Lo Stendardo Numero 12 - Edizione straordinaria

Page 1

I

l fallimento dell'AC Bellinzona ha lasciato dentro di noi un grande vuoto, che difficilmente potrà essere colmato. L'ACB (rigorosamente pronunciato "ACeBe") è stato un collante sociale fondamentale, un pezzo di storia del nostro Cantone e della nostra città. Molto più di una semplice occupazione al di fuori di scuola e lavoro, molto più che un hobby. Un amore ed una passione viscerale che ci hanno spinti non solo ad organizzare riunioni, trasferte e coreografie, ma anche serate in compagnia e grigliate al fiume. Il nostro amore per il "granata" ci ha permesso di andare al di là del calcio: ci ha permesso di trovare la motivazione necessaria a fondare il giornalino che state leggendo, a disegnare, progettare e produrre magliette, sciarpe, berrette, bandiere, stendardi ed autocollanti.

LUNEDÌ, 13 GENNAIO 2014 nostri confronti, non solo dalla parte di altre tifoserie, bensì anche da parte delle autorità. A causa della nostra fede ci siamo magari trovati, più volte, in situazioni difficili, talvolta pure pericolose. Questi colori hanno rappresentato tanto per noi, e continueranno anche in futuro ad essere importanti, ricoprendo un ruolo fondamentale nelle nostre vite. Abbiamo voluto dimostrare questo nostro attaccamento attraverso l'azione compiuta nelle prime ore di lunedì 13 gennaio 2014, esattamente a centodieci anni dalla fondazione dell'AC Bellinzona, nel 1904, con Felice Patocchi alla presidenza. La strada di questa grande squadra è spesso stata tortuosa: le molte spettacolari vittorie sono state infatti bilanciate da altrettante cocenti sconfitte.

Questa passione ha inoltre avuto il pregio di Oggi la sfida è un altra, che purtroppo non si rafforzare sempre più il rapporto di amicizia e potrà giocare al Comunale. È infatti imperativo solidarietà all'interno del nostro gruppo. tener vivo il ricordo di questi colori. Noi non siamo disposti a dimenticare, a "voltare pagina" Grazie a questi colori abbiamo girato la Svizze- o ad "andare avanti"; non lo vogliamo fare, e ra, fieri anche nella sconfitta. non lo faremo mai. Nel contempo però, la nostra passione per l'AC Non vogliamo né perdonare né dimenticare Bellinzona ci ha portati ad essere sia amati che quali sono state le cause e gli attori che hanno odiati. Le sciarpe che portavamo al collo per gravemente infangato il nome di una squadra, alcuni erano sinonimo di amicizia o indiffe- della sua storia e della storia di una città. renza, per altri risultavamo invece essere nemi- In questo 2014, l'AC Bellinzona deve vivere nei ci. ricordi di tutti i tifosi, grandi e piccini, in attesa, un giorno, di poter finalmente rialzare il sipario Più volte abbiamo incontrato ostilità ed odio nei del calcio giocato nella capitale.


L'ULTIMA TRASFERTA

L

P E NS I E R I E D E M OZ I ONI DI UN T I F OS O

'automobile è posteggiata, dal baule prendo il mio malandato zainetto nero. Getto un ultimo sguardo in direzione della città. Scendo qualche gradino, la mano in una tasca alle ricerca delle chiavi di casa. Trovate. Apro piano la porta ed entro. La casa è silenziosa, tutti dormono. Cerco di non far troppo rumore mentre ripongo i vestiti da lavare. Appoggio il cellulare ed il portafogli sul tavolo della cucina. Guardo indietro, malinconico, verso la polo granata appena riposta ed indossata anche quel giorno. Una doccia veloce e poi a dormire. È stata una giornata lunga, l'ennesima. Mi ritrovo così sdradiato, nel buio, a ripercorrere con la mente gli eventi della giornata. Il lungo viaggio, l'amico da recuperare a metà strada, le risate in compagnia contrapposte alla rabbia per una situazione non ancora totalmente chiara. Rivedo mentalmente le scene della partita, probabilmente l'ultima. Questa volta lo è davvero. È arrivata la fine. Con questi pensieri, mi addormento. Il giorno dopo mi sveglio a metà mattina, tutto sommato piuttosto riposato. Esco dalla mia came-

2

LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014

Scritto da Erre

ra da letto e mi muovo verso la cucina, da dove sento provenire un leggero vociare. I miei genitori sono già indaffarati nelle loro faccende quotidiane. Mi vedono e mi salutano, chiedendomi informazioni sulla trasferta del giorno prima. Ricambio il saluto e rispondo con un generico “ma si dai, è andata...”. “Ho trovato in giro questo,” esordisce mia mamma “penso tu voglia tenerlo...”. La guardo. In mano tiene un foglietto giallo. “Sì, grazie” rispondo io. Allungo la mano e prendo il foglietto. Torno in camera e mi siedo sul letto. Leggo due o tre volte il testo stampato sul biglietto. Mi alzo e lo ripongo assieme ad altri biglietti. Lo metto in cima, sopra tutti. Questo biglietto avrà un valore storico, penso. Purtroppo sì, lo avrà. La notizia arriva infatti una decina di giorni dopo: l'AC Bellinzona è fallita. Finalmente, mi verrebbe da dire, la farsa è finita. La notizia compare presto ovunque, quasi fosse solo una formalità. A casa il biglietto giallo è ancora al suo posto, assieme a molti altri. Mi permette di dire, non senza rabbia, “io c'ero!”. Magra consolazione, davvero magra.

EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB


PERCHÉ LA STORIA NON SI RIPETA

C

3

G L I ULT I M I M E S I DE L L' AC BE L L I N Z ON A

i siamo lasciati qualche mese fa alla fine di quella che è stata la pagina più cupa della storia dell’ACB. Un momento che ha investito tutto il calcio ticinese – privato della sua formazione faro – ma soprattutto una regione che della sua squadra era innamorata e che non ha mai smesso di sostenerla, nonostante tutto. Quel periodo rimarrà nelle nostre memorie, perché forse si tratta solo di calcio, ma quella squadra aveva un significato profondo per noi bellinzonesi e perderla così fa ancora tanto male! Un periodo buio, ma che vorremmo ripercorrere – a grandi linee – in questo scritto, perché se un lato positivo esiste in tutta questa faccenda è che ora a Bellinzona la diffidenza sarà la parola d’ordine. I problemi sono cominciati lo scorso 5 febbraio con i ritardi nei pagamenti, prima degli stipendi poi anche dell’affitto del Comunale. Il presidente Gabriele Giulini smorzava i toni parlando di una “momentanea mancanza di liquidità” e allora in pochi non gli hanno creduto. Certo però che qualche indizio poco incoraggiante sulla figura del pres era già sorto in precedenza. La dichiarazione in pompa magna di un “regalo” di 1 milione di franchi al Comune di Arbedo-Castione per comprare la votazione sul piano regolatore e dunque sulla possibilità o meno di costruire lo stadio nuovo, poteva far sorgere qualche domanda sulla serietà di questo personaggio e anche sul rispetto per la nostra regione. Ma finché metteva i soldi andava bene a tutti. Intanto però Giulini aveva preso in mano le sorti dell’ACB in maniera totalitaria, annullando dal lato pratico il lavoro del Consiglio d’Amministrazione (CdA) e portando infatti alcuni suoi membri alle dimissioni. Al loro posto sono stati eletti Padre Callisto e Hakan Yakin, due persone che – con tutto il rispetto – non erano sinonimo di sicurezza per una SA. In effetti il loro ruolo di supervisione finanziaria non l’hanno svolto. Sicuramente non era possibile controllare l’operato del presidente – visto che la sua volontà era quella di centralizzare ogni decisione nella sua persona – e proprio questo motivo aveva portato i

LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014

Scritto da Prf

sopracitati membri del CdA a dimissionare. Intanto arrivavano i primi precetti esecutivi e l’apertura di una procedura contro il club granata da parte della Sfl. E proprio qui inizia la telenovela, che – duole dirlo – ci ha fatti diventare per qualche mese la barzelletta del Cantone. Giulini annuncia infatti ai quattro venti che “i soldi sono arrivati!” Bene, è tutto a posto. Si trattava solo di un inghippo momentaneo e adesso torniamo al calcio giocato e alla rincorsa alla Super League. Già, perché nemmeno un anno fa eravamo in piena corsa per tornare nell’élite del calcio svizzero, mentre oggi possiamo sperare di rientrare, se ci va bene, in Prima Lega Classic, ma ne parleremo più avanti. Si diceva che era tutto a posto… e invece no. Giulini chiede “ancora qualche giorno, spiegherò tutto in una conferenza stampa che dovrebbe tenersi giovedì”. La conferenza stampa, ovvero l’altro ingrediente della telenovela, quel qualcosa che – come in ogni sceneggiato che si rispetti – diventa il fil-rouge della storia. La conferenza stampa è stata annunciata, rimandata, fissata di nuovo, annullata e se quel “giovedì” di cui parlava il pres era il 28 febbraio 2013, in realtà questa tanto agognato incontro con i media è avvenuto il 3 luglio, cinque mesi dopo. Intanto fra finanziatori fittizi e somme di denaro mai arrivate, qualcuno una soluzione praticabile l’aveva pur messa sul tavolo. È il caso di Andrea Rege-Colet e “Lalo” Delcò, che – con l’aiuto dei familiari di Giulini – avevano trovato una soluzione per il pagamento dei debiti e la permanenza in Challange League, pur con obbiettivi ridimensionati. Ma ciò avrebbe voluto dire che il Gabriele Giulini si sarebbe dovuto fare da parte, cosa che per alcune persone è peggio del fallimento di una società ultracentenaria. Oppure si poteva pensare ad una moratoria concordataria, per ripartire magari dalla Prima Lega, ma con una situazione finanziaria risanata. Ma anche in questo caso l’ego di Giulini non lo avrebbe permesso. E per finire la lunga fase di frottole grossolane, di EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB


banche chiuse per mesi causa ferie estive, di finanziatori che firmano contratti per poi non onorarli (a dimostrazione di quanto poco seria fosse, fino all’ultimo, la gestione Giulini, pronta a mettere l’ACB nelle mani di chiunque, anche di gente che non tiene fede agli impegni presi…). Il tutto condito da penalizzazioni in classifica, dalla mancata licenza per la Challange League e dunque l'automatica retrocessione in Prima Lega. E poi tutti sappiamo come la storia è andata a finire. Dopo il primo fallimento e – per cavilli legali – l’ottenimento di qualche mese in più per raddrizzare la baracca, è arrivato anche il fallimento definitivo, che ha messo la parola fine sulla storia dell’ACB. Oggi qualche barlume di speranza lo si intravvede, con la richiesta da parte dell’Associazione calcio Bellinzona di poter riproporre una prima squadra in Prima Lega a partire dalla prossima stagione. L’Associazione

Calcio Bellinzona, fondata nel 1904, si occupava ormai solamente del settore giovanile e del torneo pasquale, mentre la gestione della prima squadra era affidata ad una SA, quella che è appunto fallita pochi mesi orsono. Questa separazione permetterà di mantenere viva la tradizione granata, nonostante i disastri di chi si era presentato come un visionario estremamente altruista. La speranza di poter tornare al Comunale a sostenere la nostra maglia, di poter gioire per una rete e di disperarci per aver preso un gol per colpa dell’arbitro, rimane accesa. Che sia in Prima Lega Classic(speriamo) o più in basso, il popolo granata risponderà sicuramente presente. Ma quest’anno senza ACB sembra davvero molto più lungo degli altri e non bisognerà dimenticare quanto successo per evitare di affidare una parte fondamentale della nostra vita e della nostra regione a personaggi dubbi come lo è stato Gabriele Giulini.

DA LUCIO BATTISTI AL FC TICINO

E

UN C ANT O L I BE RO DAL C AL C I O M OD E RNO

ra il novembre del 1972 quando Lucio Battisti pubblicò l'album “Il mio canto libero”. Nell'omonima canzone, redatta in collaborazione con Mogol, trovo molto significative le parole cantate da Battisti all'inizio del brano: “In un mondo che... non ci vuole più...” Il motivo per cui questo inizio ha particolarmente attirato la mia attenzione è presto detto: gli ultimi travagliati mesi vissuti dall'AC Bellinzona potrebbero quasi, da un certo punto di vista, essere riassunti con le parole appena citate. La senzazione percepita era infatti quella di un destino ormai segnato, quella di essere al capezzale di un malato terminale, tenuto in vita fondamentalmente solo da vizi di forma di carattere legale. Proprio così, l'impressione era quindi quella di vivere, appunto, “In un mondo che... non ci vuole più...” Il mondo del cosiddetto “calcio moderno” è infatti un mondo che non vuole più realtà come la nostra, è un mondo che non vuole più dare spazio ai sentimenti umani legati ad una città ed ai suoi colori, preferendo invece denaro e

EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB

Scritto da Erre

degli stadi sempre più simili ad un teatro, dove il sostegno alla propria squadra dev'essere espresso solamente pagando a caro prezzo un biglietto. Ogni forma di tifo non conforme a questo modello viene facilmente repressa, quando in realtà chi sta rovinando il calcio non sono i tifosi, ma è bensì l'operato di chi vuole arricchirsi a dismisura alle spalle dello sport più bello del mondo. In Svizzera ed in Ticino le cause che, sommate tra loro, stanno contribuendo a trasformare il calcio in una transazione economica, sono sostanzialmente tre. La prima è sicuramente l'operato dell'Associazione Svizzera di Football. Negli ultimi anni l'ASF, anche comunemente definita “Lega”, ha infatti promosso l'attuazione di un regolamento che ha fortemente sfavorito le “piccole squadre” e, più in generale, le realtà economicamente meno importanti (tra cui anche l'ACB). Un esempio su tutti è forse la regolamentazione in materia di stadi. Per abilitare le strutture sportive per il campionato di Super LeaLO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014

4


5

gue, l'ASF richiede infatti degli standard minimi superiori a quelli richiesti per le competizioni europee. Lascio piena libertà al lettore di valutare se questo sia logico. A ciò si potrebbe pure aggiungere la riduzione delle squadre nel campionato di Challange League, categoria che richiede ora maggiori sforzi finanziari alle squadre che voglio militarci. Ovviamente questo discorso si potrebbe poi sviluppare ulteriormente, andando a toccare aspetti come l'aumento esorbitante dei prezzi dei biglietti per le partite e la costante e continua criminalizzazione del tifoso, la vera vittima di questo calcio. Una seconda causa sono le persone che si trovano spesso alla testa delle società sportive. Molte volte esse le gestiscono mirando al conseguimento di interessi personali, piuttosto che con un occhio di riguardo ai tifosi, alla città ed alla storia della squadra. Questi sono i valori fondamentali che

zione “da zero” di una nuova compagine calcistica. A quanto pare, secondo le notizie emerse a partire dal 10.12.2013, si è più o meno deciso di percorrere la seconda strada, creando una nuova squadra che prenderebbe il posto in Challenge League del FC Locarno (formazione che non è però ancora al sicuro dal pericolo retrocessione). Come accennato, l'obbiettivo del FC Ticino è quello di creare una realtà economicamente stabile e competitiva, unendo le forze ed i finanziamenti a livello cantonale. È poi dato per scontato che il pubblico si affezionerà a questa nuova ed artificale squadra, la quale sarà in grado di conseguire importanti successi sportivi grazie all'unione delle forze. Ma nello sport non si possono certamente avere certezze assolute di successi e finanziamenti, da questo punto di vista il progetto FC Ticino ed i suoi promotori peccano sicuramente di ottimismo. Al

distinguono una società calcistica da una comune società anonima. Se queste due società vengono però gesite allo stesso modo, cioè con una logica incentrata sul'ottimizzazione del profitto (personale), un potenziale fallimento non è affatto da escludere. Infine, un importante ruolo è pure giocato dai media, i quali, essendo inseriti in questo sistema di “calcio-business”, sono sempre pronti a sbeffeggiare le squadre “nostrane” ed i campanilismi caratteristici del nostro Cantone, promuovendo un modello di calcio unificato ed economicamente efficiente, leggasi il fantomatico FC Ticino. Per dar vita a questo progetto si possono sostanzialmente percorrere due vie: quella di una fusione “coatta” tra i quattro maggiori poli calcistici ticinesi o quella della crea-

momento, una delle minacce più grandi nei confronti dell'ACB è proporio quella di venir risucchiati all'interno di questo progetto cantonale, andando così a perdere irrimediabilmente la nostra identità bellinzonese e, cosa ancor più grave, porre definitivamente la parola “Fine” a 110 anni di storia granata. È proprio in una situazione come questa che tutti i tifosi granata devono farsi trovare pronti e compatti. Pronti a sopportare le difficoltà che sicuramente si incontreranno nel tentativo di riemergere dalle leghe inferiori e compatti nel sostenere un progetto calcistisco che abbia ancora al centro Bellinzona, la sua storia ed i suoi tifosi. Per una realtà come quella bellinzonese ci vogliono inoltre persone, soprattutto in un momento come l'attuale, che abbiano a cuore questi colori e che

LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014

EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB


possano costuire un progetto fondato su basi umili ma concrete. È assolutamente impensabile sacrificare 110 anni di storia a causa delle scellerate decisioni prese da una singola persona vittima delle sue megalomanie. Un chiaro “no!” deve quindi essere rivolto verso chi, nuovamente per interessi economici, vuole approfittare di questa situazione di debolezza dell'ACB, per imporre il proprio modello di calcio, ossia quello

S

di una realtà che, sì, possa generare degli introiti economici, ma totalmente artificiale e priva di qualsivoglia aspetto storico e affettivo. Solo così si potrà veramente ripartire, lasciandoci alle spalle questo triste periodo e sperando di poter riammirare ancora una volta, con fierezza, i colori granata calcare la scena dello Stadio Comunale. NO FC TICINO, SOLO ACB!

LE PASSIONI SONO INDELEBILI

ono sempre stato convinto che una passione fosse indelebile, ma... Sono passati sei anni dalla prima volta che mi son trovato a salire su un pulmino colmo di estranei, con i quali mi sarei recato a seguire la mia squadra del cuore. Sono però bastati pochi minuti per rendermi conto che tutti quei ragazzi al mio fianco erano molto meno estranei di quanto pensassi. Mentre l'opinione pubblica ci etichettava come violenti, sbandati, pseudo-tifosi e così via, noi abbiamo macinato migliaia di km, l'uno al fianco dell'altro. Indipendentemente dal veicolo con il quale si decideva di intraprendere il viaggio, la cosa certa era il rapporto di amicizia e fratellanza che andava sempre più a saldarsi. Nonostante fossimo ragazzi con interessi differenti, con percorsi formativi e professionali quasi agli antipodi, con origini più o meno lontane e con età diverse, condividevamo tutti la passione per lo stesso colore. Dietro le lamiere del Mercedes Vito condividevamo la certezza di conoscerci alla perfezione. Il ritrovo del sabato pomeriggio, della domenica mattina o del lunedì sera ci dava la sicurezza di rivedere le stesse facce di settimana in settimana: era ormai diventata una routine, tanto quanto il fatto di andare a mangiare una pizza, o semplicemente passare una serata in compagnia, magari lontano dai campi da calcio, ma sempre con le stesse facce. Ciò che con la scusa del "a gh'é la partida da football" si era creato attorno ad un campo di calcio, in fretta e furia, automaticamente, aveva preso il sopravvento, condizionando le abitudini di tutti noi. Spesso e volentieri ci si é nascosti dietro alla massima, forse abusata, "chi non ne fa parte, non ci può capire", magari con la presunzione di non dover far

EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB

Scritto da Elia

comprendere a terzi cosa significhi tutto ciò per noi. Ma oggi ancor di più sono convinto che, in questa frase, un fondo di verità ci sia, indipendentemente dalla difficoltà nel trasmettere certe emozioni a chi purtroppo non ha avuto la fortuna di viverle. Per alcuni è infatti assurdo pensare che condividere uno scompartimento di un treno sovraffollato, tra persone che grazie alla passione per il calcio e per l'AC Bellinzona si sono scoperte più vicino di quanto potesse sembrare, possa essere un'esperienza indimenticabile. Difficile per altri credere che dopo una giornata di lavoro, caratterizzata da "salti mortali" per terminare in tempo, passare una notte in bianco per seguire la propria squadra del cuore, accanto a coloro che in un battibaleno sono diventati dei veri fratelli, sia una soddisfazione impagabile. Ma é ancor più difficile, probabilmente, comprendere come sia possibile essere sicuri di avere imparato tanto da tutti coloro che, in un modo o nell'altro, ci hanno accompagnati in questo percorso. Di errori ne abbiamo sicuramente commessi, spesso e volentieri per ingenuità piuttosto che per stupidità. Non ci siamo comunque mai sottratti dalle nostre responsabilità, e mai lo faremo. Ciò che in pochi hanno capito é che tutto ciò che si nascondeva dietro al mondo del pallone, forse, per alcuni, non era altro che una "buona possibilità" per vivere appieno la propria personalità, in un ambiente dove pregiudizi o discriminazioni non trovano spazio, dove la volontà di migliorarsi e il tentativo di sbagliare sempre meno, la fanno da padrone. Sono quelli i luoghi ed i momenti dove si ha la fortuna di imparare il vero rispetto e, talvolta, anche di maturare. Ed allora, se qualche volta esterno la mia tristezza nel non poter più seguire e "vivere" l'AC Bellinzona, LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014

6


non é per la tristezza nel pensare alle vampate di calore provate nel vedere scendere in campo il glorioso Bobo Ciarrocchi, non é perché mi hanno diagnosticato una grave astinenza da calcio giocato e non é nemmeno perché mi manca il traversone dai 30 metri con "zappata" sotto porta. Ciò che manca sicuramente a me, ma molto probabilmente anche a tutti coloro che mi hanno coinvolto e seguito in questa lunga avventura, é quella possibilità di svagarsi dal mondo che comincia alle 7 di mattina e finisce alle 18 di sera, dal

P

PERCHÉ TIFARE ANCORA GRANATA?

Scritto da G.

robabilmente, in questi ultimi tempi, a tutti i tifosi granata è sorta spontanea una domanda: adesso che un “imprenditore” milanese ha fatto fallire la nostra Società, chi tifiamo?! La soluzione più comoda è quella di stare sul divano, al caldo, a guardare qualche compagine elvetica o estera, senza il disturbo di perdere tempo e patire freddo recandosi in qualche stadio svizzero od europeo. Un'altra possibilità è invece quella di iniziare a tifare una squadra ticinese, scavalcando rivalità e barriere vecchie di decenni. C'è poi un'ulteriore soluzione, a mio avviso la più utopica, ovvero quella di prepararsi a tifare un FC Ticino, progetto che si sta sempre più profilando all’orizzonte. Infine, si può poi citare tutta la questione riguardante i sentimenti e l'attaccamento ad una città ed ai suoi colori. Nel nostro caso vorrebbe dire continuare a tifare l’AC Bellinzona in qualsiasi categoria essa

G 7

lunedì al venerdì, consecutivamente ogni settimana. Al mondo costituto da continue pressioni in ambito professionale, ne preferisco un altro: un mondo in cui 90 minuti sotto la pioggia, al proprio posto in gradinata, erano difficili da giustificare, ma ancor più difficili da perdere. Eppure se ancora oggi ci troviamo a parlare di ciò, forse ho tuttora ragione a credere che una passione resti incancellabile, anche nei momenti particolarmente difficili. Come questo.

giochi e continuare a sostenere la maglia granata, sperando che un giorno torni ai vertici del calcio svizzero. Questo richiede una forza di volontà notevole, perché è forse la soluzione più difficile. La forza del popolo granata sta proprio nell'unione, nel fatto che nei momenti difficili tutti i tifosi si uniscano e remino dalla stessa parte. Contro tutto e tutti, sempre per l'ACB. L'ACB ed i suoi tifosi hanno scritto importanti pagine di storia del calcio elvetico; ora tutto il Canton Ticino ha gli occhi puntati su di noi, aspettandosi una qualche reazione dai tifosi della capitale ticinese. Da subito dobbiamo dimostrare a tutti, ma soprattutto a noi stessi, la fedeltà verso quel colore che amiamo, quel granata che rappresenta il colore del nostro cuore, presenziando alla prossima partita in qualsiasi categoria ed in qualsiasi momento essa avrà luogo. Granata si nasce e granata si muore.

UNA STORIA UGUALE A TANTE

iuseppe è uno come tanti di noi: è allegro, solare e sempre pronto ad aiutare un fratello, perché sa che l'aiuto, un giorno o l'altro, sarà sicuramente ricambiato. Giuseppe è uno che, come tanti altri, da piccolino ha solcato i campi da calcio del Ticino, infilando magari pantaloncini e magliette spesso troppo grandi. Giuseppe avrebbe potuto lasciare il mondo

LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014

Scritto da M. del calcio e tutte le sue peculiarità, che magari da bambino, vagando per il terreno da gioco alla ricerca dello sguardo rincuorante dei genitori, non comprendi. Ma così non è successo. Quello che in principio era qualcosa di poco comprensibile è diventato la sua vita. Gli anni passano e Giuseppe avanza lentamente nelle giovanili della sua squadra, con la quale gioca il sabato mattina, per poi andare EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB


allo stadio con suo padre, a guardare quelli che allora sembravano dei giganti, degli immortali eroi. Giuseppe comincia a collezionare maglie e ad attendere in cosa per l'autografo del suo giocatore preferito. La sua camera si trasforma lentamente in una stanza piena di cimeli della sua squadra preferita. I colori sono ovunque, sopra al letto ed accanto alla finestra. Di settimana in settimana la loro presenza è sempre più imponente. Gli anni passano e, dai comodi seggiolini della tribuna, Giuseppe decide di andare a guardare la partita insieme ad alcuni amici dall'altra parte dello stadio: in gradinata. Un posto spesso ammirato per i colori, i cori, e per il calore sprigionato durante ogni partita. Un luogo spesso sognato, agognato, ma proibito dai genitori a causa della sua giovane età. Ma ora era lì. Tutto era diverso, tutto era più caotico. Non c'erano i seggiolini numerati su cui tutti sedevano ordinatamente e la partita era vissuta in modo molto diverso rispetto a come era abituato. Passa poco tempo tra questo primo timido incontro e il momento in cui Giuseppe abbandona definitivamente il calcio giocato per dichiarare amore eterno alla curva e a quelle persone che cominciava a conoscere, e che presto sarebbero diventati come dei veri e propri fratelli. Lentamente, nella cameretta in cui da piccolo appendeva ai muri maglie e autografi, cominciano ad apparire altri oggetti, anch'essi però colmi di grande valore affettivo: biglietti di trasferte, foto di coreografie e materiale vario dal suo gruppo. Un'altra vita era cominciata, e non sarebbe mai finita. Il tempo scorre implacabile e Giuseppe cresce. Intorno a lui conta ora sempre più fratelli con i quali condivide ormai molta parte della settimana: le riunioni, l'organizzazione delle partite in casa e in trasferta, la preparazione del materiale. Tutto questo è parte integrante della sua vita. Ritrovarsi insieme

agli amici prima della partenza per una trasferta, senza sapere cosa li aspetterà al loro arrivo, tornare a casa a notte fonda, sempre cantando in fondo ad un pullman o in un'automobile che stenta ad avanzare, affrontare i tifosi avversari o la polizia di altre città. Giuseppe vive tutto ciò con entusiamo e felicità, mentre i suoi vecchi amici si costruiscono magari una famiglia ed hanno un lavoro ben pagato. Ma è disposto a fare questo ed altro per la sua maglia, per i suoi colori e per la sua "seconda famiglia". La sua vita procede tranquilla, fino al giorno in cui cominciano ad essere emanate le prime leggi contro gli ultras. "Per arginare il fenomeno della violenza", dicono. Giuseppe ed i suoi amici, che il mondo del tifo lo vivono quotidianamente sulla propria pelle, sanno che la realtà non è quella raccontata da giornali e tivù. Si organizzano, cercando di far capire alla gente come stanno realmente le cose, ma sempre più spesso vengono additati come violenti, e disoccupati. Il dialogo diventa così sempre più arduo e unilaterale. Sempre più spesso vengono inoltre indicati come il marcio del calcio, ossia la parte malata di questo sport. Un bel giorno la speranza è quasi sul punto di morire quando, dalla televisione e dalla radio, arriva una notizia che sciocca tutti: scandalo nel mondo del calcio, intercettazioni, corruzione, scommesse, mazzette e dirigenti famosi indagati. Giuseppe si sente deluso, frustrato ed arrabbiato, come dovrebbe sentirsi ogni tifoso a cui la maglia, i colori e la parita regalano emozioni vere e forti. Parlando la sera al bar, con gli amici, tutti si chiedono se le "riforme anti-ultras" fossero davvero necessarie od erano state varate per deviare l'attenzione su chi è più debole e non ha possibilità di difendersi.

RICORDIAMO, COME SEMPRE, CHE 'LO STENDARDO' É UN GIORNALINO REALIZZATO AUTONOMAMENTE DA ALCUNI TIFOSI G RANATA. C I TENIAMO PERÒ A SPECIFICARE CHE PER DARE UN VALORE AGGIUNTO A TUTTO CIÒ, É NECESSARIA LA COLLABORAZIONE DI TUTTI I TIFOSI G RANATA: POTETE INFATTI AIUTARCI CON LA STESURA DI ARTICOLI O CON SEMPLICI CRITICHE (NELLA SPERANZA CHE ESSE SIANO COSTRUTTIVE). REDAZIONESTENDARDO@ GMAIL. COM

Tutte le edizioni sono disponibili su: http://issuu.com/bellinzonaboys2005 www.acbforum.ch EDIZIONE SPECIALE 110 ANNI ACB

www.fotogranata.ch LO STENDARDO | 13 GENNAIO 2014

8


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.