Caratterizzazione di nuovi materiali compositi ecosostenibili contenenti canapa

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CARATTERIZZAZIONE DI NUOVI MATERIALI COMPOSITI ECOSOSTENIBILI CONTENENTI CANAPA Indice Capitolo 1. ECOSOSTENIBILITA’ E BIOEDILIZIA.............................3 1.1 COSTRUIRE ECOSOSTENIBILE..................................................4 1.2 MATERIALI ECOSOSTENIBILI ...................................................6 Capitolo 2. FIBRE NATURALI E MATERIALI COMPOSITI..............9 2.1 FIBRE NATURALI E CARATTERISTICHE MECCANICHE......9 2.1.1 Possibile impiego delle fibre in edilizia e nell’industria ..............14 2.2 MATERIALI COMPOSITI CONTENENTI FIBRE......................16 2.3 LA CANAPA.................................................................................18 2.3.1 Caratteristiche fisiche della canapa e processo produttivo ...........19 2.3.2 Proprietà meccaniche e uso della canapa .....................................22 2.3.3 Applicazione della canapa in materiali compositi........................24 2.4 LEGANTI ......................................................................................25 2.4.1 Leganti idraulici ..........................................................................25 2.4.2 Roman cement e cemento Portland a confronto...........................29 2.4.3 Magnesite....................................................................................30 Capitolo 3. CARATTERIZZAZIONE DI PANNELLI IN CANAPA ...32 3.1 NORMATIVA DI RIFERIMENTO...............................................32 3.1.1 Prove fisiche ...............................................................................33 3.1.2 Prove meccaniche .......................................................................38 Capitolo 4. PARTE SPERIMENTALE ...................................................44 1


4.1 SCOPO DELLA TESI ...................................................................44 4.2 MATERIALI UTILIZZATI ...........................................................45 4.3 FORMULAZIONI STUDIATE .....................................................46 4.4 CARATTERIZZAZIONE DEI CAMPIONI ..................................47 4.4.1 Proprietà fisiche ..........................................................................47 4.4.2 Proprietà meccaniche ..................................................................51 4.5 RISULTATI...................................................................................53 CONCLUSIONI........................................................................................62 ALLEGATI ...............................................................................................64 BIBLIOGRAFIA ......................................................................................68

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Capitolo 1. ECOSOSTENIBILITA’ E BIOEDILIZIA Nell’ultimo secolo gli elementi fondamentali aria, acqua, terra e biodiversità hanno subito un notevole cambiamento qualitativo, tale da creare serie preoccupazioni per il futuro. Dagli inizi della rivoluzione industriale la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è aumentata di circa il 30% a causa delle emissioni dovute all’uso dei combustibili fossili e ha raggiunto il valore di 400 parti per milione. L’anidride carbonica può permanere nell’atmosfera per oltre un secolo. Gran parte dei ricercatori concorda sul fatto che, negli ultimi centoventi anni, la temperatura media della terra sia aumentata di almeno 0,6°C a causa dell’effetto serra dovuto perlopiù al consumo di questi combustibili. Il riscaldamento globale induce una più intensa evaporazione di acqua da oceani, suoli e vegetazione. L’aumentato carico di umidità dell’atmosfera comporta l’intensificazione del ciclo idrogeologico che causa in certe regioni gravi siccità e in altre piogge e nevicate di eccezionale entità. Altre attività umane, come per esempio il disboscamento, comportano l’eliminazione di alberi che altrimenti ridurrebbero l’effetto serra assorbendo carbonio dall’atmosfera e implicano una più intensa erosione superficiale dei suoli e aumenta il rischio d’inondazioni.(1) La cura non può essere una fuga assolutoria verso mode New Age, ma solo una potente iniezione di razionalità nella gestione delle risorse, che deve portare ad un’economia sostenibile. Il solo settore edilizio consuma circa 40% delle risorse ed è diventato, negli ultimi cinquanta anni, uno dei maggiori consumatori di combustibili fossili. Circa il 50% dell’energia prodotta da questi combustibili serve per la climatizzazione degli edifici. La potenzialità di risparmio energetico è immensa, come dimostrano gli edifici solari in cui gli apporti gratuiti d’energia solare coprono oltre 90% del fabbisogno energetico necessario per la climatizzazione. Anche la produzione e la lavorazione dei materiali da costruzione hanno un forte impatto ambientale poiché consumano grandi quantità di acqua pulita ed energia e producono enormi cumuli di rifiuti, incrementati ulteriormente dai detriti che derivano dalle demolizioni. La produzione di certi materiali comporta inoltre l’emissione di metalli pesanti e di altre sostanze tossiche, di gas serra e di altri gas che distruggono la fascia d’ozono della stratosfera che ci protegge contro i raggi ultravioletti provenienti dal sole. In molti edifici di recente costruzione si verificano 3


inoltre sintomi di malessere, una “sindrome abitativa”, che ha la sua causa nell’insufficiente aerazione degli ambienti confinanti che permette la concentrazione dei composti organici volatili sprigionati da certi materiali da costruzione e dall’arredamento. L’attività edilizia, e non solo quella che riguarda i grandi fabbricati e le grandi opere di infrastruttura, ha un forte impatto ambientale. Se i Governi spostassero l’economia del mercato verso la sostenibilità e gli acquirenti richiedessero edifici migliori, il settore potrebbe evolvere rapidamente. Ciò che la gente, come i cittadini e come i consumatori, deve sviluppare, in definitiva, è il senso per la qualità del costruito che include sempre anche la qualità ambientale. L’eredità più duratura che la nostra generazione può lasciare alla prossima non è semplicemente un migliore patrimonio edilizio, ma una nuova etica del costruire, che riconosca l’intenso rapporto esistente tra ambiente costruito e ambiente naturale.(1)

1.1 COSTRUIRE ECOSOSTENIBILE Agire ecologicamente significa utilizzare e gestire le risorse naturali considerando non solo la loro disponibilità sul mercato e il loro prezzo, ma sempre, nella piena consapevolezza, che la loro qualità sulla terra è limitata e che il loro uso può generare effetti negativi sull’ambiente. L’edilizia ecologica è una reazione alla grave crisi ambientale in cui ci troviamo. Il suo principale obiettivo è quello di mitigare gli impatti ambientali connessi all’edilizia, alla costruzione ed all’uso degli edifici. Costruire in bioedilizia significa limitare il consumo di risorse non rinnovabili, e, utilizzando materiali non nocivi ed ecologici, ridurre al minimo l’impatto sulla salute e sull’ambiente. Si è creato un nuovo settore nell’industria dei prodotti per l’edilizia: quello dei materiali da costruzione ecologici, chiamati anche materiali per la bioedilizia o materiali naturali da costruzione. Questo settore è in rapida e continua espansione tant’è che anche alcuni colossi dell’industria chimica hanno iniziato a produrre anche materiali di tal genere. I materiali per la bioedilizia a volte altro non sono che la riproposizione di materiali tradizionali scomparsi dal mercato in seguito all’avvento della produzione industriale, spesso ripresentati con migliorati standard di qualità; altre volte sono materiali altamente 4


innovativi caratterizzati da standard qualitativi talmente elevati da mettere in crisi i concorrenti “chimici” o ad alto impatto.(1) Questa attenzione ai materiali da utilizzare in edilizia sostenibile è dovuta al fatto che gli edifici e l’ambiente costruito utilizzano la metà dei materiali estratti dalla crosta terrestre e producono ogni anno 450 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e da demolizione, ossia più di un quarto di tutti i rifiuti prodotti al mondo. La comunicazione intermedia della UE “Verso una strategia tematica di prevenzione dei rifiuti” segnala l’aumento dei volumi dei rifiuti da demolizione e costruzione e la loro sempre maggiore complessità, dovuta alla crescente varietà dei materiali utilizzati negli edifici, cosa questa che limita la possibilità di riutilizzo e di riciclo e rende necessaria la costruzione di discariche. Mentre gli aspetti di ecosostenibilità ambientale che dovrebbero caratterizzare i materiali da costruzione si individuano nel riutilizzo di materiali edili e la loro riciclabilità.(2) Fino alla fine del XIX secolo, i materiali da costruzione erano tutti naturali: pietra, laterizio, legno, argilla, calce; architetture ed abitazioni erano costruiti con materiali prevalentemente reperiti in loco le cui caratteristiche erano note perché tramandate nel corso della storia. Con la rivoluzione industriale e soprattutto con l’avvento dell’industria petrolchimica nelle abitazioni sono entrati materiali totalmente nuovi e spesso estranei alle abitudini e consuetudini abitative dell’uomo, trasformando la casa da ambiente vivo e salutare in ambiente completamente artificiale e potenzialmente aggressivo. Oggi il recupero e il riuso di molti materiali moderni crea dei problemi, pertanto si dovrebbero costruire edifici scomponibili con elementi e materiali che possono essere facilmente recuperati, riutilizzati, riciclati e smaltiti senza procurare ulteriori inquinamenti. Tutti i materiali e prodotti hanno un impatto ambientale, l’edilizia ecologica cerca di usare quelli che abbiano un minore impatto. Questi impatti non dipendono solo dalla natura dei materiali, ma anche dall’adeguatezza e dalla correttezza con la quale vengono impiegati. L’impatto ambientale include anche gli effetti esercitati sulla salute dei lavoratori e quella di coloro che lavorano e abitano gli edifici. Generalmente si tratta di sostanze biodegradabili presenti in natura e lavorate il meno possibile. I materiali biodegradabili ed ecologici, usati nella bioedilizia, per esser definiti tali devono prima di tutto limitare l'impatto ambientale. Essere ecologico per un materiale 5


edile significa infatti tendere ad un “impatto zero”(figura 1). In genere questo significa che sia per l'utilizzo che per la fabbricazione, che per il successivo smaltimento, devono richiedere un consumo di energia il più ridotto possibile generando una produzione di rifiuti il più possibile contenuta. La biodegradabilità è propria delle sostanze organiche, ma anche di alcuni composti sintetici e rappresenta la proprietà di essere decomposta dalla natura mediante particolari batteri.(5) Parlando di eco-compatibilità, in architettura l’aggettivo “ecocompatibile” si riferisce ai processi o prodotti che hanno la capacità di integrarsi con l’ambiente in cui vive l’essere umano e in generale con l’ecosistema circostante.(1-5)

Figura 1- città completamente ecosostenibile ed autosufficiente(35)

1.2 MATERIALI ECOSOSTENIBILI Il ciclo di vita dei materiali da costruzione può essere suddiviso in cinque fasi:(1) 1.

Estrazione delle materie prime;

2.

Produzione;

3.

Lavorazione e messa in opera;

4.

Permanenza nell’edificio, manutenzione, sostituzione;

5.

Rimozione, demolizione, smaltimento o riciclaggio.

Impatti sull’ambiente e sulla salute possono verificarsi in ogni fase, quelli ambientali collegati al riciclaggio e allo smaltimento (fase 5) di molti materiali moderni sono 6


difficilmente valutabili, in quanto ben poco si sa in merito al loro comportamento a lungo termine in condizioni di discarica, e non si conoscono le tecnologie future di riciclaggio. L’uso di varie sostanze riconosciute tossiche e pericolose è già stato vietato o drasticamente limitato, ma gli effetti a lungo termine di molti materiali moderni sono ancora sconosciuti.(1) In considerazione dei probabili rischi è consigliabile usare quei materiali di cui si sappia con buona certezza che non provocheranno gravi problemi, cioè materiali che siano: durevoli ed idonei all’applicazione; ottenuti da materie prime rigenerabili o abbondantemente disponibili; prodotti in processi sicuri per i lavoratori e sostenibili per l’ambiente; prodotti in condizioni sociali dignitose; prodotti con poca energia non rigenerabile; privi di sostanze tossiche ed inquinanti, salubri e sicuri per gli occupanti; applicabili con tecniche sicure per i lavoratori; innocui in caso di incendio; riutilizzabili e riciclabili o smaltibili con metodi sicuri. Al giorno d’oggi i materiali per la bioedilizia presenti sul mercato sono numerosi. Un ruolo fondamentale lo riveste il legno e i suoi derivati, materiali da costruzione rinnovabili, riciclabili e biodegradabili costituiti principalmente da cellulosa emicellulosa e lignina. Il legno è un materiale naturale, con buone caratteristiche di durata e resistenza, ottimo isolante termico e acustico, facilmente lavorabile, deve provenire da boschi gestiti secondo i corretti principi colturali, che ne assicurano la rinnovazione e la sostenibilità, oppure da piantagioni. Per ottimizzare la sostenibilità deve essere data priorità, nei limiti del possibile, al legno proveniente da foreste locali. In commercio si trova

legno massiccio, legno lamellare, elementi

prefabbricati come pannelli a base di legno, impiegati ad uso strutturale. Tra gli isolanti di origine vegetale il legno si trova in pannelli sottoforma di fibra di legno. Altri isolanti di origine vegetale sono:(2) - il sughero, impermeabile, leggero, elastico, riutilizzabile, riciclabile; - la fibra di lino, usata per realizzare materassini di isolamento termo-acustico; - il kenaf, ha ottime caratteristiche come prodotto e come pianta dopo la potatura; - la canapa, per la sua coltivazione non occorrono concimi e diserbanti e non vengono utilizzate sostanze chimiche per la sua trasformazione; - la canna palustre, lavorata a pannelli o a stuoie; - il cocco, realizzato con fibre di cocco, materiale imputrescibile e idrorepellente; - la juta, fibra tessile molto elastica e resistente allo strappo, economica, traspirante e riciclabile; 7


- la fibra di cellulosa, resistente al fuoco, inattaccabile dagli insetti e traspirante. Isolanti di origine minerale più comuni sono invece: - i pannelli in silicato di calcio, permeabili al vapore, antincendio e traspirabili; - il vetro cellulare, struttura alveolare leggero prodotto dal vetro puro. Mentre tra gli isolanti di origine animali vi è la lana di pecora, in edilizia derivante dallo scarto del ciclo tessile, prodotta senza alcun tipo di collante. Anche alcuni leganti possiedono qualità biologiche, tra questi troviamo: - la calce, legante naturale per malte ed intonaci, possiede ottime qualità biologiche, garantisce traspirabilità e non deve essere additivata da sostanze di sintesi; - il gesso naturale, è un minerale che deve provenire direttamente da cava, essere di recente cottura, asciutto, di fine macinazione e non deve contenere quantità superiori al 25% di sostanze naturali estranee al solfato di calcio; - il cemento, prodotto con materie prime naturali deve essere puro e non additivato con materie provenienti da scarti di lavorazioni industriali e senza aggiunta di loppa basica d’alto forno o ceneri volanti, questi requisiti si trovano nel cemento bianco che è quindi da preferire. Tra i materiali per le opere in muratura vi sono: - il laterizio è un materiale sufficientemente sostenibile, deve essere prodotto con argille provenienti da cave preferibilmente in loco e avere una radioattività media; - le pietre naturali, usate prevalentemente per il restauro di edifici storici; - la terra cruda, miscuglio di argilla e sabbia, è un materiale economico, richiede poca energia e può essere restituito alla natura a volte senza trasportarlo in discarica. Infine tra gli inerti, utilizzati principalmente nella produzione di malte e intonaci si trovano:(2) - la pozzolana che può essere usata come materiale di riutilizzo per rilevati e sottofondi stradali, conglomerati cementizi e ripristini ambientali; - la pomice, materiale naturale leggero e poroso dove i livelli di radioattività non devono superare quelli ammissibili per legge; - la calcite; - la sabbia; - la ghiaia; 8


- il pietrisco.(1-2, 4)

Capitolo 2. FIBRE NATURALI E MATERIALI COMPOSITI 2.1 FIBRE NATURALI E CARATTERISTICHE MECCANICHE Negli ultimi anni si sta riaffermando con forza la grande famiglia delle fibre naturali di origine vegetale, complice la sempre più diffusa sensibilità dei consumatori verso prodotti sostenibili ed un forte impulso del mercato. Le caratteristiche meccaniche di tutte le fibre naturali sono simili, dal momento che esse sono costituite da filamenti di cellulosa immersi in una matrice di emicellulosa o di lignina, dal punto di vista della composizione queste fibre quindi sono simili al legno. La cellulosa è una sostanza organica contenente i tre elementi chimici semplici: carbonio, idrogeno e ossigeno. La sua struttura (analogamente a quella delle proteine) è tipicamente macromolecolare, con monomeri costituiti da molecole di glucosio collegate tra loro a formare lunghe catene. Inoltre è il principale componente della così detta “parete cellulare”, la quale riveste le cellule vegetali e le distingue da quelle animali che ne sono prive. Questa parete conferisce al tessuto vegetale la rigidità necessaria per il sostegno delle piante; nelle parti legnose di queste ultime, poi, insieme alla cellulosa, e presente un'altra sostanza organica denominata lignina, che ne aumenta rigidità e resistenza.(10) Le fibre naturali sono abbondanti in tanti paesi in via di sviluppo e le ragioni maggiori della loro popolarità sono la resistenza, il peso, la durata e il basso costo. Le più diffuse sono:(2) - le fibre di sisal, ricavate dalle foglie di una pianta tropicale della famiglia delle Amarillidacee, più comunemente nota come Agave. La cui produzione su larga scala iniziò nel 1888 e si diffuse attraverso le regioni tropicali e sub tropicali. In generale i maggiori produttori di fibre di sisal al mondo sono Brasile, Indonesia e Africa (figura 2);

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Figura 2-fibra di sisal(36) - le fibre di cocco, maggiormente prodotte in Filippine, Indonesia e India, si ottengono dal mesocarpo delle noci della palma da cocco, materiale leggero e quasi imputrescibile, resistente all’umidità , ed inattaccabile da funghi o tarme, rese ignifughe mediante trattamento con sali borici (figura 3);

figura 3 – fibra di cocco(37) - le fibre di legno, sono ottenute dai cascami di legno e dai legni di scarsa qualità ; la materia prima viene ridotta a piccole dimensioni, bollita, infeltrita e stabilizzata; vengono poi assemblate prevalentemente per auto incollaggio con la lignina contenuta nello stesso legno, senza aggiunta di collanti chimici. Sono resistenti al fuoco e traspirabili (figura 4).

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figura 4 – fibra di legno(38) - il Kenaf, che fa parte della famiglia delle piante di canapa, ha ottime caratteristiche come pianta e come prodotto dopo la potatura, la pianta preserva la fertilità del terreno e non occorrono concimi chimici per la sua coltivazione (figura 5);

figura 5 – fibra di kenaf(39) - la canna palustre, molto diffusa nelle zone paludose, lavorata a pannelli o a stuoie (figura 6);

figura 6 – fibra di canna palustre(40) - la juta, fibra tessile molto elastica e resistente allo strappo ricavata da numerosi tipi di piante; dalla sua fibra si ottengono filati e viene usata come materiale termoisolante traspirante (figura 7);

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figura 7 – fibra di juta(41) - la fibra di cellulosa è ottenuta dalla cellulosa naturale, che deriva dalla canapa e dal cotone, e da materie cellulosiche di recupero che sono prodotte dalla trasformazione della carta di giornale trattata con Sali di boro. Inattaccabile dagli insetti, imputrescibile, traspirante e riciclabile (figura 8);

figura 8 – fibra di cellulosa(42) - la fibra di cotone su piccola scala è diventata la base economica per molti contadini nei paesi in via di sviluppo perché le coltivazioni non richiedono né prodotti chimici né irrigazione artificiale, mentre su scala industriale richiede un massiccio uso di fertilizzanti e insetticidi (figura 9);

figura 9 – fibra di cotone(43)

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- la canapa, appartiene alla famiglia delle orticacee. Per la sua coltivazione non occorrono concimi e diserbanti e non vengono utilizzate sostanze chimiche o additivi per la sua trasformazione (figura 10);

figura 10 – fibra di canapa(44) - la fibra di bambù, erba perenne che cresce fino ad un massimo di 35 metri con un ritmo di crescita rapido, è un materiale duro ed elastico e si rigenera in appena 3 anni. Il bambù è dotato di straordinarie proprietà fisiche che permettono di utilizzarlo in edilizia per la realizzazione di strutture anche molto complesse, inoltre essendo vuoto all’interno è leggero e maneggevole (figura 11).(2, 6-7,9)

figura 11 – fibra di bambù(45) Le fibre naturali, come la canapa, sono sempre più considerate un valido materiale di rinforzo in materiali compositi, in sostituzione di fibre di vetro sintetico. Esse infatti presentano elevate proprietà meccaniche combinate a bassa densità e offrono benefici ambientali (risorse rinnovabili, biodegradabili). Tuttavia sono penalizzate da una dispersione generale delle loro proprietà meccaniche, influenzate da diversi parametri, vale a dire, dalle condizioni di crescita (qualità del suolo, clima, uso di concimi, etc.), o dal trattamento delle fibre (macerazione, trattamento chimico, etc.). Inoltre si è notata una forte dipendenza delle proprietà meccaniche dai diametri della fibra, minore è il diametro, maggiore è il modulo di Young e la resistenza alla trazione. 13


Il comportamento a trazione delle fibre vegetali è stato studiato da diversi autori, evidenziando le buone proprietà meccaniche di queste fibre. La curva sforzo deformazione di queste presenta una regione non lineare in una prima fase di caricamento, questo comportamento può essere spiegato dallo scorrimento delle micro fibrille insieme al loro progressivo allineamento con l’asse della fibra. La seconda regione della curva di carico invece appare lineare, questa regione è caratteristica di un comportamento elastico e il modulo di Young di una fibra è valutato dalla pendenza della curva in questa regione. Lo scopo di questo studio è di determinare l’influenza della zona di campionamento in un unico stelo sulle proprietà meccaniche delle fibre di canapa. Le prove di trazione sono state condotte su fibre estratte da tre aree distinte di prelievo (Type 1,Type 2,Type 3) su uno stesso stelo di canapa (tabella 1).Come si può notare dal grafico in tabella a seconda dell’area di prelievo a uno stesso sforzo corrispondono deformazioni differenti.(8)

Tabella 1-curva sforzo deformazione per tre diversi tipi di fibre di canapa(8)

2.1.1 Possibile impiego delle fibre in edilizia e nell’industria Il tema è di attualità, sollecitato non solo dalla sensibilità ecologica di molti progettisti fortemente motivati a sostituire materiali di sintesi con altri ottenuti da fonte rinnovabile, ma anche da direttive come quelle che richiedono che ogni nuova vettura prodotta in Europa debba essere riciclabile fino all’85% del suo peso (percentuale che salirà al 95% entro il 2015): un obiettivo che può essere raggiunto grazie all’inserimento di fibre 14


naturali (quindi riciclabili) nelle strutture. Non sorprende quindi che, ad esempio, l’industria tedesca abbia incrementato l’uso di fibre di lino e canapa nei compositi. La scommessa è soprattutto quella di utilizzare scarti di produzione di lino destinato al settore abbigliamento e casa ma anche di sfruttare piante “più povere”, valorizzando così aree altrimenti sotto utilizzate dalle colture agricole inserendone la produzione vegetativa in nuove filiere produttive. Per alcuni versi si tratta di rivalutare tecnologie produttive precedenti all’ingresso delle fibre man made sui mercati. La storia, infatti, non è priva di esempi di utilizzo di fibre tessili in contesti strutturali e non convenzionali. Durante la seconda guerra mondiale a causa della carenza di alluminio in Inghilterra, fu creato con fibre di lino il “Gordon-Aerolite”(16), un composito di fibre rinforzate utilizzato nei pannelli di rivestimento della fusoliera degli Spitfire, gli aeroplani da guerra dell’epoca. Senza dimenticare che nel 1942 gli ingegneri della Ford avevano studiato un prototipo di automobile costruita usando compositi rinforzati in fibra di canapa: l’auto non entrò in produzione ma gli studi servirono ad aprire nuove strade alla ricerca. L’impiego delle fibre naturali anche come materiale di rinforzo all’interno dei compositi polimerici viene dunque sempre più frequentemente considerato per la combinazione delle proprietà fisiche, chimiche e meccaniche che le stesse fibre sono in grado di dare insieme all’elevata eco-sostenibilità del prodotto. I settori in cui i compositi rinforzati con fibre naturali sembrano offrire le migliori prospettive sono quelli delle costruzioni, dei trasporti, dell’arredamento, degli imballaggi e nell’oggettistica di largo consumo. Compositi tessili per l’edilizia sono oggetto di ricerca e applicazioni in Italia e all’estero. I ricercatori dell’Università britannica di Bath ad esempio, stanno studiando sia le metodologie, sia i materiali per ridurre l’impatto ecologico del settore edile che in Inghilterra detiene un tasso di emissione di CO2 doppio della media mondiale. Lo studio si propone di valorizzare il legno come materiale da costruzione ma ha esteso la ricerca ad altri materiali rinnovabili. In particolare è stato testato con buoni risultati un composito naturale ottenuto miscelando la canapa con la calce spenta e che unisce i vantaggio di un basso impatto ambientale anche ottime proprietà isolanti. Ma al di là della biodegradabilità dei materiali l’uso di fibre naturali nelle costruzioni pare abbia anche altri vantaggi. Le fibre naturali in edilizia hanno capacità idroregolatrice dell’umidità, cioè il materiale può assorbire notevoli quantità di acqua senza disgregarsi il 15


che lo renda ideale per l’ isolamento termico oltre che un capace isolante termoacustico. Da questo punto di vista la canapa ha rilevato doti eccezionali. Del resto è una fibra veramente versatile: è utilizzabile nell’industria cartiera, alimentare, cosmetica, farmaceutica, nella produzione di biomasse e non sorprende l’interesse che intorno ad essa si è sviluppato anche in Italia in questi ultimi anni attirando l’interesse di architetti e progettisti.(16)

2.2 MATERIALI COMPOSITI CONTENENTI FIBRE I materiali compositi sono materiali non presenti in natura ma formati dalla combinazione tridimensionale di almeno due componenti. La combinazione che si ottiene vanta proprietà chimico fisiche non riscontrabili nei singoli materiali che la compongono, ciascun costituente mantiene infatti la propria identità nel composto finale senza fondersi completamente l’uno nell’altro. Il composito può essere considerato formato da più costituenti, quelli che ne caratterizzano la forma interna fibre, scaglie, particelle, riempitivi e quelli che ne definiscono la forma globale, le matrici, e i leganti che permettono la coesione all’interfaccia tra i primi due tipi di costituenti.(10) I materiali compositi a fibre sono generalmente costituiti da una matrice in materiale poco pesante, elastico, spesso tenace ma con bassa resistenza meccanica, che viene rinforzata mediante fibre ad alta resistenza e rigide, ma spesso fragili. All’interfaccia tra questi due componenti esiste spesso un legante che ne garantisce l’interconnessione voluta. Può essere chiamato filamento qualunque materiale in forma allungata con rapporto tra la minima lunghezza e la massima dimensione trasversale di 10:1 e con una massima dimensione trasversale inferiore al millimetro; la denominazione di fibra va attribuita ad uno o più filamenti riuniti insieme in modo ordinato. In corrispondenza di piccole dimensioni delle sezioni i materiali presentano caratteristiche di resistenza molto elevate. Questo risultato è conseguenza diretta del cosiddetto “effetto dimensionale”, dato che, in sezioni ridotte, la probabilità che si verifichino imperfezioni diminuisce. Compito delle fibre è quello di garantire buone caratteristiche di resistenza e rigidezza. Le fibre utilizzate sono lunghe e continue o corte; le fibre continue hanno il vantaggio di assicurare la trasmissione delle sollecitazioni dal punto di applicazione del carico al 16


vincolo, in pratica possono aversi delle sezioni difettose che inficiano le caratteristiche di resistenza dell’intera fibra e alcune fibre possono essere molto più sollecitate di altre, a causa di tensioni residue derivanti dal processo di fabbricazione, così da impedire una distribuzione dei carichi. Le fibre corte possono essere prodotte invece da un numero limitato di difetti superficiali e, quindi, possono avere resistenza prossima a quella teorica del materiale di cui la fibra risulta costituita. Naturalmente la resistenza globale del composito non avrà valori elevati come quella delle fibre corte corrispondenti, in quanto il trasferimento delle sollecitazioni tra fibra e fibra coinvolge necessariamente la matrice caratterizzata, in genere, da caratteristiche di resistenza decisamente inferiori. L’orientamento delle fibre in una, due o tre direzioni permette di risolvere i vari problemi di carico. La distribuzione casuale di fibre corte garantisce una resistenza più bassa ma uniforme in tutte le direzioni. Risulta che le proprietà meccaniche del composito sono fortemente influenzate dall’orientamento delle fibre di rinforzo. Le matrici hanno lo scopo di dare forma propria al componente, di inglobare le fibre, di deformarsi in modo da trasmettere e distribuire, il più uniformemente possibile, le tensioni tra le fibre, che costituiscono l’elemento resistente. La scelta opportuna del tipo di matrice permette, il controllo di alcune caratteristiche meccaniche trasversali, quali la resistenza a taglio, o di alcune proprietà termiche, quali l’idoneità o meno di lavorare alle elevate temperature di esercizio.(10) Le fibre sono resistenti e spesso fragili; le matrici devono, in genere, essere tenaci ed avere un allungamento a rottura più elevato delle fibre in modo che, in caso di rottura dell’elemento di rinforzo, siano i grado di impedire, deformandosi opportunamente, la propagazione del difetto alle altre fibre. Se sottoposte alle variazioni di temperatura tipiche dei processi di fabbricazione del composito, le matrici non devono ritirarsi troppo per evitare l’insorgere di tensioni residue indesiderate nelle fibre. Il legante, che può essere presente o meno, permette di controllare le caratteristiche di resistenza alla separazione fibra-matrice, garantendo un collegamento chimico-meccanico in modo da rendere effettivamente possibile la distribuzione corretta delle tensioni tra fibra e matrice e, quindi, tra le fibre. Generalmente un legante di interfaccia molto efficace rende il composito risultante più fragile ma più rigido, mentre, un legante più debole incrementa la tenacità del prodotto finale riducendone contemporaneamente 17


resistenza e rigidezza. Per ottenere un prodotto bio compatibile e riciclabile è necessario scegliere componenti facilmente reperibili in sito, che abbiano costi contenuti, e che siano non tossici e riciclabili.(10)

2.3 LA CANAPA La canapa (Cannabis sativa) è una pianta erbacea annua appartenente alla famiglia delle Cannabinacee. Originaria dell' Asia Centrale, la canapa cresce spontanea in una vasta zona che va dal Danubio alla Cina ed è coltivata in tutte le regioni a clima temperatoumido. In passato la coltivazione della canapa aveva trovato ampia diffusione in quasi tutta l'Europa e negli Stati Uniti, ma fu proibita a causa delle sostanze stupefacenti presenti in alcune specie e venne così sostituita con altri materiali di origine vegetale (come la cellulosa) o materiali di origine sintetica (come il nylon) per diversi utilizzi.(12) La riscoperta della canapa è avvenuta in Europa all’inizio degli anni ‘90. Hanno contribuito a ciò il contributo dell’Unione Europea per la sua coltivazione relativamente alto e gli aiuti governativi per lo sviluppo di tecnologie innovative per la trasformazione delle piante da fibra. In precedenza la canapa è stata coltivata solo dai Francesi, ma, dopo che la Spagna iniziò la coltivazione nel 1986 per la produzione di carte speciali, seguì la Gran Bretagna nel 1993, l’Olanda nel 1994, l’Austria nel 1995 e la Germania nel 1996. Dal 1989, la superficie coltivata a canapa in Europa è aumentata di ben otto volte, da 2.762 ha a 21.700 ha. Dato questo notevole incremento e onde evitare un aumento incontrollato della spesa per i contributi, l’Unione Europea ha posto un tetto di 35.000 ha per la superficie oggetto di contributo.(11) In Italia, la coltivazione è ritornata solo nel 1998 su di una superficie di circa 350 ha, nonostante il nostro Paese fosse stato sino a trent’anni fa secondo al mondo dopo la Russia come superficie coltivata e primo per la qualità dei prodotti ottenuti. Ciò è stato possibile in virtù della Circolare del Ministero delle Politiche Agricole (Direzione Generale delle Politiche Agricole ed Agroindustriali Nazionali) del 2 dicembre 1997, in cui vengono definite le modalità da seguire da parte degli agricoltori interessati, onde prevenire confusione con le coltivazioni da droga. Questo ritorno della canapicoltura è avvenuto su basi completamente diverse rispetto al passato, quando agli agricoltori veniva richiesto l’impegno non solo per la coltivazione, ma anche per le successive fasi di 18


macerazione e stigliatura. Inoltre, l’unico prodotto vendibile era la fibra lunga per la creazione di tessuti e cordami, ottenuta attraverso procedimenti che richiedevano enormi impieghi di manodopera.(11-12)

2.3.1 Caratteristiche fisiche della canapa e processo produttivo Analizzando le fonti energetiche rinnovabili, le quali sono intese quelle che si rinnovano con grande rapidità, superiore o comparabile a quella con la quale l'energia viene consumata, dopo il sole, il vento, le risorse idriche, le geotermiche, le maree, il moto ondoso, vengono le biomasse, ovvero il legno ed i materiali organici, tra essi la Canapa è in assoluto quella che è in grado di dare maggiore quantità nella maggiore velocità. In soli tre mesi e mezzo di coltivazione è in grado di superare ben quattro volte la quantità di quella che è in grado di produrre un bosco di alberi, a parità di estensione, in un anno. Il suo legno è tra i più leggeri, e questo significa maggior quantità di microtubuli secchi pieni di aria statica per poter dare i massimi valori di isolamento termico, le sue fibre sono tra le più tenaci in natura in grado di poter dare ad alta densità le più elevate caratteristiche di portanza. La coltivazione della canapa grazie al suo breve ciclo vegetativo ed alla molteplicità delle varietà esistenti, può adattarsi ai climi più diversi. I climi più favorevoli sono comunque quelli caldo-umidi delle regioni temperate che consentono lo sviluppo di gran masse di sostanza organica. La germinazione del seme avviene a 8-10°C e le giovani piantine resistono meglio delle altre colture primaverili alle gelate tardive. La canapa fiorisce intorno ai 19° C ed i semi maturano a 23°C, richiedendo quindi temperature gradualmente crescenti. Nel periodo che va dalla semina alla fioritura, i caldi precoci, specie se accompagnati da intensa aridità, sono nocivi poiché dispongono le piante a pre-fiorire e rimanere quindi basse di statura. Un’abbondante umidità giova molto quando è coltivata su terreni permeabili, mentre è dannosa ove si presentano prolungati ristagni idrici che soffocano le radici. Durante la maturazione dei semi, non solo resiste bene all’umidità dalla fioritura in poi, ma è più produttiva in presenza di piogge. Questa teme però i freddi autunnali precoci. E’ opportuno procedere alla semina non appena il terreno si libera dalle acque sovrabbondanti e non vi è più il pericolo di forti brinate. In Italia, l’epoca adatta inizia quindi nel mese di Marzo nel centro-sud e si prolunga sino alla metà di Aprile nel centro-nord. Bisogna fare attenzione a non ritardare troppo perché in tal caso aumentano i rischi di ‘stretta’ (mancanza di approvvigionamento 19


idrico), cui le piante sono particolarmente sensibili durante la prima fase di accrescimento. E’ da tener conto anche della necessità dì effettuare il raccolto, sia di seme che di steli, prima delle piogge autunnali, per poter eseguire correttamente l’essiccazione in campo o la trebbiatura. Le piante possono raggiungere altezza da 2 a 6 metri, le foglie sono prevalentemente opposte, picciolate, palmosette, con tre - nove segmenti lanceolati, acuminati, seghettati e pubescenti. La radice è un robusto fittone con esili ramificazioni laterali che si allunga considerevolmente fino al primo mese della crescita, quando prevale molto sul fusto. In seguito, quest’ultimo si accresce molto rapidamente fino alla fioritura, momento in cui si arresta e si sviluppano gli internodi fiorali. La canapa è specie prevalentemente dioica, caratterizzata quindi da piante femmina e maschio. I fiori maschili si differenziano dopo almeno sessanta giorni dalla germinazione, per circa un mese; sono riuniti in pannocchie ascellari e costituiti da un perigonio a 5 pezzi. Quelli femminili si formano una decina di giorni dopo, assumendo un aspetto a ciuffi compatti originato dalla crescita di rametti molto raccorciati e ramificati. Il frutto è una nocula ovoidale, comunemente chiamata “seme di canapa”, con superficie lucente di colore non uniforme dal bruno all’olivastro e qualche volta si presenta ancora racchiuso negli involvi fiorali. A seconda delle varietà, il peso di mille semi varia da 20 a 23 g, mentre il peso dell’ettolitro dai 52 ai 55 kg. L’insieme delle fibre tessili, comunemente denominato tiglio, rappresenta il libro del fusto, da cui il nome di fibre liberiane. Si trova nella corteccia tra l’epidermide ed il canapulo (tessuto vascolare) e costituiscono il principale prodotto commerciale. Le fibre sono riunite in cordoni di varie dimensioni, rotondeggianti o allargati a nastro, che s’intrecciano tra di loro, formando intorno all’asse una rete piuttosto fitta. Vengono distinte in primarie e secondarie in base alle loro dimensioni e struttura: le prime sono lunghe attorno ai 16 mm, e con pareti molto ingrossate; le seconde 2 mm lunghe, e tanto lignificate da presentare il lume interno ostruito.(11) Il canapulo è un materiale legnoso che un tempo veniva utilizzato come fonte di energia nella vita domestica e nell’industria, mentre ora è diventato un prodotto vendibile. La piantagione da fibra (figura 13), data la sua elevata densità e la forte velocità di crescita delle piante, è fortemente competitiva con tutte le comuni infestanti ed in genere non necessita di interventi per il controllo delle malerbe, se vengono eseguite in modo tempestivo le operazioni di semina. Eventuali erpicature in post emergenza sono utili solo nel caso delle semine rade per la produzione di seme, lasciando poi che le piante provvedano da sé a soffocare le malerbe. Un impianto fitto non permette la crescita delle 20


piante infestanti non rendendo necessario l’utilizzo di diserbanti, erbicidi o pesticidi. Per la mancanza di proteine al suo interno, la pianta non viene attaccata da roditori o insetti e non necessita di additivi di protezione. La canapa giunge alla maturazione tecnica della fibra dopo 110-120 giorni, prima con le piante maschili, immediatamente dopo l’emissione del polline e due settimane dopo con le piante femminili.(11) In quest’epoca il fusto, nella parte inferiore, passa dal colore verde al giallo pallido e perde le foglie, mentre nella parte superiore queste cominciano ad appassire più tardi. Un tempo, nei piccoli appezzamenti, la raccolta veniva fatta a mano in due riprese, raccogliendo prima la canapa maschile, che dà fibra più fina, poi quella femminile, ottenendo in tal modo fibra di qualità molto omogenea. Nella coltivazione estensiva la raccolta è invece eseguita con l’impiego di macchine, recentemente sviluppate da produttori europei che falciano la coltura suddividendo lo stelo in 3 o 4 porzioni poi lasciati seccare in un campo. Si tratta di ritardare un poco la raccolta delle piante maschili ed anticipare un po’ per quelle femminili, evento che ricade dalla seconda metà di Luglio alla prima metà di agosto a seconda dell’epoca di semina, della varietà e del luogo di coltivazione. Al fine di ottenere delle fibre di alta qualità, la canapa deve essere raccolta subito dopo la fioritura, se avviene in tempi successivi, ottiene una fibra di qualità inferiore.

Figura 13-piantagione di canapa industriale(47) Una volta raccolta in rotoballe (figura 14), al fine di ricavare delle fibre, la canapa viene trasportata all’interno dell’impianto di lavorazione e analizzata per verificarne la qualità, il peso, il contenuto di umidità, lo stato di macerazione e l’eventuale presenza di impurità. Nell’impianto, una volta regolata la quantità di materiale da fornire alle unità gramo latrici, gli steli vengono maciullati senza strapparli mentre il canapulo invece viene avviato ad altra lavorazione. Le fibre grezze vengono inserite all’interno di un pulitore per rimuovere i residui di canapulo, le polveri ed eventuali impurità. 21


Figura 14- rotoballe di canapa(48) Quindi viene effettuata la prima fase di apertura delle fibre a cui eventualmente ne seguiranno altre a seconda delle esigenze di produzione. In uscita le fibre vengono convogliate alla pressa dove sono confezionate in balle. La moderna canapicoltura si sta sviluppando sia affidando all’industria tutte le fasi produttive post-raccolta, che ampliando i suoi utilizzi.(11-13)

2.3.2 Proprietà meccaniche e uso della canapa La particolare struttura delle fibre di canapa, come detto precedentemente, crea una forte dipendenza tra le proprietà meccaniche e il diametro della fibra, per questo è il più importante parametro dello studio delle variabili. Alcuni autori mostrano la distribuzione delle fibre di canapa e la resistenza a trazione di queste fibre in funzione del loro diametro. Questi inoltre hanno riportato un aumento importante di resistenza a trazione con diminuzione del diametro della fibra. Ciò si spiega dalla struttura delle fibre, che è composta da fasci di piccole fibre chiamate micro fibrille. La forza che tiene queste micro fibrille insieme è molto minore della loro resistenza a trazione. Quindi quando la fibra di canapa è più grande, ha più micro fibrille tenute insieme nel fascio, che, a sua volta, aumentano la probabilità di rottura intercellulare ed una minore resistenza alla trazione globale. Questi risultati sono molto importanti poiché è stato dimostrato che le già promettenti proprietà delle fibre di canapa possono essere drasticamente migliorate se vengono prodotte fibre con diametri più piccoli.(14) Della canapa tuttavia si possono utilizzare diverse parti per svariati utilizzi; dai semi è possibile ottenere l’olio adatto ad uso alimentare, cosmetico, farmaceutico, olio per usi industriali e vernici naturali per l’edilizia. Con la fibra lunga è possibile invece realizzare tessuti, cordami, materiali geotessili utilizzati maggiormente per contenere l’erosione dei 22


suoli. In edilizia viene utilizzata la fibra corta e il canapulo, la canapa viene proposta in fiocchi, feltri, materassini per l’isolamento termoacustico nei solai, nelle pareti, nei controsoffitti e nelle coperture. La canapa, inoltre, per la sua alta resa in massa vegetale (quattro volte la biomassa di un bosco in un anno), è ideale per la produzione di combustibili da biomassa.(12) Come si può notare, i settori dove si può introdurre la canapa sono quelli che pongono i maggiori problemi in termini di depauperamento delle risorse naturali non rinnovabili. Attualmente l’utilizzo più diffuso in Europa è quello cartario che trasforma la fibra corta in pasta di cellulosa. Un suo ampio sviluppo contribuirebbe in modo significativo alla difesa del residuo patrimonio forestale presente sul pianeta. Inoltre la canapa, grazie alle applicazioni nel campo edile, rappresenta un’alternativa alla produzione di materiali altamente tossici per l’uomo come lana di vetro e amianto o dannosi per l’ambiente come vernici e materiali inerti da cave.(11) Nell'enorme panorama delle bio-fibre risultano particolarmente adatte quelle di canapa nel campo del rinforzo strutturale. Come tutte le fibre vegetali, possiedono una struttura molecolare estremamente complessa formata da una molteplicità di biopolimeri (lignina, cellulosa cristallina, pectina, etc.) ed un'architettura nano strutturata che conferisce a queste fibre proprietà meccaniche tali da poter essere utilizzate come rinforzi nel settore civile. Le principali proprietà delle fibre di canapa sono:(12) • alta tensione e deformazione di rottura; • bassa conducibilità termica, elettrica e acustica; • trasparenza elettromagnetica; • richiedono basse energie per la produzione; • completamente riciclabili e rinnovabili; • buon isolamento termoacustico; • elevata traspirabilità e buon assortimento dell’umidità; • modesta reazione al fuoco; • facile e veloce installazione per pareti, pavimenti, controsoffitti e coperture. Queste fibre possono essere impregnate sia con matrici polimeriche che con matrici cementizie rendendole utilizzabili su qualsiasi tipo di substrato. Grazie alle loro proprietà meccaniche risultano particolarmente adatte ad essere utilizzate per il rinforzo di elementi

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in muratura (tamponature, archi, volte, etc.) rendendole una valida alternativa alle fibre di vetro.(15)

2.3.3 Applicazione della canapa in materiali compositi Intorno ai primi anni ’90 ha iniziato a diffondersi nell’industria edile l’uso della canapa miscelata con la calce idraulica. Il cemento di canapa e calce è un materiale biocomposito (figura 15) ottenuto dalla parte legnosa dello stelo di canapa, conosciuta come canapulo, ed un legante a base di calce idraulica con l’aggiunta di acqua. La canapa fa da materiale riempitivo leggero, detto anche aggregato, la calce invece da legante e conservante. Il canapulo è generalmente un sottoprodotto della fibra di canapa ed essendo naturalmente ricco di silice, aiuta l’indurimento della calce. Una volta indurito, il biocomposito si trasforma in un materiale rigido e leggero con ottime caratteristiche d’isolamento e di durevolezza. Può essere utilizzato nella costruzione di muratura massiccia alla stregua di un conglomerato cementizio, sia indipendentemente che come riempimento in una struttura in legno a travi e pilastri. Può inoltre essere utilizzato in forma di mattoni e come intonaco isolante.(17)

Figura 15- cemento di canapa e calce(17) Il biocomposito di canapa e calce è stato usato inizialmente come soluzione per i danni causati da uso improprio del cemento per la conservazione di edifici medioevali e successivamente il suo potenziale fu ulteriormente sviluppato e testato in diverse applicazioni:(17) - riempitivo isolante per muri, è consigliabile utilizzarlo in combinazione con una struttura che sorregga il peso strutturale vista la resistenza a compressione di 0.2-1.0 N/mm2

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- isolante per tetti, avendo alte proprietà isolanti, utilizzando un pannello di contenimento interno e spruzzando il mix tra una trave e l’altra. La miscela deve contenere solo una piccola quantità di calce in grado di coprire le particelle di canapa e fissarle l’una con l’altra; -

intonaco isolante per muri, maggiore quantità di calce per rendere il materiale lavorabile, mantiene le proprietà isolanti e può far fronte ad alcuni problemi di umidità e rimane caldo al tatto;

- soletta isolante per piani terra o intermedi e massetto isolante per pavimenti, può essere gettato in sostituzione del cemento come soletta massiccia. E’ ideale per il riscaldamento a pavimento e le piastrelle possono essere posate sopra per evitare l’impiego di materiali tossici sintetici. Il biocomposito elimina ogni forma di ponte termico isolando completamente la struttura portante, la costruzione si è dimostrata essere a tenuta d’aria, evitando ogni perdita di calore dall’interno. Inoltre combina la permeabilità al vapore della calce all’igroscopicità della canapa, vale a dire la capacità del canapulo di assorbire elevate quantità di vapore acqueo, questa caratteristica evita lo sviluppo di umidità ed il relativo deterioramento all’interno del materiale. La canapa assorbe diossido di carbonio dall’atmosfera durante la sua crescita e quindi contrasta il riscaldamento globale. Per quanto riguarda l’isolamento acustico i pannelli di canapa e calce hanno soddisfatto i requisiti di resistenza acustica infatti sono altamente fonoassorbenti, soprattutto quando la superficie è lasciata grezza senza intonaco. Il cemento di canapa e calce è anche ignifugo senza l’aggiunta di sostanze tossiche ritardanti di fiamma e non appetibile a ratti e topi. In conclusione il cemento di canapa e calce possiamo dire sia decisamente in linea con i tre pilastri dello sviluppo sostenibile, quello ambientale, quello economico e quello sociale.(17)

2.4 LEGANTI 2.4.1 Leganti idraulici I leganti, sono classificati in base al processo di indurimento che li caratterizza,quando l’indurimento è determinato dall’acqua abbiamo un legante idraulico. La calce idraulica e i cementi sono leganti idraulici, cioè capaci di indurire se immersi in acqua. La calce 25


idraulica ha queste capacità idrauliche poiché nella sua composizione chimica sono presenti dei composti argillosi che hanno la capacità di reagire con l'acqua, indurendo.(19) La si può ottenere mediante cottura di marne naturali oppure di mescolanze omogenee di pietre calcaree e di materie argillose: queste sono definite calci idrauliche naturali (NHL), in quanto, non sono modificate e idraulicizzate con l’aggiunta di materiali pozzolanici o idraulici (clinker, cemento, ceneri, etc.). Spesso però le calci idrauliche commercializzate sono ottenute miscelando cemento Portland con un buon tenore di filler (materiale inerte macinato finemente, generalmente di tipo calcareo) e piccole quantità di additivi aeranti. Le calci idrauliche si producono cuocendo i minerali in forni simili a quelli per la produzione della calce aerea, ad una temperatura di circa 1000° C, così da permettere la formazione dei silicati e degli alluminati, sostanze con capacità idrauliche, insieme alla calce viva. A cottura avvenuta il materiale, portato fuori dal forno, viene spento con una quantità di acqua perfettamente dosata per trasformare l'ossido di calcio in idrato, senza interagire con la componente idraulica. Oltre alla scelta accurata del minerale da utilizzare per le calci idrauliche, le caratteristiche finali dipendono dalla temperatura di cottura e dalla sua uniformità e costanza. La capacità di reagire con l'acqua è determinata dalla quantità di argilla presente nella calce. Questo valore chiamato indice d’idraulicità è inteso come il rapporto tra la percentuale di argilla e di calce. Un altro tipo di calce, che conferisce agli impasti particolari caratteristiche di resistenza all'umidità e ad ambienti aggressivi è la calce idraulica pozzolanica ottenuta miscelando alla calce idrata della pozzolana.(18) Tuttavia il legante idraulico più conosciuto oggi è il cemento, il primo ad essere brevettato fu il cemento Romano nel 1796, legante naturale ottenuto per cottura a bassa temperatura di calcari impuri, di una marna ad alto contenuto di argilla successivamente macinata, in maniera analoga alle calci idrauliche naturali, chiamato così poiché ricordava il colore degli antichi impasti romani a calce e pozzolana. L’originalità del Roman cement deriva da una temperatura di cottura mediamente bassa ma a largo spettro (da 600 a 1200 °C) e dalla mescolanza naturale di carbonati di calcio e argille nella marna di partenza (figura 16). Il risultato al termine della cottura è la formazione di una vasta gamma di minerali, identici a quelli che compongono la calce idraulica ma in proporzioni molto differenti (figura 17), aumentano i silicati ed alluminati di calcio a spese della calce non combinata detta anche “calce libera”, con significativo incremento della velocità di presa, della resistenza meccanica e della capacità di resistere all’azione dilavante delle acque 26


meteoriche. Grazie a questo, il Roman cement dimostra straordinaria durabilità, anche in ambiente esterno e aggressivo, completa compatibilità con i materiali dell’edilizia storica.(18, 20) Il primo vero cemento fu preparato nel 1842 per cottura di una miscela artificiale di calcare e argilla; il prodotto prese il nome di “cemento Portland”, per il suo colore simile a quello della pietra naturale che si trova vicino a Portland, in Gran Bretagna. Le materie prime per la produzione del cemento Portland sono minerali contenenti: ossido di calcio, ossido di silicio, ossido di alluminio, ossido di ferro e ossido di magnesio. L’estrazione avviene in miniere, in sotterraneo o a cielo aperto, poste in prossimità della fabbrica che in genere hanno già la composizione desiderata, mentre in alcuni casi è necessario aggiungere argilla o calcare, oppure minerale di ferro, bauxite oppure altri materiali residui di fonderia.

Variazioni mineralogiche del Figura 16-Composizioni e temperatura di Figura 17Roman cement, in relazione alla temperatura cottura delle calci e cementi(18) di cottura(18) La miscela grezza dalle materie prime viene riscaldata in un forno speciale costituito da un enorme cilindro disposto orizzontalmente con leggera inclinazione e ruotante lentamente. La temperatura viene fatta crescere lungo il cilindro fino a circa 1480°C in modo che i minerali si aggreghino, ma non fondano e vetrifichino. Nella sezione a temperatura minore il carbonato di calcio (il calcare, le pietre) si scinde in biossido di carbonio (CO2). Nella zona ad alta temperatura l’ossido di calcio reagisce con i silicati a formare silicati di calcio (Ca2Si e Ca3Si), si forma anche una piccola quantità di alluminato di tricalcico (Ca3Al) e allumino ferrite di tricalcico (Ca3AlFe).(21)

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Il materiale risultante è complessivamente denominato clinker. Il clinker può essere conservato per anni prima di produrre il cemento, a condizione di evitare il contatto con l’acqua. Per la produzione del cemento è richiesta una grande quantità di energia, e quindi un notevole rilascio di CO2 in atmosfera, gas ad effetto serra. Per migliorare le caratteristiche del prodotto finito, al clinker viene aggiunto il 2% circa di gesso e la miscela è finemente macinata. La polvere ottenuta è il cemento pronto per l’uso. Quando il cemento portland viene miscelato con l’acqua, il prodotto solidifica in alcune ore e indurisce progressivamente nell’arco di diverse settimane. Anche se la presa continua nel tempo si considera ottenuta completamente a 28 giorni quando raggiunge il 90% del suo sviluppo. Vi sono anche cementi Portland speciali, ottenuti allo stesso modo del Portland ma che hanno caratteristiche differenti da questo a causa della diversa composizione percentuale dei componenti. - cemento Portland bianco, ottenuto da materie prime a bassissimo contenuto di ossido ferrico, una miscela di questo tipo non clinkerizza facilmente e richiede pertanto l’aggiunta di adatti fondenti. E’ usato prevalentemente per scopi estetici, anche in combinazione con pigmenti e aggregati colorati. - cemento Portland ferrico, ottenuto da materie prime contenenti tenori più elevati di ossido ferrico, molto resistente ai solfati. - cemento Portland al calcare, utilizzano gli scarti della produzione degli aggregati calcarei, dei cementi in cui al clinker viene aggiunta della polvere di calcare. Tale materiale per la sua finezza, risulta dotato di una certa reattività, inoltre la sua presenza contribuisce a una miglior chiusura degli impasti cementizi. - cemento pozzolanico, si definisce materiale ad attività pozzolanica ogni sostanza silicea o silico alluminosa, che in forma finemente suddivisa in presenza d’acqua, sia capace di reagire a temperatura ambiente con l’idrossido di calcio per formare dei composti cementanti. Vi sono numerosi materiali pozzolanici sia naturali che artificiali. Le pozzolane naturali sono materiali vulcanici incoerenti la cui parte attiva è una fase vetrosa formatasi a seguito di eruzioni vulcaniche esplosive. Quelle artificiali invece, sono la cosiddetta cenere volante, che si forma dal raffreddamento delle goccioline di cenere fusa. Partendo da un determinato Portland e sostituendone una parte con pozzolana, da resistenze iniziali minori rispetto al Portland di partenza. Lo sviluppo successivo di resistenza dipende dalla quantità di calce di idrolisi disponibile per la reazione con la pozzolana e dalla reattività di quest’ultima.(20) 28


2.4.2 Roman cement e cemento Portland a confronto I caratteri del Roman cement che lo fanno distinguere nettamente dai cementi moderni tipo Portland (tabella 2) sono: la rapida presa, il progressivo aumento delle caratteristiche meccaniche in progressione continua per stabilizzarsi a valori considerevoli di compressione, alti valori di porosità aperta compresi tra 20 e 40% che assicurano doti di permeabilità e trasporto del vapore e infine una temperatura di cottura piuttosto bassa.(18)

Tabella 2-caratteristiche che distinguono le calci dai cementi(18) La materia d’origine è molto vicina a quella di un odierno cemento tipo Portland, infatti al termine della cottura vi è la formazione di una vasta gamma di minerali, identici a quelli che compongono una calce idraulica ma in proporzioni molto differenti, in particolare aumentano i silicati ed alluminati di calcio con significativo incremento della velocità di presa, che può risultare rapidissima senza l’impiego di agenti ritardanti. Peraltro C2S (silicato dicalcico) è la fase idraulica principale nel Cemento naturale, con qualche C3S (silicato tricalcico) a causa di localizzate macchie calde, C3S è la fase principale nel cemento portland ordinario. C2S ha origine ed è stabile ad una temperatura tra i 900° e i 1200°C, mentre C3S sopra a 1330°C (superando il punto di fusione). C2AS (silicato di CaAl) è un altro materiale tipico, formato a temperature inferiori a 1200°C, la sua presenza quindi è un fattore importante nella differenziazione dei cementi naturali dai cementi Portland. I cementi naturali sono stati schiacciati industrialmente dai cementi artificiali e demonizzati per via del loro stesso nome, infatti l’avvento del cemento Portland, a poca distanza di tempo dal calcestruzzo armato e una forma di concepire l’architettura del tutto nuova rispetto alla precedente segnano il declino del Roman 29


cement, che si rivela inadatto al nuovo modo di costruire e scompare quasi completamente dal mercato dei leganti. Tuttavia ad esempio, considerando che la maggioranza degli investimenti in edilizia si effettua nel campo del restauro e che il restauro necessita di prodotti adeguati e compatibili con gli originali, a condizione ovviamente che si sappia riconoscerli (figura 18), si deve prevedere un largo utilizzo di Roman cement negli innumerevoli interventi di recupero del costruito, in cui si vada a sostituire/integrare l’originale.(18)

Figura 18-differenze di composizione tra cemento naturale e artificiale(18) Di fatto l’uso di cementi moderni per il ripristino delle strutture che contengono cemento naturale e Portland di epoche diverse può portare a problemi d’incompatibilità materiali, dovute comparativamente alla superiore resistenza, rigidità e impermeabilità dei cementi moderni. Le caratteristiche originarie di durezza, rigidità e impermeabilità dei vecchi cementi deteriorano con il tempo. Se l’impiego di cemento naturale non sarà limitato al settore dei beni culturali, per via delle sue caratteristiche prestazionali ed ecologiche che potrebbero essere esaltate anche in bio-architettura, è probabile che questo possa muovere in futuro interessi maggiori.(22)

2.4.3 Magnesite La magnesite MgCO3 è un minerale fondamentale per il reperimento del magnesio e di tutti i suoi derivati, viene originata dalla modificazione attraverso l’acqua di rocce ultrafemiche prevalentemente peridotiti e serpentine, in natura si presenta come una 30


massa compatta, microcristallina e porcellanata.(32) L’uso della magnesia (ossido di magnesio) come legante per la produzione di elementi in materiale composito, è utile in quanto deve garantire elevata resistenza al fuoco e alla flessione e non vi è alcun bisogno di trattamento al vapore per la polimerizzazione. La bassa solubilità e proprietà di base molto debole dell’idrossido di magnesio rispetto a quello di calcio, così come la presenza di ossicloruri in malta solidificata, causa la formazione del carattere neutro di solidificazione del legante di magnesia caustica. Inoltre il legante possiede proprietà battericide che impediscono la crescita di microrganismi e del micelio e possiede ottima resistenza al fuoco. Malte di magnesia tuttavia non sono stabili durante l’umidificazione frequente e i prodotti a base di legante magnesio, esprimono fratture sotto carico. La resistenza all’acqua e le caratteristiche di deformazione possono essere migliorate utilizzando additivi di sali chimici diversi, e con l’aggiunta di ceneri leggere da impianti di potenza termica per la composizione delle miscele. Si è sperimentato che atomi di magnesio, facilitano i cambiamenti morfologici nei sistemi che contengono atomi di calcio, per esempio nella calcite.(24)

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Capitolo 3. CARATTERIZZAZIONE DI PANNELLI IN CANAPA La produzione di pannelli in materiali compositi ecosostenibili a base di canapa e leganti naturali quali Roman cement e magnesite si pone l’obbiettivo di ottenere prodotti che presentano le seguenti caratteristiche principali:(13) - incombustione - resistenza al fuoco - assenza di formaldeide e privi di amianto - lavorabili con utensili da legno - ecobiocompatibili Nello specifico della tipologia a base di Roman cement si può aggiungere che sono impermeabili; inattaccabili dagli animali, roditori, termiti; resistenti ai funghi e alle muffe; resistenti agli agenti atmosferici; antigelivi e a portata elevata. Questi inoltre hanno molteplici e svariati utilizzi per il mercato dell’edilizia, casseri a perdere, cappotti termici, tetti ventilati, allestimenti tecnici, pannelli per edilizia ecologica, pareti divisorie, arredamenti prefabbricati, costruzioni edili, allestimenti fieristici, allestimenti per esercizi pubblici, soppalchi, rivestimenti ignifughi ed altro. L’altra tipologia invece, quella contenente magnesite, è molto più leggera (circa 400 Kg/m3) che va ad amplificare ulteriormente le caratteristiche tecniche di isolamento termoacustico, ne amplia il campo di utilizzo alle coibentazioni, pareti e porte tagliafuoco e REI, isolamento termico e isolamento acustico.(13)

3.1 NORMATIVA DI RIFERIMENTO I diversi metodi di prova per la determinazione delle caratteristiche fiche e meccaniche eseguibili su panelli prefabbricati isolanti, con riferimento in particolare alle UNI EN 13168(23), UNI EN 13755(33) sono riassunti in tabella 3.

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TITOLO

METODO DI PROVA

Resistenza e conducibilità termica

UNI EN 12667 UNI EN 12939

Lunghezza e larghezza Determinazione dello spessore Determinazione della ortogonalità Determinazione della planarità Determinazione comportamento a compressione Determinazione della massa volumica apparente Determinazione stabilità dimensionale in specifica umidità e temperatura Determinazione della resistenza a trazione perpendicolare alle facce Reazione al fuoco Determinazione della deformazione in condizioni specificate di carico di compressione e temperatura Determinazione del comportamento alla flessione Determinazione dell’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica Assorbimento del suono

DIMENSIONI DEI PROVINI mm

UNI EN 822 UNI EN 823 UNI EN 824 UNI EN 825

NUMERO MINIMO DI MISURAZIONI

UNI EN 12667 UNI EN 12939 Dimensione completa Dimensione completa Dimensione completa Dimensione completa

1 1 1 1 1

UNI EN 826

200x200 300x300

5 3

UNI EN 1602

Dimensione completa

5

UNI EN 1604

200x200

3

UNI EN 1607

100x100 200x200

5 3

UNI EN 13501-1

UNI EN 1605

200x200

3

UNI EN 12089*

-

5

UNI EN13755

50x50

5

Minimo 10

1

EN ISO 354

*per condizioni specifiche è stato utilizzato il metodo B Tabella 3-Metodi di prova, dimensioni e condizioni(23)

3.1.1 Prove fisiche

33


Le prove fisiche preliminari, indicate in tabella 3, sono relative alle dimensioni e alla regolarità dell’oggetto preso in considerazione. - Determinazione della lunghezza e della larghezza, secondo UNI EN 822(25). La norma specifica l’apparecchiatura e le procedure per la determinazione della lunghezza e della larghezza dei prodotti nelle dimensioni reali. La lunghezza, l, è la dimensione lineare più lunga della superficie maggiore del provino; mentre la larghezza, b, è la dimensione lineare più corta della superficie maggiore del provino misurata perpendicolarmente alla lunghezza. Un provino viene messo su una superficie piana e viene fatta una misura lineare diretta con un regolo metallico o un nastro metallico. Il provino deve essere costituito dal prodotto nelle dimensioni reali e il numero deve essere specificato nella norma di prodotto o per accordo tra le parti. La larghezza e la lunghezza devono essere espresse in millimetri e il valore medio di un provino deve essere arrotondato al mm più vicino.

- Determinazione dello spessore, secondo UNI EN 823(26). La norma specifica l’apparecchiatura e le procedure per determinare lo spessore di prodotti nelle dimensioni reali. Lo spessore, d, è la dimensione lineare misurata perpendicolarmente al piano della lunghezza e della larghezza. Si misura la distanza tra una superficie di riferimento rigida piana sulla quale poggia il provino e un tastatore atto a distribuire la pressione che poggia liberamente sulla superficie superiore del provino tramite un dispositivo di misura comprendente un comparatore a quadrante e un tastatore quadrato atto a distribuire la pressione. Il provino deve essere costituito dal prodotto nelle dimensioni reali ma può essere necessario tagliare il prodotto in pezzi di dimensione appropriate. Il numero dei provini deve essere specificato nella relativa norma di prodotto o definito per accordo tra le parti. Appoggiare delicatamente il provino su una superficie piana assicurandosi che l’area di misura sia in contatto con la piastra di riferimento. I provini, se rivestiti o verniciati su un solo lato, devono essere posti con il rivestimento contro la piastra di riferimento. Appoggiate il tastatore sul provino esercitando una pressione totale di (50±1,5) Pa oppure di (250±5) Pa nella disposizione prefissata con il comparatore a quadrante in posizione centrale. Lo spessore deve essere espresse in millimetri come valore medio delle misure prese in tutti i punti del provino, arrotondamento al millimetro più vicino. 34


- Determinazione della ortogonalità, secondo UNI EN 824(27). La norma specifica l’apparecchiatura e le procedure per la determinazione della deviazione della ortogonalità per quanto riguarda lunghezza larghezza e/o spessori di prodotti nelle dimensioni reali. Il metodo si applica normalmente ai prodotti con bordi dritti, per prodotti di forma diversa, per esempio bordi profilati, il metodo può essere adattato di conseguenza. La deviazione dall’ortogonalità è la distanza tra un braccio di una squadra perfetta e il bordo del prodotto a una data distanza da uno spigolo. Si poggia una squadra metallica ai bordi del prodotto e si misura lo scostamento tra un braccio della squadra metallica e il bordo del prodotto. I provini devono essere costituiti dal prodotto nelle dimensioni reali, il numero di provini deve essere specificato nella relativa norma di prodotto. Per determinare l’ortogonalità della lunghezza e larghezza è necessario appoggiare il provino su una superficie piana e misurare la deviazione dalla ortogonalità della lunghezza e della larghezza. Mentre per l’ortogonalità sullo spessore è necessario appoggiare il provino su una superficie piana e misurare la deviazione dello spessore dalla ortogonalità. Per calcolare la deviazione dalla ortogonalità della lunghezza e larghezza de bordi (Sb) espresso in mm·m: = deviazione della lunghezza o larghezza dalla ortogonalità lunghezza del lato interno della squadra

Per calcolare la deviazione dall’ortogonalità sul bordo dello spessore (

espresso in

mm·m: = deviazione dello spessore dalla ortogonalità

- Determinazione della planarità, secondo la UNI EN 825(28). La norma specifica l’apparecchiatura e le procedure per determinare la deviazione dalla planarità di prodotti delle dimensioni reali. La deviazione dalla planarità è la massima distanza tra il prodotto posto su una superficie piana con il lato convesso in alto e la 35


superficie piana stessa, sono utilizzati anche un regolo o nastro metallico e una struttura rigida. Il provino deve essere costituito dal prodotto nelle dimensioni reali, il numero dei provini deve essere specificato nella relativa norma di prodotto o definito per accordo tra le parti. Appoggiare il provino con la eventuale faccia convessa in alto su una superficie piana. Se vi è una visibile deviazione dalla planarità o lungo la lunghezza o la larghezza effettuare le misure mediante un nastro metallico, misurando al più vicino 0,5 mm la massima distanza tra la superficie inferiore del provino e la superficie piana. Se vi è invece una deviazione dalla planarità sia lungo la lunghezza sia lungo la larghezza individuare le distanze minima e massima dalla superficie piana, leggere in queste posizioni le distanze

e

dalla superficie piana con lettura al più vicino 0,5

mm.

- Determinazione della massa volumica apparente, secondo UNI EN 1602(29). La presente norma europea specifica l’apparecchiatura ed i procedimenti per la determinazione della massa volumica apparente complessiva e della massa volumica apparente della parte interna in condizioni di riferimento. La massa volumica apparente complessiva,

, è la massa per unità di volume di un prodotto, escludendo ogni

rivestimento e/o vernice. La massa volumica apparente della parte interna,

, invece è

la massa per unità di volume della parte interna di un prodotto. La massa volumica viene determinata come quoziente della massa e del volume del provino. E’ necessaria una bilancia con accuratezza dello 0,5%; i provini devono essere i prodotti nelle dimensioni di fornitura o parti di essi, con forma tale da calcolare facilmente il volume. Il numero di provini deve essere quello specificato nella norma di prodotto, se non è specificato se ne usano almeno 5. Misurare le dimensioni lineari del prodotto secondo la EN 822 e EN 823, per i provini le dimensioni devono essere effettuate con un’ accuratezza di 0,5%. Da queste misure calcolare il volume dei provini e pesare ogni provino e registrare la sua massa in kg. Infine calcolare la massa volumica apparente complessiva della parte interna

, in kg·m3 ρ=

m è la massa del provino in kg V è il volume del provino in m3 36

, e apparente


- Determinazione dell’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica, secondo UNI EN 13755(49). La norma europea specifica l’apparecchiatura ed i procedimenti per la determinazione dell’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica. I campioni devono essere asciugati a massa costante, dopodiché ogni campione viene pesato e immerso in acqua a pressione atmosferica per un periodo di tempo specificato. L’obiettivo è la determinazione dell’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica espressa in percentuale, dal rapporto tra la massa del provino saturo (ottenuto a massa costante) e la massa del campione secco. Per l’esecuzione è necessario un contenitore con base piana con supporti non assorbenti per i provini, un forno ventilato che può mantenere la temperatura di (70±5)°C, uno strumento per pesare con una precisione di 0,01 g. I campioni devono avere forma cilindrica cubica o prismica di dimensioni (70±5) mm o (50±5) mm, inoltre devono essere essiccati fino a massa costante alla temperatura di (70±5)°C. La massa costante viene raggiunta quando la differenza tra due pesate successive ad un intervallo di (24±2) h non è più grande di 0,1% della prima delle due masse. I campioni devono essere conservati in un essiccatore fino a che la temperatura ambiente (20±5)°C è stata raggiunta. Per la prova md è la massa massa del campione secco in g, mi masse successive in g,dei campioni durante la prova, ms massa del provino saturo (dopo immersione in acqua fino a massa costante raggiunta in g, Ab assorbimento d’acqua, a pressione atmosferica espresso in percentuale. Pesare i campioni dopo essicazione (md) con precisione di 0,01 g e collocarli nel serbatoio su supporti, ogni campione deve distare almeno 15 mm da quello adiacente. Quindi aggiungere acqua del rubinetto a (20±10)°C fino a metà altezza dei campioni (tempo t0), al tempo t0+(60±5) minuti aggiungere acqua del rubinetto fino a quando il livello dell’acqua raggiunge i trequarti dell’altezza dei campioni. Al tempo t0+ (120±5) minuti aggiungere acqua fino a quando i campioni sono completamente immersi ad una profondità di (25±5) mm di acqua. Al tempo t0+ (48±2) h i campioni sono tolti dall’acqua in modo rapido pulito con un panno umido e quindi pesati entro 1 minuto con una precisione di 0,01 g (mi). Immergere nuovamente i campioni in acqua e continuare la prova, ogni (24±2) h togliere i campioni dall’acqua con un panno umido e pesarli entro 1 minuto con una precisione di 0,01 g. Continuare il test fino a massa costante dei campioni, questa viene raggiunta quando la differenza tra due pesate successive non è superiore allo 0,1% della prima delle due masse. Il risultato dell’ultima pesata è la massa 37


del provino saturo (ms). L’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica Ab in % di ogni campione si calcola tramite l’equazione:

3.1.2 Prove meccaniche Le prove meccaniche studiate, elencate in tabella 3, si riferiscono in particolar modo ai materiali isolanti termici per l’edilizia. - Determinazione del comportamento a compressione, secondo UNI EN 826(30). La presente norma specifica l’apparecchiatura e i procedimenti per la determinazione del comportamento a compressione di provini. Può essere impiegata per determinare la sollecitazione a compressione per applicazione nelle quali i prodotti isolanti sono soggetti solamente a carichi per tempi brevi. Il metodo può essere impiegato per controllo di qualità e per ottenere valori di riferimento dai quali i valori di progetto possono essere calcolati, con opportuni fattori di sicurezza. La resistenza alla compressione rapporto tra la forza a compressione massima

, è il

raggiunta quando la deformazione

relativa ε a snervamento (immagine b,figura 19) o a rottura (immagine a, figura 19) è minore del 10%, e l’area iniziale della sezione trasversale del provino. La sollecitazione a compressione al 10% di deformazione relativa compressione

, è il rapporto tra la forza a

a una deformazione relativa del 10% e l’area iniziale della sezione

trasversale del provino (immagini c, d, figura 19) per i prodotti che presentano una deformazione relativa del 10%, prima di raggiungere il punto di snervamento o eventualmente di rottura. Una forza di compressione viene applicata con una velocità prefissata in una direzione assiale perpendicolarmente alle facce principali di un provino di sezione quadrata e viene calcolata la sollecitazione massima sopportata dal provino. Quando il valore di sollecitazione massima corrisponde ad una deformazione relativa minore del 10%, essa è definita resistenza alla compressione e viene registrata la corrispondente deformazione relativa. Se non si registra rottura prima che sia raggiunto il 10% di deformazione relativa, si calcola la sollecitazione a compressione alla deformazione relativa del 10% e tale valore viene registrato come sollecitazione a compressione al 10% di deformazione relativa. La macchina per la prova a compressione è adatta al campo di forza e spostamento previsti, munita di 2 piatti piani paralleli molto 38


rigidi e levigati, quadrati o circolari, aventi il lato pari almeno al lato del provino sottoposto a prova. Uno dei piatti deve essere fisso e l’altro mobile, munito, se necessario, di uno snodo sferico posizionato centralmente, tale da assicurare che sul provino venga applicata esclusivamente una forza assiale. Il dispositivo di misurazione dello spostamento fissato all’apparecchiatura per la prova di compressione, che effettua la misurazione in continuo dello spostamento del piatto e permette una lettura del più basso tra i valori al ±5% oppure ±0,1 mm. La misurazione della forza invece avviene tramite un sensore fissato ad uno dei piatti della macchina, per misurare la forza prodotta per reazione del provino sui piatti. Il sensore deve essere tale che la deformazione propria nel corso della misurazione sia trascurabile rispetto a quella da misurare; in caso contrario ne deve essere tenuto conto mediante calcolo. Inoltre deve permettere la misurazione continua della forza con lettura al ±1%. I provini devono avere lo spessore pari a quello iniziale del prodotto. La larghezza dei provini non deve essere minore del loro spessore, devono essere dei prismi retti aventi le seguenti dimensioni: 50x50, 100x100, 150x150, 200x200, 300x300, la tolleranza sul parallelismo e la planarità tra le 2 facce del provino non deve essere maggiore dello 0,5% del lato del provino con un massimo di 0,5 mm. Il numero dei provini deve essere specificato nella corrispondente norma di prodotto, in assenza di tale specifica devono essere impiegati almeno 5 provini. Per lo svolgimento della prova è necessario posizionare i provini centralmente tra i piatti paralleli della macchina per prova a compressione, applicare un precarico di (250

10)

Pa, comprimere il provino con il piatto mobile a velocità di spostamento costante pari a d/10 mm al minuto con una tolleranza di ±25% dove d è lo spessore del provino in mm. Continuare la prova fino a snervamento del provino, rilevando il valore di resistenza a compressione oppure fino a raggiungimento di una deformazione del 10% e rilevazione di una sollecitazione a compressione al 10% di deformazione relativa. Infine registrare la curva forza-spostamento (figura 19). X spostamento

forza corrispondente a

Y forza

spostamento nella zona elastica conv.

forza corrispondente al precarico forza massima spostamento per la forza massima forza al 10% di deformazione relativa spostamento al 10% di deformazione relativa. 39


I risultati sono i valori medi delle misurazioni e devono essere espressi con tre cifre significative, a seconda dei casi è necessario calcolare La resistenza alla compressione,

,

o

.

, in KPa :

=

·

è la forza massima in newton è l’area iniziale della sezione trasversale del provino in

Figura 19-curva forza-spostamento(30)

- Determinazione del comportamento alla flessione, secondo UNI EN 12089(31). La norma specifica l’apparecchiatura ed il procedimento per la determinazione del comportamento alla flessione di prodotti nelle dimensioni di fornitura (metodo A) e di provini (metodo B) sotto l’azione di un carico su 3 punti. La resistenza alla flessione è la sollecitazione massima calcolata per la forza massima

,

registrata durante il

procedimento di prova a flessione. Il metodo di prova consiste nell’applicare, a una data 40


velocità, una forza mediante un coltello in direzione assiale rispetto alle facce di un provino rettangolare, tagliato ortogonalmente posto su due appoggi. La forza è applicata al provino in posizione centrale tra le posizioni degli appoggi (figura 20).

Figura 20-principio del metodo di prova(31) La macchina di prova idonea al campo di forza e spostamento interessati e con un coltello e appoggi regolabili deve essere in grado di operare con velocità costante del movimento della testa mobile. Gli appoggi dei provini devono consistere di 2 supporti cilindrici regolabili, posti parallelamente l’uno all’altro e nello stesso piano orizzontale, il loro diametro deve essere (80±3) mm o (30±3) mm e la lunghezza deve essere almeno uguale alla larghezza dei provini. Il passo L, (figura 21) tra i 2 appoggi, deve essere regolabile nel campo 300 mm a 1200 mm (metodo A) o 200 mm a 500 mm (metodo B). 1. Coltello 2. Provino di spessore, d 3. Appoggi a. 50 mm per il metodo A, 25 mm per il metodo B

Figura 21-principio di apparecchiatura per la prova di comportamento alla flessione(31)

41


Il coltello sui provini deve avere la stessa forma e dimensioni degli appoggi e deve essere posizionato al centro, tra e parallelamente agli appoggi per prodotti soggetti a cedimento. Per la misura dello spostamento la macchina di prova deve essere dotata di un sistema che permetta la misurazione continua dello spostamento del coltello mobile con un’accuratezza di ±5% o ±1 mm, a seconda del valore minore. Lo spostamento misurato corrisponde alla freccia X del provino. La misura della forza invece avviene tramite un sensore di forza fissato al coltello, allo scopo di misurare la forza prodotta dalla reazione del provino sugli appoggi, durante la prova. Questo sensore deve essere tale che la sua deformazione sia trascurabile in confronto a quella che viene misurata oppure che viene tenuta in conto mediante calcolo, inoltre esso deve permettere la misurazione continua della forza in ogni tempo, permettendo letture a ±1%. Deve essere utilizzato un dispositivo per la registrazione simultanea della forza, F, e della freccia X, per fornire la curva forza-freccia. -

Metodo A

Il provino è il prodotto nelle dimensioni di fornitura, deve essere un rettangolo tagliato ortogonalmente, avente le dimensioni seguenti: spessore: spessore del prodotto nelle dimensioni di fornitura; lunghezza: lunghezza del prodotto nelle dimensioni di fornitura, con un massimo di 1300 mm; larghezza: Larghezza del prodotto nelle dimensioni di fornitura, se ciò è impossibile a causa delle limitazioni poste dalla macchina di prova, la larghezza deve essere almeno 300 mm. -

Metodo B

Il provino deve essere un rettangolo tagliato ortogonalmente, avente le dimensioni seguenti: spessore: spessore del prodotto nelle dimensioni di fornitura, con un massimo di 100 mm; lunghezza: 5 volte lo spessore nominale più 50 mm (ma non maggiore di 550 mm); larghezza: 150 mm. Il numero dei provini deve essere quello specificato nella relativa norma di prodotto o in ogni altra specificazione tecnica europea. In assenza di tale specificazione devono essere 42


utilizzati almeno tre provini. Il procedimento di prova consiste nel misurare il prodotto nelle dimensioni di fornitura (metodo A) e i provini (metodo B) con un’accuratezza di ±1%. Il passo L, tra gli appoggi, deve essere entro ±0,5% delle dimensioni seguenti: - metodo A: la lunghezza del prodotto nelle dimensioni di fornitura, meno 100 mm; - metodo B: cinque volte lo spessore nominale. Il provino deve essere posto simmetricamente sugli appoggi, in modo che la direzione del carico sia perpendicolare all’asse longitudinale del provino, regolare la velocità della macchina di prova a 10 mm/min con una tolleranza di ±10%, registrare la curva forzafreccia (figura 22) e prendere nota della forza massima modalità in cui il prodotto ha ceduto. F forza X spostamento forza massima forza corrispondente allo spostamento X spostamento per la forza massima X spostamento per la forza

Figura 22-curva forza-freccia(31) La resistenza alla flessione,

, in KPa : =3·

·

è la foza massima applicata in N; L è il passo tra gli appoggi, in mm; 43

ottenuta e registrare le


b è la larghezza del provino, in mm;

Capitolo 4. PARTE SPERIMENTALE 4.1 SCOPO DELLA TESI L'obiettivo della presente Tesi di Laurea sperimentale, svolta presso i Laboratori di Scienze e Tecnologie dei Materiali (LASTM) del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e dei Materiali (DICAM) della Facoltà di Ingegneria di Bologna, è quello di studiare la possibilità di un reale utilizzo di materiali compositi biocompatibili, provenienti da materiali di origine naturale come fibre naturali di canapa abbinati a leganti naturali, quali il cemento romano e la magnesite. Questi studi, rientrano all’interno di un ampio progetto “CANAPALITHOS” che sta mettendo a punto l'azienda CMF Technology di Pavullo nel Frignano (MO) (figura 23), in collaborazione con l'Università di Bologna.

Figura 23–azienda CMF Technology Il progetto consiste nella realizzazione di una filiera agroindustriale per la produzione di pannelli a base di fibra di canapa per l’isolamento termico ed acustico delle pareti e degli edifici. 44


Oggetto della presente tesi sperimentale è lo studio delle proprietà fisiche, meccaniche, microstrutturali, a diversi giorni di stagionatura di questi nuovi materiali compositi.

4.2 MATERIALI UTILIZZATI Per quanto riguarda i materiali studiati, sono stati presi in esame due diverse tipologie di pannelli: - pannelli di canapa e Roman cement denominati pannelli C (figura 24); - pannelli di canapa e magnesite denominati pannelli M (figura 25). La materia prima impiegata come fibra per entrambe le tipologie di pannelli è canapa integrale “cippata”. Tale materiale costituisce una risorsa rinnovabile prodotta in agricoltura in soli 3 mesi e mezzo con una produzione di biomassa secca pari almeno a 45 volte la biomassa prodotta da un bosco di alberi in un anno, a parità di estensione, essiccata gratuitamente al sole prima della raccolta in balle-pressa dopo la sfalciatura.(34) I campioni forniti per la sperimentazione sono costituiti da canapa in cippato grosso o canapa in cippato fine in base alla dimensione delle fibre contenute. Il legante utilizzato è un legante idraulico naturale, estremamente reattivo chiamato Roman cement (vedi paragrafo 2.4.2). Si impiega con le stesse modalità anche il legante magnesite (vedi paragrafo 2.4.3), per poter ottenere un pannello molto leggero (400 Kg/

) ed ignifugo rispetto al cemento.

La figura 26 mostra una fase del processo produttivo per la rappresentazione dei pannelli in canapa.

Figura 24 –campione di canapa e Roman cement

Figura 25-campione di canapa e magnesite 45


Figura 26-processo produttivo(13)

4.3 FORMULAZIONI STUDIATE Per quanto riguarda lo studio dei pannelli in fibra di canapa, sono state studiate 9 diverse serie di campioni (tabella 4), 5 costituite da Roman cement e canapa, 2 con cippato grosso (denominati CG1, CG2), e 3 con cippato fine (denominati CF3, CF4, CF5). 4 tipologie di campioni sono invece costituite da magnesite e canapa a cippato grosso, serie (MG1 MG2, MG3 e MG4).

CAMPIONI LEGANTE

FIBRE CANAPA DI (Kg) CANAPA

ACQUA CANAPA (Kg)

LEGANTE (Kg)

ACQUA LEGANTE (Kg)

CG1

Roman cement

cippato grosso

2

2

12

5

CG2

Roman cement

cippato grosso

2

2

10

5

CF3

Roman cement

cippato fine

2

2

8

5

CF4

Roman cement

cippato fine

2

2

10

6

CF5

Roman cement

cippato fine

2

2

12

6

46


CANAPA (Kg)

LEGANTE (Kg)

CLORURO DI MAGNESIO (Kg)

CAMPIONI

LEGANTE

FIBRE DI CANAPA

M1

magnesite

cippato grosso

3

3

3+2

M2

magnesite

cippato grosso

3

3

3+2

M3

magnesite

cippato grosso

3

2

3+2

M4

magnesite

cippato grosso

3

2

3+1

Tabella 4-formulazioni dei pannelli I pannelli in Roman cement e fibra di canapa cippata fine (CF3, CF4, CF5) sono stati prodotti ad una temperatura ambiente di circa 13°C. Nel procedimento di produzione dei pannelli si è aggiunta prima l’acqua necessaria alla canapa e successivamente si pellicola il legante con del ritardante. Infine si idrata la miscela con l’acqua necessaria per l’impasto e si sottopone il manufatto a una certa pressione per alcuni minuti.

4.4 CARATTERIZZAZIONE DEI CAMPIONI 4.4.1 Proprietà fisiche 4.4.1.1 Peso dei campioni Una volta terminato il periodo di stagionatura dei campioni (figura 27-28), rispettiva di 15 o 28 giorni, ogni singolo campione viene pesato sulla bilancia elettronica tarata in grammi e vengono misurate tutte e tre le sue dimensioni. L’operazione di pesatura dei campioni è necessaria per determinare la massa volumica apparente e per verificare con l’aumentare dei giorni di stagionatura, l’eventuale diminuzione di peso nei campioni a seguito dell’evaporazione dell’acqua.

47


Figura 27 –campioni per le prove di resistenza meccanica a flessione

Figura 28-campioni per le prove di resistenza meccanica a compressione e flessione

4.4.1.2 Massa volumica apparente dei campioni La massa volumica apparente è la massa per unità di volume del materiale, generalmente espressa in kg/m3. La conoscenza di questo valore, determinato tramite la procedura descritta nella norma UNI EN 1602(29), (vedi paragrafo 3.1.1) avviene tramite il rapporto tra il peso del campione prima della rottura (figura 29), al termine della stagionatura a temperatura ambiente e a 50% circa di umidità relativa, con dimensioni differenti in base alla prova da eseguire se di compressione o flessione, e il suo volume.

Figura 29-determinazione del peso del campione con bilancia”Exacta” Determinazione del valore della massa volumica apparente:

48


Dove: -

m è la massa del campione in Kg

-

V è il volume del campione in

4.4.1.3 Assorbimento d’ acqua a pressione atmosferica La determinazione dell’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica dei campioni in esame (figura 30) è stato eseguito seguendo la procedura descritta dalla norma UNI EN 13775(49), (vedi paragrafo 3.1.1). Si sono pesati i campioni scelti di dimensioni diverse, (50X50 mm altri 100X100 (± 5) mm), si sono messi ad essiccare in un forno ventilato a 70°C per (24±2) h e sono stati ripesati e rimessi in forno più volte fino al raggiungimento del peso costante. Essendo il peso contenuto nello 0,1% di differenza tra la prima e l’ultima pesata i campioni sono stati sistemati sopra dei supporti in un grande contenitore e iniziando al tempo t0 a versare acqua del rubinetto a temperatura ambiente fino a metà circa dell’altezza del campione. Dopo 60 min circa è stata aggiunta acqua fino ai trequarti dell’altezza del campione e dopo altri 60 min il campione è stato completamente immerso di acqua ad una profondità di 25 mm circa dall’acqua. Dopo circa 48 h dall’inizio dell’assorbimento i campioni sono stati rimossi dall’acqua, asciugati con un panno bagnato e pesati immediatamente con una bilancia tarata in g con una precisione 0,01 g. In seguito i campioni sono stati immersi nuovamente in acqua per altre 24 h circa, dopodiché si sono tolti e asciugati con un panno umido e pesati di nuovo, fino al raggiungimento di massa costante ovvero quando la differenza tra due pesate successive non è superiore allo 0,1% della prima delle due masse. Il risultato dell’ultima pesata è la massa del provino saturo (ms). L’assorbimento d’acqua a pressione atmosferica Ab in % di ogni campione si calcola tramite l’equazione:

Dove • Ab è il valore dell’assorbimento d’acqua espresso in % • ms è la massa satura del provino espressa in g 49


• md è la massa secca del provino espressa in g

Figura 30-campioni messi in acqua per prova ad assorbimento a pressione atmosferica

4.4.1.4 Analisi della microstruttura al microscopio ottico Per avere maggiori informazioni sulle caratteristiche dei campioni studiati analizzando la superficie esterna e la struttura interna, si è eseguita un’analisi visiva accurata. Questo tipo di analisi è stata effettuata utilizzando un microscopio ottico, “Wild 3M Heerbrugg Stereoscope”, (figura 31) munito di un oculare collegato tramite cavo ad un computer con il quale è stato possibile scattare foto relative alla microstruttura osservata al microscopio con una precisione di ingrandimenti 6,4X e 16X per rendere sempre più approfondite le immagini.

Figura 31-microscopio ottico “wild 3M Heerbrugg Stereoscope”

50


4.4.2 Proprietà meccaniche 4.4.2.1 Resistenza a flessione e compressione Al termine del periodo di stagionatura prevista, a 15 o 28 giorni, si effettuano le prove per la determinazione della flessione e della compressione dei campioni, si eseguono almeno 5 prove per i campioni composti da cemento dello stesso tipo, per le 5 tipologie differenti e almeno 2 prove per quelli composti da magnesite per le 4 tipologie differenti. La prova a flessione si esegue seguendo quanto descritto dalla norma UNI EN 12089(31), attraverso l’utilizzo di una macchina “Wolpert” la quale può arrivare a 100 KN di potenza,con cui è possibile effettuare il METODO B (vedi paragrafo 3.1.2) per via delle dimensioni supportate dagli appoggi. Questa macchina è formata da due appoggi messi ad una distanza reciproca di 200 mm, ovvero 5 volte lo spessore del campione, sui quali viene appoggiato il campione di dimensioni all’incirca di 260mm X 120mm X 30mm, sporgendo circa di 25 mm dall’appoggio destro e 25 mm da quello sinistro, come da normativa (figura 32). La macchina inoltre è dotata di coltello perpendicolare all’asse longitudinale del campione, dal quale si propaga il carico che cresce in maniera uniforme a una velocità di 10 mm/min, fino al raggiungimento della rottura del campione (figura 33) con registrazione della forza massima (

ottenuta.

Questa prova è stata eseguita su entrambe le tipologie di campioni, sia quelli composti in Roman cement e canapa, sia quelli in magnesite e canapa. Dal carico che produce la rottura si ricava la resistenza a flessione in Megapascal attraverso la seguente formula:

Dove: •

è la forza massima applicata in newton (N)

è il passo tra gli appoggi, in mm

è la larghezza del campione, in mm

è lo spessore del provino, in mm.

51


Figura 33-campione sottoposto a flessione al termine della rottura

Figura 32-prova di resistenza meccanica a flessione La prova a compressione si esegue seguendo quanto descritto dalla norma UNI EN 826(30), attraverso l’utilizzo come per la flessione della macchina “Wolpert” formata per la compressione da due piatti piani paralleli circolari una sopra mobile, l’altro sotto fisso che attraverso l’azione di una pressa meccanica applicano lo sforzo di compressione (figura 34). Il campione circa di dimensioni 50mm X 50mm X 50 mm viene appoggiato sulla piastra inferiore , normale rispetto all’asse della macchina, perfettamente al centro e da questo momento si applica un carico trasmesso dalla piastra superiore a una velocità prefissata di 3 mm/min,pari al diametro diviso 10,in direzione assiale perpendicolarmente alle facce del campione di sezione quadrata e viene registrata la sollecitazione massima sopportata dal campione prima al 10% di deformazione e poi fino quasi allo snervamento (figura 35). La resistenza alla compressione in Megapascal viene calcolata con la seguente espressione:

Dove:

52


è la forza massima in newton

è l’area iniziale della sezione trasversale del campione in

.

Figura 35-dettaglio rottura campione a compressione

Figura 34-determinazione della resistenza a compressione

4.5 RISULTATI 4.5.1 Proprietà fisiche 4.5.1.1 Peso dei campioni I valori medi dei pesi dei campioni, intesi come media di ogni tipologia, sono riportati in tabella 5, mentre tutti i valori dei singoli campioni sono riportati nell’Allegato I. Nei campioni di canapa e cemento, il peso diminuisce con l’aumentare dei giorni di stagionatura, mentre nei i campioni contenenti magnesite il peso resta quasi invariato ed è notevolmente inferiore rispetto a quelli contenenti cemento.

53


CAMPIONI

DIMENSIONI mm

SPESSORE mm

Peso medio (g) 15 gg

Peso medio (g) 28 gg

NI CG1

122x270

35

1288,2

-

CG2

122x270

34

1067,1

-

CF3

122x245

44

1481,0

1310,9

CF4

122x255

48

1828,1

1697,6

CF5

122x260

54

2305,6

2087,1

MG1

117x268

46

894,7

935,6

MG2

120x260

55

1188,2

1113,2

MG3

117x255

53

887,4

-

MG4

118x269

52

909,2

907,3

CF3

107x265

50

-

1454,0

CF4

109x265

54

-

1793,9

CF5

110x265

60

-

2126,9

Tabella 5-valori del peso medio dei campioni a 15 e 28 giorni di stagionatura

4.5.1.2 Massa volumica apparente dei campioni I valori medi di massa volumica apparente (ρ) delle varie formulazioni studiate sia di canapa e cemento che di canapa e magnesite a 15 e 28 giorni di stagionatura sono riportati in tabella 6-7; analizzando i risultati ottenuti si può affermare che i valori subiscono alcune variazioni, in quanto nella maggior parte dei casi all’aumentare della stagionatura in aria a temperatura ambiente si nota una diminuzione della massa volumica apparente rispetto a quella iniziale. Inoltre all’aumentare dello spessore stesso del campione aumenta anche la massa volumica. Tutti i valori di massa volumica apparente anche in base alle dimensioni dei campioni sono riportati nell’Allegato II.

54


4.5.1.3 Assorbimento d’acqua a pressione atmosferica I valori di assorbimento d’acqua (Ab) delle tipologie studiate per la canapa-cemento e canapa-magnesite sono ricavati da campioni stagionati per almeno 28 giorni e sono riportati nella tabella 8, mentre tutti i valori di ogni singolo campione analizzato, compresa l’analisi dei pesi, sono riportati in Allegato II. Analizzando i risultati si può dire che i campioni di Roman cement e canapa hanno raggiunto quasi tutti massa costante dopo 72 h di immersione in acqua, mentre per quanto riguarda i campioni contenenti magnesite e canapa, per alcuni di questi, la prova si è protratta per più giorni fino al raggiungimento della massa costante. Come si può osservare dai risultati ottenuti i campioni contenti magnesite e canapa hanno un assorbimento d’acqua maggiore rispetto a quelli in cemento e canapa in accordo con la UNI EN 13775(49). CAMPIONE Ab% CG 1

44,3

CG 2

66,7

CF 3

51,4

CF 4

43,2

CF 5

38,9

MG 1

57,5

MG 2

69,2

MG 3

82,5

MG 4

82,9

Tabella 8- Valori di assorbimento d’acqua a pressione atmosferica dopo almeno 28 giorni di stagionatura a temperatura ambiente

4.5.1.4 Analisi della microstruttura al microscopio ottico La prova al microscopio ottico è stata effettuata su frammenti di campioni rotti nelle prove di resistenza a flessione, in particolare si sono analizzate le 5 tipologie di canapa55


cemento (C) e 1 di canapa-magnesite (M) analizzando un campione per ogni tipo, in modo da avere un confronto tra i diversi cippati di fibre di canapa, grosso (G) e fine (F), e il loro legame con il diverso legante, cemento Romano o magnesite, sia all’interno che in superficie (tabella 9). DETTAGLIO DELLA SUPERFICIE INDISTURBATA DI FRATTURA

INGRANDIMENTO DELLA SUPERFICIE ESTERNA CG1

6,4X

6,4X

16X

16X

56


INGRANDIMENTO DELLA SUPERFICIE ESTERNA

DETTAGLIO DELLA SUPERFICIE INDISTURBATA DI FRATTURA CG2

6,4X

6,4X

16X

16X

DETTAGLIO DELLA INDISTURBATA DI FRATTURA

INGRANDIMENTO DELLA SUPERFICIE ESTERNA CF3

6,4X

6,4X 57


16X

16X

DETTAGLIO DELLA SEZIONE INDISTURBATA DI FRATTURA

INGRANDIMENTO DELLA SUPERFICIE ESTERNA CF4

6,4X

6,4X

16X

16X

58


DETTAGLIO DELLA SEZIONE INDISTURBATA DI FRATTURA

INGRANDIMENTO DELLA SUPERFICIE ESTERNA CF5

6,4X

6,4X

16X

16X

DETTAGLIO DELLA SEZIONE INDISTURBATA DI FRATTURA

INGRANDIMENTO DELLA SUPERFICIE ESTERNA MG2

6,4X

6,4X 59


16X

16X

Tabella 9-analisi visiva al microscopio ottico della sezione indisturbata di frattura e della superficie esterna dei campioni di canapa-cemento e canapa-magnesite a due diversi ingrandimenti. Dall’analisi visiva al microscopio ottico confrontando la superficie esterna dei campioni analizzati, risulta che, quelli costituiti da magnesite sono meno omogenei, soprattutto in superficie rispetto a quelli in cemento Romano, perché la fibra predomina sul legante. Nei campioni in cemento Romano e canapa ai due diversi cippati, grosso e fine, si può notare invece che la matrice è in linea di massima omogenea con qualche porosità e discontinuità maggiori in presenza di fibra grossa.

4.5.2 Proprietà meccaniche 4.5.2.1 Resistenza a flessione e compressione I valori di resistenza meccanica a flessione ( 12089(31) e a compressione (

in conformità con la norma UNI EN

in conformità con la norma UNI EN 826(30), sono

stati determinati a stagionature diverse, a 15 E a 28 giorni. Per ogni formulazione studiata si è eseguita la rottura a flessione e compressione come descritto nel paragrafo 4.5.2. Le resistenze a flessione rispettivamente a 15 e 28 giorni mentre quelle a compressione solo a 28 giorni, riportate nelle tabelle 6-7, sono state ottenute facendo la media tra tutti i risultati ottenuti dalla rottura di campioni dello stesso tipo, tutti i valori riferiti ad ogni singolo campione sono riportati all’Allegato I. Dai risultati si nota che all’aumentare dei giorni di stagionatura si ha un leggero incremento dei valori del cemento e canapa mentre

60


è stabile quello della magnesite e inoltre a parità di dimensioni, questo ha più resistenza meccanica rispetto al Roman cement. CAMPIONE ρ (g/m3) σb (MPa) CG1

1,1

1,3

CG2

0,9

0,9

CF3

1,2

1,3

CF4

1,3

1,3

CF5

1,3

1,9

MG1

0,6

2,4

MG2

0,6

3,6

MG3

0,6

1,1

MG4

0,6

1,4

Tabella 6-valori di ρ, σb delle diverse serie analizzate a 15 giorni di stagionatura

CAMPIONE ρ (g/m3) σb (MPa) σm (MPa) CG1

1,0

-

4,4

CG2

1,1

-

2,0

CF3

1,0

1,3

5,1

CF4

1,2

1,3

5,4

CF5

1,7

1,9

5,5

MG1

0,7

3,2

1,5

MG2

0,6

3,5

2,0

MG3

0,5

-

1,0

MG4

0,6

1,9

1,0

Tabella 7-valori di ρ, σb, σm delle diverse serie analizzate a 28 giorni di stagionatura

61


CONCLUSIONI Durante lo svolgimento della presente Tesi di Laurea sperimentale, per la caratterizzazione di nuovi materiali compositi ecosostenibili a base di canapa, sono stati studiati diversi campioni formati da canapa abbinata a leganti naturali quali Roman cement e magnesite, appositamente progettati e realizzati dall’azienda di Pavullo “CMF Tecnology”. I campioni sono stati studiati sotto l’aspetto fisico e meccanico caratterizzandoli attraverso una serie di prove in laboratorio, permettendo dunque di fare un primo confronto con gli altri altri materiali compositi ecosostenibili attualmente in commercio. La canapa viene trasformata senza percorrere alcuna distanza in quanto può essere coltivata nel raggio di 20 km dal centro di prima trasformazione effettuando un’azione diserbante, senza richiedere l’uso di pesticidi e i materiali compositi con essa formati sono totalmente privi di formaldeide a differenza di materiali compositi similari contenenti legno e cemento Portland. Il legno, invece, proviene da moltissimi chilometri di distanza, da deforestazione controllata e il suo abbattimento avviene dopo 8-10 anni dalla sua piantagione del quale viene utilizzato solo il tronco mentre le ramaglie vengono scartate, o in caso di insufficienza da legni di recupero ricchi di formaldeide libera e molto nociva per l’ambiente. L’uso della canapa limita notevolmente l’impatto ambientale in quanto richiede poca energia, trasporti brevi delle materie prime e un’atmosfera non inquinata da formaldeide libera; oltre a ciò, l’impatto ambientale del cemento romano è notevolmente inferiore per la più bassa temperatura di cottura 800-900°C rispetto a quella del cemento Portland 1400°C, ma soprattutto per il riassorbimento di gran parte della CO2 emessa nell’ambiente. Nello studio eseguito sulle due diverse tipologie di leganti, i campioni di canapa e magnesite agli stessi giorni di stagionatura hanno mostrato risultati più soddisfacenti rispetto a quelli contenenti canapa e cemento Romano, sia come resistenza a flessione e compressione, sia come massa volumica apparente. Infatti, essi sono molto più resistenti e presentano una minore densità, probabilmente a causa della migliore adesione tra legante 62


e fibra di canapa. La resistenza meccanica a flessione nei pannelli in canapa-cemento raggiunge circa 2 MPa, quella nei pannelli in canapa-magnesite è anche maggiore con valori fino a 3,5 MPa. Dalle prove effettuate sui campioni è emerso che i pannelli contenenti canapa hanno caratteristiche fisiche e meccaniche promettenti rispetto agli altri pannelli prodotti in legno-cemento. La densità dei nuovi pannelli in canapa è leggermente inferiore rispetto a quella dei pannelli in legno-cemento, mentre la resistenza meccanica a compressione è superiore. Lo studio effettuato rappresenta una base di partenza per il proseguimento di nuove sperimentazioni in cui si potranno utilizzare al meglio le caratteristiche dei materiali studiati incentivando lo sviluppo di un’architettura a impatto zero.

63


ALLEGATI Allegato I RESISTENZA A FLESSIONE UNI EN 12089 CANAPA - ROMAN CEMENT e CANAPA-MAGNESITE Campione CG 1A CG 1B CG 2A CG 2B CF 3 CF 4 CF 5 MG 1 MG 2 MG 3 MG 4

b (mm) d (mm) largh. spessore 122 35,0 122 34,3 122 38,5 121 37,7 122 44,1 122 47,5 123 54,7 119 45,0 120 58,5 117 52,7 120 50,3

L l (mm) (mm) 200 270 200 270 200 270 200 270 200 255 200 266 200 271 200 266 200 265 200 255 200 266

P (g) 1245,4 1330,9 1083,0 1051,1 1481,0 1828,1 2305,6 894,7 1188,2 887,4 909,2

F (N)

σ (MPa)

647 618 602 478 1060 1216 1701 1891 4966 1218 1382

1,3 1,3 1,0 0,8 1,3 1,3 1,4 2,4 3,6 1,1 1,4

ρ (Kg*m3) 1080 1178 854 853 1079 1185 1474 628 638 564 566

risultati analisi effettuate l’ 11.02.2011

RESISTENZA A FLESSIONE UNI EN 12089 CANAPA - ROMAN CEMENT E CANAPA-MAGNESITE Campione CF 3A CF 3B CF 4A CF 4B CF 5A CF 5B MG 1 MG 2 MG 4

b (mm) d (mm) L (mm) l (mm) largh. spessore 122 43,5 200 240 122 44,3 200 238 122 48,2 200 249 123 48,1 200 243 122 54,8 200 254 122 54,4 200 251 117 46,2 200 268 120 57,9 200 260 118 52,3 200 269

P (g) 1267,6 1354,2 1709,6 1685,5 2088,9 2085,2 935,6 1113,2 907,3

F (N) 1070 1175 1376 1460 2378 2365 2635 4696 2031

risultati analisi effettuate il 21.02.2011

64

σ (MPa) 1,4 1,5 1,5 1,5 2,0 2,0 3,2 3,5 1,9

ρ (Kg*m3) 995 1052 1167 1172 1230 1251 645 616 546


RESISTENZA A FLESSIONE UNI EN 12089 CANAPA - ROMAN CEMENT Campione CF 3.1 CF 3.2 CF 3.3 CF 3.4 CF 3.5 CF 4.1 CF 4.2 CF 4.3 CF 4.4 CF 4.5 CF 5.1 CF 5.2 CF 5.3 CF 5.4 CF 5.5

b (mm) d (mm) L (mm) l (mm) largh. spessore 107 105 108 108 107 105 109 110 109 109 108 110 110 107 110

50,6 49,8 51,3 51,3 50,2 55,5 54,2 54,9 54,3 53,9 60,4 60,9 60,8 61,0 61,1

200 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200 200

265 265 265 266 266 265 265 267 265 265 265 265 265 264 265

P (g)

F (N)

1453,5 1410,4 1485,4 1475,0 1445,9 1759,6 1757,8 1852,0 1821,0 1779,0 2069,5 2167,2 2128,4 2112,6 2156,8

1183 1155 1120 1160 1467 1972 2137 2513 2422 2327 2970 3126 3007 3173 2663

σ (Mpa) 1,3 1,3 1,2 1,2 1,6 1,8 2,0 2,3 2,3 2,2 2,3 2,3 2,2 2,4 2,0

ρ (Kg*m3) 1013 1017 1011 1000 1012 1139 1122 1148 1161 1142 1197 1220 1200 1226 1211

risultati analisi effettuate il 07.03.2011

RESISTENZA A COMPRESSIONE UNI EN 826 CANAPA - ROMAN CEMENT (CRC) Campione

b (mm) d (mm) l (mm) P (g) F (N) largh. spessore SERIE 3 campioni dell'8/02/2011

σ (MPa)

ρ (Kg*m3)

C 3.1

49

50

50

124,6

11200

4,6

1017

C 3.2

50

50

50

125,2

11700

4,7

1001

C 3.3

49

50

50

121,0

10700

4,4

987

C 3.4

49

51

50

126,7

13300

5,4

1014

C 3.5

50

50

50

124,0

14400

5,8

992

C 3.6

49

50

50

124,4

13230

5,4

1015

C 3.7

50

51

50

128,8

12950

5,2

1010

C 4.1

49

54

51

153,7

13350

5,3

1139

C 4.2

51

54

51

161,8

14180

5,5

1152

C 4.3

50

54

51

154,3

13700

5,4

1120

C 4.4

51

53

51

156,1

14350

5,5

1132

C 4.5

51

54

51

158,1

14000

5,4

1125

C 5.1

51

59

52

187,8

15060

5,7

1200

65


C 5.2

50

60

51

176,7

13360

5,2

1154

C 5.3

50

59

51

182,3

15300

6,0

1211

C 5.4

50

60

51

184,1

14360

5,6

1203

C 5.5

50

60

50

171,0

12860

5,1

1140

risultati analisi effettuate il 07.03.2011

RESISTENZA A COMPRESSIONE UNI EN 826 CANAPA - ROMAN CEMENT E CANAPA-MAGNESITE Campione

b (mm) d (mm) l (mm) largh. spessore

P (g)

F (N)

σ (Mpa)

ρ (Kg*m3)

CG 1.1

51,0

35,3

50,5

92,0

10300

4,0

1011

CG 1.2

52,0

34,9

51,9

105,9

12650

4,7

1124

CG 1.3

52,6

35,3

50,4

106,2

12280

4,6

1135

CG 1.4

50,8

34,6

51,2

98,3

10110

3,9

1092

CG 1.5

51,8

35,0

52,8

105,2

12700

4,6

1099

CG 2.1

52,9

37,5

51,5

73,8

3800

1,4

722

CG 2.2

52,7

36,7

52,3

86,5

6700

2,4

855

CG 2.3

51,2

36,2

51,3

81,2

6290

2,4

854

CG 2.4

51,2

37,0

52,7

85,7

5730

2,1

858

CG 2.5

53,8

38,5

53,6

88,3

5000

1,7

795

MG 1.1

47,6

37,6

49,9

63,2

4000

1,7

708

MG 1.2

50,2

38,3

49,4

66,8

3400

1,4

703

MG 1.3

49,3

38,7

49,0

61,1

3290

1,4

654

MG 2.1

47,5

56,8

47,7

76,7

4310

1,9

596

MG 2.2

48,1

56,7

50,6

81,2

4780

2,0

588

MG 2.3

47,9

56,8

51,1

85,5

5210

2,1

615

MG 2.4

50,4

57,1

50,7

85,3

5210

2,0

585

MG 3.1

45,9

50,0

46,5

58,8

2460

1,2

551

MG 3.2

46,0

48,9

48,5

53,6

2000

0,9

491

MG 3.3

48,4

49,9

51,0

54,8

3850

1,6

445

MG 3.4

49,0

48,6

50,1

58,5

1220

0,5

490

MG 3.5

45,5

48,3

46,8

47,9

1390

0,7

466

MG 4.1

48,7

46,0

49,9

56,5

2660

1,1

505

MG 4.2

49,0

48,1

49,4

58,3

2780

1,1

501

MG 4.3

49,1

49,2

51,0

59,3

2680

1,1

481

MG 4.4

50,3

48,6

50,4

61,5

2880

1,1

499

MG 4.5

48,0

46,9

48,8

49,3

1980

0,8

449

risultati analisi effettuate il 15.03.2011

66


Allegato II ASSORBIMENTO D'ACQUA A PRESSIONE ATMOSFERICA UNI EN 13755 CANAPA - ROMAN CEMENT e CANAPA - MAGNESITE Campione

b (mm) largh.

d (mm) spessore

l (mm)

P (g) secco 11/03/11

P (g) umido 15/03/11

Ab%

M1B

100

36,9

100

220,0

343,4

56,1

M1C

99

42,3

99

234,9

373,1

58,8

M2A

99

57,6

99

307,3

482,8

57,1

M2B

98

55,8

99

288,0

463,5

60,9

M2C

98

56,6

99

239,3

453,6

89,6

M3A

93

45,5

94

220,2

374,8

70,2

M3B

98

45,8

100

186,8

376,9

101,8

M3C

96

48,4

100

213,4

374,4

75,4

M4A

100

49,7

100

222,5

404,9

82,0

M4B

98

49,7

99

220,6

408,2

85,0

M4C

98

49,3

100

225,8

410,3

81,7

C1A

113

33,7

113

372,0

542,9

45,9

C1B

114

35,3

114

404,8

582,2

43,8

C1C

104

34,3

105

396,0

567,0

43,2

C2A

104

39,5

104

324,4

534,7

64,8

C2B

104

39,4

105

320,8

535,2

66,8

C2C

104

39,5

105

317,7

534,9

68,4

C3A

102

44,3

103

427,2

648,9

51,9

C3B

104

44,0

104

435,4

658,2

51,2

C3C

104

44,2

104

440,8

659,6

49,6

C4A

104

47,4

104

525,0

757,9

44,4

C4B

103

46,2

104

503,0

726,9

44,5

C4C

103

48,5

104

547,3

784,7

43,4

C5A

104

55,5

104

615,2

893,9

45,3

C5B

104

54,1

105

655,1

894,7

36,6

C5C

103

55,8

104

655,9

904,3

37,9

C 3.8

50

51,0

50

119,9

184,8

54,1

C 3.9

49

53,0

49

120,3

180,7

50,2

C 3.10

48

48,0

50

113,7

171,9

51,2

C 4.8

51

53,0

51

143,8

205,2

42,7

C 4.9

50

54,0

51

145,6

207,0

42,2

C 4.10

50

54,0

52

148,6

210,0

41,3

C 5.8

48

60,0

50

156,1

215,7

38,2

C 5.9

50

59,0

51

171,8

236,3

37,5

67


C 5.10

50

60,0

52

169,7

234,0

37,9

risultati analisi effettuate il 15.02.2011

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70


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