Bibenda n° 76

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Come si cambia

Il cambiamento climatico su scala globale è una realtà in rapida ed allarmante evoluzione, tanto da aver indotto nel 2015 quasi 200 Paesi a siglare l’accordo di Parigi per contenere le emissioni di gas serra, puntando ad un riscaldamento del pianeta di massimo 2°C: purtroppo finora non si è giunti ad una sua concreta attuazione, non essendo stati presi impegni chiari e determinanti da parte dei sottoscrittori. Stando alle stime degli esperti, nel giro di poco più di mezzo secolo sarà stravolta quella che è la geografia del vino mondiale. I vigneti, oltre ad innalzarsi fino a quota 800 metri, da un lato si spingeranno ad occupare aree sempre più a nord (anche nell’ordine di 650 km), dall’altro abbandoneranno siti attualmente coltivati. Tra le aree settentrionali ove la presenza delle viti si farà sempre più importante un posto d’onore è occupato dal Regno Unito, che già da un po’ di anni vede un marcato climate change. Prendendo a paradigma l’estate 2018, sulla base dei dati forniti dall’Ufficio Meteorologico inglese, emerge con tutta evidenza come questa sia stata nel complesso molto calda. Rispetto alla media rilevata nel periodo 1961-1990 molte zone centrali e orientali del Paese hanno registrato variazioni di temperatura superiori a 3°C, ed anche facendo il confronto con il più recente periodo 1981-2010 la differenza si attesta ancora a oltre 2°C per vaste aree del Regno Unito [Foto 1 e 2]. Per di più, il clima è risultato insolitamente secco, tanto che – fatto in assoluto straordinario – in alcune parti dell’Inghilterra e del Galles nel mese di giugno non si sono registrate precipitazioni degne di nota. Per questi motivi il Regno Unito potrebbe trasformarsi, entro la fine del secolo, in una terra di grandi vini. L’innalzamento delle temperature estive di questi ultimi anni si è rivelato molto favorevole per la viticoltura inglese. Chardonnay e pinot nero hanno n

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fatto la loro decisa comparsa nei vigneti, mentre le ‘vecchie’ varietà autoctone (bacchus,

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reichensteiner, seyval blanc) hanno visto, per effetto non tanto delle alte temperature

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diurne, ma anche delle notti più miti, un aumento di qualità, grazie a migliori livelli di zuccheri, acidi più bassi e alti livelli di estrazione. Ma, come scrisse William Shakespeare ne Il mercante di Venezia, “all that glisters is not gold”, non è tutto oro quel che luccica! Infatti, accanto a questi effetti all’apparenza benefici, il clima presenta con maggior frequenza fenomeni meteorologici estremi: gelate tardive impreviste, venti molto forti, rovinose alluvioni, tutti fattori già di per sé dannosi ma che determinano anche la comparsa di malattie e parassiti della pianta, in passato raramente sviluppatisi nei vigneti del Regno Unito. Si pensi, ad esempio, all’annata 2012 con abbondanti piogge cadute sia durante la fioritura sia al momento del raccolto che hanno totalmente azzerato la produzione (tra le aziende più note che hanno dovuto soccombere di fronte alle forze della natura troviamo Nyetimber, che ha rinunciato a produrre di fronte alla qualità troppo scarsa delle uve); o ancora all’annata 2017, quando una primavera calda e soleggiata ha anticipato di due settimane o più lo sviluppo delle

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