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Food rules DIRITTO ALIMENTARE

Gli effetti della riforma del processo penale sul diritto alimentare

The effects of criminal trial reform on food law

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As part of the wide-ranging reform introduced by Legislative Decree 2022/150, with entry into force postponed to 30 December 2022 by Decree-Law 2022/162, concerning the efficiency of the criminal trial, food law is mainly dealt with in Art. 70 with a complex articulation in which there are, according to the author, inconsistent and unclear elements. This article attempts to highlight the general structure of the story, identifying the “protagonists” in legal terms, their roles and the activities they can perform and within what limits. For instance, the criminalisation of the food business operator remains, despite the reform, which therefore identifies a legal instrument that is unsuitable for the specific characteristics of the food industry.

SIAMO DI FRONTE A UNA DEPENALIZZAZIONE? ARE WE FACING DECRIMINALISATION?

di Giuseppe Maria Durazzo Avvocato esperto in diritto dell’alimentazione

Nell’ambito della vasta riforma introdotta dal D.Lgs. 2022/150, la cui entrata in vigore è stata rinviata al 30 dicembre 2022 dal D.L. 2022/162 (e già si ipotizza un ulteriore slittamento di sei mesi), in tema di efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, il diritto alimentare è trattato principalmente all’art. 70 con un complesso articolato che prende avvio con l’introduzione dell’art. 12-ter (Estinzione delle contravvenzioni per adempimento di prescrizioni impartite dall’organo accertatore) e i susseguenti articoli fino al 12 nonies nella L. 283/1962, in cui si prevede che: “Salvo che concorrano con uno o più delitti, alle contravvenzioni previste dalla presente legge (la L. 283/1962, ndr) e da altre disposizioni aventi forza di legge, in materia di igiene, produzione, tracciabilità e vendita di alimenti e bevande, che hanno cagionato un danno o un pericolo suscettibile di elisione mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie e per le quali sia prevista la pena della sola ammenda, ovvero la pena dell’ammenda, alternativa o congiunta a quella dell’arresto, si applicano le disposizioni del presente articolo e degli articoli 12-quater, 12-quinquies, 12-sexies, 12-septies, 12-octies e 12-nonies”. In pratica, il meccanismo è quello che, ai fini dell’estinzione della contravvenzione e del comportamento elidente delle conseguenze dannose o pericolose, l’organo accer-

tatore, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, impartisca al contravventore un’apposita prescrizione, adempiuta la quale il contravventore è invitato a pagare in sede amministrativa, nel termine di 30 giorni, una somma pari a un sesto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, ai fini dell’estinzione del reato. E in caso di mancato adempimento alla prescrizione il procedimento penale, superate le varie sospensioni, procederà per il suo corso. Meccanismo che, mutatis mutandis, già opera in altre materie del diritto. Senza entrare nel dettaglio della norma, ad esempio in tema di sospensione della prescrizione, piuttosto che di prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa al pagamento in sede amministrativa, o allo stesso perimetro di applicabilità (riguarda anche i mangimi per gli animali destinati alla filiera alimentare, piuttosto che gli Ogm e le relative sanzioni di cui al D.Lgs. 70/2005?), la novella merita alcune prime osservazioni circa l’impianto generale.

L’impianto generale della riforma

A mio avviso, non è una depenalizzazione, visto che la tutela penale, almeno come possibile quadro di riferimento, continua a esistere anche con il nuovo articolato della L. 283/62, ma si tratta di una depenalizzazione soggettiva, dal momento che sarà la scelta dell’operatore alimentare di aderire o meno alla prescrizione (se prevista) e al pagamento in sede amministrativa (quindi non della contravvenzione) che determinerà l’obbligo di estinzione del reato o, in caso contrario, di restare nel procedimento penale. Meccanismo a tratti oscuro perché i margini discrezionali affidati all’autorità competente, che “impartisce al contravventore un’apposita prescrizione”, appaiono sostanzialmente autodeterminati dalla stessa autorità di polizia giudiziaria e sono inoltre sottoposti al controllo del pubblico ministero (e non di un giudice terzo o, per lo meno, dell’autorità sanitaria). La mancanza di un contrappeso tra soggetto controllato e controllante e, specialmente, la non terzietà rappresentata dall’organo di polizia giudiziaria e dell’autorità inquirente di riferimento, a mio modo di vedere marca in maniera indelebile un’attività che nel caso si concluda con la sanzione amministrativa potreb-

LA NUOVA PROCEDURA RIDUCE IL RUOLO DI IMPARZIALITÀ DEL SOGGETTO PUBBLICO CHE SI OCCUPA DI SANITÀ

be non presentare profili di fragilità (legittimità) legale, mentre nel caso di mancata (e motivata) adesione del controllato alle disposizioni dell’autorità inquirente, per diversità di veduta sulla portata o natura della prescrizione, o sulla proporzionalità o ragionevolezza, o sull’adempimento della stessa ecc. (1), vedrebbero la posizione processuale dell’operatore alimentare già ampiamente pregiudicata. Infatti, un complesso di attività preprocessuali, privo di tutele, si sarebbe in tal modo già formato determinando un disequilibrio ai danni dell’imprenditore alimentare indagato. Senza considerare che l’autorità inquirente prima e quella giudicante dopo, necessariamente si affidano all’autorità di polizia giudiziaria che, al contempo, avrebbe non solo il ruolo di accertare l’ipotesi di reato, ma anche quello di imporre/proporre, attraverso la prescrizione, il comportamento igienico sanitario dell’azienda alimentare magari quotidianamente controllata (pensiamo al caso del veterinario ufficiale che opera in uno stabilimento di grandi dimensioni di lavorazione carni ma, forse, assolutamente sconosciuto). Se, inoltre, si considera che la polizia giudiziaria è statutariamente (ex art. 59 c.p.p.) subordinata al magistrato e che la direzione delle indagini preliminari (ex art. 326 c.p.p.) e l’operato della polizia giudiziaria avvengono sotto il controllo del pubblico ministero, la nuova procedura affievolisce il ruolo di imparzialità che dovrebbe avere il soggetto pubblico che si occupa di sanità, confondendosi irrimediabilmente la figura tecnica del tutore dell’igiene o dell’auditor pubblico (ad esempio, ex art. 9 D.Lgs. 27/2021) con quella dell’operatore di polizia giudiziaria, divergendo così anche dal quadro previsto dalla normativa Ue. I generosi tentativi di definire a livello dottrinale gli ambiti dei poteri di prescrizione sono privi, a mio parere, di una base legale; dovrebbe essere la norma, in-

LA POLIZIA GIUDIZIARIA POTREBBE IMPORRE/PROPORRE IL COMPORTAMENTO IGIENICO SANITARIO DELL’AZIENDA ALIMENTARE

fatti, a definire l’azione della polizia giudiziaria visto che essa incide sulla libertà personale, su quella d’impresa e sui diritti dell’indagato in sede penale. Quindi, a me pare che non solo vi sia una riserva di legge di altissimo profilo da rispettare (e non rispettata), ma anche che esistano criteri di ragionevolezza e armonizzazione sul territorio che dovrebbero spingere a previamente determinare i criteri cui ispirare l’azione prescrittiva della Procura. Condivido quanto scrisse il mio mentore, Renato Piccinino, sul fatto che le norme in tema alimentare siano “imperniate su presupposti riferibili a scienze esatte e cioè a determinati dati tecnologici, tossicologici, organolettici ecc.” (in Diritto penale alimentare, I. Utet, Torino 1998, pp. 56 ss.), un richiamo all’obiettività, quanto mai attuale, che permette, se e in quanto rispettato, un maggiore livello di sicurezza giuridica e tutela dei diritti.

Il valore della riforma

La scelta del Legislatore dell’ottobre 2022 di segno decisamente differente rispetto a quello che improntava la mancata riforma dei reati agroalimentari attesa nel 20202021 (su cui scrissi “Riflessioni sul progetto di riforma dei reati agroalimentari” nel numero di giugno e in quello di luglio 2021 di Molini d’Italia), invece che aumentare le sanzioni penali (la pena dell’arresto previ-

sta per la violazione dell’allora non riformato art. 5 della L. 283/62 avrebbe comportato una pena fino a 3 anni di arresto e significative sanzioni amministrative per talune fattispecie) è espressione di un Regolatore che, mosso principalmente dall’obiettivo di alleggerire i carichi di lavoro dei tribunali penali, ha introdotto la depenalizzazione soggettiva che, va ricordato per completezza, segue la mancata depenalizzazione dell’art. 5, L.283/62, tramite l’adozione del primo testo (pubblicato ma non entrato in vigore) del D.Lgs. 27/2021. La riforma è una buona riforma? Sì, se si pensi a una riduzione generalizzata delle pene o dei carichi di lavoro sulla macchina della giustizia. È adeguata allo scopo della sicurezza alimentare? Gli effetti della depenalizzazione soggettiva dovranno essere analizzati attraverso criteri verificabili, anche se temo gli scandali e gli eccessi comunicativi che potrebbero facilmente manipolare la sensibilità comune anche verso conclusioni contrarie al vero. Peraltro, osservo che la cultura della sanzione penalistica effettivamente applicata (e non solo teoricamente presente nel sistema normativo) è tipica italiana e decisamente minore nella gran parte degli Stati dell’Ue (2) . Le sanzioni penali, comunque, non escono dagli strumenti giuridici utilizzabili in questa materia in quanto le fattispecie previste, quali delitti nel codice penale, rimangono escluse dalla novella e, quindi, dalla pseudo depenalizzazione. Persistendo, però, la non chiarezza degli ambiti applicativi, in particolare tra art. 5, L. 283/62, e reati codicistici, la quasi depenalizzazione dell’art. 5 (e di quelli ulteriori presenti in altre norme ai quali la riforma è applicabile) non solo non risolve l’incertezza oramai sessantennale, ma pone l’azione dell’operatore del controllo ufficiale a rischio di comportamenti di fatto discriminatori visto che la contestazione secondo l’art. 12 ter della L. 283/62, come novellato, condurrà il più delle volte alla sanzione amministrativa, mentre per fattispecie, spesso sovrapponibili, contenute nel codice penale continueranno ad applicarsi reclusioni e multe. Solo come promemoria, non esiste soltanto la anzidetta sovrapposizione regolatoria e sanzionatoria, ma anche quella con le disposizioni che, ad esempio, riconducendo talune violazioni al quadro normativo dell’igiene e dell’autocontrollo aziendale, già sono sanzionate direttamente amministrativamente ma in maniera diversa, nel quantum, rispetto al metodo fissato per l’ammissione al pagamento in sede amministrativa dall’art. 12-quater del D.Lgs. 2022/150. Sullo sfondo, rimane il tema di studio (ma anche di giustizia) della “prevedibilità applicativa” che, nella prospettiva della possibile violazione del principio di legali, si pone come in potenziale contrasto con l’art. 7 CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo). Se per situazioni simili, come già detto, il controllato può vedersi contestata e somministrata una tra ben tre tipi di sanzioni (una penale, una quasi depenalizzata e una amministrativa), mi pare legittimo il richiamo al brocardo associato al citato art. 7 CEDU “nulla poena sine lege: principio di legalità dei delitti e delle pene”.

Compensazione o risarcimento/ripristino?

Entrando più nel dettaglio su alcuni temi, la previsione dell’elisione mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie del danno o del pericolo cagionato se, da un lato, riporta alla memoria le difficoltà interpretative del meccanismo della diffida introdotto dal D.L. 2014/91 (e più volte modificato), dall’altro, nello specifico e multiforme contesto alimentare nel quale si succedono situazioni che spaziano dal difetto della temperatura di un frigorifero o di un prodotto in esso contenuto, da una banco di lavoro sporco, alle blatte che circolano in una zona a loro interdetta, da una listeria sopra i limiti di attenzione, a un pesticida, a un additivo, a un contaminante presenti in maniera non conforme alla legge ecc.,mi induce a ritenere detta “elisione mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie del danno o del pericolo cagionato” come fondamento di un ragionamento di compensazione giuridico/ sociale più che di uno risarcitorio o riparatorio di senso comune. Se appare chiaro, infatti, che la prescrizione relativa a un banco non pulito o a un frigo non funzionante dovrebbe essere diretta e specifica (forse una palese depenalizzazione avrebbe avuto un suo senso pratico e giuridico anche realmente di semplificazione), quindi si mostra piuttosto intuitivamente la condotta ripristinatoria, elidere

NELLA RIFORMA IL DIRITTO ALIMENTARE NON È REGOLATO DA UNO STRUMENTO GIURIDICO ADATTO ALLE SPECIFICITÀ DEL SETTORE

le conseguenze di una salmonella in un alimento che già sia stato distribuito/somministrato, seppur senza provocare malori e determinare richieste risarcitorie (tema che la riforma sembra non considerare neppure e men che meno quello delle azioni di classe), non pare potersi concretizzare in una azione diretta e contraria rispetto al danno (potenziale) o al pericolo determinato, o comunque alla non conformità rientrante nel perimetro della riforma; salvo non considerare la prescrizione prima e la sanzione amministrativa poi (ex art. 12-quater introdotto della novella) lo strumento sociale di soddisfacimento e compensazione dei consumatori che abbiano corso il pericolo alimentare o ne hanno subito il danno.

Conclusioni

Per restare sul piano giuridico, mentre la novella individua come agente accertatore quello nell’“esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria” conformemente alla definizione del c.p.p. (art. 56), in materia di controlli ufficiali degli alimenti e dei mangimi è il D.Lgs. 27/2021 che determina l’organo competente (salvi i poteri delle autonomie locali) in quello dipendente dal Ministero della Salute. Un coordinamento tra le disposizioni, onde prevenire evidenti difficoltà procedurali, taluno lo individua nel ricorso al principio della legge speciale che deroga quella generale; al di là dell’intenzione del Legislatore, non è irrilevante che sia la novellata L.283/62, con l’art. 12 ter (e seguenti), sia il D.Lgs. 27/2021 attengano alla materia alimentare, quindi in qualche maniera siano entrambe speciali o verticali, che dir si voglia, rispetto a quella generale in tema di controlli delle persone e delle attività. Anzi, nell’ambito del controllo ufficiale dei mangimi e degli alimenti disciplinato dal D.Lgs. 27/2021 (che adegua la normativa interna nel rispetto del Reg. Ue 2017/625), la L. 283/62 appare essere a sua volta la norma speciale (di secondo livello) in quanto destinata a essere applicata soltanto a un limitato aspetto di controllo, ripristino e/o risarcimento delle possibili attività illegali della filiera alimentare. Dunque, l’agente accertatore ai sensi dell’applicazione della novella ritengo dovrebbe individuarsi in base alla stessa e non secondo il D.Lgs. 27/2021, anche se una modifica normativa sul punto non può a oggi essere esclusa. Osservo altresì che, seppur con l’obiettivo di ridurre il carico giudiziario, il D.Lgs 150/2022 introduce un’ulteriore procedura che si assomma a quelle già esistenti; procedura condotta, come ipotizzo, da soggetti pubblici diversi, con un ulteriormente affievolito diritto di difesa già ampiamento leso, a parere dello scrivente, da quanto previsto con il tribolato D.Lgs. 27/2021. L’obiettivo deflattivo, a prescindere dal giudizio “politico” della novella, dovrebbe essere raggiunto a prezzo di un’alea giuridica sulla norma applicabile, sull’autorità competente, con il dubbio sull’opportunità dell’aumento delle procedure previste dall’ordinamento, sull’effettiva capacità repressiva di comportamenti contrari all’interesse pubblico e la non marginale compressione dei diritti naturali di difesa. Circostanze come la proporzionalità delle sanzioni, la ripetizione di fatti illeciti, l’impossibilità ragionevole di adempiere alla prescrizione dell’autorità, rimangono sostanzialmente estranee alla procedura o marginali rispetto al ruolo di controllo del pubblico ministero. Dal punto di vista delle aziende alimentari, ammesso che si possa “medicare” un violazione penale con l’adempimento di una prescrizione (ragionevole) e con una sostanzialmente modesta sanzione pecuniaria, nel breve periodo può rappresentare una prospettiva favorevole. Per l’avvocato, come per lo studioso, rimane il rammarico che un tema ricco di particolarità e interazioni tecniche, sanitarie e consumeristiche come il diritto alimentare, sia stato regolato attraverso uno strumento giuridico che non mi pare adattato alle specificità. Così come mi domando se un percorso verso la nuova procedura non fosse da prevedere anche per i procedimenti già aperti e non conclusi in via definitiva, differentemente da quanto disciplinato dall’art. 96 della novella che così recita: “Le disposizioni dell’art. 70 non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto nei quali sia già stata esercitata l’azione penale”.

Giuseppe Maria Durazzo

NOTE

(1) Dal punto di vista tecnico-giuridico l’adesione a norme e prassi in materia alimentare è di tutta complessità sia per il controllo ufficiale sia per gli operatori controllati (o.s.a.); l’insieme dei diversi elementi guida, sia normativi sia tecnici, diventa anche fattore giuridicamente rilevante. Si veda di G. Cescatti, E. Feller, S. Ferrarini, E. Novelli, La sicurezza alimentare per la produzione e il consumo, Ed. Libreria Progetto, Padova 2013. (2) Il rapporto tra norma Ue e norma penale è da sempre molto vivo in Italia proprio in ragione del diffuso ricorso alla pena criminale. Si vedano, tra gli altri: V. Pacileo, Riflessi del diritto comunitario sul diritto penale nazionale. Casi pratici e criteri interpretrativi, in “Dir. Com. Scambi int. 1999”, pp. 639649; L. Costato, La Corte di giustizia, il ravvicinamento delle legislazioni nazionali e principio di precauzione, in “Dir. Giur. Agr. Alim. Amb.” 2005, p. 649 ss.; L. Tumminiello, Sicurezza alimentare e diritto penale: vecchi e nuovi paradigmi tra prevenzione e precazione, in https://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/DPC Trim_4-2013-278-316.pdf consultato il 7 novembre 2022; A. Lazzàro, Nuove problematiche del settore alimentare: proposte di riforma del sistema sanzionatorio penale, Atti convegno 7 ottobre 2016, IFNE, Verona.

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