industriali in calcestruzzo e rivestimenti in resina di alta qualità a un prezzo sempre più conveniente. Quindi la capacità di unire eccellenza e convenienza per vincere la sfida competitiva”. |

di lato: esempi di pavimentazioni per il settore (dall’alto al basso) farmaceutico, alimentare e industriale in alto: la sede di Recodi a Bergamo www.recodi.it

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Roncoroni, l’accoppiata vincente di innovazione e ricerca L’azienda di Orsenigo si appresta a chiudere il 2010 con un aumento di fatturato di oltre il cinquanta per cento grazie a un giusto mix di investimenti in nuovi macchinari, innovazione, ricerca di nuovi mercati e ottimismo. La Roncoroni Spa è un’azienda cartotecnica che da oltre 50 anni produce materiali per l’imballaggio industriale e l’isolamento testo di Laura Di Teodoro

Antonio Pozzi, Presidente del Gruppo Cartotecnici di Confindustria Como

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Una costante attenzione all’efficienza interna e alla fi nanza, investimenti in nuovi macchinari e una continua ricerca di nuovi mercati. Il risultato? Un fatturato cresciuto di oltre il 50% nell’ultimo anno. Stiamo parlando dell’azienda Roncoroni Spa con sede a Orsenigo, nel Comasco, che, forte di una storia di oltre 60 anni, è pronta ad aff rontare le sfide e le opportunità presenti e future. L’impresa, guidata da Antonio Pozzi, Presidente del Gruppo Cartotecnici di Confi ndustria Como, è specializzata nell’accoppiatura e nella spalmatura di una vasta gamma di materiali e nell’utilizzo di diverse tecnologie produttive. Operando nel settore del packaging, l’azienda subisce l’andamento del mercato di comparti diversi, dall’alimentare al farmaceutico, passando per l’editoria e l’automotive. “Il settore del packaging – spiega Pozzi – ha sicuramente sofferto soprattutto nel 2009, mantenendosi comunque stabile nei comparti alimentare e farmaceutico. In questo momento il settore sta vivendo una leggera ripresa, soprattutto grazie al mercato estero”. Se infatti nel


Azienda di successo

2009 l’azienda ha fatto registrare un calo del 16% del fatturato, le previsioni per il 2010 parlano di una crescita del 51%, diretta conseguenza di una strategia vincente, un mix di innovazione, attenzione costante alla fi nanza e investimenti in macchinari. “Il 12% circa della crescita di fatturato è legato all’acquisto di due nuovi macchinari che ci hanno permesso di ampliare le possibilità e opportunità per l’azienda – prosegue il titolare. Sul fronte dello stampaggio, ad esempio, grazie alla nuova macchina, se prima esternalizzavo il servizio ora viene fatto tutto internamente con un notevole risparmio”. Una crescita direttamente collegata con l’aumento dell’efficienza interna quindi, dove il fattore “ricerca” resta un vettore indispensabile e vincente. “Nonostante la nostra dimensione

medio-piccola – prosegue Pozzi – facciamo molta ricerca anche se spesso non certificata o dichiarata. Noi non abbiamo un laboratorio vero e proprio: facciamo ricerca con l’aiuto dei nostri fornitori, del cliente stesso e con l’appoggio dell’università e dei laboratori esterni”. L’efficienza aziendale è cresciuta negli anni grazie a un miglioramento sul fronte della produzione e della fi nanza, campo su cui l’azienda ha investito per aumentare le proprie difese interne contro la crisi mondiale, come spiega lo stesso presidente. “Negli ultimi anni abbiamo notato una forte ignoranza sui nuovi aspetti, spesso complessi, della fi nanza mondiale. Proprio per fronteggiare questa lacuna la nostra azienda ha introdotto in organico un consulente esperto di finanza per approfondire questi aspetti”. 43


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dicembre 2010 - febbraio 2011

L’azienda conta un organico complessivo di 50 dipendenti. L’intera struttura si concentra nell’unica sede di 8500 metri quadrati di Orsenigo. Dispone di un parco macchine costituito da quattro linee di extrusion coating, una macchina solventless, due bitumatrici, una paraffi natrice, una apprettatrice, oltre a un centro di taglio costituito da una tagliafogli e sette tra ribobinatrici e taglierine. L’incidenza del mercato estero sul giro d’affari della Roncoroni è passata dal 40% al 55%, e di contro il mercato italiano oggi incide per il 45% a causa “di un netto rallentamento della nostra economia”, commenta il presidente. L’azienda ha voluto sfruttare le potenzialità di mercati in ripresa investendo proprio sull’estero, soprattutto in Francia e in Germania. Il tutto unito a una serie di innovazioni sul fronte delle tecnologie e dei prodotti. Grazie alla sua grande flessibilità in termini di tecnologia produttiva e alla sua conoscenza dei materiali, l’azienda è infatti presente in vari mercati tra cui edilizia, isolamento, imballaggio industriale e di metalli, igienico/medicale, automotive, imballaggio alimentare, trasporti oltremare, legatoria e cartotecnica. “Off riamo diverse tipologie di prodotti: carte e cartoni politenati, carte politenate e rin-

L’azienda è passata da un fatturato di 11 milioni del 2008 a una previsione per il 2010 di circa 14 milioni, contro i 9,4 milioni del 2009. Per fronteggiare la crisi la Roncoroni ha messo in atto Roncoroni Roncoroni SpA è un’azienda cartotecnica che da oltre 50 anni produce accoppiati speciali per il settore dell’imballaggio e dell’isolamento. Nata a Como nel 1950, l’azienda, per necessità di nuovi spazi, si sposta negli anni ‘70 nel comune di Orsenigo dove ricopre oggi una superficie di circa 8500 mq. L’azienda è stata rilevata alla famiglia Roncoroni da Antonio Pozzi dieci anni fa. La Roncoroni è specializzata nell’accoppiatura e nella spalmatura di una vasta gamma di materiali e nell’utilizzo di diverse tecnologie produttive. Carte, cartoni, fogli di alluminio, film plastici (PET, PP, BOPP, LDPE e HDPE), rafia in politene, TNT e tessuti naturali vengono lavorati e accoppiati tramite processi quali l’extrusion-coating (politenatura), la bitumatura, la paraffinatura, la spalmatura con colle viniliche o senza solventi, e con polveri VCI, ottenendo prodotti le cui applicazioni spaziano da quelle del settore dell’imballaggio (industriale, dei metalli e alimentare) a quelli dell’isolamento, dei trasporti oltremare, dell’automotive, ma anche del medicale, della legatoria e del tessile. Il parco macchine dell’azienda dispone anche di un centro di taglio composto da ribobinatrici, taglierine e tagliafogli che consentono alla Roncoroni di rispondere alle più diverse esigenze dei suoi clienti. Flessibilità nella produzione, continua ricerca di nuove soluzioni e applicazioni, insieme alla dedizione allo sviluppo tecnologico, fanno di Roncoroni SpA una delle aziende leader di questo settore. L’azienda è passata da un fatturato di 11 milioni del 2008 a una previsione per il 2010 di circa 14 milioni, contro i 9,4 milioni del 2009. 44

una politica di investimenti in nuovi macchinari, scoperta di nuovi mercati esteri e una forte attenzione alla finanza forzate, carte crespate, paraffi nate, bitumate, rafia politenata e accoppiata, fogli di alluminio politenati e rinforzati, alluminio accoppiato a velo di vetro, fi lm barriera, intercalari, materiali VCI e molti altri - spiega il titolare della Roncoroni. Questo ci permette di essere presenti in molti settori, anche innovativi”. Tra le ultime novità si trovano ad esempio prodotti per il riscaldamento a pavimento e componenti per i pannelli fotovoltaici. Sull’onda di un ottimismo e una forte volontà che hanno fatto da sfondo e traino per questi anni critici, le aspettative per il 2011 restano alte: “Continuiamo ad essere ottimisti – prosegue Pozzi. E per il 2011 sono previsti ancora investimenti in nuovi macchinari”. |

Il segreto degli affari è sapere qualcosa che nessun altro sa. Aristotelis Sokratis Onassis

www.roncoronispa.it


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dicembre 2010 - febbraio 2011

Campionmax,

“campione” di qualità Massimo Cuccovillo, uno dei fondatori di Campionmax

Da Meda ai mercati del mondo. La storia di un piccola azienda brianzola che, puntando su qualità e innovazione, è diventata un punto di riferimento per le molte imprese del tessile e del legno testo di Laura Di Teodoro

Una storia nata nel solco dell’eccellenza brianzola del mobile e diventata oggi punto di riferimento per molte aziende di quella zona e non solo. Stiamo parlando di Campionmax Srl, piccola impresa di Meda, nel territorio di Monza e Brianza, specializzata nella progettazione e nella realizzazione di campionari per l’industria tessile e del legno. Come ci racconta uno dei suoi fondatori, Massimo Cuccovillo, la storia dell’azienda risale al 1986 prendendo spunto da un bisogno sempre più sentito dagli imprenditori della zona. “Siamo nati nella zona brianzola da sempre considerata eccellente per le aziende che fabbricano mobili. In quegli anni si sentiva la necessità di presentare campionari con supporti di materiali eccellenti e adeguati”. Inizia così l’attività imprenditoriale della famiglia Cuccovillo che vede oggi lavorare in azienda, oltre a Massimo responsabile per la parte amministrativa e commerciale, il fratello Nicola, attivo nella produzione e il padre Angelo nella parte commerciale. L’azienda è passata da un organico di 4-5 dipendenti agli attuali 15, per un fatturato complessivo di circa un milione di euro. “Abbiamo 15 dipendenti più una parte esterna di collaboratori che lavorano per noi soprattutto nei periodi più “caldi””. La Campionmax confeziona mazze, tirelle, sciarpe, cartelle colori, schede, cataloghi, copertine, raccoglitori e dorsi, forte di 30 anni di esperienza nel settore e della consapevolezza che “la qualità e l’innovazione restano le direttrici da seguire”. Nell’unità produttiva di Meda, grande circa 2mila metri quadrati, si trovano tutti i macchinari necessari alle varie fasi di produzione: taglio, confezionamento e legatoria. “Tutti i campionari sono fatti internamente – prosegue Massimo Cuccovillo. I tessuti arrivano dall’Italia, soprattutto dalla nostra

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zona, dal Veneto e da Caserta. Una volta qui, i nostri uomini li lavorano nelle singole aree. Al nostro interno abbiamo anche la legatoria e serigrafia e questo ci permette di snellire tempi e costi, off rendo un servizio in più e di qualità al cliente”. Nell’azienda è presente anche un reparto specializzato per lo studio di soluzioni alternative per prodotti specifici (parquets, passamanerie, tessuti speciali ecc.). Grazie a un’attenzione sempre alta sul fronte della ricerca e dello sviluppo, l’azienda è stata in grado di farsi promotrice di tecnologie avanzate che hanno portato un sicuro valore aggiunto: “Abbiamo aumentato la percentuale delle esportazioni grazie alla possibilità di applicare ai tessuti un determinato termoadesivo, anziché il bioadesivo, in grado di resistere alle alte temperature. Que-


Ocean Yachts 48

Hatteras 50

Ocean 37 Billfish

Un usato da capolavoro Ocean Yachts 48 Anno: 1991 Motorizzazione: 2x485 Detroit Diesel Lunghezza: 14,60 m Cabine: 3 cabine, 2 bagni Velocità massima: 29 kts Velocità crociera: 23 kts Optionals: Refitting appena completato, interni spaziosi, rifiniture di lusso Visibile a: Loano

Hatteras 50 Anno: 1992 Motorizzazione: 2x820 MAN Lunghezza: 15,40 m Cabine: 3 cabine + marinaio, 3 bagni Velocità massima: 28 kts Velocità crociera: 23 kts Optionals: Attrezzatura pesca, gru tender, elettronica completa, interni perfetti Visibile a: Genova

Ocean 37 Billfish Anno: 2009 Motorizzazione: 2x480 Cummins Lunghezza: 11,50 m Cabine: 1 cabina, 1 bagno Velocità massima: 34 kts Velocità crociera: 29 kts Optionals: Barca nuova, full optionals Visibile a: Lavagna

Prezzo: € 230.000,00

Prezzo: € 360.000,00

Prezzo: € 390.000,00

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www.marboats.com


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dicembre 2010 - febbraio 2011

sto garantisce una maggior compattezza”. La Campionmax lavora per conto terzi, in Italia e nel mondo. “Negli ultimi mesi abbiamo raggiunto clienti anche in Brasile ed Estonia. Ci premia la nostra velocità nel realizzare i campionari: meno di 20 giorni lavorativi per la consegna del campionario dal ricevimento di tutti i materiali”. L’azienda, seppure piccola, ha tutte le carte in regola per puntare all’eccellenza. “Siamo competitivi grazie al nostro ingegno e alla forte volontà di arrivare comunque primi – prosegue Cuccovillo. Il nostro obiettivo è quello di arrivare a fare un prodotto perfetto e di qualità”. Realizzando campionari per aziende diverse, spesso dello stesso settore, la riservatezza resta una delle regole da rispettare. “Trattiamo tessuti e campionari che fanno parte di collezioni inedite. Per questo motivo vige la massima riserva-

Campionmax è specializzata nella progettazione e nella realizzazione di campionari per l’industria tessile e del legno. L’azienda è passata da un organico di 4-5 dipendenti agli attuali 15, per un fatturato complessivo di circa un milioni di euro. Nell’unità produttiva di Meda, grande circa 2mila metri quadrati, si trovano tutti i macchinari necessari alle varie fasi di produzione: taglio, confezionamento e legatoria tezza sui prodotti da noi lavorati e custoditi”. Gli appuntamenti fieristici sono al centro dell’agenda di Campionmax. Tra le Fiere “più gettonate” restano: il Salone del Mobile di Milano, il Salone del tessuto di Francoforte, di Parigi e la fiera Mipel di Bologna. Per i prossimi appuntamenti l’azienda ha deciso di puntare sull’estetica e su contenitori nuovi, più belli stilisticamente. “Cercheremo di vestire i nostri campionari in modo da renderli più gradevoli”. L’azienda viaggia con il vento in poppa quindi, spinta da un forte ottimismo e dalla speranza di uscire il prima possibile dai problemi. “Siamo consapevoli che si lavorerà di più e si guadagnerà di meno – conclude Cuccovillo. Per i prossimi 3-6 mesi ci sarà ancora un po’ di calma e poi sono convinto che arriverà la ripresa”. La crisi ha toccato solo indirettamente e marginalmente l’azienda: “Alcuni nostri clienti si sono ridimensionati come numero di punti vendita. Siamo riusciti a sopperire a questo calo grazie all’acquisizione di nuovi clienti e abbassando i prezzi, contenendo i costi e penetrando anche nel ramo delle concerie di pelli”. Obiettivi per il futuro? “Coccolare i nostri clienti e continuare a garantire un servizio attento e accurato”. | nelle immagini esempi di campionari di Campionmax La qualità va costruita, non controllata. Crosby Philip B.

www.campionmax.it

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Since 1902 La prima organizzazione fra imprenditori sorta in Italia

CONFINDUSTRIA MONZA E BRIANZA RIANZA


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Vi racconto il successo

di Panasonic

Intervista a Claudio Lamperti, amministratore delegato di Panasonic Italia, sulle nuove tendenze del mercato dell’elettronica di consumo. La storia di un colosso del settore testo di Laura Di Teodoro fotografie di Sara Fratus

“Sappiamo che lo scenario economico è così complesso e difficile, sempre più imprevedibile e pericoloso, che la sopravvivenza di un’impresa dipende dalla quotidiana attivazione dell’ultimo grammo di intelligenza. Un’impresa può contrastare le turbolenze e le forze avverse del mercato e quindi sopravvivere solo attraverso lo sfruttamento della performance mentale di tutti i collaboratori”. Parola di Konosuke Matsushita, fondatore del colosso Panasonic, uno dei più grandi nomi per l’elettronica di consumo al mondo che oggi può contare sull’intelligenza e sul lavoro di 25mila ingegneri in tutto il mondo, capaci di brevettare ogni anno una media di 7-8 mila pezzi tra componenti e prodotti. Sono numeri che raccontano la storia di un’Innovazione all’interno del settore dell’elettronica di consumo, snocciolati e commentati dal nuovo amministratore delegato per l’Italia, Claudio Lamperti. Qual è lo stato di salute del settore dell’elettronica di consumo? L’elettronica di consumo sta andando molto bene; è uno dei pochi settori che continua a registrare numeri in crescendo. Da gennaio a oggi gli incrementi sono stati a doppia cifra grazie, soprattutto, a determinati eventi che hanno dato un’ulteriore spinta al settore, vedi i Mondiali di calcio. A livello di dati, fino a fine ottobre la crescita si assestava attorno al 10 per cento circa. Il traino principale è sicuramente il televisore che rappresenta il 22 per cento del mercato. In un contesto comunque favorevole su cosa punta Panasonic? In Italia stiamo puntando sulla tecnologia del tv al plasma; su prodotti eccellenti del ramo LCD; su Lumix, il nostro brand di riferimento per le macchine digitali. Cerchiamo di non tralasciare nessun tipo di prodotto. Ci sono settori quali la cura della persona dove non siamo ancora un player molto grande ma piano piano stiamo entrando nel mercato, rendendoci visibili attraverso nuovi prodotti quali rasoi, regola barba e regola capelli. Insomma cerchiamo di rendere l’offerta più varia, puntando sulla base comune di eccellenza e tecnologia. L’elettronica di consumo è, più di altri, soggetta a continue innovazioni e a nuove tecnologie che si alternano molto velocemente. Cosa significa per voi innovare? L’innovazione per noi è tutto, è la nostra ragione d’essere. Siamo dei produttori, non degli industriali. L’azienda vive perché ci sono 25mila ingegneri che lavorano per noi e, grazie alle loro capacità, inventano prodotti e tecnologie nuove tutti i giorni. Spendiamo il 6% circa del nostro fatturato in Ricerca e Sviluppo, una cifra che nel corso degli anni non è mai scesa. Vogliamo creare prodotti sempre nuovi per rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze del consumatore, arrivando a soddisfare i loro bisogni e, in 50

alcuni casi, a crearne di nuovi. Le tecnologie e i prodotti che vediamo qui in Italia rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’intera produzione Panasonic: in Giappone infatti ci sono centinaia di prodotti che qui da noi non ci sono, alcuni penso non arriveranno mai perché restano molto legati alle caratteristiche tipiche del mercato giapponese. Qualche esempio? In Giappone produciamo mobili per le cucine: entrando nello showroom Panasonic infatti, è possibile scegliere i pannelli e i colori per creare la propria cucina. Oppure si possono trovare prodotti per lo stoccaggio dell’energia: i nostri ingegneri hanno creato una specie di grandi batterie che permettono di raccogliere l’energia prodotta dai propri pannelli fotovoltaici o quella comprata nelle ore in cui l’energia costa meno, così da poterla stoccare nei momenti di bisogno. Il motto del fondatore di Panasonic, Konosuke Matsushita era: “Se qualcosa è nuovo e di buona qualità, allora lo si vende bene”. Un motto che diventa quanto mai attuale in un contesto come il vostro dove qualità e innovazione fanno la vera differenza....Come mettete in pratica questi due importanti e fondamentali valori? Si tratta della “Parabola dell’acqua”. È sicuramente in motto quanto mai attuale che l’azienda ha fatto suo già nel lontano 1918. La nostra realtà vive per fare dei prodotti assolutamente innovativi, sfruttando le tecnologie più avanzate. È stato così in passato quando fu inventato il primo portalampada con presa elettrica e l’adattatore per due luci, conosciuto anche come doppia presa. Molte delle scelte e delle idee del fondatore restano attuali e importanti punti di riferimento per tutti.


Personaggio

Claudio Lamperti, nuovo amministratore delegato per l’Italia di Panasonic

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dicembre 2010 - febbraio 2011

nella provincia di Hyogo (Giappone occidentale), è stato inaugurato lo stabilimento Amagasaki di Matsushita Plasma Display Panel Company Ltd. Si tratta della terza fabbrica specializzata nella produzione di schermi al plasma ad aprire in Giappone

Ricopre il ruolo di amministratore delegato da poco meno di sei mesi. Cosa sente di aver imparato e appreso da una realtà come Panasonic? Panasonic mi ha trasmesso la cultura del “fare il prodotto” perché qui la cosa essenziale è produrre, costruire, realizzare. Il concetto del “fare” viene vissuto in modo quasi viscerale: si lavora per essere sicuri che tutto ciò che porta il marchio dell’azienda sia realmente la miglior espressione del prodotto. Cosa sente di aver portato invece della sua esperienza? Se devo pensare a un valore aggiunto portato da me penso di aver rinsaldato il legame con il mondo dei retailers e dei consumatori finali che Panasonic prima aveva messo un po’ da parte per privilegiare la fase costruttiva. Diciamo che ho aiutato chi a sua volta può aiutare noi a proporre le eccellenza che produciamo.

Claudio Lamperti Milanese, 44 anni, laureato in economia e commercio, Claudio Lamperti vanta un significativo background professionale nel settore dell’elettronica di consumo: proviene da Philips Italia, azienda in cui è entrato nel 1995 per assumere col tempo l’incarico di Senior Sales Director per il canale consumer, ruolo ricoperto sino a giugno 2009. Panasonic Corporate è uno dei più grandi nomi per l’elettronica di consumo al mondo e comprende oltre 600 società. Produce e commercializza oltre 15.000 apparecchi creati per migliorare e arricchire lo stile di vita dei paesi di tutto il mondo.

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Difesa dell’ambiente e green-economy sono altri due fattori da cui non si può più prescindere. Come state lavorando su questi due fronti? Per noi l’energia verde e la gestione dell’ecologia sono temi fondamentali tanto è vero che il nostro presidente ha annunciato che entro il 2018 dovremo diventare l’azienda numero uno nella Green Innovation Technology. E ancora prima, entro il 2012, ci siamo posti diversi obiettivi: progettare e lanciare prodotti ad alta efficienza energetica e a basso consumo, segnalandoli con l’etichetta verde “co ideas”; ridurre l’emissione di CO2 in tutte le unità produttive di Panasonic nel mondo; promuovere impegno e coscienza ecologica tra i dipendenti e i consumatori; istruire 100mila bambini attraverso un programma ad hoc sull’importanza ecologia per la sopravvivenza del pianeta. Cosa ha imparato della mentalità giapponese che permea l’azienda? Sicuramente il concetto della condivisione e del “fare” puntando all’eccellenza. Qui in azienda facciamo riunioni lunghe non sottraendo tempo al lavoro perché spesso si svolgono di notte. In questi incontri si discute di tutto per arrivare a decisioni condivise da tutti. È un modo di lavorare a cui non ero abituato e che fa parte della mentalità giapponese. Sul fronte del controllo, quasi maniacale, dei prodotti, ogni elettrodomestico che viene spedito ad esempio via aerea, viene controllato dai giapponesi prima della consegna al cliente. Quale valore aggiunto può portare invece l’Italia? Sicuramente la creatività. I giapponesi adorano il nostro Paese e la nostra cultura. Non sono abituati al nostro modo di vivere abbastanza caotico e disordinato ma di contro sono affascinati dalla creatività e dalla nostra capacità di saperci adattare a qualsiasi situazione. Il 2010 è stato l’anno del lancio del 3D. Cosa ha portato questa nuova tecnologia? Il 3D è sicuramente una tecnologia trasversale a tanti prodotti e settori. È partito dal canale dell’entertainment legato al televisore per poi svilupparsi anche nelle fotocamere e videocamere. Il 3D può essere appli-


Personaggio

cato anche al mondo dell’educational rendendo, ad esempio, più digeribili argomenti quali la geografia o la medicina. Le cose che si possono fare sono numerose. Il 2011 vedrà il boom della tecnologia 3D e ogni giorno riscontriamo un’accelerazione esponenziale del settore: fino a fine settembre si parlava di Avatar come di una materia che poteva fare vedere un fi lm in 3D. Oggi abbiamo tre televisioni, Sky, Mediaset e La7 che si contendono gli eventi in 3D. Panasonic è sponsor della trasmissione su La7 dei Cariparma Test Match di rugby, di fatto il primo evento in Italia ad essere trasmesso in diretta 3D su un canale free del digitale terrestre. Per la prima volta tre partite del torneo, Italia-Argentina (Verona), Italia-Australia (Firenze) e Italia-Isole Fiji (Modena) sono andate in onda in 3D. Su quali altre tecnologie punterete per il 2011? Amplieremo la gamma delle macchine fotografiche soprattutto per il segmento delle lenti intercambiabili; rivitalizzeremo la gamma delle videocamere attraverso il 3D e introdurremo grandi novità a livello di prodotto consumer. Lanceremo sul mercato nuovi modelli di televisori Led e LCD di qualità alta, a livello del plasma.

Il programma “Green” di Panasonic prevedere, entro il 2012, di progettare e lanciare nel mercato prodotti ad alta efficienza energetica e a basso consumo, segnalandoli con l’etichetta verde “co ideas”; ridurre l’emissione di CO2 in tutte le unità produttive di Panasonic nel mondo; promuovere impegno e coscienza ecologica tra i dipendenti e i consumatori; istruire 100mila bambini attraverso un programma ad hoc sull’importanza ecologia per la sopravvivenza del pianeta Quanti brevetti escono dagli stabilimenti Panasonic ogni anno? Una media di 7-8mila brevetti all’anno, considerando anche la componentistica, i semiconduttori e tutti gli apparati per migliorare l’efficienza energetica. Brevettiamo tutto quello che i 25mila ingegneri realizzano. Da dove provengono tutti questi ingegneri? Sono per lo più giapponesi ma molti provengono da tutto il mondo. L’obiettivo di Panasonic è quello di delocalizzare nei vari Paesi per avere un approccio più globale e meno legato al Giappone. Si pensi che

Panasonic Panasonic Italia, filiale italiana di Panasonic Corporation, è stata fondata nel 1980 e ha la sua sede principale a Milano in viale dell’Innovazione n. 3. Altri uffici commerciali e di rappresentanza sono stati aperti a Roma. L’azienda commercializza prodotti con il marchio Panasonic e fin dalla sua fondazione si ispira alla filosofia della società madre, che pone al primo posto degli obiettivi aziendali l’individuo e il soddisfacimento delle sue esigenze. Panasonic Italia impegna oltre 200 persone tra dipendenti e agenti. Grazie a una distribuzione attenta e capillare, i suoi prodotti sono oggi distribuiti da oltre 1.100 punti vendita tra i più qualificati in Italia. Panasonic Italia si è così dotata di una rete commerciale e di assistenza tecnica, capace di consigliare e assistere i propri clienti tramite un’eccezionale offerta di prodotti e soluzioni integrate per l’ufficio e il tempo libero, supportata da un collaudato ed efficiente servizio post-vendita.

gli amministratori delegati dei diversi Stati oggi sono localizzati. Fino a cinque anni fa non era così. L’obiettivo è quello di potenziare tutti gli altri mercati e passare dall’attuale 50% di fatturato realizzato in Giappone a un 45-40% , senza naturalmente diminuire il fatturato ma aumentando la produzione nei Paesi Emergenti e in Europa. Che obiettivo di mandato si è dato? Per quest’anno una crescita del 20% e siamo già al 30%. Anche per il 2011 e per il 2012 l’obiettivo è di aumentare del 20% ogni anno. Oggi l’Europa rappresenta l’11,7% del mercato di Panasonic e l’Italia deve recuperare un certo gap. In che senso? L’Italia storicamente cerca il design e il fattore estetico, a scapito spesso della funzionalità e della tecnologia. Noi produciamo prodotti eccellenti, all’avanguardia nella tecnologia ma non sempre allo stesso livello sul fronte del design e l’Italia in questo non perdona. Il nostro compito e il nostro obiettivo è quello di convincere il consumatore dell’importanza della qualità e della tecnologia che permea ogni prodotto. |

Un’impresa può contrastare le turbolenze e le forze avverse del mercato e quindi sopravvivere solo attraverso lo sfruttamento della performance mentale di tutti i collaboratori. Noi intendiamo la gestione come l’arte di saper mobilitare il potenziale intellettivo di tutti i collaboratori di un’impresa ed unificarlo. Konosuke Matsushita www.panasonic.it

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Serve un marchio unico per il Made in Italy Il manager di successo Alberto Piantoni delinea luci e ombre del Made in Italy e chiama a raccolta gli imprenditori e l’intero tessuto economico italiano per sviluppare un progetto industriale condiviso di Laura Di Teodoro fotografie di Sara Fratus

Rilanciare e ripensare il Made in Italy, partendo da un format e da un marchio unico capace di esprimere i valori del tessuto imprenditoriale italiano, delle persone e del territorio. In poche parole, fare realmente “rete”, perseguendo la qualità, l’eccellenza e la ricerca in un progetto comune e condiviso da tutti. È il sogno che da anni coltiva Alberto Piantoni, ex amministratore delegato di Bialetti e Richard Ginori Spa e oggi amministratore delegato di Gruppi Sistemi 2000. Piantoni fa parte della Giunta di Confindustria e dal 2006 è membro del Comitato Scientifico del P.I.Q. (Prodotto Interno Qualità) di Symbola Fondazione per le Qualità Italiane. Il manager bresciano, che ha fatto della qualità il leit motiv della propria carriera, analizza le principali criticità del Made in Italy di oggi e lancia un appello agli imprenditori: “Più comunione di intenti e una maggior condivisione di valori”, con l’obiettivo di costruire, insieme, un unico marchio del Made in Italy trasversale a tutti i settori. Il concetto di qualità che ritorna spesso nel suo curriculum professionale. Cosa rappresenta per lei? La qualità per me ha un’accezione più ampia che va al di là del far bene il proprio prodotto. La qualità, in realtà, è un modello di business che abbraccia l’intera filiera produttiva. Prendo come esempio il Made in Italy che non sarebbe nulla senza le piccole e medie imprese e i micro artigiani, vero motore dell’innovazione del settore. Le medie imprese eccellenti del nostro territorio sono tali perché alle spalle hanno un artigianato di valore 54

che spesso, purtroppo, non viene riconosciuto. Il territorio italiano ha enormi potenzialità: ogni zona, ogni distretto ha la sua specialità, il proprio prodotto e determinate specializzazioni. Il territorio è fondamentale quale elemento dove la cultura si stratifica e identifica un certo tipo di valori. In questo modello di business, oltre al territorio, devono essere considerati quali valori imprescindibili, l’ambiente e le persone. Oggi purtroppo l’imprenditore tende a correre da solo e tralascia la coesione che potrebbe rappresentare il vero punto di forza. Un altro valore è sicuramente la tecnologia: la storia della moda, del Made in Italy sono ricchi di esempi eccellenti sul fronte della tecnologia ma se ne parla troppo poco. Missoni e Tod’s ad esempio sono marchi dove la tecnologia ha giocato un ruolo


Uno sguardo sul Made in Italy

GRUPPO SISTEMI 2000 Alberto Piantoni, ex amministratore delegato di Bialetti e Richard Ginori Spa e oggi amministratore delegato di Gruppi Sistemi 2000

determinante. L’Italia è un Paese che produce bello attraverso la tecnologia. Questi quattro elementi, se riconosciuti, possono creare un modello che può viaggiare verso le nicchie alte del mercato. Ci sono una serie di eccellenze che non riescono a emergere perché ognuno ha una visione spesso troppo settaria e particolare che è ben lontana dal modello a cui accennavo prima. Bisognerebbe quindi imparare a lavorare insieme ad un unico progetto, vedi ad esempio il Made in Italy? Esatto. Oggi come oggi ogni associazione sta lavorando per creare un proprio marchio del Made in Italy, un marchio che diventa oggetto di tanti piccoli investimenti e che rischia di morire nell’arco di poco tempo. Se invece si imparasse a promuovere un unico marchio su cui far convogliare i vari investimenti i risultati sarebbero sicuramente diversi. Un altro limite da superare è la mancanza di un unico format distributivo del Made in Italy, sull’esempio di Walmart, Lafayette o Carrefour. Oggi l’impresa italiana si presenta sul mercato estero da sola e a forza di colpi di macete trova la sua strada ma in un percorso completamente solitario. Non esiste una sinergia tra chi produce scarpe e chi fabbrica piatti

Gruppo Sistemi 2000 è un’azienda marchigiana attiva nella progettazione, produzione e commercializzazione di attrezzature per la Grande Distribuzione Organizzata realizzate a partire da materiale riciclato. Il percorso sostenibile dell’azienda è iniziato nel 2006, quando dal posizionamento iniziale, che vedeva la società impegnata nella produzione di oggetti d’arredo tradizionali per i supermercati, si decide di creare il marchio Revolution, che raggruppa sotto di sé le nuove proposte di Gruppo Sistemi 2000, tutte realizzate in plastica riciclata. La scelta di riposizionamento green di Gruppo Sistemi 2000 è stata pienamente ripagata dai risultati: in soli 3 anni il fatturato è più che raddoppiato, passando da circa 6 milioni di Euro ai quasi 15 del 2009, come il numero di dipendenti, che attualmente supera i 70 collaboratori e, progressivamente col raggiungimento di questi risultati, R-Evolution, ha pian piano preso sempre più spazio nella produzione aziendale. I prodotti a marchio R-Evolution, infatti, sono ora caratterizzati dall’utilizzo di materiali riciclati post - consumo. Le referenze più richieste sono i separatori da scaffale, realizzati in pet riciclato, i carrelli per la spesa realizzati ognuno con la plastica di 12 batterie d’auto esauste (adeguatamente pretrattate) e i cestini realizzati con la plastica dei tappi delle bottiglie. L’ultima novità entrata a far parte della filiera produttiva R-Evolution è Ecomat, un rivoluzionario materiale dalle molteplici applicazioni d’arredo, realizzati per il 40% in plastica ricavata da scarti di produzione e, per il 60%, in fibre vegetali provenienti da sansa esausta. L’Ecomat viene prodotto in pannelli ed è quindi molto adattabile, presenta le stesse caratteristiche fisiche del legno ed è totalmente riciclabile dopo il suo utilizzo, azzerando quindi gli scarti.

e questo è un errore clamoroso che rischia di isolarci dal mercato internazionale. Serve un lavoro di congiunzione quindi. Chi può essere il regista di tutto questo? È un lavoro che possono fare il territorio e l’azienda consapevoli dei loro rispettivi valori. Ci vorrebbe qualcuno che abbia il coraggio di prendere i vari marchi per metterli insieme e creare una specie di Ikea di livello alto del Made in Italy. Non dimentichiamoci che nel concept della casa veicoliamo circa il 90% dei nostri prodotti. Quale può essere il punto di partenza? L’input dovrebbe partire dai fondi di finanziamento. In Italia la finanza non si è mai saldata con l’impresa: se invece i fondi avessero come base di partenza un’idea creativa e un’associazione come Confindustria si facesse promotrice del progetto, sono convinto che arriveremmo a qualche risultato concreto. A monte, naturalmente, deve esserci quel modello di business formato da territorio, persone, valori e tecnologia. 55


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ALBERTO PIANTONI Nato a Chiari, nel bresciano, il 6 aprile 1956, consegue la laurea in economia presso l’Università degli Studi di Modena nel 1982 e si specializza negli Stati Uniti (New School for Social Research, New York; Berkley University, Berkley). Dopo alcune prime esperienze come analista presso Centro Studi Olivetti S.p.A. e la Databank S.p.A., nel 1986 entra quale direttore amministrazione e finanza nella Rondine Italia S.p.A., dove successivamente riveste la carica di direttore generale. Dal 1994, ha ricoperto la carica di Amministrazione Delegato o Amministratore Unico di tutte le principali società del gruppo facente capo alla famiglia Ranzoni. Dal 2006 è membro del Comitato Scientifico del P.I.Q. (Prodotto Interno Qualità) di Symbola Fondazione per le Qualità Italiane. Alpinista per passione, interpreta ogni sfida personale

Al Made in Italy oggi manca questa concretezza e questa “comunione di intenti”… Al Made in Italy oggi servono un format e un marchio. Le ultime normative vanno a inquinare i concetti e i valori del Made in Italy, bisogna andare oltre e realizzare un vero e proprio asset industriale. Continuando a far finta di niente si rischia di perdere ogni fetta di mercato soprattutto in Italia.

e professionale come una vetta da raggiungere. In qualità di Amministratore Delegato del Gruppo Bialetti Industrie contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di eccellenza nei quali l’azienda crede. Da sempre interprete della filosofia aziendale che vede l’impegno sociale, il rispetto verso ogni interlocutore, la salvaguardia dell’ambiente e del territorio, gli aspetti fondamentali per la creazione del valore. Il 27 giugno 2007 è stato nominato project manager del Terzo Progetto di innovazione industriale sul Made in Italy patrocinato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Ricopre la carica di AD di Richard Ginori Spa dal Marzo 2008 al Dicembre 2009. Attualmente fa parte della giunta di Confindustria. Ricopre la carica di Amministratore Delegato di Gruppo Sistemi 2000 da giugno 2010.

liera e non solo a me, andando oltre a una competitività estrema che spesso può danneggiare l’intero tessuto economico. Bisogna imparare a condividere il sapere, a rispettare le persone e le idee e a lavorare insieme. Nella mia esperienza ho sempre delegato soprattutto ai giovani che rappresentano un motore di innovazione indispensabile alle nostre aziende.

“Dobbiamo convincerci del fatto che alzare Quali settori possono giocare un ruolo importante? Sicuramente tutto l’agroalimentare e le produzioni autoctone grazie ai costi relativamente bassi di penetrazione. È un settore che può rappresentare un veicolo molto forte per il Made in Italy e permette di allargare il raggio oltre il settore della moda. A questo aggiungerei anche il tema dell’ambiente e la nuova idea della soft economy che stiamo portando avanti con la fondazione Symbola. Il progetto parte dalla consapevolezza che è possibile essere competitivi e guadagnare solo tenendo conto delle persone e dell’ambiente e quindi partendo dallo sviluppo sostenibile. In poche parole, pensare più al benessere, alla qualità piuttosto che alla quantità. Se avessi un negozio, ad esempio, o un supermercato, penserei prima di tutto a mettere a suo agio il cliente. Come cerca di applicare questo concetto di qualità e attenzione alle persone, nel suo lavoro quotidiano? Cerco di orientarmi seguendo come bussola il rapporto con le persone; cerco di fare sinergia con chi mi accomuna nei valori. Con Richard Ginori ad esempio, abbiamo creato una linea di successo insieme a Missoni, grazie a una condivisione di valori. Tutto passa per le persone e deve tenere in forte considerazione i valori che sono alla base di ogni realtà. In Gruppi Sistemi 2000, di cui sono amministratore delegato, stiamo attuando un passaggio epocale perché da una realtà no brand stiamo costruendo un marchio partendo dall’idea di sostenibilità che il suo presidente ha scelto quale strada da percorrere. Abbiamo deciso di farla diventare azienda di marchio per veicolare proprio quei valori della sostenibilità e del rispetto. Come diceva prima però molti imprenditori si addentrano in percorsi solitari... Dobbiamo uscire da questi schemi per iniziare a fare realmente rete. Dobbiamo convincerci del fatto che alzare l’asticella della mia qualità e della mia azienda possa dare un vantaggio a tutta la fi56

l’asticella della mia qualità e della mia azienda possa dare un vantaggio a tutta la filiera e non solo a me, andando oltre a una competitività estrema che spesso può danneggiare l’intero tessuto economico. Bisogna imparare a condividere il sapere, a rispettare le persone e le idee e a lavorare insieme” In Gruppo Sistemi 2000 abbiamo avuto il coraggio di cambiare: siamo usciti dai tradizionali schemi di arredamento dei supermercati; abbiamo riconfigurato gli spazi per mettere le persone a loro agio e per veicolari i valori di cui parlavo prima. Il design e la tecnologia sono fondamentali per noi e devono esserlo per tutti, moda compresa. Dobbiamo avere la capacità di rinnovare i nostri marchi che oggi sono sclerotizzati sui loro standard e per farlo serve sicuramente molto coraggio. Le sue speranze per il 2011? Sono molto negativo per il 2011: i mercati stanno ripartendo ma la disoccupazione crescerà ancora, i consumi resteranno depressi e non avremo un mercato di sbocco immediato. Questo vuol dire che le imprese faranno ancora più fatica. Molte dovranno concentrarsi sull’export su cui non esiste ancora nulla di coordinato; le aziende dovranno raddoppiare gli sforzi e si troveranno a competere con economie più organizzate. | Non basta avere grandi qualità: bisogna saperle amministrare. François de la Rochefoucauld www.grupposistemi2000.it www.symbola.net



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“L’innovazione

passa dal

Cavalcare internet e la multicanalità per aumentare le potenzialità dell’azienda. Una strada che imprenditori e manager sono obbligati a percorrere per non perdere il treno dell’innovazione e delle possibilità offerte da internet. Il tutto senza dimenticare il ruolo centrale giocato dal consumatore, diventato attore esperto, attivo, centrale e critico nella scelta di prodotti. Marina Bonomi, manager di successo, con una grande esperienza nel web e nel marketing, appassionata di multicanalità e nuove tecnologie, ci racconta le principali possibilità offerte dai nuovi device per le imprese. Dopo aver maturato esperienze in Lexicon Digital Media, Omnitel, Vodafone e Olivetti oggi Bonomi è responsabile di Mimesi, realtà del mercato del media monitoring di Reed Business Information, content-company di informazione business to business. Marina Bonomi, lei può essere considerata la pioniera di internet in Italia grazie a una solida preparazione e all’esperienza prima in Olivetti e poi in Omnitel. Da dove nasce questa sua passione? È iniziata negli anni dell’Università quando decisi di iscrivermi a informatica perchè la consideravo la scienza del futuro. Il tema che maggiormente mi appassionò in quegli anni fu sicuramente quella degli ipertesti, il linguaggio a icone e quel modo di programmare più vicino al modo di pensare dell’uomo. Feci la mia tesi proprio sugli ipertesti costruendo una mappatura “interattiva” di Milano in cui era possibile navigare da un contesto all’altro della città. Da allora è stato un crescendo di scoperte ed esperienze sempre nel campo della tecnologia. Dopo un Master alla Bocconi che mi ha permesso di colmare le competenze di business administration, ho lavorato in Olivetti, in Italia Online, l’internet service provider del Gruppo Olivetti, con l’obiettivo di creare nuovi modelli di business. Ai tempi internet era agli albori, c’erano 700mila utenti collegate in rete e sulla nostra piattaforma si registrarono più di 10mila persone. Poi è arrivata l’esperienza in Omnitel dove si è fatta portatrice di un’innovazione importante... Esatto. Sono entrata in Omnitel come direttore innovazione, con l’obiettivo di creare lo “start up” dei servizi innovativi del Gruppo. Questo significava andare aldilà del “core business” rappresentato dal traffico telefonico per creare nuovi servizi a valore aggiunto. Abbiamo fondato la società Omnitel 2000 nata per gestire l’accesso ad una offerta di oltre 150 diversi servizi al pubblico, fruibili da qualsiasi tipo di telefono dispositivo mobile, attraverso una piattaforma tecnologica che per la prima volta integrò riconoscimento vocale e ipertesto, così da rendere reale la convergenza tra telecomunicazioni, Internet e mondo dei media. Quel tipo di processo di innovazione ha rappresentato anche una grande soddisfazione personale oltre che professionale. Il suo primo amore è stato quindi la multicanalità. Cosa si intende oggi per multicanalità? Molto spesso quando si parla di multicanalità, si pensa a prendere un determinato contenuto e a spararlo sul giornale, piuttosto che su internet, sul cellulare o sull’iPad. Così non è, perché di fatto ogni mezzo ha un suo modo di essere utilizzato e delle occasioni specifiche d’uso che finiscono per influenzare lo stesso contenuto. Quando lavoravo in Omnitel, ero solita dire “il mobile, le applicazioni sul mobile, quindi il mobile internet non è l’internet Squeezed in to the phone (squeezed vuol dire spremuto), non è quindi internet spremuto nel telefono, ma qualcosa d’altro”. Ultimamente sono nate delle applicazioni bellissime che sfruttano tutte le potenzialità del cellulare che 58

WEB”

Intervista con Marina Bonomi, da molti considerata la pioniera di Internet in Italia e responsabile di importanti innovazioni in Olivetti, Omnitel e oggi in Mimesi. La multicanalità e il digital marketing al centro di un cambiamento epocale di Laura Di Teodoro fotografie di Vincenzo Lombardi

Marina Bonomi Laureata in Scienze dell’Informazione presso l’Università di Milano nel Luglio 1989, Marina Bonomi arriva nel gruppo Reed Business Information dopo 2 anni trascorsi in Lexicon Digital Media nel ruolo di direttore marketing digitale. Docente di marketing digitale presso l’Università degli Studi di Milano, per tre anni direttore didattico del Master in televisione digitale interattiva dell’Ateneo milanese, Bonomi è stata fino al 2005 direttore del business mobile internet and services presso Vodafone Italia, con incarichi di coordinamento internazionale del business mobile internet per le varie country del Gruppo. Sotto la sua guida la divisione mobile services di Vodafone Italia è diventata la “best practice” europea del gruppo. Prima ancora, Bonomi aveva svolto incarichi dirigenziali in Omnitel dove era stata direttore innovazione e direttore marketing del portale Omnitel2000, e in Italia Online, internet service provider del Gruppo Olivetti dove era stata direttore divisione commercio elettronico. Membro, per conto di Vodafone e Olivetti, del consiglio direttivo dell’Osservatorio Internet (Università Bocconi) e del consiglio direttivo CommerceNet-Italy, Marina Bonomi è stata una delle pioniere di internet in Italia, gestendo lo start-up di varie società nel settore. Lecturer sui temi del marketing e dell’innovazione presso Atenei italiani e per convegni internazionali, ha conseguito nel dicembre 1993 il Master MBA in Business Administration presso la Scuola di direzione aziendale dell’Università Bocconi di Milano.


Lady Economy tempo fa non erano neppure immaginabili, per esempio Foursquare. Foursquare è un’applicazione mobile e web che permette agli utenti registrati di condividere la propria posizione con i propri contatti. A settembre 2010 è stata lanciata la versione 2.0 che oltre a condividere la propria posizione, aiuta gli utenti a scoprire nuovi luoghi e attività, per cui passando di fianco a un determinato locale, ti appaiono tutti i commenti degli utenti su quel locale. Si tratta di un’applicazione estremamente all’avanguardia perché combina le funzionalità della geolocalizzazione,

“Stiamo assistendo a un cambiamento epocale: se prima quello che le aziende dicevano nei siti ufficiali, insieme a ciò che era scritto sui giornali, rappresentava l’unica fonte di attendibilità di una notizia, ora il singolo consumatore è in grado di condizionare direttamente le sorti di un’azienda come di un prodotto” dei social media, dello user generated content e della mobilità. Se pensiamo all’iPad che oggi ha così tanto successo, possiamo immaginare di essere alla preistoria del suo utilizzo, banalmente si prende il pdf di un giornale e lo si carica sull’iPad. Anche in questo campo però vale la regola che non è sufficiente prendere un giornale e “spremerlo” nell’iPad. Bisogna pensare alle potenzialità che questo strumento può esprimere. Da un quotidiano, per esempio, si possono creare diversi canali e sui diversi canali, diverse applicazioni: per esempio si può costruire un canale “politica” con chat e la possibilità di scambiarsi opinioni, tra personaggi e/o tra lettori; si può costruire un canale “sport” dove rendere disponibili video, filmati e la multimedialità; si può impostare un canale cronaca dove inserire le notizie secche, di agenzia, etc. Quanto e come è cambiato l’approccio del consumatore nei confronti delle aziende grazie ai social network? Stiamo assistendo a un cambiamento

Marina Bonomi, responsabile di importanti innovazioni in Olivetti, Omnitel e oggi in Mimesi

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dicembre 2010 - febbraio 2011

Mimesi

epocale: se prima quello che le aziende dicevano nei siti ufficiali, insieme a ciò che era scritto sui giornali, rappresentava l’unica fonte di attendibilità di una notizia, ora il singolo consumatore è in grado di innescare un vortice che può portare al crollo in borsa dei titoli di un’azienda quotata. Mi riferisco a quello che è successo nel caso dell’auto ibrida più venduta al mondo, la Prius della Toyota. Tutto è cominciato con qualcuno che su Internet ha fatto presente che aveva qualche problema col sistema frenante. Di lì è esploso un coro di voci, in gergo un buzz. Se l’azienda avesse monitorato la rete, probabilmente avrebbe potuto intervenire tempestivamente sul prodotto, mentre non solo è stata costretta a ritirare circa 180.000 vetture solo in Gran Bretagna, ma ha anche assistito al crollo del titolo in Borsa (-6%). Stesso destino è toccato persino a Steve Jobs con l’iPhone 4: tutto è nato da un giudizio negativo di un consumatore su Internet. Ciò significa che oggi, dopo quello che è successo con la Lehman Brothers 2 anni fa, diventa sempre più importante capire il sentimento, quello che il consumatore dice riguardo al tuo prodotto e non è più sufficiente avere la versione ufficiale della stampa o dei siti aziendali. E soltanto monitorando web, blog, social media e tutto ciò che è user generated content è possibile avere una percezione reale di un brand, un’azienda e un personaggio. Verso quale direzione sta andando la multicanalità? Come deve essere l’approccio verso queste continue innovazioni? Non bisogna avere paura dell’innovazione, l’innovazione è un dato di fatto, non la si può combattere, bisogna invece cavalcarla per aumentare le proprie potenzialità: se prima potevi comunicare con un solo mezzo che era quello cartaceo, adesso puoi comunicare con diversi mezzi e seguire quindi il tuo cliente in tutti i momenti della giornata: da quando è sull’autobus, a quando è in pausa, ma sta 60

pranzando, a quando è in ufficio, a quando la sera sta guardando la TV e contemporaneamente legge l’iPad. Esistono già varie applicazioni che permettono di visualizzare la posizione fisica delle persone in modo da capire se possono essere contattati. Si pensi a BlipPlus, sistema di geo-social networking per telefoni BlackBerry GPS-enabled che permette agli utenti di condividere la propria posizione con amici, familiari, colleghi. Misura anche la velocità e la direzione delle persone quando sono in viaggio. Con l’applicazione Google Latitude le persone possono condividere con altri la propria posizione su una mappa, e contemporaneamente contattarli per scambiare messaggi di testo, Instant messaging, telefonate. Di fatto, il mondo sta andando verso questo nuovo tipo di relazioni che riproduce con la tecnologia la spontaneità di un rapporto vis a vis. Dunque, con tutte queste possibilità e strumenti, non si cannibalizza la stampa, ma si moltiplicano le occasioni d’uso di un contenuto. Si dice che Steve Jobs abbia salvato l’industria musicale con l’iPod, probabilmente aiuterà anche l’editoria. Come tutte queste tecnologie hanno cambiato il sistema di advertising? L’advertising può solo crescere grazie all’utilizzo di tutti questi device che aiutano il cliente a misurare gli investimenti pubblicitari. L’unico svantaggio che può sorgere rispetto ai media tradizionali è una maggior frammentazione a cui si può far fronte grazie a un ufficio marketing realmente efficiente. Il nuovo progetto che sta seguendo, Mimesi, si inserisce proprio nel concetto di multicanalità e digital marketing perchè offre alle aziende una piattaforma tecnologica studiata ad hoc, che consente di accedere alle rispettive rassegne stampe, attraverso diversi canali di comunicazione. In cosa sente di portare il proprio valore aggiunto? Con Mimesi gestiamo 1.400 clienti, tra diretti

Mimesi, nata nel 2001 in Italia, ed entrata nel gruppo Reed Business Information nel 2007, opera nel settore dei servizi all’informazione, proponendo al mercato un innovativo servizio di realizzazione e fruizione della rassegna stampa. Punto di forza di Mimesi è la capacità di fornire ai propri clienti una piattaforma tecnologica studiata ad hoc, che consente di accedere alle informazioni in modo rapido semplice e preciso, attraverso diversi canali di comunicazione (computer, palmare, posta elettronica, intranet); 7 giorni su 7, 24 ore su 24. Il processo produttivo di Mimesi si basa infatti sull’estrazione completamente digitale di tutti gli articoli di giornale. Il sistema è basato su un software proprietario, che permette di garantire la massima efficacia nell’estrazione e nel riconoscimento dei testi degli articoli e dei ritagli.

e indiretti; ogni giorno vengono digitalizzati oltre 30mila articoli, e prodotte 200mila rassegne in un anno.Con il mio ingresso alla guida di Mimesi, ho impostato un processo di sviluppo della società, che passa attraverso la creazione di nuovi prodotti basati sui media digitali e nuovi modelli di business. C’è un progetto che personalmente vorrebbe portare avanti? La cosa che più mi sta a cuore è quella di lavorare per far aumentare la consapevolezza dell’importanza di internet oggi, anche come strumento di demorazia partecipativa. In quali settori aziendali la multicanalità può maggiormente servire? Sicuramente in tutti i settori. È un concetto molto trasversale. Personalmente penso che oggi come oggi possa giocare un ruolo determinante nella pubblica amministrazione. L’importante, per tutti, è capire cosa fare e sviluppare un giusto modello di business. |

Internet è la più grande arma di costruzione di massa che l’uomo abbia mai avuto a disposizione. Nicholas Negroponte www.mimesi.com


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Il

dicembre 2010 - febbraio 2011

TEMPO che scorre si ferma da

”CHRONOSPHERE”

Un edificio unico al mondo, in cui design, stile ed eccellenza raccontano un nuovo modo di celebrare il Tempo e le sue Forme. Apre il free-standing concept di SERAFINO CONSOLI dedicato all’alta gioielleria e all’alta orologeria. Siglati importanti accordi di partnership con prestigiose maison internazionali testo di Mauro Milesi fotografie di Marco Scarpa, Sara Fratus, Daniela Zanchi

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Idee rivoluzionarie Dar vita a qualcosa che nessun’altro ha mai fatto prima è il sogno di ogni imprenditore. Non è soltanto una sfida, ma la volontà di dare un contributo d’innovazione in un mondo che si appiattisce sempre più verso gli schemi. E questa idea gli schemi li ha rotti tutti. Perché Serafino Consoli, maison con oltre cinquant’anni di storia nel settore della gioielleria e dell’orologeria, ha creato qualcosa che prima non c’era e per definirla è stato perfino necessario coniare un termine nuovo. Perché “Chronosphere” non è un negozio, non è una galleria, non è uno show-room, ma tutte queste cose insieme e molto di più, a cominciare dalla struttura architettonica con un design unico al mondo. Una sorta di “free-standing concept”, un concetto a se stante, indipendente, che rivoluziona il

mondo dell’alta gioielleria e dell’alta orologeria a livello internazionale e che rilancia ancor più lo stile Made in Italy nel tempio dell’alto di gamma. Uno spazio architettonico innovativo, dove prende vita un’idea completamente nuova nel settore del lusso e dedicata ai cultori di orologi e gioielli di tutto il mondo. Cos’è “Chronosphere” E’ la “Forma del Tempo”. Uno spazio appositamente pensato per ospitare, raccontare e vivere il Tempo e le sue forme. Insomma, una vera e propria celebrazione del Tempo: quello delle persone chiamate a vivere un’esperienza unica; quello degli straordinari oggetti dell’arte orologiera e dell’alta gioielleria che sono presentati all’interno di questo concept; quello delle idee, attra-

Una particolare visione del cilindro sospeso. Idea architettonica pensata da Serafino Consoli e intregrata in “Chronosphere”

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Una delle sale espositive al piano teereno

verso lo sviluppo di un’operazione culturale che getta le basi per una nuova fi losofia del lusso. “Quello che conta – spiega Ivan Consoli, chairman di Serafino Consoli - è la nostra voglia di dare forma al tempo insieme a coloro che lavorano ogni giorno con noi proprio per questo, puntando sull’eccellenza e sull’unicità. E dare forma al tempo significa soprattutto dare valore alle persone. Non c’è tempo senza relazione, con i clienti, con i partner, con gli amici che ci sono stati vicini in questi anni”. Attraverso “Chronosphere” il visitatore è chiamato a vivere una vera e propria “Experience” basata su più prospettive. Un viaggio fatto di architettura e design, di cultura orologiera, di piacere ed emozioni. Un percorso su più livelli per riscoprire il gusto di assaporare il tempo, per uscire dai banali schemi commerciali e dalle logiche del semplice rapporto d’acquisto. L’architettura Questa struttura architettonica senza paragoni nasce dall’abile intuizione di trasformare elementi dell’alta orologeria in idee portanti dell’edificio. Così, dal connubio perfetto di elementi tipo, come i contatori sovrapposti del quadrante del “PanoMatic Chrono” di Glashütte Original, il ponte del tourbillon di Girard Perregaux e il “Cilindro sospeso” ideato proprio da Serafi no Consoli, nasce questo edificio pensato per essere “free-standing”: unico, indipendente, inimitabile, identico solo a se stesso. La struttura è sviluppata su più livelli, ciascuno studiato per comunicare specifici concetti e presentare al pubblico i vari brand collezionati all’interno di “Chronosphere”. Design innovativo, materie prime di grande pregio, attenzione al dettaglio e specifiche strumentazioni hi-tech fanno di questo free-standing concept uno spazio rivoluzionario nel settore. 64

il PanoMatic Counter in esclusiva in Italia da Serafino Consoli

Le Partnership “Chronosphere” nasce anche da un preciso e articolato progetto di partnership che coinvolge importanti e prestigiosi marchi a livello internazionale, chiamati direttamente in causa per condividere questa sfida straordinaria. Sono protagonisti di “Chronosphere”: Antonini, Back es&Str auss, Barakà, Breitling, Chaumet, Corum, Cvstos, Demeglio, Gebrüder Schaffrath, Girard Perregaux, Glashütte Original, Hera, Jaermann&Stübi, Jaquet Droz, Jean Richard, Mattioli, Mikimoto, Mimi, Montblanc, Noon, Palmiero, Parmigiani, Rado, Swarovski, Tag Heuer, Ulysse Nardin, Veinini, Vertu, Villeret, Zenith. A sottolineare il valore di queste partnership è una delle realtà protagoniste: “Quando, qualche anno fa, Ivan Consoli mi ha raccontato l’idea alla base di questo progetto – ha spiegato Marco Del Carro, brand manager per l’Italia di Glashütte Original – ho subito capito che mi trovavo di fronte a un’iniziativa unica nel suo genere. Per questo, la nostra maison ha dato tutto il suo appoggio ed è orgogliosa di prendere parte a “Chronosphere”. Una partecipazione sottolineata ancor più dalla cessione in esclusiva per l’Italia a Serafino Consoli di uno dei nostri orologi più importanti, il PanoMatic Counter”.


Idee rivoluzionarie

Ivan Consoli Ivan Consoli, enfant prodige del mondo della gioielleria in Italia, è tra i pochi a vantare il diploma del GIA, “Gemological Institute of America” (conseguito nel 1992) e i diplomi di Maestro d’Arte Orafa e in Arte Applicata all’Istituto Benvenuto Cellini di Valenza Po. Bergamasco, classe 1972, sposato e padre di un bimbo, è ora alla guida della Serafino Consoli e protagonista del progetto “Chronosphere”, da lui fortemente voluto.

“Quello che conta è la nostra voglia di dare forma al tempo insieme a coloro che lavorano ogni giorno con noi proprio per questo, puntando sull’eccellenza e sull’unicità. E dare forma al tempo significa soprattutto dare valore alle persone. Non c’è tempo senza relazione, con i clienti, con i partner, con gli amici che ci sono stati vicini in questi anni” 65


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in queste immagini alcuni particolari degli ambienti

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La passione di una famiglia per il tempo Questa iniziativa è frutto di un progetto a lungo termine della famiglia Consoli, che ha iniziato il suo cammino nel mondo della gioielleria nel 1959 in provincia di Bergamo e che, da sempre, ha dimostrato la sua grande passione per il tempo. Un percorso iniziato proprio da Serafino Consoli, uomo straordinario, concreto, operoso, che ha saputo insegnare e trasmettere alle generazioni successive questa infinita passione. Un percorso il cui esordio è davvero magico: “Alla fine degli Anni Cinquanta – racconta Serafino Consoli – ho dovuto cercare un lavoro che potessi condividere con mio fratello che era poliomielitico e che non si poteva muovere. Così ci siamo dedicati alla riparazione degli orologi perché era un’attività che si poteva fare da seduti e che poteva svolgere anche mio fratello. E’ iniziata così, dalla forza di una diversa abilità che voleva trovare una sua espressione”. Sono passati più di cinquant’anni e oggi, continua, inscindibile, la storia di questa famiglia e di questa azienda pronta adesso a una nuova sfida, grazie alla vision e al genio di Ivan Consoli, che ha raccolto con rinnovata energia il testimone del padre Serafino. Un nuovo concetto di lusso Serafino Consoli afferma e celebra definitivamente con “Chronosphere” la propria fi losofia basata su un nuovo concetto di lusso. “Sempre più spesso sentiamo parlare di lusso – precisa Ivan Consoli - ma il vero lusso è la capacità di ciascuno di noi di scegliere consapevolmente. Il lusso non è il banale possesso di qualcosa che costa moltissimo, ma è il gusto di scegliere ciò che è davvero unico. Diciamo la verità, con i soldi è facile acquistare orologi e gioielli da tutti conosciuti e riconosciuti, ma solo con la conoscenza e la cultura orologiera, con la passione del bello, ci si può avvicinare a oggetti davvero unici e straordinari. Non crediamo in chi ostenta per rassicurarsi e godere di un’accettazione da parte degli altri. Questa è la strada delle mode, degli oggetti in cui molti si riconoscono, di un’identità che non è unicità, ma scimmiottamento di forme di stile superficiali e imposte dagli altri. Noi crediamo in coloro che amano il tempo e le sue forme d’alta gioielleria e arte orologiera per quello che rappresentano per sé stessi e basta. Niente canoni, niente schemi, ma scelte fuori dagli schemi che dimostrino una personalità compiuta. Scelte in cui credere, in un mondo che non le riconosce, scelte come quella di mio padre cinquant’anni fa”. |

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A due passi dall’Europa “Chronosphere” sorge nel cuore della Lombardia, a Grumello del Monte, “Città del vino” in provincia di Bergamo. Qui, a ridosso delle dolci colline della Valcalepio e in prossimità della Franciacorta, la famiglia Consoli ha coltivato la propria azienda nel corso degli ultimi cinquant’anni e ha scelto di consolidare ancor più il proprio attaccamento con il territorio con questo nuovo progetto. Come molti di grandi marchi che portano il Made in Italy in tutto il mondo, Serafino Consoli è un patrimonio della provincia italiana, che fa grande questo Paese. Per questo, il visitatore è chiamato a scoprire non solo le meraviglie di questo concept innovativo, ma anche tutta la ricchezza di un territorio pronto a offrire paesaggi, cultura, storia e il piacere della buona tavola e del bere. Dal punto di vista viabilistico e infrastrutturale, “Chronosphere” è perfettamente collegata con il resto d’Europa grazie alla vicinanza con l’aeroporto di Milano-Orio al Serio, al casello di Grumello del Monte dell’autostrada A4 e alla stazione ferroviaria.


Idee rivoluzionarie Testatina

“Non crediamo in chi ostenta per rassicurarsi e godere di un’accettazione da parte degli altri. Questa è la strada delle mode. Noi crediamo in coloro che amano il tempo e le sue forme d’alta gioielleria e arte orologiera per quello che rappresentano per sé stessi e basta. Niente canoni, niente schemi, ma scelte fuori dagli schemi che dimostrino una personalità compiuta”

L’eternità è un concetto simile all’attimo, non si coglie, non si misura e l’amore se ne serve nel periodo in cui dimentica il tempo; può essere un secondo, come può essere per un giorno, come per più anni, poi l’eternità dilegua. Antonio Beltramelli B&G n.9 - Supplemento Le forme del tempo

www.serafinoconsoli.it

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Internazionalizzazione

Internazionalizzazione: voglia di ROSA Resta bassa la percentuale di donne ai vertici delle aziende italiane. In un seminario organizzato da Promos Monza e Brianza emerge la necessità di valorizzare l’imprenditoria in rosa nei processi di internazionalizzazione e cambiamento Portare innovazione nei processi di internazionalizzazione. Secondo quanto emerso dal seminario organizzato da Promos Monza e Brianza, in collaborazione con il Comitato per la Promozione dell’Imprenditoria Femminile di Monza e Brianza e Unioncamere Lombardia, sarebbe questo il ruolo delle donne nell’attuale contesto. In Italia sono 845.245 le imprese individuali con titolare donna (circa 1 impresa individuale su 4), e proprio le piccole imprese femminili hanno resistito meglio alla crisi rispetto a quelle maschili: dal 2008 ad oggi, infatti, le imprese individuali con titolare donna hanno registrato una diminuzione dell’1,8 per cento, meglio del -2,5 per cento registrato dalle imprese maschili. Ma ancora molto rimane da fare affinchè le donne possano realmente mettere in campo le risorse e le potenzialità di cui dispongono: solo il 13 per cento dei dirigenti italiani, infatti, è donna e la percentuale è destinata a scendere ulteriormente se analizziamo la composizione dei Cda, dove si arriva solo al 6 per cento. Ancora più allarmante è il dato riguardante il tasso di occupazione femminile, fermo al 46 per cento. Lo ha rivelato Rita Bonucchi, della Bonucchi & Associati, nel corso del seminario “Donne e internazionalizzazione” organizzato da Promos Monza e Brianza, in collaborazione con il Comitato per la Promozione dell’Imprenditoria Femminile di Monza e Brianza e Unioncamere Lombardia. In un contesto come quello attuale è emerso che la figura della donna, così come testimoniano anche i dati relativi alla tenuta delle imprese femminili in questo periodo di crisi, può e deve giocare un ruolo fondamentale. Anche nel campo dell’internazionalizzazione: “Le aziende italiane - ha spiegato Rita Bonucchi nel corso del seminario rivolto alle piccole e medie imprese del territorio impegnate nell’internazionalizzazione - oggi hanno bisogno di andare verso i mercati esteri con strumenti diversi rispetto a quelli del passato. Questo significa impegnarsi nella trasformazione di un processo di internazionalizzazione che è rimasto piuttosto fermo. Le donne in questo processo di cambiamento possono contribuire in modo significativo, soprattutto nel campo dell’internazionalizzazione, in quanto hanno il vantaggio di avere dalla loro le competenze linguistiche, la flessibilità e un diverso approccio tecnologico”. Le donne, dunque, secondo Rita Bonucchi, potrebbero quindi portare un valore aggiunto nell’ambito di questo processo: “Il ruolo delle donne - ha aggiunto - in questo contesto diventa quello di portare innovazione nei processi di internazionalizzazione”. 69


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In Italia sono 845.245 le imprese individuali con titolare donna (circa 1 impresa individuale su 4), e proprio le piccole imprese femminili hanno resistito meglio alla crisi rispetto a quelle maschili: dal 2008 ad oggi, infatti, le imprese individuali con titolare donna hanno registrato una diminuzione del 1,8 per cento, meglio del -2,5 per cento registrato dalle imprese maschili Un pensiero condiviso anche da Mina Pirovano, presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Monza e Brianza, la quale ha sottolineato il fatto che più imprese femminili nel nostro Paese possono contribuire a garantire uno sviluppo maggiormente equilibrato: “Molto ancora deve essere fatto affinchè le donne possano arrivare dove meritano di stare - ha commentato Pirovano -. L’importante ora è non mollare e agire in fretta. Credo che la parola chiave oggi come oggi sia proprio la velocità: il nostro territorio può contare su risorse importanti quali una grande volontà e creatività, che caratterizzano dal grande imprenditore al lavoratore più umile. Quello è sapere mettere a frutto queste qualità ora, senza aspettare troppo. Questo vale soprattutto per le donne, che rappresen70

tano un’eccellenza, in quanto in questo periodo di crisi hanno dimostrato di saper curare la propria azienda e di essere in grado di affrontare in modo diverso dagli uomini le difficoltà. Ecco perchè oggi è importantissimo investire nelle risorse umane, tenendo ben presente che la donna è un’opportunità. Dal canto nostro noi donne dovremmo imparare a fare squadra come sanno fare gli uomini, per iniziare davvero a giocare la partita che meritiamo”. Un esempio di “sinergia tutta in rosa” è quello offerto dal Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Monza e Brianza, composto da rappresentanti del Consiglio camerale, nonche da rappresentanti delle associazioni imprenditoriali di categoria presenti sul territorio e delle organizzazioni sindacali impegnate nelle promozione delle pari opportunità. Tra le attività principali del Comitato vi sono la proposta di suggerimenti nell’ambito della programmazione delle attività camerali, che riguardino lo sviluppo e la qualificazione della presenza delle donne nel mondo dell’imprenditoria, la promozione di indagini conoscitive sulla realtà imprenditoriale locale, anche con studi di settore, per individuare le opportunità di accesso e di promozione delle donne nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria in particolare e la promozione di iniziative per attivare un sistema di collaborazioni sinergiche con gli enti pubblici e privati che sul territorio svolgono attività di promozione e sostegno all’imprenditoria femminile in generale. | Le donne sono venute in eccellenza di ciascun’arte ove hanno posto cura. Ludovico Ariosto

www.promos-milano.com www.mb.camcom.it


www.cobalto.it


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Strategie di sviluppo per prodotti innovativi

Il processo d’innovazione spesso segue dei paradossi. Oggi è possibile affidarsi anche a strumenti di “simulazione tecnologica” Thierry Marchal, Industry Director, Ansys Benelux

Paolo Colombo, responsabile marketing, Ansys Italia

Il solito business non è più una opzione. Quando andiamo ad analizzare il modo in cui le aziende sviluppano nuovi prodotti, ci troviamo davanti ad una serie di paradossi. Vediamone solo alcuni tra i più evidenti. Innanzitutto i prodotti crescono di complessità: più versioni, più funzionalità, più sistemi che interagiscono, più integrazione tra meccanica ed elettronica eppure la tendenza è quella di abbreviare il loro ciclo di sviluppo e di contenere il più possibile gli investimenti. Ancora, continuiamo a sentire che oggi è necessario puntare il più possibile su prodotti innovativi, ma la maggior parte delle aziende preferiscono muoversi su terreni conosciuti perché non possono permettersi di investire in progetti che, essendo davvero “sperimentali”, non danno fin dall’inizio sufficienti garanzie di ritorno sull’investimento. Questo è vero anche per quelle società che invece investono fortemente in ricerca e sviluppo. Per le grandi innovazioni, infatti, l’approccio tradizionale di creare numerosi prototipi fisici e condurre lunghi cicli di prova per ogni progetto, non è fattibile. Richiederebbe enormi budget riducendo così i profitti, e lunghi cicli di sviluppo portando troppo tardi i prodotti sul mercato. Invece, si devono implementare processi nuovi in

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modo che le aziende possano progettare in tempo ed a costi più bassi prodotti innovativi e di più elevata qualità. Aberdeen Group è uno dei principali attori americani che si occupa di effettuare ricerche sulle applicazioni delle nuove tecnologie. Uno dei loro recenti rapporti dal titolo “ Strategie di Risparmio per l’Ingegneria: Uso della Simulazione per Conseguire Migliori Decisioni” fa luce sulle best practice applicate dalle aziende vincenti che puntano, nello sviluppo dei loro prodotti, ad ottimizzare la terna tempo, costo e qualità. Secondo questo rapporto, le aziende più innovative sul mercato oggi utilizzano soft ware di simulazione virtuale per analizzare e testare i loro nuovi prodotti. Come? Un esempio tra tutti: con gli strumenti virtuali e le capacità di calcolo oggi disponibili possiamo testare decine e decine di configurazioni diverse di prodotto, anche le più ardite ed innovative, senza aver costruito un singolo prototipo fisico. I risultati di queste prime analisi ci indicano se e quali strade sono davvero percorribili e quindi consentono di focalizzare gli investimenti sulle idee che hanno già possibilità di successo. Arriveremo al prototipo

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49%

50% 40% 30%

48%

28% 16%

20% 10% 0% Occasionally, 1 -3 times during the design process Best-in-Class

Systematically, regular intervals throughout design process All Others


Best practice

Ansys Ansys, che da 40 anni si occupa di simulazione virtuale, organizza seminari (uno è in agenda a maggio 2011) e corsi a partecipazione gratuita per conoscere le possibilità legate alle nuove tecnologie di simulazione. Per essere informati sul programma di eventi è possibile scrivere a Italyinfo@ansys.com o iscriversi al gruppo linkedin ANSYS ITALIA.

fisico quando ormai avremo messo a punto ed ottimizzato il prodotto, per un test finale. L’impiego delle tecniche virtuali consente alle aziende che lo usano di essere più veloci dei concorrenti e di avere prodotti migliori perché si prevede il comportamento del prodotto stesso già nelle primissime fasi della progettazione, testando il sistema ad ogni step (per esempio, lavorando di giorno e lanciando le analisi durante la notte per vederne i risultati la mattina dopo). Ci si rende conto facilmente che in questo modo

sono possibili iterazioni velocissime che, giorno dopo giorno, supportano il progettista nel prendere decisioni informate su come proseguire lo sviluppo del prodotto per arrivare ad una ottimizzazione molto spinta. Oggi è possibile addirittura integrare simulazioni meccaniche, strutturali, fluidodinamiche, elettromagnetiche: un vero e proprio prototipo virtuale che dimostra come interagiscono tra loro i diversi sistemi che costituiscono il prodotto, e il prodotto stesso con l’ambiente.

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Uso sistematico della simulazione tecnologica Molte aziende usano già la simulazione durante la progettazione, ma quelle che hanno più successo si differenziano per l’uso sistematico che ne fanno durante la fase di progettazione, applicando come standard il concetto dello Sviluppo del Prodotto in base alla Simulazione. Queste aziende integrano e impiegano la simulazione nel cuore dei loro processi, promuovendo interazioni tra gli analisti ed i progettisti intorno ad un prodotto sviluppato in un ambiente soft ware comune ed integrato. La previsione efficace e precisa del comportamento dei nuovi prodotti richiede spesso di analizzare l’interazione della fisica complessa e non lineare e comprende l’analisi strutturale, la dinamica dei fluidi, il modello elettromagnetico, l’analisi delle sollecitazioni, ed altri tipi di indagini. Inoltre, le interazioni tra le tante singole parti di un prodotto e anche tra il prodotto ed il suo ambiente richiedono un modello geometrico più comprensivo, una rete complessa ed un calcolo a elevata prestazione (HPC). Questo oggi è possibile ed è alla portata di tutte le aziende: i nuovi strumenti richiedono investimenti accessibili e hanno interfacce semplificate. Inoltre sono modulari, per adattarsi alle reali esigenze di un utilizzatore.

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Analyze product behavior earlier

Implement a ‘get it right the first time’ strategy Promote collaboration between analysis experts / design engineers

56% 67% 39% 52% 38%

Evaluate more design iterations in the concept / design stage Define best practices for assessing productbehavior Reduce number of unique parts in product

52% 43% 49% 36% 42% 34%

Best-in-Class All Others

Utente e software: le due componenti fondamentali Sebbene il concetto dello Sviluppo del Prodotto in Base alla Simulazione possa essere un traguardo ideale di processo per molte aziende, l’approccio non può essere implementato con successo senza sufficiente riflessione, know-how e conoscenza per impostare ed impiegare le soluzioni tecnologiche avanzate richieste. Ci sono quindi due fattori essenziali per poter implementare efficacemente questa strategia. Il primo è determinato dall’utilizzatore del soft ware. Come tutti i soft ware specialistici 74

richiede personale qualificato per sfruttarne al meglio le potenzialità, anche se la semplicità d’uso delle ultime releases consente davvero un approccio semplificato. Il secondo è il soft ware stesso. Oggi esistono diversi fornitori, dai più semplici ai più evoluti. E’ quindi importante sapere cosa si vuole ottenere, perché il rischio è di usare modelli troppo semplificati, le cui predizioni non risultano attendibili. La vera e propria prototipazione virtuale si può ottenere solo quando si ha a disposizione una piattaforma che può far interagire simulatori avanzati e consente il passaggio automatico e veloce tra un simulatore e l’altro. I vantaggi sono colossali, fino ad arrivare a risparmi di milioni di dollari su progetti complessi. I leader di domani svilupperanno sistematicamente dettagliati modelli virtuali Non vi è più alcun dubbio circa i potenziali benefici della simulazione, e chi rimane indietro si renderà subito conto dell’aspetto negativo del non adottarla: l’incapacità di mantenere una competitività innovativa. Il mondo delle competizioni, dove la tecnologia è impiegata all’estremo, ce ne ha già dato prova con due casi emblematici: Alinghi, uno scafo svizzero che ha vinto la coppa america, e la scuderia di Formula 1 Red Bull che è arrivata alla conquista del campionato costruttori a pochi anni dalla sua nascita. I leader di domani svilupperanno sistematicamente modelli virtuali dettagliati, utilizzando al meglio sia questi strumenti di simulazione per ottimizzare i risparmi sui costi, sia i nuovi progetti innovativi che porteranno enormi vantaggi competitivi negli anni a venire. |

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Il

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futuro dell’energia in Italia: dove stiamo andando?

I benefici dell’efficienza energetica per la nostra economia e per l’ambiente. Grazie agli investimenti degli ultimi tre anni sono stati risparmiati 3,2 milioni di euro sulla bolletta energetica di Dario Fiorina, Energy Manager ABenergie Rinnovabili

La vera sfida energetica del nostro tempo è la fornitura in qualità e quantità sufficiente per tutti gli abitanti della terra. I paradigmi di consumo del passato non possono più garantire un futuro sostenibile ai nostri figli. Come si sta muovendo l’Italia? Innanzitutto bisogna fare una distinzione ben precisa tra le azioni, gli investimenti e gli incentivi atti a migliorare l’efficienza e quelli volti verso l’innovazione tecnologica per la produzione di energia elettrica. La via dell’incentivo resta quella giusta per proseguire il cammino sulla strada dell’efficienza energetica negli edifici pubblici e privati. È quanto emerge dai risultati degli interventi riguardanti l’intera campagna di “detrazione fiscale 55%” giunta al terzo anno e che terminerà con la fi ne del 2010. Secondo un indagine del CRESME, il 47% del campione utilizzato tra gli utenti che hanno sfruttato l’incentivo di detrazione fiscale non avrebbe fatto l’intervento di efficentamento energetico se ci fosse stato solo l’incentivo del 36% sulle opere necessarie. Tra il 2007/2010 sono stati investiti circa 11.446 milioni di euro in interventi di efficentamento energetico e 6.446 milioni di euro di detrazione fiscale. Sono stati risparmiati circa 3.200 milioni di euro sulla bolletta energetica, il gettito fiscale aggiunto è stato di 3.310 milioni di euro e l’incremento del reddito immobiliare è stato di 3.800 milioni 76

di euro. Tutto questo senza contare i benefici in riduzione di CO2, sostegno alle aziende che operano nel settore produttivo, sostegno occupazionale, aumento delle tecnologie disponibili e soprattutto un beneficio nel comfort dei fruitori. Questo sistema ha favorito un’emersione dell’evasione fiscale e un recupero dell’Ires e dell’Irpef, ma ha anche evidenziato una risposta disomogenea sul territorio: al Nord sono stati realizzati la maggior parte degli investimenti, grazie anche ad una politica locale più attenta all’efficienza energetica, specialmente in Lombardia. Gli interventi più frequenti sono stati quelli di sostituzione degli infissi, seguiti dalla sostituzione di caldaie e installazione di impianti solari termici; ultimi ma non perché meno importanti, ma perché più invasivi, le opere di coibentazione degli edifici. Alla luce delle nuove tecnologie sarebbe indispensabile un aggiornamento dell’incentivo all’uso dei pannelli solari termici e soprattutto occorrerebbe incentivare l’introduzione delle caldaie a condensazione per sostituire un parco caldaie ormai obsoleto. Tra le osservazioni atte alla miglioria dell’attuale forma incentivante vi è la necessità di snellire l’iter burocratico e di diminuire l’onerosità dei requisiti tecnici per accedere agli incentivi. Nella distribuzione dell’energia elettrica la vera sfida sarà distribuirne local-

mente la produzione; questo eviterà le perdite di rete che il trasporto comporta, che in Italia è stimata al 10,8 % per gli utenti in BT e 5,4 % per gli utenti in MT. Il distributore quindi si sta trovando di fronte a una trasformazione della propria rete per essere in grado di gestire sia i flussi di energia prodotta dalle grandi centrali (termoelettriche, idroelettriche etc), sia quelli da produzione di media e piccola entità da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, termico, etc.). Di conseguenza non sarà più sufficiente avere un controllo della produzione a carattere nazionale ma sarà necessario, anche a livello locale, monitorare, gestire ed integrare la distribuzione di energia prodotta in bassa e in media tensione proveniente da fonti rinnovabili. Se addirittura fossimo obbligati ad auto produrre energia nelle nostre case e aziende, saremmo sicuramente più attenti ai nostri consumi. Quali nuove tecnologie si stanno affermando per affidabilità e convenienza negli ultimi anni nelle fonti rinnovabili? I dati di investimento su scala mondiale negli ultimi 3 anni hanno superato le più rosee aspettative: le fonti rinnovabili sono uscite dalla nicchia e rappresentano un settore in forte evoluzione tecnologica e anche a livello europeo le scelte fatte verso le fonti rinnovabili sono irreversibili. Il fotovoltaico è in evoluzione, nuove tecnologie che impegnano minor spa-


Energie rinnovabili

“Secondo un indagine del CRESME, il 47% del campione utilizzato tra gli utenti che hanno sfruttato l’incentivo di detrazione fiscale non avrebbe fatto l’intervento di efficentamento energetico se ci fosse stato solo l’incentivo del 36% sulle opere necessarie. Tra il 2007/2010 sono stati investiti circa 11.446 milioni di euro in interventi di efficentamento energetico e 6.446 milioni di euro di detrazione fiscale”

zio stanno prendendo piede e le applicazioni attraverso sistemi architettonici fanno ormai parte della nuova concezione del “costruire”. La tecnologia che sarà sicuramente protagonista nei prossimi anni prende il nome di “CSP” o solare a concentrazione, che avviene con la conversione dell’energia solare in energia termica ad alta temperatura attraverso la concentrazione della radiazione solare. Per creare energia termica a temperatura medio elevata i raggi solari vengono concentrati verso un punto focale utilizzando delle superfici riflettenti (specchi o alluminio), che seguono l’andamento del sole (tracker). Nel punto focale si trova un tubo assorbitore, all’interno del quale scorre un fluido termovettore, che ha tra le proprie caratteristiche quella di essere in grado di trattenere calore e che può essere immagazzinato e utilizzato in un secondo momento. Questa caratteristica non è presente nelle altre fonti rinnovabili attraverso il fluido termovettore il calore viene poi convertito in energia termica e energia elettrica. Contro mercato e con una falsa ideologia di risparmio, il Governo italiano si sta muovendo sempre di più verso l’installazione di alcune centrali nucleari, ma bisogna fare qualche considerazione a riguardo. Il nucleare ancora oggi è osteggiato più di ”pancia” che di “testa” e tuttora non esiste un programma trasparente di lavori e di costruzione del consenso. Ad oggi non si è ancora trovato chi si accollerà il rischio di fi nanziatore dei progetti, e la questione sta diventando sempre più di ambito politico che del settore energetico. La scelta nucleare non riguarda solo la costruzione di un impianto, ma di una fi liera che va dall’arricchimento dell’uranio alla gestione a lungo termine delle scorie. Un sistema estremamente complesso che richiede un grande controllo e coordinamento: ne saremo capaci? Non esistono fonti buone e fonti cattive, tutto sta nell’organizzazione del settore e nelle prospettive di sostenibilità di un lungo periodo. Una centrale nucleare oggi è sicura, ma cosa può succedere prima e dopo? Il punto non è Chernobyl, ma la storia di BNFL e Sellafield, dove il disastro ecologico è avvenuto nel trasporto delle scorie radioattive e non nella lavorazione. Concentrarsi sulla costruzione delle centrali ignorando tutto ciò di cui c’è bisogno a monte, è di un’ingenuità disarmante. In conclusione non possiamo non tener conto che le Fonti Rinnovabili rappresentano oggi l’ambito di investimento primario del settore energetico mondiale. Nucleare e Rinnovabili sono due modelli culturali e sociali diversi, verso i quali sarebbe auspicabile una scelta basata su criteri chiari e giustificati. |

B&G n.10 pag. 74 L’uso razionale dell’energia B&G n.12 pag. 70 Impianti di energie fotovoltaica una scelta etica e razionale B&G n.13 pag. 80 Il mercato liberto dell’energia elettrica B&G n.14 pag. 70 Impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile B&g n. 15 pag 78 Applicazione di interventi di efficienza energetica

www.abenergie.it

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dicembre 2010 - febbraio 2011

crisi, un grande stimolo La

al cambiamento e i modelli di consulenza che possono

aiutare a superarla

Il valore aggiunto della consulenza aziendale per aumentare la competitività e l’efficienza operativa dell’azienda. Come aiutare le imprese a capire la direzione da prendere testo di Massimo Appiotti

In un momento come questo dove parecchie realtà aziendali stanno fortemente risentendo di una crisi economica e di mercato importante, e che sembra essere passata solo a parole, ci siamo posti questa domanda: La consulenza aziendale può veramente aiutare le imprese ad affrontare meglio a superare questa difficile situazione ed essere quindi un vero partner per le aziende o è forse meglio in questo momento di tagli ai costi cominciare proprio da quelli per i consulenti? E’ chiaro che non ci possa in effetti essere una risposta univoca, ma questa provocazione può essere di spunto per meglio capire quale dovrebbe essere il ruolo della consulenza e la tipologia che meglio si adatta a un momento di crisi. Prima però di parlare dei consulenti, che dovrebbero essere un mezzo, chiediamoci quale debba essere l’obiettivo, ponendoci una semplice domanda: quali sono i fattori che possono aiutare la mia azienda nel contesto attuale? In linea generale vi sono due grandi temi che possono aiutare ad aumentare la competitività e il valore sosteni-

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Oltre Testatina la crisi bile di un’impresa: l’efficienza operativa, ossia la capacità di ottimizzare il business model esistente migliorando l’efficienza e l’efficacia di un’organizzazione (dalle vendite agli acquisti, dalla produzione alle risorse umane, e da cui in generale si riesce a ottenere migliori margini, e a migliorare il cash flow anche con orizzonti temporali di breve periodo) e la capacità di trovare e mettere in pratica idee innovative, non solo a livello di prodotto o servizio, ma anche di modello di business o

“L’obiettivo in tempo di crisi è quello di creare valore sostenibile, ossia di mettere in pratica soluzioni efficienti, innovative e orientate al cliente, e che producano risultati economici subito senza per altro ipotecare la competitività futura e che perdurino nel tempo”

della rete di partner aziendali per offrire servizi nuovi o più completi ai clienti. Normalmente la parte legata all’innovatività ha orizzonti temporali leggermente più lunghi dell’efficienza operativa, ma in genere ritorni decisamente più interessanti. In entrambi i casi però stiamo parlando di creare valore sostenibile grazie alla capacità di mettere in discussione quello che facciamo e abbiamo fatto tutti i giorni e che, mentre ci ha garantito il successo in passato, potrebbe non essere più sufficiente per il futuro. La crisi quindi rende più che mai necessaria la capacità di un’azienda di migliorare e di conseguenza di essere capace di ripensare in maniera più o meno approfondita il suo modo di fare business e di lavorare. La crisi, se vogliamo vederla in modo positivo, è in effetti un enorme stimolo al cambiamento e come diceva quella formidabile leader che era Caterina la Grande (1729-1796): “Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”. Voi quali vorreste essere? Partendo dal presupposto che tutti preferiamo stare nella squadra dei mulini a vento, in modo da guadagnare dalla crisi piuttosto che perderci, dovremmo quindi essere tutti d’accordo di quanto sia assolutamente fondamentale essere capaci non solo di cambiare, ma anche di saper gestire il cambiamento. Cambiare infatti non è per niente una cosa facile. Prima di tutto perchè bisogna capire bene qual è la direzione giusta da prendere e secondo perchè, anche una volta convinti che la direzione sia assolutamente giusta e necessaria, il cambiamento porta sempre con sé, a tutti i livelli aziendali, insicurezza, sconforto e paura per qualcosa che non si conosce così bene come il passato. Se siamo d’accordo con questi due assiomi fondamentali, e cioè che in tempo di crisi cambiare è assolutamente necessario, ma anche particolarmente difficile, credo che concorderemo con il fatto che un aiuto esterno, per esempio dei consulenti aziendali possa essere utile su entrambi i fattori: aiutare a capire la direzione da prendere e aiutarci a gestire la transizione fino al raggiungimento del risultato. Il che però non vuol dire che tutti i consulenti e i modelli di consulenza vadano bene! Quali sono allora i modelli da ricercare e quelli da evitare? Prima di tutto abbiamo detto che l’obiettivo in tempo di crisi è quello di creare valore sostenibile ossia di mettere in pratica soluzioni efficienti, innovative e orientate al cliente, e

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che producano risultati economici subito senza per altro ipotecare la competitività futura e che perdurino nel tempo. Non è sicuramente il momento di prendere consulenti che come output finale ci propongano la “migliore strategia possibile” o “il miglior sistema informatico possibile”, ma piuttosto la “migliore strategia fattibile” e “il miglior sistema informatico fattibile”. La differenza fra Fattibile e Possibile è enorme: mentre il secondo è normalmente un’analisi semplicemente orientata all’output in valore assoluto e non prende in considerazione le risorse aziendali necessarie per attuarlo (dove per risorse non intendiamo solo il numero di teste, ma in senso più lato le loro capacità, la leadership aziendale e, perchè no, la capacità aziendale di investire e gestire il cambiamento), il secondo applica un trade-off, un compromesso, fra ciò che sarebbe l’ottimo irrealizzabile e un buono realizzabile nei tempi e con le capacità esistenti in azienda. In poche parole soprattutto di questi tempi non bisogna farsi ammaliare dai grandi cambiamenti strategici (seppure spesso necessari), ma bisogna focalizzarsi piuttosto su quali siano le fasi per arrivarci, non disperdendo risorse in progetti a lunghissimo termine che assorbirebbero troppe risorse senza avere un pay-off di breve (mai capitato di ricevere da consulenti meravigliose idee riguardo alle stra80

tegie aziendali che poi sono rimaste in un cassetto?) Diventa inoltre importante capire che oltre alla fattibilità bisogna concentrarsi sulla sostenibilità delle soluzioni e del valore creato dal cambiamento. La sostenibilità è fondamentalmente funzione della capacità dell’azienda di gestire al suo interno il cambiamento; come diceva quel grande guru del cambiamento che era Jerry Sternin (inventore della positive deviance) “change is a door that you can only open from inside”, il cambiamento è una porta che si può aprire solo dall’interno (mai capitato di progetti gestiti in toto da consulenti che hanno portato a cambiamenti tanto interessanti quanto veloci a sparire con la sparizione dei consulenti stessi?). Il che vuol dire che volenti o nolenti non si possono dare completamente in outsourcing alla consulenza né l’ideazione né l’implementazione delle attività che ci porteranno una migliore competitività. In breve quindi anche per i consulenti non è più neanche tempo di soluzoni meravigliose che però il cliente da solo non può e non riesce a mettere in pratica o che appena essi spariscono evaporano come ghiaccio al sole. E’ necessario che i consulenti non si sostituiscano al cliente, ma lo aiutino a utilizzare le risorse interne per gestire il cambiamento. E’ vero quindi che una consulenza che produce risultati sostenibili nel tempo, con il cliente e non

al posto suo, è però fondamentalmente diversa da quella più in voga in passato, perchè non può permettersi di fare leva su un esercito di junior messi a fare number crunching o a chiedere a manager navigati lumi sul loro mestiere. Deve essere una consulenza di senior, fatta da gente che ne ha viste tante in azienda e che ora può veramente aiutare chi sta dall’altra parte perchè sa benissimo quali siano i “veri” problemi e che soprattutto sia disposto a rimanere con il cliente fino al momento in cui si realizzano i benefici attesi. Questo ovviamente dal punto di vista del consulente potrebbe sembrare molto più complesso e fondamentalmente meno redditizio, ma così è solo in parte. Bisogna in fondo anche educare chi la consulenza la compra a non guardare solo i prezzi a giornata delle risorse, come se si comprassero viti e bulloni, ma molto più in profondità quali sono le caratteristiche vincenti di un progetto di consulenza, come le abbiamo discusse prima. La consulenza può fare molto per aiutare le aziende a uscire dalla crisi e a uscirne senza grandi bagni di sangue, ma è anche vero che la prima cosa che deve fare è sicuramente quella di rimettere un po’ in discussione alcuni suoi modelli operativi. |

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Aumentare e

l’efficienza l’efficacia nelle vendite Da venditore che doveva esclusivamente raccogliere ordini a gestore della relazione e conoscenza. Come cambia la figura del venditore. Le nuove strategie e i piani da mettere in atto Testo di Alberto Claudio Tremolada Metatech Group – Consigliere e responsabile G.a.m. Componentistica in Adaci sez. Lombardia/Liguria (Ass. It. di Management degli Approvvigionamenti)

proprio e, se non raggiunge gli obbiettivi, dovrà appendere al chiodo gli strumenti della sua attività e dedicarsi ad altro (venendogli a mancare le risorse minime necessarie per continuare l’attività). Pertanto se organizza e gestisce l’attività inefficientemente e inefficacemente, per quanto possa essere un superman, i risultati (raggiungimento degli obbiettivi) non arriveranno o saranno solo parziali. Il venditore deve organizzare e gestire con metodo sistemico, non fare tentativi che sottraggono tempo alla sua risorsa principale. Il tempo è tiranno, l’orologio corre, le ore passano non aspettano e se il venditore non sa organizzare e gestire la sua attività ne sprecherà in quantità industriali (ore che si aggiungono a quelle che perderà per le inefficienze del sistema economico in cui opera). Ma da dove deve iniziare?

“VENDERE” alienare beni o servizi ricevendo prezzo di denaro o altro. Ogni bene e servizio deve essere alienato, pena la scomparsa dell’Azienda per mancanza delle risorse minime necessarie alla sopravvivenza. Possono essere venduti direttamente da chi li produce, oppure avvalendosi di figure professionali autonome. Fra le macro-figure rientrano i venditori, ma come dovrebbero organizzare e gestire l’attività per affrontare le sfide del nuovo millennio? 1.

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Strategies & definition Il venditore è al tempo stesso l’elemento operativo dell’area commerciale di un’Azienda ed il consulente agli acquisti dei Clienti e potenziali. Questa è la differenza fra il venditore professionista e quello estemporaneo. Venditore non ci si può improvvisare; dopo aver scelto volontariamente, aver espletato tutte le pratiche burocratiche, selezionato l’Azienda con cui collaborare e formalizzato il rapporto, viene la fase dell’organizzare e gestire l’attività. Dopo tanto parlare è arrivato il momento di agire, non ci si può più perdere in parole: si devono mettere in campo le proprie competenze (acquisite con la formazione erogata dall’Azienda o in proprio frequentando corsi, studiando, leggendo), abilità distintive per cercare di raggiungere o superare gli obbiettivi aziendali, propri e dei Clienti. In questa fase si è soli, per quanto il venditore possa avere inizialmente il supporto dell’azienda e di consulenti esterni, e organizzare e gestire l’attività è una delle sue mansioni principali. E’ il venditore che deve sapere come, dove, quando, quanto e perché; in qualità di venditore professionista autonomo deve organizzare e gestire l’attività come se fosse un’azienda (la differenza è soprattutto per le dimensioni). Deve essere conscio che come imprenditore di se stesso rischia del

2.

Sales plan Il piano delle vendite è lo strumento strategico/operativo (a seconda della realtà in cui si opera) da cui partire per organizzare e gestire l’attività, definisce gli obiettivi, risultati attesi e le risorse da allocare. Di solito le strategie sono definite dall’azienda, il venditore è il braccio operativo. Recentemente le aziende illuminate si sono accorte quanto il venditore professionista sia fondamentale per il perseguimento ed il raggiungimento degli obiettivi/risultati. Essendo l’interfaccia (soprattutto nelle Pmi) principale d’interposizione con i mercati target, è opportuno che sia coinvolto fin dall’inizio nella definizione e stesura del piano delle vendite. Anche se tutte le persone all’interno dell’organizzazione possono interagire con i mercati target, di solito avviene solo per la parte riguardante la mansione e non svolgono tutte le attività dei venditori professionisti. L’imprenditore e il management possono interfacciarsi con i Key account principali trascurando tutti gli altri, definire contratti ma poi devono demandare ad altre persone l’esecuzione degli


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stessi, l’assistenza ecc. Il front office interno all’azienda può dare assistenza ai Clienti e potenziali, ma poi deve demandare la conclusione dei contratti ai venditori professionisti. Come è facile comprendere il venditore professionista è l’unica figura che con tutti i Clienti e potenziali (mercati target): • • • • • •

Si interfaccia Cerca di soddisfare i loro bisogni/desideri Trova le soluzioni Conclude le vendite Li assiste Li delizia (anche per loro bisogni/desideri tangibili non riguardanti i prodotti/servizi trattati)

• •

Raccoglie informazioni e dati del sistema mercato proprio (dei Clienti e potenziali, dei concorrenti, ecc. in una parola di tutti gli stakeholders) Monitora i cambiamenti in corso Implementa i giusti correttivi

A questo punto comprendete che per avere un quadro di riferimento generale, per poter elaborare un piano di vendite, bisogna che il venditore professionista sia coinvolto fin dall’inizio.Cosa dovrebbe contenere un piano delle vendite? Più in dettaglio dovrebbe contenere: Valutazione dello scenario ambientale attuale e previsto, ovvero la situazione attuale e prevedibile del proprio siste-

ma mercato e dei mercati target: Crescita (ci sono possibilità di aumentare il business), Saturazione (consolidare il business), Declino (concentrazione su altri prodotti/servizi, mercati o uscita).Bisogna inoltre valutare anche altri fattori influenzanti (possibilità di entrata di nuovi competitors, di prodotti/servizi sostitutivi, di nuove leggi e normative vincolanti, cambiamento dei gusti ecc.). Il piano delle vendite non è solo la definizione degli obiettivi, risultati attesi nelle vendite e allocazione delle risorse ma neanche un’analisi e valutazione di marketing. Soprattutto nelle Pmi le risorse da allocare al marketing sono limitate (potremmo disquisire su come sia

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un errore), pertanto il perdere tempo nel porre vincoli/limiti (anche se la specializzazione è importante come fattore abilitante competitivo) non porta l’azienda più vicina ai mercati target. E’ meglio semplificare, anche se i puristi storcono il naso e si può pensare che si confonda marketing e vendite (non è così). Sulla base dello scenario ambientale si passa a definire i mercati target.

Mercati target L’azienda con cui collabora il venditore di solito definisce quali siano i mercati target sulla base dei prodotti/servizi che ha deciso di vendere. Per esempio se i prodotti e servizi hanno come target i dentisti (bisturi, mole e fresine) valutare di proporli ai taxisti (se non come arma di difesa) non genera vendite.Valutare anche se ci sono possibilità anche in altri mercati (per esempio i bisturi, mole e fresine potrebbero essere proposti ai negozi di modellismo). E’ fondamentale che ci si concentri solo sui mercati target ovvero quelli che utilizzano o vendono a loro volta i prodotti/servizi dell’azienda. Diversamente non si generano vendite o, se le si genera, sono una tantum (magari perché il taxista è spinto da compassione o per metterli in salotto come gadget). Ma come un’azienda e il venditore possono individuare quali sono i mercati target? I modi sono diversi:

Questa è una fase critica a cui dedicare inizialmente buona parte del tempo a disposizione. Una volta raccolte le informazioni e i dati quantitativi (quali mercati, quanti sono i Clienti e potenziali, la loro ubicazione geografica, le dimensioni del business ovvero quanto hanno acquistato l’anno passato e quello in corso ecc.) il venditore deve organizzare le informazioni e i dati quantitativi in un database (per esempio utilizzando un foglio elettronico come excel di Microsoft o similare se dispone di budget limitati da destinare all’i.c.t.). Prezzi Definire quali sono i prezzi giusti

• •

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Utilizzando la lista dei Clienti e potenziali dell’azienda divisi per mercati Facendo ricerche (partendo dai mercati target dell’azienda) in internet (utilizzando i motori di ricerca come Yahoo, Google, Altavista, Virgilio ecc.), sulle pagine gialle, sui cataloghi, visitando fiere

Informandosi presso i fornitori dell’azienda (che se disposti a passare informazioni, comunicheranno quali sono i mercati forniti dai concorrenti)


Lean Sales Manager Organization (costi per i Clienti/potenziali come affermato da Philip Kotler) è fondamentale. Prezzi errati (bassi o alti) possono incidere significativamente sul fatturato e sui profitti dell’azienda e del venditore. Per determinare quale sia il prezzo giusto, bisogna coinvolgere anche altre persone facenti parte dell’organizzazione (della produzione, dell’amministrazione ecc.) per richiedere i dati quantitativi (costi di produzione, costi di amministrazione per un dato prodotto/servizio). Devono tenere in conto degli scenari ambientali ( per esempio un prezzo basso in un mercato target che è disponibile a pagarlo più alto, comporta contrazione del fatturato e dei profitti, oltre a strategie competitive dei concorrenti di clonazione ). Non sarebbe mansione del venditore professionista definire i prezzi, ma con il suo apporto può concorrere ad una formulazione più esatta, considerato che nella formulazione si deve tenere conto anche

Strategie di vendita Possono essere le più diverse, complementari, un mix ( fare leva sui prezzi, sulla qualità, sul servizio ecc. ). Devono tenere conto però di quanto scritto sopra. Solitamente compete alle aziende definirle in collaborazione con i venditori professionisti. Allocazione delle risorse Se il canale principale sono i venditori professionisti è molto facile per l’azienda valutare le risorse da allocare. I compensi sono certi, di solito il venditore autonomo professionista lavora a provvigioni, o un mix di compenso fisso e percentuale; l’azienda sa a priori che nel prezzo di vendita una parte è il compenso. Altresì non è facile per il venditore determinare esattamente come allocare le risorse (tempo e capitali funzionali all’attività); un metodo da utilizzarsi verrà trattato più avanti. Non esiste un modello di piano vendite valido per tutte le aziende, ognuna dovrà redarlo in collaborazione con i venditori secondo la propria realtà (e risorse disponibili) e del sistema mercato di riferimento.

Il venditore deve erogare sì un servizio ma questo deve avere un added value. Il giusto mix fra old e new è per il venditore del nuovo millennio la frontiera per la sua sopravvivenza, soprattutto se saprà implementare sistemi nuovi dei costi commerciali di competenza (fra questi il costo della remunerazione del venditore professionista). Canali di vendita E’ chiaro che i venditori professionisti (come finora scritto) sono il canale principale. Può essere deciso di utilizzare anche altri canali (rivenditori, internet ecc.), in alternativa ai venditori professionisti. E’ opportuno valutare quali benefici e costi comporti (i rivenditori sono meno controllabili, con costi commerciali maggiori ecc.). Altresì le aziende dovranno essere strutturate per poter gestire la multicanalità. Obiettivi/risultati attesi Sono quelli che hanno più attinenza alle strategie aziendali. Devono essere tangibili, misurabili e calati sulla realtà aziendale e del proprio sistema mercato. Se, per esempio, un mercato target vede la presenza di 100 aziende (con fatturato totale di € 100 milioni annui), 2 concorrenti del settore proprio che hanno un market share del 70%, una situazione declinante, la propria azienda ha prezzi superiori (a parità di valore propositivo) ecc.; porre come obiettivo e risultato atteso in un anno un fatturato di 40 milioni annui non è chiaro, reale, perseguibile e misurabile oggettivamente (pur definendo tutti i driver principali che possono concorrere, come già scritto ci possono essere fattori influenzanti non previsti che possono costituire un driver una tantum). Uno strumento utilizzato è il budget delle vendite ovvero quanto si prevede di realizzare in termini di fatturato/profitti.

3.

Considerazioni L’evoluzione dei mercati ha comportato anche per il venditore l’adattamento ai nuovi scenari ambientali, pena la scomparsa (pur rimanendo la sua funzione fondamentale d’interposizione con gli acquirenti). Da venditore che doveva esclusivamente raccogliere ordini a gestore della relazione e conoscenza. Solo così vi è motivo sia per i produttori, sia per gli acquirenti di avvalersi dell’interposizione in tempi moderni della figura del venditore; il venditore deve erogare sì un servizio ma questo deve avere un added value (valore aggiunto, non risparmiabile con l’instaurazione di un rapporto diretto fra produttori e acquirenti) che giustifichi pagare il suo maggior prezzo agli altri agenti. Nel nuovo millennio una delle minacce, ma anche un’opportunità per valorizzarsi, sono internet e in particolare i social media. Internet abbatte i limiti dello spazio (terra) e del tempo, due delle risorse in economia, e consente di poter entrare in contatto diretto con gli acquirenti in tutto il mondo.Ma allora si può prevedere la sparizione in futuro della figura del venditore? No se acquisirà maggior importanza come uno dei fattori abilitanti per il successo sul mercato di un produttore. Spariranno solo quelli che sono rimasti ancorati ai vecchi paradigmi classici del venditore (raccoglitore d’ordini), sostituiti dal nuovo medium tecnologico. Il giusto mix fra old e new è per il venditore del nuovo millennio la frontiera per la sua sopravvivenza, soprattutto se saprà implementare sistemi nuovi. |

B&G n.10 pag. 72 Supply chain involvement partnership B&G n.13 pag. 78 Supply lean marketing B&G n.14 pag. 80 Marketing d’acquisto e fidelizzazione supply chain partner B&G n.15 pag. 84 Innovare lo stakeholders management per aumentare le vendite

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costruire preservare reputazione

Come e una buona

dell’azienda

Etica e reputazione sono diventati temi centrali nella gestione di un’impresa. Correttezza, trasparenza e assunzione di responsabilità diventano i valori portanti su cui nessun imprenditore può prescindere di Elisabetta Casarin

Le scandalose vicende che, nel corso di quest’ultimo decennio, hanno turbato il mondo del business, suscitando l’incredulità e lo sdegno dell’opinione pubblica, testimoniano come l’allineamento dei comportamenti messi in atto dall’operatore economico ai valori primari della correttezza, della trasparenza e della responsabilità costituisca l’elemento principale su cui la società fonda il proprio giudizio di apprezzamento, attribuendo di conseguenza un determinato tipo di reputazione. Una buona reputazione, infatti, non si costruisce sbrigativamente mediante una mera enunciazione altisonante di ottimi intenti nella dichiarazione d’identità e vision aziendale, bensì postula piuttosto l’effettiva coerenza della quotidiana operatività del business a tali elevati driver valoriali, proclamati nella carta istituzionale della cultura organizzativa. Basti pensare alla ben nota vicenda BP: da un sondaggio effettuato di recente tra gli operai della piattaforma Deepwater emerge come, già da molto tempo, si nutrissero non pochi dubbi sulla reale sicurezza della struttura. Qualora simili carenze fossero state appurate si sarebbe manifestata una palese contradditorietà tra l’effettiva gestione del business e il sistema valoriale da essa enunciato, caratterizzato da una particolare enfasi sugli obiettivi di tutela dell’ambiente mediante la garanzia di un rigoroso sistema di controlli e la promozione delle fonti di energia rinnovabile. Il contrasto tra fatti e parole è stato percepito subito da Greenpeace, che ha provocatoriamente indetto la campagna “Behind the logo”, invitando i cyberattivisti a partecipare ad un virtuale rebrand al vetriolo della compagnia petrolifera, scegliendo un nuovo simbolo più consono al suo dirty business di quello attualmente in uso, che è dato da una rappresentazione stilizzata dell’elio, colorata nelle sfumature evocativamente ecologiste del verde. Incongruenze e disallineamenti tra azioni concrete e teoriche dichiarazioni d’intenti nuocciono in primis gravemente all’immagine di breve periodo dell’azienda che ne risulta afflitta e, qualora questa non provveda ad eliminarli o ricalibrarli in modo adeguato e con prontezza, essi ne erodono via via anche il capitale reputazionale, frutto di un lento, paziente e laborioso processo di accreditamento nella fiducia dei vari portatori d’interessi. Il caso BP evidenzia in modo particolarmente pregnante questa singolare peculiarità della complessa questione reputazionale, fornendoci una chiara dimostrazione di come la reputazione sia una risorsa contraddistinta da un payoff fortemente asimmetrico. Infatti, se la costruzione di una pregevole reputazione postula un lungo e graduale processo di consolidamento dell’organizzazione 86

presso i diversi stakeholder, il patrimonio di confidence così faticosamente accumulato risulta invece suscettibile di una brusca reversione in tempi molto celeri, qualora venga ad essere pregiudicato dal verificarsi di fatti gravi o, comunque, aventi notevole risonanza mediatica, specie se questi abbiano ad oggetto beni o valori che la società reputa di importanza vitale. Pertanto, occorre che l’impresa abbia cura di predisporre adeguate strategie volte non solo a promuovere la crescita del proprio capitale reputazionale, ma anche a preservare il credito di fiducia che nel tempo essa ha saputo conquistare. Per far ciò è inoltre importante tenere presente che il giudizio, mediante cui la società attribuisce una data reputazione ad un operatore economico, viene ad essere connotato da una forte componente emotiva di tipo collettivo, in quanto la va-


Etica aziendale

lutazione formulata dal singolo individuo risulta inevitabilmente condizionata dalle opinioni altrui. Da sempre, infatti, il fenomeno dell’hearsay e la catena del passaparola sono in grado di produrre effetti dirompenti in termini di amplificazione esponenziale dell’allarmismo sociale. Questa singolare caratteristica risulta più accentuata nell’attuale era del cosiddetto web 2.0., ove i nuovi fronti di opinione formati dagli internauti, riuniti in forum community, blog, social network e newsgroup, detengono una forza di pressione potenzialmente bastevole a delegittimare un operatore e a decretarne l’estromissione dal mercato. In proposito, la catastrofe ambientale del Golfo del Messico ci off re una testimonianza esemplare, qualora ci soffermiamo a riflettere sugli ingenti danni che il finto account twitter BPGlobalPR è riuscito ad infliggere mediaticamente al colosso petrolifero. L’enorme seguito che, in brevissimo tempo, il twitter farsa ha conquistato funge, peraltro, da eloquente indicatore dello status reputazionale di cui gode BP presso l’opinione pubblica: il fatto che non pochi navigatori abbiano creduto veritiere anche affermazioni iperbolicamente surreali nel loro palese tenore satirico, ha messo impietosamente a nudo la scarsa considerazione che la società già aveva della compagnia petrolifera. Stante la natura complessa del fenomeno reputazionale e l’importanza strategica che il possesso di tale asset riveste oggigiorno per l’impresa quale discriminante plus competitivo, è opportuno cercare di interrogarsi in ordine a come sia possibile costruire e preservare una buona reputazione. Il consiglio, solo apparentemente semplice ma piuttosto difficile da attuare con perseveranza e coerenza nella quotidiana prassi aziendale, è di promuovere presso le imprese un sistema di valori ispirato ai principi cardine della correttezza (da intendersi sia come aderenza alle prescrizioni normative che come rispetto delle regole generali e non scritte di onesto comportamento cui dovrebbe uniformarsi ogni operatore economico), della trasparenza e dell’assunzione di responsabilità in ordine alle risoluzioni adottate. Tali valori devono costituire le linee guida che sovrintendono sia le decisioni spettanti agli organi di governo societario, nella formulazione delle scelte di indirizzo e strategiche, che le azioni del management, nella concreta gestione aziendale. Non sarà tuttavia sufficiente il recepimento formale di questi principi nel codice etico e negli standard aziendali, ma occorrerà che la loro effettiva ed efficace implementazione nell’impresa sia dimostrata dalla coerenza con essi nella quotidiana operatività dell’organizzazione. Oltre ad una gestione aziendale concretamente e costantemente ispirata a valori etici, l’accumulo di capitale reputazionale postula quindi anche l’impianto di un sistema comunicazionale volto ad attenuare, per quanto possibile, tale divario sussistente tra azienda e portatori d’interessi, garantendo idonei flussi informativi suscettibili di comprensione e controllo anche da parte di non tecnici, improntati, pertanto, ai valori della tempestività, della chiarezza, della completezza, dell’affidabilità e della continuità. Ricordiamo come l’opacità, la reticenza e la tendenza alla manipolazione delle informazioni non dispongono certo il pubblico a concedere la propria fiducia all’organizzazione che ne sia giudicata responsabile, inducendo piuttosto un approccio connotato da diffidenza e prevenzione e una lettura dei fatti spesso distorta e distorsiva. Un esempio di un’accorta e lungimirante gestione dell’emergenza reputazionale ci viene fornita dal caso Toyota e dal coming out del presidente Akio Toyoda, il quale, a nome dell’impresa, ha pubblicamente assunto la responsabilità in ordine ai difetti rinvenuti in alcuni modelli di auto, ammettendo come questi siano imputabili ad un sovve r-

“In conclusione, possiamo affermare che, per stare e restare nel mondo degli affari di oggi e domani, il possesso di un solido ed elevato attivo reputazionale gioca sempre più un ruolo di primaria importanza. Ciò implica che etica ed economia dovranno progressivamente acquisire una valenza pressoché sinonimica per le imprese e che i principi di correttezza, disclosure ed accountability dovranno essere inseriti come voci prioritarie nell’agenda di corporate governance”

timento intervenuto inconsapevolmente nel tradizionale ordine di priorità della casa produttrice nipponica, ove al primo posto è sinora sempre stata posta la sicurezza degli utenti, valore guida che di recente è stato sacrificato agli obiettivi di ingrandimento del business. Il presidente si è impegnato a far sì che la produzione rientri nel percorso tracciato dai consueti driver valoriali di tutela del consumatore, avendo cura di vigilare affinché un simile pericoloso deragliamento non si verifichi in futuro. Una tale dichiarazione ha senz’altro contribuito strategicamente a contenere gli inevitabili danni che il fatto ha arrecato all’immagine di breve periodo di Toyota, impedendo che questi si ripercuotessero sull’elevato capitale reputazionale accumulato. In conclusione, possiamo affermare che, per stare e restare nel mondo degli affari di oggi e domani, il possesso di un solido ed elevato attivo reputazionale gioca sempre più un ruolo di primaria importanza. Ciò implica che etica ed economia dovranno progressivamente acquisire una valenza pressoché sinonimica per le imprese e che i principi di correttezza, disclosure ed accountability dovranno essere inseriti come voci prioritarie nell’agenda di corporate governance: sembra ormai giunta al tramonto l’epoca in cui etica e reputazione costituivano temi marginali ordinariamente tralasciati e rinviati, tutt’al più, ad una decisione per emergenza. Non soltanto è auspicabile, ma anche necessario che a tali valori l’impresa si rivolga costantemente, assumendoli a driver primari tanto nel delineare le politiche strategiche quanto nell’adottare le concrete decisioni afferenti la gestione del business. |

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Impresa, la buona etica non è buonista Il modo migliore per gestire i collaboratori. Ecco alcune considerazioni utili per fare crescere la propria azienda puntando anche sulle risorse umane Testo di Vincenzo Caporaso, Consulente Organizzativo per Umania Perché mai un imprenditore crea e sviluppa un’azienda? E’ solo questione di soldi e potere? Di valutazioni circa aumento di profitto e riduzione dei costi? Noi crediamo di no. Quelli bravi sono coloro che credono con passione in un’idea; i migliori sono coloro che aggiungono alle idee ed alla passione, le competenze e l’attenzione costante al miglioramento. Ma quelli che hanno veramente successo sono coloro che, oltre a tutto questo, sono fermamente convinti che nulla sarebbe realizzabile al meglio senza le persone giuste. Il vero problema è che non si possono semplicemente “comprare” sul mercato. Qualunque imprenditore sa che le persone difficilmente restano le stesse per sempre; cambiano idee, interessi, motivazioni e aspirazioni. Le parole chiave che i formatori continuano a proporre e ripetere (leadership, membership, motivazione, appartenenza, team building, ecc.) assumono il significato che l’imprenditore, in prima persona, vorrà dargli: quello che penso, il modo in cui penso, influenza quello che faccio e dico; e pure il modo in cui lo faccio e lo dico. Non può essere altrimenti. Perché qualunque imprenditore è prima di tutto una persona. Ed in quello che fa, c’è tutto il suo personale ed unico modo di pensarsi in relazione ad altri. Dove “altri”, in queste poche righe, vuole dire “dipendenti e/o collaboratori”, quindi, nel modo in cui approccia le proprie risorse umane c’è la propria idea del mondo, la propria idea dell’essere umano. Se penso che occorra star “con il fiato sul collo” per far lavorare i miei collaboratori, allora tenderò a strutturare sistemi di controllo più o meno sofisticati per far si che “non mi sfugga nulla”. Se penso che per ottenere buoni risultati sia necessario applicare la massima “dividi et impera”, allora tenderò a gestire le risorse sulla base di rapporti privilegiati: alleanze con le persone più sensibili alla “vicinanza al padrone”. Ma, c’è sempre un ma. Se l’obiettivo imprenditoriale è generare profitto, l’imprenditore non si può accontentare di modalità che possono funzionare solo nel breve-medio periodo. Far crescere la propria azienda, vuol dire far crescere le persone che vi lavorano. Le aziende non fioriscono per “sommatività” (assumo più persone = produco più pezzi); le aziende crescono per “reciprocità”. Parole quali impegno, cooperazione, fiducia, rispetto, responsabilità, se non trovano una corrispondenza di reciproca declinazione tra imprenditore e dipendente, smettono di essere “valori che moltiplicano il valore”, e fi niscono per diventare parole vuote, scritte sotto la voce vision. Alberto Galgano: “Le risorse umane non hanno limiti, hanno capacità immense. Gli uomini possono fare grandi cose se: • • • • 88

sono trattati come esseri umani intelligenti, non sono mai in una posizione dove la loro dignità può essere compromessa, sono sempre trattati con rispetto, è loro consentito di coinvolgersi nel raggiungimento degli obiettivi dell’azienda,

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sono ben addestrati, è loro consentito di dare un contributo significativo al lavoro che svolgono, • hanno fiducia che il successo che hanno contribuito ad ottenere si ripercuota positivamente su loro stessi.” Qualunque intervento sulle proprie risorse umane dovrebbe tener presenti queste “sette semplici regole”. Se provate a rileggerle, troverete non solo un elenco di buoni consigli, di quelli “facili a dirsi, ma poi a farsi è un altro paio di maniche”, ma anche una possibile lista di nuovi modi di pensare alle proprie risorse umane. Qual è l’idea di persona che c’è dietro a quei sette punti? Dal nostro punto di vista c’è la convinzione che le persone hanno voglia di stare bene, che si tratti di casa propria o del proprio lavoro. E che faranno di tutto per stare bene e, conseguentemente, si opporranno come possono se questo serve a farli stare, se non meglio, almeno meno peggio. Ma questo non è anche il desiderio dell’imprenditore? O conoscete imprenditori che fanno di tutto per stare male? L’imprenditore scettico, ma interessato alla crescita, si chiederà: “ammesso che tutto ciò possa essere affascinante o, semplicemente, etico, come cambiare le teste dei miei dipendenti?” E qui noi ripartiamo dalle domande iniziali. Che idea avete voi dei vostri dipendenti? L’immaginario che avete è ancora utile al vostro business? Siete sicuri che con un’idea diversa non potreste stare meglio di così? Noi ci occupiamo proprio di questo: facciamo domande per aprire nuove possibilità; domande alle quali spesso non c’è una sola risposta vera, ma la vostra risposta possibile in quel momento. Tutto questo vi sembra impossibile? Faticoso? Inutile? Allora, continuate così, non cambiate.


Risorse umane Forse, avete ancora bisogno di credere che controllare è meglio di motivare, che manipolare è meglio che coinvolgere e che tutto questo sia molto più semplice che cominciare a ri-raccontare in un modo diverso la vostra storia di imprenditori. Ma (ed ecco, nuovamente, l’immancabile ma) ognuno di noi, in quanto essere umano, sa che non è così. “Nessuno vi lascerà avvicinare abbastanza da farsi “toccare” se non rispetta quello che fate e quello che siete. (…) Assumetevi la responsabilità più grande: rendere il mondo un posto migliore per tutti, creare autostima, ricchezza, prosperità, lavoro e possibilità di scelta. La qualità è la misura in cui superate le aspettative. La qualità è solo una questione di standard. In parole povere: ponetevi standard elevati e poi superateli. Raggiungete, superate, ripetete.” (Kevin Roberts). Se volete raggiungere il profitto non concentratevi sul profitto. Pensate a come potete essere persone migliori. Questo vi farà lavorare con persone migliori. Il profitto verrà da sé. Garantito! |

www.umania.it

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Business&Gentlemen

dicembre 2010 - febbraio 2011

Un piccolo viaggio alla scoperta della ritualità del fumo lento. Dal piacere al culto: filosofia di uno stile ed esperienza sensoriale a cura di Enrico Della Pietà Brand manager Davidoff per International Tobacco Agency

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Cigar world

Gesti, dettagli, emozioni

L’arte di degustare il sigaro

il fumo nuoce gravemente alla salute

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Business&Gentlemen

dicembre 2010 - febbraio 2011

Degustare un sigaro è come un viaggio. Un viaggio fatto di riti, di gesti, di ritmo. Una vera e propria arte che si rispecchia in un marchio come Davidoff che da sempre è sinonimo di culto del fumo lento e che promuove in tutto il mondo un approccio di stile e di cultura nel campo del sigaro. Qui non si tratta di celebrare il fumo (ricordiamo ai lettori che nuoce gravemente alla salute) si tratta di sottolineare la ritualità e la fi losofia che c’è dietro a ogni gesto per dar vita a attimi intensi, dedicati al piacere. “Gustare un sigaro è una questione di cultura di vita, di ‘savoir-vivre’”, soleva dire Zino Davidoff, “bon vivant” votato a piacere e uomo d’affari di successo che nel 1946 creò la sua celebre “Linea Chàteau”: sigari ai quali diede il nome di alcuni dei più ricercati “Grands Crus” del Bordelais. E chi più di lui poteva sapere cosa vuol dire degustare un sigaro. Il suo leitmotiv era “L’amatore di sigari non fuma, assapora, perchè ogni boccata deve essere un’esperienza di ricercato piacere per i nostri sensi. Fumate meno, ma meglio e con maggior consapevolezza, fatene un culto, una filosofia!”. La virtù quasi dimenticata dell’ozio si cela già dietro al lungo e complicato processo di fabbricazione del sigaro. Per fumare un Davidoff, dunque, prendetevi tutto il tempo che vi serve, ricordando che degustare un prodotto di questo tipo deve essere in primo luogo un piacere, un culto, una vera e propria filosofia, come ci ha insegnato il fondatore di Davidoff.

“L’amatore di sigari non fuma, assapora, perchè ogni boccata deve essere un’esperienza di ricercato piacere per i nostri sensi. Fumate meno, ma meglio e con maggior consapevolezza, fatene un culto, una filosofia!” Una fi losofia che, però, non può prescindere da alcuni elementi che ne fanno un vero e proprio rito: primo tra tutti il taglio netto e preciso del sigaro, per poi passare all’accensione, passo fondamentale verso una degustazione perfetta. Per alcuni formati il taglio può essere circolare; altri, ad esempio formati “Figurado”, richiedono un taglio diritto della testa mediante un paio di forbici per sigari o un tagliasigari bilama. Non trascurate neppure la scelta del diametro dell’apertura praticata: il tiraggio e la temperatura del fumo si possono così regolare a piacere. Eccoci ora al momento dell’accensione che è oltremodo importante venga fatta seguendo facili ma fondamentali principi: quando avete tra le mani il vostro amato sigaro non dimenticate che la fiamma deve essere inodore, per non pregiudicarne il raffinato aroma. Il sigaro, inoltre, non andrebbe accesso né troppo velocemente né troppo lentamente, 92


Cigar world

bensì con tutta la calma necessaria. Il modo migliore per accenderlo è quello di usare una fiamma piccola, tenerne l’estremità spuntata sopra la fiamma ad una distanza di circa un centimetro e farlo ruotare fino a quando non si accende uniformemente. Solo a quel punto potrete avvicinare il sigaro alle labbra e gustare la prima boccata, iniziando il viaggio della degustazione.

Davidoff in Italia sta sempre più puntando sullo sviluppo di una strategia di marketing che ha portato negli ultimi mesi a organizzare un vero e proprio roadshow su e giù per la Penisola. Diversi sono stati gli eventi organizzati in esclusiva per la presentazione della nuova linea Puro d’Oro di Davidoff, immessa sul mercato a dieci anni dalla serie Davidoff Millennium Blend ed esattamente 20 anni dopo l’avvio della produzione di sigari Davidoff provenienti dalla Repubblica Dominicana. La nuova linea è stata protagonista di alcune serate esclusive ospitate a settembre in cornici d’eccezione come il San Domenico Palace Hotel di Taormina, in occasione del fine settimana Luxury of Taste e il ristorante Casa Mia di Vercelli, dove è stato possibile gustare i sigari Davidoff e altre eccellenze. Altri eventi sono stati organizzati nelle scorse settimane a Firenze all’interno de Le Figaro Club e a Monza, nell’ambito del consueto appuntamento con il 100vini Nord-Italia, manifestazione giunta alla sua sesta edizione e organizzata presso l’Autodromo nazionale. L’assaggio del “Puro d’oro”, in abbinamento ad autentiche “chicche” tra cui lo champagne Bollinger, un esclusivo Calvados e un rum prodotto nelle isole Fiji, è stato proposto anche a novembre in occasione del WineFestival di Merano. Ma il tour di Davidoff non si ferma qui: nel 2011 l’esclusivo roadshow proseguirà con nuove tappe che daranno l’opportunità di scoprire l’ultimo nato di casa, il “Puro d’oro”, sigaro realizzato totalmente con tabacco dominicano, la cui foglia di copertura è stata originata dopo anni di incroci. |

Per aiutarvi in questa splendida esperienza Davidoff off re un assortimento di accessori-lusso unici nel loro genere: dall’umidificatore, alle pregiate ghigliottine, ai round cutter fino ai posacenere, per permettere a tutti gli amanti del “fumo lento” di avere sempre a portata di mano gli accessori migliori. Ma torniamo alla degustazione: dopo avere gustato alcune boccate vorrete magari esaminare la cenere che, essendo il sigaro costituito solo da foglie di tabacco intere, è compatta e rimane a lungo. Fumate senza fretta e, dopo aver degustato il vostro sigaro, ricordatevi di non schiacciarlo: posatelo nel posacenere, lasciando che la fiamma si spenga naturalmente. E’ la fine del viaggio. In attesa, ovviamente, di una nuova appassionante avventura. |

Nella vita bisogna accontentarsi soltanto del meglio. Zino Davidoff

www.davidoff.com www.itagency.it

il fumo nuoce gravemente alla salute

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fisherman

tra mito e storia

Dalla Florida, la leggenda del fenomeno dei fisherman attraverso i modelli e le evoluzioni proposte dai grandi produttori col passare del tempo a cura di Roberto Magri

Trattando delle imbarcazioni da diporto non si può fare a meno di esaminare quel fenomeno, tutto americano, rappresentato dal “fisherman” che nasce sulla east coast degli Stati Uniti d’America, in Florida, dove, sin dai primi del ‘900, molti facoltosi americani venivano a svernare preferendo il caldo sole delle Everglades ai rigidi inverni del New England. La pescosità delle acque della Florida e delle vicine Bahamas favorirono la diff usione della pesca sportiva dalla barca e presto i cantieri si resero conto che era necessario costruire barche specifiche. Vennero quindi realizzate imbarcazioni intorno ai 40 piedi, con poppa a specchio, carene tonde semidislocanti. Famoso esempio ne è il Pilar di Hemigway, reso celebre dal suo romanzo ”Il vecchio e il mare”. Nacquero in quegli anni gli accessori per la pesca quali i “divergenti”, sorta di lunghe aste indispensabili per tenere le lenze montate sulle canne più esterne lontane dalla carena così da poter utilizzare più canne contemporaneamente, e ancora i primi “flybridge” ed i primordiali “tuna tower”. Dopo la forzata pausa dovuta alla seconda guerra mondiale vi fu una rapida e vigorosa crescita di questo mercato e, sia nel New Jersey che in Florida, numerosi cantieri convertirono la loro produzione in tali barche e tanti altri ne nacquero. In florida nacque Merritt e Rybovich, in New Jersey C.P. Leek cominciò a costruire i primi fisherman e in breve la pesca sportiva dalla barca assunse dimensioni inaspettate e le gesta degli anglers fecero rapidamente il giro del mondo creando figure leggendarie. In questo periodo si costruirono i più bei fisherman e si definirono i connotati che rendono unico questo tipo di barca: prua alta e imponente, masconi svasati per rendere la navigazione asciutta, cavallino sinuoso e degradante verso poppa che si chiude con un basso specchio poppiero per facilitare l’imbarco delle prede, sovrastruttura minimalista e caratterizzata dalle linee di contorno del fly e dei vetri, coperta di prua piatta e sgombera, manovrabilità massima anche a marcia indietro per agevolare il combattimento con

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Nautica Story

Ocean 58 super sport

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i grossi rostrati. Perfetto esempio di questa tipologia è il Merritt 37, una magnifica barca costruita fra gli anni ’50 e ’60, caratterizzata da linee che oggi definiremmo senza tempo, sulla quale compare il tuna tower in forma moderna. Sulle linee di questa barca si definì la tipologia di fisherman che in New Jersey venne chiamato “convertible”. Uno dei primi cantieri che si specializzeranno nella produzione di fisherman fu Egg Harbor, fondato nel 1946 ad opera di John Leek e Russel Post, il primo, figlio di C.P. Leek, famoso costruttore del New Jersey e discendente della più antica famiglia di costruttori di barche d’America, ovvero la dinastia dei Leek, che tutt’ora producono barche ininterrottamente dal 1722 e sullo stesso appezzamento di terreno comprato dagli antenati gallesi al loro sbarco in America. Sempre in questi anni apparve sulla scena un altro grande nome destinato a divenire sinonimo di fisherman, Richard “Dick” Bertram che, nel 1960, fondò la famosa Bertram di Miami. Il primo modello fu ispirato alla barca con cui vinse la famosa regata motonautica Miami-Nassau, il “Lucky Moppie” di appena 31 piedi. Da quella carena nacque nel 1961 il “31 sportifsh” destinato a diventare un oggetto di culto e rimasto in produzione per quasi 25 anni. Bertram intuì che il futuro era nella produzione in vetroresina e per primo cominciò a costruire fisherman con questo nuovo materiale. Il 31 segnò un’epoca. Infatti, grazie ad una perfetta industrializzazione del prodotto, in pochi anni se ne poterono costruire migliaia e non vi è angolo del pianeta in cui non se ne possa ammirare uno. Negli

L’imbarcazione “fisherman” nasce sulla east coast degli Stati Uniti d’America, in Florida, dove, sin dai primi del ‘900 molti facoltosi americani venivano a svernare preferendo il caldo sole delle Everglades ai rigidi inverni del New England

in questa pagina dall’alto: Merritt 37 Bertram 46 Hatteras 53 Bertram 38 Ocean 55

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anni ’60 altri cantieri si dedicarono alla produzione di fisherman, chi in modo artigianale come Viking, Post, Egg Harbor, tutti del New Jersey e chi in modo più industriale come Hatteras o Pacemaker e alla fine degli anni ’60 sia Bertram che Hatteras presentavano una estesa gamma di prodotti. Nei primi anni ’70 tutti i cantieri avevano in catalogo numerosi modelli che arrivavano a superare i 50 piedi. Già nel 1969 Hatteras aveva presentato il 53 convertible, all’epoca considerato un gigante e motorizzato con i più grandi motori allora disponibili ovvero i GM 12V71, che consentivano una velocità di crociera di 20 nodi, commercialmente allora sufficiente. Bertram sfornava modelli in continuazione e dopo il 31, nelle varie versioni, fu la volta del 38 convertible e poi del 46. Di entrambi i modelli ne furono fabbricati più di 500 esemplari. Ma gli altri costruttori non stettero a guardare, Viking, nel 73, per competere con il successo del Bertram 38, presentò il 40 sedan, con caratteristiche analoghe ma con un sapore più artigianale. Per quanto riguarda la tecnica costruttiva, Egg Harbor scelse invece una strada inconsueta, scafo in vetroresina e sovrastrutture in legno, per conservare il fascino delle barche costruite artigianalmente e negli anni 70 vennero prodotte diverse barche dalla linea sicuramente bella ed equilibrata, in puro New Jersey style, però la caratteristica di essere metà in legno e metà in vetroresina anziché un pregio si rivelò un difetto e nonostante le ottime premesse non ebbe successo. Nel 1977 La famiglia Leek riunì le migliori maestranze dei marchi Egg Harbor e Pacemaker fino ad all’ora da loro controllati e fondarono la Ocean Yachts. Forti della esperienza fatta con i loro precedenti marchi e trovandosi al termine di una profonda recessione con ampie prospettive di crescita, presentarono il primo modello, lo chiamarono 40 Super sport a sottolineare le prestazioni estreme che questa barca poteva offrire. Infatti la ricercata carena


Nautica Story

Ocean 63

disegnata da David Martin spinta da una coppia di 6-71 da 410 Hp era in grado di infrangere il muro dei 30 nodi, velocità che all’epoca era considerata elevatissima e che non era mai stata raggiunta da fisherman di serie. Nel 1980 Ocean Yacht presentò il 42 ss, evoluzione del precedente 40, ancora migliorato e fu di nuovo un successo. Un anno dopo fu presentato il 55 ss che, come affermato all’epoca, combinava le due chiavi del successo: “Speed and Beauty”. Un capitolo a parte meriterebbe la trattazione dell’evoluzione delle barche fra i 25 e i 35 piedi, iniziata con i piccoli leggendari Bertram nelle loro innumerevoli versioni, per giungere alla fine degli anni ’70 all’ingresso sul mercato di un nuovo tipo di fisherman: l’open, chiamato anche express. In questa tipologia, la barca probabilmente più venduta, e quindi di maggior successo, fu il Trojan 10 meter Express. Nel 1981, anno della sua presentazione, destò stupore e fu criticato per via della sua eccessiva larghezza e per uno stile troppo “europeo” ma, grazie alle buone doti marine della sua carena “Delta Conic” si fece apprezzare dal pubblico. Molti furono i suoi pregi, non ultima la sua grande abitabilità. Durante gli anni ’80 il benessere economico aumentò notevolmente, la recessione degli anni ’70 era ormai lontana e il mercato dei fisherman ebbe nuovo sviluppo; i quattro grandi players erano ormai Bertram, Hatteras, Viking e Ocean ed i loro fisherman, se in patria venivano utilizzati quasi esclusivamente per la pesca d’altura, così non può dirsi per le altre parti del mondo dove, come nel mediterraneo, queste barche

ebbero un successo insperato soprattutto come barche da crociera. È il 1987 l’anno in cui Bertram rinnova la sua gamma presentando il 37 e il 50 caratterizzati dalle linee anticipate dal 54 di 6 anni prima. Il 50 risulta molto innovativo e da molti considerato all’avanguardia per quegli anni. Per la prima volta appaiono a listino i motori MAN, più silenziosi e parchi nei consumi, frutto dell’alta tecnologia tedesca nel campo del diesel. Con quei motori la velocità superò i 31 nodi. Il 37 fu un altro grande successo, immediatamente apprezzato per la sua stabilità, tenuta di mare e velocità ottenuta con i nuovi GM 550. In questi anni di grande benessere si pensò anche alla fascia delle grandi barche, e toccò a Ocean rompere gli indugi proponendo il 63 ss, un magnifico esempio del classic Jersey style unito a prestazioni eccezionali per un fisherman di tali dimensioni. Davis non sta a guardare e presenta l’anno dopo il 61 sportfisherman. Lo stile è quello del North Carolina con la prua caratterizzata da una svasatura estrema, l’aspetto è quello di una barca custom al prezzo però di una di serie di elevata qualità. Gli interni hanno quattro cabine di cui due con letti matrimoniali, una con letti a castello e la quarta per l’equipaggio. Le prestazioni con i motori standard da 1050 hp sono similari all’Ocean 63. Donzi propone invece un semi-custom hitech di 65 piedi , che pur essendo più lungo delle altre due riesce ad essere la più leggera grazie all’utilizzo di materiali compositi ma la disposizione degli interni non fu particolarmente indovinata.

Anche Hatteras coglie la sfida e presenta nel ‘87 un 65 con enclosed bridge che finalmente si pone, a livello prestazionale, in linea con le altre barche della categoria. Bertram risponde all’offensiva di questi grandi Fisherman solo 3 anni dopo ma come al solito con grande stile, sono due i maxi fisherman un 60 e un 72, e per bissare il successo ottenuto con il 37, propone l’anno dopo il nuovo 43 convertible per sostituire l’ormai vetusto 42, stesso format del 37, motori 6V92 da 550 Hp, due cabine e due bagni, linee esterne moderne; anche questo fu un grande successo, specie in Italia. Intorno al 1989 Viking ampliò notevolmente la sua gamma dapprima verso l’alto con un grande 57 convertible e poi con un 43 ed un 38, due barche fatte per essere vendute in grandi numeri. Agli inizi degli anni ’90, la profonda crisi legata alla prima guerra del golfo e le discussa luxury tax misero seriamente in difficoltà il mondo del fisherman, che iniziò così il suo lento declino ritornando ad identificarsi quasi esclusivamente in una “fishing-machine” e lasciando il posto, nel teatro mondiale, alle nuove tendenze. | B&G n.15 pag. 94 L’approdo in Italia dei primi yachts. Il mito dei cantieri Baglietto e Pisa B&G n.14 pag. 92 “I primi passi della nautica a motore in Italia. Il mito dei cantieri Riva” Ragione e passione sono timone e vela della nostra anima navigante. Gibran

www.marboats.it

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Sri Lanka e Maldive, tra piantagioni, templi e isole

paradisiache Un itinerario alla scoperta dello Sri Lanka, isola che offre spiagge e monumenti antichi di devozione, fasti di un passato coloniale e parchi naturali, piantagioni di tè e cittadine famose per le pietre preziose, e di relax nel paradiso terrestre delle Maldive sull’isola di Gangehi a cura di Bradipo Travel Designer

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Turismo a 5 stelle

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dicembre 2010 - febbraio 2011

Bradipo Travel Designer propone un viaggio di scoperta in Sri Lanka, isola che offre spiagge e monumenti antichi di devozione, fasti di un passato coloniale e parchi naturali, piantagioni di tè e cittadine famose per le pietre preziose, e di relax nel paradiso terrestre delle Maldive sull’isola di Gangehi. L’itinerario avrà inizio da Colombo, la vivacissima capitale del Paese, che oltre ad essere la città più grande, frenetica e rumorosa è anche una città di mare e quindi crocevia dei traffici commerciali che hanno interessato il paese fin dall’antichità. Colombo si presenta come un centro vivace, caotico e frenetico nel quale è possibile ancora oggi percepire i segni inconfondibili dell’eredità britannica. Durante il pomeriggio sarà possibile visitare il National Museum con la sua bella collezione di opere storiche, la Art Gallery specializzata in ritrattistica e mostre temporanee di artisti locali, e le numerose moschee e templi buddhisti e hindu della città. Il terzo giorno è prevista la visita di Pinnawela, vero “orfanotrofio” degli elefanti, dove si potranno ammirare alcuni splendidi esemplari durante l’allattamento giornaliero. Si prosegue per Kandy con la visita al giardino botanico, un vero paradiso di piante tropicali tra le quali un enorme ficus sotto i cui rami, ricoperti di fogliame, si possono riunire fino a mille persone. Nel pomeriggio visita panoramica della cittadina e spettacolo di danze folkloristiche locali. A seguire la visita al celebre tempio del Dente di Buddha.

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Turismo a cinque stelle

INFO UTILI SULLO SRI LANKA Capitale Sri Jayawardanapura Kotte Stagionalità Il periodo migliore è nella stagione secca da novembre ad aprile Documenti Passaporto necessario, con scadenza non inferiore a sei mesi alla data di partenza. Il visto turistico è obbligatorio e per soggiorni non superiori a 30 giorni può essere rilasciato gratuitamente all’arrivo all’aeroporto del Paese ma non è possibile assolutamente estenderlo. Moneta Rupia dello Sri Lanka Fuso orario +4h.30 rispetto all’Italia; +3h.30 quando in Italia è in vigore l’ora legale

Il giorno seguente si partirà per l’escursione di un’intera giornata a Nuwara Eliya e durante il tragitto si visiterà una fabbrica di té dove si potrà assistere al procedimento di essicazione della pianta. Il quinto giorno sarà dedicato alla scoperta di Matale, al “Giardino di spezie” e ad una fabbrica di batik, dove

si assisterà alla preparazione ed alla colorazione di questi tipici manufatti. Proseguimento per Sigiriya, celebre per la sua Rocca – Fortezza con sosta per la seconda colazione al Sigiriya Village. Durante la visita si potranno ammirare le famose rovine del Palazzo Reale sulla sommità della roccia e i rinomati

graffiti di Sigiriya. E ancora nei giorni seguenti si avrà modo di scoprire altri meravigliosi scenari tra cui Anuradhapura e sosta ad Aukana, dove si visiterà una delle statue più imponenti di Buddha. Proseguimento per Anuradhapura, sito archeologico di particolare interesse religioso, considerata la più antica capita-

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Business&Gentlemen

dicembre 2010 - febbraio 2011

INFO UTILI SULLE MALDIVE Capitale Malé Stagionalità Il clima è tropicale-monsonico, con temperature medie tra i 27 ed i 35 gradi centigradi. L’arcipelago è sottoposto a due monsoni: quello da Sud-Ovest tra maggio e ottobre, che colpisce soprattutto le isole nel nord; quello da NordEst, meno violento, tra novembre e aprile, che colpisce soprattutto la parte centrale dell’arcipelago; in questi periodi le piogge sono frequenti. Documenti Necessario passaporto con scadenza residua almeno non inferiore ai sei mesi. Il visto è obbligatorio ed è concesso direttamente in aeroporto al momento dell’ingresso nel Paese (30 giorni). Il visto può essere esteso per ulteriori sessanta giorni per un totale di novanta giorni; è richiesta la compilazione di un modulo prestampato e due foto tessera da presentare all’Autorità locale

le cingalese che conobbe un lungo periodo di splendore già a partire dal IV secolo A.C. La successiva tappa prevede la visita di Polonnaruwa e il suo sontuoso sito archeologico. L’antica città e capitale del Paese durante l’XI secolo, offre una varietà di templi, palazzi e sculture degne di un’antica e fiorente capitale. Prima di rientrare a Colombo vi sarà una sosta a Dambulla con visita ai celebri templi nelle grotte, dove sono custodite circa 150 immagini sculture dipinte del Buddha. Il viaggio si concluderà con 5 giorni nella meravigliosa Gangehi Island in un resort completamente rinnovato e adagiato su un’isola fra le più belle dell’atollo di Ari, nota per la lunga e spettacolare lingua di sabbia. Qui si gode dell’atmosfera più autentica e suggestiva delle Maldive: un mare limpidissimo che riempie gli occhi con tutte le tonalità dell’azzurro, una miriade di pesci multicolore di ogni forma e dimensione che guizzano fra le acque tranquille della spettacolare laguna, un livello di servizio accurato e attento alle esigenze degli ospiti Italiani. |

Moneta Rufiyaa delle Maldive (MVR), divisa in 100 laari Fuso orario +4h rispetto all’Italia, +3h quando in Italia vige l’ora legale.

Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno. Guy De Maupassant y Har rtwell Nancy www.bradipotravel.com

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Testatina

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L’artigiano in Fiera Dal 4 al 12 Dicembre 2010 Sede: Polo Fieristico di Milano

Artigiano in Fiera è un evento unico al mondo: un momento di incontro per conoscere e abbracciare la tradizione e la cultura del lavoro di oltre cento Paesi, in un’atmosfera di festa e di positività, entrando in contatto diretto con gli artigiani. Per chi vive questa fiera, l’impressione che essa suscita è innanzitutto di bellezza, di entusiasmo e di condivisione. Questo la rende unica e diversa da tutte le altre fiere.

Motor Show di Bologna Dal 4 al 12 Dicembre 2010 Sede: Fiera di Bologna

L’edizione 2010 del Motor Show di Bologna, Salone Internazionale dell’Automobile, sarà a Bologna dal 4 al 12 dicembre e vedrà la presenza della quasi totalità delle quote del mercato automobilistico italiano. Il Motor Show 2010 avrà il suo tradizionale esordio nelle giornate del 2 e 3 dicembre, con la prima dedicata alla stampa, la seconda a stampa ed operatori economici e a seguire - il 4 dicembre - l’apertura al pubblico. In un anno complicato per il mercato dell’automobile, il Motor Show 2010 avrà una dimensione internazionale garantita dalla presenza nel calendario ufficiale OICA (Organisation Internationale des Constructeurs d’Automobiles) confermandosi così l’unica manifestazione automotive per il mercato italiano e tra quelle di vertice a livello mondiale.

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Arte Brescia - III mostra mercato d’Arte Moderna e Contemporanea Dall’8 al 12 Dicembre 2010 Sede: Brixia Expo, Fiera di Brescia

Arte Brescia giunge alla terza edizione con un format ampliamente premiato dalla fiducia degli espositori, investitori e pubblico, coniugando il carattere economico di mercato dell’arte con un alto livello di qualità della proposta culturale. Già dal primo anno la manifestazione si è avvalsa, infatti, della presenza dei principali galleristi italiani. Anche nella 3ª edizione gli espositori presenteranno in mostra opere di autori di fama nazionale e internazionale, dando luogo così ad un appuntamento importante per gli appassionati d’arte, gli studenti, i collezionisti e gli addetti del settore.

Expo Elettronica - Cremona Mostra mercato di elettronica 11 e 12 Dicembre 2010 Sede: Cremona Fiere

Expo Elettronica è un circuito di mostre-mercato dove si può vendere e comprare tutto quanto “fa” elettronica. La rassegna, grazie alla presenza di numerosi espositori qualificati, off re un vastissimo assortimento di prodotti, a Expo Elettronica regna l’affare. Di volta in volta, al settore dell’elettronica possono essere abbinate una o più sezioni tematiche: Collezionismo, Astronomia, Mercatini dell’usato, Dischi e CD, Fotografia, Modellismo, Concorsi per giovani inventori e studenti, Tuning.

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I prossimi appuntamenti

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Pitti Immagine Uomo Dall’11 al 14 Gennaio 2011 Sede: Fortezza del Basso, Firenze Fiere.

Pitti Uomo è il primo rilevatore dei vari climi della moda internazionale. Per compratori esigenti e selettivi, si trova una proposta che premia le eccellenze ma anche il coraggio dei piccoli marchi di ricerca, la specificità del prodotto accanto alla trasversalità dell’offerta. Così mentre l’area del classico si ridisegna e vede al suo interno l’ingresso a pieno titolo dell’accessorio, i grandi brand dell’informale ampliano i loro spazi in fiera per presentare i nuovi progetti.

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Promotiontrade Exhibition Dal 19 al 21 Gennaio 2011 Sede: Fiera Milano City

PromotionTrade Exhibition è l’unica vetrina italiana, e una delle più importanti in Europa, dedicata all’oggetto promozionale e al regalo d’affari, che si caratterizza per essere aperta esclusivamente agli intermediari del settore promozionale (rivenditori, distributori e importatori). Le categorie merceologiche rappresentate in fiera coprono tutto il panorama del mercato promozionale, dal tessile alla scrittura, dalla pelletteria all’ufficio, dall’elettronica di consumo ai piccoli elettrodomestici, dai casalinghi agli accessori per la persona... fi no alle macchine per la personalizzazione ecc.

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Bergamo Antiquaria 2011 Dal 22 al 30 Gennaio 2011 Sede: Fiera Nuova di Bergamo

L’appuntamento, particolarmente sentito e apprezzato, è una delle realtà artistiche più vive nel panorama economico italiano e vanta un’ottima impronta culturale. BergamoAntiquaria vuole ribadire, attraverso l’alta qualità delle opere antiquarie proposte dalle gallerie d’arte accuratamente selezionate, il suo successo creando così un percorso storico artistico che, muovendosi dalla stessa Bergamo, coinvolgerà tutte quelle realtà italiane in cui il mercato antiquario risulta essere particolarmente fiorente. E’ rivolta a collezionisti, operatori di settore e pubblico appassionato.

Macef Dal 27 al 30 Gennaio 2011 Sede: Fiera Milano City

Macef, Salone Internazionale della Casa, è dedicato a tutti i settori e le merceologie in cui si articola la vita domestica (compresi gli spazi all’aperto) e la cura della persona, presentata attraverso la vasta area Bijoux, dedicata a bigiotteria, accessori moda, oreficeria e gioielleria. Macef è una mostra molto grande (occupa quasi per intero Fiera Milano) che da oltre quarantacinque anni anticipa e propone le tendenze, i prodotti, i materiali degli oggetti di uso domestico.

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IL

GRUPPO GALGANO 5ING5A=IA T8TTE LE A=IEN'E &+E +ANNO A'E5ITO ALLA

nell aPEito della 6a 6ettiPana Europea

noYePEre 20 0

per testiPoniare il ruolo strategico della 4ualitj a EeneĂ€cio del 6istePa Italia &ON L¡A'E6IONE 'EL 35E6I'ENTE

'ELLA 5E38BBLI&A

E IL 3AT5O&INIO 'EI MINI6TE5I 'ifesa, GioYent , 3oliticKe Europee, 3uEElica APPinistrazione e InnoYazione, 6Yiluppo EconoPico, TurisPo

ABBIGLIAMENTO )IMMA Eottoni a pressione ‡ IN'86T5IE6 AE5ONA8TI&O _ 63A=IALE AG86TA:E6TLAN' ‡ T+ALE6 ITALIA difesa, aerospazio, sicurezza AG5O _ )A5MA&E8TI&O ABO&A ALIMENTA5E _ AG5O ² ALIMENTA5E &AN8TI pasta fresca e surgelata ‡ &+I48ITA ITALIA ‡ &ON6O5=IO T8TELA G5ANA 3A'ANO ‡ &O56INI BI6&OTTI ‡ E666E &A))Ă‹ ‡ GEL&O 8NI3E56ONALE ‡ G5833O ITALIANO 9INI ‡ LAT B5I ‡ LA9A==A ‡ MALGA5A &+IA5I e )O5TI ‡ M8..I ‡ NO6T5OMO ‡ 3A5MALAT ‡ 3ELLINI &A))Ă‹ ‡ 3E36I&O ‡ 3E5)ETTI 9AN MELLE ‡ TO55E)A=IONE &A))Ă‹ .5I)I ‡ 9EGETAL 35OG5E66 AMBIENTE _ BONI)I&+E _ 6MALTIMENTI E&O6)E5A ‡ I6EA sistePi di depurazione reĂ ui A55E'AMENTO _ LEGNO BABINI O))I&E ‡ 'I9ANI 'I9ANI B< NAT8==I ‡ E85OMOBIL cucine coPponiEili ‡ )ONTANOT scale di ogni tePpo ‡ O.ITE ‡ 6&A9OLINI ‡ 6TO6A &8&INE ‡ =AL) PoEili A66I&85A=IONI E85O3 A66I6TAN&E ITALIA ‡ GLOBAL A66I&85A=IONI A66O&IA=IONI AI&4 Associazione Italiana &ultura 4ualitj ‡ &ON)&OMME5&IO ‡ &ON)IM35E6E ‡ &ON)IN'86T5IA &+IETI ‡ &ON)IN'86T5IA 3E58GIA ‡ &ON)IN'86T5IA 3E6&A5A ‡ &ON)IN'86T5IA T5ENTO ‡ )ON'A=IONE MA5&O 9IGO5ELLI ‡ +5&OMM8NIT< A&A'EM< ‡ T+E 58LING &OM3ANIE6 A66O&IATION A8TO ABA5T+ ‡ AL)A 5OMEO ‡ BM: ITALIA ‡ )IAT ‡ )IAT 35O)E66IONAL ‡ LAN&IA ‡ MA6E5ATI ‡ 3AGANI A8TOMOBILI ‡ 3E8GEOT A8TOMOBILI ITALIA ‡ 5ENA8LT ITALIA BAN&+E BAN&A AG5ILEA6ING ‡ BAN&A &.5. A6TI ‡ BAN&A 'I &5E'ITO &OO3E5ATI9O 'I 5OMA ‡ BAN&A 3O3OLA5E 'I 38GLIA E BA6ILI&ATA ‡ BAN48E 36A )INAN&E ‡ 'E;IA &5E'IO3 ‡ G5833O BAN&A5IO &5E'ITO 9ALTELLINE6E ‡ ING 'I5E&T &AME5E 'I &OMME5&IO &AME5A 'I &OMME5&IO 'I AN&ONA ‡ &AME5A 'I &OMME5&IO 'I &+IETI ‡ &AME5A 'I &OMME5&IO 'I LO'I ‡ &AME5A 'I &OMME5&IO 'I T5E9I6O ‡ &AME5A 'I &OMME5&IO 'I 9E5ONA &A5TA I3I Aseptic 3acNaging 6\stePs ‡ LI& 3A&.AGING ‡ L8&A5T G5O83 ‡ TE&NO&A5TA &EMENTI _ LATE5I=I &EMENTI5 ITALIA &+IMI&O _ )A5MA&E8TI&O _ &O6ME6I 3M ITALIA ‡ ABBOTT ‡ ABIOGEN 3+A5MA ‡ ANGELINI ‡ A5T6ANA G5O83 ‡ BA6) T+E &+EMI&AL &OM3AN< ‡ B5I6TOL ‡ M<E56 648IBB ‡ &I3 ‡ &O6MINT &osPetics Manufacturing ‡ ET+I&63O5T Integratori 3rofessionali per lo 6port ‡ )A5MIGEA ‡ )ATE5 ‡ GIN6ANA ‡ I&A3 ‡ 6I5A ‡ MITENI )uture)luor ‡ NO9A5TI6 )A5MA ‡ 3OL<NT ‡ 5I9OI5A ‡ 6ANO)I ‡ A9ENTI6 ‡ 6A3IO gas tecnici puri purissiPi Pedicinali ‡ 6A5G5A)I&A ‡ 6IA' ‡ 6IGMA ‡ TA8 ‡ 6I..EN6 ‡ 6I5&A resine e Yernici per legno ‡ 6OL G5O83 gas tecnici, speciali, aliPentari, Pedicinali e relatiYi iPpianti e serYizi KoPecare ‡ TA.E'A ITALIA )A5MA&E8TI&I ‡ TE9A ITALIA ‡ 8NI9A5 ‡ =OBELE G5O83 &OMME5&IO BIAN&+I &86&INETTI ‡ BOTTEGA 9E5'E ‡ &AMOTE5 &OMME5&IALE selectiYe Tualit\ rec\cling PacKines ‡ 3A5TE6A ‡ 3E5.IN ELME5 ITALIA ‡ 5O<AL &ANIN ITALIA nutrizione su Pisura per cani e gatti &OM3ONENTI A8TO B58GOLA OEB IN'86T5IALE ‡ &ONTINENTAL A8TOMOTI9E ITAL< ‡ &OO3E5ATI9A 9OLOENTIE5I ‡ 'ELL¡O5TO ‡ 'EL3+I IT. A8TOMOTI9E 6<6TEM6 ‡ 'EN6O T+E5MAL 6<6TEM6 ‡ E85OTI5E ‡ IN'86T5IALE68' AutoPotiYe ‡ MAGNETI MA5ELLI 3O:E5T5AIN ‡ ME&&ANOTE&NI&A 8MB5A G5O83 ‡ MO56E TE& E85O3E ‡ 3I5ELLI T<5E ‡ 63EE'LINE gruppo 5ONAL ‡ TE;NO nonZoYen solutions ‡ T<&O ELE&T5ONI&6 AM3 ‡ :EBA6TO E'ITO5IA _ M8LTIME'IA A'& G5O83 A'9e[press, N& il giornale della nuoYa coPunicazione, E20, E20e[press ‡ ANN8A5IO 48ALIT­ &E5TI)I&ATA ‡ A3IM il 3erito Industriale ‡ &ENT5O 'I 'O&8MENTA=IONE GIO5NALI6TI&A Agenda del Giornalista ‡ &OBALTO B G Business GentlePen ‡ 'EA E'I=IONI/E&O ‡ E&&ELLE5E B86INE66 &OMM8NIT< ‡ E'IT5I&E LE )ONTI ‡ E'I=IONI G8E5INI E A66O&IATI ‡ E6TE ‡ G5833O E'ITO5IALE MON'OLIBE5O ‡ G5833O MAGGIOLI ‡ L¡IM35E6A ‡ MA5IO MO'I&A E'ITO5E 6pot and :eE ‡ MEGLIO3O66IBILE.IT ‡ NET:O5. 8NI9E56IT­ ITALIANE ‡ NE;T E'ITO5E =ero8no ‡ 5EE' B86INE66 IN)O5MATION ‡ TE&NA E'IT5I&E LeadersKip ManagePent ‡ T5ENTINO IN'86T5IALE ‡ T9N ME'IA G5O83 3uEElicitj Italia, 3uEElicitj Italia Toda\, Ad9 6trategie di &oPunicazione, toBE Lu[>5@eYolution ‡ 9A&AN=E&8LT85A.IT AEruzzo Magazine ‡ :O5. 35E66 Bollettino del LaYoro ELETT5O'OME6TI&I BIT5ON G5O83 ‡ 'AI.IN AI5 &ON'ITIONING ITAL< ‡ ELETT5OTE&NI&A 5OL' ‡ ELI&A tKe Ki life coPpan\ ‡ )ABE5 ‡ I5&A ‡ =O33A6 IN'86T5IE6 ‡ 9O5TI&E ELETT5O6O&IALI ‡ :+I5L3OOL E85O3E ELETT5OME&&ANI&O _ MAT. ELETT5I&O ABB ‡ ABB 6A&E 'I9I6ION ‡ AN6AL'OENE5GIA ‡ BTI&INO ‡ IME IN'86T5IA MOTO5I ELETT5I&I ‡ IME6A electrical engineering ‡ :EI'MhLLE5 ELETT5ONI&O _ ELETT5OTE&NI&O 5I&O+ NA6+8ATE& IN)OTE& GE6TETNE5 ‡ 6AM68NG ELE&T5ONI&6 ITALIA ‡ 6ELE; 6I6TEMI INTEG5ATI ‡ T5A6)O5 trasforPatori e induttanze ‡ 9I6+A< 6EMI&ON'8&TO5 ITALIANA ENTI 'I )O5MA=IONE _ 8NI9E56IT­ &ENT5O 35O'8TTI9IT­ 9ENETO ‡ )ON'A=IONE 3AT5I=IO 3AOLETTI ‡ ME'IOLAN8M &O53O5ATE 8NI9E56IT< ‡ 3OLITE&NI&O 'I MILANO A.5.6.'. 6E59I=IO 48ALIT­ 'I ATENEO ENTI 'I &E5TI)I&A=IONE B85EA8 9E5ITA6 ITALIA ENTI 38BBLI&I A66EMBLEA LEGI6LATI9A 5EGIONE EMILIA 5OMAGNA ‡ A8TOMOBILE &L8B '¡ITALIA ‡ &OM8NE 'I BOLOGNA ‡ &OM8NE 'I L8&&A ‡ &OM8NE 'I MILANO ‡ &OM8NE 'I 6EG5ATE ‡ &OM8NE 'I 6ETTIMO MILANE6E ‡ &ON6IGLIO 5EGIONALE 'EL 9ENETO ‡ &ON6O5=IO =AI 48A'5ANTE E85O3A ‡ EN3AL6 ‡ ENTE NA=IONALE 3E5 L¡A9IA=IONE &I9ILE ‡ INAIL ‡ IN3'A3 ‡ IN36 ‡ I3O6T I6TIT8TO 3O6TELEG5A)ONI&I ‡ 35O9IN&IA 'I G5O66ETO ‡ 35O9IN&IA 'I 5IMINI ‡ 35O9IN&IA 'I 6ALE5NO ‡ 5EGIONE A8TONOMA 9ALLE '¡AO6TA Assessorato AttiYitj 3roduttiYe ‡ 5EGIONE &AM3ANIA Assessorato Agricoltura ‡ 5EGIONE 8MB5IA ‡ 63O5TELLO 8NI&O A66O&IATO 3OLO 5O6IGNANO MA5ITTIMO )OTO _ &INE ² OTTI&A E &OM3ONENTI BA5BE5INI lenti solari in Yetro ‡ L8;OTTI&A G5O83 GOMMA _ 3LA6TI&A &5O&&O ‡ GOGLIO &O)IBO; ‡ MI&+ELIN ITALIANA ‡ 6EALE' AI5 ‡ 6OL9A< 3A'ANA3LA6T G5AN'I IN)5A6T58TT. _ E'ILI=IA _ MAT.&O6T58=IONE ALE5 'I &5EMONA ‡ A6TAL'I ‡ B5IAN=A 3LA6TI&A ‡ &OO3. &O6T58=IONI ‡ IM35E6A 3I==A5OTTI &. ‡ 3ALA==ETTI il calore cKe piace alla natura ‡ 6T5ETTO 'I ME66INA IM3IANTI6TI&A _ INGEGNE5IA _ 35OGETTA=IONE &ONTIN886 35O3E5=I ‡ ENEL INGEGNE5IA E INNO9A=IONE ‡ GEA 3rocoPac ‡ MAI5E TE&NIMONT ‡ 6AI3EM IN)O5MATI&A &6& ‡ EL6AG 'ATAMAT ‡ E;35I9IA ‡ OLI9ETTI ‡ ;E5O; ME&&ANI&O BA;I ‡ BIAN&+I 9EN'ING G5O83 ‡ B5EMBOMATI& 3E'5ALI ‡ ELE&T5OL8; ITALIA ‡ EME56ON 35O&E66 MANAGEMENT ‡ )AME&&ANI&A.'ATA ‡ )ONTE&AL ‡ )5AN'ENT PaccKine agricole ‡ +A5.EN ITAL< ‡ +ON'A ITALIA IN'86T5IALE ‡ INGE56OLL 5AN' ‡ AI5 6OL8TION6 ‡ I5EM ‡ LOMBA5'INI ‡ METAL :O5. coPponenti per autoPazione pneuPatica ‡ MOTO9A5IO ‡ M86TA' tecnologia delle Yiti ‡ O))I&INE ME&&ANI&+E GALLETTI ‡ O3M ‡ OTI6 ascensori, PontacaricKi, scale e tappeti PoEili ‡ OTO MELA5A ‡ 5+EA9EN'O56 G5O83 ‡ 5OMEO MAE6T5I )IGLI sistePi di cucitura a punto Petallico ‡ 6AN'EN9EN'O E85O3E ‡ 6&+IN'LE5 ‡ 6&M G5O83 PaccKine per il legno ‡ 6LIM3A ‡ 6M& ITALIA ‡ 6MIT+ INTE5NATIONAL ITALIA ‡ 6O&IET­ &OO3E5ATI9A BILAN&IAI &AM3OGALLIANO ‡ 63I5A; ‡ 6A5&O ‡ TE&NO.A5 T5AILE56 ‡ TE5E; ‡ TE5=I 35O)ILATI ‡ 9IME& ‡ 9ITA9I9A ITALIA ‡ =8&&+ETTI 58BINETTE5IA METALL85GI&O AL&OA ‡ )IAMM ‡ +<'5O AL8MINI8M 6LIM ‡ O56OG5IL G5O83 grigliati, recinzioni, cancelli e arredo urEano ‡ 6A3A 35O)ILI ‡ TE.)O5 ‡ TENA5I6'ALMINE ‡ T96 non sticN cooNZare NA8TI&A A=IM8T BENETTI 'I9. BENETTI 3ET5OLI)E5O _ ENE5GETI&O E&O68NTE. sistePi energetici da fonti rinnoYaEili ‡ E'I6ON 6ANIT­ _ 'I63O6ITI9I ME'I&I A.I.A.6. MEL)I ‡ ONL86 ‡ A=IEN'A O63E'ALIE5A ´G. 6AL9INIÂľ ‡ A=IEN'A O63E'ALIE5A ´I6TIT8TI O63ITALIE5IÂľ 'I &5EMONA ‡ A=IEN'A O63E'ALIE5A O63E'ALE MAGGIO5E 'I &5EMA ‡ A=IEN'A 6ANITA5IA 'EL T5ENTINO ‡ A=IEN'A 8NIT­ 6ANITA5IA LO&ALE 'I 9ITE5BO ‡ &ENT5O 5I)E5IMENTO ON&OLOGI&O ‡ &LINI&A ME'ITE55ANEA ‡ -O+N6ON -O+N6ON ME'I&AL ‡ O63E'ALE &LA66I)I&ATO 9ILLA 6AL86 6E59I=I 'I 38BBLI&A 8TILIT­ A&EA ‡ G5833O +E5A ‡ 38BLIA&48A 6E59I=I 6O)T:A5E GM6L softZare 63& ‡ 6ANMA5&O IN)O5MATI&A .NO:LE'GE &OM3AN< ‡ 6EA& softZare editoria forPazione ‡ T TE&+ 6I6TEMI 6E59I=I 9A5I &A6INĂ“ &AM3IONE '¡ITALIA ‡ &OO36E59I&E ‡ 'EMO6.O3EA ‡ E85O3&A5 ITALIA ‡ )ON'A=IONE 69IL833O E &OM3ETEN=E ‡ )5A.MA5 l¡industria del pulito ‡ MIME6I 35E66 :EB MONITO5ING ‡ OBE5T+85 TE&+NOLOGIE6 ITALIA produzione e coPPercializzazione di sPart card per il pagaPento, l¡identiĂ€cazione, la sicurezza e la telefonia PoEile e serYizi di personalizzazione ‡ 6NAI giocKi e scoPPesse TE&NOLOGIE 5OB85 tecnologie aYanzate per il riscaldaPento e la cliPatizzazione ‡ 6ABIANA coPfort aPEientale TELE&OM8NI&A=IONI 3+ONETI&A outsourcing nelle coPunicazioni ‡ 6I5TI ‡ TELE&OM ITALIA TE66ILE BE5TO IN'86T5IA TE66ILE ‡ LANI)I&IO ).LLI &E558TI dal ‡ NO<)IL 5A'I&IG5O83 T5A63O5TO ME5&I ² 3E56ONE AE5O3O5TO G.MA5&ONI 'I BOLOGNA ‡ ANM A=IEN'A NA3OLETANA MOBILIT­ ‡ &A5ONTE TO85I6T ‡ &OT5AL ‡ &TM &AGLIA5I ‡ G5AN'I NA9I 9ELO&I ‡ N<. Logistics Ital\ ‡ 6'A E;35E66 &O85IE5 T85I6MO _ ALBE5G+I _ 5I6TO5A=IONE AL3ITO85 :O5L' ‡ &ENT5O &ONG5E66I 9ILLE 3ONTI ‡ &O6TA &5O&IE5E ‡ )O85 3OINT6 B< 6+E5ATON Milano ‡ +OTEL ANTI&O 3ALA==O 5O63IGLIO6I 5oPa ‡ +OTEL3LAN ITALIA ‡ 6TA5+OTEL6 ‡ 9ALT85 9ET5O _ &E5AMI&A G5ANITI)IAN'5E paYiPenti e riYestiPenti

Dalla Leadership alla Leadership di Mercato con Qualità e Innovazione. Il tePa portante della &aPpagna di &oPunicazione Galgano 20 0 Ka testiPoniato cKe la &oPpetitiYitj dell¡industria italiana puz caPEiare realPente la 6toria del nostro 3aese, percKp la 4ualitj puz essere oYunTue, condiziona la nostra Yita e dipende da tutti noi. Oggi, infatti, nelle aziende italiane q sePpre pi urgente creare Yalore per i clienti con Innovazione di prodotto, servizio e processo.

B&G - Business&Gentlemen Pubblicazione trimestrale www.businessgentlemen.it Anno III – numero 16 - dicembre 2010/febbraio 2011

Direttore responsabile Mauro Milesi mauro.milesi@cobalto.it Redazione Coordinamento: Laura Di Teodoro laura.diteodoro@cobalto.it In redazione e contenuti web: DesirÊe Cividini desiree.cividini@cobalto.it Segreteria: redazione@businessgentlemen.it Impaginazione Stefania Bugada, Enrico Benedetti Equipe tecnico-scientifica Andrea Bonalumi, Vincenzo Caporaso, Ivan Consoli, Enrico Della Pietà , Roberto Magri, Leonardo Marabini, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Alberto Claudio Tremolada Hanno collaborato Massimo Appiotti, Elisabetta Casarin, Fabiano Cattaneo, Sebastiano De Lorenzo, Dario Fiorina, Renzo Maria Morresi, Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Elena Sottocornola Fotografie B&G Sara Fratus, Vincenzo Lombardi, Marco Scarpa, Daniela Zanchi Archivi fotografici Cmc, Epsono Italia, Roncoroni Spa, Campionmax srl, Olimpia Splendid, Vimercati Immagini uffici stampa Bradipo Travel Design, Davidoff, Blu Wom Milano Close to media, Ceccarelli Spa Editore e Redazione Cobalto Srl via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Pubblicità Nazionale Cobalto Adv via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Executive Account Sara Franceschini sara.franceschini@cobalto.it Pubblicità per Monza e Brianza Marketing Planet Srl Via V. Emanuele, 15 – 20052 Monza Tel. 039 2308568 – Fax 039 2308576 Coordinamento Aldo Nobile a.nobile@mktplanet.it Stampa CPZ Spa via Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG) Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto, anche non pubblicati non verranno restituiti.

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