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spazio espositivo contemporaneo.

Correva l’anno

La struttura esterna è davvero imponente, un corpo avveniristico che si specchia su corso Unità d’Italia. Al suo interno, dentro il suo ventre metallico, ci si sente piccoli, Giona inghiottito dalla pistrice, ma l’effetto ottico è piacevole.

I cavalli ad un certo punto son diventati a vapore e così, sperimentando, le care e vecchie carrozze a piccoli passi conducono nella stalla gli equini e si mettono in moto da sole.

L’originario giardino en plein air è diventato una piazza coperta, con linee morbide e superfici metalliche luminose. Il “giardino d’inverno”* creato da Cino Zucchi è il cuore caldo dell’edificio; un’agorà luminosa senza vincoli architettonici destinata all’accoglienza e all’incontro.

Le prime autovetture sono straordinarie, vere e proprie alcove, divani di lusso, materiali pregiati e a volte per noi inusuali come il legno. Un modello d’auto rivestito esternamente in pelle è, quantomeno, poco adatto a sopportar le intemperie, ma lo si scoprirà solo nel corso del tempo.

Colori freddi, penombra e luci pacate sono la costante del museo, la sorpresa effetto shock arriva come un diretto in volto aprendo la porta delle toilette. Parlar di bagni, lo so, non è di classe ma vi assicuro meritano una visitina per pura curiosità, anche in assenza di bisogni fisiologici di necessità. Vi state muovendo nella penombra e decidete di “aprire quella porta”, bang, vi trovate colpiti da un flash verde fluo accecante. Immersi in una vivida colata di pistacchio si rimane piuttosto disorientati, but shake the shock and go.

La penombra del museo aiuta a percorrere a ritroso le epoche e mi ritrovo di nuovo nel Futurismo, fra le parole del Manifesto di Marinetti e Materia di Boccioni (una copia), che messa a “bella posta” davanti alla mitica Itala mod. 35/45 Hp, il bolide che guidato da Scipione Borghese si aggiudicò nel 1907 il raid Pechino-Parigi, sembra trainare con la sua forza disumana i cavalli a vapore moderni.

Non sono certo qua solo per vedere i bagni, indi imbocco la scala mobile per cominciare la mia visita, come mi suggerisce, fra l’altro, la zelante e giovane fanciulla all’accoglienza**.

Dal fondo della sala note di Jazz, Charleston e FoxTrot ci riportano agli anni ’20, proibizionismo, gangster e “bulli e pupe”. Un mondo dorato pieno di dive, cattivi, danze e whisky di contrabbando. Spezzoni di film, ritratti in gigantografia di Divine d’altri tempi, gonne corte, capelli alla “maschietta”, brillantina e autovetture di un lusso esagerato, Rolls Royce, Isotta Fraschini e una C3 Citroën petite mais très jolie. I grammofoni suonano, si vuol dimenticare la guerra e non ci si accorge che si sta già architettando un altro conflitto nelle sale del potere, ma è non tempo di pensarci e allora di nuovo lusso. Queste autovetture hanno, però, uno stile greve, il nero lucente nasconde qualcosa di funesto. L’aristocrazia vecchia e nuova non sembra badarci e fa bella mostra di sé su rombanti motori a scoppio che abbagliano il popolino. Io che trovo tozze e di poco stile le auto

by Barbara Saccagno (articles and photos) 15


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