Atti & Sipari numero 0

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La Roccia di T.S. Eliot a San Miniato Federica Antonelli, Alessandro Cei

I. Il testo Alessandro Cei Thomas Stearns Eliot non esitò un solo istante, quando il comitato della diocesi di Londra gli chiese di scrivere i cori, che avrebbero fatto parte del testo completo di La Roccia, opera che sarebbe dovuta andare in scena al Sadler’s Wells Theatre dal 28 maggio al 9 giugno del 1934, allo scopo di raccogliere fondi per la costruzione di 45 nuove chiese a Londra. Il poeta decise, quindi, di inserire i propri “cori” all’interno di un’opera più ampia scritta da altri artisti e di attribuirsi la paternità dell’intera pièce. Ne risulta un testo complesso e difficile da mettere in scena, dove brani evocativi si alternano a dialoghi ispirati alla quotidianità; una quotidianità spicciola e banale, dove i temi, spesso di elevata importanza storica e sociale, sono affrontati con toni ed argomentazioni poverissimi. La rivoluzione russa viene “demolita” con un dialoghetto molto leggero del quale mi sembra opportuno trascrivere almeno qualche brano. La conversazione si svolge tra gli operai che stanno lavorando alla costruzione di un nuova edificio ecclesiastico: ALFRED: Guarda tutto quello che sta succedendo in Russia. Pensi che riusciranno a fare a meno della religione, Bert? ETHELBERT: Ah, se è per questo la desiderano tanto come chiunque altro; e l’hanno avuta in modo davvero peggiore. Se la gente non può avere la religione nel modo consueto e appropriato, l’avrà comunque in un altro, per esempio sotto forma di politica; e in questo modo finisce per cacciarsi in un pasticcio infernale [...]. E la religione politica è come il porto scipito: la chiami medicina, ma presto diventa solo un’abitudine.

Una sorte ancora peggiore è riservata alla figura chiamata, così da non destar dubbi nei lettori, “Agitatore”. Costui rappresenta i sindacati, ma più in generale tutti i movimenti, non solo marxisti, che si opponevano al potere della chiesa. Questo personaggio incarna tutti i peggiori stereotipi del socialista d’inizio secolo e viene denigrato, prima ancora che dai muratori, da colui che gli attribuisce le parole: l’autore, che Marco Respinti, curatore della nuova edizione di La Roccia per la casa editrice BvS, ci assicura non essere Eliot. Negli intenti di chi commissionò questo lavoro a Eliot c’era l’idea di mettere in scena un testo che si ispirasse alle sacre rappresentazioni medioevali. Va detto che il poeta anglo-americano è certamente molto interessato a questa idea, che si avvicina ai suoi tentativi di creare un teatro in versi capace di opporsi al realismo del contemporaneo teatro di consumo. An-

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che Assassinio nella cattedrale sarà un esperimento di questo tipo, ma i risultati saranno sicuramente migliori. La Roccia precede di un anno quest’opera e, a differenza di essa, non si svolge per intero nel medioevo. Agli occhi della critica La Roccia parve troppo clericale e contribuì a rafforzare la teoria di coloro che parlavano di un vero e proprio calo di tensione artistica, intervenuto dopo La landa desolata (1922). Questi critici individuavano tale momento facendolo coincidere con la conversione del poeta al cristianesimo, avvenuta nel 1927. Non a caso La Roccia è un opera intrisa di riferimenti biblici: si tratta di un vero e proprio viaggio nella storia della cristianità; un ruolo fondamentale è affidato alla figura di San Pietro, che in alcuni momenti coincide con la roccia stessa, e quindi con la pietra che l’apostolo pose per ordine di Gesù Cristo. I riferimenti religiosi non affondano le loro radici soltanto nella preistoria biblica, ma anche nella storia inglese. La pièce racconta la costruzione di una chiesa in particolare: l’abbazia di Westminster. Narrando le vicende dell’edificazione del tempio cristiano più importante di tutta la Gran Bretagna, si intende alludere alla storia della cristianità; come tramite ideologico e spirituale troviamo la figura di San Pietro, che precede il vescovo di Londra Mellito nella consacrazione della chiesa che, infatti, porta il suo nome. Verità e leggenda, storia e memoria si intersecano, si incontrano creando momenti suggestivi e spazi per la riflessione a proposito di argomenti di grande valore morale e spirituale. Tuttavia, i continui riferimenti, spesso faziosi, alla situazione socio-politica di quel periodo, rischiano di offuscare le molte pagine d’alto livello. Non vogliamo avvicinarci a quei critici che accusarono questo testo di clericalismo, ponendo l’intera polemica sul piano religioso; in queste pagine, però, colpisce una certa leggerezza nell’affrontare temi importantissimi come la storia del movimento socialista, l’avvento del nazismo in Germania, oppure la condizione dei lavoratori e quella dei disoccupati. Eliot risolve tutto con un abile colpo di spugna che odora, se possibile, di restaurazione; così si conclude l’opera, è il vescovo di Londra a parlare: «Una chiesa per tutti e lavoro per ognuno, e il mondo di Dio per tutti noi fino a quando esso durerà». II. La messa in scena Federica Antonelli Nella suggestiva cornice della piazza del Duomo di San Miniato si è svolta la LX Festa del Teatro, che ha


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