Camilla Fata Dell'acqua

Page 1


Capitolo 1°

- Una Notte Magica -

Piacere, mi chiamo Camilla e sono una fata. Immagino che vogliate sapere come ho fatto a scoprire quali siano i miei poteri; perciò, se sarete gentili e attenti sarò lieta di raccontarvelo.

Era una calda serata d’ottobre e più che mai, in quel momento, mi stavo domandando chi fossi. Me ne stavo seduta a guardare tutte quelle fate notturne che si davano un gran da fare per far scendere la notte; peccato che io non avessi ancora capito quali fossero le mie capacità di fata, quindi non potevo fare altro che imbarazzarmi ad ammirarle nascosta tra i filamenti d’erba. Avrei tanto voluto anch’io saper fare le magie che sapevano fare loro! Devo ammettere che ero molto invidiosa, ma in cuor mio ero assolutamente certa che il tempo di splendere sarebbe arrivato anche per me. Insieme alla notte giunse la nebbia che era talmente densa che a tratti sembrava neve; tuttavia, le fate notturne si erano impegnate moltissimo ed erano riuscite a rendere sfavillanti anche le stelle più piccole, in modo che si potesse vedere oltre la fumosa patina biancastra. Il bosco da dove stavo osservando quei bellissimi incantesimi notturni era completamente illuminato dalla luce fredda della luna, la quale riflessa sulle mie alucce le faceva somigliare a due gemme d’acquamarina. Poco più tardi arrivò il vento, che era così flebile da non riuscire neanche a spazzare via uno strato di bruma. In compenso, però, fu abbastanza deciso da staccare alcune delle foglie più secche appese agli alberi circostanti, facendole frusciare e poi cadere su di me come un turbinio di coriandoli. Avevo visto centinaia di volte cadere le foglie dagli alberi, eppure quella separazione autunnale a cui ero appena stata spettatrice mi fece venire in mente che anch’io probabilmente avrei dovuto separarmi dal mio albero per seguire il vento. L’indomani sarei partita per un lungo viaggio, in cerca della mia essenza, ma prima mi sarei goduta quell’ultima notte.

Capitolo 2°

- Un’alba Di Colori -

Aprii gli occhi molto lentamente, sbadigliai con dolcezza, arricciai leggermente il naso all’insù e respirai l’intenso profumo del terreno bagnato che mi mise di buon umore. Mi sentivo prudere i piedini, e, guardandoli distrattamente, vidi che si erano macchiati di polline perché, durante la notte appena trascorsa, avevo dormito dentro un fiore di croco. Poi mi affacciai tra un petalo e l’altro, e scorsi dei teneri funghetti ancora inumiditi dalla rugiada e, più in là, una fata della luce che tentava di salire sul porcino più grande. Una volta che ebbe raggiunto il cappello gridò con tutte le sue forze: «È l’ora dell’alba! Presto, fate della luce, fate del sole e fate del giorno, riunitevi tutte qua davanti a me!» In pochissimo tempo decine di fate luminosissime scesero dal cielo come un mulinello di lucciole impazzite. Allora la fata sul fungo dichiarò solennemente: «Andiamo a far sorgere il sole!» Da quel momento volarono tutte quante sopra le nuvole e come coloratissimi fuochi d’artificio fecero esplodere mille lapilli di luce, tra il giallo ocra e il rosa pesca, per l'intera volta celeste. Il sole nacque grazie a loro ed era più vivo che mai. Desideravo tanto poterlo fare anch’io, ma l'unico talento che mi apparteneva allora era quello di saper entrare energeticamente in contatto con la natura, come qualsiasi altra banalissima fata. Alla fine di quel meraviglioso spettacolo mattutino decisi di uscire dal fiore che mi aveva protetta per tutta la notte. Purtroppo, però, un soffio di brezza mi spinse di nuovo all’interno del croco, finendo per farmi sbattere contro il suo pistillo. Avevo la faccia talmente piena di polline che sembrava l'allegro sedere di un bombo! Ancora un po' rintontita, mi sciacquai il viso con la rugiada raccolta dagli stami, gonfiai il petto con un gran respiro, strinsi i pugni delle mani e, con determinazione, spiccai il volo ringraziando il croco per la calorosa accoglienza. Quest’ultimo, oscillando a sinistra una volta sola, come un campanellino, mi salutò a modo suo.

Capitolo 3°

- Bacche Rosse -

Non mi allontanai molto dal posto in cui nacqui e crebbi, eppure mi sembrava già tutto diverso: ad esempio la consistenza del terreno, il modo in cui i raggi del sole filtravano dalle foglie degli alberi, le fragranze sospese nell’aria... Anche le piante erano differenti, infatti avevo davanti a me un grande arbusto che non avevo mai visto prima, ma di cui però conoscevo il nome: l’agrifoglio. Lo avevo sicuramente letto da piccola all'interno di un libro sui boschi e ricordavo anche le sue varianti: alloro spinoso e pungitopo maggiore. Sapevo che era una pianta che rimaneva verde anche nel corso dell’autunno, che aveva la corteccia liscia, le foglie lucenti, spinose, spesso contornate di bianco, e le sue bacche erano piccole, rotonde e color rosso vivo. «E se fossi una fata guaritrice? -ipotizzai osservando l’agrifoglio- Le bacche, se colte mature e fatte essiccare, possono stimolare lo svuotamento dell’intestino. Devo coglierle assolutamente! Potrei incontrare un folletto col mal di pancia... Non si sa mai.»Presa dall'entusiasmo, volai verso i rami più alti dell’arbusto così velocemente che la mia gonnellina azzurra si mise a sventolare. Mi emozionai così tanto all’idea di poter scoprire che tipo di fata fossi che, nel tentare di prendere una di quelle bacche, finii per pungermi con una delle foglie dell’agrifoglio. «Ahi!» gridai guardandomi subito la mano destra: sull’indice si era formato un piccolissimo puntino rosso. «Non vedi che sono soltanto una fatina?! Ti sembro forse un topo?!» urlai all'arbusto irritata. Così volai più su, dove la chioma dell’agrifoglio era più folta, per trovare un ramo abbastanza grande dove potermi sedere ad osservare meglio la ferita e, quando ne raggiunsi uno adatto, mi posai. Aspettai qualche minuto, ma il mio ditino faceva ancora male. Poi, all’improvviso, una figura che sostava su una casetta di legno costruita sul tronco dell’agrifoglio, guardandomi con aria dolce e curiosa, mi chiese: «Di cosa hai bisogno, cara?»

Mi girai verso di lei e tirai un sospiro di sollievo perché era sempre bello quando qualcuno ti offre il suo aiuto in un momento di difficoltà, anche se, personalmente, sono sempre un po' restia ad accettare le gentilezze dagli altri.

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
Camilla Fata Dell'acqua by BABIDI-BÚ - Issuu