Weekly Enjoy #005

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IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO

Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
Pubblicazione settimanale gratuita #005 - 22 Luglio 2023
Direttore Responsabile: Alessandro Mauro Rossi Coordinamento Editoriale Digital: Carlo Carnevale Grafica e Impaginazione: Beatrice Dalla Paola Direttore Commerciale: Michele Belingheri

RISTORANTE QAFIZ località Calabretto, 1 Santa Cristina d’Aspromonte (RC) qafiz.it

VIP: VERY IMPORTANT POSTO

RISTORANTE QAFIZ

Santa Cristina d’Aspromonte è il fulcro di un luogo magico per la biodiversità agricola italiana, si può spaziare dai funghi ed erbe di alta montagna sino al pesce e ai profumi di macchia mediterranea della spiaggia selvatica. Un luogo in cui un cuoco, anche forager e agricoltore, passeggia nel suo territorio e scopre ingredienti e stimoli da abbinare alle sue ricette. Una cucina autenticamente personale, molto identitaria e viva di contrasti quella dello chef Nino Rossi Piatti come il Carnaroli, aringa affumicata, frutto della passione, caffè, cardamomo verde o Trota, fagioli “Pappaluni”, arancia e artemisia e infine il territoriale Linguine, carapaci affumicati, salmoriglio al pino laricio sono il simbolo di questa cucina scintillante, fresca, viva e molto personale. La dimora del ristorante è anche piccolo luogo di accoglienza con due camere, che diventeranno presto di più, per potersi godere a pieno una esperienza inclusiva e approfondita di questa magica terra. Il servizio, giovane attento e premuroso, non vi farà certo rimpiangere il viaggio anzi, vi donerà una pausa di serenità e godimento in un luogo davvero unico e incantevole.

NOME DELLO CHEF : Nino Rossi

MENU DEGUSTAZIONE : Take a walk on the wild side 135 euro

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO CALAMARETTI IN VELO DI LARDO

RISTORANTE CASA BUONO CHEF: ANTONIO BUONO

Antonio Buono, napoletano di origine, lungo sette anni al governo delle cucine di Mauro Colagreco al Mirazur di Menton si è reso protagonista sottotraccia dei maggiori successi di Mauro, dei meritati e massimi riconoscimenti che un ristorante potrà mai ottenere. Una pioggia di stelle, il primato nei WBR e l’inserimento di Mauro anche nella prestigiosa associazione dei Grand Chef Relais & Chateaux. Cambiato lato di frontiera, quindi a Ventimiglia, negli ultimi anni ha ricreato una situazione più sobria, più morigerata, più coerente a una maniera meno stressante di vivere la vita, la famiglia, il lavoro. La sua cucina è molto attenta nella ricerca di prodotti locali lungo la Val Roia, anch’essa “terra di fiume di frontiera” dove percorrendola fino al Colle di Tenda, cambi più volte nazione con una facilità inconsueta, senza percepire grandi differenze. Mescolare le proteine della carne e del pesce può diventare per altri chef un diffuso e puro esercizio di stile, un confine non semplice da varcare, mentre la sensibilità di Antonio lo porta a centrare spesso grandi piatti sia su basi vegetali, come di moda in questo periodo, mentre farlo inserendo felicemente nella medesima ricetta carne e pesce, sarà il superamento di un coefficiente di difficoltà superiore. Dunque, il piatto, che sa guardare oltre altre frontiere. Calamaretti cotti pochissimo, velati di lardo di Colonnata -che in fondo ha una consistenza non molto diversa- appoggiati gentilmente dentro una vellutata di dolci pomodorini gialli, dolcez za compensata da una vinaigrette profumata di zafferano e, il tutto, ricamato da un filo di nero di seppia. Cromatismo non fine a stesso e elementi sapidi, dolci e acidi in agile equilibrio.

RISTORANTE CASA BUONO Corso Cuneo, 28 Ventimiglia (IM) Frazione Trucco Tel: +39 340 5188538 ristorantecasabuono.com

COMUNICAZIONE E UTOPIA NEI TEMPI MODERNI

Quel marasma profondo e affascinante che sono i social media (pronunciato con la e!) permette una riflessione di opposti che mai troverà una risoluzione univoca.

Da un lato, la preziosa possibilità di raggiungere chiunque, un megafono di portata inestimabile per un giornale: il contrappasso, anche giusto, è quello dell’esposizione di una comunicazione al (non) apprezzamento generale, e dei conseguenti conti da dover fare con le eventuali reazioni.

All’angolo opposto, la libera facoltà di dire la propria, cosa impossibile fino a vent’anni fa, quanto meno al di fuori della cerchia della famiglia o del bar, ammesso ce ne fosse una.

Ma anche questo gioca un ruolo: tornando al giornale, è di vitale importanza instaurare un confronto solido con i lettori, che abbracci varie aree, dalla qualità degli scritti alla linea editoriale, perché gli eventuali errori spronino la crescita futura. Non è dunque possibile stabilire se la democratizzazione del “dico la mia” sia cosa del tutto positiva o negativa. L’utopia, quello è certo, sarebbe ricevere anche le critiche di giornalisti di altre testate, aperte ma corrette, tipiche dei bravi comunicatori a prescindere dalla casacca indossata: fossero anche soltanto refusi da segnalare, sarebbe una spinta positiva al sistema della comunicazione tutta, rispetto al condividere tra pochi intimi con velati risolini di scherno. Ma d’altronde, utopia è tale perché irraggiungibile, meglio le bacheche e i tag…

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di Alberto Cauzzi di Roberto Mostini Carlo Carnevale Carlo Carnevale Coordinatore editoriale digital de Le Guide de L’Espresso

di Antonio Franchi CIOCCOLANDIA

CONSERVAZIONE DEL CIOCCO

LATO

Il cioccolato deve essere conservato in assenza di umidità, tra i 13-15 e i 18 gradi centigradi e lontano dagli odori. In presenza di umidità eccessiva (la percentuale ideale è sotto il 50%) si ha la cristallizzazione dello zucchero, che va a formare una patina bianca, con riflessi sul gusto. Sono, poi, da evitare gli sbalzi di temperatura, soprattutto in eccesso, poiché affiorerebbe il burro di cacao, con effetti negativi sul gusto. Né può conservarsi il cioccolato in luoghi caratterizzati da odori forti, perché il burro di cacao presente nel cioccolato tende ad assorbire gli odori: da evitare, dunque, il frigorifero, ove si è in presenza di umidità, di temperature inferiori a 13 gradi centigradi e spesso di odori inquinanti. Qualora il cioccolato abbia subito sbalzi di temperatura e mostri la tipica patina bianca, è comunque possibile utilizzarlo facendolo fondere a bagnomaria o nel forno a microonde. Con un buon temperaggio, il cioccolato tornerà nella condizione iniziale.

Se, poi, si debba conservare del cioccolato in un periodo ad alta temperatura stagionale e non si disponga di una diversa possibilità, si potrà porre il cioccolato in frigorifero, all’interno di una scatola ben sigillata; dovrà poi essere estratto dal frigorifero per tempo prima di consumarlo. Per apprezzare al meglio tutti i sapori e gli aromi, il cioccolato deve essere consumato prima possibile: i gianduiotti e il cioccolato con le nocciole in generale, dopo non oltre 3 mesi dalla produzione; le praline che contengano creme o speciali farciture dopo non oltre 1 mese, le ganache entro 2-3 settimane e le tavolette non oltre qualche mese.

CURIOSITÀ ARTIFICIALI

Abbiamo chiesto all’AI...

La carne sintetica è un tipo di carne prodotta in laboratorio a partire da cellule animali che vengono prelevate tramite biopsia dall’animale e fatte crescere in laboratorio con dei nutrienti. Dall’insieme di queste cellule si ottiene un tessuto che sarà il prodotto finito. La carne sintetica viene chiamata anche coltivata, artificiale o clean meat. Secondo i dati del report Nomisma per la IX Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani, il mercato mondiale della carne in vitro ha già registrato importanti investimenti, pari a 1,3 miliardi1. Le aziende di riferimento a livello mondiale, tra laboratori e start up, sono passate da 13 a 117 dal 2016 al 2022 e la produzione globale di carne in vitro si prospetta al 2030 in aumento fino a 2,1 milioni di tonnellate1. Nel 2020, nonostante la pandemia, il mondo della bistecca sintetica ha attirato circa 350 milioni di dollari in

I paesi più avviati alla produzione di carne sintetica sono Stati Uniti, Israele, Corea del Sud, Cina e Sudafrica.Il prezzo della carne sintetica è in costante diminuzione. Nel 2008, produrre 250 grammi di carne coltivata costava circa un milione di dollari, mentre nel 2015 il prezzo stimato per un hamburger era circa di 250mila dollari1. Nel 2013, realizzare un chilo di carne “creata in laboratorio” costava circa 620.000 euro, mentre due anni dopo il prezzo era sceso a 85 euro e oggi è sceso ulteriormente a 20 euro2. Nel 2020, per la prima volta, la Singapore Food Agency ha approvato la vendita di carne coltivata ai consumatori. In un ristorante di Singapore, alcuni hanno potuto finalmente mangiarla. Sul menù c’era un tris di piatti al prezzo di 23 dollari1.

PERSONAGGI

FRANCESCO MARTUCCI

Francesco Martucci è il miglior pizzaiolo del mondo. Non lo diciamo noi ma la prestigiosa classifica 50 top pizza (www.50toppizza.it) che lo ha incoronato per l’ennesima edizione in testa a tutti. Ma pochi sanno che francesco Martucci è così talentuoso da aver rivoluzionato, e continua a rivoluzionare, il concetto di pizza e la sua stratificata evoluzione. E lo fa perché non si accontenta mai ed il motore della sua crescita così vertiginosa, a poco più di 40 anni, è tutto nelle sue parole : “La mia non è una famiglia benestante, mio padre Paolo faceva il camionista e mia madre Maria cresceva me, mia sorella Sabina e mio fratello Sasà. A dieci anni non avevo altra scelta che andare a lavorare perché dopo la crisi a casa nostra a volte mancava anche la corrente elettrica. Da quella età in poi ho fatto di tutto cominciando da mio zio Franco Pagliaro, il fratello di mia madre, che aveva creato una delle prime pizzerie di Caserta, il Solito Posto, dove si curava la qualità e si prestava più attenzione alle lievitazioni». E di passo in passo con tanta determinazione, volontà, voglia di lavorare e un indiscutibile talento è arrivato in cima al mondo, ma senza accontentarsi mai. Il re della pizza alberga a Caserta, correte a provarlo!

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E la carne sintetica ?

LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI

L’esperto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

DOLCE & AMARO

INNOVAZIONE ALLA GRIGLIA

La griglia è un utensile per cottura costituito da piccole lamine o sbarre di ferro, acciaio inossidabile o ghisa.

Detta anche gratella o graticola

Perché la cottura alla brace sia perfetta è necessario che le temperature siano molto elevate

Il soffritto

Un trionfo di colori e di suoni: quelli che si sentono al momento del taglio rapido delle verdure e quelli crepitanti che scoppiettano in casseruola. La storia racconta che da tempo immemore l’uomo cuoceva in una sostanza grassa dei pezzetti di vegetali per dare gusto al pasto. In due parole: un gusto italiano.

Menù a tutto fumo

Abbiamo appena elogiato affumicatori e BBQ però in una sequenza di piatti – e le eccezioni confermano la regola – così come era ripetitiva, in primis per le consistenze, la sfilza di cotture sottovuoto altrettanto si può dire di un utilizzo forsennato degli strumenti di cui sopra.

L’alternanza è diversità.

La brace è il metodo più antico di cottura. Proprio per questo spesso si sente parla re di cottura ancestrale a richiamo di antiche usanze e tradizioni. La brace infonde un senso di condivisione, rispetto per il fuoco, tecnica e passione. Quando si parla di brace, l’acquolina conquista subito il nostro palato, proprio per l’effetto incomparabile che riesce a donare questo tipo di cottura, sviluppando un’intensa serie di reazioni di Maillard (caramellizzazione delle proteine) che dona croccantezza esterna al prodotto e imprime quel piacevole sentore di affumicato. La cottura alla brace può essere realizzata all’interno del camino, sfruttando le braci della legna, sul barbecue a carbonella, oppure mediante altre: griglia a gas con lava vulcanica e griglia elettrica. Perché la cottura alla brace sia perfetta è necessario che le temperature siano molto elevate, e questa rappresenta la difficoltà maggiore nella capacità di raggiungere il giusto equilibrio tra quantità di calore e distanza tra sorgente e vivanda, in rapporto allo spessore e al tipo di alimento da cuocere. Ci aiuta nel percorso lo chef Mattia Trabetti di Alto a Fiorano Modenese: «Noi utilizziamo il Josper, che è un prodotto innovativo che fonde in una sola macchina le funzionalità della griglia e del forno, permettendoci cosi di avere il massimo risultato: anche se ci troviamo in una cucina, in un luogo chiuso, abbiamo la possibilità di lavorare in totale sicurezza, ottenendo un risultato ottimale. Dagli antipasti con l’anguilla che cuociamo intera, che sarà utilizzata per completare il il piatto con rabarbaro e alchermes, ai primi piatti come i ravioli di pollo alla diavola, dove cuociamo sia il pollo per la farcia che i ravioli direttamente nel Josper per creare un’effetto tostato e croccante all’esterno. Ovviamente utilizziamo questa tecnica anche per cucinare per esempio il piccione sulla sua carcassa per ottenere una cottura uniforme e precisa, che esalterà il piatto con rape rosse, pepe fermentato e vaniglia. Oltre alla cottura classica, è molto interessante anche sfruttare la brace come base per cottura in casseruola per salse o farce da utilizzare poi per creare una pasta ripiena particolarmente saporita, o come metodo di cottura al cartoccio per verdure o agrumi. Menzione particolare vorrei farla al Binchōtan, carbone attivo naturale a lenta combustione, a bassa emissione di cenere e di fumo, capace di avere alte temperature e lunga durata, e la particolarità maggiore è che può essere utilizzato per cuocerci direttamente gli alimenti sopra quando è ben caldo. Ciò permette di creare un piatto decisamente saporito, avvolgente, con carattere».

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CANTINA CHIARA ZILIANI

Via Franciacorta, 7

Provaglio d’Iseo in Franciacorta (BS)

Tel. 030 981661

info@cantinachiaraziliani.it

IL BUON VINO… di LUCA GARDINI

Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes. com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

FRANCIACORTA IN TERRAZZA

Tra le novità più intriganti regalate da un movimento di cospicua rilevanza come quello della Franciacorta, la cantina guidata da Chiara Ziliani è indubbiamente una delle più succose, ulteriore conferma, casomai ce ne fosse bisogno, degli implacabili twist of fate del mestiere della vite. Chiara, infatti, proveniente da una famiglia di imprenditori di successo nel settore tessile, con un futuro già scritto da architetto, sceglie coscientemente di produrre vini, consolidando il progetto avviato da papà Evangelista. E, come se non bastasse, punta decisamente in alto. Siamo nel comune di Provaglio d’Iseo, cuore pulsante della Franciacorta, a 240 metri di altezza, poco più di 30 ettari totali, di cui circa 17 vitati, coltivati su una collina di origine morenica, ragnatela di parcelle terrazzate collegate da stradine e camminamenti, dotate di condizioni geo-morfologiche svariate, tanto da corrispondere a micro-climi differenti, vero toccasana per la produzione enoica di qualità. Oltre a questo, in vigna l’orientamento è da sempre quello della lotta integrata e del minimo interventismo possibile, ma c’è soprattutto una naturale tensione verso la qualità, confermata, nella scelta delle etichette, dal forte peso, quasi esclusivo, conferito ai millesimati. I vitigni coltivati sono Pinot Bianco, Pinot Nero e Chardonnay per gli spumanti e i bianchi, e Merlot e Cabernet Sauvignon per i rossi, per un totale di una trentina di etichette, divise in cinque linee, anche se Chiara è mente eclettica, cui non difetta né coraggio né la giusta dose di spregiudicatezza, quindi le novità nella “stanza dei bottoni” non mancano mai. Vini sottili ed eleganti, i suoi, ma comunque dotati di pulizia, densità e tensione, carichi di note agrumate, floreali e officinali e tutti caratterizzati dall’ottima persistenza. Una cantina dal fulgido presente e dall’altrettanto entusiasmante futuro, insomma, prodotto non casuale di territorio e vision decisamente azzeccate.

FRANCIACORTA DOCG

PAS DOSÉ ZILIANI C 2019

PUNTEGGIO 98+/100

prezzo €

Un dosaggio zero di eleganza ed equilibrio per la cantina di Chiara, da Chardonnay e Pinot Nero, proveniente da vigneti in conduzione bio cui è dedicata proverbiale cura ed attenzione. Susina gialla, poi timo cedrino all’olfatto, con tocchi di biancospino, il sorso è croccante-denso, salmastro, di persistenza, con ritorno fruttato. Un vino soave, delicato e comunque di grande intensità, davvero perfetto con un (altrettanto) territoriale risotto zafferano, salmerino marinato e riduzione di Franciacorta.

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La titolare Chiara Zuliani.

GRAND HOTEL FASANO

La storica residenza della famiglia imperiale austriaca, oggi punto di riferimento dell’accoglienza di lusso sul Lago di Garda. Da alcune chiacchiere tra colleghi è emerso più volte quanto i laghi non siano un concetto di vacanza che gli italiani hanno particolarmente a mente (a cuore non ci arrischiamo a dirlo). Siamo legati a tante seconde case di nonni e zii, eredità di famiglia che ci consentono una fuga di facile organizzazione e gestione durante il weekend. Soluzioni che riprendono per filo e per segno i ritmi e le abitudini di quella villeggiatura oziosa che in qualche modo il lago richiama e la quale chi ha ormai passato una certa età apprezza in particolar modo. Il milanese a questo tema è particolarmente sensibile in quanto a circa un’ora di macchina dalla sua viziosa metropoli si ritrova una scelta piuttosto considerevole: Como, Lecco, Iseo, Garda, Varese, per non parlare di chi si spinge addirittura oltre al confine regionale per arrivare sul Lago Maggiore o verso Orta. Le possibilità di questa tipologia di destinazione sono molteplici, perché rispondono alla voglia marina di tuffi e bagni, con piccole spiagge di sassi e non, vita da barca e un buon livello di implementazione di sport d’acqua e attività naturalistiche (passeggiate, scampagnate, corse, biciclettate).al made in Italy con un tocco in più di glam e fascino. La verità è che i laghi sono perfetti per fare sport – alcuni più di altri – e con un turismo straniero molto più affiatato, competitivo, allenato. Les italiennes – anche per cultura e educazione – sono meno fanatici di fatica e sudore ma tutto ciò che è signorile e

comodo ci piace sempre. Cercando quindi di farsi più belli e performanti per la clientela nazionale e con l’aspirazione di diventare luoghi del cuore per tedeschi, svizzeri o francesi, alcune realtà lacustri hanno realmente dato un giro di vite alla propria identità. Cambiamenti sostanziali a livello manageriale, restyling degli interni, aggiornamento dei servizi – specialmente saune, piscine, spa – e complessivamente un grande lavoro sui reparti food and beverage.

Il Grand Hotel Fasano, a Gardone Riviera, ha saputo fare di questa esigenza un vero e proprio trampolino. Costruito nel 1888 come residenza di caccia della famiglia imperiale austriaca, l’hotel ha un impianto neoclassico, con un parco di 12.000 mq dal quale si può accedere direttamente alle acque del lago. 79 camere che da circa un paio d’anni sono state totalmente rinnovate, con una metratura insolitamente ampia dai 30 ai 70mq circa per quelle più lussuose, fatta eccezione per la Grande Suite che raggiunge i 100mq e abbraccia una vista meravigliosa. Al tramonto il testimone passa nelle mani di Rama Rezdepi, professionista con decenni di esperienza all’estero tra strutture di lusso e cocktail bar d’autore, è arrivato al Fasano trovando un contesto ancora vergine e tutto da costruire. A lui si deve la messa a terra di una Gin Lounge di tutto rispetto e di una rivoluzione silenziosa ma sostanziale della proposta di miscelazione – tasto spesso dolente in tanti hotel di livello. Affidatevi a lui per un cocktail, un viaggio tra i distillati, un gin tonic servito ad hoc. Rama non vi deluderà. A partire dalla primavera 2022 anche l’ultimo tassello è stato completato. Maurizio Bufi è il nuovo chef del fine dining Il Fagiano mentre Pasquale Tozzi conduce ben due ristoranti, il Magnolia e Il Pescatore. L’offerta è stata pensata per essere il più accessibile possibile ma allo stesso tempo per lasciare ai due protagonisti la libertà di imprimere una propria identità, da un punto di vista creativo e di dialogo verso una clientela eterogenea. Bufi conferma: «Vogliamo fare la differenza e avere la certezza di poter garantire, sempre, un’offerta gastronomica all’altezza delle aspettative di chi sceglierà la nostra struttura. Avremo per le mani ciò che di più prezioso ha la gente oggi, il proprio tempo libero e da questa consapevolezza nasce la nostra decisione di provare a dare più alternative, aprendo finestre sul mondo capaci di assecondare anche i palati più esigenti». Quindi, prossimo sabato e domenica tutti al lago?

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THE ITALIAN TRAVELLER di Chiara Buzzi

DAIQUIRI: DA CUBA AL MONDO IN SOLI TRE INGREDIENTI

Uno dei simboli della miscelazione cubana, diventato pilastro del mondo del bar, tanto da avere una giornata mondiale dedicata. Daiquirì, con l’accento, è il nome di un piccolo e fiero villaggio nel Sud Est di Cuba, a una ventina di chilometri da Santiago. Quando nel 1898 l’esercito statunitense sbarcò con successo su queste coste, fu seguito da un drappello di periti di più vario genere, perché lo Zio Sam cominciasse a sfruttare l’enormità di materie prime che si trovavano sulla Isla. Tra questi ci fu l’ingegnere Jennings Stockton Cox Jr., baldo esperto d’attività mineraria, che fu posto a capo dei lavori nei giacimenti di ferro, tra i più fruttuosi dei quali era, appunto, quello di Daiquirì.

Cox, durante la sua permanenza a Cuba, ricevette spesso la visita di un collega italiano, Francesco Domenico Pagliuchi, con il quale, secondo la leggenda (che poi tanto tale non è, data la presenza di lettere autografe che lo certificano), era solito intrattenersi a bere una miscela dei tre ingredienti che l’isola aveva da offrire in enorme abbondanza: rum Bacardi, lime e zucchero. Nasceva così uno dei cocktail più semplici e al tempo stesso deliziosi che il mondo abbia mai conosciuto, tra i capostipiti della miscelazione cubana ed egregio rappresentante della categoria dei sour: il Daiquiri.

Al bartender Costante Ribalaigua Vert, scomparso nel 1952, vanno attribuiti lo sviluppo e la fama di questo drink fresco, dolciastro e di impressionante bevibilità: tra le pareti del suo bar, che fu prediletto dell’onnipresente Ernest Hemingway (“Mi mojito en la Bodeguita, mi daiquirì en El Floridita”), Costante mise a punto alcune delle varianti divenute oggi imprescindibili per la formazione dei professionisti del settore. Potete allora richiedere il vostro Daiquiri up (in coppetta), on the rocks (su ghiaccio) o frozen (frullato): sono interpretazioni di un classico immortale, celebrato nel mondo con il World Daiquiri Day al 19 di luglio, tributo a una cultura e a una storia da poter rivivere quotidianamente (e responsabilmente). In attesa del vostro prossimo biglietto aereo per L’Avana.

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COCKTAILS & DREAMS di Carlo Carnevale

GASTROCKNOMIA

IL FUNK ROCK DI JAMES BROWN IN UN PURÈ DI PATATE

(Do the) Mashed Potatoes” è stato registrato da James Brown con la sua band nel 1959 e pubblicato come singolo nel 1960.

Diciamo la verità, si può mai parlare di cibo senza menzionare uno degli elementi principali di tutte le cucine del mondo? Stiamo ovviamente parlando della patata, coltivata nella regione delle Ande fin dai tempi delle civiltà precolombiane e scoperta successivamente dagli europei tra il 1580 e il 1585. Questo prezioso (ma per fortuna popolare e accessibile a tutte le tasche) ingrediente deve la sua fortuna all’agronomo Parmentier, che dopo averne apprezzato le nobili proprietà nutritive ne promosse (in pompa magna) la sua diffusione tanto da introdurla in un premio indetto dall’Accademia di Besançon dedicato a cibi adatti a fronteggiare la crisi economica.

Il suo sviluppo avvenne in tempi velocissimi e il suo interesse, e la capacità anche di coltivarla a basso costo, divenne un vero manifesto alimentare durante la terribile carestia del 1785.

L’evoluzione della patata nella cultura e nell’alimentazione mondiale ci insegna su come possa essere introdotto perfettamente un nuovo alimento in un modello culturale. Certo, diciamo la verità: gli alimenti si introducono in una cultura anche e soprattutto grazie al loro gusto. Fu infatti l’evoluzione delle patate cotte, al forno e fritte, il traino maggiore della diffusione di questo alimento nella società europea. La musica che ruolo ha? Come sempre, cari amici, il ruolo della musica è sempre importante. Tra le canzoni che oggi andremo a proporvi c’è un brano, partorito dalla mente di una delle rockstar più importanti della storia del rock: parliamo del controverso e rivoluzionario James Brown. Come non associare un alimento così popolare a un’artista che, per guadagnarsi da vivere fu costretto a lavorare fin dalla tenera età, prima come raccoglitore di cotone, poi come lustrascarpe e, a 10 anni, come pr di un bordello? La storia di James Brown è già scritta nei libri, e non vi tedieremo qui con informazioni e note a margine.

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Vi racconteremo solo di una canzone, memorabile, nata tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60: (Do the) Mashed potatoes non è solo una canzone capace di mescolare il rock al funk e al soul, ma è un omaggio al cibo povero. Il piatto che da il nome alla traccia (tradotto è la patata schiacciata) è una sorta di purè, comfort food del giovane James Brown. L’artista canta a squarciagola questa canzone sognando di prepararlo e consumarlo da un posto all’altro degli Stati Uniti. Quale migliore omaggio? Alla prossima puntata.

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GUERIDON E DINTORNI

MASSIMO RAUGI: UN SERVIZIO DA MASTERCHEF

Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo. Oggi ne parliamo con Massimo Raugi , Direttore della Ristorazione a Villa Crespi dal 2017 dove ha conquistato, fra altri riconoscimenti, la terza stella Michelin del 2023. Massimo ha una esperienza internazionale ventennale nel settore.

Caro Massimo, come hai iniziato questa professione e perché?

Buongiorno a tutti i lettori. È un enorme privilegio e piacere, oltre che responsabilità, prestarmi a voi per questa fantastica rubrica. Ho iniziato a vivere questo ambiente sin da bambino nella piccola bottega dei miei nonni a Torino. Una ristorazione romantica che non esiste quasi più. Professionalmente la prima esperienza nel settore è stata a Londra nel 2001. Subito all’estero. Una scelta che all’epoca era incomprensibile per molte persone, ma per me, era destino. All’epoca era una necessità, dovevo lavorare per vivermi al meglio l’esperienza londinese. Dopo una settimana, sapevo di avere fra le mani qualcosa che mi faceva piacere fare. Un luogo ed un ambiente, quello del ristorante, che amavo frequentare nelle mie giornate. Non mi ha mai pesato, anzi. Mi sentivo, e mi sento tutt’ora, particolarmente fortunato. Una vera passione. Il tuo bilancio di questi oltre 20 anni di carriera qual è? Estremamente positivo. Il bicchiere è mezzo pieno certamente. Tante grandi soddisfazioni legate alla creazione di rapporti umani speciali. La scoperta di tante culture gastronomiche e civili. Abitudini e modi di vivere. Oltre che una collezione interminabile di momenti speciali condivisi con team altrettanto unici. Le difficoltà ci sono sempre state, in un certo senso. Oggi tante sono cambiate, basta adattarsi velocemente e continuare a muoversi. Semplice? Assolutamente no. Ne vale comunque la pena? Assolutamente sì. Gutta cavat lapidem. Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi?

Ne seleziono qualcuno fra gli archivi della mia memoria professionale, fra quelli più curiosi e divertenti. Il primo riguarda un cliente che aveva la fobia di essere avvelenato. Oltre il suo tavolo, riservò un tavolo di fianco al suo, per il suo assaggiatore. Oltre ad assaggiare prima i piatti, aveva al tavolo una valigetta da agente segreto con dentro tutto l’occorrente del servizio vino. Guanti, bicchieri, decanter e cavatappi. Per apertura bottiglia e servizio poteva occuparsene solo lui. Un altro racconta di un famoso gourmet della metà degli anni duemila che era solito addormentarsi a tavola verso il servizio dei secondi piatti. Pretendeva, dichiarandolo all’antipasto, di essere sempre e comunque tenuto sveglio e di proseguire col servizio. Pur se Morfeo fosse arrivato a fargli compagnia. Andava tutto bene, finché non cadeva in un sonno più greve e respirava più “profondamente”. Più o meno verso la fine del dolce, ordinava cinque espressi che non avevano nessun effetto risvegliante su di lui. Tranne su di noi, che non potevamo trattenerci dal sorridere benevolmente con i nostri occhi.

L’ultimo racconta di cinque mesi di interminabili lavori di riorganizzazione e rifacimento della cantina. Dove a noi del servizio toccò anche il taglio e la composizione degli scaffali (fu bellissimo ed una grande lezione, ndr). Ma poi un venerdì verso le 17, ricevemmo dal capo un attestato di stima e ringraziamento per il lavoro fatto. Ci volle premiare con una bottiglia da bere per la cena del personale. Che scegliemmo assieme dall’inventario di cantina. Il famoso libro blu corretto a matita, inseparabile dal suo braccio. E così al tavolo dei sommelier, assieme a spaghetto e cotoletta, le nostre fatiche furono allievate e si trasformarono in un momento a dir poco epico: un Latricieres-Chambertin 1996 di Madame Leroy regnava a tavola. Insuperabile ed indimenticabile!

Adesso ti chiediamo un ricordo… il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato.

Questa è difficile, ne ho avuti tanti e ne conservo di stupendi per mia fortuna. Ricordo che però il sig. Juan Carlos Ibanez, durante la mia prima esperienza tri-stellata che fu all’epoca in Catalunya, accolse la mia richiesta di saperne di più sul vino spagnolo. E fu così che mi invitò ad entrare prima al ristorante la mattina, per accogliermi sul grande tavolo, e pazientemente spiegarmi uno ad uno tutti i vini, produttori, zone e stili della sua carta. Non mi doveva nulla. Lo fece lo stesso. All’epoca era per tutti un enorme punto di riferimento. Io ero l’ultimo arrivato. Per chi gli ha lavorato vicino è ancora oggi, il Maestro. Vide la mia autentica passione e sacrificò tanto tempo per accompagnarmi in una lezione che non fu solo vino. Anzi. Fu una lectio sulla empatia, sul rispetto, sulla cultura e sulle abitudini gastronomiche della Spagna. Sul modo di vedere il mondo là fuori, seduti però in un tre stelle Michelin. Mi regalò un libro con una dedica all’interno che mi cambiò la vita.

La domanda più curiosa, pertinente e intrigante che ti ha fatto un cliente? E cosa hai risposto?

Un fantastico cliente con una cultura smisurata ed una umiltà e rispetto pari mi chiese: “Se dovessi descrivere il tuo servizio al ristorante come un’opera d’arte, quale sarebbe il suo stile e perché?”. Risposi così: “Il mio ristorante adotterebbe uno stile di servizio ispirato all’arte della calligrafia. I camerieri utilizzerebbero gesti fluidi e precisi, simili ai tratti del pennarello, della penna o del pennello nel creare caratteri eleganti. Ogni portata sarebbe presentata come un’opera d’arte calligrafica, su un foglio nuovo. Di volta in volta. Combinando estetica e voce. Sempre cadenzate”.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
di Alberto Cauzzi
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TERRITORI A TAVOLA SIRACUSA di Matteo Calzaretta

Un incontro tra mare e terra riassunto in un viaggio attraverso i suoi antichi sapori, le celebri portate tipiche della cucina siracusana stupiscono per la semplicità degli ingredienti abbinata all’abbondante varietà di sapori. In un perfetto menù non può di certo mancare la pasta fritta , ancor oggi viene riproposta nei locali di cucina locale, si tratta di un piatto di sottili spaghetti, come i capelli d’angelo, mantecati con acciughe, olio d’oliva ed una spolverata di pangrattato tostato, per donare croccantezza al piatto. Re delle portate tipiche è senza dubbio il pesce, dal nome bizzarro la matalotta : una zuppa realizzata con pesce da brodo come le triglie, che bollite nel vino bianco per tutto il tempo di cottura, riescono a donare un sapore unico al piatto. Seguendo la ricetta originale, è prevista l’aggiunta di capperi , altro ingrediente molto utilizzato nelle ricette siciliane, in quanto cresce spontaneo in questo territorio. Un elemento che non può mancare sono i pomodori, utilizzati freschi o essiccati, quelli di Pachino ad IGP (Indicazione Geografica Protetta), sono conosciuti a livello internazionale.

Casa di artisti, filosofi e uomini di scienza il territorio di Siracusa ha origini millenarie. Una terra intrisa di storia e leggenda, nasce dal sovrapporsi tra dominazione Greca e influenza della cultura Araba. Un binomio perfetto, che si rispecchia anche nella ricca gamma di piatti che la cucina di questo luogo magico propone, ritrovando così tutti i sapori orientali ad accompagnare gli ingredienti tipici della Sicilia.

Piatti così ricchi e saporiti necessitano di vini adeguati: il territorio risponde con un’ampia scelta tra bianchi, rossi e liquorosi. Il Nero d’Avola è senza dubbio il più grande vitigno a bacca rossa della Sicilia, con radici antichissime risalenti fino al V secolo a.C.. Rosso e molto diffuso anche il Frappato, che cresce appunto nella provincia siracusana.

È risaputo, la Sicilia è il posto perfetto dove poter gustare dolci straordinari come la Cuccìa, specialità al cucchiaio preparata con ricotta e grano bollito, a cui poi vengono aggiunte mandorle, canditi e cioccolato fondente, il tutto crea così un mix perfetto in grado di deliziare chiunque. Al dolce è possibile abbinare il Moscato di Siracusa Dop, uno dei pochi vini a vantare una genealogia certa: il suo antenato diretto è infatti il vino Pollio, si racconta che era così chiamato dal tiranno siracusano Pollis. Il Moscato di Siracusa con i suoi 2750 anni è, dunque, il vino più antico d’Italia, forse anche d’Europa, una peculiarità non trascurabile in uno dei territori più a sud dello Stivale. Fortunati i golosi a Siracusa! Che possono infatti godere di magnifiche granite dalla consistenza speciale, infatti questa tipologia non viene mai ghiacciata completamente, ma lentamente, mescolando di continuo in modo da ottenere un risultato cremoso. Preparate con le mandorle raccolte nella vicinissima cittadina di Avola, perché no anche al pistacchio, sono una chicca che ad oggi è diventata celebre in tutta Italia. Le mandorle d’Avola, ad Indicazione Geografica Protetta, possono essere utilizzate come ingrediente di numerosi piatti, come antinfiammatorio naturale, antiossidante, ma anche come prezioso integratore nelle diete.

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Rossese di Dolceacqua Superiore DOC Luvaira Sicilia Nero d’Avola DOC Saia Feudo Maccari

Un caloroso benvenuto

Ti siedi, prendi confidenza con l’ambiente, e dalla cucina ti giunge il “benvenuto”: chi lo chiama appetizer, chi snack, chi amuse-bouche. Si va dal semplice boccone d’apertura fino a alluvioni di assaggini, quasi un pasto prima del pasto. Spesso ogni opera – che sarebbe ingeneroso definire “operetta” solo per le misure ridotto – ha dignità di piatto, e la presentazione diventa un lungo racconto i cui dettagli si perdono nella memoria con facilità. Ecco alcuni esempi virtuosi;

Cristina Bowerman

Glass Hostaria Roma

Salvatore Morello Inkiostro

Parma

Valerio Tafuri

Lino

Pavia

Daniele Patti Lo Scudiero

Pesaro

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ASSAGGI DI LUCE di Stefano Caffarri

Feed ‘n’ Food

Se siete amanti degli ortaggi e della frutta di stagione è la pagina che fa per voi. Riccardo e Stefano hanno molte idee e seguono sempre la stagionalità degli ingredienti.

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Con una grafica originale, chiarezza, linearità di contenuti, Martina Parati è riuscita a ritagliarsi uno spazio molto importante nel mondo dei social. La genuinità e la semplicità sono il suo punto di forza.

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Cucina vegetariana semplice e gustosa? E lisa e Federica sono due sorelle che hanno da sempre a cuore la buona cucina. Tutto è sempre connesso agli ingredienti di stagione.

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Problemi di alimentazione? se cercate alimenti preparati con farine prive di glutine, Valentina Leporati è il profilo ideale. Ricette inclusive al potere.

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