Guardare ma non toccare

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EPISODIO 1

Bartolomeo il cavaliere

Strap crack tum plop. Bartolomeo strappò la pagina, appallottolò il suo tema e lo scaraventò nell’angolo verso il cestino. La pallina di carta atterrò su un cumulo di fogli accartocciati e ruzzolò per terra, in buona compagnia degli ultimi dieci tentativi.

Si arruffò i capelli con le mani, irritato, sbuffò e appoggiò il mento sul tavolo, sconsolato. Dalla finestra, un sole radioso e paffuto sembrava farsi beffe di lui per attirarlo fuori a giocare.

Sbirciò in direzione del nonno, ma lui non se ne accorse: si era appisolato sulla sua poltrona.

Il sorriso, che già correva da un orecchio all’altro, svanì al pensiero di una sua ramanzina: faceva rabbrividire quando si piegava verso di

lui con gli occhiali sul naso, le narici che fumavano e le squame verdi... Beh, forse Meo lavorava un po’ troppo di fantasia, ma quel giorno non aveva ancora combinato “marachelle”, come le chiamava il nonno. E poi lui non combinava guai di proposito, ma gli venivano naturali.

Si accomodò sulla pila di libri che usava come cuscino per arrivare al tavolo e si tirò davanti il quaderno. Puntellò i pugni contro le tempie e i gomiti sul tavolo, ma i minuti passavano e il foglio rimaneva bianco.

— Idea! E se lo copiassi? Ehm, voglio dire: se prendessi spunto da uno di questi libri, potrei uscire a giocare!

Il suo interesse per i libri solitamente si limitava al sedersi sopra di essi per arrivare al tavolo quando faceva i compiti. Quando invece doveva leggerne uno, sospirava con la testa appoggiata alla scrivania, reggendo una pagina con due dita.

La libreria occupava un’intera parete. Gli girava la testa solo a vedere tutti quei volumi

polverosi, ma il nonno dormiva così placidamente che Meo afferrò la scaletta della biblioteca, la fece scivolare lungo le guide e cominciò a salire risoluto, scorrendo il dito sul dorso dei vari volumi per leggere i titoli.

— FI - SI - CA , FI - LO - SO - FIA , MATE - MA - TI - CA , ME - DI - CI - NA.

Dopo tre interi scaffali, si buttò a sedere per terra, incrociando le braccia imbronciato.

— Possibile che qui non ci sia niente di interessante? — sbuffò — Niente navi volanti, mostri marini o principesse da salvare!

Rimaneva solo l’ultima fila. Si arrampicò fino in cima, agile come uno scoiattolo. Anche in punta di piedi non riusciva a vedere i titoli: i libri erano molto vecchi, con la copertina rovinata e coperti da tanta di quella polvere che sembrava che nessuno li avesse mai presi in mano nell’ultimo secolo. Con un piccolo sforzo, cercò di estrarne uno con una mano, mentre con l’altra si reggeva allo scaffale. Il volume era molto grande e anche molto pe-

sante. Tirava e ansimava, ma il libro era quasi fuori del tutto e...

Tum splash plug. Era così pesante che rovinò a terra, trascinandosi dietro il povero Meo.

Sbatté sul pavimento, sollevando una nuvola di polvere, si aprì e... dov’era finito Meo?

Non ci crederete mai ma, quando la polvere si diradò, lui stava precipitando nella pagina in cui era aperto il volume, proprio nel mondo che vi era disegnato. Piombò giù dal cielo urlando, affondò in un covone di paglia e capitombolò su un’aia. Che volo! Tutto gli girava intorno, mentre si accarezzava i lividi. Ancora tossendo sabbia, si sfregò gli occhi perché non credeva a ciò che stava vedendo: era nel bel mezzo di una giostra medievale con tanto di cavalieri in armatura luccicante e pubblico.

— Se questo è un sogno non voglio svegliarmi! — gongolò, correndo a capofitto verso il luogo del torneo. Si intrufolò di soppiatto in una tenda e mise fuori la testa per vedere

meglio i cavalieri che si battevano nelle loro scintillanti armature.

Quanto desiderava battersi a duello! Meo aveva sempre sognato di partecipare ad una giostra. Doveva solo trovare un’armatura, un cavallo e una lancia, e pensare che il campo del torneo era disseminato di parti di armature andate in pezzi durante lo scontro. Rapido come una saetta, passava fra gli zoccoli dei cavalli, raccogliendo qua e là un gambale, uno spallaccio, un cimiero… E ben presto aveva preso forma un cavaliere nuovo di zecca. Il risultato sembrava un quadro di Picasso, ma una cosa è certa: non si era mai vista un’armatura così.

— Manca il destriero! — esclamò schioccando le dita.

Mentre un ronzino dalle costole sporgenti scacciava le mosche con la coda e, con i pochi denti rimasti brucava distrattamente il cimiero spelacchiato che portava sull’elmo, Meo si diresse a grandi passi verso un mulo dagli zoccoli pelosi che se la rideva accanto alla tenda.

— Questo andrà benone! — disse studiando, con occhio critico, la sua vittima — Non sarai un purosangue, ma sei un cavallo, no? — Proseguì, trascinandolo per le briglie, mentre il mulo assumeva un’espressione preoccupata.

Una lancia, una spada e cosa vede…

— Ho sempre desiderato una mazza ferrata!

Incredibile quanto possa pesare! E pensare che l’orco di gomma che teneva sul comodino la reggeva come uno stuzzicadenti… Che delusione! Dovette abbandonarla in un solco, dopo averla trascinata per ben... cinque centimetri.

Pazienza. Calzò l’elmo con quel che rimaneva del cimiero e via, lancia in resta verso il terreno della competizione.

La sua cavalcatura trotterellava, facendo inchini e grandi sorrisi alla folla acclamante, mentre il cavaliere non riusciva nemmeno a vedere fuori dall’elmo.

Il primo duello ebbe inizio. Il mulo correva, sbuffando come una locomotiva, mentre il paladino Bartolomeo roteava la sua lancia gridando:

— Caricaaa!!!

Il cavallo del suo avversario si impennò per lo spavento, disarcionandolo. Incredibile, era cavaliere da mezz’ora e già aveva vinto un duello! Mentre il mulo si metteva in posa per ricevere gli applausi, come una celebrità ad un servizio fotografico, Meo faceva la danza della pioggia, sbatacchiando la ferraglia come una batteria di pentole.

— Avvicinatevi! — disse il re dalla tribuna — Qual è il vostro nome, nobile cavaliere?

— Cavalier Bartolomeo al vostro servizio — rispose fiero.

— Spero ci delizierete nuovamente con le vostre gesta — disse la regina.

Il nostro eroe si congedò con un inchino, spazzando il terreno col cimiero penzoloni, e si preparò, eccitatissimo, per il secondo scontro.

— Che la seconda tenzone abbia inizio.

— Caricaaa!!!

Il Cavaliere Nero lo guardava con occhi brucianti attraverso le fessure dell’elmo, il suo

cavallo scalpitava, scavando solchi nel terreno. Meo tirava le briglie del ronzino che distrattamente si infilava uno zoccolo nel naso.

La lancia del suo avversario infilzò il pennacchio del Cavalier Bartolomeo che perse l’equilibrio, rimanendo aggrappato alla pancia della sua cavalcatura con la sella scivolata sottosopra.

L’elmo rimase appeso alla lancia del Cavaliere Nero, mentre il destriero del nostro eroe correva fuori dal terreno di gara, attraverso arbusti e acquitrini, seminando per la strada il resto dell’armatura. Finì per perderla del tutto, compreso il suo contenuto. Dopo qualche ruzzolone in mezzo alla polvere, quando le stelle intorno alla sua testa sembrarono rallentare il loro girotondo, il nostro campione si riprese: — Ohi, ohi, pericoloso fare il cavaliere! — fu il suo commento, mentre si accarezzava il fondo schiena.

Si tolse uno sperone, poi un pezzo di collare, si scrollò di dosso la polvere e guardò il mulo che lo snobbava brucando l’erba.

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