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periodico - numero 7 gennaio / marzo 2013 www.apuliamagazine.it

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Anno 3 – Numero 7 Gennaio / Marzo 2013 Registrazione n.53/2010 del Tribunale di Bari

DIRETTORE RESPONSABILE Rosalia Chiarappa r.chiarappa@apuliamagazine.it DIRETTORE EDITORIALE Alessandra Dall’Olmo

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La seconda copertina d’autore è l’opera di Daniela Corbascio “Home, my place in the world 2012”, riprodotta fotograficamente da Alessandro Cirillo. Hanno collaborato a questo numero Per i testi: Manila Benedetto, Beatrice Camera, Linda Cavallo, Vittoria Coppola, Livio Costarella, Roberto Lacarbonara, Valeria Lorusso, Rosalba Matarrese, Mariella Piscopo. Per le foto: Giuseppe Barretta, Rosalia Chiarappa, Daniela Ciriello, Alessandro Cirillo, Michele De Candia, Olga Diasparro, Beppe Gernone, Mario Guerra, Rocco Lamparelli, Cosimo Lopalco, Marcello Moscara, Gianni Narraccio, Ph. Orione, Caterina Rinaldo, Enzo Selicato, Marco Spagnoli, Domenico Zagaria. Traduzioni di Umberto Cassano Tutti i nostri collaboratori inclusi i membri della redazione e lo staff editoriale forniscono la loro opera a titolo gratuito.

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di rosario. Imponenti, affacciate sul mare, alcune diroccate che sembrano emergere dagli scogli, altre solitarie come nobili in esilio. Le torri costiere rimangono l’eredità di un piano di fortificazione voluto da Carlo V nel XVI secolo per difendere le coste del Mezzogiorno dalle sanguinarie invasioni dei predoni turchi che arrivavano dal mare. Infatti, dal mare giungeva il pericolo da scongiurare al grido di “mamma… li turchi”. E ancora oggi, come sentinelle, scandiscono il viaggio sulle coste pugliesi. E sono a guardia di quell’infido mare del Salento dal quale spuntavano le vele nere e che è oggi un mare dalla bellezza con pochi eguali.

L’accesso è possibile soltanto dal primo piano e viene assicurato da strutture provvisorie. La distanza tra le torri è tale che ciascuna sia visibile dalle due più vicine; e questo per rendere possibile la comunicazione visiva, mediante fumate di giorno e il fuoco di notte. A sua volta, il tamtam acustico è assicurato da campane o da corni. Quali presidii fortilizi funzioneranno fino al Settecento, fino a quando cioè l’invenzione della polvere da sparo determinerà una vera e propria rivoluzione nella strategia bellica. Le pietre dal linguaggio più arcano, però, rimangono dolmen e menhir, silenziose presenze che da più di 4.000 anni fanno da fedeli guardiani

© Daniela Ciriello

e “pietre” pugliesi sono poliglotte. Parlano, infatti, più linguaggi: da quello aulico dei castelli, delle cattedrali e delle antiche dimore, a quello decisamente più ruspante di trulli, masserie e muretti a secco. Termini militari sono quelli che legano le torri costiere, dalle pietre grigie, rosa e beige che si accendono di mutevoli e suggestive varianti col trascorrere del giorno, dall’alba livida al tramonto infuocato. Le “sentinelle di pietra” vengono fatte erigere dal vicereame spagnolo nel Cinquecento in gran parte della Puglia, dal Gargano all’estremo lembo del Salento. Si avvistano dall’alto a intervalli regolari e sembrano come tanti grani

LE PIETRE RACCONTANO 6


turismo Principano. Ma se i menhir, i blocchi di granito alti un paio di metri, spiccano per essenzialità, i dolmen, a metà tra tomba e pietra sacrificale, affascinano per la teatralità. In tutta la Puglia se ne contano ventitrè e sono spesso situati a ridosso di spianate scavate nella roccia. La loro pietra di copertura si presenta scanalata lungo il bordo ed è quasi sempre presente una specia di conca per convogliare il sangue della vittima offerta alla divinità. Ma chi eresse questi megaliti? Secondo alcune leggende, potrebbero essere arrivati fin qui con i Celti e, ad avvalorare questa tesi, c’è il fatto che alcuni dolmen in provincia di Taranto, a Bisceglie e a Cisternino sono da

secoli dedicati ai paladini della Tavola Rotonda. Un cenno a parte meritano i castelli edificati in Puglia da Federico II, il “puer Apuliae”, che nella nostra regione trovò il luogo ideale per coltivare le sue passioni. Lo conquistò, in particolare, la “serena bellezza” del paesaggio pugliese. A tal punto che, su un’altura della Murgia barese, favorì la nascita di un “fiore di pietra”, Castel del Monte, il bellissimo maniero a forma di ottagono. Dai castelli alle masserie, mute e preziose testimonianze della nostra civiltà contadina, insieme ai muretti a secco, le prime costruzioni rurali che da tempi remoti furono erette su questa terra di sassi, per creare i primi argini di pietre, secondo un’arte che, da padre in figlio, viene tramandata attraverso i secoli. Rosalia Chiarappa © riproduzione riservata

© Rosalia Chiarappa

a distese di terra brulla o coltivata. Rispetto a quelli atlantici che si trovano in Francia e in Gran Bretagna, i menhir pugliesi sono leggermente più recenti, ma la funzione religiosa è pressoché la stessa. Nonostante il passare dei secoli, il loro culto arrivò fino a Carlo Magno, che decise di colpirlo duramente. La pena per chi si avvicinava ai siti megalitici era infatti molto severa: l’anatema. In seguito, la Chiesa li riaprì al pubblico, imponendo tuttavia che venissero aggiunte immagini sacre o simboli cattolici. Un esempio lampante di questa influenza è il menhir San Paolo di Giurdignano. Alla base della stele, in epoca bizantina, è stata ricavata una cripta dedicata all’omonimo santo. Sempre nello stesso paese, nei pressi di Otranto, s’incontrano altre testimonianze di tale genere. Infatti, Giurdignano è considerata la capitale dei megaliti salentini, ma queste testimonianze di storia millenaria non sono solo qui. A Depressa, in quel di Tricase, si trova il menhir noto come Croce di

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© Domenico Zagaria

STORIE DI UN PASSATO LONTANO U

n viaggio alla scoperta delle bellezze del territorio dauno e della sesta provincia di Barletta-Andria-Trani, facendo tappa negli splendidi castelli che sorgono sul mare o nel cuore dei centri storici o su rocche immerse nel silenzio della natura, scrigni di segreti, suggestioni e tradizioni, raccontano storie di un passato lontano. Sin da tempi antichissimi, i castelli furono costruiti in questi territori per necessità di

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difesa e d’importanza strategica. I Normanni prima, gli Svevi poi, sino all’epoca medievale videro nei castelli un segno della difesa, della forza e della presenza sul territorio. Un castello famosissimo che non può mancare nell’itinerario è certamente il Castel del Monte. Il castello è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco ed è raffigurato sulla moneta da 1 centesimo di euro. Si erge su una collina in

uno dei luoghi più affascinanti della Murgia, all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia nel territorio di Andria. Molto conosciuto per la sua forma ottagonale, ma anche per le suggestive leggende legate alla sua origine ed è certamente il più misterioso tra i castelli costruiti da Federico II di Svevia intorno al 1240. Il viaggio alla scoperta del sistema castellare federiciano prosegue per Barletta. Il Castello svevo sorge


itinerari poco distante dal mare e nonostante sia di epoca sveva, mostra i segni delle ristrutturazioni successive avvenute nel Cinquecento. Nella sua bellezza e imponenza rappresenta un vero gioiello di architettura, un unicum nel suo genere. E’ luogo di un numerosi eventi culturali tra cui la rappresentazione della Disfida di Barletta.

© Domenico Zagaria

Sorge pure sul mare il Castello svevo di Trani di fronte alla Cattedrale romanica dedicata a San Nicola Pellegrino. E’ luogo di eventi culturali di spessore, come i “Dialoghi di Trani”, un festival di cultu-

ra, cinema e teatro. La sua particolarità è rappresentata dalle perfette cortine murarie e dalle torri che ne fanno uno dei più suggestivi castelli federiciani. Al suo interno si può visitare un museo con vasi di epoca medievale. Meno nota la storia dei castelli minori, a ridosso della Lucania o nel cuore della Daunia. Si prenda ad esempio il Castello del Garagnone di Spinazzola, eretto tra l’XI e XII sec. Abbattuta la fortificazione di età normanna, sui suoi resti viene innalzato nel XVI secolo un nuovo castello. Quest’ultima struttura viene abbattuta inspiegabilmente nel 1930. Oggi ne restano pochi ruderi ma è importante basti pensare che nel Castello ha avuto i natali il papa Innocenzo XII della

famiglia Pignatelli, feudatari di Minervino, Spinazzola e Lavello. Vale la pena di avventurarsi per scoprire i fascinosi castelli della Daunia. Sono davvero tanti e sarebbe difficile dare spazio a tutti. In pillole consigliamo di visitare il bellissimo Castello di Lucera, i ruderi del Castello di Accadia e di Castelnuovo della Daunia. E ancora: vale la pena di fare una puntatina ai castelli di Deliceto, Bovino, Sant’Agata di Puglia, Ascoli Satriano e la Torre Bizantina di Biccari. Un elenco certamente non esaustivo. Per chi volesse saperne di più si possono trovare guide specializzate come “Guida ai castelli della Daunia” (Rotas edizioni). Rosalba Matarrese © riproduzione riservata

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itinerari

© Caterina Rinaldo

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castelli rappresentano una delle immagini più tipiche della nostra regione. Ed è difficile non lasciarsi conquistare dal loro fascino tenebroso e dalle mille leggende che aleggiano tra le loro mura. Sorti in gran parte nel Medioevo, la loro presenza è andata sempre oltre la funzione eminentemente difensiva, per assumere la connotazione di strumento del potere politico finalizzato al controllo del territorio. All’epoca normanno-sveva risale la maggior parte dei castelli della Terra di Bari. Più tardi i castelli e le fortificazioni del Rinascimento, costruiti in anni di minacce e pericoli provenienti dal mare. Gli Spagnoli fortificarono la costa secondo i più moderni canoni di difesa, avvalendosi di architetti militari quali Evangelista Menga e Gian Giacomo dell’Acaya, e spesso riadattarono castelli già esistenti rendendoli inespugnabili. Quasi contemporaneamente feudatari, conti, duchi e principi, decisero di dare alla loro autorità un nuovo volto, trasformandosi da signori della guerra, in signori della cultura e dell’arte. E le loro case, da rocche inespugnabili e minacciose, si aprirono al piacere del gusto e all’appagamento degli ozi. Così, i vecchi tenebrosi castelli si trasformarono in senso residenziale, ingentilendo le loro severe strutture fortificate con interventi che rispecchiano ancora oggi il clima culturale e il gusto della corte locale. A Bari, in realtà, i castelli sono due,

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©Rocco Lamparelli

l’uno incastrato dentro l’altro. Il primo sorse probabilmente a opera di Ruggiero il Normanno nel 1131 e fu rimaneggiato poi da Federico II. Il secondo è di epoca aragonese. Ma fu con due regine che la fortezza di Bari conobbe anni di grande splendore: Isabella d’Aragona e sua figlia Bona Sforza, che rimasta vedova del marito, il re di Polonia Sigismondo I, tornò nella sua amata Bari. Sempre in terra di Bari, ci si imbatte nel castello di Gioia del Colle, maestoso simbolo del misterioso Medioevo. Aggirandosi per le sale di questo castello, si respira ancora l’atmosfera del tempo del grande Federico, a cui tanto cara fu que-

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sta fortezza dall’aria severa. Si racconta che fosse la dimora di Bianca Lancia, l’amatissima amante dell’imperatore svevo, dalla quale aveva avuto tre figli. E la leggenda narra che proprio qui l’imperatore, vedovo della sua terza moglie, la sposò in punto di morte per esaudire il suo ultimo desiderio, quello della legittimazione dei tre figli nati dal loro amore. Anche nel castello di Sannicandro di Bari si riconosce l’impronta dello stile federiciano che trasformò, nel 1242, il complesso dall’edificio tipicamente militare voluto dall’imperatore Costantino VII per la difesa delle coste dai ricorrenti attacchi dei Saraceni, in castello residenzia-

le. Con la sua meravigliosa loggia che sovrasta il portale principale e con le tre torri, si erge maestoso nella piazza principale della cittadina il castello di Bitritto, di origine normanna, ma custode di interessantissimi resti archeologici di una villa romana (I-III sec. d. C.), con un trappetopalmento sotterraneo con tanto di strutture, pozzi, cisterne, aree di lavorazione per la produzione dell’olio e del vino, quasi integri e venuti alla luce durante recenti lavori di ristrutturazione. Simbolo della potente Contea degli Acquaviva d’Aragona fu il castello di Conversano, fortezza costruita dai Normanni che ancor oggi sovrasta imponente l’intero cen-


itinerari

la costa sud-barese dalle frequenti incursioni dei pirati. Avendo subito notevoli danni a seguito dell’assedio veneziano del 1508, la struttura fu restaurata secondo le moderne tecniche di guerra, regnante Carlo V, a opera dell’architetto militare Evangelista Menga da Copertino e assunse la forma attuale, a poligono stellato. Il castello di Monopoli, meglio conosciuto come castello di Carlo V, è un fortilizio cinquentesco edificato durante la dominazione spagnola della città. L’opera fu portata a

termine sotto la supervisione del viceré Don Pedro di Toledo e nel 1600 venne ampliato e ristrutturato, passando da una struttura prettamente di difesa a una di tipo residenziale. Il castello è sovrapposto alle poderose mura messapiche del V sec a.C. e a una grande porta romana del I sec a.C. che si affaccia nella suggestiva Sala d’armi. Rosalia Chiarappa © riproduzione riservata

©Rocco Lamparelli

tro abitato con le sue quattro torri. Nacque come minaccioso fortilizio con gli Altavilla, ma nel tempo fu trasformato in elegante e raffinata residenza dagli Acquaviva d’Aragona, che acquisirono la Contea di Conversano a metà del 1400 e la portarono al suo massimo fulgore nel XVII secolo con Giangirolamo II, detto il Guercio di Puglia e la sua consorte, Isabella Filomarino, apostrofata come aspide di Puglia. A Mola di Bari il castello fu costruito per ordine di Carlo I d’Angiò tra il 1278 e il 1281 per difendere

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ANDAR PER CASTELLI

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© ph. orione

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n tempo inespugnabili fortezze, oggi contenitori culturali, con musei, mostre ed eventi internazionali. Se siete nel Salento, seguite l’interessante itinerario alla scoperta dei castelli, partendo da Lecce. Visitate il Castello Carlo V di origine normanno-angioina, riedificato nel XVI secolo dall’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya, per conto dell’imperatore Carlo V. Il piano nobile ospita il salone Maria D’Enghien, che con le sale attigue è aperto a mostre, convegni ed eventi; mentre a piano terra c’è l’infopoint, una scuola di fotografia (www.fotoscuolalecce.it) e il Museo della Cartapesta con circa 100 opere dei maggiori artisti leccesi dal XVIII secolo ai nostri giorni, tra cui Caretta, Capoccia, Guacci, Malecore, Gallucci e la brasiliana Lucia Barata. A pochi chilometri da Lecce c’è il Castello di Acaya, sempre opera di Gian Giacomo. Era un piccolo borgo fortificato nel ‘500, di forma quadrilatera con robusti bastioni su tre angoli, mentre nel quarto di sud ovest fu edificato il castello a pianta trapezoidale, collegato alla terraferma da un ponte. Nel cortile vedete la zona archeologica con l’affresco della Dormitio Virginis del XIV secolo. La Sala Ennagonale, nel torrione di nord est, ha due volti scolpiti sopra la porta d’ingresso ed è decorata con un fregio in pietra leccese, che s’ispira alla classicità. Il castello è aperto al pubblico solo

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in occasione di mostre temporanee ed eventi allestiti nei saloni di rappresentanza al piano superiore o per visite guidate di gruppi (cell. 3472535235). Imponente il Castello NormannoSvevo di Copertino ridisegnato nel 1540 dall’architetto Menga su richiesta dei Castriota, con quattro bastioni angolari, un bel portale in stile catalano-durazzesco e un grande fossato intorno. All’interno

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la Cappella di San Marco e ampie gallerie che uniscono i bastioni, che si popolano di antiquari, collezionisti e appassionati nel mese di settembre, in occasione della Mostra dell’Antiquariato, giunta quest’anno alla XXVII edizione. Nelle sale a piano terra del Castello di Castrignano dei Greci, di origine medievale, poi riedificato nel XVI sec. dalla famiglia baronale De’ Gualteris, trovate il curioso Museo

del Ricamo a mano e dei Pizzi e dei Merletti, allestito dall’Associazione “Salento RicamArte”, un gruppo di donne appassionate, che portano avanti quelle tradizioni che oggi rischiano di perdersi e sempre lì hanno il laboratorio, dove producono tovaglie, tende, centrini, asciugamani, lenzuola e altri manufatti a punto antico o a filet su stoffa. Nel piccolo museo sono raccolti pizzi e merletti, trine e ricami, trame prezio-


se dall’800 al secondo dopoguerra, anche ferri da stiro a carbone, attrezzi da ricamo, telai antichi, riviste specializzate (tel. 3348447255). Nella vicina Corigliano d’Otranto ammirate la facciata del XVII sec. riccamente decorata con statue allegoriche all’interno di nicchie, mensole e figure antropomorfe del Castello de’ Monti. Splendida la balconata barocca. All’esterno vedete le quattro torri rotonde e un grande fossato, all’interno la stanza degli scavi, la sala medievale, quella della cavallerizza e il torrione di S. Giovanni Battista. Prima di andar via fate una sosta in terrazza nella caffetteria con vista panoramica (cell. 3397737001). A Muro Leccese, piccolo centro di origini messapiche, all’interno dell’antico Castello Medievale, dal ‘600 trasformato in Palazzo del Principe Protonobilissimo, ha sede l’interessante Museo di Borgo Terra. Potete vedere importanti reperti archeologici dell’era Messapica ( VIIIIII sec. a.C. ); reperti medievali, un grande plastico che ne riproduce il borgo medievale, la sala del tesoretto, ritrovato negli anni Settanta, costituito da monete d’argento medievali dal 1200 al 1500. Le sale del Palazzo ospitano mostre ed eventi temporanei, mentre nei sotterranei del Castello ci sono le segrete, le prigioni ricolme di graffiti originali, incisi dai prigionieri tra il ‘500 e il ‘600. Bello l’annesso frantoio semi-ipogeo (1602), in cui è illustrata, su graffito,

la Battaglia di Lepanto (1571), che testimonia un evento storico cruciale per i popoli del Mediterraneo. E per finire, immancabile una passeggiata nel bellissimo borgo antico di Otranto e una visita all’imponente Castello Aragonese, ricostruito nel 1481 da Alfonso d’Aragona, dopo aver liberato la città dai Turchi, che lo potenziò con artiglierie e bombarde. A pianta pentagonale ha un fossato, l’antico ponte levatoio, oggi ricostruito in muratura, tre torrioni circolari in carparo con “feritoie bombardiere” e un imponente bastione a punta di lancia, detto Punta di Diamante, proteso verso il mare. Ora chiuso per lavori di manutenzione, verrà riaperto il prossimo giugno con un’importante mostra internazionale. Dal cortile interno, a pianta quadrangolare, entrate nella Sala Triangolare, originale esempio di architettura militare. Poi da una scala ottocentesca accedete ai piani alti nelle sale, che accolgono nel periodo estivo grandi eventi artistici. Salite in terrazza per ammirare il mare. Da qui lo sguardo spazia sulla Cattedrale, sul porto, sulla Torre del Serpe e oltre. Nelle giornate limpide si scoprono i contorni velati delle montagne dell’Albania, che si potrebbero quasi abbracciare, se non ci fosse il mare.

©Rosalia Chiarappa

itinerari

Mariella Piscopo © riproduzione riservata

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© beppe gernone Daniela Corbascio, Punctum 8, 2005 (collezione privata)

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n sms di qualche tempo fa, conservato nella memoria del cellulare vecchio, recita: “dovrei azzerare molte cose del mio lavoro, dei miei passi, del giorno dopo e in piedi”. Non ho mai pienamente compreso questo messaggio di Daniela Corbascio, ma non credo di poter tratteggiare con maggiore

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accuratezza un profilo della persona e dell’artista. “Vive e lavora a Bari, scrivi solo questo”, mi suggerisce in occasione del nostro incontro per Apulia Magazine. Sottolinea che solo poche cose si possono affermare in modo certo e rassicurante: dove si vive, dove le cose accadono regolar-

mente, dove gli eventi irrompono inattesi mischiandosi ai fatti ordinari e quotidiani. Dice che non ama definirsi, poi accenna alla convivenza di androginia e femminilità nel proprio carattere, e nei modi. È come se, nel tempo, l’esigenza di comprendere e avvicinare la pluralità individuale


l’avesse spinta a stare sempre dalla parte loro, degli altri. Discutendo persino la propria identità, mettendola in gioco. “Questo luogo è generoso, lo sono le persone, non saprei farne a meno. È vero, io accetto tanti, troppi inviti alle mostre, partecipo facendo forse poca selezione. Non chiedo quasi mai i nomi degli artisti, dei curatori, se c’è catalogo o altro. A volte capita una telefonata, la chiamata a prender parte ad una collettiva in un luogo di cui conosco appena la collocazione sulla mappa. Ma l’arte, o una mostra, per me non è un fine, bensì il mezzo che uso per conoscerti”. Difficile slegare i discorsi sull’arte da quelli sulla personalità di Daniela. Mi chiede - sorridendo - se fosse possibile trasformare le due pagine dell’intervista in un intero numero speciale, pieno di disegni distribuiti dalla copertina (che in questa edizione ospita un suo lavoro) agli interni, senza parole o meglio senza una logica. Immagina anche di poter costruire una lista estremamente articolata e gremita di saluti e ringraziamenti. Pensa al proprio lavoro legandolo indissolubilmente ai luoghi e alla gente che hanno contribuito a generare molti degli interventi site specific con cui Corbascio interviene negli spazi espositivi. Dal Museo Pascali a Bonomo, da Doppelgaenger ad Artcore, nella congerie di nomi e situazioni vissute, tutte con il medesimo entusiasmo e con una progettualità che, ogni volta, riparte dai discorsi e dalle relazioni. Nell’opera di Daniela Corbascio è onnipresente una sorta di sensibilità

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bipolare (nulla di grave!). L’artista adopera le stoffe (talvolta leggere e bianchissime, altre volte grezze, robuste, animali) accanto alle trame di acciaio e di legno. “Ho vissuto l’infanzia negli opifici industriali, giocando con il ferro e con il carroponte, a tu per tu con le presse e gli enormi macchinari da cui passavano plastica e acciaio assumendo forme strane, poco decifrabili. Ma da bambina ho conosciuto anche l’arte di Turner: è forse l’artista che più mi ha creato imbarazzo di fronte alla potenza della figurazione. E ancora oggi mi accorgo che ho tra le mani gli attrezzi di sempre ma negli occhi quella fascinazione da cui non si guarisce!”. E poi c’è il neon, forse la sintesi essenziale di questo doppio approccio, memoriale e operativo, con cui Corbascio concepisce la sua opera. La luce fragilissima eppure fredda dei neon, l’idea di una materia immateriale e di una sostanza vitrea eppure opalescente. Per Daniela il neon funziona come un segno, un’evidenza sovrapposta per marcare superfici e corpi: esso tiene in-

sieme le cose, come cucitura tra le labbra lacerate della memoria. Qualcuno lo ritiene ormai una firma, un’opera nell’opera. Eppure per l’artista non c’è mai una soluzione. Personalmente ho visto Daniela armeggiare con i neon con estrema inquietudine, con ansiosa parteci-

Provo a chiederle del domani, dell’opera in cantiere, del progetto in divenire ma non c’è una risposta che si inserisca stabilmente in un calendario; è come se tutto fosse nobilmente fluido e coscienziosamente irrisolto, o mutevole. “La mia - afferma con decisione - è un’ambizione grande ma è un’ambizione tranquilla. Sì, vabbé: un’ambizione tranquilla non si può sentire!”. Prima di salutarci prendiamo qualcosa da bere e iniziamo a ricordare qualche aneddoto legato a mostre passate. Intanto mi accorgo che in casa di Daniela c’è una collezione di opere da far invidia a un museo. Pochissimi però i lavori dell’artista, due o tre. “Fosse per me vivrei sempre tra i Daniela Corbascio, Cube 2, 2012 lavori miei, tutti alle pazione, nella più spaesante prov- pareti o in giro per la casa. Ma non visorietà. “È così che l’opera ti in- ci sono, ci sono quelli degli altri. Di segue, fa pressione sul diaframma, me so fare a meno, di loro no”. dimora nell’insonnia. Il nostro lavoro è fatto di queste tensioni: forse Roberto Lacarbonara il neon mi aiuta a “finire” l’opera e © riproduzione riservata risolvere le tensioni... Ma no, non è così!”

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IL MAGICO MONDO ANIMATO DI STEFANO ROMANO

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on è da tutti poter frequentare una scuola così prestigiosa come la School of Visual Arts (SVA) di New York che richiede un difficile test di ammissione ma che in quattro anni, la durata dell’università, prepara i professionisti creativi del futuro, attraverso l’insegnamento di 800 tra i migliori docenti del pianeta tra scrittori, designer, registi, fotografi, illustratori e grafici, tra cui Milton Glaser, l’inventore del famoso logo I Love NY. Tra i rinomati alunni annovera David laChapelle, fotografo di fama mondiale e Sol LeWitt, l’artista americano legato all’arte concettuale. Stefano Romano, giovane pugliese, ha la passione per l’animazione da

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quando era piccolo, il suo sogno è di poter diventare un animatore famoso e proprio per questo ha scelto l’indirizzo di animazione tradizionale di questa scuola d’arte che è nata nel 1947 proprio come scuola di fumettisti e illustratori, diventando poi una multidisciplinare istituzione che partecipa attivamente alla vita culturale della città. Cresciuto ad arte e cartoni, collezionista di manga, fumetti giapponesi, fumetti americani, tra cui Deadpool e Sonic, ha già all’attivo una serie di personaggi che potrebbero diventare i protagonisti di serie a fumetti e animate. Appassionato di science fiction, fantasy e steampunk, un termine che nasce nell’ambito della

letteratura fantastica nel 1987, coniato dallo scrittore statunitense Kevin Wayne Jeter per indicare storie scanzonate ambientate in un vicino passato, ci ha aperto le porte della sua casa a Bari, dove è tornato, con grande piacere, per la pausa natalizia delle vacanze. Raccontaci una tua giornata tipo nella scuola. Abbiamo cinque materie tutte relative all’animazione, dalla storia al disegno, per imparare tutte le tecniche tradizionali. Poi story pitch, tutta la parte relativa alla sceneggiatura per imparare a scrivere gli script e a disegnare lo storyboard di un cartone animato. Abbiamo anche letteratura inglese, di cui leggiamo i


arte classici. E degli incontri live con i creatori delle serie animate, i produttori e i distributori che ci raccontano la loro personale esperienza. Per ora abbiamo incontrato la realizzatrice degli sfondi per il cartone Doug. Tra gli insegnanti c’è Howard Beckerman, che lavora da oltre 30 anni nell’industria dei cartoni animati. Insomma, abbiamo sicuramente insegnanti molto stimolanti e incontriamo gli artisti di fama internazionale. I cartoni animati che preferisci e quelli che proprio non ti piacciono. Amo i classici della Disney, il Re Leone, Hercules, per citarne alcuni, e la nuova serie dei my Little Pony, alla V generazione. Dietro la serie c’è Lauren Faust, un’animatrice statunitense, nota per il lavoro svolto per le serie animate Le Superchicche, di cui è stata la story artist e Gli amici immaginari di casa Foster, con cui sono cresciuto. My little pony è il classico cartone ispirato, che piace ai bambini per il suo aspetto estetico ma che descrive valori morali con cui ci immedesimiamo. Poi bisognerebbe vedere tutti i lungometraggi fatti da Miyazaki, fumettista e animatore giapponese di fama internazionale, i cui film hanno una profondità palpabile, basta ricordare Ponyo sulla scogliera con il suo deciso messaggio ecologista. Lui avvicina il pubblico di tutte le età a temi importanti e d’attualità. I Simpson, un cartone di tutto rispetto, i cartoni animati politicamente scorretti tipo Soul Park,

Drawn Together, una parodia sarcastica e pungente di tutti i reality show possibili ma anche un omaggio piuttosto inconsueto al mondo dell’animazione, non vincolati al classico happy ending. Tra i peggiori, tutte le serie prodotte dal gruppo Man of Action, come Ben 10 e Generator X, la classica animazione molto commerciale, con protagonisti privi di qualsiasi evoluzione. Invece amo l’animazione che ha dei chiari riferimenti culturali, che esprime un messaggio. I cartoni vengono considerati un media per pregiudizio, per bambini, ma, in realtà sono rivolti sia a bambini che ad adulti. Cosa ti manca della Puglia ? Gli amici e la famiglia. Ma a New

York non ho mai il tempo di fermarmi e di annoiarmi, la gente è aperta e disponibile. La città è realmente universale in tutto quello che ti offre. Auguro a Stefano di vincere un Academy Award, il premio onorifico più ambito per chi fa cartoni animati, in fondo non esiste adulto che non conosca a memoria il nome di un personaggio animato! Alessandra Dall’Olmo

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B&B Portadàmare

Via Fabiano 9, 76125 Trani (BT) Tel. 0883 481976 - Cell 347 5037187 mimmodidomizio@hotmail.it www.portadamare.it

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n’idea originale ed elegante per soggiornare a Trani è “Portadàmare”, un B&B davvero speciale, assolutamente unico nel suo genere. Innanzitutto per la sua ubicazione: via Zanardelli, una delle strade più suggestive di Trani (quella che da Piazza Libertà scende al Porto), un tempo chiamata via Larga perché vi transitavano i carri carichi di grano destinati a essere stivati sulle navi. Gisella e Mimmo Di Domizio regalano agli ospiti emozioni indimenticabili perché raccontano, da subito, la storia di quegli ambienti, così vissuti e intrisi di secoli: il portoncino d’ingresso in legno azzurro si spalanca, lasciando intravedere la scalinata in pietra di Trani e conducendoci ai mini appartamenti, ricavati dalle case dei pescatori del luogo. Camere confortevoli, di charme, recuperate facendo uso delle materie prime e dei colori preesistenti: il bianco della pietra e l’azzurro del mare, che dominano anche la scena dallo spettacolare terrazzo che si affaccia sul celebre porto turistico, uno spazio destinato a ospitare anche eventi culturali come “Scritture dal mare”, appuntamenti letterari con gli autori accompagnati da musica dal vivo e degustazione di Moscato di Trani. Francesca de Leonardis © riproduzione riservata


design

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dei bambini ma visto con occhi da adulti in una metafora della vita stessa. Prima di osservare più attentamente le creazioni di Gianni e Luciana sparse per casa, chiacchiero un po’ con uno e con l’altro, per cercare di “carpire” più informazioni possibili in presa diretta. Così scopro che Gianni è un nomade, o come si definisce lui, “bastardo”, che ha vissuto fra Firenze,

dove si è laureato in Architettura, Chicago e Milano. Luciana ha lasciato presto la Puglia per approdare anche lei a Firenze e trasferirsi poi a Milano. Da qui una riflessione che mi ha portato a citare uno dei miei scrittori preferiti: Bruce Chatwin. Il viaggio non soltanto allarga la mente, le dà forma”, scrive Chatwin in “Anatomia dell’irrequietezza”: potreste far vostra questa massima,

© michele de candia

ronia, divertimento e gioia è quanto si percepisce in giro attraverso gli spazi della casa delle vacanze, come loro la definiscono da quando si sono trasferiti a Milano. Qui a picco sul mare, ci si trova tu per tu con le opere di Gianni Veneziano e Luciana Di Virgilio, che trasmettono vitalità e freschezza, come un tuffo nel mondo limpido e giocoso

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non solo per vita vissuta, ma relativamente al vostro percorso artistico? Luciana: Il viaggio è la metafora della vita. Una vita che sembrerebbe non bastare per poter conoscere tutti i colori e le sfumature infinite di questo mondo. Quando e come è nato il vostro progetto relativo allo studio V+T? Gianni: E’ nato nel 2007. In seguito al nostro incontro e c’è stato un inevitabile sodalizio personale e profes-

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sionale. Dalla pittura, alla fotografia, alla scultura fino ai mosaici per poi estendersi al mondo dell’editoria e a quello del digitale: lo studio V+T dimostra infinite potenzialità espressive e la capacità di parlare un linguaggio internazionale. Come emergono tali potenzialità dalle vostre recenti esposizioni? Luciana: Siamo due personalità molto forti e molto simili ma con “punti di follia” differenti. Gianni

viene da un percorso fortemente artistico, il destino, il caso o non so quale Dio ha voluto che nell’80 non prendesse parte alla Biennale d’arte di Venezia in seguito alla prematura scomparsa dell’allora presidente Luigi Carluccio. Credo che, da quel momento in poi, il suo percorso professionale si sia definitivamente contaminato con l’architettura e il design. La sua tesi affrontava il tema ‘dell’architettura disegnata’ e il disegno è stato - ed


design

è tutt’ora- una sua constante, il suo ’big bang’. E’ un grafomane e in fase progettuale (anche se ammetto che lo fa involontariamente in qualsiasi momento della giornata) il suo primo gesto è proprio quello del disegno. Questo lo si riscontra nella sua produzione precedente al nostro incontro ed è fortemente caratterizzante anche attualmente nei nostri lavori nell’ambito dell’architettura di interni e del design. Ha avuto anche sempre una forte attenzione per quanto riguarda la curatela di importanti mostre come quella del 2009 per la Triennale di Milano, dove ha portato in mostra oltre 100 disegni di altrettanti architetti e designer di fama internazionale raccolti nel corso degli anni. La collezione è stata donata da Gianni alla Triennale di Milano e ora fa parte della collezione permanente del Museo. Per quanto riguarda me, pur avendo una formazione artistica ho da sempre avuto anche una componente comunicativa, e mi spiego meglio: mia madre, molto protettiva, centellinava le mie uscite pomeridiane per strada ai tempi in cui si giocava con gli amici – non come oggigiorno, con un IPad o una Wiie ho sempre dovuto fare il doppio della fatica per entrare in relazione con i miei coetanei e capire e mediare il mio carattere tutt’altro che

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semplice. E’ stata una sorta di palestra inconscia delle pubbliche relazioni, e ora mentre ne sto parlando mi accorgo di essermi auto sottoposta a una sorta di seduta psicoanalitica senza alcun supporto. Penso che non toccherò anche questo ambito nel corso della mia carriera. Penso e credo! [mi vien da ridere!] I vostri “campi di azione” sono diversi: architettura, design ma anche arte. A questo proposito vi chiedo l’arte può essere un valore aggiunto al design? Gianni: Sicuramente il nostro approccio al design è strettamente connesso con le dinamiche dell’arte, meno con quelle dei ‘tecnicismi industriali’. L’arte è un valore aggiunto quando è parte del processo creativo e non semplice ’orpello ’. Come il vostro rapporto di coppia influisce nello sviluppo della vostra creatività? Luciana: Sicuramente è importante, si crea una alchimia senza interruzione. Il nostro è un lavoro dove non si timbrano cartellini e dove a volte è difficile mettere un punto, soprattutto quando, ancor prima di essere una professione, il proprio lavoro viene vissuto come una passione. Come valutate questo particolare momento di crisi che ha colpito il mondo e che sta radicalmente

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cambiando anche il sistema dell’architettura, del design e dell’arte? Cosa offre l’Italia e cosa vorreste che offrisse? Gianni: E’ un momento difficile, dove la società sembra essersi persa. Negli ultimi tempi, una delle componenti fondamentali del nostro lavoro sembra essere sparita dalle esigenze della gente. Parlo del sogno. Sicuramente il nostro Paese deve riprendere a dare la speranza di un sogno, così come l’hanno avuta negli anni ’50 i nostri genitori. Anche in quel periodo storico l’Italia era in un vero e proprio default economico e culturale, usciva, da un conflitto duro e ne veniva fuori perdente. E’ riuscita, però, a trasformare un momento fortemente negativo in una rinascita. Siamo immensamente pieni di risorse intellettuali e materiali, pensiamo al nostro territorio pieno di bellezze artistiche, architettoniche. L’Italia forse offre troppo, e noi non siamo più in grado di valutare tutto questo patrimonio, ci hanno anestetizzato e non siamo più coscienti. I vostri progetti per il futuro. Gianni e Luciana: Non smettere mai di sognare. Rosalia Chiarappa © riproduzione riservata


artigianato

Nella foto Vito Moccia e la moglie Rosa

Simboli di Puglia

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fischietti in terracotta, la cui origine si perde nella notte dei tempi, hanno accompagnato nei millenni la vita degli uomini e a tutt’oggi sono ancora presenti e vivi nella nostra realtà, al punto che negli ultimi 30/40 anni sono diventati veri e propri oggetti d’arte e di collezione. Le ceramiche popolari a fiato presentano aspetti molto interessanti dal punto di vista culturale: a loro, infatti, sono legati miti, riti, simboli, cerimonie, tradizioni e leggende. Inventati per imitare gli uccelli, per

i fischietti

rappresentare con il loro lieve soffio lo spirito della vita e l’inizio della primavera o per allontanare gli spiriti cattivi o utilizzati come oggetti scaramantici, fino a diventare gioco per bambini o, addirittura, pegno amoroso, i fischietti in terracotta vengono oggi assunti in qualche modo come rappresentazioni di espressione artistica e di costume. La tradizione della terracotta è uno degli aspetti preponderanti dell’artigianato pugliese. Qui la lavorazione della terracotta e della cerami-

ca è stata favorita nei secoli anche dall’esistenza di ricche e numerose cave di argilla rossa. Le specifiche caratteristiche della lavorazione della terracotta pugliese sono, in parte, frutto dell’influenza artisticoculturale della Grecia e della Magna Grecia. In alcune tombe ritrovate nel territorio di Rutigliano sono stati rinvenuti numerosi manufatti, antropomorfi e zoomorfi, rapportabili ai nostri fischietti. Da tempo antichissimo, proprio a Rutigliano, considerata ancor oggi

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una delle “capitali” del fischietto, il 17 gennaio di ogni anno si tiene una bellissima Fiera del Fischietto in Terra- cotta e, contemporaneamente, si celebra una seguitissima festa in onore di Sant’Antonio Abate. Non esiste, però, alcuna fonte che possa far capire come e perché le due tradizioni, quella della Fiera del Fischietto, che segna anche l’inizio del Carnevale, e quella della Festa di sant’ Antonio Abate si siano potute ritrovare contemporaneamente nello stesso giorno. Ma, se si considera che Sant’Antonio Abate nell’iconografia popolare è sempre stato rappresentato con un maialino e con vari altri animali ai suoi piedi, in quanto ritenuto santo protettore di questi, è probabile che si sia creato un collegamento/filo conduttore tra produttori di fischietti e festa di Sant’Antonio Abate e che la stessa festa religiosa sia stata assunta come occasione per mettere in bella mostra, in onore del Santo, dei fischietti raffiguranti il maialino e i vari animali. Col passare degli anni e con la ripresa degli studi sul folklore e delle tradizioni popolari e con l’ondata di rivalutazione delle sagre paesane, i fischietti sono stati in qualche modo riscoperti nella loro antica e genuina bellezza. E, così, a partire dal 1982/83 grazie all’impe-

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gno dei maggiori artigiani figuli rutiglianesi, la manifestazione è andata via via acquisendo grande valenza culturale ed è divenuta, in Puglia, una straordinaria vetrina dell’arte figulina locale animata da manufatti in argilla, pregni di simbolismo magico, ironico, satirico, caricaturale, ludico e malizioso. La Fiera del Fischietto è uno di quegli eventi che per unicità e originalità ha finito per cementare nei figuli rutiglianesi un forte attaccamento alle tradizioni paesane. A partire dal gennaio 1989 a fianco della Fiera si è poi sviluppata anche un’altra importante iniziativa: la Mostra-Concorso Nazionale del Fischietto in Terracotta, iniziativa fortemente voluta dall’Amministrazione Comunale per valorizzare e qualificare sempre di più la maestria e il gusto artistico dei figuli locali e per favorire e creare positivi rapporti tra la città di Rutigliano e le altre zone della Puglia e delle diverse regioni italiane portatrici di altrettante tradizioni artigiane-figuline. Il 17 gennaio 2004, poi, è stato inaugurato il Museo del Fischietto in Terracotta presso Palazzo San Domenico. All’interno del Museo sono esposti, divisi per circa 13 sezioni tematiche, circa 500 fischietti provenienti dalle più importanti botteghe figule rutiglianesi e da ogni parte d’Italia. La città di Rutigliano, con la fondazione di questo Museo, si è proposta e si propone come centro propulsore si scambi con altre città famose per le ceramiche a fiato. Valeria Lorusso © riproduzione riservata


moda

Michele gaudiomonte

Architetture d’alta moda

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ncontro Michele Gaudiomonte una calda mattina di gennaio nella sua studio–atelier di Castellaneta, una di quelle giornate del tutto inaspettate che mi riconciliano con il vivere in Puglia. Sembra ci conosciamo da sempre ma in realtà abbiamo tante amicizie in comune nel mondo della moda, tra cui la giornalista Cinzia Malvini autrice di M.O.D.A., il programma televisivo, in onda su la 7, prodotto dalla società per cui ho collaborato per più di 8 anni. È stato un flashback di ricordi. Più che uno stilista lo definirei un’ar-

tista , infatti è in realtà un architetto innamorato del bello in tutte le sue forme che realizza abiti con tessuti dipinti a mano, pezzi unici da collezione, dei veri quadri da indossare. Ma partiamo dall’inizio… Dopo il liceo artistico a Bari sono andato a Venezia, ma preciso che l’elemento fondamentale del reale inizio è che mia madre faceva la sarta. Una cosa che ricordo con fascino quando ero bambino è quello legato al ricordo della mia casa d’infanzia a Gioia del Colle dove nella porta di fronte abitavano due signorine “grandi”, come si dice da noi, che ricamavano e facevano bottoni. Io la cosa che amavo fare era cucire questi bottoni su pezzetti di tessuto che loro mi davano. Mia madre poi mi coinvolgeva sempre. La moda l’ho sempre seguita ma poi ho scelto un altro percorso. A Venezia ho cominciato a lavorare per una compagnia di teatro e

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danza contemporanea, diretta da una giornalista di Sipario con cui collaboravo come costumista e ho conosciuto grandi personaggi come Béjart e Pina Bausch. Mi ricordo la mia collaborazione al Bolero di Béjart in occasione del suo Festival Danza75, la grandiosa opera di danza itinerante Acqua Alta che vide la città attraversata da una miriade di danzatori e che si concluse in piazza San Marco con il Bolero interpretato dal ballerino argentino Jorge Donn. Poi sono tornato casa e ho sempre seguito la moda, il mio mito era Gianni Versace , lo stilista che ha rivoluzionato l’abbigliamento, rompendo gli schemi, utilizzando elementi tipo la plastica tagliata, abbinata alla pelle, tagli con i laser unite dalla sartorialità delle sue creazioni. Un altro elemento fondamentale per me è stato il legame con l’arte, ho sempre dipinto.” La sua tranquilla vita da architetto viene rivoluzionata da alcune amiche francesi che affascinate dai suoi tessuti dipinti a mano gli propongono di sfilare a Parigi una collezione beachwear nell’ambito di Première Classe, l’appuntamento europeo per l’accessorio di moda. “La mia particolarità è proprio quella di creare dei tessuti che io amo definire quadri , con la cliente si crea un rapporto personale ed intimo e per lei disegno il suo tessuto. Sono rapporti speciali che si creano soprattutto quando realizzo gli abiti da sposa, un tailor made cucito ad-

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dosso alla cliente. Dopo l’avventura parigina prendo contatti con Mario Boselli, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, per fargli vedere i miei lavori e farmi dare un parere da esperto. Rimase affascinato dai tessuti, ma quando gli dissi che non erano stampe ma fatti a mano mi consigliò di chiamare Roma e così sfilai per Alta Moda Roma e partecipai al Premio Margutta, un prestigioso evento culturale della città. Mi hanno chiamato a sfilare anche in Cina nell’evento Alta moda pugliese a Canton, nel 2006 l’ anno italo-cinese. Ho partecipato anche a tanti concorsi moda, che ho vinto per la maggior parte. Vincendo un concorso a Salerno mi sono garantito la partecipazione a Pitti mare. In realtà le mie sono collezioni beachwear in un senso più ambio della parola. I miei parei, i miei caftani possono trasformarsi in veri e propri abiti da sera. Sono applicate sul tessuto pietre dure, swarovski che poi staccandosi si trasformano in veri e propri gioielli da utilizzare anche con altri outfit. Ora sfilerò la mia nuova collezione all’ Alta Moda di Parigi e realizzerò degli internazionali, uno sempre a Parigi e uno in Marocco. La novità di quest’anno è che lancerò una linea di pret à couture che si affiancherà alla mia linea haute couture.” Le sue affezionate clienti e amiche lo seguono e spesso lo vengono a trovare proprio qui a Castellaneta, città natale del divo del cinema


moda dopo Milano e Roma “ Qui ci sono grosse realtà , la manifestazione mi ha lanciato insieme a RossoRame e Gianni De Benedictis. Durante la manifestazione, organizzata dalla mia amica Elisabetta Bedori, si incontrano i buyers internazionali. Qui al Sud abbiamo dei bravissimi fasonisti e ricamatrici che molti grandi stilisti già utilizzano per la creazione dei loro abiti”. Starei ore a parlare con Michele del suo lavoro di architetto, di costumista per il teatro perché ha un modo di parlare rilassante, il suo grazioso carlino si è infatti addormentato tra le sue braccia durante la nostra interminabile chiacchierata, giusto il tempo per accennarmi ai costumi

realizzati per un musical al Sistina di Roma di Graziano Galatone, cantante e attore pugliese, nel 2009 “Bernadette, il miracolo di Lourdes” per la regia di Claudio Insegno. Il suo amore per il teatro lo vede anche impegnato per un’associazione culturale di Castellaneta, in realtà un gruppo di amici con cui condivide questa passione, in fondo proprio l’amore per il teatro non conosce impedimenti, è una forma d’arte e riflessione per esprimere la bellezza, unica testimone della nostra identità culturale. Alessandra Dall’Olmo © riproduzione riservata

© gianni narraccio

muto Rodolfo Valentino, tra i vicoli stretti e tortuosi del grazioso centro storico, arricchito dai palazzi signorili dei feudatari del territorio, dove si trova il suo atelier con terrazza con vista. Alcune sono anche le sue testimonial come la giornalista Rosanna Cancellieri, per cui realizza abiti in occasioni particolari o Mary De Gennaro, che ha utilizzato alcuni suoi abiti per la sigla del programma di moda e costume Comò. Crede molto nel suo territorio, in senso ampio: il Lecce Fashion Weekend, l’evento legato alla presentazione in passerella della moda pugliese, a cui lui ha partecipato, spera che trasformi la città barocca nel terzo polo della moda,

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VENITUCCI, VIDI, VICI M

ichele Venitucci, classe 1974, prima ancora di essere un talentuoso attore barese è tante persone in una: è un viaggiatore “nomade”, un timido “sfrontato”, diventato, suo malgrado, un sex symbol, un appassionato della vita in tutte le sue manifestazioni, uno che prende il suo mestiere molto seriamente, ma che ti dà subito l’idea di non esserne schiavo, anzi di sapere esattamente quale peso dare a ogni cosa… E poi ha un sorriso contagioso, che ti allarga il cuore, l’occhio malandrino del bel ragazzo del Sud, la prontezza di spirito delle persone intelligenti e vere. Non stupisce che abbia fatto tanta strada, che ab-

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bia catturato l’attenzione di registi come Rubini e Corsicato, che sappia passare dal cinema alla tv con tanta naturalezza, che sia in rapida e continua ascesa nel panorama degli attori italiani. Insomma, non si può negare che sia un piacere rivolgergli qualche domanda... Sei noto per essere un perfezionista, uno che si cala nella parte coltivando quotidianamente, direi maniacalmente, il suo personaggio. Questo ti ha mai provocato nella vita reale qualche “crisi di identità”? Il mio approccio al personaggio è cambiato con il tempo e con l’età. Adesso prendo tutto con più distacco, anche se l’approccio mimetico continua a piacermi e a divertirmi.

E’ un gioco gradevole per un attore quello di trasformarsi, ma non ho mai creduto nell’immedesimazione totale. Non mi porto il personaggio a casa o nel camerino, piuttosto lo osservo da dentro e da fuori come grandissima fonte d’ispirazione e arricchimento umano. Ho la possibilità di conoscere da vicino un’altra vita e un’altra storia, mantenendo una distanza di sicurezza. Gli approcci al lavoro possono essere diversi e io li rispetto tutti: l’importante è essere professionali e disponibili. Sai cos’è cambiata nel tempo? La mia disponibilità emotiva. Questo mi fa sentire non solo un attore più completo ma anche un uomo migliore.


Ti senti più a tuo agio quando lavori per la TV, per il cinema o per il teatro? Un attore dovrebbe sentirsi a suo agio con tutto, ma soprattutto darsi la possibilità di praticare tutte le forme di espressione, TV, cinema e teatro. L’attore moderno è costretto ad essere più trasversale. Ritengo che questo mestiere sia cambiato e che non esista quasi più la professione di attore, se vuoi il mio parere personale. Gli attori per troppo tempo sono stati mischiati con i non attori e tutto questo ha creato confusione. Uno dei miei desideri è riprendere con il teatro. Per ristabilire un contatto forte e sano con la mia professione. Quale è stato il ruolo più difficile che hai interpretato? Il pugile di “Fuori dalle corde” di Fulvio Bernasconi, che ti è valso il premio come miglior attore al Festival di Locarno, ex-aequo con Michel Piccoli, il marito di Moana Pozzi - interpretata da Violante Placido, nella miniserie Sky-, il giovane Nicola in “Tutto l’amore che c’è” di Rubini, solo per citarne alcuni? Hai citato, forse, i personaggi a cui sono più legato! Difficile fare dei paragoni. Storie diverse, approcci diversi. Posso solo dirti che in tutti c’è un profondo abbandono e una sincera verità. In “Tutto l’Amore che c’è” sono stato sostenuto da quella sana e potente inconsapevolezza del debutto. In “Fuori dalle Corde” il personaggio del Pugile è stato il primo vero protagonista, quindi ho avuto l’occasione di approfondire il viaggio del mio personaggio e mi

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ci sono abbandonato con assoluto trasporto. In “Moana” ho avuto la possibilità di esprimermi in un piccolo personaggio, poco scritto, per cui era difficilissimo farsi notare, emotivamente, in quelle condizioni. Una bella sfida e una grande esperienza. Perché Sergio Rubini ha scelto proprio te, nel 2000, tra i protagonisti di uno dei suoi più riusciti “amarcord” pugliesi, “Tutto l’amore che c’è “appunto, lanciandoti a pieno titolo nello star system italiano? Beh… dovremmo fare un’intervista a parte! Ahaha! Mi ha scelto perché ho fatto un buonissimo provino, perché ha visto un ragazzo al debutto, quindi ancora malleabile, ma già con una buona consapevolezza, visto che avevo appena terminato i tre anni di studio in una scuola di arte drammatica a Roma. Potevo seguirlo bene e infatti ho subito capito il linguaggio di Rubini. Cosa si prova da “timido”, quale dichiari di essere, ad avere un fans forum su internet? Non ho un forum su internet… o almeno credo! Sto avendo una bella collaborazione con una rivista online, Style.it Ho una rubrica-blog intitolata “Che ci faccio qui?”. Mi piace molto scrivere, adoro la sua forza e la sua solitudine. E’ una forma di comunicazione nuova per me, che mi sono sempre protetto dietro un personaggio o una storia già scritta.

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Il processo creativo cambia, ma la mia sensibilità è la stessa. Racconto sempre quello che sento, quello che vedo. Ci racconti qualcosa degli esordi? Per esempio, come sei entrato in contatto con il Kismet... Il Kismet! Che bel posto era! Spero sia rimasto una bella realtà , mi piacerebbe collaborare con loro… Posso dirti che era un posto modernissimo e soprattutto che è stato un incontro fondamentale della mia vita. Quello che ho fatto con loro me lo sono ritrovato anni dopo. Forse l’ho semplicemente compreso più tardi, pur avendolo metabolizzato profondamente. Le loro tecniche di studio e la loro visione sono state un grande stimolo per la mia ricerca. Quando ti senti veramente libero? Quando viaggio mi sento profondamente libero… Quale è il tuo rapporto con la Puglia? Il mio rapporto con questa terra è profondo. Complesso e viscerale, come quello che si può avere con la famiglia. Staccarmi e prendere le giuste distanze mi ha permesso di comprenderla meglio. 5 buoni motivi per allontanarsi da Bari e 5 altrettanto validi motivi per ritornarci... 5 sono troppi… per andar via ne bastano due: andare via è quasi necessario per crescere e per di-


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ventare autonomi, ma bisogna tornare saltuariamente, almeno per 5 motivi: il mare, il dialetto, il cibo, la famiglia, i vecchi amici. Se non fossi nato a Bari, dove ti sarebbe piaciuto nascere? E’ difficile pensare a un posto migliore dell’Italia… anche se ultimamente viverci è diventato complesso e frustrante. Usando la fantasia direi... Oriente. Se non avessi fatto l’attore, per quale mestiere ti saresti sentito più tagliato? Avevo la stessa attrazione per Psicologia (su tutte) e Biologia marina . Che consigli daresti oggi a un giovane desideroso di intraprendere questa carriera? C’è qualcosa da cui lo metteresti in guardia? Qualche “verità” che hai scoperto strada facendo? Si, innanzitutto non trascurare la formazione: la scuola di teatro, ad esempio, è una bellissima occasione. Poi cercare le persone giuste, per avere uno stimolo orientativo. Anche un insegnante di liceo potrebbe aiutarci a sostenere i nostri sogni. Naturalmente, non farsi illudere da facili scorciatoie che la tv o internet propongono. Trasformare i propri desideri in bisogni. Non basta crederci per fare le cose, ma avere il bisogno di realizzarle. Questo fa la differenza. Progetti futuri? A fine marzo uscirà un film a cui

sono molto legato ”Italian Movies” di Matteo Pellegrini, appena presentato al Pit del festival di Roma, e “Lithium Conspiracy” di Davide Marengo. Ho girato anche un bellissimo film di Angelo Orlando ”Rocco tiene su nombre” in Spagna, recitando in spagnolo. Un bellissimo personaggio, intenso come quello del Pugile. Inoltre ho appena finito di girare un film ambientato in Puglia, “Eppideis” di Matteo Andreolli. Il 2012 è stato un anno intenso… propedeutico a un cambiamento. Il 2013 sarà l’inizio del cambiamento. Per tutti, credo. Ti vedremo al Bif&st, quest’anno? Con quale film? Puoi darci qualche anticipazione? No comment. Una curiosità: suoni ancora la tromba? Come lo sai? No, non la suono quasi mai purtroppo! Ha esaurito il suo compito molti anni fa. Sono stato imbarcato su una nave-scuola della marina e ho suonato, strimpellato diciamo, la tromba in una lunga attraversata oceanica che mi ha portato per tutta la costa del nord America. Ma questa è un’altra storia… Beatrice Camera © riproduzione riservata

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eresa Ludovico mi accoglie in casa sua e davanti a due tazze di the giapponese dal profumo intenso e dall’aroma “affumicato” mi racconta di quando in Giappone è stata organizzata appositamente per lei una cerimonia del the: un vero e proprio rito dove qualunque cosa, oggetti, gesti e parole, ha un suo preciso significato. “La cerimonia del tè, nella sua essenza, è l’espressione sintetica degli aspetti fondamentali della cultura giapponese” – mi spiega Teresa. “Nel paese del Sol Levante il culto del the, il “Chanoyu”, letteralmente l’acqua per il the, è una vera e propria forma d’arte, rappresentando il nesso tra vita e arte, sacro e profano. Il tè che si usa nella cerimonia non è il comune tè in foglie che si immerge in acqua calda. Si tratta di un tè dal caratteristico colore verde brillante, finemente polverizzato e disciolto in acqua calda con un frullino di bambù. Ne risulta una bevanda densa, leggermente spumosa, da un caratteristico sapore amarognolo assai diverso da quello del tè comune”. Continua a incantarmi col suo racconto Teresa: “un elaborato codice di etichetta regola tutte le fasi della cerimonia a partire dal posto da occupare durante la cerimonia, sia per gli ospiti che per il padrone di casa, alla designazione dell’ospite d’onore, al modo di servire e di bere il tè. La rigida osservanza delle regole formali altro non è che un modo per assicurare che nulla di

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TERESA LUDOVICO

UN INCONTRO, UNA VITA


teatro imprevisto turbi la decorosa serenità e armonia di spirito associata alla cerimonia stessa”. Il rito del the è, secondo Teresa Ludovico, un culto fondato sull’adorazione del bello tra i fatti non sempre limpidi dell’esistenza; è l’adorazione dell’imperfetto, in quanto è un vago tentativo di realizzare qualcosa di possibile in questa cosa impossibile che è la vita, esprimendo al massimo tutto il senso della filosofia di questo popolo. Un popolo che la regista barese, dal 2011 anche direttrice artistica del Kismet OperA, uno dei teatri più innovativi della nostra regione, conosce molto bene dato che da ben dodici anni porta in questa terra i suoi spettacoli, primo fra tutti Bella e Bestia, riscrittura della celebre fiaba, collaborando con il Setagaja Public Theatre e con lo Za Koenj Public Theatre. Una terra alla quale si era già avvicinata attraverso la pratica delle arti marziali come l’aikido, ma che poi, frequentandola sempre più spesso, le ha regalato la visione più completa e vera dell’atto teatrale. Ma anche della vita. Infatti Teresa ha fatto sua una teoria della relatività, propria della cultura giapponese, che non solo non pone l’uomo

al centro dell’universo, ma insegna a tutti a non porsi come un essere assoluto, con i suoi torti e le sue ragioni, bensì sempre in relazione con l’altro da sé che è inteso come persona ma anche come cultura diversa dalla propria. “Ogni atto della nostra vita è unico, assoluto, irripetibile: così è nel teatro, dove una pratica ordinaria viene portata all’estrema perfezione. Così è nella cerimonia del the e così è nella dottrina dei samurai il cui motto è un incontro, una vita. In teatro – aggiunge Teresa – anche se ripeti lo stesso spettacolo ogni sera, uno non è uguale all’altro perché in scena non c’è solo la rappresentazione ma vi entrano elementi quali l’ambiente, anche quello esterno, e lo spettatore”. Tutto questo secondo la regista, allena quotidianamente alla profonda conoscenza del proprio essere, ma è anche un allenamento alla morte, in quanto la via del teatro, oltre a essere molto impegnativa, rappresenta un continuo esercizio spirituale verso la comprensione della fine: quella che accompagna ogni sera il chiudersi del sipario e quella del saluto della compagnia all’ultima rappresentazione. Una fine che Teresa vive ogni volta come una vera e profonda lacerazione. Cosa ha comportato, invece, nella vita di Teresa la “carica” di direttrice del Teatro Kismet, che riveste dal 2011? “Sicuramente essere più presenti

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nel territorio, anche se adesso il mio lavoro si divide tra Bari e l’Inghilterra. E anche una sfida: quella di capire che cosa posso portare agli spettatori. Curo l’intera stagione teatrale del Kismet come se fosse uno spettacolo, come una grande regia. Quest’anno il nome dato alla stagione è Rigenerazione, che contiene nel suo significato l’antico con una promessa di nuovo. La rigenerazione porte sempre con sé il peso del passato e della tradizione, ma anche una capacità di rinnovamento. In tal senso c’è una perfetta osmosi tra teatro e società, ed è il primo a farsi carico del disequilibrio per incontrare il pubblico. Riguardo, poi, la costruzione della stagione teatrale, il mio è uno sguardo artistico piuttosto che organizzativo. Le compagnie che si susseguono sul palcoscenico del teatro sono maestri, ma sempre innovativi nel linguaggio, così come gruppi composti da giovani che stanno rinnovando il teatro stesso. Del resto

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questo è stato sempre l’obiettivo di un teatro come il Kismet: coltivare il proprio pubblico e farlo interagire. Così, per tradizione, alla fine della prima si svolge sempre Extra, un incontro con gli artisti nel foyer, una sorta di conversazione coordinata dal critico teatrale Nicola Viesti tra attori e pubblico”. Qual è la funzione del teatro oggi? “Il teatro oggi deve essere attento e sveglio, presente e pronto a cogliere i segni del presente e a elaborarli. L’atto teatrale deve servire a condividere le domande, mai a offrire risposte. E’ un processo creativo che non dà soluzioni. Questo è il miracolo dell’arte, misterico e misterioso, in quanto non si può spiegare. Si può solo riflettere sul suo essere rituale e aperto: un atto al quale partecipare con tutti i sensi spalancati per lasciarsi penetrare dalle domande del mondo esterno, rielaborandole per poterle condividere con il pubblico. In questo sta la sua forma più pedagogica, quella che da anni il

Kismet segue attraverso i propri progetti speciali sul sociale come il Festival Io sono diverso e tu?, dedicato alle disabilità, e i laboratori con i ragazzi del carcere minorile Fornelli di Bari”. L’intervista è finita e il nostro incontro si chiude sulla porta con Teresa che mi chiede: “Sai cosa significa kismet in sanscrito?”. Ammetto la mia ignoranza e le rispondo di no, attendendo la risposta. “Buon destino, buon incontro – mi risponde – ed è l’augurio che rivolgiamo a tutti coloro che vengono da noi o incrociano la loro vita con il nostro teatro. Sono parole antiche, il cui significato viene da lontano e conduce con sé sempre un dono”. E chiudendo la porta alle mie spalle, mi dice: “buon cammino Rosalia”. Grazie Teresa, credo che il nostro sia stato davvero un buon incontro. Rosalia Chiarappa © riproduzione riservata


musica

IVAN IUSCO

Il senso della musica

© olga diasparro

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van Iusco è sicuramente uno che le idee chiare le aveva fin da piccolo. E comunque a soli diciassette anni, nel 1987, fonda la sua etichetta discografica Minus Habens Records. Impresa certo non facile in una città come Bari non proprio “tagliata” per chi come Ivan voleva fare della musica il suo mondo. Ma lui è tenace quanto capace e, in pochi anni, si guadagna nel resto d’Italia ma anche all’estero, una posizione di rilievo nel panorama della musica indipendente, che gli permette di coinvolgere nella sua piccola etichetta i grandi nomi dell’elettronica e della sperimentazione. Gente del calibro di Brian Eno, Aphex Twin, i Depeche Mode, i Thievery Corporation, Angelo Badalamenti, William Orbit, Laurent Garnier, i Cabaret Voltaire, Clock DVA, James Hardway, Llorca, Kevin Yost. Roba non da poco, insomma… E’ del 1999 la sua prima esperienza cinematografica, quando compone la colonna sonora del film “Lacapagira” diretto da Alessandro Piva, che riceve il premio per la miglior colonna sonora

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al festival di Valencia nel 2000. Nel 2003 ottiene la nomination per la miglior colonna sonora ai Nastri d’Argento per le musiche del film “Mio Cognato”, sempre di Alessandro Piva. Ha collaborato anche con il regista Sergio Rubini, scrivendo il tema principale del film “L’Anima Gemella” (2002) e la colonna sonora de “L’Amore Ritorna” (2004). E il 2012 è stato un anno piuttosto impegnativo dato che ha composto le colonne sonore di “Da Che Parte Stai” di Mario Bucci, Pierluigi Ferrandini, Francesco Lopez e “6 Sull’Autobus” di Rita De Donato, Irene Di Lelio, Simone Dante Antonelli, Giacomo Bisordi, Emiliano Russo, Antonio Ligas, prodotto dall’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico e presentato a Venezia in occasione della 69a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. “Water” è il titolo del primo album solista di Ivan Iusco non legato al cinema, in cui sono presenti contaminazioni tra mondi musicali in apparenza distanti e molti ospiti tra cui la cantante austriaca Betty Lenard, il rapper statunitense NavVii, il violinista Pantaleo Gadaleta dell’Orchestra della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli di Bari e il chitarrista Luciano D’Arienzo della band Vegetable G. Compositore e produttore discografico: più uno o più l’altro? La composizione e la produzione discografica si sono radicate l’una

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nell’altra fin dagli esordi. Del resto, nel 1987, il primissimo titolo uscito per Minus Habens fu proprio un mio album in formato cassetta. Dopo venticinque anni, centinaia di pubblicazioni discografiche e numerose colonne sonore, la pubblicazione del libro “Minus Habens eXperYenZ” esplora in lungo e in largo entrambi i volti della mia attività attraverso i contributi di artisti e professionisti con cui ho collaborato. Fra le 224 pagine ci sono testi di Sergio Rubini, Alessandro Piva, Luca De Gennaro (direttore artistico di MTV) e tanti altri che ripercorrono la storia dell’etichetta e le esperienze vissute insieme. In questo lungo percorso, sono riuscito a far convivere in modo armonioso le dimensioni di compositore e produttore discografico conciliando, a volte anche con sacrifici notevoli, energie, risorse e tempi diversi. Da cosa trai ispirazione per comporre le tue musiche? Quando lavoro per il cinema è necessario conoscere il regista, il suo mondo e ciò che intende comunicare attraverso il suo film. Altrettanto importante è la lettura e lo studio approfondito del soggetto e della sceneggiatura. Ma mi è capitato a volte di essere coinvolto durante il montaggio del film. In questi casi sono le stesse immagini ad evocare interi mondi musicali. Si tratta di un lavoro che nella fase creativa non si avvale di regole o schemi logici, ogni composizione

nasce in maniera diversa e secondo processi quasi sempre inafferrabili. L’ispirazione giunge in modo inaspettato ed imprevedibile. È questo il suo fascino. Una voce, un suono, un ricordo, uno spavento, un bacio, la scena di un film, un sogno, un elettrodomestico oppure il silenzio. Potenzialmente qualsiasi cosa può scatenare un processo creativo. Oltre a scrivere colonne sonore originali per il cinema, componi anche per la televisione, la pubblicità e la videoarte. La domanda è d’obbligo: hai tempo per tutto? Anche per una vita privata? La mia vita privata è spesso pesantemente travolta e sconvolta dal lavoro e le sue scadenze. Preservarla non è mai risultato semplice! Uno dei tuoi primi ricordi musicali è… Non ho dubbi: “Giù La Testa” di Ennio Morricone. È un brano che da bambino ha “svegliato” la mia percezione. Da quel momento in


© marco spagnoli

©olga diasparro

musica

avanti non ho più smesso di ascoltare con particolare attenzione le colonne sonore. Musica strumentale con peculiarità sempre diverse. Fra le colonne sonore ho scoperto compositori eccezionali e musiche inaspettate, sorprendenti… La colonna sonora costituisce il sottobosco di un film, in cui la musica e i suoni dialogano con la coscienza di chi guarda. C’è una differenza tra scrivere musica per il cinema oppure per un proprio progetto come “Water”? No, nella fase compositiva embrionale non esiste una differenza sostanziale. Invece la successiva lavorazione è totalmente diversa. Il cinema offre la possibilità di sviluppare e articolare temi musicali aderenti al carattere di un attore o ai tratti di una vicenda e questi stessi temi possono essere declinati in modi differenti seguendo l’evoluzione narrativa della pellicola. È un lavoro incredibile che può elevare

in modo inatteso il fascino di un film. Mentre comporre musica per progetti propri permette di esprimersi in libertà assoluta. Sono percorsi diversi ma entrambi bellissimi. Parlaci più a fondo di questo tuo lavoro, a partire dal titolo: come mai water, acqua? L’acqua è un elemento naturale con caratteristiche straordinarie. Viviamo i nostri primi nove mesi di vita immersi in questo liquido ed è l’elemento di cui è composto il corpo umano per oltre il 70%. Anche il nostro pianeta è ricoperto d’acqua nella stessa percentuale. Una coincidenza che potrebbe far riflettere sui profondi legami con il pianeta. L’acqua trasmette pace e purezza ma al tempo stesso può essere vettore di inquinamento o risultare distruttiva e devastante, pensiamo ad un’inondazione o uno tzunami. Il mio album “Water” uscito pochi mesi fa è molto eterogeneo. Include tre episodi orchestrali sicura-

mente connessi alle mie esperienze cinematografiche, tre brani cantati dalla bellissima voce dell’austriaca Betty Lenard e altrettanti brani aggressivi e notturni in cui imperversa la voce del rapper Nav-Vii di Atlanta. Mondi musicali diversi che in quel periodo ho desiderato coniugare in una sorta di scontro fra correnti, fenomeno frequente nei mari di certe aree geografiche. E ora parliamo dell’Ivan di tutti i giorni. Il tuo peggior difetto? Abbiamo qualche pagina in più per parlarne? Uno su tutti l’ansia da non poter concretizzare un’idea nella stessa forma in cui si è manifestata nella mia mente. Non di rado riverso quest’ansia sulle persone a me più vicine mettendo a dura prova la loro soglia di sopportazione! Rosalia Chiarappa © riproduzione riservata

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INTERVISTA A DANIELA MAZZACANE

foto di Enzo Selicato

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vrebbe dovuto essere un’intervista a Daniela Mazzacane, giornalista del TGNorba24 e conduttrice/autrice di TGPrima in onda su Telenorba7, ma soprattutto uno dei volti più noti del canale televisivo pugliese. L’occasione dell’incontro, che avviene presso il salone di Eleonora Gentile a Conversano, città in cui ha sede l’emittente televisiva, è la prima delle interviste realizzate in “presa diretta” fra casco e phon. Infatti, con questa a Daniela, si inaugura un nuovo modo di presentare e far conoscere ai lettori di am apuliamagazine, uomini e donne che hanno legato il loro nome al nostro territorio in un contesto diverso e divertente. Facciamo nostra, insomma, la “tradizione” delle confidenze al parrucchiere, per scambiare due chiacchiere e farci raccontare in modo meno ingessato chi sono e cosa fanno i nostri personaggi. Iniziamo con Daniela, dunque. Si diceva all’inizio che avrebbe dovuto essere un’intervista, fatta di domande e di risposte: è diventata la registrazione, divertita e complice, di un incontro dominato dalla simpatia e dalla voglia di raccontarsi semplicemente, senza schemi e senza regole. L’appuntamento è nel “regno” di Eleonora Gentile, profumato e colorato mondo dei capelli, tra poltrone in pelle bianca, musica in sottofondo, flaconi colorati sugli scaffali, allineati in perfetto ordine. Tutt’intorno si respira dinamismo sincretico tra lei, Roberto che segue tutto con occhio discreto dal desk all’entrata, e Ilaria che si occupa delle clienti tra lavaggio e phon.


Così, mettendo le nostre teste nelle sapienti mani di Eleonora, cominciamo, tra uno shampoo e un massaggio al cuoio capelluto. Com’è nata la passione di Daniela per la tv? E’ nata casualmente, il cinema e la tv sono stati sempre nel mio inconscio. Anche se poi tutto è successo per caso, attraverso un semplice provino al quale sono approdata grazie a un amico che conosceva i dirigenti di Telenorba. Dopo sei mesi sono stata scelta per sostituire Stefania Rotolo, all’epoca in dolce attesa. Da allora ho fatto mia la telecamera e ho cominciato ad affacciarmi in questo mondo sino a quel momento completamente sconosciuto per me, quello del giornalismo. Da ben 11 anni mi occupo della conduzione del tg che va in onda ogni giorno. Poi, la mia passione per la moda e il glamour mi ha spinta a trasformare il mio lavoro. E così ho cominciato a pensare a una formula più virata verso il “rosa”, lo spettacolo, la moda, le nuove tendenze, ogni tipo di curiosità. E’ nato quindi TGPrima, molto seguito dai telespettatori che sentono la passione e l’amore con i quali faccio il mio mestiere. Dico sempre che è un po’ come quando prepari le torte: se le fai con amore riescono bene, se no…

Ora, però, vorremmo conoscere meglio la Daniela del quotidiano, non solo la conduttrice davanti la telecamera… La Daniela del quotidiano ha un unico cruccio, quello di non avere mai abbastanza tempo da dedicare alle persone più care, alle mie due figlie, Donatella che studia Giurisprudenza a Bari e Francesca che ha conseguito il diploma al liceo classico. Soprattutto loro, mi hanno spesso rimproverato di star poco in casa a causa di un lavoro che mi ha sempre assorbito molto impegnando gran parte delle mie giornate. Mi piace molto viaggiare, ma anche in questo caso mi penalizza il poco tempo a disposizione. La tua paura più grande? Restare chiusa in ascensore! Il tuo libro sul comodino? Sinceramente non riesco più a leggere come facevo una volta. Ma mi hanno regalato un libro che ora è sul comodino: “Il successo ti sta cercando, non ti nascondere”. Lo scrittore che amo di più è Coelho, per la sua capacità di introspezione e il suo stile poetico, ma al tempo stesso realistico. La tua passione per Marilyn Monroe è nota. Ma tra le attrici di ora qual è la tua preferita? E’ un’altra attrice americana, una sorta di icona come lo è stata Marilyn ai suoi tempi: Sharon Stone.

Tre parole per descriverti. Tenace, sensibile, generosa. Devo la mia tenacia non solo al carattere, ma anche ad anni di danza classica che lo hanno forgiato. Sono molto generosa con le persone alle quali voglio bene e mi offro sempre di aiutarle se posso. La mia sensibilità, invece, mi ha portato a diventare testimonial degli spot dell’Adisco (Associazione Donatrici del Sangue Cordonale), nella campagna di sensibilizzazione per la donazione del cordone ombelicale. Prima di salutarci, chiedo a Daniela qual è il segreto della sua invidiabile forma. Lei mi risponde dicendomi che nell’ultimo anno ha raggiunto elevatissimi gradi di benessere sia fisico che psicologico grazie a una sana alimentazione. E aggiunge che, attraverso le pagine di am apuliamagazine e tramite questa piacevole chiacchierata, vuole inviare un messaggio a tutti. “Curare l’alimentazione è fondamentale. Avevano ragione gli antichi romani quando parlavano di mens sana in corpore sano. Abbinando il mangiar sano a un’attività fisica si ottengono risultati straordinari che non è difficile mantenere nel tempo”. Rosalia Chiarappa

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la voglia matta di ricominciare F

lavia Pennetta è stata la prima tennista italiana a essere riuscita a entrare nelle Top Ten della classifica mondiale WTA Tour il 17 agosto del 2009, ma l’azzurra ha preferito non partire per l’Australia. Dopo l’inter-

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vento al polso destro, perfettamente riuscito, ha ripreso a giocare e a “tirare forte”, come dice lei, ma la voleé di rovescio ancora non va e quindi niente Open di Australia. E di questa pausa forzata approfittiamo per intervistarla. Da dove nasce questa grandissima passione per il tennis che ti porta a girare il mondo continuamente per


sport tornei internazionali? Gioco a tennis da quando sono bambina. Mio padre mi ha messo in mano una racchetta all’età di 5 anni, e da allora la mia vita ha iniziato a ruotare intorno al tennis, tra scuole e tornei. Aerei, auto, spogliatoi e ancora aerei, alberghi, auto e spogliatoi, non soffri la solitudine? E’ normale che capiti di sentirsi soli ogni tanto, capita a tutti e non solo se giri il mondo e sei lontano da casa, per questo benedico il cellulari! Ma ci sono anche posti dove ormai mi sento a casa. Che cos’è più importante la vittoria o la perfezione del gesto? Sicuramente e’ importante il risultato, ma migliorare tecnicamente e’ fondamentale, se non si migliora giorno dopo giorno le vittorie non arrivano piu’! Cosa hai imparato dalle sconfitte? Che sono sempre dietro l’angolo, quando meno te l’aspetti; ma sanno essere anche un ottimo punto per ripartire. La più grande soddisfazione sportiva. Essere la prima italiana a entrare nella Top 10 mi ha reso molto orgogliosa e ho uno splendido ricordo della vittoria sulla Zvonareva agli US Open. Annullai 6 match point, ed il pubblico era entusiasta. Quando ti incavoli “sbotti” in dialetto pugliese, è vero? Il tuo legame con la Puglia, la tua terra natìa e il piatto tipico che ti manca di più quando sei all’estero.

Beh, diciamo che qualche volta scappa qualche parola in dialetto… sono pur sempre brindisina! Non sono tanto i piatti che mi mancano ma la cucina pugliese in generale, se poi è quella di mamma ancora di più! Mi prepara delle lasagne alla parmigiana… Qualcuno che vorresti ringraziare particolarmente per esser diventata quella che sei. Ce ne sarebbero diverse… I miei genitori senza dubbio. Se non ci fossero stati loro la mia passione per questo sport non sarebbe stata la stessa.

La vita e le passioni al di fuori del campo da tennis. Quando ho qualche momento o giorno libero mi piace prendermi cura di me: rilassarmi, vedere e sentire le persone più care e fare shopping. Il proposito per il 2013 di Flavia Pennetta. Ho una voglia matta di rientrare a giocare, di respirare di nuovo l’aria dei tornei. Linda Cavallo © riproduzione riservata

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I

ncontro in una fredda mattina di dicembre Michele Boccardi. Basta una semplice domanda a far fluire le sue mille idee sulla gestione di Villa Menelao e del ristorante Menelao a S. Chiara che lui intende soprattutto come luogo di accoglienza; non a caso ha scelto, per

il ristorante, un palazzo del centro storico di Turi di fronte alla chiesa di S. Chiara, la cui connotazione su diversi livelli, facilita la naturale esigenza di privacy dell’ospite anche quando il ristorante è in overbooking. Michele sottolinea

MENELAO A SANTA CHIARA

luoghi e sapori

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l’importanza del servizio che cura personalmente insieme al suo team altamente professionale. “… Bisogna dare, dice, dignità ai ruoli dei collaboratori mettendoli in condizioni di esprimersi al meglio e contribuire al successo del gruppo…” e sull’idea del gruppo torna quando parla dell’importanza di avere una piattaforma alimentare per agevolare il settore ristorazione abbattendo i costi e creare un indotto che possa permettere alla regione Puglia di decollare. Ed è questo uno dei motivi per i quali ha deciso di entrare in politica e diventare consigliere regionale. Laureato in Econo-

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mia, master in marketing, Michele Boccardi a Torino ha fatto le sue prime esperienze nel commerciale; da Turi a Turin e ancora a Turi perché è tornato presto al paese e ha trasformato l’azienda agricola di famiglia in una prestigiosa villa per ricevimenti. Cominciando senza avere alcuna esperienza nel settore matrimoni, nel corso degli anni, ha saputo con la sua visione manageriale e il prezioso aiuto dei suoi genitori e di sua sorella, consolidare la sua attività attraverso la ricerca della qualità e la cura dei dettagli. L’ambiente del ristorante è elegante e raffinato, le pareti sono in pietra a vista,

nude, riscaldate dai toni scuri e caldi del legno, e da grandi pannelli di fiori che variano a seconda della stanze; pochi i tavoli apparecchiati con gusto e semplicità, con porcellane dal designer minimalista e candele che emanano una luce soffusa, intima,e rendono il luogo ideale per trascorrere del tempo piacevolmente coccolati. Si mangia prevalentemente pesce, si apprezza il crudo freschissimo di mare: i ricci, gli scampi, le violette di Gallipoli, le ostriche cadoret e le noci bianche di Manfredonia. Delicatissimo il carpaccio di baccalà con cialda di farinella di ceci e gelatina all’arancia, golosi e leggeri i tortini di verdure come quello di cicoriella su crema di mortadella. E che dire del delizioso cestino con pane tigrato con pastella di riso , panbrioche al seme di finocchio, pane di semola e speck, filoncino alle acciughe, crakers all’origano… preparati dallo chef! Lo chef… parlo di Gaetano Servidio, che ha cominciato la sua carriera giovanissimo affiancando lo chef di Michele Boccardi. A vent’anni, andato fuori a far esperienza, ha lavorato con chef importanti: Gennaro Esposito, Carlo Cracco, Sergio Mei e Umberto Vezzoli. Al termine del suo tirocinio, ha ritrovato a Villa Menelao il luogo ideale per esprimere la sua creatività e nel ristorante, oggi, lavora con la sua


Risotto con chiodini e guanciale croccante

Chef Gaetano Servidio

brigata: Vito Ventrella e Felice Mirizio. I primi piatti offrono una vasta scelta tra mare, dettato spesso dal pescato, e terra, determinata dagli ortaggi di stagione. Dalle classiche orecchiette fresche confezionate dalle mani della nonna di Gaetano accompagnate da funghi cardoncelli e crema di ricotta, al risotto con astice al profumo di limone e semi di finocchio, dai cappelletti ripieni di cicorie su crema di fave e pomodorino ai mezzi paccheri con ragout di pescato, pistacchi e crema di prezzemolo. Intatto il sapore che la meringa di sale ci restituisce della spigola di mare, cotta altrimenti confit in olio nero alle olive servita con purè di patate sifonato. Per chi invece preferisce la carne, divertente per il contrasto, il filetto di vitello podolico cotto e crudo con mele e funghi cardoncelli o la classica fiorentina di razza chianina molto richiesta. Per finire, la crocchetta alla nocciola con salsa di mango e gelato allo yogurt è un peccato di gola al quale non si può resistere, o la tarte tatin al cioccolato caldo e salsa alle mandorle o ancora una soffice crema al limone con olio alla liquirizia e caramello all’anice stellato, pure delizie per il nostro palato! Mara Giorgio © riproduzione riservata

luoghi e sapori

Ingredienti per 4 persone: 240 gr. di riso carnaroli o vialone nano 200 gr. di funghi chiodini 180 gr. di guanciale tagliato a cubetti 100 gr. di burro 80 gr. di parmigiano reggiano 1,5 lit. di brodo vegetale 1 spicchio di aglio 1 cipolla bianca o scalogno 50 gr. di vino bianco secco Procedimento: Mondare e pulire i funghi chiodini e trifolarli in una padella con olio e uno spicchio d’aglio. A cottura ultimata, mettere da parte. In una pentola più larga rosolare la cipolla o scalogno finemente tritato, aggiungere il riso e tostare con qualche cubetto di guanciale, bagnare con vino bianco. Aggiungere il brodo vegetale ben caldo e portare a cottura al dente. In un’altra padella rosolare i restanti cubetti di guanciale senza aggiunta di grassi fino a quando diventano croccanti. Colare il grasso in eccesso e porre in un posto caldo. A fine cottura del riso aggiungere i funghi precedentemente trifolati e lasciare riposare per qualche istante. Mantecare il risotto con burro e parmigiano. Disporre il risotto nei piatti e aggiungere il guanciale croccante sopra e decorare a piacere.

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A’ CR’JANZ L’OSTERIA CON L’ANIMA S

tefano D’Onghia e Rino Barletta sono due vecchi amici che si sono ritrovati nella progettazione di un sogno. Rino, dopo studi d’ingegneria, ha acquisito un’esperienza ventennale amministrando una sala ricevimenti poi è diventato anche sommelier; Stefano era nel campo dell’abbigliamento e, in seguito, ha deciso di imparare a cucinare prima presso amici come Antonella Ricci, poi frequentando l’Accademia dell’Alma di Gualtiero Marchesi. Pur provenendo da strade diverse avevano un’unica vocazione: “un locale semplice che fosse il nostro abito” con una cucina di casa, tra-

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dizionale che rivalutasse i prodotti tipici, slow food e a km zero e le eccellenze dei vini di Puglia, nonché qualche birra artigianale. Così è nata A’CR’JANZ, in un posto delizioso quasi magico che rimane defilato pur essendo nel centro di Putignano, a cui si accede tramite un’antica scalinata che sconfina in un prato incolto che, nei desideri dei due amici, dovrebbe divenire un orto didattico. Mentre sto curiosando mi portano tanti antipasti sfiziosi, osservo dei piccoli quadri sulle pareti che incorniciano le portate appetitose e generose preparate dallo chef, un tuffo nella storia: orecchiette al

ragù di braciole d’asino, cavatelli con ceci neri dell’alta Murgia, cicorie e fave con cipolla d’Acquaviva, le rinomate zuppe e nei secondi, il filetto di maialino croccante, lo stinco brasato; per dolce ho apprezzato una deliziosa mousse di ricotta e pere con riso soffiato gianduia e mandorla di Toritto. Sulla parete di fronte all’ingresso il menù del giorno fa bella mostra di sé su una lavagna, raccontando i piatti suscitati dall’offerta del mercato. Intorno, nelle due salette, i tavoli sono apparecchiati allegramente con piatti decorati e bicchieroni colorati. Nei muri alcune nicchie con


luoghi e sapori do insaporito da carota, cipolla e cicoriella selvatica, si allarga e si gonfia formando una catena più grande e saziando. Oggi lui porta in tavola ancora un boccaccio con la farinella così i suoi ospiti possono mischiarla al ragù e apprezzarla in tutta la sua bontà. Dalle parole di Rino e Stefano si evince la passione che pro-

fondono nel loro impegno e la loro più grande soddisfazione è nella gratificazione che ricevono da parte dei clienti-amici. Mara Giorgio © riproduzione riservata

Le fotografie sono di Giuseppe Barretta

le ceramiche e mensole a dispensa con vini e prodotti pugliesi, fanno respirare l’aria accogliente di casa. In quest’aria vengono raccontate le storie legate ai piatti come quella della farinella di ceci, un piatto povero, ma ricco di sostanza perché come continua Stefano contiene proteine, amidi e zero grassi, e l’amido è come una grossa G che nel brodo cal-

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N

ormalmente, quando si parla di terra si è abituati a pensare al passato, a qualcosa di superato dal progresso, talvolta ad arretratezza: oggi vogliamo parlare di una persona per la quale la terra è sinonimo di futuro e di progresso Francesco De Napoli, barese, una vita passata nel mondo del commercio e della moda scalandone tutti i gradi - oggi è il rappresentante della Benetton per la Puglia e Basilicata -, ma che da qualche tempo ha fatto una scelta radicale. “Ho viaggiato in tutto il mondo, sostenendo ritmi frenetici, lavorando senza sosta per potermi realizzare imprenditorialmente, ma alla fine ho avvertito la necessità di staccare, almeno parzialmente, la spina e tornare a riscoprire i valori più autentici dell’esistenza, cercando di attribuire il giusto valore a ogni cosa e condurre una vita a misura d’uomo. Finalmente ho trovato questa oasi: Terre di San Vito, dove mi rifugio ogni fine settimana per tirare un po’ il fiato con la mia famiglia. E’ un omaggio, oltre che nel nome, anche nel logo, alla meravigliosa Abbazia di San Vito, uno degli elementi più caratteristici di Polignano”. Siamo poco all’interno di quella perla che è Polignano a Mare, la giornata è splendida e il padrone di casa ci accoglie mostrandoci, con giustificato orgoglio, la sua creazione. La tenuta “Terre di San Vito”, in contrada Rascinuso, si estende per circa 43 ettari tra uliveti secolari, vitigni di recente impianto e aree destinate 54

TERRE DI SAN VITO RITORNO AL FUTURO


aziende

alla famosa “carota (o bastinaca) di Polignano”, straordinario esempio di biodiversità salvato dall’estinzione e oggi Presidio Slow Food. Francesco ci conduce quasi per mano lungo il percorso della sua azienda partendo dagli uliveti: seimila piante, tra cultivar Coratina, Frantoio, Leccina, Cima di Melfi e Pesciolen, per dare vita a un prodotto certamente di nicchia e che non teme confronti. “Le olive - spiega De Napoli - vengono raccolte a mano, spremute e a freddo in giornata e a filo continuo, senza alcuna aggiunta di solventi e senza subire processi di riscaldamento. Non è un caso che questo capolavoro, elegantemente confezionato in colorate bottiglie di ceramica di Grottaglie, sia finito sulle tavole di Buckingham Palace...”. Come non condividere l’orgoglio di Francesco? Proseguiamo nella passeggiata, sotto uno splendido sole invernale, arrivando là dove si allineano, con impressionante e geometrica regolarità, le piantine di “Carota di Polignano”. Siamo in periodo di raccolta. Francesco si avvicina alle piante, si china e, con inaspettata confidenza, estrae dalla terra una carota, tutta ancora intrisa di terra. Dimensioni medio grandi, succosa, croccante, a pasta granulosa, particolarmente saporita: è il segreto dei terreni, vicini al mare, sui quali viene coltivata e del fatto che essi vengono irrigati con acqua salma-

stra, a garantirne la sapidità. Sgranocchiando la carota, arriviamo ai vigneti: giovani e con una resa per ettaro davvero limitata, allo scopo di privilegiare la qualità a dispetto della quantità. Le etichette prodotte da “Terre di san Vito” sono, allo stato, soltanto quattro: Vescovo (l’etichetta di punta, 70% Malbec e 30% Cabernet Sauvignon), Più Vino rosso (100% Malbec), Più Vino bianco (50% Sauvignon, 50% Chardonnay) e Mosì (un rosato 50% Nero di Troia e 50% Bombino Nero). “L’etichetta di maggior prestigio è il Vescovo, caratterizzato dalla prevalenza di Malbec, un vitigno bordolese, oggi poco diffuso. E’ un rosso intenso già nel colore, ricco di tannini e di sostanze aromatiche; ciò è anche dovuto al particolare sistema di coltivazione che non prevede impianti di irrigazione (sistema di coltivazione in asciutto). Grazie alla poca acqua, la pianta sviluppa pochi grappoli dall’alta concentra-

zione di minerali: solo i migliori verranno utilizzati per la vendemmia”. Dall’entusiasmo con cui ci parla e dall’amore che traspare dalle sue parole, è facile intuire anche la radice della filosofia dell’Azienda: “Produrre con lentezza”. Una parola, al mondo d’oggi! Eppure, il segreto del successo di “Terre di San Vito” sta proprio qui, in queste tre parole: vuol dire rispettare la natura, seguirne i ritmi, affinché si raccolgano i frutti migliori. Conclusione del visitatore? Abbiamo avuto la netta sensazione di trovarci di fronte a un uomo che crede fermamente in quello che fa e che lo ama, poiché, evidentemente, è in quei valori che ritrova la propria identità e le proprie radici. Francesca de Leonardis © riproduzione riservata

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na ventata, anzi un autentico uragano di innovazione e di giovinezza nel mondo agro alimentare: è “Agricola del Sole”, un’azienda agricola sorta nel 2010 in quel di Corato a opera dell’ultima generazione della famiglia Casillo e fortemente vocata alla valorizzazione delle più autentiche genuine espressioni della Murgia nord barese. Tra le numerose attività di cui si occupa “Agricola del Sole” vi è quella relativa alla produzione vinicola, della quale vogliamo parlare oggi poiché rappresenta il ramo nel quale maggiormente si esprime la innovazione, sia tecnologica che generazionale, dell’impresa. I vigneti dell’azienda occupano una superficie di 27 ettari (tutti ricompresi nell’area del Parco Nazionale dell’Alta Murgia) e sono tutti disposti in modalità “filare”. Presentano una invidiabile esposizione al sole e si estendono su alcune delle aree qualitativamente più vocate alla viticoltura. Al mio arrivo in azienda, vengo accolta da Pasquale Cinone, Amministratore Unico della s.r.l., il quale, dopo un breve excursus sulla

nascita dell’azienda (il cui motto, ricorda, è “Una società giovane fatta di giovani”), mi affida all’enologo Saverio Menga, deus ex machina della Cantina. Trentanove anni, un solido background come allievo del prof. Luigi Moio (con il quale ha collaborato per ben 9 anni) che - ci confida - “mi ha regalato l’Arte”, dal quale ha anche ereditato la non semplice capacità di trattare i vigneti e i vini della Murgia, arida e pietrosa. “Più che enologo - continua Menga - mi sento contemporaneamente un guardone, inteso come osservatore attento, e un operatore della vigna. Lo considero l’atteggiamento più corretto e più lungimirante che l’enologo possa tenere nel fare il proprio lavoro. La bottiglia, infatti, è solo l’ultimo risultato di un anno passato, con cura e puntiglio, fra vigna e cantina. Nell’enologia nulla si improvvisa”. “Un ruolo estremamente importante in azienda è stato svolto dal prof. Luigi Tarricone, che ha dato un contributo decisivo al ramo enologico di Agricola del Sole, assicurando quelle certezze delle quali gli investi-

menti d’impresa avevano assoluta necessità”. Va necessariamente premesso che, per tutti i vitigni, la vendemmia è sempre rigorosamente manuale, la potatura è a Guyot e la densità di impianto non supera le 4.300 viti per ettaro. Quale è stata l’opzione seguita per individuare i vitigni da valorizzare e i vini da produrre? “La scelta decisiva è stata quella di puntare sulla selezione, evitando di disperdere energie e qualità per inseguire la quantità: sarebbe stata una strategia in contrasto con le ragioni per le quali è nata Agricola del Sole. Nessuna inflazione di produzione, ma una ristretta cerchia di vitigni e di etichette”. Conseguenza di questa scelta sono le 4 etichette prodotte: la prima rappresenta il vino di punta della Cantina, lo Jazzorosso, ottenuto da uve Nero di Troia 100 %, DOC Castel del Monte Nero di Troia. Si tratta di un vino ottenuto da filari in controspalliera, coltivati a 450 metri s.l.m., su terreni calcarei, i più indicati per questo vitigno. L’affinamento dura

NEL SEGNO DEL SOLE


circa nove mesi in barrique vergini di rovere francese, cui segue un periodo di almeno sei/otto mesi in bottiglia. Curiosa la genesi del nome: lo jazzo era il ricovero protetto e recintato per le pecore. “Avendo inteso puntare sul vitigno principe della Murgia, abbiamo utilizzato il termine jazzo per indicare un qualcosa che intendevamo proteggere e blindare, come ciò che stava dentro lo jazzo, riportato anche sull’etichetta”. Il secondo prodotto della Cantina è lo Spaccapietre, DOC Castel del Monte Rosso, ottenuto da un blend di Nero di Troia, Montepulciano, Cabernet e Aglianico. “Con Spaccapietre abbiamo inteso impreziosire la forza del Nero di Troia con l’apporto di questi altri tre uvaggi, oramai “nostri” a tutti gli effetti”. Non poteva mancare, in un’azienda pugliese, un Rosato: “Lo abbiamo chiamato Chiancarosa - continua Saverio Menga - ricavandolo da Nero di Troia e Montepulciano. Si tratta di una DOC Castel del Monte Rosato, le cui uve vengono vendemmiate rigorosamente tra fine settembre e inizio di ottobre e affinato per almeno 5 mesi in acciaio”. Last but not least giunge il bianco di casa: si tratta del Pozzovivo, DOC Castel del Monte Bianco, ottenuto da uve Chardonnay, Sauvignon, Bombino e Pampanuto. L’affinamento, in questo caso, dura almeno cinque mesi in serbatoi di acciaio inox. Qual è il futuro dell’Enologia, anche alla luce della grande concorrenza internazionale con cui ci si deve misurare ogni giorno? “Credo che siano due i piani su cui occorre lavorare: il primo è garantire un impegno costante, orientato a recuperare e personaliz-

zare la materia prima dal vitigno, lavorando sodo e a testa bassa secondo la triade Terra, Uomini, Pianta. Ma il secondo piano è di altrettanta rilevanza: si tratta di VINOLIBERO, una geniale intuizione di alcuni principi del mondo enologico italiano. E’ bastata una stretta di mano fra tredici produttori italiani per dare vita a questo progetto, ospitato da EATALY, che ha il fine ultimo di liberare il vino da concetti e preconcetti per dare vita a un prodotto, basato su di una nuova filosofia produttiva, libero da pesticidi, diserbanti, concimi sintetici e che contenga anidride solforosa in misura non superiore al 50% di quella massima consentita dalle attuali nor-

me vigenti. Il beneficiario finale di questo nuovo approccio culturale alla produzione enologica è il Consumatore e per Agricola del Sole il far parte di questo progetto rappresenta un motivo di grande orgoglio “. Sensazione finale? Una grande soddisfazione per aver visto nascere e affermarsi in così poco tempo un’azienda giovane e ricca di energie e idee sane, saldamente e orgogliosamente ancorata al suo territorio. Francesca de Leonardis © riproduzione riservata


Dove mangiare una buona pizza? In libreria da dicembre c’è Pizzaviaggiando 2013. La guida contiene oltre 100 pizzerie dalla Daunia al Salento dove mangiare la buona pizza dal cuore pugliese. 10 euro, nelle principali librerie di Puglia. www.pizzaviaggiando.it

PIZZA E...?

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arina, acqua, fuoco e magia. Se vi nominiamo questi quattro ingredienti, a quale prodotto pensate? Sicuramente ce ne sono tanti, ma uno è scolpito nel cuore degli italiani: tricolore, tonda, gustosa, con il nome di una regina… Sì, avete capito bene, parliamo della pizza. Incredibile invenzione sin dai tempi degli egizi, quando la lievitazione era una magia e le fornaie preparavano forme di massa di orzo e acqua che lasciavano crescere durante la notte per poi cuocere la mattina nei forni a pietra e farcirle in vario modo per il faraone. La pizza che apprezziamo ora nasce invece nell’800 a Napoli, prima nei banchetti per strada, dove le basi di pizze pronte venivano condite sul momento dai pizzaioli, e poi nelle pizzerie vere e proprie, quelle chiuse, con il forno a legna personale del pizzaiolo, con una lista di pizze e accoglienza al cliente.

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Da allora, la pizza si è radicata sempre di più nel nostro mangiar comune, ed oggi è uno dei piatti che più identifica l’Italia. Dalla classica Margherita a quelle d’autore con ingredienti ricercati, mangiare una pizza è un momento conviviale ma anche di gusto. E proprio per goderci ogni trancio e non ricordarlo per tutta la notte (una brutta pizza non è facile da digerire!), ricordiamoci le regole della buona pizza, per imparare a scegliere dove mangiarla. Osserviamo l’impasto e la cottura, la pizza non deve essere gommosa, la masticazione deve essere facile, guardandola non deve avere bruciature, né troppe bolle esterne, la massa interna deve essere ben cotta uniformemente. Le materie prime utilizzate devono “sapere di fresco”, la mozzarella mai gommosa né il pomodoro troppo acidulo. Per goderci al meglio una pizza, tutti gli ingredienti devono

Quando mangiamo la pizza non accontentiamoci di bere una cosa qualsiasi. Le pizze vanno abbinate in base alla loro farcitura. Non temiamo di chiedere il vino (pugliese e magari con vitigno autoctono) e se vogliamo invece restare sul più classico degli abbinamento, con la birra, scegliamo quelle artigianali di cui la nostra regione ha ottime espressioni.

essere amalgamati, riconoscersi ma non sembrare distinti uno dall’altro. D’altronde, con la grande biodiversità in ambito di materie prime che la Puglia offre, non è difficile per i nostri pizzaioli scegliere gli ingredienti migliori e donarci così un indimenticabile momento di piacere gastronomico. Insomma, riscopriamo la pizza non solo come “alternativa” del sabato sera con gli amici, ma rendiamolo un momento di alta cucina. Da oggi scegliamo la buona pizza. Alla pugliese. Manila Benedetto © riproduzione riservata


©Cosimo Lopalco

A tu per tu con Cosimo Lopalco , autore pugliese a londra

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ingraziandoti per la tua disponibilità, per aprire questa chiacchierata, ti chiedo di presentare il tuo libro “Tutto a posto tranne me”, in poche righe utili a far venir fuori - magari - aspetti non ancora emersi in altre interviste. È un romanzo che si interroga sul senso dell’identità individuale in relazione a una struttura sociale secolare, il Salento contadino, colto all’inizio (gli anni 80’) della sua fase di devianza criminale. Letterariamente è un” romanzo di formazione” che esplora i generi dell’”autobiografia” e della “confessione” e rivendica un uso, in chiave sociologica, del registro ironico che, per dirla con

Jankélévicth, “prendendo le distanze da tutto mette tutto sotto una giusta luce”. Da dove parte la tua scrittura: da un episodio, da una necessità, da una voglia di condividere? Nel film di Ang Lee, “Vita di Pi”, il protagonista, naufrago su una piccola barca che condivide con una tigre feroce, trova nella scrittura del diario di bordo una ragione per resistere, suggerendo un’idea salvifica di letteratura. È, anche questo, un film sulla precarietà dell’identità che rimanda al Rimbaud di “Je est un autre”. Come Foucault penso che si scriva “per non avere più un volto”, per perdersi in infiniti mondi,

ma anche per salvarsi, a volte da se stessi. La scelta di una copertina così asciutta e - direi - minimalista, rispecchia anche la tua scrittura o il tuo modo di essere? Conoscevo già Matè e i suoi disegni poetici, ironici e così ho chiesto all’editore di affidarle la copertina.Il ragazzo che frontalmente guarda il possibile lettore, dice tutto sulla spinta “confessionale zambraniana” che ispira il romanzo, ma soprattutto ci parla in modo ironico del rapporto tra scrittura e lettura. Questa volta ad essere guardato, letto, è il lettore stesso. In pochi schizzi Matè vendica generazioni di scrittori.

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Dalla tua biografia: “A 18 anni per noia scappa a Bologna”. Ti capita ancora di scappare per noia e - se sì - la scrittura è uno strumento che ti riporta dov’eri oppure ti fa andare ancora più lontano? Scappo sempre per noia, ma se salgarianamente la scrittura porti altrove o ti tiene inchiodato ad una sedia non lo so. Rimbaud andò così lontano da morirne, Whitman invece andò dappertutto ma non si allontanò mai. Se Godard diceva che “ìl cinema è il cinema”; si può allora dire che la letteratura è la letteratura e che gli unici andare o ritornare possibili avvengono al suo interno. Fuori c’è la vita vera, che è un’altra cosa. Tra Rudi e Mattia, protagonisti del tuo romanzo, si instaura un rapporto particolare e - a tratti - sorprendente per entrambi. Su cosa pensi che il lettore possa riflettere, una volta terminata la lettura del libro? Per tornare a Rimbaud, Mattia B., il ribelle passivo, e Il Cileno, il giovane criminale, per me sono la stessa persona: come il confuso naufrago Pi e la tigre feroce del film di Ang Lee.

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Sono, cioè, due possibilità dell’umano. Essere l’uno o l’altro dipende dal destino o, per dirla con Marx, dalla classe sociale. Se dovessi scrivere una storia dei nostri giorni, che titolo daresti? Mi piacerebbe scrivere “La fine del capitalismo”, ma immagino che in quella direzione si potrebbe soltanto riscrivere, male, il bellissimo “Winnie the Pooh”. Qual è la tua opinione della Puglia di oggi, non solo letteraria, da un punto di osservazione privilegiato di una città come Londra? C’è un gran fermento letterario, un po’ caotico forse, individualistico, ma si scrive e bene anche. Senza citare i già noti, si pensi alle poesie di Luciana Manco o al fulminante Stefano Zuccalà. Più in generale invece, la Puglia, nei miei sogni, la vedo come una di quelle case contadine imbiancate a calce con le volte a stella e le porte sempre aperte. È un sogno di armonia culturale del mondo contadino. Quando mi sveglio, vedo, però, che questa casa è stata demolita per far posto ad una casa anonima e fredda o peggio è

stata “ristrutturata” (orribile parola) secondo modelli consumisti. Lo spirito di un passato millenario viene svenduto ad una grossolana idea di modernità per una manciata di soldi. La bella casa bianca vitruviana si trasforma in un mostro che sta a metà tra un medioevo da telenovela e il catalogo di un centro commerciale. L’inutile diventa prioritario, si accolgono acriticamente modelli consumistici e la bellezza è alienata dall’umano, mortificata.

intervista di Vittoria Coppola

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eventi

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o scorso 30 novembre si è inaugurata al Must, il Museo Storico di Lecce, alla presenza della regista Lina Wertmuller, “Mustintime”, la mostra/evento permanente, che durerà ben quattro mesi, fino al 19 marzo, tra seminari e workshop in cui 20 artisti, impegnati nelle 6 arti protagoniste, faranno incontrare l’Antico e il Moderno e con eventi collaterali dedicati all’arte, alla cultura e al design. L’evento, organizzato dall’Associazione id&a e dal Must, curato dall’artista creativa Monica Righi in collaborazione con l’architetto Andrea Novembre, è promosso dal Comune di Lecce, con il patrocinio dell’Assessore al Mediterraneo, Cultura e Turismo della Regione Puglia. Ciao Monica, dunque siamo a metà dell’opera… La mostra/ evento MustinTime, ideata e organizzata dall’Associazione id&a e dal Must, Museo Storico di Lecce, e curata da te insieme all’architetto Andrea Novembre e al centro della quale c’è “il matrimonio fra arte

del fare e design” è giunta esattamente a metà del suo percorso temporale di quattro mesi. Dopo i moduli dedi-

cati all’arte del fare e design (dal 1 al 7 dicembre), alla musica (dall’8 al 21 dicembre), all’enogastronomia (dal

22 dicembre a domenica 6 gennaio) e all’editoria (da lunedì 7 a venerdì 25 gennaio), in cui siamo stati ospiti anche noi di am per presentare la nostra case history, si proseguirà con gli appuntamenti con la fotografia (da sabato 26 gennaio a lunedì 11 febbraio), la moda e il cinema (dal 12 febbraio all’8 marzo). Ci puoi fare un bilancio di questa prima parte del percorso di MustinTime? Prima di tutto vorrei ringraziarvi per l’ottimo lavoro che state facendo. Il vostro punto di vista al “femminile contemporaneo” mi entusiasma da quando avete deciso di intraprendere la vostra avventura editoriale che seguo dagli esordi. Per quanto riguarda invece la nostra avventura, MUSTinTIME, fare un bilancio ad oggi e’ ancora complicato e forse prematuro, poiche’ il lavoro collaterale alla mostra e’ sempre in evoluzione. Gli eventi legati alle tematiche che abbiamo affrontato nei

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2 mesi passati, infatti, hanno dato luogo al crearsi di nuovi eventi e proposte “estemporanee”(cosa che amo particolarmente), nuove idee e quindi collaborazioni workinprogress, che per questo mi fanno pensare che l’obiettivo che ci eravamo prefissati, in fondo, e’ gia’ stato raggiunto: creare sinergie, interazioni spontanee, idee nuove e nuovi punti di vista in un periodo storico dove la differenza/sopravvivenza la puo’ fare solo la creativita’, come ho voluto evidenziare all’interno del concept di mostra Uno dei sogni e’, invece, quello di assottigliare la linea di demarcazione che da sempre, per quanto riguarda la cultura, vi e’ tra privato ed istituzioni. Cosa che al contrario avviene in misura meno evidente in quasi tutto il resto d’Europa. E ci stiamo lavorando bene a quanto sembra. Noi di am, oltre che essere stati coinvolti per presentare una delle case

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history legate al mondo dell’editoria e per raccontare il nostro progetto editoriale tutto al femminile, siamo anche stati media partner dell’intera iniziativa. Puoi dirci il perché di questa scelta? La scelta di creare un percorso di mostra “permanente” per i 4 mesi che coinvolgesse 20 artisti del territorio pugliese come ospiti fissi di questo “matrimonio” . crea all’interno del Museo Storico di Lecce un “set” d’eccellenza per tutto quanto avviene in “movimento”(mostre , seminari, presentazioni, workshop e tutti gli eventi collaterali in programma) cosi’ la scelta di un media partner dinamico, interattivo, curioso, sensibile e contemporaneo come voi , e’ stata inevitabile ! Puoi farci delle anticipazioni sui prossimi moduli, cioè quelli abbinati ai temi della fotografia, della moda e del cinema? Chi saranno i vostri ospiti? Per quanto riguarda le presenze all’interno delle prossime tematiche che affronteremo posso anticiparvi per

la fotografia Mario Guerra, autore di Materia Design A/R con una mostra da poco presentata a Londra,un workshop ed una tavola rotonda molto interessante;Alessandra De Donatis e la sua scuola di fotografia; Sergio De Riccardis che presentera’ il lavoro nato dai suoi scatti caleidoscopici durante l’opening del 30 Novembre ;la scelta di LEO Contruction di evidenziare e promuovere la propria azienda attraverso una ricerca fotografica legata appunto al fare ad arte e Corrado Sassi con gli scatti in sovrapposizione di stampa su seta ed alluminio. Mentre BigSur con il Cinema del Reale sta lavorando ad un percorso culturale legato alla filmografia del territorio tra tradizione ed innovazione. E molto altro ancora che sara’ possibile seguire in “tempo reale” attraverso gli aggiornamenti costanti della pagina Facebook MUSTinTIME e seguendo il vostro sito! © riproduzione riservata


La seconda edizione del “Festival dei saperi e delle pratiche delle donne. Nel segno di Carla Lonzi” è dedicato a Carla Lonzi che sarà raccontata nei suoi diversi ruoli, critica d’arte e straordinaria militante femminista, anima del gruppo milanese di Rivolta Femminista. Un ciclo di incontri sulla condizione femminile dall’emancipazione sino a oggi. Durante il Festival sono in programma due proiezioni di “Alzare il cielo”, il documentario di Carla Lonzi prodotto da Rai Educational. Inoltre i partecipanti potranno partecipare a quattro seminari con professionisti delle diverse aree scientifiche e a incontri di letteratura, danza, arte e cinema con docenti di numerose università italiane. Info www.uniba.it

CARNEVALE DI PUTIGNANO 27 Gennaio, 3,10 e 12 Febbraio 2013 Putignano

Giunta alla sua 619^ edizione, il Carnevale di Putignano, uno dei più antichi d’Europa, sarà dedicato quest’anno al grande maestro della cinematografia italiana Federico Fellini. I sette carri allegorici della Kermesse putignanese saranno ispirati ad altrettanti capolavori del regista, del quale ricorre il ventennale della scomparsa. “La città delle donne”, “Amarcord”, “Satyricon”, “La dolce vita”, “La strada”, “Il casanova”, “Lo sceicco bianco”: questi alcuni titoli che verranno riproposti nei 7 carri dai maestri cartapestai putignanesi e dai coloratissimi e divertenti gruppi mascherati che sfileranno nelle strade della cittadina pugliese. Abbandonata per la prima volta la satira politica senza tuttavia tralasciare le solide tradizioni, questa storica edizione del Carnevale sarà il frutto dell’unione fra la musica di Nino Rota, il cinema di Federico Fellini e, chiaramente, la cartapesta di Putignano. Info www.carnevalediputignano.it

EVENTI

Festival dei saperi e delle pratiche delle donne. Nel segno di Carla Lonzi

Dal 16 Gennaio al 22 Febbraio 2013 - Sala Conferenze del Centro Polifunzionale per gli Studenti - Bari


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utti i sensi della creatività passano inevitabilmente attraverso la musica di qualità. Ed anche quest’anno l’associazione culturale Mirarte di Bari, gestita con encomiabile passione dal presidente Domenico Del Giudice e dal direttore artistico Marina Addante, si presenta al pubblico con una stagione eccezionale, inaugurata dal massimo chitarrista vivente, lo scozzese David Russell. Sarà lui ad aprire il cartellone 2013 che si svolgerà all’auditorium Vallisa, scelto anche quest’anno come sede perfetta per l’acustica dei concerti e per l’atmosfera intima che si respira. «Quest’anno Mirarte – spiegano Del Giudice e Addante - proporrà ancora una volta un crossover di generi legati sempre alla musica acustica e di grandissima qualità, spaziando dalla classica solistica e cameristica, per poi abbracciare il jazz d’autore, la ritmica avvolgente della musica brasiliana, la seduzione del flamenco». Dieci appuntamenti, da febbraio a giugno, offriranno dunque un ventaglio di proposte per tutti i palati: si parte venerdì 1 febbraio, alle 21, con David Russell e un programma di straordinaria raffinatezza, dal barocco a una selezione di brani di origine celtica. Gli altri appuntamenti (sempre di venerdì e a distanza di due settimane tra di loro) saranno con l’ensemble barocco «La foresta incantata», il «Francesco Villani Trio» (con uno dei migliori jazzisti internazionali del momento), il virtuoso del pianoforte Francesco Libetta, il duo formato dal clarinettista Gabriele Mirabassi e dal chitarrista Roberto Taufic, il flamenco del Juan Maria Real Quartet e gli ultimi quattro «Concerti di primavera», tutti in duo: Vincenzo Isaia (clarinetto) e Cinzia Bartoli (pianoforte), Maurizio Moretti e Maria Cecilia Curti (piano a 4 mani), Domenico Del Giudice (chitarra) e Gianni Iorio (bandoneón), Luc Tooten (violoncello) e Stéphane De May (pianoforte). Tutti i dettagli su date, biglietti e abbonamenti all’infoline 345.949.54.23, sul sito internet www.mirarte.it o all’indirizzo email associazioneculturale.mirarte@gmail.com. Livio Costarella © riproduzione riservata


Info: www.showville.net tel. 080.975.70.84

19 Febbraio 2013 Teatro Team – Bari L’ultimo evento de La Ghironda sarà come da tradizione uno special event: una sorpresa offerta da La Ghironda al suo affezionato pubblico, cui è stato promesso un concerto in grande stile. Saranno i Baustelle, band indie rock italiane, ad animare la serata, con una orchestra sinfonica composta da 48 elementi, per presentare in anteprima nazionale il loro sesto album, Fantasma, disponibile dal 29 gennaio. Info. Tel. 080.4301150 www.teatroteam.it

26 Febbraio 2013 – Nuovo Teatro Verdi - Brindisi Il grande cantautore siciliano farà tappa a Brindisi per il tour in cui presenterà il suo nuovo album di inediti ‘Apriti Sesamo’, uscito lo scorso 23 ottobre. Il primo singolo, ‘Passacaglia’, ha già avuto un buon successo radiofonico ed il disco ovviamente ha già raggiunto il primo posto in classifica. E’ il 28esimo album in studio del cantautore, un disco che suona decisamente più lineare rispetto agli incisi precedenti. Ingresso a pagamento info: www.bookingshow.it - Delta Concerti Live 899130383

Franco Battiato in concerto con Apriti Sesamo

MUSICA

dal 16 Gennaio al 29 Maggio 2013 – Multisala Showville – Bari I grandi album del rock, raccontati con parole, immagini e suoni, da Gino Castaldo ed Ernesto Assante. Si rinnova l’appuntamento con la grande musica, illustrata attraverso “lezioni” che mettono ogni album nella prospettiva storica, ma allo stesso tempo raccontano curiosità, aneddoti, testi. Una serie di incontri nei quali si ripercorrono i grandi momenti della popular music, le incisioni indimenticabili, si ricostruiscono le storie dei personaggi che hanno segnato l’evoluzione della musica popolare nel secolo scorso, dai Pink Floyd ai Beatles.

VI La Ghironda Winter Festival - Baustelle in concerto

LEZIONI DI ROCK


9 Marzo 2013 Teatro Petruzzelli - Bari Si chiama “Due come noi che…” il nuovo progetto di Gino Paoli e Danilo Rea, una serie di concerti a base di voce e pianoforte che vedrà duettare insieme uno dei più grandi interpreti della canzone d’autore italiana e uno dei più lirici e creativi pianisti di oggi. Muovendo dalle musiche più care ad ogni genere di pubblico, il brillante Duo ripercorrerà la storia ed onorerà i più famosi compositori. La scaletta spazierà tra i grandi classici nazionali e internazionali, non tralascerà gli indimenticabili successi di Paoli, e sorprenderà il pubblico con inaspettate incursioni nella canzone d’autore napoletana. Info: www.cameratamusicalebarese.it - Via Sparano 141 - Tel. 080/5211908

Bif&st – Bari International Film Festival

CINEMA

dal 16 al 23 Marzo 2013 Teatro Petruzzelli e in 10 sale cinematografiche di Bari La quarta edizione del Festival Internazionale del Cinema come sempre presieduto da Ettore Scola e diretto da Felice Laudadio, sarà inaugurato il 16 marzo al teatro Petruzzelli con un tributo filmato a Federico Fellini in occasione dei venti anni dalla sua scomparsa. Sarà l’attrice e regista Laura Morante a condurre, assieme a Laudadio, la serata finale del Bifest che si svolgerà sempre nel Petruzzelli con una performance di Lina Sastri. La rassegna cinematografica sarà anticipata da una nuova iniziativa denominata “Aspettando il Bif&st” che prenderà il via il 1° marzo con il Festival Alberto Sordi, una retrospettiva di 48 film interpretati e diretti dal grande attore (scomparso il 24 febbraio 2003) che si concluderà il 23 marzo e che comprenderà anche numerosi programmi audiovisivi selezionati nell’immenso giacimento culturale delle Teche RAI. Altro evento connesso al Festival– che comprende una trentina di film – sarà dedicato ai vincitori di tre Premi Oscar (per un totale di sei statuette, oltre a 11 nominations in due): lo scenografo Dante Ferretti, che ha lavorato fra gli altri con Pasolini, Ferreri, Comencini, Scola, Scorsese; e la set decorator Francesca Lo Schiavo. Il lavoro di Ferretti e Lo Schiavo si incrocerà con il Festival Fellini per cinque degli ultimi film diretti dal grande maestro riminese (Prova d’orchestra, La città delle donne, E la nave va, Ginger e Fred, La voce della luna). Il Bif&st 2013 renderà omaggio a Mariangela Melato con sei film. www.bifest.it

Orchestra Chernivitsy diretta da Yosyp Sozansky 1 Marzo 2013 Teatro Kennedy – Fasano In occasione dei 200 anni dalla nascita di Giuseppe Verdi una grande serata di gala per celebrarne il genio e la passione. Il tributo altro non è che un percorso musicale tra quelle che sono le Opere più emozionanti ed acclamate nell’immensa carriera dell’artista; le più belle arie di opere immortali come Nabucco, Rigoletto, Traviata, Trovatore, Aida, Forza del destino, Giovanna D’Arco si susseguiranno in un programma musicale emozionante. Sul palco 4 grandi voci della lirica mondiale: Larissa Yudina, Paolo Antognetti, Cristina Guarino e Alfio Grasso. Ingresso a pagamento Info Tel.0804413150

Gran Galà della lirica – Omaggio a Giuseppe Verdi

MUSICA

Gino Paoli E Danilo Rea Rendono Omaggio Alla Canzone Italiana

Sudestival dal 19 Gennaio al 15 Marzo 2013 Polignano a Mare/ Monopoli Il Sudestival, organizzato dall’Associazione culturale Sguardi e diretto da Michele Suma, è uno dei più importanti spazi di visibilità per prodotti di qualità, in anteprima o provenienti dai principali festival cinematografici internazionali, caratterizzato dall’incontro con i protagonisti del settore. Confermata anche quest’anno la formula itinerante, che vedrà coinvolte le città di Monopoli (Cinema Vittoria) e Polignano a Mare (Cinema Vignola), da sempre attente alla proposta culturale del festival. Tra le tante novità, quest’anno prenderà il via “Sudestival in Corto”, rassegna di cortometraggi a cura di BACHI DA SETOLA, che affiancherà la tradizionale selezione di lungometraggi. Ogni proiezione del venerdì sera ospiterà infatti alle ore 20.30 un cortometraggio, per offrire al pubblico la visione dei corti sul grande schermo, come avviene in molti paesi europei e oltreoceano. Info - Cell. 3341310000 / 345.7774151 info@sudestival.org


ore 21:00 - ingresso a pagamento Info. 080 4805080

Ispirata alla celebre Sit-Com americana degli anni ’60, lo spettacolo ideato da Simone Martini è una metafora divertente sul rapporto tra un uomo e una donna alle prese con la diversità e gli scherzi di uno strano e bizzarro destino. L’intreccio è quello tipico della commedia degli equivoci, con protagonista la bella Samantha - una splendida Bianca Guaccero - strega caduta dal cielo perché deve redimersi da qualche errore del passato, causato dal suo temperamento. Divisa tra due mondi, Samantha incontra un uomo, che a differenza di lei è molto “terreno”. Una commedia originale dove il divertimento e la risata vogliono abbracciare la qualità e lo spessore dei suoi attori. ore 21:00 - ingresso a pagamento Info. 080 4805080

Momix Dance Theatre dal 20 al 24 Febbraio 2013 Teatro Petruzzelli – Bari Moses Pendleton, con i suoi insuperabili acrobati danzatori, presenterà, in esclusiva per il Centro-Sud Italia, la sua nuova creazione “Alchemy“ dedicata all’arte dell’alchemia. In questo spettacolo gli insuperabili acrobati danzatori saranno degli antichi alchimisti che miscelando le sostanze base nei loro alambicchi e nelle loro fornaci, cercano l’elisir di lunga vita o la formula dell’oro. Uno spettacolo multimediale che sprigionando arcane suggestioni immergerà il pubblico in una dimensione surreale. I Momix, eloquente simbolo del balletto mondiale, con i loro giochi plastici e coreografici, lasceranno con il fiato sospeso. Info www.cameratamusicalebarese.it www.ticketone.it Uffici della Camerata Barese in Via Sparano 141 Tel. 080/5211908

TEATRO

13 Febbraio 2013 Teatro Verdi - Martina Franca E’ di scena la commedia che vede come protagonista Carmela Vincenti, con la regia di Michal Znaniecki. “Spose” racconta la storia di quattro donne alla vigilia del loro matrimonio che, chiuse nella loro solitudine, sperano di cambiare la loro vita dopo aver pronunciato il fatidico “si”. E’ tutto pronto: qualche ultimo ritocco, un sorriso pieno di speranza e di terrore, un ultimo sguardo allo specchio. Ognuno di loro racconta le proprie disavventure in amore. Lo spettacolo è pieno di ilarità ma suscita anche serie riflessioni.

Una vita da Strega

SPOSE

5 Marzo 2013 Teatro Verdi – Martina Franca


Come tu mi vuoi

TEATRO

25 Marzo 2013 Teatro Verdi – Martina Franca Al centro di questa opera, come in tutte quelle di Pirandello, c’è sempre questa ricerca spasmodica dell’identità. La ricerca della propria identità è un tema molto legato a questo periodo storico, dove la ricerca non avviene dentro, ma fuori, nel riflesso degli occhi dell’altro. Ispirato a una celebre vicenda giudiziaria (il caso Canella-Bruneri che tenne gli animi sospesi sulla vera identità della persona) il testo ripercorre le vicende di un personaggio enigmatico di cui all’inizio non si conosce il nome, l’Ignota, un “corpo senza nome”, in balia degli eventi; si fa come gli altri la vogliono, in attesa che qualcono le dia senso. Una delle opere più riuscite di Pirandello interpretata da un’appassionante Lucrezia Lante Della Rovere. ore 21:00 - ingresso a pagamento - Info. 080 4805080

FRANKENSTEIN JUNIOR 16- 17 Marzo 2013 Teatro Team - Bari La nuova produzione della Compagnia della Rancia vedrà Giampiero Ingrassia vestire i panni del brillante e stimato dottor Frederick Frankestein (al cinema fu Gene Wilder), il protagonista di “Frankenstein Junior”. Sul palco, al fianco di Ingrassia, Giulia Ottonello, straordinaria voce che interpreterà Elizabeth, la viziata ed egocentrica fidanzata di Frederick. L’attore nel suo travestimento ricorderà molto l’Esorciccio, protagonista della celebre parodia diretta e interpretata dal papà Ciccio. Firmato da Saverio Marconi, il musical rispetterà il look anni Venti, in bianco e nero, grazie a un sapiente gioco di luci e a una scena sui toni del grigio. Info tel. 080.5210877 080.5241504 www.teatroteam.it www.ticketone.it


La galleria d’arte contemporanea situata nel centro storico della città di Bari apre le sue porte all’arte urbana, scegliendo due artisti, i 108 (classe 1978, Italia) ed Elzo Durt (1980, Belgio) che, pur provenendo dallo stesso background urbano, operano secondo maniere e metodi sensibilmente diversi. Il lavoro di 108 fa sue certe problematiche tipiche dell’arte astratta: la ricerca della forma, l’indagine geometrica e spaziale - una tendenza della street art recentemente avvalorata dall’opera teorica “Abstract Graffiti” di Cedar Lewisohn. Elzo Durt, grafico e musicista, carica le sue serigrafie dei motivi e dei personaggi più disparati: una sorta di epopea psichedelica, nella quale figure storiche o fittizie si succedono in un curioso melange di rock’n roll, rimandi fiamminghi e arcimboldeschi. Apertura tutti i giorni: Lun – Sab ore 17 – 20 Info: www.doppelgaenger.it - tel. + 393928203006

Dall’8 Gennaio all’8 Aprile 2013 Piazzetta Carducci - Lecce

ARTE

5 Marzo 2013 - Galleria Doppelgaenger – Bari

La Puglia il manierismo e la controriforma – La Puglia nel 500

Crossroad Elzo 108

Il percorso della mostra copre un arco cronologico di circa un secolo, dal 1520 al 1620, attraverso oltre 120 opere esposte tra le due sedi della mostra, San Francesco della Scarpa a Lecce e la Galleria Nazionale Devanna a Bitonto. Riguarda prevalentemente dipinti ma anche sculture, ceramiche e tessuti, che testimoniano lo sviluppo della cultura manieristica in Puglia e documentano il diffondersi dei nuovi ideali estetici introdotti con la Controriforma. Info: Tel.0832 683503 - 0832 683531

Il giardino segreto. Opere d’arte dell’ultimo cinquantennio nelle collezioni private baresi. II EDIZIONE Dal 24 Gennaio al 24 Febbraio 2013 - Castello svevo, Bari

Apertura 10,30-19,30. La biglietteria chiude alle 18,30. Chiuso il mercoledì. Info: Castello Svevo tel. 080 5286210 La redazione non è responsabile di eventuali variazioni che subiranno gli eventi segnalati. Se volete segnalare degli eventi scrivete a: redazione@apuliamagazine.it. Ogni materiale inviato, qualora non espressamente richiesto, è utilizzabile per ogni possibile impiego a discrezione di apuliamagazine. Questa è solo una piccola selezione degli eventi presenti sul territorio. Usate il qrcode a destra con il vostro smartphone o tablet per scoprire gli eventi sempre aggiornati sul sito www.apuliamagazine.it

MUSICA

La mostra, promossa dall’Accademia di Belle Arti di Bari, curata da Lia De Venere in collaborazione con Antonella Marino, è stata cofinanziata dall’Assessorato alla Cultura della Regione Puglia. Rientra in un ampio progetto teso a portare in auge decine di opere d’arte contemporanea -dipinti, sculture, foto, disegni, installazioni - frutto di una ricognizione effettuata su numerose collezioni private della Puglia. Una campionatura significativa di opere realizzate dagli anni 60 del Novecento al 2010 da artisti appartenenti a diverse generazioni e tendenze, molti dei quali di fama internazionale e già presenti nei manuali di storia dell’arte.


Interior decoration

lifestyle

Corderia 1995

Via XXIV maggio, 39 - Bari www.corderia1995.com


lifestyle

Osteria e Braceria

Cacio e Pepe

Via Mario Pagano, 172 - Trani Tel. 0883 956 536

Abbigliamento

Alberto Corallo Boutique

Corso Cavour, 88/90 Trani (BT) Tel. 0883 589733 www.albertocorallo.it


Puglia, in short: art, culture and traditions. Puglia, the heel of Italy, the last piece of land the Adriatic side, is the Italian region longer and east. And from the east, namely from the Illyrian coast, it seems were its original inhabitants, the Apuli. But many foreign people have visited and

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conquered leaving often enchanted by its crystal clear sea and leaving traces of their different culture in the behavior and speech. From here have passed Messapi Peuceti, Dauni, Romans, Normans, Swabians, Angevins, Aragonese. And each of these people has left traces of himself between the sandy beaches and suggestive cliffs, in the countryside fertile and verdant hills. Various geographical environments, from the Apennines to the Gargano, from the Tavoliere to Murge up to Salento, are the spectacular scenes to charming villages. Not to mention the nature of food and wine, which often surprised visitors are offered so unceremoniously, but with exquisite taste, “as nature creates.� Just look on the dock of a port in Puglia, where the fish is fresh off the boat: here for the buyers

there is always the gift that is into a juicy and fresh shellfish . In short, this is Puglia, a land offering its visitors a wide variety of wonderful suggestions. But not only a land open to countless cultural influences from art to theater, cinema, designfrom fashion to music. Our first cover of 2013 is a tribute to the double soul of this region always suspended between past and future.


The stones speak by Rosalia Chiarappa

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di rosario. Imponenti, affacciate sul mare, alcune diroccate che sembrano emergere dagli scogli, altre solitarie come nobili in esilio. Le torri costiere rimangono l’eredità di un piano di fortificazione voluto da Carlo V nel XVI secolo per difendere le coste del Mezzogiorno dalle sanguinarie invasioni dei predoni turchi che arrivavano dal mare. Infatti, dal mare giungeva il pericolo da scongiurare al grido di “mamma… li turchi”. E ancora oggi, come sentinelle, scandiscono il viaggio sulle coste pugliesi. E sono a guardia di quell’infido mare del Salento dal quale spuntavano le vele nere e che è oggi un mare dalla bellezza con pochi eguali.

L’accesso è possibile soltanto dal primo piano e viene assicurato da strutture provvisorie. La distanza tra le torri è tale che ciascuna sia visibile dalle due più vicine; e questo per rendere possibile la comunicazione visiva, mediante fumate di giorno e il fuoco di notte. A sua volta, il tamtam acustico è assicurato da campane o da corni. Quali presidii fortilizi funzioneranno fino al Settecento, fino a quando cioè l’invenzione della polvere da sparo determinerà una vera e propria rivoluzione nella strategia bellica. Le pietre dal linguaggio più arcano, però, rimangono dolmen e menhir, silenziose presenze che da più di 4.000 anni fanno da fedeli guardiani

© Daniela Ciriello

e “pietre” pugliesi sono poliglotte. Parlano, infatti, più linguaggi: da quello aulico dei castelli, delle cattedrali e delle antiche dimore, a quello decisamente più ruspante di trulli, masserie e muretti a secco. Termini militari sono quelli che legano le torri costiere, dalle pietre grigie, rosa e beige che si accendono di mutevoli e suggestive varianti col trascorrere del giorno, dall’alba livida al tramonto infuocato. Le “sentinelle di pietra” vengono fatte erigere dal vicereame spagnolo nel Cinquecento in gran parte della Puglia, dal Gargano all’estremo lembo del Salento. Si avvistano dall’alto a intervalli regolari e sembrano come tanti grani

LE PIETRE RACCONTANO 6

The “stones” in Puglia speak many languages. They do it with a variety of accents and intonations, ranging from the lofty and solemn style of castles, cathedrals and ancient mansions to the rural and homespun air of trulli, masserias (local farmhouses) and dry-stone walls. The coastal watchtowers share the same military vocabulary, their grey, pink and light brown stones display their muted patterns of colour and shades as the light changes from the livid hue of sunrise to the fiery glow of sunset. The “stone watchdogs” were erected by the Spanish regent monarchs in the 16th century almost everywhere in Puglia, from the Gargano to the further end of Salento.

One can spot them from an elevated position dotting the coastline at regular intervals as if they were rosary grains. Imposing, overlooking the sea, some are ruined and one with the rocky coastline where they rise, others secluded and aloof like exiled aristocrats. The coastal watchtowers were built with the purpose of defending Southern Italy from the marine forays of Turkish looters. The set phrase “Mamma…li turchi” (“Oh m o t h e r, the Turks are coming!”) originates from the danger and the scare of those invasions. T h e s e watchtowers signpost the road that runs a l o n g the Apulian coasts and stand like “sentries” looking over the

once treacherous sea of the Salento where black sails could be spotted, today a summer hideaway of matchless beauty. The interiors can be accessed only by the first storey through movable structures. The distance between these towers made them easily visible from the two ones lying closest, thus allowing for visual communication by means of smoke signals in the daylight and fire signals at night.

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Bells and horns could also be easily heard in the distance. As fortified outposts these buildings were employed as fortified outposts until the 18th century when the invention of gunpowder was a breakthrough in military strategy. However, the most arcane stone monuments are the so-called dolmens and menhirs, silent items of local heritage which have guarded portions of cropped and uncropped land in the rural areas for four thousand years. Apulian menhirs are less ancient than their French and British equivalents but their religious use is more or less the same. The cult attached to these monuments lasted through the centuries but Charlemagne tried sternly to stamp it out. Those who approached the megalithic stones were charged with a rather hard punishment, that is the anathema. The Church later lifted the ban by attaching

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to these monuments sacred images and Roman-Catholic symbols. A typical example is the menhir of San Paolo at Giurdignano, a village whose rural environs are characterized by the presence of ancient lore. During the Byzantine rule, a crypt dedicated to Saint Paul was hewn in the rock below the megalith. The municipal district of Giurdignano is actually the capital of megalithic stones in the Salento area. Traces of ancient history are to be found in Depressa, an outlying hamlet near Tricase; here visitors can admire a menhir known as Croce di Principano. Where the menhirs, two-metre granite blocks, are sharply defined, the dolmens are somewhat stagey. Functioning both as tombs and votive stones, dolmens are usually located in rocky level ground, the grooves on the

capstone allow the blood of the sacrificial victim to trickle away more easily. The castles and strongholds erected under Frederick II of Swabia’s rule deserve a separate mention. The “puer Apuliae” (son of Apulia), as he was later named, found in Puglia the ideal place to pursue his interests. He was so much conquered by the serene beauty of the landscape that he warmly supported the construction of the “stone flower” on one of the hills of the Murgia, that is Castel del Monte, the bewitching octagonal castle. Castles and stone monuments provide the ideal link with the local masserie (traditional farmhouses) and the typical dry-stone walls, the first rural settlements and ancient forms of enclosure which sprang up in this land of stones. They were crafted by artisans whose art was handed down to later generations over the centuries.


Tales of an ancient past

© Domenico Zagaria

by Rosalba Matarrese

STORIE DI UN PASSATO LONTANO U

n viaggio alla scoperta delle bellezze del territorio dauno e della sesta provincia di Barletta-Andria-Trani, facendo tappa negli splendidi castelli che sorgono sul mare o nel cuore dei centri storici o su rocche immerse nel silenzio della natura, scrigni di segreti, suggestioni e tradizioni, raccontano storie di un passato lontano. Sin da tempi antichissimi, i castelli furono costruiti in questi territori per necessità di

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difesa e d’importanza strategica. I Normanni prima, gli Svevi poi, sino all’epoca medievale videro nei castelli un segno della difesa, della forza e della presenza sul territorio. Un castello famosissimo che non può mancare nell’itinerario è certamente il Castel del Monte. Il castello è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco ed è raffigurato sulla moneta da 1 centesimo di euro. Si erge su una collina in

uno dei luoghi più affascinanti della Murgia, all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia nel territorio di Andria. Molto conosciuto per la sua forma ottagonale, ma anche per le suggestive leggende legate alla sua origine ed è certamente il più misterioso tra i castelli costruiti da Federico II di Svevia intorno al 1240. Il viaggio alla scoperta del sistema castellare federiciano prosegue per Barletta. Il Castello svevo sorge

This route takes visitors to explore the charm of the Daunia (Province of Foggia) and Puglia’s sixth province (Barletta-Andria-Trani) by suggesting a guided tour of the splendid castles built right on the coast, centrally located in the old town or perched on secluded inland hilltops. Steeped in history, shrouded in mystery and local traditions, these castles tell the tale of an ancient past. First the Normans and later the Swabian rulers regarded castles as a means of strategical defense, a symbol of power and a way of making their rule a visible presence in the territory. The not-to-be-missed destination for castle lovers is cer-

tainly the well-known Castel del Monte. The castle has been enlisted in the World Heritage Program by Unesco and appears on the 1 cent euro coins. Rising on a hill in one of the most charming locations of the Murgia, Castel del Monte is part of the Parco Nazionale dell’Alta Murgia (National Park of the Upper Murgia) within the municipal area of Andria. Widely known for its octagonal plan and the legends around its origins, the castle is certainly the only one, among those built by Frederick II of Swabia around 1240, whose history and architecture are steeped in mystery. Our themed route heads to the city of Barletta. The Swabian Castle lies not far from the sea and, although built under Frederick II’s sway, shows traces of restorations carried out in the 16 th century. Majestic and stunning in its beauty, it is one of the finest specimens of period architecture, almost unique in its kind, and is the venue

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We suggest that you should visit the gorgeous Castle of Lucera, the ruins of the Castle of Accadia and Castelnuovo della Daunia. Then stop for a quick tour of a number of secluded villages such as Deliceto, Bovino, Sant’Agata di Puglia, Ascoli Satriano and the Byzantine Tower of Biccari. Castle lovers should take as their Baedeker the “Guida ai castelli della Daunia” (Rotas edizioni).

A tour of the castles in the Terra di Bari by Rosalia Chiarappa

itinerari

I

castelli rappresentano una delle immagini più tipiche della nostra regione. Ed è difficile non lasciarsi conquistare dal loro fascino tenebroso e dalle mille leggende che aleggiano tra le loro mura. Sorti in gran parte nel Medioevo, la loro presenza è andata sempre oltre la funzione eminentemente difensiva, per assumere la connotazione di strumento del potere politico finalizzato al controllo del territorio. All’epoca normanno-sveva risale la maggior parte dei castelli della Terra di Bari. Più tardi i castelli e le fortificazioni del Rinascimento, costruiti in anni di minacce e pericoli provenienti dal mare. Gli Spagnoli fortificarono la costa secondo i più moderni canoni di difesa, avvalendosi di architetti militari quali Evangelista Menga e Gian Giacomo dell’Acaya, e spesso riadattarono castelli già esistenti rendendoli inespugnabili. Quasi contemporaneamente feudatari, conti, duchi e principi, decisero di dare alla loro autorità un nuovo volto, trasformandosi da signori della guerra, in signori della cultura e dell’arte. E le loro case, da rocche inespugnabili e minacciose, si aprirono al piacere del gusto e all’appagamento degli ozi. Così, i vecchi tenebrosi castelli si trasformarono in senso residenziale, ingentilendo le loro severe strutture fortificate con interventi che rispecchiano ancora oggi il clima culturale e il gusto della corte locale. A Bari, in realtà, i castelli sono due,

© Caterina Rinaldo

of various cultural events, including the historical pageant of the Disfida di Barletta. A similar location chracterizes Trani’s Swabian Castle facing the Romanesque cathedral, the Church of San Pellegrino. It is the venue of major cultural events such as the “Dialoghi di Trani”, a three-day run of debates on culture, cinema and theatre. It stands out for its perfect walls and the towers which make it one of the most fascinating Swabian castles. The castle houses a museum featuring a collection of medieval pottery. Less known is the history of minor castles located in Basilicata or in the heart of the Daunia. A case in point is the Castle of Garagnone at Spinazzola, erected around the 11th and the 12th century. Originally built as a fortress by the Normans, a new castle rose on its ruins in the 15 th which was in turn unaccountably demolished in 1930. Today we are left with a scanty number of ruins but this does not diminish its historical importance since it was here that Pope Innocent XII was born to the Pignatelli family, the feudal lords of Minervino, Spinazzola and Lavello. The Daunian castles are well worth a visit too. The area boasts a large number of them and it is hard here to draw attention to all of them.

FRA I MANIERI DELLA TERRA DI BARI 11

Castles are one of the typical features of Puglia’s cultural heritage. One cannot but stand in awe at their dark charm and the countless legends shrouding their history. Largely built in the Middle Ages under the Norman-Swabian rule, their history is tightly linked with the rise of the cities where they were first erected. Despite their essential role as defensive structures the castles in the Terra di Bari were mostly employed by feudal lords as a tool to exercise political power and control the local territory. During the Renaissance, under the Spanish rule,


new fortifications rose along the coast to repel military attacks from the sea. Military architects like Evangelista Menga and Gian Giacomo dell’Acaya were hired to make new or restored structures practically impregnable. A remarkable change occurred when feudal lords shifted their attention from war to culture and art. Their castles lost their intimidating air and, being used mostly as places of residence and enjoyment of the liberal arts, acquired new architectural features in keeping with

the changed taste in culture and among the nobility at local courts. Bari actually features two castles, one within the other. The first was built by Roger II the Norman in 1131 and was later remodeled by Frederick II. The second structure was erected by the Royal House of Aragon. Under the sway of Queen Isabella of Aragon and her daughter, Princess Bona Sforza, the castle was at its heyday. When touring the Terra di Bari after castles one should visit the medie-

val castle at Gioia del Colle. This is the veritable symbol of the mysterious Middle Ages. Wandering in its fascinating yet austere interiors one can sense the true spirit of the age of Frederick II of Swabia. The fortress retained for him dear memories. Legend has it that this was the mansion of Bianca Lancia, the beloved companion of the Swabian Emperor, who begot him three children. Widowed for the third time, Frederick chose this castle to marry Bianca Lancia on the verge of death so as to fulfil her last wish, namely to

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have her three sons as legitimate heirs to the throne. Another trace of Swabian architecture is the castle in Sannicandro di Bari, originally a military stronghold built in 1241 by Emperor Constantin VII which later Frederick II put to residential use. Located in the main square, the Norman castle of Bitritto with its three towers, main portal and its charming overhanging loggia houses an important collection or archaeological remains of a Roman villa ( I-III C) as well as the municipal library and a number of facilities of the local administration. Recent restoration works brought to light an underground olive oil and wine making plant complete with wells, tanks and vats. The castle of Conversano, a Norman stronghold dominating the whole urban fabric with its four towers, was the symbol of the powerful County of Acquaviva d’Aragona. The Hauteville nobility had it erected as a fortress but it was later turned into an elegant and tasteful residence by the House of the Acquaviva d’Aragona who acquired the county of Conversano in the mid-15 th century and brought it to its highest glory in the 17th century with Count Giangirolamo II, a.k.a the Guercio di Puglia (“the Squinter”) and wife Isabella Filomarino, labelled as Puglia’s aspis. When you stop at Mola di Bari you

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can see its castle whose construction was ordered by Charles I of Anjou between 1278 and 1281 to repel the frequent attacks of pirates on the coast south-east of Bari. Largely damaged after the siege of Venetians in 1508. The structure was later restored by military engineer Evangelista Menga from Copertino and acquired its present day star-shaped polygonal structure . The castle of Monopoli , better known as the Castello di Carlo V (Castle of Charles V), is a 16 th century stronghold erected during the Spanish rule. The building was completed under the supervision of viceroy Don Pedro of Toledo and was enlarged and restored in 1600 for residential uses. The castle rises over massive Messapian walls (5 C b. C.) and includes a Roman portal (I C b.C.) leading to a suggestive weaponry room.

Touring the castles by Mariella Piscopo

ANDAR PER CASTELLI

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If you’re touring Apulia and your destination is Salento then you could follow our themed route which will take you to an interesting exploration of its castles. You may start from Lecce where you can pay a visit to the Norman-Angevin castle, designed by military engineer Gian Giacomo dell’Acaya on behalf of Emperor Charles V in the 16 th century. The piano nobile houses the Maria D’Enghien Room and other adjoining rooms hosting exhibitions, conferences and suchlike events. The ground floor features an infopoint, a school of photography (www.fotoscuolalecce.it) and the Museo della Cartapesta (Museum of Papier mâché) showcasing about 100 pie-


ces of artworks of major local artists dating from the 17 th century, including works by Caretta, Capoccia, Guacci, Malecore, Gallucci and the Brazilian Lucia Barata. In the environs of Lecce lies the Castle of Acaya, another fortification designed by Gian Giacomo. This was a small outlying hamlet which was fortified in the 16th century with massive bastions on three corners. It later enclosed a castle with trapezoidal plan and a drawbridge. In the courtyard one can admire a fresco called Dormitio Virginis (14 th century). The north-east tower houses a polygonal room whose main attraction is the frieze above the entrance door made with Lecce stone showing two classical heads. The castle is open to visitors for guided tours and hosts temporary exhibitions and other cultural events in the upper floor (cell phone contact 3472535235). The imposing Norman-Swabian castle in Copertino, remodeled in 1540 by Menga on behalf of the House of Castriota, with four corner bastions, a finely-carved portal in Catalan-Durazzesque style and a surrounding wide moat . The interiors house the Cappella of San Marco and wide galleries linking the four bastions providing the backdrop for a fair of antiquarian furniture (Mostra dell’Antiquariato) which is held

annually in September. When you stop at Corigliano d’Otranto one can admire the Castello de’ Monti with its finely-carved portal with ensconced allegorical statues and anthromorphic figures and a splendid Baroque façade. Before heading out, take a break in the panoramic terrace (contact 3397737001). In Muro Leccese, a small village of Messapian origin, the ancient Medieval Castle Medievale is well worth a visit. It was turned into a noble mansion in the 17th century (Palazzo del Principe Protonobilissimo). It houses the interesting

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Museo di Borgo Terra, displaying a collection of archaelogical pieces from Messapian settlements (7C b.C.) and some interesting silever coins dating from the 12th century. The interiors house temporary exhibitions whereas the underground level features a dungeon with mural graffiti made by the prisoners in the 16 th and 16 th century and an olive press (1602). Our route among the castles and strongholds of Puglia is incomplete without a tour of the enchanting ancient town of Otranto and a visit to its Aragonese Castle. Rebuilt by Alphonse of Aragon in 1481, after successfully liberating the local community from the Turks, the castle was by then equipped with armour and weaponry. It has a pentagonal plan, a moat, an ancient drawbridge, recently restored, three cylindrical towers made with carparo ashlars (local limestone rock) complete with “arrowslits” and a massive spearhead bastion facing the sea called Punta di Diamante. Closed for refurbishment it will reopen to visitors next June hosting a major international exhibition. The inner quadrangular courtyard leads to the Sala Triangolare, a unique example of military architecture. An external staircase (19C) climbs to the the rooms of the upper floor which house art events during summer. Climbing further up

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on the terrace visitors can afford a panoramic view of the sea, the Cathedral, the harbour and the Torre del Serpe.

The Magic world

animate

by Alessandra Dall’Olmo

IL MAGICO MONDO ANIMATO DI STEFANO ROMANO

N

on è da tutti poter frequentare una scuola così prestigiosa come la School of Visual Arts (SVA) di New York che richiede un difficile test di ammissione ma che in quattro anni, la durata dell’università, prepara i professionisti creativi del futuro, attraverso l’insegnamento di 800 tra i migliori docenti del pianeta tra scrittori, designer, registi, fotografi, illustratori e grafici, tra cui Milton Glaser, l’inventore del famoso logo I Love NY. Tra i rinomati alunni annovera David laChapelle, fotografo di fama mondiale e Sol LeWitt, l’artista americano legato all’arte concettuale. Stefano Romano, giovane pugliese, ha la passione per l’animazione da

quando era piccolo, il suo sogno è di poter diventare un animatore famoso e proprio per questo ha scelto l’indirizzo di animazione tradizionale di questa scuola d’arte che è nata nel 1947 proprio come scuola di fumettisti e illustratori, diventando poi una multidisciplinare istituzione che partecipa attivamente alla vita culturale della città. Cresciuto ad arte e cartoni, collezionista di manga, fumetti giapponesi, fumetti americani, tra cui Deadpool e Sonic, ha già all’attivo una serie di personaggi che potrebbero diventare i protagonisti di serie a fumetti e animate. Appassionato di science fiction, fantasy e steampunk, un termine che nasce nell’ambito della

letteratura fantastica nel 1987, coniato dallo scrittore statunitense Kevin Wayne Jeter per indicare storie scanzonate ambientate in un vicino passato, ci ha aperto le porte della sua casa a Bari, dove è tornato, con grande piacere, per la pausa natalizia delle vacanze. Raccontaci una tua giornata tipo nella scuola. Abbiamo cinque materie tutte relative all’animazione, dalla storia al disegno, per imparare tutte le tecniche tradizionali. Poi story pitch, tutta la parte relativa alla sceneggiatura per imparare a scrivere gli script e a disegnare lo storyboard di un cartone animato. Abbiamo anche letteratura inglese, di cui leggiamo i

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Not everyone is able to attend a school as prestigious as the School of Visual Arts (SVA) in New York that requires a tough test for admission but that in four years, the duration of the university, prepares creative professionals of the future, through the teaching of 800 of the best teachers in the world including writers, designers, filmmakers, photographers, illustrators and graphic designers, including Milton Glaser, the inventor of the famous I Love NY logo. Among the famous alumni includes David LaChapelle, worldrenowned photographer and Sol LeWitt, American artist linked to


conceptual art. Stefano Romano, young apulian, has a passion for animation since she was little, her dream is to become a famous entertainer and that is why he chose the address tradi-

tional animation of this school of art that was born in 1947 just like school for cartoonists and illustrators, and became a multi-disciplinary institution that participates actively in the cultural life of the city.

Grew up with art and cartoons, collector of manga, Japanese comics, American comics, including Deadpool and Sonic already has a series of characters that could become the protagonists of comic

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book series and animated. A lover of science fiction, fantasy and steampunk, a term that comes as part of fantastic literature in 1987, coined by the American writer Kevin Wayne Jeter to tell unconventional stories set in a near past, has opened the doors of his home in Bari, when he returned, with great pleasure, for the Christmas break holidays. Tell us about a typical day at school We have five matters all related to animation, from history to design, to learn all the techniques. Then story pitch, the entire part relating the script to learn how to write scripts and drawing the storyboard for an animated cartoon. We also have English literature, of which we read the classics. And the live matches with the creators of the animated series, producers and distributors that tell us about their personal experience. For the moment we met the scorer of the backgrounds for the cartoon Doug. Among the teachers there Howard Beckerman, who has worked for over 30 years in the cartoon. In short, we definitely very stimulating teachers and meet the artists of international renown. Cartoons you like and those who just do not like. I love Disney classics, The Lion King, Hercules, to name a few, and the new series of My Little Pony, the V generation. Behind the series is Lau-

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ren Faust, an animator U.S., known for his work on the animated series The Powerpuff Girls, which was the story artist and Imaginary Friends Foster home, I grew up with. My little pony is the classic cartoon inspired the children enjoyed for its aesthetic, but that describes the moral values with which we identify ourselves. Then you should see all the films made by Miyazaki, Japanese cartoonist and animator of international renown, whose films have a palpable depth, just remember Ponyo on the cliff with its strong environmental message. He approaches the audience of all ages to important issues and current affairs. The Simpsons, a cartoon of all respect, cartoons politically incorrect like Soul Park, Drawn Together, a sarcastic and biting parody of all possible reality show but also a rather unusual tribute to the world of animation, not bound to the traditional happy ending . Among the worst, all the series produced by the group Man of Action, as Ben 10 and Generator X, the classic animation very commercial, starring without any evolution. Instead, I love the animation that has clear cultural references, which expresses a message. Cartons are considered a medium for prejudice for children, but in reality are aimed at both children and adults.

What do you miss of Puglia Friends and family. But in New York I never have time to stop and get bored, people are open and friendly. The city is truly universal in all that it offers. I wish Stefano to win an Academy Award, the most coveted honor for those who make cartoons, basically there is no adult who does not know by heart the name of an animated character!


Symbols of Apulia: the whistles by Valeria Lorusso

artigianato

Simboli di Puglia

I

fischietti in terracotta, la cui origine si perde nella notte dei tempi, hanno accompagnato nei millenni la vita degli uomini e a tutt’oggi sono ancora presenti e vivi nella nostra realtà, al punto che negli ultimi 30/40 anni sono diventati veri e propri oggetti d’arte e di collezione. Le ceramiche popolari a fiato presentano aspetti molto interessanti dal punto di vista culturale: a loro, infatti, sono legati miti, riti, simboli, cerimonie, tradizioni e leggende. Inventati per imitare gli uccelli, per

I FISCHIETTI

rappresentare con il loro lieve soffio lo spirito della vita e l’inizio della primavera o per allontanare gli spiriti cattivi o utilizzati come oggetti scaramantici, fino a diventare gioco per bambini o, addirittura, pegno amoroso, i fischietti in terracotta vengono oggi assunti in qualche modo come rappresentazioni di espressione artistica e di costume. La tradizione della terracotta è uno degli aspetti preponderanti dell’artigianato pugliese. Qui la lavorazione della terracotta e della cerami-

ca è stata favorita nei secoli anche dall’esistenza di ricche e numerose cave di argilla rossa. Le specifiche caratteristiche della lavorazione della terracotta pugliese sono, in parte, frutto dell’influenza artisticoculturale della Grecia e della Magna Grecia. In alcune tombe ritrovate nel territorio di Rutigliano sono stati rinvenuti numerosi manufatti, antropomorfi e zoomorfi, rapportabili ai nostri fischietti. Da tempo antichissimo, proprio a Rutigliano, considerata ancor oggi

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The whistles, whose origin is lost in the mists of time, have accompanied the lives of people over thousands of years and they are still present and alive in our reality, to the point that in the last 30/40 years have become real objects of art and collection. These popular ceramics wind have aspects very interesting from the point of view of culture: tto them are in fact related myths, rituals, symbols, ceremonies, traditions and legends. Invented to imitate the birds, to represent with their slight breath the spirit of life and the beginning of spring or to ward off evil spirits or

used as superstitious objects, to become children’s play, or even a pledge of love, the whistles in terracotta are now employed in some way as representations of artistic expression and costume. The tradition of pottery is one of the preeminent apulian handicraft. In Puglia the pottery and ceramics has been favored for centuries by the existence of rich and numerous quarries of red clay. The specific characteristics of the processing of theApulian pottery, in part, the result of the influence art and culture of Greece and Magna Grecia. In some tombs found in the territory of Rutigliano were found several artifacts, anthropomorphic and zoomorphic, relatable to our whistles. From ancient times, just in Rutigliano, still considered one of the “capital” of the whistle, January 17 of each year there is a wonderful exhibition of the Terracotta Whistle and, at the same timeis celebrated a much followed feast in honor of Sant’Antonio. There is, however, no source which

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can make people understand how and why the two traditions, that of the Fair Whistle, which also marks the beginning of Carnival, and that of the Feast of Sant Antonio Abate have been able to find at the same time on the same day . But when you consider that Sant’Antonio Abate popular iconography has always been represented with a pig and various other animals at his feet, as it is considered the patron saint of these, it is likely that you have created a link / thread between manufacturers and whistles feast of Sant’Antonio Abate the same religious holiday has been taken as an opportunity to put on display, in honor of the saint of the pig and whistles depicting a variety of animals. Over the years and with the resumption of studies on folklore and popular traditions and the wave of appreciation of the festivals, the whistles were somehow rediscovered in their ancient and genuine beauty. And so, starting in 1982/83 thanks to the efforts of the major craftsmen potters rutiglianesi, the event has been gradually gaining great cultural value and has become, in Puglia, an extraordinary showcase of local art figulina animated by artifacts in clay, steeped in magical symbolism, irony, satire, caricature, playful and mischievous.

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The Fair Whistle is one of those events that uniqueness and originality ended up in cementing potters rutiglianesi a strong attachment to the village tradition. Starting in January 1989 alongside the exhibition has since developed another important initiative: the Exhibition-Contest National Terracotta Whistle, an initiative strongly supported by the Town Council to enhance and qualify more and more skill and artistic taste of the local potters and in promoting and creating positive relationships between the town of Rutigliano and other areas of Puglia and the different Italian regions bearers of many traditional crafts-figuline. On 17 January 2004, then, was inaugurated the Museum of the Terracotta Whistle at Palazzo San Domenico. Inside the museum are displayed, separated by about 13 thematic sections, about 500 whistles from the most important workshops figule rutiglianesi and from every part of Italy. The town of Rutigliano, with the foundation of this museum, it was suggested and acts as a driving force you trade with other cities famous for its pottery wind.

Architectures of Haute Couture By Alessandra Dall’Olmo

moda

MICHELE GAUDIOMONTE

ARCHITETTURE D’ALTA MODA

I

ncontro Michele Gaudiomonte una calda mattina di gennaio nella sua studio–atelier di Castellaneta, una di quelle giornate del tutto inaspettate che mi riconciliano con il vivere in Puglia. Sembra ci conosciamo da sempre ma in realtà abbiamo tante amicizie in comune nel mondo della moda, tra cui la giornalista Cinzia Malvini autrice di M.O.D.A., il programma televisivo, in onda su la 7, prodotto dalla società per cui ho collaborato per più di 8 anni. È stato un flashback di ricordi. Più che uno stilista lo definirei un’ar-

tista , infatti è in realtà un architetto innamorato del bello in tutte le sue forme che realizza abiti con tessuti dipinti a mano, pezzi unici da collezione, dei veri quadri da indossare. Ma partiamo dall’inizio… Dopo il liceo artistico a Bari sono andato a Venezia, ma preciso che l’elemento fondamentale del reale inizio è che mia madre faceva la sarta. Una cosa che ricordo con fascino quando ero bambino è quello legato al ricordo della mia casa d’infanzia a Gioia del Colle dove nella porta di fronte abitavano due signorine “grandi”, come si dice da noi, che ricamavano e facevano bottoni. Io la cosa che amavo fare era cucire questi bottoni su pezzetti di tessuto che loro mi davano. Mia madre poi mi coinvolgeva sempre. La moda l’ho sempre seguita ma poi ho scelto un altro percorso. A Venezia ho cominciato a lavorare per una compagnia di teatro e

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I meet Michele Gaudiomonte a warm January morning in his studioatelier of Castellaneta, one of those days completely unexpected that I reconciled with living in Puglia. It seems we’ve known forever, but in reality we have many friends in common in the fashion world, including the journalist Cinzia Malvini author of M.O.D.A, program aired on la 7, produced by the company that I worked for more than 8 years. It was a flashback of memories. More than a designer would call an artist, it is actually an architect lover of beauty in all its forms that produces


gowns with hand-painted fabrics, unique collectibles, real paintings to wear. But let’s start from the beginning ... After the artistic high school in Bari I went to Venice, but precisely that the key element of the real beginning is that my mother was a seamstress. One thing I remember with charm when I was a child is tied to the memory of my childhood home in Gioia del Colle, where in the front door lived two ladies “big”, as we say, which were embroidered and buttons. I thing I loved to do was sew these buttons on scraps of fabric that they gave me. My mother then involved me forever. I’ve always followed the fashion but then I chose another path. In Venice I started working for a company of theater and contemporary dance, conducted by a journalist of Sipario with whom I collaborated as a costume designer and I met great people like Béjart and Pina Bausch. I remember my collaboration with the Bejart’s Bolero on his Danza75 Festival, the great work of itinerant dance Acqua Alta that saw the city crossed by thousands of dancers and ended in Piazza San Marco with the Bolero played by Argentine dancer Jorge Donn. Then I went back home and I always follow the fashion, my hero was Gianni Versace, the designer who revolu-

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© gianni narraccio

tionized the clothing, breaking the mold, using elements such as plastic cut, combined with the skin, cut with laser united by tailoring the his creations. Another key element for me was the link with the art, I have always painted”. His quiet life as an architect is revolutionized by some French friends fascinated by his hand-painted

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fabrics offer him to pull out a beachwear collection in Paris Première Classe, the European meeting for fashion accessory. “My peculiarity is precisely to create fabrics that I like to call paintings, with the customer creates a personal and intimate relationship and for her design its texture. They are special relationships that are

created especially when I realize the wedding dresses, a tailor made sewn on to the customer. After the Paris adventure I took contact with Mario Boselli, president of the National Chamber of Italian Fashion, to show him my works and give me an expert opinion. He was fascinated by the fabrics, but when I told him that they were hand-made prints,


but advised me to call Rome and so I model for Alta Moda Roma and attended Margutta Award, a prestigious cultural event of the city. They called me to pull even in the event China Haute Couture Puglia in Canton, in 2006 the ‘year ItalianChinese. I also participated in many fashion competitions, which won for the most part. Winning a competition in Salerno I ensured the participation at Pitti Mare. In fact mine are beachwear collections in a more amble of the word. My sarongs, my caftans can be transformed into real evening dresses. Are applied to the fabric semi-precious stones, swarovski then detaching turn into real jewels to be used with other outfits. Now I will parade my new collection at ‘Haute Couture in Paris and will fulfill the international one again in Paris and one in Morocco. The novelty this year is that it will be launching a prêt à couture that will complement my haute couture line. “ His regular clients and friends follow him and often come to visit right here at Castellaneta, the birthplace of silent movie star Rodolfo Valentino, among the narrow, winding streets of the charming historic center, enriched by the mansions of the feudal lords of the area, where is his studio with terrace. Some are his testimonial as the journalist Rosan-

na Cancellieri, to who makes clothes for special occasions or Mary De Gennaro, who used some of his clothes to the theme of fashion and costume program Comò. Believes in its territory, in a broad sense: Lecce Fashion Weekend, an event linked to the presentation on the catwalk fashion Puglia, which he attended, he hopes to transform the baroque city center of fashion in the third, after Rome and Milan “ Here are big reality, the event gave me with Rossorame and Gianni De Benedictis. During the event, organized by my friend Elizabetta Bedori, meet international buyers. Here in the South we have very good fasonisti and embroiderers many great designers already use for the creation of their clothes.” I’d be hours talking to Michele about his work as an architect, a costume designer for the theater because he has a relaxed way of speaking, his lovable pug was in fact asleep in his arms during our endless talk, just time for customs accennarmi made for a musical at the Sistina in Rome Graziano Galatone, singer and actor Puglia, in 2009, “Bernadette, the miracle of Lourdes” directed by Claudio teach. His love for the theater sees also committed to a cultural association of Castellaneta, actually a group of friends with whom she shares this passion, basically just

a love for the theater knows no obstacles, it is an art form and reflection to express the beauty, the only witness of our cultural identity.

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FEBBRAIO

MARZO

LE DOMENICHE DEL FAI

LE DOMENICHE DEL FAI

Domenica 17 Febbraio

Domenica 10 Marzo

IL GIARDINO SEGRETO – CASTELLO SVEVO

BICENTENARIO DELLA FONDAZIONE DEL BORGO MURATTIANO

Appuntamento ore 11.00 al Castello Svevo di Bari.

APERTURA ECCEZIONALE DEL PALAZZO DELLA PREFETTURA DI BARI

Visita alla mostra di opere d’arte nell’ultimo cinquantennio nelle collezioni private baresi. Ci accompagneranno la curatrice della mostra Lia De Venere ed il critico d’arte Antonella Marino.

Il Re Gioacchino Murat fissò definitivamente, con un Decreto del 7 novembre 1808, la sede dell’Intendenza da Trani a Bari nel Palazzo dell’attuale Prefettura… Ci accompagneranno i Ciceroni del Liceo Artistico DE NITTIS-PASCALI di Bari.

Castello Svevo, Sala Bona Sforza, P.zza Federico II

Ore 10,30 Palazzo Prefettura, P.zza Libertà n.1 – Bari

Aperitivo gentilmente offerto da AGRICOLA DEL SOLE

Aperitivo gentilmente offerto da AGRICOLA DEL SOLE

a cura di Rossella Ressa tel. 333.6568513 e di Gigi Leonetti tel. 338.4420076

a cura di Rossella Ressa tel. 333.6568513 e di Angela Scicutella tel. 349.8844505

XXI GIORNATA FAI DI PRIMAVERA

BARI – Palazzo del Barone Ferrara in Bari (Gioiello del Borgo Murattiano) Corso Vittorio Emanuele II, 112

Sabato 23 e domenica 24 Marzo Sabato 23 ore 10.00/13.00 - 16.00/18,00 - Domenica 24 ore 10.00/18.00 Corsie preferenziali per gli iscritti al FAI - possibilità di iscriversi in loco - Visite guidate


Venitucci, Vidi, Vici by Beatrice Camera

VENITUCCI, VIDI, VICI M

ichele Venitucci, classe 1974, prima ancora di essere un talentuoso attore barese è tante persone in una: è un viaggiatore “nomade”, un timido “sfrontato”, diventato, suo malgrado, un sex symbol, un appassionato della vita in tutte le sue manifestazioni, uno che prende il suo mestiere molto seriamente, ma che ti dà subito l’idea di non esserne schiavo, anzi di sapere esattamente quale peso dare a ogni cosa… E poi ha un sorriso contagioso, che ti allarga il cuore, l’occhio malandrino del bel ragazzo del Sud, la prontezza di spirito delle persone intelligenti e vere. Non stupisce che abbia fatto tanta strada, che ab-

bia catturato l’attenzione di registi come Rubini e Corsicato, che sappia passare dal cinema alla tv con tanta naturalezza, che sia in rapida e continua ascesa nel panorama degli attori italiani. Insomma, non si può negare che sia un piacere rivolgergli qualche domanda... Sei noto per essere un perfezionista, uno che si cala nella parte coltivando quotidianamente, direi maniacalmente, il suo personaggio. Questo ti ha mai provocato nella vita reale qualche “crisi di identità”? Il mio approccio al personaggio è cambiato con il tempo e con l’età. Adesso prendo tutto con più distacco, anche se l’approccio mimetico continua a piacermi e a divertirmi.

E’ un gioco gradevole per un attore quello di trasformarsi, ma non ho mai creduto nell’immedesimazione totale. Non mi porto il personaggio a casa o nel camerino, piuttosto lo osservo da dentro e da fuori come grandissima fonte d’ispirazione e arricchimento umano. Ho la possibilità di conoscere da vicino un’altra vita e un’altra storia, mantenendo una distanza di sicurezza. Gli approcci al lavoro possono essere diversi e io li rispetto tutti: l’importante è essere professionali e disponibili. Sai cos’è cambiata nel tempo? La mia disponibilità emotiva. Questo mi fa sentire non solo un attore più completo ma anche un uomo migliore.

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Michele Venitucci, born in 1974, even before being a talented actor Bari is so many people in one: a traveler “nomadic”, a shy “Brazen”, became, in spite of himself, a sex symbol, a fan of life in all its manifestations, one who takes his job very seriously, but that just gives you the idea of not being a slave, even to know exactly what weight to give everything ... And then has a contagious smile, you enlarges the heart, the eye of the handsome scoundrel of the South, the readiness of spirit of intelligent people and true. No wonder he did so much road, which has caught the attention of filmmakers such as Rubini and Corsicato, who can go from movies to

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tv so naturally, that it is rapidly and continues to rise in the panorama of Italian actors. In short, you can not deny that it is a pleasure to ask him a few questions ... You are known for being a perfectionist, one that got into the part growing every day, I would say maniacally, his character. This one has ever resulted in some real-life “crisis of identity”? My approach to the character is ‘changed with time and with age’. Now take everything with more detachment, even if the mimetic approach continues to please and to have fun. It ‘sa nice game for an

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actor to turn, but I never believed in ‘total identification. I do not carry the character at home or in the dressing room rather watch him from inside and outside as a great source of inspiration and human enrichment. I have a chance ‘ to get closer to an ‘other life is another story, maintaining a safety distance. Approaches to work can be different and I will over all, the important thing is’ to be professional and helpful. Do you know what ‘ changed over time? My emotional availability. That makes me feel not only an actor more ‘comprehensive but also a better man.

Do you feel more comfortable when you work for TV, film or the theater? An actor should feel at ease with everything, but especially perhaps the opportunity to practice all forms of expression, TV, film and theater. The modern actor is ‘forced to be more’ cross. I believe that this profession has changed and that there is almost the profession of an actor, if you want my personal opinion. The actors for too long have been mixed with non-actors and this has created confusion. One of my desires is resume with the theater. To re-establish contact with my strong and healthy profession.


What was the most challenging role you’ve played? The boxer “Out the ropes “by Fulvio Bernasconi, you earned him the Best Actor Award Festival of Locarno, ex-aequo with Michel Piccoli, the husband of Moana Pozzi - played by Violante Placido, in the miniseries-Sky, the young Nicholas “All the love that is” by Rubini, just to name a few? You mentioned, perhaps, that the characters I’m more ‘tied! Difficult to make comparisons. Different stories, different approaches. I can only tell you that in all there is a neglect and a sincere truth ‘. In “All the Love that there is” I was supported by the healthy and powerful unawareness of the debut. In “Outside the Ropes” the character of the Boxer ‘was the first real protagonist, so I had the opportunity to deepen the journey of my character and I are left with absolute transport. In “Moana” I had the opportunity to express myself in a little character, a little writing, by which was very difficult to get noticed, emotionally, in those conditions. A great challenge and a great experience. Why Sergio Rubini has chosen you, in 2000, among the protagonists of a of his most successful apulian “Amarcord” “All the love that is” in fact, launching yourself fully in the Italian star system?

Well ... we should do a separate interview! Ahaha! He chose me ‘cause I did a very good audition, because he saw a boy to debut, and still malleable, but even with a good sense, since I had just completed three years of study in a drama school in Rome. I follow it well and in fact I immediately understood the language of Rubini. How does it feel as “shy”, as declare that you are, to have a fans forum on internet? I do not have an internet forum ... or at least I think! I’m having a good collaboration with an online magazine, Style.it I have a book-blog entitled “What am I doing here?” I love writing, I love his strength and his solitude. It ‘a new form of communication for me, I always protected behind a character or a story already ‘written. The creative process changes, but my sensibilities and ‘the same. I always tell what I feel, what I see. Tell us about the early days? For example, how did you get involved with the Kismet .... The Kismet! What a lovely place it was! I hope it was a beautiful reality, I would like to collaborate with them ... I can tell you it was a postmodern and above which was a key meeting of my life. What I I’m done with them I found years later. Maybe I just including more ‘late,

despite having metabolized deeply. Their techniques study and their vision has been a great stimulus for my research. When you really feel free? When I travel I feel deeply free ... What is your relation with Puglia? My relation with this world is profound. Complex and visceral, as what you can have with your family. Detach and make the right distances allowed me to understand it better. 5 good reasons to get away from Bari and 5 equally valid reasons for coming back ... 5 are too many to go away ... it only takes two, it is almost necessary to go grow and become independent, but occasionally you have to go, at least for five reasons: The sea, the dialect, food, family, old friends. If you were not born in Bari, where you would like to be born? It ‘hard to think of a better place in Italy ... although lately live has become complex and frustrated. Using the imagination to say ... East. If I had not been an actor, what profession would you have felt more cut? I had the same attraction for Psychology (all of) and Marine Biology. What advice would you give to a young person today eager to undertake this career? There is something that you put in the guard?

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Some “truths” that ‘ve discovered along the way? Yes, first of all do not neglect the training: the school of theater, to example, is’ a great opportunity. Then look for the right people to have stimulus orientation. Even a high school teacher could help support our dreams. course, do not get fooled by easy shortcuts that TV or internet offer. Transform their desires in Do not just believe it needs to do things, but having the need to implement them. This makes the difference. Future projects? At the end of March will come out ‘a film that I’m very attached “Italian Movies” of Matteo Pellegrini, just presented to the Pit of the Rome Film Festival, and “Lithium Conspiracy “by Davide Marengo. I also shot a beautiful film by Angelo Orlando “Rocco takes on nombre” in Spain, performing in Spanish. A beautiful character, as intense as that of the boxer. I also just finished shoot a film set in Puglia, “Eppideis” Matthew Andreolli. 2012 and ‘ was a busy year ... preparatory to a change. 2013 will be the beginning of the changes. To all, I think. Will we see you at Bif & st this year? Which film? Can you give us some anticipation? No comment. A curiosity: the trumpet sounds

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again? How do you know? No, the sound unfortunately almost never! It has served its purpose many years ago. I was on a ship-navy school and I played, strummed say, the trumpet in a long crossing oceanic took me to the coast of North America. But this is’ another history ...

Teresa Ludovico, a meeting, a life by Rosalia Chiarappa

T

eresa Ludovico mi accoglie in casa sua e davanti a due tazze di the giapponese dal profumo intenso e dall’aroma “affumicato” mi racconta di quando in Giappone è stata organizzata appositamente per lei una cerimonia del the: un vero e proprio rito dove qualunque cosa, oggetti, gesti e parole, ha un suo preciso significato. “La cerimonia del tè, nella sua essenza, è l’espressione sintetica degli aspetti fondamentali della cultura giapponese” – mi spiega Teresa. “Nel paese del Sol Levante il culto del the, il “Chanoyu”, letteralmente l’acqua per il the, è una vera e propria forma d’arte, rappresentando il nesso tra vita e arte, sacro e profano. Il tè che si usa nella cerimonia non è il comune tè in foglie che si immerge in acqua calda. Si tratta di un tè dal caratteristico colore verde brillante, finemente polverizzato e disciolto in acqua calda con un frullino di bambù. Ne risulta una bevanda densa, leggermente spumosa, da un caratteristico sapore amarognolo assai diverso da quello del tè comune”. Continua a incantarmi col suo racconto Teresa: “un elaborato codice di etichetta regola tutte le fasi della cerimonia a partire dal posto da occupare durante la cerimonia, sia per gli ospiti che per il padrone di casa, alla designazione dell’ospite d’onore, al modo di servire e di bere il tè. La rigida osservanza delle regole formali altro non è che un modo per assicurare che nulla di

TERESA LUDOVICO

UN INCONTRO, UNA VITA

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Teresa Ludovico welcomed me into his home and in front of two cups of Japanese tea intense fragrance and by the “smoked” aroma tells me that when in Japan was organized specifically for her a tea ceremony: a true ritual where everything , objects, gestures and words, has a precise meaning. “The tea ceremony, in its essence, is the synthetic expression of the fundamental aspects of Japanese culture” - explains Teresa. “In the country of the Rising Sun worship of the tea,” Chanoyu “, literally water for tea, is a real form of art, representing the relationship between


life and art, sacred and profane. The tea that is used in the ceremony is not the common leaf tea that is immersed in hot water. It is a tea with a characteristic bright green color, finely ground and dissolved in hot water with a bamboo whisk. The result is a beverage dense, slightly foamy, by a characteristic bitter taste quite different from that of the

common tea “. Continues to enchant with its story Teresa, “an elaborate code of etiquette rule all phases of the ceremony from the post to be filled during the ceremony, both for guests and for the landlord, to the designation of the guest of honor, the way of serving and drinking tea. The strict adherence to formal rules

is nothing but a way to ensure that nothing unexpected disturb the decorous serenity and harmony of spirit associated with the ceremony itself. “ The ritual of tea is, according to Teresa Ludovico, a cult founded on the adoration of the beautiful among the facts is not always clear existence, is the worship of the

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imperfect, as it is a vague attempt to accomplish something possible in this thing impossible that is life, expressing all the way up the philosophy of this people. A people that the director of Bari from 2011 also artistic director of Kismet OperA one of the most innovative theaters in our region, knows very well because for twelve years has been in this land his shows, first of all Beauty and the Beast, rewrite the famous fairy tale, in collaboration with the Public Theatre and the Setagaja Za Koenj Public Theatre. A land in which he had already approached through the practice of martial arts like aikido, but then, by attending more and more often, gave the more complete and true theatrical act. But also of life. In fact, Teresa did his theory of relativity,

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typical of Japanese culture, which not only puts man at the center of the universe, but teaches everyone to not act as an absolute being, with his faults and his reasons, but always in relation with others saying that it is understood as a person but also as a culture different from their own. “Every act of our lives is unique, absolutely unique: it is in the theater, where an ordinary practice is taken to the extreme perfection. So it is in the tea ceremony, and so is the doctrine of the samurai whose motto is an encounter, a life. In the theater - adds Teresa - even if repeat the same show every night, one is not like the other because the scene is not only the representation but you enter things like the environment, including the outer, and the viewer. All this according to the director, trains daily to the deep knowledge of one’s being, but is also a workout to death, as the route of the theater, as well as being very demanding, is a continuous spiritual exercise to the understanding of the end: that which accompanies every night the closing of the curtain and the greeting of the company’s last performance. An end that every time Teresa lived as a true and deep lacerations. What resulted, however, in the life of Teresa the “charge” of the director


of the Teatro Kismet, which has held since 2011? “Definitely be more in the territory although now my work is divided between Bari and England. It is also a challenge to figure out what I can bring to the viewers. I take care of the entire theatrical season of Kismet as if it were a show, as a great director. This year, the name given to the season is Regeneration, which includes in its meaning the former with a promise again. The regeneration doors always carry the weight of history and tradition, but also a capacity for renewal. In this sense, there is a perfect harmony between theater and society, and is the first to bear the imbalance to meet the public. Second, in the construction of the theater season, mine is a look artistic rather than organizational. Companies that follow one another on the stage of the theater are masters, but always innovative in language, as well as groups of young people who are renovating the theater itself. Besides, this has always been the goal of a theater like Kismet: grow your audience and interact. So, traditionally, takes place at the end of the first ever Extra, a meeting with the artists in the foyer, a kind of conversation coordinated by theater critic Nicholas Viesti between actors and audience. “

What is the function of the theater today? “The theater today must be alert and awake, present and ready to recognize the signs of this and process them. The theatrical act should be used to share questions, never give answers. It ‘s a creative process that does not give solutions. This is the miracle of art, mystical and mysterious, because you can not explain. You can only think about being open and ritual: an act which participate with all your senses wide open to let ourselves be penetrated by the questions of the outside world, recasting them, then share them with the public. This is its most pedagogical, that for years the Kismet follows through its special projects in the social as the Festival I am different and you?, Dedicated to disability, and workshops for the children of the juvenile cookers Bari “. The interview is over, and our meeting closes the door with Teresa, who asked me: “Do you know what kismet in Sanskrit?”. I admit my ignorance and say no, waiting for the answer. “Good destiny, good meeting - she says - and it is the hope that the attention of all those who come to us or crossing their life with our theater. Are old words, whose meaning comes from afar and

brings with him always a gift. And closing the door behind me, tells me: Rosalia good way. “ Thanks Teresa, I believe that our meeting was really good.

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Ivan Iusco: the sense of music by Rosalia Chiarappa

musica

IVAN IUSCO

IL SENSO DELLA MUSICA

© olga diasparro

I

van Iusco è sicuramente uno che le idee chiare le aveva fin da piccolo. E comunque a soli diciassette anni, nel 1987, fonda la sua etichetta discografica Minus Habens Records. Impresa certo non facile in una città come Bari non proprio “tagliata” per chi come Ivan voleva fare della musica il suo mondo. Ma lui è tenace quanto capace e, in pochi anni, si guadagna nel resto d’Italia ma anche all’estero, una posizione di rilievo nel panorama della musica indipendente, che gli permette di coinvolgere nella sua piccola etichetta i grandi nomi dell’elettronica e della sperimentazione. Gente del calibro di Brian Eno, Aphex Twin, i Depeche Mode, i Thievery Corporation, Angelo Badalamenti, William Orbit, Laurent Garnier, i Cabaret Voltaire, Clock DVA, James Hardway, Llorca, Kevin Yost. Roba non da poco, insomma… E’ del 1999 la sua prima esperienza cinematografica, quando compone la colonna sonora del film “Lacapagira” diretto da Alessandro Piva, che riceve il premio per la miglior colonna sonora

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Ivan Iusco is definitely one that had clear ideas as a child. And still only seventeen, in 1987, he founded his own record label Minus Habens Records. Company certainly not easy in a city like Bari not really “cut” for people like Ivan wanted to make music his world. But he is tough as capable and, in a few years, you earn the rest of Italy but also abroad, an important position in the landscape of independent music, which allows him to engage in his small label the big names in electronics and experimentation. People of the caliber of Brian Eno, Aphex Twin, Depeche Mode, Thievery Corporation, Angelo Badalamenti, William Orbit, Laurent Garnier, Cabaret Voltaire, Clock DVA, James Hardway, Llor-

ca, Kevin Yost. Stuff not just, well ... It ‘in 1999 his first movie experience, when composing the soundtrack to the film “Lacapagira” directed by Alessandro Piva, who receives the award for best soundtrack at the festival in Valencia in 2000. In 2003 he was nominated for Best Score at the Silver Ribbon for the music for the film “My Cognato”, also by Alessandro Piva. He also collaborated with director Sergio Rubini, writing the main theme of the film “The Soul Mate” (2002) and the soundtrack of “The Love Back” (2004). And 2012 was a year quite challenging given that he composed the scores for “From What Part You” by Mario Bucci, Pierluigi Ferrandini, Francisco Lopez and “6 on the bus” by Rita De


Donato, Irene Di Lelio, Simon Dante Antonelli, James Bisordi, Emiliano Russo, Anthony Ligas, produced by the National Academy of Dramatic Art Silvio D’Amico and presented in Venice during the 69th Venice International Film Festival. “Water” is the title of the first solo album by Ivan Iusco not related to cinema, where there are contamination between musical worlds apart in appearance and many guests including the Austrian singer Betty Lenard, the American rapper Nav-Vii, the violinist Pantaleo Lyrical Symphony Orchestra Foundation Gadaleta Petruzzelli and guitarist of the band Luciano D’Arienzo Vegetable G. Composer and record producer: plus one or more other?

The composition and record production have taken root in each other from the outset. Moreover, in 1987, the very first title released by Minus Habens was really my own album in cassette format. After twenty-five years, hundreds of publications record and numerous soundtracks, the publication of the book “Minus Habens eXperYenZ” explores the length and breadth of both the faces of my activities through the contributions of artists and professionals with whom I worked. Among the 224 pages there are texts by Sergio Rubini, Alessandro Piva, Luca De Gennaro (artistic director of MTV) and many others that trace the history of the label and experiences together. In this

long journey, I was able to live in a harmonious way the size of composer and record producer reconciling, sometimes with considerable sacrifices, energy, resources and different times. Where do you get inspiration for composing your music? When work for the cinema is necessary to know the director, his world and what he intends to communicate through his film. Equally important is the reading and study of the subject and the script. But it happened to me sometimes to be involved in the editing of the film. In these cases, the same images to evoke whole worlds of music. It is a work in the creative phase does not use rules or diagrams, each composition

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was created in a different way and in accordance with processes almost always elusive. The inspiration comes in unexpected and unpredictable. This is its charm. A voice, a sound, a memory, a fright, a kiss, a scene from a movie, a dream, an appliance or silence. Virtually anything can trigger a creative process. In addition to writing original soundtracks for films, composing for television, advertising and video art. The question is mandatory: you have time for everything? Even for a private life? My private life is often heavily shocked and overwhelmed by the work and its deadlines. Its protection is never simple result! One of your earliest musical memories is ... I have no doubt, “Head Down” by Ennio Morricone. It is a song that as a child he “woke up” my perception. From that point on, I never stopped to listen with particular attention soundtracks. Instrumental music features are always different. Among the scores I found exceptional composers and music unexpected, surprising ... The soundtrack is the undergrowth of a film, the music and sounds interact with the consciousness of the beholder. There is a difference between writing music for films or for his own project as “Water”? No, in the embryonic stage of composition there

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is a substantial difference. Instead, the next process is totally different. The cinema offers the opportunity to develop and articulate musical themes belonging to the character of an actor or to those parts of a story and these same themes can be declined in different ways according to the evolution of the film narrative. It is an amazing job that can increase unexpectedly the charm of a movie. While composing music for his own projects can be expressed in absolute freedom. They are separate paths but both beautiful. Tell us more fully to this work of yours, starting with the title: why water, water? Water is a natural element with extraordinary features. We live our first nine months of life immersed in this liquid and is the element which is composed of the human body for more than 70%. Even our planet is covered by water at the same rate. A coincidence that could reflect on the deep connections with the planet. The water brings peace and purity but at the same time can be carrier of pollution or be destructive and devastating, we think of a flood or a tsunami. My album “Water” came out a few months ago is very heterogeneous. Includes three episodes orchestral definitely related to my film experiences, three songs sung by the beautiful voice of the

Austrian Betty Lenard and as many tracks aggressive and night when raging voice of the rapper Nav-Vii in Atlanta. Different musical worlds at that time I wanted to combine into a kind of clash of currents, a phenomenon common in the seas of certain geographical areas. And now we talk about Ivan’s every day. Your worst fault? We have a few extra page to talk about it? One out of all the anxiety that they can not realize an idea in the same form in which it is manifested in my mind. Not infrequently this anxiety lying on people closest to me putting a strain on their threshold of tolerance!

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