

“Vir Catholicus, Apostolicus, Plene Romanus”
“Io, Plinio Corrêa de Oliveira, dichiaro che ho vissuto e spero di morire nella Santa Fede Cattolica Apostolica e Romana, alla quale aderisco con tutto il mio cuore”.
Il 3 ottobre di trent’anni fa rendeva l’anima a Dio uno dei protagonisti del secolo che allora si chiudeva. La luminosa traiettoria di questo leader cattolico ha attraversato quasi da una sponda all’altra il travagliato secolo XX, imprimendogli un segno con la coerenza e vitalità del suo pensiero, con la sua Fede incrollabile di cattolico, apostolico, romano, con il suo coraggio intrepido nella difesa dei principi che professava e con la sua profonda devozione alla Beatissima Vergine, alla quale si consacrò sin dalla giovinezza, ponendo il Lei tutte le sue speranze.
La sua vita è stata quella di un vero “crociato del ventesimo secolo”, come è stato più volte chiamato. Una vita di continua opposizione agli errori del tempo e, a contrario sensu, di esplicitazione e approfondimento di quelle verità di Fede da questi più particolarmente negate.
Perciò ha voluto come epitaffio “Vir Catholicus, Apostolicus, Plene Romanus”, Uomo Cattolico, Apostolico, Pienamente Romano.“Ho la coscienza del dovere compiuto per il fatto di aver fondato la mia cara e gloriosa TFP. Bacio in spirito il suo stendardo”. Ecco quanto scriveva nel suo Testamento
spirituale, col cui incipit abbiamo aperto questo articolo.
Discepoli di Plinio Corrêa de Oliveira, noi dell’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, da lui ispirata e sostenuta fino alla fine con segni di paternale dedizione, presentiamo questo omaggio nel trentesimo della sua scomparsa. E lo facciamo con tre saggi celebrativi e la pubblicazione di un suo testo inedito.
Senza contare un breve passaggio per Genova nel 1913, quando era ancora bambino, da adulto Plinio Corrêa de Oliveira è stato in Italia diverse volte. Durante il Concilio ha vissuto a Roma. “L’Italia è la gloria della civiltà attuale e un fortissimo pilastro della Chiesa – scriveva nel 1940 – è la vetrina in cui la Provvidenza ha voluto ha voluto collocare il più grande tesoro spirituale, morale, politico, sociale e artistico del mondo: il Papa e il Vaticano”
Negli anni Ottanta scrisse pure una “Preghiera per la restaurazione dell’Italia”, rivolta alla Madonna, in cui definiva nostro Paese: “Nazione da te tanto prediletta e che riempiste di tanta dolcezza”
Discepoli di Plinio Corrêa de Oliveira, impegnati nella battaglia per la Chiesa e per la Civiltà cristiana da lui portata avanti, poniamo questo piccolo omaggio ai piedi della Madonna, alla quale egli era oltremodo devoto. u

Plinio Corrêa de Oliveira porta a spalla la statua pellegrina della Madonna di Fatima, San Paolo, 13 maggio 1973
Sommario
Anno 32, n° 108, ottobre 2025

v Vir Catholicus, Apostolicus, Plene Romanus 2 v Plinio Corrêa de Oliveira, combattente cattolico in tempi burrascosi4 v La visione politico-strategica di Plinio Corrêa de Oliveira9 v Rivoluzione e Contro-Rivoluzione nell’ora presente13 v Rivoluzione e Contro-Rivoluzione 19 v Opinioni su Rivoluzione e Contro-Rivoluzione 22 v Un’opera profetica24 v “Defunctus actu loquitur”
25 v Opinioni su «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe» 26 v La bellezza della cavalleria28 v Perù: il “quiet revival” 34 v USA: inaugurata grotta di Lourdes35 v Ecuador: 150 anni di Gabriel García Moreno36 v Irlanda: 400 anni di S. Oliver Plunkett39 v Germania e Austria: “carovana” contro l’aborto40 v Milano: Rosario di riparazione per il “pride”41 v Santa Teresa d’Avila: grandezza carolingia44
Copertina: Plinio Corrêa de Oliveira nella biblioteca dell’allora sede del Consiglio Nazionale della TFP brasiliana, oggi sede dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, a San Paolo del Brasile.
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Anno 32, n. 108 ottobre 2025
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Plinio Corrêa de Oliveira, combattente cattolico in tempi burrascosi
di Mathias von Gersdorff


Nel 2015 è stata presentata in Germania l’opera Begegnung mit Plinio Corrêa de Oliveira, katholischer Streiter in stürmischer Zeit – Incontro con Plinio Corrêa de Oliveira, combattente cattolico in tempi burrascosi, di Mathias von Gersdorff, della TFP tedesca.
Quando ho scritto questa biografia di Plinio Corrêa de Oliveira, non avevo un’idea chiara della sua portata. È stato il prof. Paul-Henri Campbell, docente di teologia fondamentale all’Università di Lipsia ad aprirmi gli occhi, durante la presentazione dell’opera alla Fiera del Libro di questa città. A suo parere, la lettura era stata straordinariamente stimolante perché l’autore, cioè il sottoscritto, aveva avuto modo di conoscere da vicino il prof. Corrêa de Oliveira, che aveva lasciato nel mio spirito un’impressione duratura. Campbell era affascinato da questa biografia perché corrispondeva esattamente a ciò che normalmente si intende per “Tradizione cattolica”. Secondo lui, “lo Spirito Santo chiama le persone a compiti speciali in situazioni specifiche della storia della Chiesa. Ma l’opera di queste persone è destinata a continuare nel tempo”. Ciò accade principalmente nelle memorie dei discepoli, che rendono testimonianza a queste straordinarie persone. Questa è la tradizione cattolica nel senso più autentico.
È interessante notare che il prof. Campbell non è un conservatore né tantomeno un tradizionalista. Ma, in quanto teologo, ha un occhio di riguardo per le manifestazioni di fede vissuta. Egli riteneva molto appropriato il titolo del libro “Incontro con Plinio Corrêa de Oliveira”, poiché proprio di un incontro si è trattato.
Com’è stato questo incontro?
Non solo un intellettuale anticomunista
Quando ho visto Plinio Corrêa de Oliveira per la prima volta, nel giugno 1990, avevo già letto alcune delle sue opere, in particolare Rivoluzione e ControRivoluzione. Avevo anche acquisito particolare consapevolezza della sua lotta contro il comunismo. Nel 1960, egli fondò la Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà, con l’obiettivo di impedire la caduta del Brasile nel comunismo. Nel corso degli anni, nacquero altre organizzazioni con idee simili, prima in Sud America, poi nel resto del mondo.
Per inquadrare correttamente Plinio Corrêa de Oliveira bisogna considerare il contesto storico. Gli anni in cui ho appreso del suo lavoro erano ancora quelli della Guerra Fredda. La minaccia comunista era presente in tutto il mondo. Io ero studente di economia a Bonn. La mia specializzazione era la teoria economica matematica, che si occupa dei fondamenti astratti dell’economia, che pensavo fossero oggettivi. A posteriori, però, mi sono reso conto di quanto i
miei studi fossero stati fortemente condizionati dalla concorrenza tra i due sistemi contrapposti del libero mercato e del comunismo.
Grazie ad alcuni conoscenti a Francoforte, dove mi ero trasferito per lavoro, ho imparato a conoscere meglio Plinio Corrêa de Oliveira e ho capito che la sua lotta non poteva essere ridotta all’anticomunismo. Era qualcosa di molto più ampio e profondo, che scaturiva dalla sua visione della Civiltà cristiana. Egli sosteneva che la civiltà sorge in modo organico quando individui e nazioni vivono secondo la Fede e si lasciano guidare dalla grazia divina, che ricevono attraverso i sacramenti della Chiesa e dalla vita di preghiera.
Forse influenzato dai miei studi universitari (i miei libri di testo erano composti al 90% da formule matematiche), immaginavo Plinio Corrêa de Oliveira principalmente come un intellettuale.
Già dal nostro primo incontro ho capito che Plinio Corrêa de Oliveira era molto più di un semplice intellettuale. Era, prima di tutto, un uomo di fede. Questa fede gli permetteva di nutrire una fiducia incrollabile nella missione della Chiesa cattolica di insegnare il Vangelo a tutti i popoli della terra e creare così le condizioni per l’emergere di una civiltà cristiana. Ciò, tuttavia, richiedeva una lotta contro coloro che si opponevano a questa civiltà cristiana,

Speciale Plinio Corrêa de Oliveira
ossia una Contro-Rivoluzione. Plinio Corrêa de Oliveira si dedicò anima e corpo a questa lotta.
Una volta sconfitta la Rivoluzione, la fede potrà rifiorire e le persone potranno costruire una civiltà coerente con le loro convinzioni cattoliche. È importante notare che la fede di Corrêa de Oliveira era così forte da riuscire a ispirare e persuadere le persone. Non era semplicemente un intellettuale. Egli incarnava gli ideali a cui era dedito. Chi lo incontrava percepiva istintivamente che la personalità di Plinio Corrêa de Oliveira era perfettamente coerente con le sue opinioni e azioni. Per questo motivo, poté fungere da modello per tanti che si unirono alla controrivoluzione.
Un gentiluomo della vecchia scuola
Parte di questa coerenza era la sua capacità di trattare le persone con eccezionale gentilezza e cortesia. Era davvero un gentiluomo della vecchia scuola. Il fatto che avesse trascorso la vita a combattere contro il comunismo, il fascismo e altre manifestazioni rivoluzionarie, non lo rendeva una persona priva di comprensione per la gentilezza e la compassione. Tutt’altro. La gentilezza e la misericordia sono due virtù che devono essere sempre presenti nella vita di un cristiano. Inoltre, la gentilezza permette di
essere apostolici, poiché l’apostolato non è altro che condividere la bontà di Dio con la Sua creazione. Nel corso della sua vita, Plinio Corrêa de Oliveira influenzò molte persone che desideravano dedicarsi alla difesa della Chiesa e della civiltà cristiana. Con loro, analizzò la situazione e i problemi dei paesi in cui desiderava operare. Offrì idee e consigli pratici per campagne pubbliche o per pubblicazioni volte a smascherare le macchinazioni dei rivoluzionari di sinistra.
Molte di queste persone sono ancora attive oggi, applicando i principi appresi da questo pensatore e uomo d’azione cattolico. Egli riuscì così a influenzare molti che, anche dopo la sua morte e dopo la caduta del comunismo sovietico, sono in grado di continuare a essere attivi contro i nemici della Chiesa e della civiltà cristiana.
Conoscitore dei popoli
Una delle qualità che più affascinava nel dott. Plinio era la sua incredibile intuizione della natura umana e la sua comprensione dei popoli e delle culture. Per molti anni fu professore di Storia moderna e contemporanea presso la Pontificia Università Cattolica di San Paolo. Numerose testimonianze di ex studenti depongono sulla competenza con cui parlava dei popoli più diversi. L’universalità della sua visione del mondo era una delle caratteristiche più sorprendenti della sua personalità.

Ma c’erano due popoli di cui amava sempre parlare: i francesi e i tedeschi. Questo non solo perché era stato cresciuto da una governante tedesca e
“Plinio Corrêa de Oliveira era un gentiluomo della vecchia scuola. Colpiva la sua capacità di trattare le persone con eccezionale gentilezza e cortesia”
A sin., il leader cattolico nel suo studio nella sede centrale della TFP brasiliana
poi nello spirito francese dalla famiglia e dai gesuiti, ma anche perché è in Francia e nel Sacro Impero che si è manifestato più chiaramente la ricchezza culturale che una civiltà cristiana può produrre.
Egli ammirava i francesi per il loro amore per la perfezione, la loro capacità di raggiungere l’ottimo in ogni cosa, soprattutto nel descrivere la realtà attraverso il linguaggio. La precisione dei resoconti di storici, politici e scienziati francesi lo riempiva di ammirazione. Per lui, i francesi erano il popolo per eccellenza, coloro che sapevano “ar rivare al nocciolo della questione”.
Della Germania, amava la diversità di mentalità e temperamenti. Dedicò molto tempo ad analizzare le differenze tra renani, bavaresi, sassoni e altri popoli, e come avessero di conseguenza sviluppato una cultura completa- mente diversa nel corso dei secoli. Per lui, il Sacro Impero era l’entità politica più perfetta che fosse mai esistita.
Fece anche molti commenti sull’Alsazia-Lorena. Dopo la divisione dell’Impero franco con il Trattato di Verdun nell’843, emerse l’Impero di Lotario I, che si estendeva dagli attuali Paesi Bassi alla Toscana.
Ma fu la parte centrale, ovvero le attuali Lorena, Alsazia e Fiandre, ad affascinarlo per la sua incredibile ricchezza territoriale. Ognuna di queste regioni aveva una propria mentalità, un proprio temperamento, una propria cultura, un proprio modo di organizzare gli affari politici.

Fondatore
Un’altra caratteristica di Plinio Corrêa de Oliveira che vorrei approfondire è quella di fondatore. Come già accennato, fondò la TFP e aiutò molte altre organizzazioni ad affermarsi e a sviluppare le loro attività. Va detto che divenne fondatore quasi per necessità. La sua prima idea fu di mettersi al servizio di un leader cattolico europeo. Fu solo dopo, trovandosi solo, che capì che doveva fondare la sua propria opera.


Nel 1943 scrisse In difesa dell’Azione Cattolica, denunciando l’incipiente crisi nella Chiesa. La vendetta del progressismo fu spietata. Egli perse assolutamente tutto, perfino il lavoro da avvocato. Questa situazione era naturalmente assai difficile, ma riuscì a superarla grazie alla sua fede nella Madonna. La spina dorsale della sua vita spirituale era la devozione alla Madonna secondo il metodo di San Luigi Maria Grignion de Montfort.
Nel 1951 fondò il mensile culturale e religioso Catolicismo. Nel 1960 fondò la TFP. Lo fece perché si rese conto che doveva lottare con i suoi propri mezzi se voleva rimanere fedele ai principi cattolici. Negli anni Cinquanta non era ancora un attivista nel senso pieno della parola. Era professore universitario, scriveva lunghi saggi che ancora oggi meritano di essere letti, viaggiava in tutto il Brasile per tenere conferenze. In questo modo, mantenne i contatti con
“In Germania, amava la diversità di mentalità e temperamenti. Dedicò molto tempo ad analizzare le differenze regionali”
Dall’alto: abiti tipici della Sassonia, Franconia e Floresta Nera
Speciale Plinio Corrêa de Oliveira

“In lui preghiera, pensiero e azione erano strettamente intrecciate”
Sopra, mentre partecipa a una manifestazione pubblica della TFP brasiliana
i resti sparsi delle Congregazioni Mariane. Così, da semplice organo di stampa, Catolicismo divenne un movimento, raccogliendo un pubblico sempre più vasto, e con sponde anche all’estero. Qui emerge un aspetto importante della personalità del dott. Plinio: le enormi avversità non gli impedirono di lavorare apostolicamente e di mantenere i contatti con il pubblico brasiliano e, poi, internazionale.
Plinio Corrêa de Oliveira era un uomo che amava riflettere, analizzare e contemplare. Ma non era affatto un uomo passivo e inerte: il suo pensiero e le sue attività erano strettamente intrecciate. Per lui, pensiero senza azione o azione senza pensiero erano un assurdo. Sia il pensiero sia l’azione, tuttavia, dovevano

essere il frutto di una vita interiore di preghiera. In questo, egli fu profondamente influenzato dal libro di Jean-Baptiste Chautard L’anima di ogni apostolato. Chiunque entrava in contatto con Plinio Corrêa de Oliveira poteva riconoscere questi tre elementi importanti nella sua vita: preghiera, pensiero e azione, non sommati ma sintetizzati in una superiore unità.
Quando fondò la TFP, dovette diventare ancora più attivo di prima: la TFP lottò contro la penetrazione del comunismo in Brasile e, a tal fine, organizzò la distribuzione di libri, raccolte di firme, ecc. Ma tutto ciò doveva essere fatto in spirito cattolico. Queste azioni dovevano essere il frutto della preghiera. Per l’azione pubblica della TFP, egli sviluppò metodi propagandistici assai innovativi.
Plinio Corrêa de Oliveira è stato un combattente cattolico in tempi turbolenti che, nonostante le più grandi avversità, è sempre riuscito a rimanere attivo e a non lasciarsi emarginare dalla scena pubblica. Lo ha fatto non per ambizione personale, ma perché era convinto di realizzare in questo modo la vocazione datagli da Dio: servire la Chiesa cattolica e la civiltà cristiana. Non è stato un compito facile, anzi. Ma con la sua vita ci mostra che è possibile e come si può realizzare. Per questo motivo, credo che Plinio Corrêa de Oliveira sia anche per noi un modello di zelo, determinazione e coraggio cattolici. Lasciamoci ispirare dal suo esempio affinché possiamo essere pietre vive del Regno di Cristo. u
La visione politico-strategica di Plinio Corrêa de Oliveira
di Massimo de Leonardis
Plinio Corrêa de Oliveira non è stato soltanto un pensatore ma anche un uomo d’azione. Quale era la visione politico-strategica che lo ispiraba?
Ne parla il prof. Massimo de Leonardis, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
In un’ideale galleria di maestri e protagonisti della Contro-Rivoluzione Plinio Corrêa de Oliveira spicca per la caratteristica di un impegno a tutto campo.
Un impegno a tutto campo
Nel corso della sua vita, il Dr. Plinio, com’era comunemente chiamato, è stato pensatore e autore di opere fondamentali in campo storico-politico e religioso, docente universitario, parlamentare (il più giovane e il più votato di tutto il Brasile) pubblicista e commentatore su grandi giornali, fondatore e guida di un movimento politico diffuso in 28 Paesi.
A ciò si aggiunga uno stile di vita pienamente conforme ai valori cattolici professati: «Io non voglio altro che essere figlio della Santa Chiesa, membro della Chiesa e obbediente alla Chiesa. Questa è la mia definizione. La parola cattolico contiene tutto ciò che di buono, di bello, di vero e di giusto esiste nel vocabolario umano, di più non si può dire! Se qualcuno mi scrivesse come epitaffio Fuit vir catholicus, io esulterei di gioia nel mio sepolcro!» (1).
Nella filosofia della storia il Dr. Plinio diceva di trovare «il punto di collegamento tra i due generi di attività nei quali mi sono diviso nel corso della mia vita: il pensiero e l’azione». Per lui ogni questione economica, politica o sociale, aveva una radice teologica. Il pensiero e l’azione del Dr. Plinio continuano a diffondersi anche dopo la sua scomparsa terrena, attraverso le associazioni Tradizione Famiglia Proprietà, che, oltre a stampare nuove edizioni in varie lingue dei suoi libri, recuperano e pub-
blicano le sue conferenze, conversazioni e meditazioni inedite.
Bussola del pensiero e dell’azione del Dr. Plinio furono la rivendicazione dell’assoluta superiorità della civiltà cristiana e la convinzione, avvalorata anche dalla promessa della Madonna a Fatima («Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà»), che essa non è solo un fenomeno del passato da rimpiangere, bensì anche una realtà futura per la quale combattere, sia con uno stile di vita religioso sia con la lotta politica. La Cristianità è il Cristianesimo che plasma la società e lo Stato, è il territorio dell’ordine cristiano. Nel 1931 il


Speciale Plinio Corrêa de Oliveira
Dr. Plinio scriveva che «ovunque l’azione della Chiesa si fa sentire, essa è eminentemente civilizzatrice nelle sue diverse manifestazioni»
Con maggiore ampiezza nell’Autoritratto filosofico, perfezionato nel 1994 e pubblicato postumo, scriverà: «Le nazioni possono raggiungere la perfetta civiltà, che è la civiltà cristiana, soltanto mediante la conformità alla grazia ed alla Fede, il che include un fermo riconoscimento della Chiesa Cattolica come l’unica vera, e del Magistero ecclesiastico come infallibile […] la pienezza della civiltà cristiana può fiorire soltanto con la Chiesa Cattolica e può conservarsi integralmente soltanto in popoli cattolici» (2). Ancora più chiara quest’altra sua affermazione: «Avanziamo verso una nuova civiltà cristiana che nascerà dalle rovine del mondo attuale, così come dalle rovine del mondo romano è nata la cristianità medioevale»
La difesa della civiltà cristiana, anzi ormai la battaglia per restaurarla, è la Contro-Rivoluzione. La dottrina contro-rivoluzionaria non è altro che la dottrina cattolica tradizionale. Nel capitolo XII di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, è ben spiegato che se è assurdo affermare che «la Chiesa sia soltanto la Contro-Rivoluzione», è altrettanto vero che «la Chiesa è la più grande delle forze contro-rivoluzionarie», che «l’esaltazione della Chiesa è l’ideale della contro-rivoluzione» e che «nella misura in cui è un apostolo il cattolico è contro-rivoluzionario» (3).

I nemici della civiltà cristiana
Né il Dr. Plinio né le TFP si sono limitati ad una battaglia puramente ideale per la civiltà cristiana. Al contrario, pur senza partecipare direttamente alla lotta politica, sono intervenuti in momenti chiave e contro i nemici più pericolosi. Gran parte della vita del Dr. Plinio è stata caratterizzata dalla minaccia del comunismo. L’anticomunismo del pensatore brasiliano si basava sulla tradizione, la famiglia e la proprietà, non sulla semplice denuncia della mancanza di libere elezioni (4). Peraltro il Dr. Plinio scrisse nel 1943 la sua prima importante opera, In difesa dell’Azione Cattolica, per denunciare le correnti cattolico-democratiche e neo-moderniste all’interno della Chiesa (5).
Purtroppo, dopo la morte di Pio XII, tali correnti divennero dominanti e la Chiesa, osservava il Dr. Plinio nel 1976, divenne «centro di scontro tra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione». Di fronte alla situazione della Chiesa negli ultimi decenni del secolo XX, l’atteggiamento del Dr. Plinio fu ancorato a due pilastri saldissimi: denunciare apertis verbis la crisi, riaffermando al contempo l’assoluta fedeltà al Magistero pontificio. Egli chiama in causa non solo il post-concilio, ma lo stesso Concilio Vaticano II che definisce «una delle maggiori calamità, se non la maggiore, della storia della Chiesa». Egli descrive tra l’altro «il silenzio enigmatico, sconcertante e spaventoso, apocalitticamente tragico, che il Concilio Vaticano II ha osservato a proposito del comunismo», parla di un «concilio [che] si volle pastorale e non dogmatico. Infatti non ha avuto portata dogmatica. Inoltre la sua omissione a proposito del comunismo può farlo passare alla storia come il concilio a-pastorale per eccellenza» (5).
Durante il Concilio Vaticano II, la TFP aprì un ufficio a Roma, offrendo sostegno dottrinale e appoggio organizzativo ai Padri Conciliari conservatori del Coetus Internationalis Patrum. Da allora, i discepoli del Dr. Plinio hanno continuato a denunciare la deriva della Chiesa ed a promuovere appelli e studi per arginarla e invertirne il corso: ad esempio la Supplica Filiale a Papa Francesco sul futuro della famiglia del 2015 e i volumi Il “cambio di paradigma” di Papa
“Bussola del pensiero e dell’azione del Dr. Plinio furono la rivendicazione dell’assoluta superiorità della civiltà cristiana e la convinzione che essa non è solo un fenomeno del passato da rimpiangere, bensì anche una realtà futura per la quale combattere, sia con uno stile di vita religioso sia con la lotta politica”

“Il Dr. Plinio e le associazioni da lui fondate dimostrano che la dottrina controrivoluzionaria oggi più che mai può orientare l’azione dei cattolici e renderla efficace”
Sopra, membri delle TFP davanti al Castello Sforzesco, Milano
Francesco. Continuità o rottura nella missione della Chiesa? e La Diga Rotta. La resa di Fiducia Supplicans alla lobby omosessuale (6).
Un caso preciso di legittima “resistenza” fu il manifesto del 1974, con il quale, in nome della TFP brasiliana, alla quale si unirono tutte le altre associazioni consorelle, il Dr. Plinio espresse in termini rispettosi ma fermi la sua netta opposizione alla politica vaticana di distensione verso i regimi comunisti (7).
Fondamentale in America Latina ed anche influente negli Stati Uniti (8), l’azione delle TFP fu altresì incisiva in alcuni importanti momenti della storia europea. Vanno ad esempio ricordate le campagne nel 1981 e 1983 contro il primo governo Mitterrand in Francia, a partecipazione comunista, con la diffusione di quasi 35 milioni di copie in 53 Paesi del manifesto Il socialismo autogestionario: una barriera o una testa di ponte verso il comunismo? e poi del volume Autogestion socialiste: les têtes tombent à l’entreprise, à la maison, à l’école e quella del 1988 con la pubblicazione del poderoso volume Spagna. Anestetizzata senza avvertirlo, imbavagliata senza volerlo, fuorviata senza saperlo. L’opera del PSOE, che smascherava la subdola opera di de-cristianizzazione della Spagna svolta dal governo socialista di Felipe Gonzales. Un’iniziativa di portata storica fu nel 1990 la raccolta di più di cinque mi-
lioni di firme a favore dell’indipendenza della Lituania.
Caduti, non ovunque, i regimi sovietici, esplose la IV rivoluzione, iniziata con il famigerato ’68, nelle tendenze e nei costumi. Una rivolta che sovverte tutti i cardini del diritto naturale ed è ancora più difficile da contrastare dello stesso comunismo. Il Dr. Plinio fu altresì profetico nel denunciare il rinascente pericolo islamico, fin dall’articolo del 1947 sul periodico Legionario intitolato «Maometto rinasce».
La difesa della nobiltà e delle élites
Dopo Rivoluzione e Contro-Rivoluzione il Dr. Plinio considerò Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana il suo libro più importante , assai più ricco di quanto potrebbe far pensare il titolo, a cominciare dal fatto che l’Autore attinge ad un’ampia gamma di fonti ben al di là dei discorsi di Papa Pacelli (9). L’incipit della Prefazione del Principe Luiz de Orléans e Braganza, allora Capo della Casa Imperiale del Brasile è ammirevole per la sua provocatoria chiarezza: «Opzione preferenziale per i nobili: quest’espressione può forse sorprendere a prima vista quelli che hanno familiarità con la formula cara a Giovanni Paolo II: “opzione preferenziale per i poveri”. Nondimeno, è appunto

“Durante il Concilio Vaticano II, la TFP aprì un ufficio a Roma, offrendo sostegno dottrinale e appoggio organizzativo ai Padri Conciliari conservatori del Coetus Internationalis Patrum”
A sin., il dott. Plinio in Piazza S. Pietro durante il Concilio
un’opzione preferenziale per i nobili ad animare questo libro» (10).
L’opzione caritativa per gli indigenti non deve essere a scapito della singolare stima di cui la nobiltà è degna. Spiega l’Autore: «Secondo i testi pontifici che commenteremo, sotto tutti i punti di vista la nobiltà costituisce una élite, la più alta di esse, ma, certo, non l’unica. Nel genere élites, essa è una specie. Vi sono élites che sono tali per il fatto di partecipare delle caratteristiche e delle funzioni della nobiltà; ve ne sono altre che svolgono funzioni diverse nel corpo sociale, ma che non per questo mancano di una dignità particolare. Vi sono dunque élites che non sono nobiliari né ereditarie ex natura propria. Così, per esempio la professione di docente universitario incorpora i propri membri, a pieno titolo, a quella che si può chiamare l’élite di una nazione. Lo stesso accade con la professione di militare, di diplomatico, e di altre simili».
Pio XII ci dà un prezioso insegnamento: «Le ineguaglianze sociali, anche quelle legate alla nascita, sono inevitabili: la natura benigna e la benedizione di Dio all’umanità illuminano e proteggono le culle, le baciano, ma non le pareggiano». Inoltre, riprendendo un’analoga riflessione di Leone XIII, egli ricorda: «È un fatto che Cristo Nostro Signore, se elesse, per conforto dei poveri, di venire al mondo privo di tutto e di crescere in una famiglia di semplici operai, volle tuttavia col la sua nascita onorare la più nobile ed illustre delle case di Israele, la discendenza stessa di David». Pio XI, nell’Enciclica
Divini Redemptoris del 1937, afferma: «Si deve avvertire che sbagliano in maniera vergognosa quelli che ritengono con leggerezza che nella società civile siano uguali i diritti di tutti i cittadini, e che non esista una gerarchia sociale legittima».
Come si diceva, il volume ha anche una parte fondamentale nella quale si richiama la plurisecolare dottrina della Chiesa, che da S. Agostino in poi ha elaborato le regole sulla “guerra giusta”, sia come jus ad bellum sia come jus in bello. Nei conflitti di oggi lo jus in bello è sistematicamente violato e le atroci violenze perpetrate sono anch’esse una manifestazione di un mondo che ha messo da parte il diritto naturale e cristiano. Allo stesso tempo, è doveroso ricordare che la Chiesa non ha mai approvato il pacifismo assoluto, anzi ha promosso guerre per la difesa di diritti di sommo rilievo, il diritto all’esistenza, alla libertà, al proprio territorio, ai propri beni, al proprio onore. La Chiesa promosse e approvò anche gli ordini religiosomilitari. Come sempre, il Dr. Plinio cita a sostegno delle sue tesi innumerevoli documenti del Magistero.
Un insegnamento di perenne validità
Il Dr. Plinio e le associazioni da lui fondate dimostrano che la dottrina contro-rivoluzionaria oggi più che mai può orientare l’azione dei cattolici e renderla efficace. Si può avere uno stile di vita assolutamente conforme ai comandamenti ed ai precetti della Chiesa, da veri cavalieri nel senso nobile del termine, anche in questa società contemporanea in preda alla dissoluzione, si può servirsi dei moderni strumenti di comunicazione per diffondere inalterati i valori del Cattolicesimo, soprattutto si possono comprendere gli avvenimenti tumultuosi di un mondo in disordine solo alla luce delle categorie del pensiero contro-rivoluzionario. «Sono sicuro – scrive il Dr. Plinio nel suo Autoritratto filosofico – che i princìpi ai quali ho consacrato la mia vita sono oggi più attuali che mai e indicano il cammino che il mondo seguirà nei prossimi secoli. Gli scettici potranno sorridere, ma il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vittoriosa di coloro che hanno Fede» u
Speciale Plinio Corrêa de Oliveira
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione nell’ora presente
di Roberto de Mattei
Plinio Corrêa de Oliveira si definiva un cattolico contro-rivoluzionario. Come si distingue la Contra-Rivoluzione dal tradizionalismo? Qual è la teologia della storia che ispira la Contro-Rivoluzione? Ne parla lo storico Roberto de Mattei, docente all’Università di Cassino, e poi all’Università Europea di Roma.
Spesso siamo definiti tradizionalisti, e questo appellativo non ci dispiace, anche se è riduttivo, perché preferiremmo essere chiamati cattolici, senza aggettivi. “Christianus mihi nomen est, catholicus cognomen”, dice sant’Agostino (1), e questo dovrebbe bastare. Ma viviamo un tempo in cui la parola cattolico comprende di tutto e dunque è giusto cercare di specificare.
Tradizionalismo e Contro-Rivoluzione
Siamo anche tradizionalisti, ma preferiamo essere definiti contro-rivoluzionari, perché questo appellativo ci collega ad una scuola di pensiero e di azione cattolica, che comprende, potremmo dire, il tradizionalismo ma non si esaurisce in esso.
Ma quale è la specificità della posizione controrivoluzionaria, rispetto a quella tradizionalista? È l’applicazione alla storia, come concretamente si sviluppa, dei princìpi teologici e filosofici che la Tradizione cattolica ci propone.
La Contro-Rivoluzione è, innanzitutto una teologia e filosofia della storia, che però non rimane sul piano astratto, ma che poi si traduce in azione.
Sant’Agostino, nel suo capolavoro La Città di Dio ci offre la prima grande filosofia e teologia della storia cristiana. La filosofia della storia moderna, sostanzialmente anticristiana, si sviluppa soprattutto come riflessione sulla Rivoluzione francese. Kant, Hegel, Marx, Comte, ci propongono, ad esempio, una filosofia della storia fondata sull’idea del progresso dell’umanità dopo la Rivoluzione francese. La fede nel progresso della storia si sostituisce alla fede nella Provvidenza divina, e domina le principali correnti del pensiero europeo dell’Ottocento – dal libe-
ralismo al socialismo, penetrando all’interno della Chiesa con il modernismo.
Ma è anche a partire da una riflessione della Rivoluzione francese che nasce quella che chiamiamo la teologia della storia contro-rivoluzionaria del XIX secolo, che ha i suoi maggiori esponenti in Joseph de Maistre (1763-1821) e in Juan Donoso Cortés (18091853), e che eserciterà una grande influenza sui Papi di questo periodo, da Pio IX, a Leone XIII a Pio X.
Agli inizi del Novecento mons. Henri Delassus (1836-1921) ci offre una preziosa ricapitolazione di questo pensiero in alcuni libri, tra i quali, tradotto in italiano, Il problema dell’ora presente.


Speciale Plinio Corrêa de Oliveira

Mons. Henri Delassus è morto cento anni fa, nel 1921. Il secolo che è seguito alla sua morte ha visto l’ascesa e l’apparente crollo dei totalitarismi e il passaggio dall’utopia del progresso al regno del caos, nella società planetaria.
Questo processo storico ha avuto uno straordinario analista, sotto l’aspetto teologico e filosofico nel prof. Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), di cui quest’anno ricordiamo i trent’anni della morte, avvenuta a San Paolo del Brasile il 3 ottobre 1995.
Plinio Corrêa de Oliveira può essere oggettivamente definito il principale esponente del pensiero contro-rivoluzionario del secolo XX e, a mio personale parere, come uno dei più grandi pensatori dell’epoca contemporanea, proprio come teologo della storia.
Il saggio nel quale egli condensa l’essenziale del suo pensiero e spiega il senso della sua azione nel campo delle idee è lo studio Rivoluzione e ControRivoluzione, pubblicato nell’aprile del 1959, in occasione del centesimo numero della rivista “Catolicismo” (2).
È importante sottolineare che Corrêa de Oliveira non inventa una dottrina, ma la sviluppa e la arricchisce, con originalità. È l’anello di una catena che rimonta non solo a mons. Delassus, a de Maistre, a Donoso Cortés, ma che risale anche a un grande e sconosciuto teologo della storia quale è stato san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), la cui opera costituisce una chiave di lettura di un’altra grande teologia della storia, che è quella espressa dalla Madonna in persona nei suoi messaggi a Fatima nel 1917.
“Corrêa de Oliveira non inventa una dottrina, ma la sviluppa e la arricchisce, con originalità. È l’anello di una catena che risale a un grande teologo della storia quale è stato san Luigi Maria Grignion de Montfort, la cui opera costituisce una chiave di lettura di un’altra grande teologia della storia”
La Rivoluzione nella storia
Al centro della riflessione di Plinio Corrêa de Oliveira c’è il concetto di Rivoluzione: un processo storico che è alle origini della crisi religiosa, culturale e morale del nostro tempo.
Le origini di questo processo risalgono per il nostro autore all’umanesimo, quando inizia nell’Europa cristiana una trasformazione di mentalità, un mutamento profondo degli spiriti che implica il desiderio di un ordine diverso da quello medievale. L’uomo del XIV e del XV secolo sostituisce, come dominante, all’amore di Dio l’amore di sé, l’autosufficienza compiaciuta di se stessa, quell’“Amor excellentiae propriae” che è la formula con cui sant’Agostino definisce la superbia (3).
Le tappe storiche di questo processo plurisecolare sono le tre grandi rivoluzioni della storia dell’Occidente: il protestantesimo, la Rivoluzione francese e il comunismo.
A queste tre Rivoluzioni segue oggi una Quarta Rivoluzione, caratterizzata soprattutto dall’atrofia della ragione e dalla tribalizzazione della società. L’obiettivo è la distruzione della Civiltà cristiana, di quanto di essa oggi sopravvive.
Il pensatore brasiliano distingue nella Rivoluzione tre profondità che, cronologicamente, fino a un certo punto si compenetrano: le tendenze, le idee e i fatti. Il processo rivoluzionario che ha aggredito la Civiltà cristiana è inteso dal pensatore brasiliano come lo sviluppo, per tappe, e attraverso continue metamorfosi, delle tendenze sregolate dell’uomo occidentale e cristiano e degli errori e movimenti che queste fomentano. La Rivoluzione nelle idee precede quella nei fatti ed è preceduta a sua volta dalla Rivoluzione nelle tendenze.
L’orgoglio conduce all’odio verso ogni superiorità, e porta quindi all’affermazione che la disuguaglianza è in se stessa un male, su tutti i piani, anche e principalmente su quello metafisico e religioso: è l’aspetto ugualitario della Rivoluzione. La sensualità non accetta freni e porta alla rivolta contro ogni autorità
“La specificità del pensiero controrivoluzionario rispetto a quello tradizionalista è quella di proporre una teologia della storia che è una visione integrale, vissuta e, innanzitutto, soprannaturale”
e ogni legge, sia divina che umana, ecclesiastica o civile: è l’aspetto liberale della Rivoluzione.
Nel corso degli ultimi secoli la Rivoluzione ha potuto proseguire il suo corso, perché i suoi avversari si sono limitati, generalmente, a combatterne solo alcune espressioni religiose, politiche, sociali od economiche, senza coglierne la profonda portata metafisica.
“Se la Rivoluzione è il disordine ‒ afferma il pensatore brasiliano ‒, la Contro-Rivoluzione è la restaurazione dell’Ordine. E per Ordine intendiamo la pace di Cristo nel Regno di Cristo. Ossia, la Civiltà cristiana, austera e gerarchica e, nei suoi fondamenti, sacrale, antiugualitaria e antiliberale” (4).
La specificità del pensiero contro-rivoluzionario
La specificità del pensiero contro-rivoluzionario rispetto a quello tradizionalista è quella di proporre una teologia della storia che ha le seguenti caratteristiche:
È integrale: non si limita a rintracciare il male della società nel globalismo, nel liberalismo o nel modernismo, ma spinge lo sguardo indietro fino alla Rivoluzione dell’umanesimo, da cui scaturì quella protestante e poi quella francese, cercando di cogliere gli errori nella loro concatenazione. Inoltre combatte la Rivoluzione non solo sotto l’aspetto ideologico, ma in tutta la sua estensione, a cominciare dalla Rivoluzione nelle tendenze.
Non è solo integrale, ma è vissuta, perché non è solo professata, ma è tradotta in azione, a partire dalla propria vita. Infatti, se la Rivoluzione è, in ultima analisi, l’impulso distruttivo dell’uomo, che nasce dal disordine della sua anima, e culmina nella idealizzazione di questo disordine, la Contro-Rivoluzione è la reazione dell’anima umana che pone un ordine alle proprie facoltà spirituali. Se la Rivoluzione ha la sua origine nelle passioni sregolate dell’uomo, non c’è Contro-Rivoluzione possibile al di fuori della disciplina di queste passioni.
Per questo ai difensori della Tradizione si richiede la analisi dei fatti, lo studio delle idee, ma anche il ri-orientamento del proprio comportamento.

Plinio Corrêa de Oliveira ama ricordare a questo proposito la frase di Paul Bourget: “Bisogna vivere come si pensa, se no, prima o poi, si finisce col pensare come si vive” (5).
La Contro-Rivoluzione è innanzitutto soprannaturale
L’uomo con le sole proprie forze non può nulla. La forza della Contro-Rivoluzione sta nella vita soprannaturale, che eleva l’uomo sopra le miserie della natura decaduta. “La lotta tra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione –scrive Corrêa de Oliveira – è una lotta che, nella sua essenza, è religiosa” (6). Come ogni problema religioso, essa non può prescindere dal ruolo della Grazia, da cui dipende ogni autentica rigenerazione morale.
“La grazia dipende da Dio, ma indubbiamente Dio, con un atto libero della sua volontà, ha voluto far dipendere dalla Madonna la distribuzione delle grazie. Maria è la Mediatrice Universale, è il canale attraverso il quale passano tutte le grazie. Pertanto, il Suo aiuto è indispensabile perché non vi sia Rivoluzione o perché questa sia vinta dalla Contro-Rivoluzione. (...) Perciò la devozione alla Madonna è condizione sine qua non perché la Rivoluzione sia schiacciata, perché vinca la Contro-Rivoluzione” (7).
Castigo e Regno di Maria
Se questo è il quadro, come avverrà la vittoria della Contro-Rivoluzione e la restaurazione della Civiltà Cristiana?
La teologia della storia ci dice che Dio premia e punisce non solo gli uomini, ma le collettività e i gruppi sociali: famiglie, nazioni, civiltà. Il processo rivoluzionario costituisce una trama di offese a Dio

che, concatenandosi nel corso dei secoli, formano un unico peccato collettivo, un’apostasia dei popoli e delle nazioni. E poiché ai peccati corrispondono i castighi, la teologia della storia cristiana ci insegna che ai peccati collettivi seguono grandi catastrofi storiche, che servono a scontare i peccati pubblici delle nazioni. Il castigo diviene inevitabile quando il mondo, rifiutando il pentimento e la penitenza, attira su di sé non la misericordia, ma la giustizia di Dio.
Non potremmo concepire un’autentica vita spirituale se prescindessimo dal pensiero di un castigo personale che attende gli uomini quando si allontanano deliberatamente da Dio. Ma ciò vale anche per le società e dal momento che la società moderna ha fatto della negazione della legge di Dio la sua bandiera, dobbiamo immaginare che questo castigo sia irreversibile. È questo un punto di fondo della teologia della storia contro-rivoluzionaria, confermato dalle parole del messaggio di Fatima: “Dio si appresta a punire il mondo per i suoi peccati…”
Dio però non cessa di essere infinitamente misericordioso anche quando è infinitamente giusto e la teologia della storia ci mostra che dalla creazione dell’universo alla fine del mondo ci sono stati e ci saranno immensi peccati, a cui sono seguiti atti di immensa misericordia divina. Il peccato di Rivoluzione che nel corso dei secoli ha arrestato lo sviluppo
“Posto il principio della Regalità di Cristo, ossia il diritto di Gesù Cristo a regnare sul mondo, è conveniente che Egli eserciti anche di fatto questo diritto. Ma poiché Gesù Cristo ha voluto associare alla sua opera redentrice la sua Divina Madre, è conveniente che Ella sia intimamente associata al suo Regno”
della Civiltà cristiana e ci ha condotto alle rovine spirituali e morali dei nostri giorni, non può non suscitare una reazione che, sostenuta dalla grazia porterà alla realizzazione storica del grande piano della Divina Provvidenza.
Secondo Plinio Corrêa de Oliveira, i germi della Rivoluzione hanno prodotto mali terribili nella storia, ma i principi opposti non hanno ancora prodotto tutto il bene di cui sono capaci. I principi a cui il Medioevo si è ispirato non hanno raggiunto il loro maggiore sviluppo. La fecondità di questi principi è immensa e la storia è un terreno ancora aperto a questo sviluppo.
Essendo l’uomo creato da Dio con una natura sociale, egli è chiamato non solo alla propria santificazione personale, ma anche alla santificazione della società. La gloria di Dio, che è il fine del creato, non può essere infatti solo individuale e implicita, ma deve essere pubblica e sociale. In questo consiste la verità di fede della Regalità sociale di Cristo.
Gesù Cristo, come spiega Pio XI nella enciclica Quas primas (8), è Re per grazia e per conquista. E se il suo Regno non è di questo mondo, perché non trae da esso la sua legittimità, Egli ha diritto a regnare sulle istituzioni, le leggi, i costumi della società umana. Sono molte le ragioni per cui Egli vuole esercitare di fatto questo diritto. Ma la ragione principale è questa: Gesù vuole che con Lui regni la Sua divina Madre Maria, che fu nascosta al mondo nell’ora dell’Incarnazione, ma che ora deve essere conosciuta, acclamata e proclamata Regina dal mondo intero.
Quest’epoca storica è stata annunziata da molti santi, come san Luigi Maria Grignion di Montfort, con il nome di Regno di Maria, per il ruolo privilegiato che in essa avrà la Madonna. Nel 1917, a Fatima, la stessa Beata Vergine ha profetizzato, dopo un grande castigo, un’era di trionfo che non chiuderà la storia ma anzi ne aprirà una nuova fase, con queste parole: “Infine, il mio Cuore immacolato trionferà”.
“Il Regno di Maria – ha scritto Plinio Corrêa de Oliveira – (sarà) un’epoca storica di fede e di virtù
Speciale Plinio Corrêa de Oliveira

“Un uomo vale le idee che ha. Ma l’uomo è chiamato non solo a conoscere, ma anche ad amare. Per questo potremmo dire che l’uomo vale ciò che ama e per cui combatte. Nessun orizzonte ideale può essere proposto al nostro amore, più grande della realizzazione del regno di Maria, voluto da Nostro Signore stesso per la gloria della sua Divina Madre, perfetto riflesso della gloria di Dio. È questa la lotta, potremmo dire la Crociata, alla quale è chiamato l’umo del ventunesimo secolo”
che verrà inaugurata da una vittoria spettacolare della Madonna sulla Rivoluzione. In quest’epoca il demonio verrà scacciato e la Madonna regnerà sull’umanità attraverso le istituzioni che avrà scelto allo scopo. (…) Il Regno di Maria sarà dunque un’epoca nella quale l’unione delle anime con la Madonna raggiungerà una intensità senza precedenti nella storia, fatta eccezione – è chiaro – di casi individuali” (9).
Potuit, decuit, fecit
Il Regno di Maria ha il suo fondamento nella ragione illuminata dalla fede. Esiste un principio che i teologi definiscono “di convenienza”. La convenienza si ha quando, posta l’esistenza di una cosa, se ne afferma l’esistenza di altre che ad essa “convengono”. La convenienza è dunque l’attribuzione alle persone o alle cose di una perfezione armonica e coerente con la loro natura. Il principio di convenienza
non ci dà una certezza dogmatica, ma una certezza morale; non ci dice che un rapporto è necessario, ma che è sommamente probabile.
Il Beato Giovanni Duns Scoto formula questo argomento, di cui si serve per dimostrare l’Immacolata Concezione, con la celebre espressione: Potuit, decuit, fecit (10).
Possiamo applicare questo principio, per analogia, al regno di Maria. Posto il principio della Regalità di Cristo, ossia il diritto di Gesù Cristo a regnare sul mondo, è conveniente che Egli eserciti anche di fatto questo diritto. Ma poiché Gesù Cristo ha voluto associare alla sua opera redentrice la sua Divina Madre, è conveniente che Ella sia intimamente associata al suo Regno.
L’avvento del Regno di Maria non è un dogma di fede. Se così fosse, se ne avessimo una certezza dogmatica, come è il caso della Parusia, non dovremmo esercitare la virtù della speranza, per desi-
“La civiltà cristiana non è un sogno del passato, ma è la risposta alla crisi di un mondo che si decompone: è il Regno di Gesù e di Maria nelle anime e nella società, che la Madonna ha preannunciato a Fatima”

derarlo, ma solo la fede, per credere in esso. L’attesa del Regno di Maria esige che alla fede si aggiunga la speranza: è questa la fiducia, la “spes roborata ex aliqua firma opinione” di cui parla san Tommaso d’Aquino (11), nella Quaestio dedicata alla magnanimità, la virtù dell’anima che tende alla grandezza ed è in relazione con tutte le altre virtù (12).
Potuit, decuit, fecit. Possiamo applicare, per analogia, agli uomini il modus operandi di Dio, attraverso il principio di convenienza. Non possiamo partire dal potuit, ma dal fecit: dobbiamo operare, dobbiamo combattere, per realizzare l’ideale del Regno di Maria, perché la Chiesa di cui siamo figli si chiama militante.
Si dice che un uomo vale le idee che ha. Questa affermazione ha una portata filosofica, perché le idee, conosciute dalla nostra ragione, sono l’oggetto primarie della nostra anima. Ma l’uomo è chiamato non solo a conoscere, ma anche ad amare. E l’amore, che risiede nella nostra volontà fa parte delle facoltà più nobili della nostra anima. Per questo potremmo dire che l’uomo vale ciò che ama e per cui combatte entro i confini del suo amore. Nessun orizzonte ideale può essere proposto al nostro amore, più grande della realizzazione del regno di Maria, voluto da Nostro Signore stesso per la gloria della sua Divina Madre, perfetto riflesso della gloria di Dio. È questa la lotta, potremmo dire la Crociata, alla quale è chiamato l’umo del ventunesimo secolo.
La nobiltà e la grandezza di questo orizzonte contrasta con la nostra miseria e pochezza. Non siamo solo pochi e senza mezzi, aggrediti da avversari tanto più numerosi e potenti. Siamo soprattutto fragili perché siamo piagati, non solo dai nostri peccati, ma dall’atmosfera avvelenata che avvolge le nostre anime come una nube radioattiva.
Gesù guarirà le nostre piaghe se avremo il coraggio di resistere, di non retrocedere, di attaccare il nemico che avanza. E se combatteremo, avremo la vittoria, perché più forte della morte è il nostro amore per la Chiesa la Civiltà cristiana. Questo amore ci unisce. E come dice il Cantico dei Cantici, “le grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo” (Cantico dei Cantici 8, 6-7).
È questa la disposizione di animo di chi è convinto che la civiltà cristiana non è un sogno del passato, ma è la risposta alla crisi di un mondo che si decompone: è il Regno di Gesù e di Maria nelle anime e nella società, che la Madonna ha preannunciato a Fatima e per il quale continuiamo a lottare ogni giorno con fiducia e coraggio. u
1. Sant’Agostino, Sermo 313, 3: PL, 3 vol. 8, col. 1426.
2. Revolução e Contra-Revolução, Bôa Imprensa Ltda, Campos 1959. Tr. it. Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Edizione del cinquantenario (1959-2009), Sugarco, Milano 2009.
3. S. Agostino, De Genesi ad litteram, 11, 14.
4. Ibid., p. 103.
5. Paul Bourget, Le démon du midi, Plon-Nourrit, Paris 1914, I-II: II, p. 375.
6. P. Corrêa de Oliveira, La devozione mariana e l’apostolato contro-rivoluzionario, in “Cristianità”, n. 8 (nov.-dic. 1974).
7. Ivi.
8. Pio XI, Enciclica Quas primas dell’11 dicembre 1925, in Enchiridion/Pio XI, pp. 158-193.
9. P. Corrêa de Oliveira, La devozione mariana e l’apostolato contro-rivoluzionario, cit., p. 6.
10. Beato Giovanni Duns Scoto, Lectura in Librum Tertium Sententiarum, Distincio III, Quaestio 1, in Patrologia Latina, vol. 158, 41.
11. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-IIae, q. 129, art. 6, n. 3.
12. Ivi, II-IIae, q. 129, art. 1, resp, art. 4.


Un libro è rimasto inscindibilmente legato al nome di Plinio Corrêa de Oliveira – «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» – un capolavoro del pensiero cattolico contro-rivoluzionario contemporaneo.
Speciale
Plinio Corrêa de Oliveira
“Il saggio nel quale condenso l’essenziale del mio pensiero [e che] spiega anche il senso della mia azione ideologica”. Ecco come Plinio Corrêa de Oliveira lo presenta nel suo Autoritratto filosofico. Non si può parlare di Plinio Corrêa de Oliveira senza menzionare «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», un’opera rimasta inscindibilmente legata al suo nome.
L’intellettuale piacentino Giovanni Cantoni lo ha definito “un libro da fare”, e non solo da leggere. Lo stesso autore scrive nell’Introduzione: “Ho scritto questo saggio perché servisse da livre de chevet per quel centinaio di giovani brasiliani che mi avevano chiesto di orientarli e di organizzarne gli sforzi in vista dei problemi e dei doveri che avevano allora di fronte”
«Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» costituisce un vero e proprio manuale che è servito per formare generazioni di contro-rivoluzionari in tutto in mondo. Le ragioni di questo successo sono molteplici.
Una visione d’insieme
Anzitutto, il saggio offre una visione d’insieme delle crisi dei nostri tempi. Considerati superficialmente, gli avvenimenti dei nostri giorni sembrano un groviglio caotico e inestricabile, e di

fatto da molti punti di vista lo sono. Tuttavia, se considerati sotto l’angolazione di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», si possono individuarvi delle risultanti, profondamente coerenti e vigorose:
“Le molte crisi che scuotono il mondo odierno — dello Stato, della famiglia, dell’economia, della cultura, e così via — costituiscono soltanto molteplici aspetti di un’unica crisi fondamentale, che ha come specifico campo d’azione l’uomo stesso. In altri termini, queste crisi hanno la loro radice nei problemi più profondi dell’anima, e da qui si estendono a tutti gli aspetti della personalità dell'uomo contemporaneo e a tutte le sue attività”
Le tappe storiche della Rivoluzione
Il saggio situa poi questa crisi in una prospettiva storica. Questa crisi non è esplosa ieri né per caso, non è un fatto straordinario né isolato. Costituisce, anzi, un processo già cinque volte secolare, un lungo sistema di cause ed effetti che, nati in un dato momento e con grande intensità nelle zone più profonde dell’anima e della cultura dell’uomo occidentale, vanno producendo, dal secolo XV ai nostri giorni, successive convulsioni:
“L’umanità è prigioniera di un fascio di errori e di iniquità, che sono cominciati nella sfera religiosa e culturale con l’Umanesimo, il Rinascimento e la Pseudo-Riforma protestante (I Rivoluzione). Tali errori si sono aggravati con l’Illuminismo, il Razionalismo, e sono culminati nella sfera politica con la Rivoluzione francese (II Rivoluzione). Dal terreno politico sono passati al campo sociale ed economico, nel secolo XIX, con il socialismo utopistico e con il socialismo cosiddetto scientifico (III Rivoluzione). Con l’avvento del comunismo in Russia, tutta questa congerie di errori ha iniziato ad avere un esordio di trasposizione, incipiente ma massiccia, nell'ordine concreto dei fatti, e ne è nato l'impero comunista”.
Nell’edizione del 1976, l’autore ha aggiornato questa visione, aggiungendovi una IV Rivoluzione, di carattere culturale, psicologico e morale, che trova la sua espressione emblematica nel maggio ‘68 parigino e nel fenomeno hippy. Egli ha pure aggiunto un capitolo sull’offensiva della Rivoluzione nella Chiesa.
“Il saggio nel quale condenso l’essenziale del mio pensiero [e che] spiega anche il senso della mia azione ideologica”
Le tre profondità della Rivoluzione
Ma forse l’aspetto più originale del saggio sta nello studio della dimensione tendenziale della Rivoluzione. Molti autori avevano in passato trattato le dottrine rivoluzionarie e gli avvenimenti storici da esse generati. Ma nessuno aveva finora affrontato in modo sistematico questo aspetto più profondo e preliminare.
Nella Rivoluzione, Plinio Corrêa de Oliveira distingue tre profondità: nelle tendenze, nelle idee, e nei fatti:
“La Rivoluzione è un processo fatto di tappe, e ha la sua origine prima in determinate tendenze disordinate che ne costituiscono l’anima e la forza di propulsione più intima. Così, possiamo anche distinguere nella Rivoluzione tre profondità, che cronologicamente fino a un certo punto si compenetrano. La prima, cioè la più profonda, consiste in una crisi delle tendenze. Queste tendenze disordinate, che per loro propria natura lottano per realizzarsi, non conformandosi più a tutto un ordine di cose che è a esse contrario, cominciano a modificare le mentalità, i modi di essere, le espressioni artistiche e i costumi, senza incidere subito in modo diretto — almeno abitualmente — sulle idee
“Da questi strati profondi, la crisi passa al terreno ideologico. (...) Così, ispirate dalla sregolatezza delle tendenze profonde, spuntano dottrine nuove. (...) Questa trasformazione delle idee si estende, a sua volta, al terreno dei fatti, da cui passa a operare, con mezzi cruenti o incruenti, la trasformazione delle istituzioni, delle leggi e dei costumi, tanto nelle sfera religiosa quanto nella società temporale. È una terza crisi, ormai completamente nell’ordine dei fatti”.
La Contro-Rivoluzione
Di fronte a questo processo rivoluzionario, Plinio Corrêa de Oliveira proclama la necessità di una reazione, cioè di una Contro-Rivoluzione:
“Se la Rivoluzione è il disordine, la ControRivoluzione è la restaurazione dell’Ordine. E per Ordine intendiamo la pace di Cristo nel Regno di Cristo. Ossia, la civiltà cristiana, austera e gerarchica, sacrale nei suoi fondamenti, antiugualitaria e antiliberale”.
Per lui, questa proclama non è una mera affermazione di Fede, magari bella ma in fondo inutile. No. La Contro-Rivoluzione è nata per vincere. Ecco appunto il nucleo della visione storica di Plinio

“Se la Rivoluzione è il disordine, la Contro-Rivoluzione è la restaurazione dell’Ordine”
Corrêa de Oliveira: la sua incrollabile certezza nella vittoria finale del bene:
“Ci si può chiedere che valore abbia questo dinamismo [della Contro-Rivoluzione]. Rispondiamo che, in tesi, è incalcolabile, e certamente superiore a quello della Rivoluzione: ‘Omnia possum in eo qui me confortat’. Quando gli uomini decidono di collaborare con la grazia di Dio, allora nella storia accadono cose meravigliose: la conversione dell’Impero romano, la formazione del Medioevo, la riconquista della Spagna a partire da Covadonga, sono tutti avvenimenti di questo tipo, che accadono come frutto delle grandi risurrezioni dell’anima di cui anche i popoli sono suscettibili. Risurrezioni invincibili, perché non vi è nulla che possa sconfiggere un popolo virtuoso e che ami veramente Dio”
Plinio Corrêa de Oliveira chiude il saggio con una fervida proclamazione di Fede e di fiducia: “Volgiamo i nostri occhi alla Madonna di Fatima chiedendole al più presto i grandi perdoni e le grandi vittorie che comporterà l’instaurazione del Suo regno!” u





“L’argomento di questo studio è della più alta importanza per i tempi in cui viviamo. L’analisi è chiara, precisa e verace”
Cardinale Eugenio Tisserant, Decano del Sacro Collegio
Opinioni su
e Contro-Ri
“I libro è molto bello. Noi, che stiamo lottando contro uno dei tre nemici da Lei segnalati, cioè il comunismo, possiamo valutare tutta a portata del libro. Ringrazio di cuore per questo prezioso dono”
Cardinale Thomas Tien, Arcivescovo di Pechino
“Ringrazio per questo libro che tratta temi di somma attualità e spiega in modo molto interessante e attraente i nostri tempi”
Cardinale Josyf Slipyj, Arcivescovo di Lviv, Primate degli Ucraini
“La lettura del Suo libro ha provocato in me una magnifica impressione, sia per la bravura e la maestria con le quali analizza il processo della Rivoluzione e mette in luce le vere origini del crollo dei valori morali, che oggi disorienta le coscienze; sia per il vigore con il quale indica la tattica e i metodi per vincerla”
S. E. Romolo Carboni, Nunzio Apostolico in Italia
“Fondato su una sana filosofia, il libro discute il panorama ideologico del mondo odierno com mano ferma e sicura”
S.E. Dom Antonio Bento Martins, Arcivescovo di Braga, Primate del Portogallo
«Rivoluzione
voluzione»
“Ringrazio del libro gentilmente inviatomi. L’ho molto apprezzato”
S.M. Re Umberto II d’Italia
“Sono sicuro che il saggio mi interesserà molto. Mi compiaccio anticipatamente per la lettura di questo libro, scritto da una persona per la quale ho la più alta ammirazione. (…) Ammiro molto la sua erudizione e trovo ben fondata la sua posizione dottrinale”
S.A.I.R. Arciduca Otto d’Asburgo, Capo della Casa Imperiale d’Austria
“Il libro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione e molto interessante e molto attuale”
S.A.I. Granduca Wladimir Romanoff, Capo della Casa Imperiale Russa
“Il libro è eccellente. Ringrazio il prof. Plinio Corrêa de Oliveira di averlo scritto con tanto coraggio e in forma così perfetta. Le auguro un ampio successo”
S.A.R. Principe Xavier di Borbone-Parma
“Il lavoro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione è interessantissimo. (…) Le affermazioni sono del più alto valore, d’una attualità vitale e necessaria in quest’epoca così confusa. L’elevatezza e il coraggio di questo libro sono una vera consolazione”
S.A.R. Dom Duarte Nuno, Duca di Braganza, Capo della Casa Reale del Portogallo





Un’opera profetica
di Anastasio Gutiérrez, CMF

Ho letto con grandissimo interesse, con grandissimo piacere e con grandissimo vantaggio l’opera del professor Plinio Corrêa de Oliveira, nell’esemplare in castigliano a me dedicato con espressioni di grande affetto e simpatia, che gradisco quanto meritano.
Il libro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» è un’Opera magistrale i cui insegnamenti dovrebbero essere diffusi fino a penetrare nella coscienza di tutti coloro che si sentono veramente cattolici; direi di più: di tutti gli uomini di buona volontà. Leggendola, questi ultimi imparerebbero che l’unica salvezza sta in Gesù Cristo e nella sua Chiesa, e quelli si sentirebbero confermati e irrobustiti nella loro fede, e prevenuti e immunizzati psicologicamente e spiritualmente da un processo astuto che si serve di molti di loro come di idioti-utili e compagni di strada.
L’analisi che essa fa del processo rivoluzionario è impressionante e rivelatrice per il suo realismo e per la profonda conoscenza della Storia, a partire dalla fine della decadenza del Medioevo, che prepara il clima per il Rinascimento paganizzante e per la Pseudo-Riforma, e questa per la terribile Rivoluzione Francese e, poco dopo, per il Comunismo ateo.
Quest’analisi storica non è solo esterna, ma viene spiegata anche nelle sue azioni e reazioni con gli elementi forniti dalla psicologia umana, tanto quella individuale quanto quella collettiva delle masse. Tuttavia bisogna ammettere che c’è qualcuno che dirige questa scristianizzazione fondamentale e sistematica. È indubbiamente vero che l’uomo tende al male - orgoglio e sensualità -; ma, se non ci fosse chi prendesse in mano le redini di queste tendenze disordinate e le coordinasse astutamente, esse probabilmente non produrrebbero il risultato di un’azione così costante, abile e sistematica, tenacemente mantenuta, approfittandosi perfino degli alti e bassi provocati dalle resistenze e dalla naturale reazione delle forze contrarie.
Il libro prevede anche, sebbene con cautela nelle sue anticipazioni e in via ipotetica, la possibile evoluzione prossima dell’azione rivoluzionaria e quindi, a sua volta, dell’azione contro-rivoluzionaria.
Vi abbondano pensieri e osservazioni perspicaci di carattere sociologico, politico, psicologico, evolutivo disseminati per tutto il libro, non pochi dei quali da antologia. Molti di essi mostrano le tattiche intelligenti che favoriscono la Rivoluzione, come pure quelle che devono essere utilizzate nell’ambito di una strategia generale contro-rivoluzionaria.
Insomma, oserei dire che è un’Opera profetica nel miglior senso della parola; anzi, che il suo contenuto dovrebbe essere insegnato nei centri superiori della Chiesa, affinché almeno le classi elitarie prendessero coscienza chiara di una realtà schiacciante, della quale credo che non si abbia chiara coscienza. Questo, tra l’altro, contribuirebbe a rivelare
e smascherare gli idioti-utili e compagni di strada.
Nella seconda Parte viene esposta molto bene la natura della ControRivoluzione e la tattica che bisogna adottare, evitando eccessi e atteggiamenti impropri o imprudenti.
Dinanzi a tali realtà, viene il dubbio se nella Chiesa c’è una vera “strategia”, come esiste nella Rivoluzione; è ben vero che ci sono molti elementi, azioni, istituzioni “tattiche”; sembra, tuttavia, che agiscano isolate e a volte con lo spirito di campanile e di contro-altare, senza la presa di coscienza dell’insieme. Il concetto e la coscienza di attuare una Contro-Rivoluzione potrebbe unificare e persino dare un maggior senso di collaborazione nella Chiesa.
Non mi resta che congratularmi con l’associazione TFP per avere un Fondatore con l’elevazione e la qualità del Prof. Plinio. Prevedo per essa, e lo desidero con tutta l’anima un vasto sviluppo e un futuro colmo di esiti contro-rivoluzionari.
Concludo dicendo che causa una forte impressione lo spirito con cui il Libro è stato scritto: uno spirito profondamente cristiano e amante appassionato della Chiesa. È un autentico prodotto della sapientia christiana. Commuove pure vedere in un laico o persona secolare una devozione così sincera alla Madre di Gesù e nostra: un chiaro segno di predestinazione: “Incerti, come tutti, sul domani, volgiamo i nostri in atteggiamento di preghiera fino al trono eccelso di Maria, Regina dell’Universo. La Vergine accetti, dunque, questo omaggio filiale, tributo d’amore ed espressione di fiducia assoluta nel suo trionfo”. u
(Padre Anastasio Gutiérrez C.M.F. (1911 – 1998) fu un canonista di fama internazionale, co-fondatore a Roma dell’Institutum Juridicum Claretianum e consultore di vari dicasteri vaticani)
“Defunctus actu loquitur”
Parole del Cardinale Alfons Stickler, già Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, in chiusura del convegno in onore di Plinio Corrêa de Oliveira a Roma, novembre 1995.
“Aquesto riguardo posso dire ‘defunctus actu loquitur’: il defunto parla ancora! Lui che ha parlato e continua a parlare attraverso la sua dottrina, attraverso il suo esempio, attraverso le sue istituzioni. E credo che noi possiamo ringraziarlo imitandolo; accogliendo innanzitutto le sue dottrine, impegnandoci nella sua azione ma soprattutto imitando il suo esempio. Lui ha passato la sua vita per portare, attraverso l’esempio, alla pratica di quelle verità, di quelle azioni che si chiedono ad un cristiano convinto.
“E penso che noi possiamo concentrarci soprattutto su questi due punti: la sua fede incrollabile, che deve essere difesa da noi attraverso l’esempio nostro, che raccogliamo da lui, e poi attraverso un’altra cosa, che è più importante, che per lui era veramente uno dei centri della sua vita, della sua dottrina, cioè l’adesione a Colui che è la pietra su cui è edificata la Chiesa che conserva la fede, cioè, al Pontificato Romano, al Papa.
“Ringraziarlo in modo particolare per tutto quello che lui ha adorato nel corso della sua esistenza, promettendogli di ascoltare la parola che lui ci lascia”. u

Opinioni su «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe»

«Ho letto con vivo interesse la sua opera Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà Romana.
«Dai commenti e dalla documentazione con cui lei agevola una più completa comprensione di tutta la portata del magistero di Pio XII, risalta una grande erudizione e sicurezza di pensiero, messe giustamente in rilievo dal noto storico francese Georges Bordonove nella sua prefazione a quest’opera.
«Sono convinto di fare un'opera di bene raccomandando la sua lettura a tutti quelli che vorranno approfondire la conoscenza dei saggi ed illuminanti insegnamenti di quel pontefice.
«Augurando una grande diffusione al suo opportuno libro, le porgo i miei cordiali saluti.»
Silvio Card. Oddi Prefetto della S. Congregazione per il Clero

«La sua chiara fama e le parole di plauso e incoraggiamento per la sua opera dell’insigne P. Victorino Rodríguez O.P., generalmente ritenuto una delle glorie della teologia contemporanea, mi hanno portato a leggere con vivo interesse il libro Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana.
«La sua opera si rivela di straordinaria opportunità, poiché echeggiando il magistero di Papa Pacelli, e commentandolo con notevole penetrazione e coerenza, rivolge un appello alla nobiltà e analoghe élites affinché collaborino, più animate che mai, al bene comune spirituale e temporale delle nazioni.
«Mi auguro dunque che venga ben recepito questo libro al quale Lei ha dedicato le ampie risorse della sua intelligenza e della sua erudizione, oltre al suo illimitato amore alla Chiesa. Piaccia alla Divina Provvidenza favorirne una vasta diffusione.»
Mario Luigi Card. Ciappi O.P. Teologo della Casa Pontificia
«Lei, avvalendosi di una ampia e sicura documentazione, realizza nel Suo libro una fine analisi della molto complessa realtà socio-politica odierna e, commentando con grande rigore di logica i luminosi insegnamenti di Papa Pacelli, fa vedere quanto egli ed i suoi successori fino a Giovanni Paolo II continuano ad attendersi dalla nobiltà ancora esistente e dalle élites analoghe da crearsi per l'elevazione religiosa, morale e culturale del mondo.
«Perciò mi rallegro, illustre Professore, di questo libro e ne auguro una larga diffusione.»
Alfons M. Card. Stickler S.D.B.
Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa

«Ho letto attentamente l'opera «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà Romana» che ha avuto la gentilezza di inviarmi.
«La Sua lunga esperienza di professore, di deputato e di uomo pubblico rendono i Suoi commenti intelligenti e didattici, in modo da facilitare piacevolmente la lettura di Documenti Pontifici di tanto alto e stimabile valore.
«Non ho riscontrato nel corso delle Sue pagine nessun errore teologico o di altro genere, concernente gli insegnamenti della Chiesa. Mi resta solo da augurarmi che la Sua eccellente opera riceva piena accoglienza da parte dell'opinione pubblica a cui è destinata.»

P. Raimondo Spiazzi, O.P. Pontificia Accademia Romana di Teologia
«Ho letto con piena attenzione l'originale della sua magnifica opera «Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana», che ha avuto la gentilezza di inviarmi per una revisione. Mi sento molto onorato della fiducia che pone sulla mia valutazione e possibili annotazioni. Del resto, ammiro il suo impegno nel voler portare a galla una causa così nobile nonché l'umiltà di chiedere un parere a chi sa meno di Lei sull'argomento, sia nel suo aspetto dottrinale che in quello storico.
«Devo dirle che non ho trovato assolutamente niente di censurabile, neanche perfezionabile nel suo proposito. Voglio sottolineare soltanto ciò in cui ritengo Lei abbia particolarmente colto nel segno.»
Victorino Rodríguez, 0. P. Pontificia Accademia Romana di Teologia

La bellezza della Cavalleria
di Plinio Corrêa de Oliveira

Perché nella TFP amiamo tanto la Cavalleria? Cosa c’è di straordinario nell’ideale di Cavalleria che ispira così tanti uomini? Cos’è la Cavalleria? Nel 30° anniversario della scomparsa di Plinio Corrêa de Oliveria, offriamo ai nostri lettori questo testo inedito, tratto da diverse conferenze del leader cattolico brasiliano.
Speciale Plinio Corrêa de Oliveira
C’è una forma di ammirazione che si prova per il cavaliere che non si prova per altre forme di pienezza che l’uomo può raggiungere: pienezza di saggezza e scienza, pienezza di senso diplomatico o tatto politico, pienezza di gusto artistico o oratoria, ecc. Nessuna di queste pienezze sembra avere alcun valore se le confrontiamo con la Cavalleria.
Il cavaliere che parte per la crociata con una croce incisa sul petto e l’iscrizione Deus vult. Con il suo elmo di metallo, piumato, con spada e scudo, tutto immerso nel sole, mentre si lancia in battaglia! Il cavaliere sembra realizzare la pienezza umana in un modo più straordinario di qualsiasi altra forma di pienezza.
Cosa c’è di straordinario nell’ideale di cavalleria che ispira così tanti uomini? A tal punto che oggi, quando si vuole elogiare un uomo e dire che è un uomo completo, una delle forme di lode è dire che è un perfetto cavaliere. In altre parole, un uomo perfettamente virile, nel senso più nobile del termine, è un perfetto cavaliere: allo stesso tempo coraggioso e cortese, condiscendente, gentile, pieno di gentilezza, ma audace e sicuro di sé.
Perché nella TFP amiamo così tanto la Cavalleria? Sembrerebbe che alla TFP manchi tutto ciò che è inerente alla Cavalleria. Tuttavia, la verità è che, quando parliamo della nostra vocazione e del nostro ideale, tali nozioni esprimono tutta la loro fiamma e la loro piena misura se le accostiamo al concetto di Cavalleria.
Si potrebbe dire che il concetto di Cavalleria è per noi ciò che il pennacchio è per l’elmo di un cavaliere. L’elmo può essere il più bello possibile, ma senza il pennacchio che svolazza al vento l’elmo non realizza tutta la sua bellezza. Il pennacchio dell’elmo è l’ideale del cavaliere. Qual è, precisamente, questo ideale? Cos’è la Cavalleria?
L’essenza della Cavalleria: l’ideale cattolico
L’elemento principale dell’ideale cavalleresco è l’alto ideale per cui il cavaliere combatte. Il primo elemento che definisce un cavaliere è che è un catto-
“Il primo elemento che definisce un cavaliere è che è un cattolico, apostolico, romano”
lico, apostolico, romano. Ma non un cattolico qualsiasi. Egli è un cattolico, apostolico, romano che vive per la causa della Chiesa, che vuole che la causa della Chiesa vinca in ogni modo, sotto ogni aspetto.
Un missionario, un predicatore, un cultore dell’arte sacra possono desiderare che la causa della Chiesa vinca. Il cavaliere non solo serve la causa della Chiesa, ma coglie il bisogno più urgente della Chiesa in quel momento e lo soddisfa. Ad esempio, la lotta contro i musulmani era a quel tempo una necessità primaria. Che senso aveva avere università, costruire cattedrali e castelli, creare una splendida civiltà se i musulmani arrivavano e distruggevano tutto? La lotta contro i mori era così importante che tutto il resto dipendeva da essa. Se i cattolici avessero vinto, avrebbero potuto sperare tutto; se non avessero vinto, tutto sarebbe andato perduto.
Si tratta di una forma particolare di senso cattolico per cui il cavaliere si occupa della causa più importante. Egli si dedica alla salvezza pubblica della causa cattolica, dalla quale tutto il resto dipende.

Speciale Plinio Corrêa de Oliveira
La bellezza del rischio
Un altro elemento essenziale della Cavalleria è il gusto del rischio. Il cavaliere combatte rischiando la vita. Tutto ciò che ha, tutto ciò che può diventare, egli lo espone per l’ideale. Ecco l’idea dell’eroe cattolico che va incontro alla morte per difendere la Chiesa e la Civiltà cattolica.
Questa nozione del gusto del rischio, del pericolo e del sacrificio va particolarmente sottolineata, perché è in essa che troviamo il tratto più caratteristico del cavaliere.
L’uomo è terrorizzato dal rischio. L’istinto di conservazione e il buon senso lo spingono a proteggersi. Chiunque si trovi di fronte al pericolo ha paura e cerca ragionevolmente di fuggire. Una persona di grande eroismo può affrontare un pericolo con rassegnazione. Ad esempio, qualcuno che cura malati durante un’epidemia. È un atto di coraggio perché la malattia può essere contagiosa. Ma egli cura i malati, rassegnandosi al rischio.
Un cavaliere va in guerra con rassegnazione? No! Un cavaliere non si rassegna ad andare in guerra. Egli ne prova euforia, gioia.
fa parte della natura umana. L’uomo sarebbe mortale anche se non ci fosse il peccato originale. Per natura, Adamo ed Eva erano mortali. Dio diede loro la grazia dell’immortalità come dono gratuito. Tolto questo dono, divennero di nuovo soggetti alla morte.
Se Adamo ed Eva non avessero peccato, la fine della loro vita sarebbe stata un’apoteosi, una glorificazione attraverso la loro unione con Dio. Sarebbero saliti di virtù in virtù, raggiungendo la virtù perfetta; Dio li avrebbe allora chiamati a sé in Cielo. In ogni caso, avrebbero dovuto lasciare questa terra.

Qual è la base della gioia del cavaliere, dell’euforia che egli prova per il rischio? Come può un rischio trasformarsi in gioia per un uomo? Allora comprenderemo la Cavalleria e capiremo meglio di ogni altro aspetto come la TFP possa praticare lo spirito di un cavaliere.
Per ciò che sente in sé stesso e per la dottrina cattolica, l’uomo sa di essere una creatura. Non è esistito sempre, è stato creato, è nato e morirà. La morte
Qual è il principio dietro a ciò? San Tommaso d’Aquino afferma che il movimento perfetto è quello che ritorna alla propria causa. Perciò, la figura perfetta è il cerchio. Le creature di Dio nascono, vivono e alla fine ritornano a Dio. San Tommaso afferma che la gloria è l’effetto che ritorna alla propria causa e ne mostra la perfezione. L’uomo, creato da Dio, deve tornare a
Se Dio non avesse tolto l’immortalità a Adamo, e lui fosse morto, sarebbe stato comunque bello. Nonostante l’aspetto sinistro della morte, avrebbe avuto forse, da un certo punto di vista, una bellezza maggiore. L’uomo sa che, terminato il suo pellegrinaggio sulla terra, deve attraversare una distruzione, cioè la separazione dell’anima dal corpo, per ritornare a Dio e rendergli gloria. Egli si immerge in questa distruzione con un atto di adorazione e dice: “Dio, sei così perfetto, così celeste, in una parola, così divino, che voglio unirmi a te, anche se devo percorrere questa valle profonda. Tu meriti la mia distruzione poiché
mi hai creato. Accetto la mia distruzione in lode a Te che mi hai creato. So che risorgerò per unirmi a Te per tutta l’eternità”.
C’è quindi una gioia nel morire, che consiste nel ritornare alla nostra Causa e nel darle gloria. Consiste nel comprendere la sublimità di questo atto con cui l’uomo, per amore e per la gloria di Dio, accetta di morire, sapendo che così sarà preso da Dio, sarà quasi assunto da Dio. Per quanto triste possa essere, la morte dell’uomo in stato di grazia è una cosa sublime! La morte in stato di grazia è un atto bello, anche se per arrivarci si deve tagliare un traguardo tremendo. L’uomo con Fede accetta la sofferenza e si immerge nella morte, capendone tutta la bellezza.
In certo senso, morire è più bello di vivere. La morte è l’auge della vita. Ecco l’idea dietro alla Cavalleria. Il cavaliere che si lancia a capofitto contro l’avversario per liberare il Santo Sepolcro sa che può essere ucciso, ma capisce che egli è fatto per la morte e, in olocausto al Dio che gli ha dato la vita, dona la sua vita a Dio. Nel momento in cui restituisce a Dio la vita ricevuta, viene preso da Dio e si unisce a Lui per tutta l’eternità, entrando nella gloria. Egli compie questo salto nel buio per trovare la luce eterna dall’altra parte. La logica con cui si butta ha una chiarezza di comprensione e una bellezza unica perché capisce che è l’azione più bella che egli può compiere. Ecco la dignità del cavaliere che sente il gusto per il rischio.
Quando il cavaliere corre un rischio così, egli sfiora la divinità, si sente avvolto da Dio, pronto ad essere afferrato in qualsiasi momento. Allora l’uomo si eleva al di sopra di ogni cosa contingente, di ogni cosa transitoria, e comprende che tutto su questa terra è nulla, che l’unica cosa che conta è Dio, e che Dio è eterno. Questi è di un’altezza, di un’elevazione, di una purezza, di una nobiltà che non può essere paragonata a nulla.
Mi viene in mente la bellezza di un paracadutista che si lancia da un aereo di notte per andare in battaglia. Si lancia nel vuoto e scende tra fasci di luce che lo cercano per mitragliarlo. Spara anche. La sua vita è appesa a un filo e la morte lo circonda da ogni parte, mentre fende il vento freddo e l’aria pura delle altezze. Sente di sfiorare Dio, di essere quasi in contatto con Dio. Atterra, estrae l’arma e si lancia all’assalto!
Egli sa due cose: che sta combattendo per Dio e che si sta sacrificando per Dio. Dall’alto del Cielo, gli angeli lo accompagnano e gli sorridono, cantando e rendendo gloria a Dio per la sua disponibilità a morire per Dio. Se muore, viene portato in Cielo. Se non muore, ha, per così dire, già varcato la soglia della vita. Potrà per sempre vantarsene: ho visto la morte in faccia!
C’è un’altra bellezza. A volte una persona ha la sensazione che Dio non voglia che muoia. Offre la propria vita, sarebbe disposta a morire, ma sa che Dio non vuole che muoia. Allora prova una sorta di fiducia che Dio, in mezzo a mille rischi, la proteggerà. In questo misto di rischio e protezione, tocca comunque Dio.
In ogni caso, per il vero cattolico, il rischio e la morte sono vie per elevarsi splendidamente a Dio. Sono stati d’animo di grande unione con Dio. Ecco la bellezza del rischio e della morte.
La bellezza del combattimento
C’è anche un’altra bellezza che dobbiamo considerare: la bellezza della lotta. Morire è bello. I martiri sono morti, le vittime della Rivoluzione francese sono morte. Offrirsi come vittima è bello. Ma combattere ha una bellezza speciale.
Qual è la bellezza del combattimento?

Speciale Plinio Corrêa de Oliveira
Dio è il creatore di tutte le cose. Egli associa l’uomo alla Sua opera creativa in due modi: un modo è attraverso la paternità, spirituale e fisica. È chiaro in cosa consiste la paternità fisica. Cos’è la paternità spirituale? Significa generare un altro per la vita eterna. Attraverso l’apostolato si porta un altro ad appartenere alla Madonna, preparandolo così alla vita eterna. È come avere un figlio. Ecco un modo in cui ci associamo all’opera creativa di Dio.
Ma c’è un altro modo in cui ci associamo all’opera creativa di Dio: sterminare ciò che non dovrebbe esistere. È come creare. Uccidere è una prerogativa di Dio. Chiunque uccida qualcuno che, secondo il piano di Dio, secondo la Legge naturale e divina, dovrebbe essere ucciso, esercita una prerogativa divina.
Il caso classico è la legittima difesa, non solo personale o del Paese, ma soprattutto della Chiesa. Secondo il diritto naturale e il Magistero della Chiesa, i cristiani hanno il diritto di uccidere in difesa della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. La morale cattolica lo consente. Questo esercizio della giustizia, guidato da una partecipazione all’ira di Dio, ha una bellezza tutta speciale.
Ed ecco il cavaliere che avanza non solo disposto a morire ma anche a uccidere, se necessario, perché la vita soprannaturale si diffonda sulla terra. Egli rappresenta Dio, sta esercitando una prerogativa divina.

Questa è la bellezza delle Crociate, quando i cavalieri cristiani attaccavano eserciti musulmani spesso superiori. Qual è la bellezza di tutto questo? I musulmani non avrebbero dovuto esistere lì; avevano invaso l’Impero cristiano e impedivano la predicazione del Vangelo in quelle terre. Quindi, dovevano essere rimossi. I cavalieri piombavano sui musulmani con una furia della quale è simbolo il tuono. Il tuono è bellissimo. Dà l’impressione di una volontà divina di distruggere ciò che non dovrebbe esistere, che abbatte un ostacolo dopo l’altro. È una sinfonia! Per me, più bello del tuono è solo l’organo.
Questa è l’anima del cavaliere cristiano quando avanza, spinto da santa ira, e uccide i suoi nemici. Alla fine della giornata, dopo la battaglia, è come un tuono che ha scaricato tutta la sua elettricità, e poi riposa placidamente perché la sua santa ira è stata soddisfatta. Nel riposo, dopo essere stato graffiato dalla morte, egli mantiene la familiarità con la morte, che è familiarità con Dio. Ecco la bellezza della vita del guerriero. Ecco perché amiamo così tanto la Cavalleria.
Una vocazione unica
Cosa differenzia un cavaliere dalle altre vocazioni nella Chiesa? Prendiamo, ad esempio, sacerdoti e suore dei bei tempi, che si esponevano alla morte contraendo malattie o divorati dai selvaggi durante le missioni. Sono persone ammirevoli, e molti sono martiri canonizzati. Possa il loro sangue otte-
La TFP in campagna pubblica davanti alla Hofburg di Vienna
nere da Dio tante grazie per noi! Tuttavia, niente di tutto questo fa un cavaliere.
Il cavaliere non è colui che si rassegna alla morte, ma colui che cammina verso la morte con entusiasmo. Non solo si rassegna al pericolo, ma ne ha fame. Non solo si rassegna alla lotta, ma ne ha fame. È la santa ebbrezza che si prova in contatto con Dio.
Il cavaliere è un artista della lotta, egli ama la lotta bella, la lotta nobile, la lotta elevata. Per questo si adorna per combattere, per questo osserva le regole del combattimento, e per questo, quando muore, sente di aver fatto un’opera d’arte. Questa gioia, questo entusiasmo, questo senso artistico del combattimento caratterizzano il vero cavaliere.
Si comprende che il cavaliere venisse abitualmente elevato al rango di nobile, perché è incomparabilmente più elevato e dignitoso avere questo spirito che dedicarsi ad attività lecite e necessarie, ma prive di questo contatto con il divino.
Da qui anche la cerimonia di investitura, che prevedeva una veglia d’armi e poi la consacrazione da parte di un sacerdote o di un vescovo, che conferiva il sacramentale per portare le armi per il bene della Chiesa, cioè per la difesa della Fede e la lotta contro le eresie, nonché per la difesa delle vedove, dei poveri, degli orfani e dei deboli.
Il cavaliere accettava di essere un combattente della buona battaglia e aveva presente che doveva praticare una costante abnegazione. Questa abnegazione è un olocausto di sé a Dio.
TFP: cavalleria moderna
Applichiamo tutto questo alla TFP. Un vero membro della TFP è colui che sa, in primo luogo, di essere cattolico, apostolico, romano nel senso più pieno del termine e, per questo, schiavo della Madonna. In secondo luogo, colui che combatte per cause essenziali. Se la Contro-Rivoluzione vince la partita, potremmo avere secoli di gloriosa civiltà cristiana prima della fine del mondo. Se perde, la civiltà cristiana cadrà, e nessuno sa quanto in basso affonderà il mondo, e forse la fine del mondo arriverà.
Se la Rivoluzione non è vinta, a cosa serve qualsiasi altra cosa? La TFP si oppone alla Rivoluzione come gli antichi cavalieri erano contro i musulmani. Noi siamo i controrivoluzionari per eccellenza, come loro erano gli anti-musulmani per eccellenza.
Viviamo, però, in un’epoca in cui il combattimento non è solo fisico. Ai nostri tempi, l’aspetto
principale della guerra non è lo sforzo materiale, ma quello intellettuale. Oggigiorno, più persone vengono conquistate attraverso la guerra psicologica che attraverso la guerra militare. Le più grandi conquiste della Rivoluzione non sono con le armi, ma con l’inganno. E contro queste forme di conquista psicologica, o c’è una riconquista psicologica o non andiamo da nessuna parte. Quindi, siamo contro la Rivoluzione che brandisce idee, e noi usiamo pure le idee. La nostra azione va al punto fondamentale.
C’è un rischio? Sì, compresa la morte. Ma non è il principale. Oggi dobbiamo affrontare il discredito di non essere più considerati, amati, ammirati. Corriamo il rischio di essere odiati, disprezzati socialmente. E questo richiede più coraggio della lotta armata. La prova di ciò è che nelle guerre, molte persone vanno a combattere per paura delle risate.
Questo tipo di coraggio è richiesto da voi. Se l’uomo teme il ridicolo più della morte, affrontandolo rende un’immolazione a Dio più preziosa della morte stessa. Pertanto, sfiorare continuamente il ridicolo, affrontare il ridicolo, non curarsi delle opinioni altrui, pestare i piedi agli altri, significa essere un cavaliere. Quando un uomo fa questo, capisce di essere unito a Dio e prova piacere nell'essere vilipeso, insultato, a testa alta, a reagire e a combattere. Lo fa non con rassegnazione, ma con piacere; è un cavaliere perfetto.
Una delle cose che più colpisce il pubblico della TFP è il coraggio dei suoi membri. Cioè, come affrontano le risate e le aggressioni. Nelle campagne c’è una grazia speciale per la quale i membri della TFP sembrano sventolare come stendardi al vento. A volte, nella vita quotidiana, siamo come bandiere che pendono molli lungo il palo, prive di ogni vita. Ma poi, quando arriva il momento delle campagne e soffia il vento della grazia, siamo come stendardi spiegati al vento. E allora diventiamo come atemporali, assunti dall’ideale e così osiamo tutto. Credo che sia una grazia speciale, una sorta di sole che brilla sulle nostre campagne. È una grazia speciale che partecipa della grazia della cavalleria.
E così serviamo la Madonna. Dobbiamo tenere sempre in mente che servire la Madonna non è un favore che noi facciamo a Lei, bensì un favore che Lei ci fa, di chiamarci al suo servizio e darci le forze per questo. La Madonna merita di essere servita, non è un atto di misericordia, ma un tributo della giustizia. u
Perù: il “quiet revival”



In diversi Paesi, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, si sta verificando un fenomeno alquanto promettente. Gli esperti lo hanno chiamato “quiet revival”, cioè rinascimento silenzioso. Si tratta di un ritorno alla pratica della Fede cattolica, specialmente fra i giovani, e ha un carattere chiaramente conservatore e perfino tradizionalista.
Anche in alcuni Paesi dell’America Latina si fa sentire qualcosa di simile, con riflessi politici e culturali. Ne sono prova le sonore sconfitte della sinistra in diverse elezioni recenti.
Per informare il pubblico peruviano di questo, Tradición y Acción por un Perú Mayor ha organizzato un ciclo di conferenze del suo socio fondatore, oggi presidente della TFP in Italia, Julio Loredo.
Due conferenze hanno avuto luogo a Lima: una indirizzata specificamente ai giovani, che ha visto la partecipazione di una quarantina di studenti universitari; l’altra per un pubblico più ampio, alla quale hanno partecipato più di centoventi persone. L’ultima conferenza si è tenuta a Arequipa, la seconda città del Paese, ed è stata patrocinata dal Comune di Yanahuara. Durante il suo soggiorno in Perù, Loredo è stato intervistato da Canal B.
Oltre che nei suoi risvolti religiosi, il “quiet revival” si fa sentire in Perù nella forte crescita delle correnti “hispanistas”, cioè che pregiano e diffondono l’eredità cattolica ed europea, contrastando la storiografia liberale che ha finora predominato. Sono sempre più numerosi gli studi che rivalutano l’opera evangelizzatrice e civilizzatrice della Spagna nel Nuovo Mondo. u


USA: inaugurata grotta di Lourdes

La TFP americana gestisce una scuola media e superiore, la St. Louis of Montfort Academy, incorporata nello Stato di Pennsylvania. La forte domanda di un’educazione davvero cattolica ha richiesto l’ampliazione delle attuali strutture, per raddoppiarne la capacità, entro la fine dell’anno. Si spera di poter raddoppiarle ancora nei prossimi due anni.
Come parte dei lavori, è stata costruita nei giardini una grotta di Lourdes. La cerimonia di benedizione e inaugurazione è stata presieduta da mons. William Waltersheid, vescovo ausiliare di Pittsburgh. u



Il mondo delle TFP
Ecuador: 150 anni di Gabriel García Moreno
di Julio Loredo

Il 6 agosto 1875, il grande presidente Gabriel García Moreno cadeva assassinato davanti al Palazzo presidenziale, colpito da sicari pagati dalla massoneria. Il suo “crimine”?
Aver consacrato l’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù; aver stipulato col Vaticano un Concordato definito dagli storici “il più favorevole mai fatto con uno Stato moderno”; aver varato una Costituzione che era la perfetta applicazione della dottrina sociale della Chiesa; aver riportato nel Paese i Gesuiti; insomma, essersi comportato da cattolico.
Qualcosa era nell’aria. Egli stesso, rieletto presidente per la terza volta, scrisse una lettera al Papa Pio IX: “Desidero ricevere la Vostra benedizione affinché io possa avere la forza e la luce di cui ho tanto bisogno per essere, fino alla fine, un figlio fedele del nostro Redentore e un servitore leale e obbediente del Suo Infallibile Vicario. Ora che le logge massoniche dei paesi vicini, istigate dalla Germania, vomitano contro di me ogni sorta di atroci insulti e orribili calunnie, ora che le logge stanno segretamente tramando il mio assassinio, ho più che mai bisogno della protezione divina per poter vivere e morire in difesa della nostra santa religione e dell’amata repubblica che sono nuovamente chiamato a governare”
Gabriel García Moreno fu l’unico Capo di Stato che si schierò pubblicamente con Pio IX durante la tragica invasione di Roma che culminò con la breccia di Porta Pia. Fermamente ancorato nella scuola contro-rivoluzionaria (era amico personale di Louis Veuillot), egli vedeva nella guerra contro il Papa un episodio dell’eterna lotta fra bene e male. Parlando del liberalismo


scrisse: “Dobbiamo elevare un muro di divisione fra gli adoratori del vero Dio e quelli si satana”
Il suo governo ebbe ripercussione mondiale, in quanto prova inconfutabile della possibilità di governare secondo il Magistero sociale della Chiesa. García Moreno divenne, a livello internazionale, un simbolo della corrente cattolica ultramontana. Scrivono gli storici Espinosa e Canal: “Circolavano saggi sul leader cattolico che lo trasformavano in un’icona per varie cause internazionali, come la parte cattolica nella ‘guerra tra le due Francia’ e l’ultramontanismo guidato dal Vaticano”.
Continuano Espinosa e Canal: “García Moreno era al centro delle correnti globali del revival cattolico ai due lati dell’Atlantico, era al centro delle guerre culturali fra cattolici e laicisti nel secolo XIX”.
La sua prima biografia, pubblicata in Francia nel 1877 da P. Agustin Berthe, ebbe tre edizioni in pochi mesi, per un totale di 30mila copie. Agli inizi del secolo XX, il gesuita spagnolo Costantino Baile così lo lodava: “In Europa, la figura di García Moreno si erge come un colosso, allo stesso livello di Carlo Magno, San Luigi, San Ferdinando”. Un sondaggio condotto da Le Figaro, di Parigi, allo scoccare del secolo XX, lo definì “il più grande uomo del secolo XIX”.
Davanti al Palazzo presidenziale
L’influenza di García Moreno si estese anche all’Italia, dove, secondo lo storico Massimo Granata, “la stampa cattolica raccolse e diffuse il mito di Garcia Moreno, un mito che fu ereditato dall’idea-forza di una società, quella dell’Ecuador, che, sotto la guida di un leader fermamente cattolico confermò la validità di una politica conforme ai dettami del Sillabo [di Pio IX]”
La mattina del 6 agosto 1875, il Presidente era andato a Messa dai domenicani e si avviava con calma verso il Palazzo presidenziale quando, all’improvviso, fu assalito a colpi di machete da sicari che urlavano “Muori gesuita!”. Al che egli rispose “Io muoio ma Dio non muore!”. Moribondo e insanguinato, García Moreno fu portato in cattedrale, dove spirò ai piedi della Madonna Consolata. Seppellito nella stessa cattedrale, il suo corpo fu poi trafugato da mani ignote per sottrarlo alle persecuzioni dei liberali. Se ne persero le tracce.
Dopo vicende romanzesche, alle quali non è estraneo il miracolo, il suo corpo fu ritrovato proprio nel centenario del suo martirio, nel 1975, nella chiesa di Santa Caterina, delle monache domenicane. Seguirono ceremonie pubbliche di riconoscimento e solenne traslazione in cattedrale, alle quali il sottoscritto partecipò, trovandosi in Ecuador proprio in quel periodo. In queste cerimonie fu concesso un posto d’onore alla TFP ecuadoregna, visto il suo im-



pegno per preservare e diffondere la memoria del Presidente martire.
Lo scorso agosto, in occasione del 150° anniversario del martirio di Don Gabriel García Moreno, Tradición y Acción Ecuador ha lanciato una campagna di respiro nazionale di commemorazione e celebrazione. Campagna tanto più necessaria quanto i socialisti, eredi dei liberali contro i quali lottò Don Gabriel, stanno cercando di sviare il Paese verso orizzonti opposti alla sua vocazione cattolica.
Fulcro della campagna è la pubblicazione di una versione abbreviata della celebre biografia di P. Berthe, diffusa in campagne pubbliche che hanno già toccato quasi tutto il Paese.
Il libro è stato presentato in convegni tenutisi a Cuenca, Quito e Guayaquil, nei quali il sottoscritto ha avuto l’onore di essere l’oratore principale. A Quito, l’incontro si è tenuto nel Circolo Militare, e ha contato sulla presenza di diverse autorità politiche. A Guayaquil, la conferenza ha avuto luogo nell’Aula Magna dell’Università dello Spirito Santo, alla presenza di comandanti delle tre Armi e rappresentanti del mondo accademico.
Il giorno del martirio, 6 di agosto, dopo una Santa Messa nella chiesa di Santa Caterina, a Quito, i giovani di Tradición y Acción hanno realizzato una processione per le vie del Centro Storico fino al luogo del martirio, davanti al Palazzo presidenziale, dove si è tenuto un atto commemorativo. Dopo diversi discorsi, si è pregato un Rosario sulla piazza. Dopodiché, la Guardia Presidencial ha permesso l’accesso al Palazzo di una delegazione per depositare un omaggio floreale.
“Voi mantenete viva la memoria di García Moreno”, ha affermato un deputato nel suo discorso durante l’atto celebrativo, “siete benemeriti della Chiesa e della Patria” u
Da sopra: Cuenca, Guayaquil, Quito
Irlanda: 400 anni di S. Oliver Plunkett
Con una serie di cerimonie tenutesi nella città di Drogheda, Irlanda, dove è sepolto, si è celebrato il 400° anniversario della nascita di S. Oliver Plunkett (1625-1681). Avendo proprio a Drogheda la sua sede di apostolato giovanile, la TFP irlandese ha partecipato alle celebrazioni, culminate in una Messa solenne nella chiesa di S. Pietro, celebrata da mons. Eamon Martin, arcivescovo di Armagh.
La Messa è stata preceduta da una processione che dalla chiesa di St. Mary ha portato a quella di St. Peter. Le ordini cavallereschi – Malta, Santo Sepolcro, San Columbano – in alta uniforme, i contingenti di veterani condecorati, le confraternite religiose con abiti tradizionali hanno dato un tocco di splendore e disciplina alla processione.
Dopo l’ordinazione a Roma nel 1654, e una carriera come docente di teologia presso il Collegio Urbaniano, S. Oliver poté rientrare in Irlanda come arcivescovo di Armagh, sede fondata dallo stesso S. Patrizio nel 444. Imprigionato a Dublino e poi deportato a Londra dai protestanti, nel luglio 1681 egli subì il martirio. Fu l’ultimo dei martiri cattolici uccisi a Londra. u




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Germania e Austria: “carovana” contro l’aborto




Un gruppo di volontari delle TFP ha percorso diverse città della Germania e dell’Austria diffondendo un libretto dove si spiegano le ragioni per opporsi all’aborto. “Preghiamo e agiamo per fermare l’aborto”. Ecco il titolo del libretto. Sventolando gli stendardi vermigli col leone dorato, i volontari delle TFP entravano in contatto diretto col “pubblico della strada”. Non sono mancate le contro-manifestazioni, e perfino alcune aggressioni, da parte di militanti lgbt che semplicemente non tollerano che qualcuno la pensi diversamente. u



Vienna
Magonza
Francoforte
Wurzburg
Stoccarda
Ausburg
Sankt Polten
Milano: Rosario di riparazione per il “pride”
Domenica 29 giugno, Festa di San Pietro e San Paolo, davanti al Castello Sforzesco, una sessantina di coraggiosi cattolici milanesi hanno affrontato il torrido caldo, che sfiorava i 38°, per pregare in piazza un Rosario di riparazione per il cosiddetto “pride” omosessuale, tenutosi in città il giorno prima. L’atto è stato organizzato da un insieme di associazioni cattoliche del territorio.
“Le vie di questa città, una volta calcate dai nostri grandi santi, come Sant’Ambrogio e San Carlo Borromeo, sono state invase da una folla che si vantava di condotte morali che il Magistero della Chiesa ritiene ‘intrinsecamente disordinate’ e ‘peccaminose’” – ha esordito Julio Loredo, presidente della TFP italiana – “come cattolici e come italiani non possiamo esimerci dall’offrire al Sacratissimo Cuore di Gesù un gesto di pubblica riparazione e testimonianza”.
Il mese di giugno, tradizionalmente dedicato dalla Chiesa alla devozione al Sacro Cuore di Gesù, è ormai divenuto il periodo di elezione dei “pride”, pubbliche manifestazioni dell’orgoglio omosessuale che mirano a sovvertire principi cardine dell’ordine divino, dell’ordine naturale e dello stesso ordine sociale.
Prima di ogni decina del Rosario sono stati letti brani dalla “Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, della Congregazione per la Dottrina della Fede. Questa Lettera riassume e ripropone il Magistero della Chiesa su questa materia così delicata.
Dopo una Salve Regina cantata, e la recita delle Litanie lauretane, è stato letto l’Atto di riparazione al Sacratissimo Cuore di Gesù, di Papa Pio XI, seguito dall’Affidamento dell’Italia a San Giuseppe e dall’Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, di S. Massimiliano Maria Kolbe. Il canto di “Mira il tuo popolo o bella Signora” ha chiuso in bellezza l’atto.
Ecco la chiave per capire questo atto di pubblica riparazione. Siamo nel centenario dell’enciclica Quas Primas, con la quale Pio XI stabilì la Festa di Cristo Re: Re dei cuori e Re delle società. Questo regno diventa effettivo tramite la consacrazione, personale e sociale, al Cuore Immacolato di Maria. u






UPride irlandese cancellato grazie alle preghiere dei fedeli
nendo la provocazione alla bestemmia, le lobby LGBT irlandesi avevano programmato per lunedì 2 giugno la “Big Gay Hike”, una gita a piedi sul Croagh Patrick, la Montagna Santa dove San Patrizio, patrono dell’Irlanda, pregò e digiunò per quaranta giorni. Una volta giunti alla cima, gli omosessualisti avevano programmato una grande festa all’aria aperta.
L’Irish Society for Christian Civilisation, consorella delle TFP, ha quindi organizzato un Rosario di Riparazione nella cittadina di Westport, a pochi chilometri da Croagh Patrick, domenica 1° giugno. Il

Rosario, recitato in piazza pubblica, aveva l’intenzione non solo di fare un atto di riparazione al Sacro Cuore, all’inizio del mese a Lui dedicato, ma anche di chiedere alla Provvidenza che non permettesse questo scempio.
“Come insegnano molti santi, i peccati pubblici richiedono una pubblica riparazione. Nostro Signore viene ancora una volta pubblicamente deriso, schernito e disprezzato, proprio come durante la Passione. I fedeli cattolici non devono restare a guardare e permettere che ciò accada di nuovo. Dobbiamo sostenere l’onore di Nostro Signore e difendere la Sua Legge”, ha dichiarato al giornale locale il portavoce della TFP Damien Murphy.
Sembra che la Provvidenza, a richiesta di San Patrizio, abbia ascoltato la preghiera dei cattolici. Proprio per lunedì 2 giugno, il meteo prevedeva una bufera sulla montagna santa. Da una “moderate breeze” alle 9AM, si è passati a una “fresh breeze” alle 10, quindi a una “strong breeze” alle 12, fino a sfociare in una “strong gale” (forte bufera) alle 13.
Alludendo a una “strong winds forecast” (previsione di forte vento), le lobby LGBT hanno cancellato l’evento… u
P.S. La domenica 1° giugno, a Westport, è stata una giornata di sole e brezza leggera: clima perfetto per un Rosario in piazza pubblica.
Il mondo delle TFP


Olanda Protesta contro mostra blasfema
Dal 3 giugno, il Rijksmuseum di Amsterdam espone un’opera raffigurante una suora e tre sacerdoti mentre compiono un atto sessuale. Giovani volontari di TFP Student Action Europe hanno protestato davanti al museo per il flagrante sacrilegio. Quasi 5.000 volantini sono stati distribuiti dai volontari sotto un sole cocente.
Il Rijksmuseum, dice il testo, ha superato un confine morale. Quest’opera va contro lo spirito di edificazione culturale che ci si può aspettare dal museo, definito la “basilica laica della nazione olandese”. È un grottesco insulto a Dio, alla Chiesa cattolica e all’intera nazione olandese. Non possiamo tollerarlo e deve essere fermato.
I giovani della TFP Student Action Europe hanno protestato un’intera giornata sulla piazza antistante al Rijksmuseum. “Sono sorpreso dall'indifferenza con cui le persone reagiscono a questa presa in giro della Chiesa”, ha detto un volontario dalla Germania “vorrei sapere se fanno lo stesso con l’islam”.
Ma non c’è stata solo indifferenza. Un buon numero di passanti ha ringraziato i giovani della TFP per la loro testimonianza. “Voi avete coraggio!”, è stata la reazione più comune. Diversi gli articoli di giornale sulla campagna, la maggior parte in tono negativo. Tutti, però, hanno coinciso in un punto: la TFP si fa sentire! u


Santa Teresa d’Avila grandezza carolingia
di Plinio Corrêa de Oliveira
Ho già commentato questo e altri dipinti di Santa Teresa
d’Avila, la cui festa celebriamo il 15 ottobre. Considero questo magnifico, poiché esprime bene ciò che immagino della grande santa spagnola.
Un volto impassibile, uno sguardo dotato di vita propria, o per così dire, autonomo dal volto. Mentre il volto è sereno, lo sguardo contempla. Uno sguardo che si compiace di vedere lontano, all’orizzonte, come un’aquila, il punto più splendido. Si potrebbe dire che la santa carmelitana stia guardando un sole che non abbaglia, e lo fa con ammirazione, con venerazione, con una forma di amore che non è propriamente affetto, ma la completa donazione di sé stessi e il non volere altro che ciò che sta vedendo.
Dietro questa serenità del volto, dovuta alla posizione della testa sul collo e del collo sulle spalle, si cela una profonda coerenza. La testa sta al collo come il collo sta al corpo. Questa posizione ne caratterizza lo slancio, la forza e l’espressione stessa di riflessione, decisione e perseveranza.
In questo dipinto di Santa Teresa noto un atteggiamento di fierezza che ella riceve da Colui che contempla. Il suo sguardo sembra dire: “Ho solo Colui che ammiro, e con il suo favore non temo assolutamente nessuno. Egli è tutto e vince tutto. Andiamo avanti!”


È un’anima virile, senza alcun accenno all’attuale pseudo-femminismo. È una figura femminile, ma ha la forza di un uomo con una grandezza carolingia. In ambito femminile, è un Carlo Magno. Una grandezza perfetta e completa. Si potrebbe ben chiamarla “Teresa di Gesù, la carolingia”, un magnifico elogio anche a Carlo Magno! u
(Riunione per soci e cooperatori della TFP brasiliana, 6 giugno 1980, tratto dalla registrazione magnetofonica, senza revisione dell’autore)