Territorio e comunità locale - L'Atlante dei paesaggi locali del Pollino

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Territorio e comunità locale

“Guardare il paesaggio non è mai una mera contemplazione, ma è un processo altamente selettivo nel quale l’attore raccoglie indicazioni sul modo in cui, nel suo rapporto con il mondo, deve agire per soddisfare i suoi bisogni o interessi”. Charles William Morris

Il paesaggio e il suo mutamento è legato alla società, alla sua voglia o meno di tutelarlo e alla sua capacità di riconoscerlo, ciò che alla fine la qualificherà e le darà identità. Paesaggio, territorio e comunità locale, un trinomio che ci ha guidato nel percorso di ricerca sviluppato nell’ambito del progetto: “Pollino: Letture e racconti del paesaggio”; paesaggio osservato sotto la lente analitica e oggettiva del tecnico e quella percettiva intuitiva del cittadino. Per la prima volta la Convenzione Europea sul paesaggio ne rafforza la definizione e ne dà dignità giuridica considerandolo come l’elemento di mediazione tra cultura e natura, riflesso sul territorio in continuo mutamento. La ricerca, pertanto, volge all’individuazione dei luoghi a forte carica simbolica e spettacolare, cioè quei “topoi” o “iconemi”(1) e i rispettivi luoghi che la cultura ha riconosciuto come riferimenti importanti dell’identità di una comunità. Muovendosi all’interno di quei riferimenti simbolici che tengono conto della dimensione tempo e quindi della storia di un luogo. Tutto ciò sarà tanto più valido quanto più si baserà sulla conoscenza del territorio e della sua storia, che sola potrà rendere leggibili gli elementi del paesaggio. Partendo dall’assunto che il modello spaziale ed il modello culturale coincidono e ci restituiscono la forma Paesaggio, si costruisce il suo racconto attraverso i testi letterali restituendoci l’immagine dei luoghi nel tempo, come crono-topi di una metafora geografica (2). Pertanto, spazio e tempo creano quella mente locale che nella cultura dell’abitare di una comunità li vede strettamente interrelati. Dove abitare un luogo non vuol dire semplicemente trovarsi in esso, ma che soggetto e luogo si co-generano. L’identità di una comunità, passa attraverso la conoscenza del proprio ambiente vitale, si indentifica in quel “fare mente locale” di cui parla Franco La Cecla (3), la quale non si improvvisa ma si forma attraverso il contributo di esperienze di generazioni di abitatori, che costituisce un deposito di conoscenze, di abitudini da tramandare una “tradizione” appunto che si riflette nel paesaggio che la esprime. Diventa fondamentale, così, fare riferimento alle comunità nel progettare la qualità dello spazio e quindi del paesaggio, in quanto lo spazio non viene solo misurato e pianificato, ma sentito e orientato a partire da un centro quello appunto del “Villaggio” come metafora (5). Tutto ciò ci conduce alla riflessione di fondo che ci porta a dire che il paesaggio è il riflesso dell’agire territoriale dell’uomo, allorquando un paesaggio naturale che vive senza l’uomo si trasforma in spazio culturale caricandosi di riferimenti, di simboli, di denominazioni che entrano nel linguaggio e producono identità. Ma, per uscire dal territorio incerto della rappresentazione non identificabile scientificamente come tutto ciò che muove la cultura e la storia, al racconto degli elementi di percezione del paesaggio, carichi di simboli e che meglio interpretano il “genius loci” di un territorio, i quali hanno il limite di non avere spesso un valore funzionale, la lettura attraverso l’analisi oggettiva dei contenuti del territorio si rende necessaria in una fase successiva o parallela. (6). Lavorando sempre con la consapevolezza di dare unicità alla definizione di paesaggio, in contrapposizione alla concezione di un paesaggio spartito tra le diverse discipline, quella dei geografi, degli storici, degli urbanisti, degli architetti, in linea con la nuova definizione che ne fa la Convenzione Europea del Paesaggio (7). Alla ratifica della Convenzione lo scenario italiano trova il Paesaggio soffocato dalle trasformazioni industriale secondo una filosofia produttivistica di un’economia in cui il ben-essere vuol dire ben-avere, che ci hanno consegnato dei paesaggi brutti e illeggibili. Trasformazioni che hanno fatto saltare i raccordi storici con i paesaggi ereditati, dove spesso, non è più possibile ricostruire i segni dello sviluppo nel loro soprapporsi storico. Oggi, per ricostruire quella continuità, è necessario riscoprire il senso di essere attori nel territorio, saper vedere, saper ritrovare i segni storici e saper leggere il paesaggio come riscoperta di una nuova fonte di vita e di lavoro. Ritornare ad essere attori e spettatori secondo

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V abitacolo XVIII


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