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Il piacere di vestire una star

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Nomadi ma comodi

Nomadi ma comodi

I suoi capi sono stati indossati anche da Kim Kardashian. Oggi Wovo vende sex toys e sensibilizza sui temi legati alla sessualità

di Edoardo Prallini

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Entrare in un negozio di sex toys in Italia è una sorta di esperienza mistica. Una volta varcata la soglia d’ingresso - mantenendo un profilo il più basso possibile - si entra in un mondo oscuro, fatto di oggetti di cui è difficile capire il significato e di personale spesso non così disposto ad eventuali curiosità in merito. Si acquista ciò che si deve e ci si allontana. Si cerca di incrociare meno sguardi possibile perché lì, in quel posto, non è poi così ‘normale’ entrarci. Fino ad ottobre 2015 non esisteva un negozio legato all’erotismo che non si presentasse al pubblico in questo modo. Poi è arrivato Wovo, nato come temporary shop dedicato soprattutto all’abbigliamento e diventato presto non soltanto uno store ampiamente riconosciuto, ma anche un punto di incontro, un luogo di condivisione per tante persone che hanno bisogno di occuparsi della propria sessualità con quel tipo di accoglienza lì. Vivace e sincera. Proprio come la sua fondatrice, Frida Affer, che insieme al suo team interamente al femminile si appresta a festeggiare i sette anni della sua attività.

“Ho lavorato molti anni a Londra, e lì ho trovato un approccio a questi temi diverso, più vero”, afferma Frida. “Così mi sono chiesta, perché Milano, la mia città, deve trattare in questo modo i suoi cittadini? E ho deciso di fondare Wovo”. Un’idea che non ha trovato alcuna resistenza o difficoltà. Segno che anche la città, probabilmente, si stesse chiedendo la stessa cosa. Ogni anno, da quello dell’apertura, è stato migliore del precedente, incrementando il volume di vendite e soprattutto allargando la community. “Già nel 2015 abbiamo avuto brand ambassador come Tea Hacic e Miss Keta”, che si sono prestate volontariamente a portare rappresentare il marchio. Perché oltre a compiacersi del valore artistico del capo, da Wovo si impara qualcosa in più sull’essere donna. Non soltanto attraverso i sex toys. Si impara ad indossare una gonna

in latex o ad abbinare una maschera da Catwoman a un completo in pizzo fluo, in una comfort zone libera dal pregiudizio e dagli stereotipi.

I capi di abbigliamento sono stati indossati da Kim Kardashian in alcuni eventi e per promuovere il suo profumo insieme alla sorella Kylie, oltre che molte altre celebrity internazionali: “Abbiamo lavorato con Gucci nella sfilata di Parigi di tre anni fa, insieme al direttore creativo Alessandro Michele, per il quale abbiamo realizzato dei pezzi in latex esclusivi. Abbiamo collaborato con Oamc, della stilista Jil Sander, con Armani e con molti altri brand importanti” continua Frida, che ha iniziato a produrre i suoi capi in un laboratorio casalingo. Ordinava i rotoli di latex, li lavorava con l’aiuto di un’amica e li metteva in vendita. “C’erano diversi modelli con 20 tipi di colori diversi. Le persone si provavano i capi e poi gli venivano consegnati a casa del colore che preferivano”. Poi,

“LA NOSTRA SQUADRA È TUTTA AL FEMMINILE MENTRE LA CLIENTELA È MOLTO ETEROGENEA: SPESSO SIAMO PORTATI A PENSARE CHE QUESTI ARGOMENTI SIANO PIÙ ‘DA DONNE’, IN REALTÀ NON È AFFATTO COSÌ"

Lo store a Milano, nato come negozio e diventato presto un luogo d’incontro per la community

nel 2019, produzione e vendita è stata sospesa: “Non era più sostenibile a livello economico”.

Oggi l’anima di Wovo si divide in due parti. Quella commerciale, dedicata alla vendita di sex toys, e quella legata alla divulgazione, all’educazione e alla formazione del suo pubblico sui temi legati alla sessualità. E la clientela, pur partendo da una base femminile, è più eterogenea di quanto si possa pensare. “Abbiamo iniziato a trattare questi temi attraverso i social, sul nostro canale Instagram. Ci seguono sia uomini che donne. La pandemia in questo senso ci ha dato una spinta importante: facevamo corsi online che hanno ottenuto un grande successo. Poi, purtroppo, a gennaio di quest’anno la nostra pagina è stata chiusa per motivi di censura”. Con qualche difficoltà, oggi Wovo fa gli stessi corsi su Youtube, che si è rivelata la piattaforma più tollerante, e sul magazine online. Presto questa seconda anima avrà anche una sua connotazione ufficiale, diventando un’associazione culturale e discostandosi dall’ombrello della Srl. Oltre ai corsi online, promuoverà eventi culturali, workshop, webinar e tutto quanto possa essere d’aiuto nella divulgazione.

Inoltre, sempre da un punto di vista prettamente burocratico, Wovo si sta avviando a diventare una pmi innovativa, contando su una crescita quasi del tutto organica e che in sette anni non ha avuto nemmeno bisogno di pubblicità. “Il contenuto e la qualità del nostro servizio sono troppo importanti per noi. La nostra pubblicità è stato il passaparola” continua Frida. Una giovane imprenditrice che ha investito tutto su un’idea e che non ha avuto bisogno nemmeno di finanziamenti esterni, almeno fino ad ora: “Ho investito all’inizio in modalità bootstrapping, ma il prossimo passo è quello più grande che dovremo fare: vogliamo aprire altri store e crescere con una prospettiva più globale”. Due step che richiedono necessariamente una raccolta di fondi, alla quale il team sta già lavorando.

Oggi Wovo continua a crescere in termini di community e di volume di mercato, nonostante un lieve calo fisiologico dopo il Covid-19, che si è rivelato un acceleratore per il business di Wovo ma “finto”, come lo definisce Frida. I clienti acquisiti durante la pandemia sono comunque stati fidelizzati grazie al servizio di qualità e alla comunicazione. Proprio quei due fattori che hanno permesso a Wovo di porsi come un unicum nel mercato. Capace di prendere uno concept store ed elevarlo. “Noi abbiamo solo innovato qualcosa che esisteva di già, non abbiamo fatto nulla di nuovo”. A conferma che fare innovazione non significhi necessariamente creare da zero qualcosa di mai visto prima. Ma piuttosto dare una risposta intelligente ad un problema che già esisteva, guardando il mondo che ci circonda da un’angolazione diversa.

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