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le opere déjà vu di Francesca Sacco

Milano - Francesca Sacco

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Text andPhotos } Francesca Sacco www.francescasacco.com/ info@francescasacco.com

www.instagram.com/francescasaccocollages/

Ci puoi raccontare come hai iniziato e perché hai scelto proprio la tecnica dei collage?

Ho iniziato con la fotografia, da sempre grande passione insieme al cinema. Vivendo poi a pieno il passaggio culturale tra digitale ed analogico ho iniziato a scomporre la fotografia non solo come oggetto ma anche come insieme. Ho iniziato a “spezzettare” immagini cercando però di dare ad ogni “pezzetto” una storia. Ecco perché il collage.

Il collage mi ha dato la possibilità di aggiungere storia alla storia, prima separando e poi unendo. Il fatto di aver scelto come soggetto principale le città è una colpa da attribuire a Genova, la mia città natale, che per sua natura ha una struttura irregolare e scomposta che mi ha ispirata al racconto in verticale e all’assenza di prospettiva.

Il collage mi ha dato modo di mettere insieme l’impossibile sfidando ogni sorta di regola.

Ti definisci déjà-vuer, cosa significa?

Déjà-Vuer è una parola che forse non esiste ma volevo dare a un profilo a chi come me ha spesso

esclamato “ho un déjà vu”.

Il déjà vu è quanto di più intrigante ci possa essere quando si parla di memoria e di vite passate ma anche e soprattutto di sogni.

Spesso mi è capitato di vivere una situazione e sentire di averla già vissuta, forse sognata.

Nelle mie opere ho pensato di poter portare anche questo, mi piace l’idea di esortare al ricordo lo spettatore provocandolo con simboli, numeri, frasi, dettagli apparentemente casuali che stimolano la memoria. Qual è la prima cosa che attira la tua attenzione quando sei in viaggio in una città?

Il senso più curioso che ho è l’olfatto quindi ti parlerei di odori, ti so dire di cosa profuma una città piuttosto che un’altra mentre dal punto di vista strettamente visivo mi piace quasi da subito dare una collocazione storica a quel che sto vedendo.

Mi piace ad esempio far caso alle insegne dei negozi, agli interni dei bar, all’architettura in generale. Mi piace fantasticare sul fatto che un luogo possa

Berlino - Francesca Sacco

essere rimasto fermo nel tempo. Inoltre, mi piace osservare gli infissi, porte e finestre usurate dal tempo, serrature e maniglie dove sono passate mani su mani.

Tutto ciò che porta con sé una storia mi attrae e più questa storia ha consumato il soggetto in questione, che sia un dettaglio o una città intera, più mi piace.

Come riesci a raccontare un viaggio, reale o immaginario attraverso il tuo stile particolare? Cerco di portare il più possibile dentro al quadro. Se sono realmente stata in quel posto allora inizio a portare i “miei luoghi” che possono essere le case dove ho alloggiato o i quartieri dove ho lasciato qualche ricordo personale e da lì allargo la visuale cercando di aggiungere dettagli “pop” che possano creare un linguaggio comune e stimolare il ricordo condiviso a chi guarda.

I ritagli sono un grande alleato del racconto perché ogni pezzetto

Cuba - Francesca Sacco

porta con sé una storia e oltre al mio racconto personale c’è anche quello di chi ha visitato quel posto, quindi mi permetto di dire che in fondo non si tratta solo di me ma anche di chi guarda.

Hai mai pensato di creare un taccuino di viaggio, come Ernest Hemingway o gli altri grandi artisti?

È una bellissima idea! Mi piacerebbe avere un piccolo diario dove aggiungere “pezzetti” di viaggio. Non ho un vero e proprio taccuino ma mi capita di raccogliere cose dai viaggi, ad esempio trovo spesso carte da gioco per terra e le tengo tutte sperando di creare un mazzo intero di “trovatelle”, mi è capitato di inserire qualche carta in qualche città così come altre cose come lettere, piccoli appunti, francobolli, aggiungo sempre qualcosa di materico al collage.