Turrettini Volume 4 - Sui decreti divini

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È docente di teologia sistematica all’Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione di Padova. È stato membro della commissione teologica dell’Alleanza Evangelica Mondiale, direttore della rivista Studi di teologia e di Ideaitalia. Tra le sue pubblicazioni: il Dizionario di teologia evangelica, Eun, 2007, insieme a L. De Chirico e A. Ferrari; Tra credere e sapere. Dalla Riforma protestante all’Ortodossia riformata, Alfa e Omega, 2011. È anche membro del Collegio dei Garanti della Comunione dei teologi evangelici europei. Esercita inoltre il ministero pastorale nella chiesa evangelica riformata battista di Padova.

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Ci sono persone che si dicono religiose, ma la loro idea di Dio è deista. Non negano che esista, ma la loro considerazione di lui è assai modesta, quasi ininfluente sulla realtà. Il Dio di Turrettini invece interagisce con la storia e leggere quanto l’autore scrive sui “decreti” aiuta a ritrovare un’idea di Dio vigorosa, capace d’andare contro i luoghi comuni, che lo dipingono in maniera sdolcinata e romantica. Allora non si scopre solo come Dio eserciti la sua volontà nei confronti del mondo, ma anche come debba essere pensato un tema così impegnativo e controverso come la predestinazione. Con Turrettini si toccano gli apici della riflessione teologica su un tema così complesso. Le posizioni dei cattolici e degli arminiani sono analizzate e messe a confronto con l’insegnamento biblico e con la storia, per offrire una prospettiva teologica che tenga veramente conto di chi sia Dio. Davanti alle sue elaborazioni, certi luoghi comuni impallidiscono, mentre appare la finezza e la lucidità del suo lavorìo teologico. La certezza della salvezza è presentata come “conforto delle coscienze afflitte, non per blandire la sicurezza dei profani”. N’emerge un’idea di Dio limpida e rasserenante, nutrita da una rigorosa lettura della Scrittura.

Istituzione della teologia persuasiva: Sui decreti divini

Pietro Bolognesi

Finalmente in italiano un classico della teologia che ha arricchito per secoli il pensiero evangelico.

Francesco Turrettini

Apparteneva a una di quelle famiglie che dovettero lasciare l’Italia causa religionis. Nipote di Giovanni Diodati, compì studi di filosofia e teologia con i maggiori maestri del tempo, frequentando i centri di pensiero più importanti come Leida, Utrecht, Parigi, Saumur, Montauban e Ginevra. Nel 1648, divenne pastore della chiesa di Ginevra, con l’incarico di curare anche la comunità italiana. Succedette a Théodore Tronchin nella cattedra di teologia all’Accademia di Ginevra (1653) dove divenne anche rettore (1668). La sua opera fondamentale rimane la Institutio theologicae elencticae (1679-85), ma pubblicò anche trattati sulla morte di Cristo e sul cattolicesimo, oltre ad alcuni suoi sermoni. Morì il 28 settembre 1687 a Ginevra nella “maison Turrettini”.

Francesco Turrettini

Francesco Turrettini (1623-1687)

Piano dell’opera Il testo è stato suddiviso in venti fascicoli corrispondenti ai loci in cui è suddiviso l’imponente volume latino:

ISTITUZIONE DELLA TEOLOGIA PERSUASIVA Fascicolo 4:

Sui decreti divini A cura di Pietro Bolognesi

1.

Sulla teologia

2.

Sulla Sacra Scrittura

3.

Su Dio uno e trino

4.

Sui decreti divini

5.

Sulla creazione

6.

Sulla provvidenza di Dio

7.

Sugli angeli

8.

Sullo stato dell’uomo prima del peccato

9.

Sul peccato in generale e in particolare

10. Sul libero arbitrio 11. Sulla legge di Dio 12. Sull’alleanza di grazia 13. Sulla persona di Cristo 14. Sull’ufficio di mediatore di Cristo 15. Sulla vocazione e sulla fede

16,00 €

16. Sulla giustificazione 17. Sulla santificazione e le buone opere 18. Sulla chiesa

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19. Sui sacramenti 20. Sui novissimi

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L’Istituzione della teologia persuasiva è un classico della scolastica riformata. – Norman L. Geisler, Veritas Evangelical Seminary, Murrieta, California.

...Una delle più complete formulazioni della teologia calvinista mai pubblicate. – Wayne Grudem, professore di teologia biblica al Phoenix Seminary, Phoenix, Arizona.

Se c’è un’ottima opera teologica che è stata ingiustamente trascurata, si tratta proprio dei magistrali volumi di Francesco Turrettini sull’intera dottrina cristiana... Ovunque li raccomando caldamente ai predicatori, agli studenti di teologia e ai laici. – James M. Boice, Tenth Presbyterian Church, Philadelphia.

...Un evento notevole per le chiese riformate e per tutti quelli che s’interessano di storia e di sviluppo della teologia riformata... – Sinclair Ferguson, professore di teologia sistematica, Redeemer Seminary, Dallas.

...Teologi di qualsiasi scuola saranno felici che questo classico sia disponibile. – Leon Morris, Ridley College, Melbourne, Australia.

Sono ancora stupito dalla grandezza del risultato [raggiunto da Turrettini]... Si può trovare una profonda tensione devota e pastorale in Turrettini... un insegnamento meravigliosamente edificante. – John Frame, professore di filosofia e teologia sistematica, Reformed Theological Seminary, Orlando, Florida.

...Un contributo eccezionale alla letteratura teologica... Non si sbaglia mai a leggere i giganti e Francesco Turrettini è un gigante. – Paul Feinberg, Trinity Evangelical Divinity School, Deerfield, Illinois.


...Dovrebbe dimostrarsi un enorme passo per rimediare alla diffusa trascuratezza e incomprensione, persino rappresentazione fuorviante, dell’ortodossia riformata del XVII secolo. – Richard B. Gaffin Jr., professore di teologia biblica e sistematica, Westminster Theological Seminary.

Una delle maggiori opere dogmatiche riformate del XVII secolo, ha conservato la sua influenza a causa del suo uso a Princeton. Questi volumi ci danno un eccellente rappresentante dell’ortodossia riformata importante e della teologia polemica. – R. Scott Clark, professore di storia della Chiesa e di teologia storica, Westminster Seminary, California.

...Insieme a Pietro Martire Vermigli (1499-1562), il teologo protestante italiano più importante della storia della chiesa... Proprio per il suo pensiero biblicamente limpido e teologicamente netto, Turrettini è stato oggetto di una presa di distanza da parte del liberalismo teologico, che voleva persuadere il mondo moderno non più con gli argomenti della Rivelazione biblica, ma con i melliflui richiami del sentimento religioso. Non è un caso, quindi, che Turrettini sia stato dimenticato, perché troppo ingombrante dal punto di vista confessionale. Il fatto che, per la prima volta, l’opus magnum di Turrettini sia proposto in edizione italiana è motivo di compiacimento, perché, finalmente, il meglio della teologia protestante italiana è messo a disposizione di coloro che parlano la lingua che fu anche di Turrettini. – Leonardo De Chirico, professore di teologia storica all’Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione, Padova.


Francesco Turrettini

ISTITUZIONE DELLA TEOLOGIA PERSUASIVA

A cura di Pietro Bolognesi



Francesco Turrettini

ISTITUZIONE DELLA TEOLOGIA PERSUASIVA Fascicolo 4:

Sui decreti divini A cura di Pietro Bolognesi


Istituzione della teologia persuasiva Fascicolo 4: Sui decreti divini Francesco Turrettini A cura di Pietro Bolognesi Proprietà letteraria riservata: BE Edizioni di Monica Pires P.I. 06242080486 Via del Pignone 28 50142 Firenze Italia Coordinamento editoriale: Filippo Pini Impaginazione: Graphom di Marida Montedori Revisione: Irene Bitassi Copertina: Alan David Orozco Prima edizione: Settembre 2018 Stampato in Italia Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Diodati. ISBN 978-88-97963-71-4 Per ordini: www.beedizioni.it È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche ad uso interno didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto verso l’autore e gli editori e mette a rischio la sopravvivenza di questo modo di trasmettere le idee.


Locus quarto: Sui decreti divini Quaestio I Se e in quale modo in Dio ci siano decreti I. Dopo aver preso in esame l’essenza di Dio e dei suoi attributi in assoluto e quella relativa alle persone, facciamo seguire la ricerca intorno agli atti essenziali interni di Dio, che comunemente sono chiamati decreti, a proposito dei quali la nostra quaestio è: se e in qual modo siano in Dio. In Dio ci sono decreti. II. Che in Dio ci siano decreti, da una parte lo attesta la Scrittura, la quale qua e là gli attribuisce preconoscenza, proposito, decisione determinata, volontà (πρόγνωσις, πρόθεσις, ὡρισμένη βουλή, εὐδοκία), dall’altra lo evincono varie argomentazioni, tratte sia dalla somma perfezione di Dio, in forza della quale nulla avviene senza la sua volontà, sia dalla sua onniscienza, per mezzo della quale gli devono essere note tutte le sue opere ab aeterno, non solo quelle che appartengono al genere delle possibili, ma anche al genere delle future, che egli non avrebbe potuto contemplare altrimenti che nel suo decreto, sia dalla dipendenza delle cause seconde dalla prima e di tutte le cose e gli eventi dal Supremo Ente e Agente. Non in seguito a una ricerca, bensì a una determinazione. III. Il decreto è attribuito a Dio non quale effetto di una riflessione e di un esame precedenti, attraverso un ragionamento e una dimostrazione per punti successivi, di cui non ha bisogno a chi “tutte 7


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le cose son nude e scoperte agli occhi suoi” (Eb 4,13), bensì quale determinazione sicura circa la futurizione delle cose, secondo la quale egli non fa nulla a caso, ma deliberatamente, cioè sapendolo e volendolo. IV. Si distinguono tre tipi di atti divini. 1) Gli atti immanenti e intrinseci, i quali non hanno nessun rapporto ad extra, quali gli atti personali, il generare, lo spirare, la cui necessità è assoluta, senza possibilità del contrario. 2) Gli atti estrinseci e transeunti, che non sono in Dio, ma sono prodotti da Dio e hanno come oggetto le creature, quali il creare, il governare; codesti sono atti temporali e Dio è denominato da essi soltanto dall’esterno. 3) Gli atti immanenti e intrinseci in Dio, ma connotanti un rapporto e una relazione (σχέσις) ad extra; tali sono i decreti, i quali null’altro sono che i disegni di Dio circa le cose future al di fuori di lui. V. Circa codesti decreti la quaestio è “come siano in Dio, se essenzialmente ovvero per connessione e accidentalmente”. La prima cosa è sostenuta dagli ortodossi, la seconda da Sozzini e Vorstio, i quali per sovvertire la semplicità di Dio e provare che in lui c’è una reale composizione, pretendono che si tratti di veri e propri accidenti. Contro costoro argomentiamo nel modo seguente. I decreti non sono in Dio in forma di accidenti. VI. In Dio non può darsi nessun accidente, pertanto i decreti non possono essere in lui per connessione e accidentalmente. Ciò risulta evidente: 1) dalla semplicità, infatti colui su cui ricadono gli accidenti non è semplice in assoluto, in quanto si compone di soggetto e accidente; 2) dall’infinità e dalla perfezione, infatti tutto ciò che si aggiunge a una cosa, contribuisce alla perfezione di ciò cui si aggiunge, mentre Dio è in ogni modo perfettissimo, non perfettibile come tutte le creature; 3) dall’immutabilità, infatti l’accidente è radice di mutamento, mentre Dio è immutabile tanto nella volontà quanto nell’essenza. I decreti sono in Dio come atti immanenti di volontà e hanno la proprietà di causa efficiente ed esemplare. VII. Non potenFascicolo 4


Locus quarto: Sui decreti divini

do dunque competere a Dio accidentalmente, di necessità diciamo che i decreti sono in lui essenzialmente, come atti immanenti della sua stessa volontà con relazione (σχέσει) e termine ad extra e non differiscono realmente dall’essenza stessa di Dio, poiché la volontà di Dio, con la quale s’identificano, null’altro è che l’essenza stessa che vuole, afferrata da noi con un concetto inadeguato: in questo senso giustamente si dice che i decreti s’identificano con l’essenza stessa, secondo che essa è concepita quale atto vitale che determina sé stesso a produrre questa o quella cosa al di fuori di sé. Di qui essi assumono la proprietà di una duplice causa, efficiente ed esemplare: efficiente, in quanto tutte le cose che sono future, appunto per questo sono future, perché Dio le ha decretate, né può darsi altra causa precedente delle sue opere; esemplare, poi, perché il decreto di Dio è come l’idea di tutte le cose al di fuori di lui, secondo la quale come archetipo (ἀρχέτυπον) si esprimono nel tempo quelle che potremmo chiamare copie (ἔκτυπα). Giustamente i decreti si definiscono idee. VIII. Poiché ogni agente agisce liberamente e consapevolmente secondo l’idea, è giusto affermare che nella mente di Dio ci sono le idee di tutte le cose, non in quanto costituiscano una qualche specie intelligibile o forma delle cose che sia tratta dalle cose stesse e provenga da altra parte e s’imprima in Dio, come accade nelle idee umane, ma in quanto indicano una nozione ovvero causa esemplare che preesiste alle cose stesse nella mente di Dio e si esprime in esse quando sono prodotte e null’altro è che la stessa essenza divina, secondo che è intesa da Dio stesso o come imitabile dalle creature, qualora sia una cosa meramente possibile, che si riferisce alla scienza naturale, oppure da imitare, qualora sia futura e riguardi la scienza libera. IX. Di qui risulta chiaro che l’idea si attribuisce a Dio in modo diverso che all’uomo; nell’uomo l’idea è prima impressa e dopo si esprime nelle cose, mentre in Dio non è impressa, ma soltanto si esprime da sé stessa, perché non proviene da altra parte. Nell’uomo Sui decreti divini

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le cose stesse sono il modello e la nostra scienza è un’immagine, mentre in Dio la scienza divina è il modello e le cose stesse ne sono immagine o somiglianza espressa. X. Anche se nella mente di Dio sono poste le idee delle cose possibili e future, non consegue che Dio debba allo stesso modo essere concepito o come possibile o come futuro; da ciò basta cogliere che la possibilità e la futurizione di tutte le cose dipendono da Dio e che in questo senso Dio è tutte le cose, non formaliter, ma eminenter. XI. Sebbene l’idea comporti la proprietà della somiglianza e della convenienza, mentre tra Dio e la creatura vi è somma distanza e non sembra quindi potersi stabilire alcuna somiglianza, non per questo l’idea non può darsi in Dio. Bisogna, infatti, distinguere la somiglianza univoca, quando due convengono in un concetto univoco e comune (come quando si dice che Pietro e Paolo sono simili, in quanto convengono nell’umanità, che è loro comune) e in tal caso non può darsi somiglianza tra Dio e le creature, poiché le cose che si dicono di Dio e delle creature non si dicono univocamente, bensì analogicamente. Diversa è invece la somiglianza figurata o dell’immagine, che rappresenta distintamente una cosa e n’esprime un’altra, sia che convengano in altra cosa comune, sia no; infatti l’idea che è in Dio rappresenta perfettissimamente la creatura stessa e in tal modo l’idea giustamente è detta somiglianza della cosa conosciuta. XII. Altro è agire secondo un’idea proveniente dall’esterno e accidentale, altro secondo un’idea essenziale. Agire secondo un’idea esterna e mutuata da altri è proprio dell’imperfezione, ma non è così dell’agire secondo un’idea essenziale, al modo in cui agisce Dio, non riguardando alcun esempio al di fuori di sé, bensì alla sua essenza. Fontes solutionum. XIII. La libertà del decreto divino non impedisce che esso sia Dio stesso; il decreto, infatti, è libero solo Fascicolo 4


Locus quarto: Sui decreti divini

quanto al termine ed ex parte rei, ma non quanto al soggetto ed ex parte Dei; libero in actu exercito, in quanto risiede nella libertà di Dio il decretare questa o quella cosa, non in actu signato, perché decretare qualcosa dipende dalla costituzione interna di Dio, per la quale egli comprende e vuole; libero quanto alla relazione (σχέσις) e al rapporto ad extra, ma non quanto all’esistenza assoluta ad intra. Dunque, nel decreto si devono correttamente distinguere tre aspetti. 1) L’essenza di Dio che vuole e decreta come principio; 2) il suo tendere ad extra, senza tuttavia alcuna interna aggiunta o modificazione, poiché nulla esprime se non il rapporto esterno e l’attitudine verso la creatura, che ha le caratteristiche della relazione; 3) l’oggetto stesso ovvero la cosa decretata, che costituisce il termine. Nel primo aspetto il decreto è necessario, mentre nel secondo è libero (vedi Locus III, Q. 7.11 “Sulla semplicità di Dio”). XIV. Ciò che dipende da altro come causa propriamente detta non è Dio, ma non ciò che dipende da altro come principio, qual è il decreto, che è posteriore in signo rationis e dalla parte del nostro modo di concepire le cose, ma non quanto alla condizione della cosa e del tempo. XV. L’azione transitiva differisce dall’agente e non tanto è in Dio, quanto da Dio, ma l’azione immanente, qual è il decreto, s’identifica con lui, perché in Dio essere, potere e operare non differiscono, se è vero che Dio non agisce come le creature attraverso un qualcosa di aggiunto alla sua natura, bensì attraverso la sua essenza, che determina sé stessa a questa o quella cosa al modo di un principio vitale. In tal modo, giustamente si afferma che nessun’azione procedente da libera volontà può essere Dio assolutamente e in sé, pur tuttavia può giustamente dirsi Dio relativamente (σχετικῶς) considerato, come atto vitale che si determina spontaneamente: in questo senso il decreto null’altro è che Dio stesso decretante. XVI. Come Dio è Ente assolutamente necessario, così il decreto è intrinsecamente necessario dalla parte del principio, ma ciò Sui decreti divini

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non impedisce che estrinsecamente e quanto al termine sia libero; né questo implica alcuna reale differenza in Dio, poiché trattasi di mera σχέσις (relazione) e rapporto ad extra, che modifica, non compone. XVII. I decreti di Dio intrinsecamente non sono molti, né in Dio si presentano ora in un modo ora nell’altro (ἄλλως καὶ ἄλλως), sebbene estrinsecamente e quanto al termine siano ora in una direzione ora in un’altra (πρὸς ἄλλο καὶ ἄλλο). Di conseguenza quei decreti, che negli enti finiti formaliter sono diversi, nell’Ente infinito eminenter s’identificano. Quaestio II Se i decreti di Dio siano eterni. Lo affermiamo contro i sociniani I sociniani non ammettono l’eternità dei decreti. I. I sociniani per dimostrare più facilmente che i decreti di Dio differiscono realmente da Dio, insegnano che essi non sono eterni, ma temporali o almeno eterni solo relativamente. Di qui, sostengono che alcuni sono stati fatti prima della fondazione del mondo, come il decreto di creare, conservare e reggere il mondo e altri simili, altri invece sono temporali e sono stati fatti dopo la fondazione del mondo in momenti diversi, secondo quanto la natura delle cose stesse poté richiedere. Così si esprime Crellio (in Völkel J. De vera Religione I.XXII) né diversamente pensano Vorstio e i rimostranti. Noi invece crediamo che tutti i decreti siano assolutamente eterni. Gli ortodossi l’affermano. II. I motivi sono i seguenti: 1) la Scrittura attribuisce ai decreti l’eternità, come quando è detto che i pii erediteranno “il regno che vi è stato preparato fino dalla fondazione del mondo” (Mt 25,34), che “in lui ci ha Dio eletti avanti la fondazione del mondo” (Ef 1,4), che la grazia “ci è stata data in Cristo Gesù avanti i tempi de’ secoli” (πρὸ χρὸνων αἰωνίων, 2Tm 1,9), che Cristo è stato “ben preordinato avanti la fondazione del Fascicolo 4


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mondo” (πρὸ καταβολῆς κόσμου, 1Pt 1,20), vale a dire ab aeterno, poiché ciò che ha preceduto l’inizio del tempo dev’essere eterno. Né l’avverbio di tempo “prima”, che viene usato, indica una determinazione temporale, poiché viene assunto non tanto positivamente, come quando mostra una differenza di tempo, quanto negativamente, in quanto denota una sua rimozione. E non si deve dire che questo viene asserito solo relativamente ad alcuni decreti, non a tutti, per mostrare la singolare importanza di persone o cose o la loro insigne certezza; la natura di tutti i decreti, infatti, dev’essere la medesima, per cui la situazione di alcuni non esclude, anzi include e presuppone analogicamente gli altri. Senza dubbio la Scrittura estende questo non solo ad alcuni decreti, ma a tutti. III. 2) In secondo luogo, ciò è dimostrato dal passo di At 15,18, in cui Giacomo asserisce che “a Dio sono note ab aeterno tutte le opere sue”. Infatti, se la prescienza di Dio è eterna, di necessità è eterno anche il decreto su cui essa s’appoggia, poiché Dio non conosce le cose come future, se non nel decreto per il quale passano dallo stato di possibilità allo stato di futurizione. IV. 3) Se poi Dio stabilisse i decreti nel tempo, allora prenderebbe la sua decisione a somiglianza degli uomini secondo le circostanze che man mano si presentano e questo non si addice né alla sua sapienza infinita né alla sua perfezione e immutabilità assolutissima, essendo tanto assurdo che egli sia suscettibile di alcun nuovo decreto quanto che gli possa accadere un qualcosa all’improvviso. V. 4) Erroneamente Vorstio, seguendo Sozzini, distingue l’eternità in assoluta e relativa, simpliciter e, come si dice, secundum quid; infatti, la Scrittura parla dell’eternità sempre nello stesso modo e in nessun passo rivela tale distinzione. Né la natura stessa della cosa può permetterla, perché l’eternità non è composta di momenti successivi, ma è indivisibile e simultaneamente intera. Fontes solutionum. VI. Anche se diciamo che alcuni decreti sono precedenti o posteriori rispetto ad altri, non ne consegue che Sui decreti divini

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non siano eterni in sé stessi, perché questo non viene detto dalla parte di Dio – in tal modo, infatti, in Dio sono un unico e semplicissimo atto – ma rispetto al nostro modo di concepire le cose, per cui non possiamo a causa degli oggetti distinti pensare ai decreti se non distintamente secondo un prima e un dopo. Così tale priorità e posteriorità dev’essere considerata non tanto relativamente ai decreti, quanto alle cose decretate, le quali nell’esecuzione hanno un loro ordine e alcune sono precedenti o posteriori ad altre. VII. Non è eterno ciò per cui esiste un prima, nell’ordine di durata e di tempo, ma può dirsi eterno ciò per cui esiste un prima per priorità di ordine e di natura. Dio precede i suoi decreti nel secondo senso, in quanto loro principio, ma non nel primo. VIII. La causa non sempre è precedente al suo effetto nell’ordine del tempo, neppure nelle creature, anzi spesso accade che gli effetti siano coevi alle loro cause, quando cioè procedono da esse per emanazione, come sono sincroni (σύγχρονοι) la luce rispetto al sole, il pensiero rispetto alla mente, l’atto del conoscere rispetto a quello dell’amare nell’intelletto angelico e umano appena creato. Pertanto nulla impedisce che il decreto sia coeterno a Dio dal quale viene fatto, sebbene egli debba dirsi non tanto causa quanto principio del decreto. IX. Benché Dio muti nel tempo la sua dispensazione verso gli uomini, sia nel bene che nel male, non consegue che venga mutato il decreto stesso o che esso venga fatto veramente nel tempo, perché questo stesso cambiamento è stato decreto già ab aeterno. Piuttosto, codeste cose, espresse dal punto di vista umano (ἀνθρωποπαθῶς), devono essere intese dal punto di vista di Dio (θεοπρεπῶς), in rapporto a un mutamento non in Dio, ma nelle sue opere. Così devono intendersi i passi di Gr 18,10; 31,28; Dt 28,63. X. Anche se i decreti di Dio sono stabiliti eterni, non consegue che le creature siano state eterne. Consegue solamente che Dio ab aeterno ha decretato che cosa sarebbe accaduto a esse nel tempo. Fascicolo 4


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Pertanto, si dice che furono solo quanto al loro essere conosciute e intenzionali a causa della loro futurizione decertata – in questo senso è detto che tutte le opere furono note a Dio “ab eterno” (At 15,18) – non quanto al loro essere reali. XI. Se da parte di alcuni si nega che i decreti siano eterni a posteriori, perché cessano con la loro stessa esecuzione, questo deve intendersi solo rispetto agli oggetti che vengono prodotti al di fuori di Dio, non rispetto all’atto divino, il quale non muta. Così, dopo l’esecuzione, la cosa decretata certo cessa di essere in fieri, perché ormai è stata fatta, ma il decreto stesso tuttavia non cessa, poiché è assolutamente vero che Dio ha decretato ab aeterno una tale cosa. XII. Sebbene i decreti possano essere diversi rispetto alle cose decretate, non se ne possono tuttavia dare di tali che siano contrari tra di loro rispetto ai medesimi oggetti, cosicché Dio voglia attraverso un decreto perdere una persona che vuole invece salvare attraverso un altro decreto. E se Dio ha decretato che al medesimo uomo tocchino successivamente beni e mali, non ne consegue che si tratti di decreti contrari; anzi, come derivano da un solo Dio, così debbono essere ritenuti effetti di un solo e medesimo decreto sempre a sé coerente. Dio volle che fosse provveduto all’uomo secondo questa procedura, allo stesso modo in cui, per la cura di un ammalato, si usano in momenti successivi rimedi diversi e spesso contrari, in seguito alla decisione di un medesimo medico. XIII. L’eternità dei decreti di Dio non elimina la sua libertà nel decretare; infatti, sebbene non si possa determinare nessun momento in cui Dio sia stato indifferente in atto per decretare questa o quella cosa, tuttavia è certo che la natura di Dio in sé è stata indifferente a decidere questo o quello, poiché non vi era nessuna connessione necessaria tra Dio e le creature (come quella che vi è tra il Padre e il Figlio, che non avrebbe potuto non generare), mentre avrebbe potuto astenersi da qualsiasi produzione di cose, se avesse voluto. Sui decreti divini

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Quaestio III Se ci siano decreti condizionati. Lo neghiamo contro i sociniani, i rimostranti e i gesuiti I. Non esiste per nulla la distinzione, così spesso presentata con insistenza dai sociniani, i rimostranti e gli altri che sacrificano all’idolo del libero arbitrio, per cui i decreti sogliono dividersi in assoluti e condizionati: nessuna distinzione è marcata da maggiori assurdità, nessuna è meno ammissibile. Lo scopo dei sociniani e di coloro che li seguono per questa parte è di confermare l’invenzione della scienza media, di provare l’elezione sulla base della fede prevista e di esaltare le possibilità dell’arbitrio umano. Status della quaestio. II. La quaestio non riguarda il decreto assoluto o condizionato a posteriori e di conseguenza o rispetto alle cose decretate e agli oggetti voluti al di fuori di Dio, cioè se ci siano decreti che non abbiano nessuna condizione e un mezzo nell’esecuzione, oppure ne includano uno. Infatti, in questo senso non neghiamo che vari decreti possono chiamarsi condizionati, perché hanno condizioni a loro subordinate, sebbene si debba ammettere che il termine non è usato del tutto propriamente, poiché la condizione non dev’essere confusa con il mezzo e altro è che una cosa sia decretata sotto condizione, altro invece che ne sia decretata l’esecuzione attraverso determinati mezzi. La quaestio riguarda piuttosto il decreto assoluto o condizionato a priori e preventivamente, dalla parte del decreto stesso, se cioè ci siano decreti tali che dipendano da una qualche condizione fornita di potere e di esito incerto al di fuori di Dio o se invece i decreti siano assoluti e dipendano dal suo solo beneplacito. I sociniani con gli altri asseriscono la prima cosa, noi invece la seconda. Non c’è alcun decreto condizionato. III. I motivi sono i seguenti. 1) Ogni decreto di Dio è eterno, pertanto non può dipendere da una condizione, la quale è soltanto nel tempo. 2) I decreti Fascicolo 4


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di Dio dipendono dalla sua compiacenza (εὐδοκία, Mt 11,26; Ef 1,5; Rm 9,11) e pertanto non sono sospesi ad alcuna condizione al di fuori di Dio. 3) Ogni decreto di Dio è immutabile (Is 46,10; Rm 9,11), mentre il decreto condizionato può mutare, perché ogni condizione è mutabile tanto più se non è stata decretata da Dio, ma posta nel libero arbitrio dell’uomo, com’è il presente caso, per cui, cessando la condizione, Dio verrebbe meno al fine e sarebbe tenuto a formulare nuovi piani attraverso considerazioni successive (δευτέρας φροντίδας). 4) È contrario alla sapienza e alla potenza di Dio stabilire decreti tali che dipendano da una condizione impossibile, che non sia – né possa essere – futura, perché quello stesso dal quale solo dipende non vuole adempierla. Se questo può aver luogo negli uomini, deboli e ignari delle cose future, non ne consegue che la medesima cosa possa darsi in Dio, che è sapientissimo, onnisciente, onnipotente e non solo prevede, ma anche provvede a tutte le cose. IV. 5) È assurdo che il Creatore dipenda dalla creatura, Dio dagli uomini e la volontà di Dio (che è causa prima di tutte le cose) dalle cose stesse, cosa che deve necessariamente avvenire se i decreti di Dio restano sospesi a una condizione che dipenda dall’uomo. V. 6) Non può darsi nessuna scienza media che abbia come oggetto cose future condizionate, com’è stato già dimostrato (Locus III, Q. 13), di conseguenza non può neppure darsi il decreto condizionato, che le suol essere sotteso quale fondamento. VI. 7) Non possono porsi decreti condizionati senza presupporre che colui il quale li ha decretati ne ignori l’esito, o non abbia l’esito in suo potere, o non abbia stabilito circa l’esito nulla di certo e di assoluto, tutte cose che, costituendo una grandissima ingiuria nei confronti di Dio, non possono, né debbono essergli attribuite. VII. Da quanto sopra, saviamente i sinodi gallicani non proclamarono mai i decreti condizionati velleità inefficaci e desideri Sui decreti divini

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Istituzione della teologia persuasiva

vani e illusori, in quanto contrari alla sapienza, potenza e costanza di Dio. Fontes solutionum. VIII. Una cosa è che Dio abbia decretato di non salvare nessuno se non attraverso i mezzi legittimi, un’altra stabilire che il decreto sulla salvezza di questi o di quelli attraverso i mezzi legittimi sia condizionato e di esito incerto, come immaginano gli avversari. Anche se la fede e la perseveranza hanno la qualità di condizione prerichiesta per la salvezza decretata, sicché senza di esse non si deve attendere salvezza, tuttavia non hanno la qualità di condizioni fornite del potere di conferire a questo o a quello salvezza in Cristo secondo il decreto eterno di Dio. Anzi, tanto manca che Dio abbia decretato per loro la salvezza a tale condizione, che al contrario, proprio perché ha decretato per loro la salvezza, ha anche decretato per loro fede e perseveranza e tutti gli altri mezzi necessari alla salvezza. IX. Altro è che sia condizionata la cosa decretata, altro che lo sia il decreto stesso: ammettiamo la prima cosa, ma non la seconda, può darsi una causa antecedente o condizione della cosa voluta, ma non immediatamente dello stesso volere. Così, Dio vuole che la salvezza sia connessa alla condizione della fede e del pentimento nel suo realizzarsi, tuttavia la fede e il pentimento non sono condizione o causa dell’atto del volere in Dio o del decreto della salvezza in quanto proposito. X. Le promesse e le minacce condizionali non implicano che si diano decreti condizionati, perché riguardano la volontà non di colui che decreta, bensì di colui che dà istruzioni e sono appendici dei mandati divini, che vengono aggiunte come stimolo per spronare gli uomini. Così, colui che promette e minaccia a una condizione incerta non predice o decreta che cosa realmente avverrà, ma solo indica che cosa può avvenire qualora venga osservata o trascurata la condizione. Di conseguenza, tali promesse o minacce mostrano solo il nesso necessario della condizione con il condizionato, ma Fascicolo 4


È docente di teologia sistematica all’Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione di Padova. È stato membro della commissione teologica dell’Alleanza Evangelica Mondiale, direttore della rivista Studi di teologia e di Ideaitalia. Tra le sue pubblicazioni: il Dizionario di teologia evangelica, Eun, 2007, insieme a L. De Chirico e A. Ferrari; Tra credere e sapere. Dalla Riforma protestante all’Ortodossia riformata, Alfa e Omega, 2011. È anche membro del Collegio dei Garanti della Comunione dei teologi evangelici europei. Esercita inoltre il ministero pastorale nella chiesa evangelica riformata battista di Padova.

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Ci sono persone che si dicono religiose, ma la loro idea di Dio è deista. Non negano che esista, ma la loro considerazione di lui è assai modesta, quasi ininfluente sulla realtà. Il Dio di Turrettini invece interagisce con la storia e leggere quanto l’autore scrive sui “decreti” aiuta a ritrovare un’idea di Dio vigorosa, capace d’andare contro i luoghi comuni, che lo dipingono in maniera sdolcinata e romantica. Allora non si scopre solo come Dio eserciti la sua volontà nei confronti del mondo, ma anche come debba essere pensato un tema così impegnativo e controverso come la predestinazione. Con Turrettini si toccano gli apici della riflessione teologica su un tema così complesso. Le posizioni dei cattolici e degli arminiani sono analizzate e messe a confronto con l’insegnamento biblico e con la storia, per offrire una prospettiva teologica che tenga veramente conto di chi sia Dio. Davanti alle sue elaborazioni, certi luoghi comuni impallidiscono, mentre appare la finezza e la lucidità del suo lavorìo teologico. La certezza della salvezza è presentata come “conforto delle coscienze afflitte, non per blandire la sicurezza dei profani”. N’emerge un’idea di Dio limpida e rasserenante, nutrita da una rigorosa lettura della Scrittura.

Istituzione della teologia persuasiva: Sui decreti divini

Pietro Bolognesi

Finalmente in italiano un classico della teologia che ha arricchito per secoli il pensiero evangelico.

Francesco Turrettini

Apparteneva a una di quelle famiglie che dovettero lasciare l’Italia causa religionis. Nipote di Giovanni Diodati, compì studi di filosofia e teologia con i maggiori maestri del tempo, frequentando i centri di pensiero più importanti come Leida, Utrecht, Parigi, Saumur, Montauban e Ginevra. Nel 1648, divenne pastore della chiesa di Ginevra, con l’incarico di curare anche la comunità italiana. Succedette a Théodore Tronchin nella cattedra di teologia all’Accademia di Ginevra (1653) dove divenne anche rettore (1668). La sua opera fondamentale rimane la Institutio theologicae elencticae (1679-85), ma pubblicò anche trattati sulla morte di Cristo e sul cattolicesimo, oltre ad alcuni suoi sermoni. Morì il 28 settembre 1687 a Ginevra nella “maison Turrettini”.

Francesco Turrettini

Francesco Turrettini (1623-1687)

Piano dell’opera Il testo è stato suddiviso in venti fascicoli corrispondenti ai loci in cui è suddiviso l’imponente volume latino:

ISTITUZIONE DELLA TEOLOGIA PERSUASIVA Fascicolo 4:

Sui decreti divini A cura di Pietro Bolognesi

1.

Sulla teologia

2.

Sulla Sacra Scrittura

3.

Su Dio uno e trino

4.

Sui decreti divini

5.

Sulla creazione

6.

Sulla provvidenza di Dio

7.

Sugli angeli

8.

Sullo stato dell’uomo prima del peccato

9.

Sul peccato in generale e in particolare

10. Sul libero arbitrio 11. Sulla legge di Dio 12. Sull’alleanza di grazia 13. Sulla persona di Cristo 14. Sull’ufficio di mediatore di Cristo 15. Sulla vocazione e sulla fede

16,00 €

16. Sulla giustificazione 17. Sulla santificazione e le buone opere 18. Sulla chiesa

www.beedizioni.it

19. Sui sacramenti 20. Sui novissimi

8/31/18 12:58 PM


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