Rivista "Tradizione Ffamiglia Proprietà"-Dicembre-2025

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Anno 32, n. 109 - Dicembre 2025 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova

La gioia del Natale

Se in ogni epoca il Natale apre uno squarcio di serenità e di luce in mezzo alle tribolazioni della vita quotidiana, quest’anno esso assume un significato speciale.

L’anno che volge al termine non è stato facile, fra conflitti e crisi varie. Lo spettro della guerra si staglia sempre più minaccioso. Diversi Paesi, fra cui gli Stati Uniti e la Russia, dicono di voler riprendere i test nucleari.

A novembre la Germania ha richiamato 60mila riservisti. Si parla del riarmo dell’Europa, cioè dell’inversione della logica di pace che ha guidato il nostro continente per quasi un secolo.

Anche nella Chiesa si diffonde la preoccupazione. Pensavamo che con il nuovo Pontificato si sarebbe voltata pagina. E, infatti, Papa Leone ha dato non pochi passi nella giusta direzione. Ma il potere delle lobby progressiste sembra ancora soverchiante.

Ne è prova il Documento del Dicastero per la Dottrina della Fede sui titoli della Madonna, che contradice secoli di sviluppo teologico, per non parlare del sensus fidelium. Ne è prova il pellegrinaggio giubilare delle lobby LGBT in Vaticano. Ne sono prova diversi nomine di persone che rappresentano una continuità col precedente pontificato.

buona volontà”. Andiamo a Betlemme e inginocchiamoci davanti a Colui che ci porta serenità e pace.

Se a volte rischiamo di perdere la speranza, sopraffatti dal cupo panorama, guardiamo verso la mangiatoia di Betlemme, da dove ci viene ogni salvezza. Un messaggio di tranquillità, di forza e di fiducia in mezzo alle tenebre odierne.

Ecco che, fra poche settimane, dalla sua umile culla il Bambino Gesù ci parlerà con voce soave e attraente: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò!”. E noi proveremo una gioia sconosciuta ai pagani. Una gioia che ci darà la forza necessaria per affrontare l’anno venturo.

“Oh voi che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è un dolore simile al mio”, esclamò il Profeta Isaia, prevedendo la Passione del Salvatore e la compassione di Maria. Ma egli avrebbe potuto anche dire, profetizzando le gioie cristiane perenni e indistruttibili che il Natale porta all’apogeo:

E molti si chiedono: fino a quando perdurerà la crisi nella Chiesa?

Arriviamo alla fine dell’anno esausti, tesi, impensieriti per il futuro…

È proprio adesso che nasce il Principe della Pace. Gli angeli canteranno ancora: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di

“Oh voi che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è una gioia simile alla mia. Oh voi che vivete avidamente per l’oro, oh voi che vivete stoltamente per la vanagloria, oh voi che vivete turpemente per la sensualità, oh voi che vivete diabolicamente per la rivolta e il crimine: fermatevi e vedete le anime veramente cattoliche, illuminate dalla gioia del Natale: che cos’è la vostra gioia paragonata alla loro?”

Questa è la gioia, la vera gioia cristiana, che auguriamo a tutti i nostri amici e sostenitori in questo Santo Natale 2025, insieme ai nostri migliori auspichi per un felice Anno Nuovo 2026. u

Sommario

Anno 32, n° 109, dicembre 2025

v La gioia del Natale2 v L’assassinio di Charlie Kirk4 v Cammino sinodale italiano7 v Modello di nobile e di combattente9 v Plinio Corrêa de Oliveira “Athleta Christi” 13 v Un contro-rivoluzionario tutto votato al trionfo della Madonna17 v Roma, 25 dicembre 184130 v Riflessioni militanti sul Natale 35 v Natale chouan39 v Il primo sguardo43 v Il mondo delle TFP44 v USA: Congresso nazionale della TFP46 v Napoli: presentazione di “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”47 v La gioia del Natale48

Copertina: Maria Santissima tiene il Bambino Gesù nelle braccia, sotto lo sguardo di Dio Padre e di Dio Spirito Santo, mentre attorno gli angeli cantano Gloria in excelsis Deo e in terra pax hominibus bonae voluntatis.

Tradizione Famiglia Proprietà

Anno 32, n. 109 dicembre 2025

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L’assassinio di Charlie Kirk: Punto di svolta o di rottura per l’America?

L’assassinio di Charlie Kirk sta costringendo la nazione a fermarsi e riflettere su chi siamo. Ci è voluto lo shock di un omicidio a sangue freddo e premeditato, testimoniato da migliaia di persone durante un evento universitario e visto da milioni di persone sui social media, per attirare l’attenzione della gente. La natura spettacolare di questo omicidio ci costringe a cercarvi un significato più profondo.

Molti hanno cercato di ridurre il dibattito alla persona di Charlie Kirk e alle sue posizioni. Egli era davvero un leader conservatore stimolante, non privo di controversie. Tuttavia, il suo omicidio è stato qualcosa di più grande. Non riguarda Charlie Kirk. Riguarda ciò che rappresentava. Non riguarda nemmeno solo il sospettato dell’omicidio, Tyler Robinson, ma anche ciò che lui rappresenta.

Abbiamo assistito a un drammatico scontro tra simboli e modelli. Le due figure rappresentavano i due lati di un conflitto ormai evidente in un’America

polarizzata. Ora dobbiamo scegliere quale strada vogliamo percorrere.

I liberal odiano dividere le cose in due parti opposte, liquidandole come una semplificazione eccessiva. Nulla, affermano categoricamente, è così bianco o nero. Tuttavia, per definizione, qualsiasi nazione polarizzata ha due parti nette e questa divisione riflette la tragica realtà confermata dagli eventi nello Utah.

Charles Kirk e Tyler Robinson come simboli umani

Che piaccia o no, Charlie Kirk era un uomosimbolo. Vale a dire che rappresentava molto più delle posizioni che sosteneva o della persona che era. I simboli trascendono i difetti o le idiosincrasie personali. Come simbolo, Charlie Kirk ha proposto un ideale per l’America. Era l’archetipo del ragazzo americano. Era di buon carattere, pulito, educato, franco e virile. Il suo comportamento era governato da un profondo rispetto per la legge morale e da una forte fede in Dio. Simboleggiava quello che potremmo definire l’americano dei Dieci Comandamenti, un ideale secondo cui tutti dovrebbero cercare di vivere sotto la protezione della legge di Dio, motivati dall’amore per il nostro Creatore.

D’altra parte, anche Tyler Robinson era un uomo simbolo che trascendeva la sua persona e le sue opinioni. Da convivente con un uomo «in transizione» verso una donna, sarebbe stato il primo ad ammettere di rappresentare un archetipo opposto, privo di rispetto per la legge morale di Dio. Il suo ideale era un regime di licenza assoluta, senza limiti

per nessuno, tranne che per quegli americani che proclamano l’esistenza di Dio, la Sua legge superiore e la necessità di regole.

Egli simboleggiava una sottocultura di ribellione che si ritrova in recenti casi di persone che hanno sparato ad altre persone; una sottocultura piena di temi oscuri, satanismi e videogiochi. Infatti, come il personaggio biblico Caino, Tyler ha portato la sua rabbia contro la legge morale al punto di uccidere colui che incarnava l’ideale di quella legge. Per Caino quello fu suo fratello Abele. Per Tyler era Charlie Kirk.

Il ruolo dei simboli

l’accordo di condividere le cose che amano». La nazione dà origine allo Stato, che ordina il bene comune. Regole come i Dieci Comandamenti e i costumi morali fungono da guardrail che garantiscono l'ordine e la libertà. Diventiamo capaci di sostenere questo modello quando siamo motivati dall’amore di Dio che ci unisce.

Siamo quindi coinvolti in uno scontro di simboli, il bene e il male. Questi simboli sono importanti perché indicano gli ideali a cui le persone tendono. Propongono modelli da imitare. Rendono immediatamente visibili ideali invisibili, spingendo così le anime all’azione e fungendo da fondamento per i modelli di società.

Lo shock radicale dell’assassinio di Charlie Kirk ci costringe a considerare quale simbolo dovrebbe rappresentare l’America se vogliamo sopravvivere come nazione. Ci costringe a porci una domanda ancora più seria: siamo ancora una nazione?

La nazione come fonte di unità

Infatti, i simboli aiutano a generare modelli per la società. Nel caso di Charlie Kirk, questo modello era la nazione cristiana. Una nazione ha unità. Una nazione nasce quando un popolo si unisce in un insieme chiaramente distintivo. Attraverso un processo di formazione che spesso comporta sofferenza, la nazione forma un’unità culturale, sociale, economica e politica in cui l’obiettivo non è il bene individuale di ciascun membro, ma il bene comune di tutti.

Sant’Agostino una volta definì un popolo come «una moltitudine riunita di esseri razionali uniti dal-

Sebbene lontana dalla perfezione, c’è stato un tempo in cui l’America era una nazione cristiana e godeva di questa unità. Questo modello di un’America dei Dieci Comandamenti è senza dubbio ciò che ha motivato Charlie Kirk.

Un luogo di incontro della volontà individuale

Esiste un altro modello di organizzazione della società, contrario al modello di San Agostino basato sull’amore comune per gli ideali. Esso celebra la disunione e il massimo individualismo come espressione più completa della libertà e della realizzazione di sé.

Questo modello non forma una nazione, ma un insieme d’individui riuniti esclusivamente per il perseguimento dei propri interessi. Assomiglia a una cooperativa, una società per azioni in cui ogni investitore ignora gli altri e si preoccupa solo del proprio interesse e dei propri profitti. Ogni interesse personale, per quanto bizzarro, è uguale a qualsiasi altro.

In questo modello, la società è ridotta a ciò che il filosofo Alasdair MacIntyre ha definito «nient’altro che un luogo d’incontro di volontà individuali, ciascuna con il proprio insieme di atteggiamenti e

Due volti, due simboli, due Americhe...

preferenze, che interpretano il mondo esclusivamente come un’arena per il raggiungimento della propria soddisfazione e la realtà come una serie di opportunità per il proprio divertimento».

Oggi questo modello ha raggiunto il punto di diventare un’ossessione. La cooperazione è un mero strumento di sopravvivenza. Il New York Times cita il biografo presidenziale Jon Meacham, il quale afferma di sperare che l’omicidio di Kirk non porti alla vendetta, ma «ci ricordi che dobbiamo essere in grado di convivere con persone di cui disprezziamo le opinioni senza ricorrere alla violenza».

Due Americhe a confronto: il Congresso eucaristico di Indianapolis e una manifestazione woke

scatenato una licenziosità sfrenata in nome della libertà. Il liberalismo ha trasformato i valori morali in opinioni personali e ha bandito Dio dalla piazza pubblica. Sperava di placare le forze del caos con una graduale discesa nel nichilismo.

Tuttavia, questo stato anomalo delle cose non può essere il nostro obiettivo. Non abbiamo più le barriere protettive o le leggi morali che mantenevano l’ordine nella concezione di popolo di Sant’Agostino.

Ciò che abbiamo invece è lo slancio folle di passioni schiavizzanti. Pertanto, mescolare persone che disprezzano le opinioni reciproche è una ricetta per la violenza. Inoltre, uno stato di cose in cui si celebrano gli odi coesistenti non è la descrizione di una società, ma di un manicomio, dove la norma è la violenza che i sorveglianti e gli assistenti sociali devono costantemente reprimere.

Il compromesso liberale

Per molto tempo, il liberalismo ha cercato di navigare tra i resti della società cristiana che si trovano nel modello di Sant’Agostino e la modernità, che ha

La morte di Charlie Kirk ha dimostrato all’America che questo placamento non ha funzionato. Abbiamo raggiunto il punto estremo del nostro liberalismo, dove la rabbia della passione sfrenata richiede la soppressione della libertà ordinata, della legge morale e della fede. Non si può tornare indietro.

Dobbiamo scegliere tra due simboli e i rispettivi modelli sociali. L’America cercherà una condizione in cui celebriamo l’odio reciproco per ciò che amiamo? O sarà una nazione in cui le persone guardano oltre il proprio interesse personale e celebrano insieme le cose che amano?

Il modo in cui risolveremo questo conflitto nell’anima dell’America determinerà se la nazione si trova ora a un punto di svolta o a un punto di rottura. u

Attualità

Cammino sinodale italiano cieco ai segni dei tempi?

Afine ottobre, due eventi hanno rivelato le divergenze all’interno della Chiesa. Uno è stato il documento approvato dall’Assemblea sinodale delle chiese in Italia, che promuove l’inclusione e l’accompagnamento delle persone LGBT, incentivando quindi i fedeli ad appoggiare le manifestazioni in favore dell’omosessualità.

L’altro è stato l’imponente pellegrinaggio Summorum Pontificum a Roma, nel corso del quale, per la prima volta in anni, si è celebrata la Santa Messa tradizionale a San Pietro.

Un documento controverso

Dopo quattro anni di lavoro, l’Assemblea sinodale delle chiese in Italia ha pubblicato il documento “Lievito di pace e di speranza”.

“La Chiesa italiana apre al mondo gay”, titolava Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera. “La Chiesa italiana finisce sul carro del gay pride”, scriveva Giorgio Gandola su La Verità.

Ecco un brano del Documento: “Le Chiese locali, superando l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società, si impegnino a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender”.

Non contento di promuovere il riconoscimento di pratiche contrarie al Diritto naturale e divino, il cammino sinodale italiano promosso dalla Cei invita i fedeli a “sostenere le manifestazioni della società civile contro la discriminazione di genere, l’omofobia e la transfobia”. Parole interpretate come un sostegno ai cosiddetti “Pride” omosessuali, anche se mons. Erio Castellucci l’ha voluto negare.

Il Documento di sintesi del cammino sinodale italiano propone anche altri punti assai controversi, come la questione del diaconato delle donne.

Il Documento ha suscitato non poco stupore. Prima di tutto perché non si fonda sulla dottrina morale della Chiesa, bensì sulle pericolose innovazioni proposte dai settori ultra progressisti negli ultimi anni del Pontificato di Papa Francesco, e fortemente contestate da cardinali, vescovi e teologi.

Infatti, la parola “morale” non risulta nemmeno una volta nell’intero Documento.

I cammino sinodale italiano si pone così, al meno in questo punto, alla stregua dei più radicali documenti dei vescovi tedeschi.

Stupisce poi la quasi unanimità della votazione. Il Documento è stato approvato con 781 sì su 809 votanti, cioè il 96,5 per cento.

Vescovi senza “antenne”

Senza entrare nell’analisi del Documento, mi preme sollevare un punto di interesse strategico, direi pastorale.

Qualche mese fa, commentavo che ci sono “vescovi senza antenne”, cioè vescovi che, ciechi ai segni dei tempi, portano avanti un’agenda sessantottina, indifferenti al fatto che ciò ha svuotato le chiese, allontanato i fedeli e gettato la Chiesa nella più grave crisi della sua storia. Ecco che, lungi dal ravvedersi, adesso raddoppiano la posta in gioco.

Non hanno “antenne”, o fingono di non averle. Non si rendono conto che il vento della storia ormai soffia da tutt’altra parte?

Ne è prova l’imponente pellegrinaggio Summorum Pontificum realizzato a Roma l’ultimo week-end di ottobre. Si tratta dei fedeli che abbracciano la liturgia tradizionale, e prende il nome dal celebre Motu proprio di Papa Benedetto XVI.

Dopo affollatissime cerimonie in varie chiese romane, il pellegrinaggio è culminato con la solenne Messa pontificale celebrata dal cardinale Raymond

Chiesa

Burke a San Pietro, sull’altare della Cattedra. Non meno di tremila fedeli riempivano la Basilica.

L’evento è stato ripreso da organi di tutto il mondo, compreso il New York Times, l’Associated Press e la Reuters

Segni dei tempi

Un primo punto che richiamava subito l’attenzione era la giovane età dei partecipanti.

Secondo un servizio dell’Associated Press firmato da Nicole Winfield, “diverse migliaia di pellegrini, molti dei quali erano giovani famiglie con bambini e donne che si coprivano il capo con veli di pizzo, riempivano fino all’inverosimile l’area della basilica”.

Infatti, bastava dare uno sguardo alla folla per rendersi conto che predominavano i giovani. Ormai è un dato acquisito: il tradizionalismo è in grande misura un fenomeno della gioventù.

Commentava Nico Spuntoni sulla Nuova Bussola Quotidiana: “La fotografia migliore della Messa pontificale celebrata dal cardinale Raymond Leo Burke a San Pietro l’ha fatta in una battuta Damian

Thompson, brillante firma del britannico The Spectator: «Sai che è un rito antico quando i sacerdoti non sono antichi». E in effetti ciò che colpiva di più della cerimonia di sabato pomeriggio era la giovanissima età non solo dei sacerdoti ma anche di tutti i fedeli presenti.”

Secondo Nicole Winfield, nell’articolo sopra citato: “Per molti tradizionalisti, quel momento è stato un segno tangibile che Papa Leone forse è più comprensivo nei confronti della loro situazione, dopo essersi sentiti respinti da Francesco e dalle sue restrizioni del 2021 sulla liturgia antica”. La giornalista si riferisce, ovviamente, al Motu proprio Traditionis Custodes, che vietava questo tipo di Messa.

L’autorizzazione di Papa Leone è avvenuta dopo che, nell’udienza privata che ha avuto con il cardinale Burke lo scorso 22 agosto, questi le ha consegnato una lettera firmata da decine di realtà cattoliche che chiedevano di poter celebrare la Messa antica a San Pietro.

Nella sua omelia, il cardinale Burke ha evocato “la Madonna di Fatima che desidera proteggerci dal male del comunismo ateo, che allontana i cuori dal Cuore di Gesù e li conduce alla ribellione contro Dio e contro l’ordine che Egli ha posto nella creazione e scritto nel cuore di ogni uomo”.

Più di un vaticanista ha mostrato la simbolica coincidenza temporale di questi due eventi contrastanti: il pellegrinaggio tradizionalista a San Pietro e il Documento pro-LGBT della Cei.

Secondo Andrea Zambrano sulla Nuova Bussola Quotidiana, “questo non svela due Chiese, ma semmai due frutti nella Chiesa da due alberi diversi”. Con una differenza fondamentale: “Il documento, per quanto presentato pomposamente come frutto della riflessione, del cammino, delle istanze della Chiesa italiana non è rappresentativo di nulla, salvo di una piccola e rumorosa ridotta di “addetti” ai lavori che non possono pretendere di parlare a nome dei cattolici”.

Da una parte minoranze chiuse nelle stanze del potere ecclesiastico, cieche e sorde ai segni dei tempi, dall’altra parte, il dinamismo di un tradizionalismo portato avanti da schiere di giovani pieni di speranza e di progetti per il futuro. È il “quiet revival”, la rinascita silenziosa di cui parlano gli analisti, e che ha dato mostre di grande potenziale proprio nel cuore della Cristianità.

Si chiuderanno questi vescovi in un bieco progressismo, ormai superato? O si apriranno a queste forze di vero rinnovamento della Chiesa? È la grande domanda che si pongono gli analisti. u

Omaggio a Luigi Coda Nunziante

Modello di nobile e di combattente

Il 15 luglio 2015 si spegneva a Colognole (FI) il marchese Luigi Coda Nunziante di San Ferdinando, figura esemplare di cattolico militante. Lo scorso 26 settembre, alla Domus Australia di Roma, si è svolta una solenne cerimonia di commemorazione, presieduta dal cardinale Raymond Burke. Riproduciamo le parole di Juan Miguel Montes, direttore dell’Ufficio Tradizione Famiglia Proprietà, di Roma.

Ringrazio l’onore che ho di poter commemorare in nome della realtà che rappresento a Roma – Tradizione, Famiglia e Proprietà – il nostro carissimo e rimpianto marchese Luigi Coda Nunziante di San Ferdinando, ampiamente noto in tutti i nostri ambienti delle TFP, anche a livello internazionale, semplicemente come “il marchese”, tanto egli incarnò la figura di un tipo umano ideale, che in seguito cercherò di descrivere.

La mia prima memoria di lui risale ad un ricevimento a Palazzo Pallavicini, oltre quattro decadi fa, quando mi fu presentato dal prof. Roberto de Mattei.

Devo dire che il suo aspetto: alto, snello, elegante, con un certo piglio militare, m’impressionò fortemente in mezzo alla bellezza di quei saloni e di quelle opere d’arte che tanto riflettevano la cultura europea. Posso dire che era una persona in armonia perfetta dentro quella splendida cornice.

Questa prima impressione non è mai stata smentita nei tanti anni che si sono susseguiti, quando ebbi l’occasione di vederlo impegnato in molteplici attività. Il marchese era sempre egli stesso, sia quando si

dava da fare per organizzare un rutilante concerto di beneficenza che un convengo di elevata portata intellettuale, una marcia per la vita e, persino quando ricordo di averlo trovato impegnato umilmente nel compito di attaccare manifesti e inviti nelle bacheche e porte delle chiese, dopo chiedere il necessario permesso ai sacerdoti responsabili.

di Juan Miguel Montes

Umiltà, servizio, dedizione, impegno sempre in prima linea: erano queste le caratteristiche che credo tutti ammiravamo in lui proprio perché amalgamate perfettamente con il suo portamento signorile, da gentiluomo, d’autentico rappresentante della migliore tradizione che questa città offre al mondo intero.

Ho potuto stringere un’amicizia e una conoscenza ancora più approfondita con il nostro caro marchese in due o tre viaggi che mi capitarono di fare in Brasile, negli incontri che regolarmente il prof. de Mattei organizzava con il professor Plinio Corrêa de Oliveira a San Paolo. Posso testimoniare che, man mano che nel corso delle conversazioni su temi sempre trascendenti riguardanti la Chiesa e la civiltà cristiana, cresceva fra il marchese e il prof. Plinio una profonda e sincera amicizia basata sulla comune intesa nei principi basilari della battaglia culturale che entrambi, sebbene in diversi scenari, portavano avanti.

Ricordo certa volta avere sentito dire al prof. Plinio Corrêa de Oliveira in privato: “quanto gioverebbe alla causa avere un marchese Coda Nunziante in ogni grande Paese di Europa!”.

So che il prof. Plinio apprezzava in lui una forma di alta cultura, non tanto fatta da letture dotte come di una visione ampia, universale, in cui s’integrano il saper vivere bene e con distinzione, e il pensare altrettanto bene sulle grandi questioni, tutto sempre con impeccabile buon senso.

Per lui, il marchese rappresentava così una forma di civiltà europea classica che ammirava in tutta la sua radiosa luce.

Di questi viaggi in Brasile con il marchese ricordo molte cose ma mi limito a un aneddoto che ri-

velava lo spirito tanto autentico e profondamente italiano del nostro stimato commemorato: dopo tre giorni di dieta brasiliana, tutta fatta di carni, riso, fagioli neri, contorni tropicali, mi confidò molto discretamente “non reggo un altro giorno senza un bel piatto di spaghetti”. Lo abbiamo accontentato e ci siamo tutti diretti a un ristorante napoletano nei dintorni.

Un momento apicale dei miei rapporti con il marchese è stata la diffusione nell’anno 1993 di una opera del prof. Plinio in cui si commentavano i discorsi che il Papa Pio XII rivolgeva di anno in anno alla nobiltà romana.

Luigi Coda Nunziante, come forse nessun altro, ci ha visto tutta la sua portata e ha fatto di questo pensiero un’occasione per dedicarsi ferventemente a un apostolato zelante con il suo ceto sociale, al fine di adempire così alla “missione” che il grande pontefice aveva affidato ai nobili romani, cioè, quella d’incidere negli avvenimenti moderni con tutto il bagaglio della loro cultura, della loro tradizione, della loro formazione cristiana.

Io almeno non ho conosciuto nessuno che come il marchese Luigi Coda Nunziante abbia assimilato questi insegnamenti in modo così serio, così coerente e ne sia diventato quell’autentico “missionario, per impiegare l’espressione dello stesso Papa Pacelli.

Quel vero zelo cattolico per le anime lo portò a dare vita all’Associazione Noblesse et Tradition e a organizzare, con grande impegno, memorabili convegni a Roma, Torino e Lisbona.

Il marchese ben sapeva che quel magistero di Papa Pacelli affidava ai nobili un ruolo primordiale nella preservazione dell’istituto della famiglia, la cel-

Con il cardinale Raymond Burke alla Marcia Nazionale per la Vita di Roma

Convegno di presentazione del libro di Plinio Corrêa de Oliveira Nobiltà ed élites tradizionali analoghe, nel Mayflower Hotel, Washington DC, settembre 1993

Da sin., l’arciduchessa Monica d’Austria; il duca di Maqueda; Virginia dei marchesi Coda Nunziante; il marchese Luigi Coda Nunziante; il prof. Roberto de Mattei

lula basilare della civiltà di cui loro costituivano il vertice sociale. L’istituzione della famiglia, a causa dell’influenza deleteria di mode contro-culturali indotte, incominciava a traballare in Italia come nel resto dell’Occidente. Pio XII si rivolse ai nobili con queste parole: “Con tutta la vostra condotta, mettetevi alla testa del movimento di riforma e di restaurazione del focolare domestico”.

Ancora una volta, Luigi Coda Nunziante rispose con coerenza all’appello di questo grande Pontefice dando vita all’associazione Famiglia Domani che combatterà per la famiglia naturale e organica e per il valore della vita umana, ad ogni occasione che le forze secolarizzanti e neopagane presenteranno progetti o compiranno passi nel senso della dissoluzione morale della società italiana.

Credo che non si possano nemmeno contare il numero di pubblicazioni, campagne e convegni in questo senso. Una cosa tuttavia è salda nella mia memoria: queste vere battaglie culturali sempre furono animate con tutto il suo consueto ardore e dedizione. Ricordo che molte furono le autorità ecclesiastiche e

civili che con lui si complimentarono per questo notevole impegno in favore della Chiesa e della società.

Difatti, tutti ricordiamo quel suo entusiasmo, direi quasi giovanile, la sua convinzione, la sua dedizione disinteressata, persino dopo che certi acciacchi di salute gli avevano limitato le forze fisiche.

Il prof. Plinio Correa di Oliveira, nei suoi commenti ai discorsi di Pio XII alla nobiltà, risalta due caratteristiche eccellenti che distinguono il nobile: primo, il senso dell’olocausto per cui quello che si fa, si fa sempre con un sacrificio personale, piegando la tendenza naturale al rilassamento; secondo, la conservazione delle buone maniere anche nelle circostanze avverse, reprimendo costantemente ciò che la vita può comportare di volgare e di stravagante.

Omaggio

a Luigi Coda Nunziante

Qualcuno potrà obiettare: ma a che cosa serve oggi essere un nobile, un “uomo della tradizione”, in un mondo che gira a velocità siderale, dove spuntano crisi, mode, strumenti, tecnologie che ci fanno cambiare ogni giorno le nostre abitudini?

Faccio un breve devio, anche se è solo un devio apparente.

L’altro giorno guardavo un video sullo splendente cerimoniale riservato dal Re d’Inghilterra al presidente americano, nel banchetto che gli ha offerto al Castello di Windsor.

Qualunque sia nostro giudizio, è un fatto che l’America rappresenta un potere economico, finanziario, tecnologico e militare come mai prima visto nella storia. Un presidente americano, chiunque sia, pensi o faccia, è il depositario vivente di tutto quell’immane potere.

L’essenza del grande messaggio di Papa Pio XII fu che se le persone nobili avessero molto ben radicati questi valori, potrebbero ancora compiere una grande missione nel mondo contemporaneo immerso nella torrenziale decadenza dei costumi.

E Luigi Coda Nunziate è stato un porta-bandiera del senso dell’olocausto personale e delle buone maniere.

Un Papa anteriore, Benedetto XV, aveva parlato addirittura di un “sacerdozio della Nobiltà”. Certo, Papa Benedetto XV non voleva affatto confondere questa forma di sacerdozio con il sacerdozio sacramentalmente ordinato, ma vi trovava un’analogia nel senso del sacrificio permanente e della trasmissione di un deposito culturale cristiano in certa qual forma legato al deposito della fede, che il sacerdote ordinato custodisce e trasmette ai fedeli.

Plinio Correa de Oliveira, commentando queste parole di Papa Benedetto XV sul “sacerdozio della nobiltà”, diceva che: “la guerra, per il nobile, era un olocausto per il servizio della Chiesa, per la libera diffusione della fede, per il legittimo bene comune temporale. Era un olocausto al quale egli era ordinato, analogamente al modo in cui i chierici e religiosi erano ordinati agli olocausti morali inerenti ai rispettivi stati”.

Il nostro marchese, pur essendo un militare, non ha partecipato in guerre guerreggiate. Le sue battaglie furono culturali. Ma la dedizione e il sacrificio militare connotavano pienamente il suo tipo umano.

Eppure, ho notato nelle parole del presidente Trump un forte anelito di rafforzare, quasi direi di convalidare, quel formidabile e unico potere sottolineando non senza fierezza quanto lo lega e lo fa erede in qualche modo del prestigio della brillante tradizione britannica, vecchia di millenni.

Così, quelle parole sono state l’omaggio implicito che rende il mondo contemporaneo alla tradizione. D’altra parte, da politico intelligente, Trump sa che il mondo della tradizione è un fattore altamente accreditante agli occhi di settori crescenti dell’opinione pubblica, soprattutto tra i giovani.

Insegna Pio XII che Tradizione e progresso s’integrano a vicenda con tanta armonia che, essendo la tradizione una strada che porta da un punto all’altro, non avrebbe senso concepirla senza un avvenire davanti così come non avrebbe senso il progresso senza tradizione, perché sarebbe un’impresa temeraria, un salto nel buio. Pio XII aggiungeva che “la tradizione è come la fiaccola che il corridore di ogni cambio pone in mano e affida all’altro corridore, senza che la corsa si arresti o rallenti.”

Luigi Coda Nunziante ha portato la fiaccola ardente, ha saputo fondere nella sua vita armoniosamente entrambi i fattori: ha proiettato la migliore tradizione nelle vicende di suo tempo, nelle sue battaglie culturali, nella riaffermazione sempre attuale di quella testimonianza di fede nella vita pubblica che Papa Leone XIV ha recentemente raccomandato.

Possa il suo magnanimo esempio essere imitato dai suoi discendenti e da tutti noi, per il bene dei nostri Paesi e della Santa Chiesa. u

Trentesimo di Plinio Corrêa de Oliveira

Plinio Corrêa de Oliveira “Athleta Christi”

di S.E. Mons. Athanasius Schneider

Nel 30° anniversario della morte di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), S.E. Mons. Athanasius Schneider ha celebrato una Santa Messa in suffragio della sua anima a Roma. Nell’omelia, il Presule ha tracciato un ritratto luminoso del fondatore di Tradizione Famiglia Proprietà, presentandolo come un autentico athleta Christi, cavaliere della fede cattolica e ardente apostolo della Madonna.

Sia lodato Gesù Cristo! Alla vigilia del 30° anniversario del giorno in cui il Dott. Plinio Corrêa de Oliveira concluse il suo pellegrinaggio qui in terra, offriamo questo sacrificio della Santa Messa per il suffragio di sua nobile anima. Come possiamo caratterizzare in modo sintetico la sua vita?

Le parole “Dilexit ecclesiam” lo potrebbero fare, poiché era un “vir catholicus, totus apostolicus, plene romanus”, parole che egli ha scelto per caratterizzare la sua persona e la sua vita e che sono ora il suo epitaffio. Diceva il Dott. Plinio: “La qualità che apprezzo di più in me stesso è essere figlio della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Ciò che ammiro di più nelle persone è la loro coerenza nella fede cattolica.” (1)

Rimarchevoli e profondamente toccanti rimangono queste parole del Dott. Plinio: “Voglio che l’ultimo atto del mio intelletto sia un atto di fede nel papato. Che il mio ultimo atto d’amore sia un atto d’amore per il papato. Perché così morirò nella pace degli eletti, unito a Maria, mia Madre, e per mezzo di lei a Gesù, mioDio, mioRe e mio buonissimo Redentore.” (2)

Nel Dott. Plinio, la Divina Provvidenza, in un tempo difficilissimo, diede alla Sua Chiesa militante un eccezionale e intrepido esempio, il quale nello spirito dell’apostolo Paolo - egli che nacque nella città di San Paolo in Brasile - militava e correva nell’arena di questo mondo come un vero athleta Christi, come un nuovo cavaliere del cattolicesimo.

In passato il titolo athleta Christi venne concesso dai Papi agli uomini che guidarono campagne militari in difesa del cristianesimo. Plinio Corrêa de Oliveira guidò una delle più significative campagne spirituali in difesa del cristianesimo nel secolo XX, e così merita davvero il titolo di athleta Christi. Diceva il Dott. Pli-

«Ogni vera grandezza è un riflesso della grandezza di Nostro Signore. Fuori di Lui non c’è grandezza, ma un riflesso della Sua grandezza. … Tutto nella mia mentalità, nel mio modo di essere, è presieduto dall’idea del sacro»

nio: “Ogni vera grandezza è un riflesso della grandezza di Nostro Signore. Fuori di Lui non c’è grandezza, ma un riflesso della Sua grandezza. … Tutto nella mia mentalità, nel mio modo di essere, è presieduto dall’idea del sacro.” (3) Le generazioni dei primi cristiani erano chiamate significativamente “il popolo degli atleti di Cristo” (4).

L’athleta Christi del 20° secolo riuniva in sé lo spirito della sintesi, che è un tratto distintivo dello spirito cattolico, cioè: l’intransigenza e il rifiuto di compromessi con il male di ogni forma della rivoluzione contro Dio, l’inflessibilità e la militanza per la verità e la regalità di Cristo, l’aspirazione per tutto che è grande nel bene, nel vero, nel bello e nel sacro, insieme con la vera umiltà, con lo spirito della piccolezza, della carità soprannaturale. Sotto l’armatura di ferro da cavaliere era nascosto un’anima da bambino, con un cuore innocente, con un cuore amante la madre: dapprima amava la sua propria madre che gli trasmise la fede cattolica, poi la santa Madre Chiesa e soprattutto Maria, la Madre celeste.

Il Dott. Plinio, essendo egli stesso un membro del Terzo ordine Carmelitano già nella sua giovane età, visse profondamente lo spirito del profeta Elia, lo spirito dello zelo ardente nella lotta per la gloria di Dio. Ed fu un segno particolare della Provvidenza Divina che il Dott. Plinio lasciò definitivamente il

campo della battaglia della Chiesa militante nel giorno della festa di Santa Teresa del Bambino Gesù, il 3 ottobre. Santa Teresa del Bambino Gesù, la dottora del cammino dell’infanzia spirituale e della mitezza, aveva non dimeno uno spirito di combattente, amando e venerando in modo speciale santa Giovanna d’Arco, la “pulzella d’Orléans”. Il “Piccolo Fiore” si vestì persino in armatura con una spada, rappresentando durante un pezzo di teatro la santa Giovanna d’Arco.

Santa Teresa del Bambino Gesù aveva la ferma volontà di combattere per Gesù nella salvezza delle anime e morire come martire, e desiderava, “come Giovanna d’Arco, mormorare il nome di Gesù sul rogo ardente”. In una preghiera Santa Teresa del Bambino Gesù diceva: “O Signore, Giovanna, la tua vergine e coraggiosa Sposa, ha detto: «Bisogna combattere prima che Dio dia la vittoria». O mio Gesù, combatterò per amore tuo fino alla sera della mia vita.” Il Dott. Plinio viveva questa sintesi dell’infanzia spirituale e dello spirito militante di un athleta Christi sull’esempio della “pulzella d'Orléans” e del “Piccolo Fiore”.

Il fulcro più profondo e centrale di tutti i pensieri e le attività del Dott. Plinio fu il suo impegno ardente e instancabile nel lavorare per il trionfo della Madonna. Voleva fare molto di più che servire semplice-

Trentesimo di Plinio Corrêa de Oliveira

«Voglio che l’ultimo atto del mio intelletto sia un atto di fede nel papato. Che l’ultimo atto della mia volontà sia un atto d’amore per il papato»

mente la Madonna: desiderava che fosse servita universalmente. Un trionfo è una vittoria travolgente. La sua determinazione a dedicarsi all'ideale concreto di una civiltà cristiana rigenerata lo motivò per tutta la vita. Riassunse questa dedizione al trionfo della Madonna con queste parole ispiratrici: “Quand’ero ancora molto giovane, contemplai rapito le rovine della Cristianità. Ad esse affidai il mio cuore; voltai le spalle a mio futuro e, di quel passato carico di benedizioni, feci il mio Avvenire”. Il grande san Luigi Maria di Montfort predisse questo futuro ordine e lo chiamò Regno di Maria, un periodo di grandi grazie plasmato dalla fede e dallo spirito della Madre di Dio. (5)

Il Dott. Plinio riassunse nelle seguenti parole il nocciolo di tutto il suo pensiero e delle sue coraggiose opere nell’arena di battaglia per Dio: “Se la ControRivoluzione è la lotta per distruggere la Rivoluzione e costruire la Cristianità nuova, tutta splendente di fede, di umile spirito gerarchico e di illibata purezza, è chiaro che questo si farà soprattutto attraverso una azione profonda nei cuori. Ora, questa azione è opera specifica della Chiesa, che insegna la dottrina cattolica e la fa amare e praticare. La Chiesa è, dunque, l’anima stessa della Contro-Rivoluzione” (6).

Lo splendore della fede cattolica, lo spirito d’umiltà e l’illibata purezza, deve, dunque, distin-

Trentesimo di Plinio Corrêa de Oliveira

Il fulcro più profondo e centrale di tutti i pensieri e le attività del dott. Plinio fu il suo impegno ardente e instancabile nel lavorare per il trionfo della Madonna

guere l’opera che ha lasciato il Dott. Plinio e ciascuno chi si considera un suo figlio spirituale o chi vuole continuare la sua opera. Diceva il Dott. Plinio: “Quella che ho coltivato di più è stata la Fede. Perché la Fede è la radice di ogni vita spirituale. E coloro che hanno una fede viva hanno una vita spirituale fiorente. È necessario avere passione per le cose della Fede.” (7).

Il Dott. Plinio aveva una grande e tenera devozione per la Madonna. Era devoto in particolare alla Madonna di Fatima, il cui messaggio è strettamente legato ai castighi e agli eventi che porteranno al suo regno. La devozione alla Madonna del Buon Consiglio di Genazzano aveva anche un ruolo particolare nella vita e nel pensiero del Dott. Plinio, poiché questa devozione parla della fiducia necessaria per superare le tempeste e le battaglie per arrivarci.

Ci auguriamo che ciò che il Dott. Plinio disse una volta possa ora diventare realtà per lui e anche per ciascuno di noi che, nel profondo della nostra anima, desideriamo essere ciò che il Dott. Plinio considerava la sua più grande distinzione, vale a dire essere cattolici, totalmente apostolici e pienamente romani. Egli diceva: “Chiediamo alla Madonna di farci tanti Elia, cosicché quando ci presenteremo in Cielo e San Pietro ci chiederà: ‘Chi sei?’, potremo rispondere: ‘Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum’. E allora le porte del Cielo si apriranno per noi, le porte dell’inferno tremeranno, e quando varcheremo la soglia celeste, in quell’immensa sala del trono che è il Cielo, dove la Regina del Cielo e della Terra ci accoglierà affabilmente, potremo sentire: ‘Figlio mio, hai combattuto per me, entra nella gloria di Dio!’”. (8). Amen! u

1. Meu Itinerário Espiritual. Compilação de relatos autobiográficos de Plínio Corrêa de Oliveira, vol. 1, São Paulo 2021, p. 192.

2. Minha Vida Pública. Compilação de relatos autobiográficos de Plínio Corrêa de Oliveira, São Paulo 2015, p. 605.

3. Meu Itinerário Espiritual, vol. 2, p. 156.

4. Cf. Cassiodorus, Historia ecclesiastica tripartita 2, 1.

5. John Horvat, “Thirty Years Later: Plinio Correa de Oliveira – A Counter-Revolutionary Focused on Our Lady’s Triumph”, Crusade Magazine September/October 2025, 12.

6. Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Cap. 12, 5.

7. Meu Itinerário Espiritual, vol. II, p. 141.

8. Ibid., pp. 121-122

Un contro-rivoluzionario tutto votato al trionfo della Madonna

Alla fine di ottobre si è realizzata la National Convention della TFP americana, nella sua sede centrale di Spring Grove (PA). Riproduciamo la relazione di John Horvat, vice-presidente della TFP statunitense.

Mentre celebriamo il trentesimo anniversario della morte del Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, fondatore della Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione Famiglia e Proprietà e ispiratore di tutte le altre TFP nel mondo, dobbiamo fermarci a riflettere non solo sulla sua vita passata, ma soprattutto su ciò che lo rende una forza così potente nella Controrivoluzione dei nostri giorni. Riflettendo sulla causa di questo impatto, onoriamo la sua memoria e acquisiamo intuizioni su come continuare la lotta per la civiltà cristiana in futuro.

Pertanto, il nostro compito non è quello di dimostrare che il suo lavoro ha rappresentato una forza potente in passato. Non è quello di discutere l’efficacia del movimento TFP come polo di pensiero oggi. Altri autori stanno ora scrivendo sul suo lavoro in retrospettiva e confermano il suo impatto sul suo Brasile, e ben oltre. Altri mostrano come la sua fede, il suo pensiero e la sua azione continuino a esercitare una forte influenza attraverso gli sforzi delle organizzazioni TFP sparse in tutto il mondo.

Cercheremo invece di rintracciare la causa di questo grande impatto, sia passato che presente. Scopriremo cosa rende questo impatto così potente e convincente e come possiamo trovare il coraggio di continuare la sua lotta per la civiltà cristiana, che è più attuale che mai.

Alla ricerca delle cause

Alcuni potrebbero pensare che la sua fede cattolica, o la sua straordinaria devozione alla Madonna, possano spiegare appieno questo impatto. Questi fattori hanno sicuramente avuto un ruolo importante.

Per quanto importanti possano essere questi fattori, il dottor Plinio sceglierebbe sicuramente un altro tema come causa di questo impatto. Preferirebbe che discutessimo di questa influenza in riferimento alla lotta in corso per ciò che resta della civiltà cristiana. Egli ha sempre definito se stesso e la TFP in questi termini.

Concentrarsi sulla controrivoluzione

Pertanto, ci chiederebbe di discutere di questo impatto nel contesto della lotta spiegata nel suo libro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Quest’opera vede la storia post-medievale come una lotta tra coloro che difendono la Chiesa cattolica e la civiltà cristiana (la Contro-Rivoluzione) e il loro nemico mortale (la Rivoluzione). Questo è il prisma attraverso il quale si sentirebbe meglio spiegato.

Inoltre, era così che lo vedevano i suoi nemici: un controrivoluzionario. Non vedevano in lui un grande oratore, scrittore o uomo di cultura, sebbene

possedesse queste qualità. Raramente lodano o criticano questi aspetti. I rivoluzionari non si sentono minacciati da essi. Tuttavia, ciò che vedono e attaccano in lui, sia allora che oggi, è il controrivoluzionario. Si sentono profondamente minacciati da questa caratteristica del dottor Plinio.

Pertanto, il nostro argomento deve riguardare il modo in cui il dottor Plinio si concentrava sull’essere un controrivoluzionario, poiché questa è la fonte del suo impatto, della sua forza d’urto. Essere controrivoluzionario lo definiva; dava il tono a tutti gli altri aspetti della sua vita.

Il prisma controrivoluzionario

Il dottor Plinio ha vissuto questa Contro-Rivoluzione in modo molto pratico, personale ed efficiente. Era centrale nella sua fede militante. Ha influenzato la sua devozione alla Madonna. Era il prisma attraverso il quale possiamo vedere tutte le altre qualità che ha messo al servizio della ControRivoluzione: oratore, scrittore e uomo di cultura. Questa caratterizzazione come controrivoluzionario aiuta a spiegare la sua potente influenza ai nostri giorni. La sua intensa attenzione alla Rivoluzione gli ha permesso di formare una scuola di pensiero e di organizzare una rete di azione durante la sua vita. La struttura che ha lasciato ha permesso al movimento TFP di continuare la sua lotta e di creare grandi ostacoli alla Rivoluzione odierna.

Così, il dottor Plinio direbbe: “Rimanete concentrati. Parlate solo di questo contesto della Controrivoluzione. Niente di più, niente di meno. Essere controrivoluzionari spiega tutto”.

Aggiungere il trionfo di Nostra Signora

Tuttavia, aggiungeva una precisazione a questo titolo di controrivoluzionario. Insisteva affinché questo sforzo fosse orientato verso un obiettivo, che era il trionfo di Nostra Signora.

Non sarebbe sufficiente combattere contro la Rivoluzione. Dobbiamo combattere per la Madonna. La sua idea era che lei dovesse vincere sui suoi nemici. Più che la sua vittoria, il dottor Plinio desiderava il suo trionfo, che è una vittoria schiacciante.

Questo trionfo non è un desiderio immaginario alimentato dalla zelante devozione del dottor Plinio, ma il compimento di una promessa. La Madonna predisse a Fatima che il suo Cuore Immacolato avrebbe trionfato. Questa promessa rende il messaggio di Fatima più urgente che mai.

Pertanto, il nostro tema di celebrare il dottor Plinio come un controrivoluzionario concentrato sul trionfo della Madonna non potrebbe essere più attuale. Esso serve da modello da emulare oggi per tutti i controrivoluzionari.

Una preparazione per la lotta odierna

Potremmo dire che tutto nel nostro mondo postmoderno cospira per distrarci da questo trionfo mariano. Viviamo in una società frammentata, con continue interruzioni e distrazioni. Ci sono così tante occasioni per concessioni e compromessi. Ci sono così tanti modi facili e privi di principi per sottrarsi al dovere di essere fedeli a Dio e alla Sua Legge.

La battaglia mirata del dottor Plinio è il modello di cui abbiamo particolarmente bisogno oggi, data l’intensità e l’imprevedibilità dei tempi. Il ritmo degli eventi ha subito un’accelerazione e tante cose assurde vengono improvvisamente affermate come vere.

Soprattutto, siamo afflitti dalla crisi all’interno di Santa Madre Chiesa. Come il dottor Plinio, ci addolora vedere ciò che Paolo VI ha definito un processo di “autodistruzione” che sta distruggendo la Chiesa dall’interno.

L’esempio del dottor Plinio ci insegna quindi a concentrarci sulla Contro-Rivoluzione come mezzo di resistenza in mezzo al caos. Ci permette di guar-

Trentesimo di Plinio Corrêa de Oliveira

dare con fiducia alla Madonna e di essere sempre certi del suo trionfo.

Analisi di quattro punti focali

Ci sono quattro punti che il dottor Plinio ha preso a cuore quando si è concentrato su questa feroce lotta tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.

Questi punti focali si ritrovano in ogni guerra. Per essere efficaci e prevalere in combattimento, dobbiamo trovare alleati, identificare il nemico e utilizzare strategie e tattiche di battaglia. Infine, deve esserci un obiettivo finale che, una volta raggiunto, determinerà la vittoria.

La chiarezza di visione del dottor Plinio gli ha permesso di riunire questi quattro elementi in una strategia per la Contro-Rivoluzione che rimane valida ancora oggi.

Vedremo quindi come ha cercato alleati cercando di coinvolgere il maggior numero possibile di persone nella Contro-Rivoluzione.

Vedremo anche come ha identificato e ingaggiato il nemico in una battaglia molto concreta. Non ha combattuto contro i mulini a vento né ha abbracciato cause astratte tra le nuvole. Non si è distratto né si è seppellito nella lotta contro la Rivoluzione di ieri, mentre quella di oggi sta assaltando le porte della città.

Data la disparità di risorse, esamineremo come il dottor Plinio abbia sviluppato e perfezionato metodi di azione per attirare amici e instillare rispetto e timore nei nemici della Chiesa.

Infine, vedremo come fosse concentrato sul suo obiettivo finale, il trionfo della Madonna. I primi tre punti erano i mezzi per raggiungere l’obiettivo finale del trionfo della causa della Madonna, formando così un tutto.

Il suo obiettivo era questo trionfo. Non era interessato a stringere accordi, a impegnarsi in dibattiti superflui o a sognare ad occhi aperti qualche romantica causa persa. Rimase concentrato sul trionfo della Madonna e lavorò per realizzarlo. Questo deve essere sempre anche il nostro obiettivo.

Alla ricerca di alleati

Fin dall’inizio della sua vita pubblica, il dottor Plinio cercò alleati per la Contro-Rivoluzione.

Capì immediatamente la necessità di trovare persone che combattessero al suo fianco. Per lui era una questione di sopravvivenza, non di convenienza.

Non voleva necessariamente guidare la ControRivoluzione. Se avesse trovato qualcuno più adatto a guidare questa lotta titanica, avrebbe immediatamente messo la sua persona al servizio di quella persona. Negli anni Cinquanta si recò persino in Europa alla ricerca di questa leadership.

La necessità di alleati è evidente. In Rivoluzione e Controrivoluzione, il dottor Plinio afferma che la Rivoluzione è universale, unica, totale e dominante. In altre parole, è schiacciante. La Contro-Rivoluzione oggi non è proporzionale alle dimensioni, alle risorse e al prestigio di cui dispone la Rivoluzione.

Alla ricerca di controrivoluzionari isolati

La Rivoluzione gode del massiccio sostegno dell’establishment liberale, che può offrire ai suoi seguaci potere, status e benefici. Può esercitare pressioni e isolare coloro che resistono.

Il vantaggio rivoluzionario è particolarmente evidente nel regno naturale del potere politico e delle risorse umane. Impressiona le persone per la portata del suo potere.

Pur riconoscendo questa realtà spesso scoraggiante, il dottor Plinio sosteneva tuttavia che i controrivoluzionari sono più comuni di quanto si creda generalmente. La Rivoluzione intimidisce molte persone, spingendole a nascondere le loro vere convinzioni. Pertanto, il compito dei controrivoluzionari è quello di cercare e sostenere coloro che pensano di essere soli, organizzandoli in azioni efficaci e passando all’offensiva.

Per contrastare questa impressione, il dottor Plinio ha sempre contato sull’aiuto sia naturale che soprannaturale per costruire una Contro-Rivoluzione. Comprendeva l’importanza di implorare l’aiuto della grazia, della Madonna, degli angeli e dei santi per compensare lo squilibrio di potere.

Tuttavia, capiva fin troppo bene che viviamo in un mondo visibile che funziona in termini di realtà materiale delle cose. La sola dimensione spirituale non è sufficiente.

Il dottor Plinio credeva che la Contro-Rivoluzione dovesse avere una forte presenza fisica. Possiamo vincere solo unendoci agli altri e presentandoci alla lotta nella piazza pubblica. Le forze soprannaturali non verranno mai in nostro aiuto se non siamo sul campo di battaglia a invocarle.

Trovare alleati ovunque

Gli alleati per la causa della Madonna possono essere trovati cercandoli attivamente ovunque e attirandoli con idee potenti.

In Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, il dottor Plinio osservava che la Rivoluzione è totale perché abbraccia tutti gli aspetti della vita, compresa la cultura,

Trentesimo di Plinio Corrêa de Oliveira

Plinio Corrêa de Oliveira ha sempre cercato alleati per combattere la Rivoluzione

A sin., con i leader della New Right americana in una conferenza a San Paolo

Alla sua sinistra, Morton Blackwell, Special Assistant del presidente Ronald Reagan

l’economia, le arti, la politica e la religione. Pertanto, le persone in ogni campo possibile sentono l’azione aggressiva della Rivoluzione e possono essere convinte a reagire unendosi alla Contro-Rivoluzione.

Coloro che promuovono stili architettonici controrivoluzionari, ad esempio, sarebbero alleati naturali. Gli agricoltori che hanno resistito alla riforma agraria socialista potrebbero trovare in lui un alleato. Ha cercato il sostegno di coloro che si opponevano alla tirannia comunista, che era la punta di diamante dell’azione rivoluzionaria durante la Guerra Fredda. In seguito ha mobilitato le persone per affrontare la guerra culturale che minacciava di distruggere la nostra società, la sua morale e le sue istituzioni dall’interno.

Non tutti coloro che resistono saranno d’accordo su tutto. Egli comprese giustamente che in una lotta così importante, in cui era in gioco la vita o la morte, doveva accettare l’aiuto di chiunque potesse sostenere la causa controrivoluzionaria, pur esercitando sempre la dovuta prudenza. Questa fu la storia della sua vita.

Presentare idee potenti con forza

Nel libro La Mia Vita Pubblica egli descrive come ha attirato seguaci presentando idee potenti. Il suo reclutamento di alleati consisteva nel trovare altre persone con un pensiero simile, presentando loro queste idee potenti e orientandole verso il trionfo di Nostra Signora.

La sua strategia era incentrata sulla ricerca di questioni che potessero diventare forti punti di raccolta. Questo approccio era in contrasto con la saggezza convenzionale, secondo la quale il modo per creare grandi movimenti è quello di scendere a compromessi sui principi o di creare una “grande tenda” che accolga coloro che hanno posizioni morbide.

Così, proprio all’inizio del libro sulla sua vita pubblica, troviamo un’osservazione acuta sulle sue

prime azioni pre-politiche. Il suo primo tentativo di riunire i controrivoluzionari avvenne quando frequentava il liceo gesuita di São Luís.

L’ingresso in questa scuola segnò la prima volta che si trovò in un luogo dominato da ragazzi fortemente influenzati dalle idee rivoluzionarie dei tempi moderni. Capì immediatamente che chiunque avesse idee controrivoluzionarie come le sue era vittima di persecuzioni e scherno. Era determinato a non lasciare che questo accadesse a lui.

Notò che questa persecuzione avveniva quando gli studenti mostravano timidamente di essere un po’ cattolici, un po’ casti o un po’ monarchici. Tutti i ragazzi rivoluzionari si accanivano contro coloro che erano timidi nell’affermare le loro posizioni. Questa intimidazione mise a tacere molte reazioni conservatrici.

Passare all’offensiva

Concluse che il modo migliore per combattere questa intimidazione era adottare una strategia contraria. Per mettere a tacere questi ragazzi rivoluzionari, decise di affermarsi con forza come persona molto cattolica, molto casta e molto monarchica.

Quando lui e coloro che si erano riuniti attorno a lui fecero questo, i rivoluzionari si sentirono intimiditi e si zittirono. Questa affermazione non pose necessariamente fine alla guerra, ma riuscì a stabilire quella che lui definì «una tregua armata» con il nemico, in base alla quale questi lo rispettavano e si astenevano dal provocarlo.

Inoltre, gli valse la simpatia di coloro che lo circondavano e che furono incoraggiati dalla sua azione, anche se non erano del tutto d’accordo con lui. Questa azione cambiò il clima politico dell’intera scuola.

Così, il dottor Plinio trovò degli alleati grazie alle sue potenti idee controrivoluzionarie e alla loro forte esposizione in pubblico. Tornerà costantemente a questa formula per tutta la sua vita.

Formare alleanze e reti internazionali

Questa formula andava oltre la creazione di contatti personali. Il dottor Plinio utilizzò questo metodo per formare le TFP, che a loro volta avrebbero formato alleanze, coalizioni e reti con altre organizzazioni.

Nel libro del 2021 Moral Majorities Across the Americas: Brazil, the United States, and the Creation

of the Religious Right (Maggioranze morali nelle Americhe: Brasile, Stati Uniti e la creazione della destra religiosa), il prof. Benjamin Cowan documenta l’impressionante lavoro del dottor Plinio e il suo ruolo iniziale nella formazione di una rete internazionale di organizzazioni e associazioni che ha fortemente influenzato il dibattito conservatore in tutto il mondo.

Nella sua analisi, il professore liberale di storia dell’Università della California, San Diego, osserva che il dottor Plinio aveva idee molto potenti che attiravano le persone alla sua causa. Tuttavia, non teneva queste idee per sé, ma le diffondeva ovunque. Raggiungendo l’interno e l’esterno del Brasile, ha internazionalizzato queste idee, rendendole molto più potenti e di grande impatto.

Questi contatti hanno dato origine a reti conservatrici che, ancora oggi, si oppongono ai mali morali del nostro tempo. Il prof. Cowan ritiene che queste reti siano molto potenti perché Plinio Corrêa de Oliveira e quelli come lui avevano la lungimiranza di guardare oltre i confini locali o nazionali. Hanno messo insieme una rete internazionale che ha unito i gruppi più diversi contro il comunismo, il modernismo e il secolarismo. Il dottor Plinio ha contribuito a internazionalizzare un messaggio a favore della legge morale e degli insegnamenti sociali della Chiesa, che la Rivoluzione aveva cercato di mantenere locale e frammentato.

Il prof. Cowan conclude che la sinistra tende a ignorare queste reti conservatrici perché rifiuta con forza tali idee. Tuttavia, lo studioso avverte che la sinistra farebbe bene a prendere atto del loro grande fascino. Egli avverte che i progressisti ignorano queste reti a loro rischio e pericolo.

Trovare una causa comune

Coloro che hanno formato queste reti improvvisate non dovevano essere d’accordo al cento per cento. Spesso, ogni organizzazione era specializzata nella lotta contro un aspetto specifico della Rivoluzione nel suo complesso. Con grande prudenza, il dottor Plinio ha collaborato con protestanti, attivisti laici e altri nemici di alcuni aspetti della Rivoluzione. Nel farlo, non ha mai compromesso i suoi principi, né ha smesso di professare con forza e pubblicamente la sua fede cattolica.

Così, ad esempio, fece causa comune con i calvinisti olandesi in Sudafrica nella loro lotta contro il comunismo e, tragicamente, contro il clero cattolico di sinistra che sosteneva i movimenti rivoluzionari e le idee favorevoli al marxismo.

duale impegno nel trovare alleati e creare reti gli permise di costruire una formidabile Contro-Rivoluzione. Il dottor Plinio sfruttò il suo sostegno per posizionarsi dove aveva sempre desiderato essere: dove la lotta era più intensa.

Affrontare i nemici giusti

Un’altra parte importante della sua lotta mirata consisteva nell’identificare e affrontare i nemici della civiltà cristiana. Evitava di combattere dispute inutili, teorie cospirative o cause astratte lontane dalla realtà. Non perseguiva la rivoluzione di ieri, rendendosi conto che sarebbe stato molto più efficace affrontare l’ultima manifestazione della Rivoluzione o dirigere l’attenzione del pubblico verso quella successiva.

Negli Stati Uniti, contattò quella che allora era conosciuta come la Nuova Destra, una potente coalizione conservatrice composta da cattolici, protestanti ed evangelici. Chiese persino al leader della Nuova Destra Morton Blackwell, un episcopale, di scrivere la prefazione all’edizione inglese del suo libro Nobiltà ed élite tradizionali analoghe, che era principalmente il suo commento ai discorsi di Capodanno di Papa Pio XII alla nobiltà e al patriziato romano.

Dopo la pubblicazione mondiale del messaggio del dottor Plinio contro il socialismo autogestito francese nel 1981, le TFP ricevettero lettere da persone di tutto il mondo che chiedevano di collaborare o di formare una TFP nei rispettivi paesi. Tra questi luoghi c’erano località esotiche in Asia, Africa e India. Il dottor Plinio pose particolare enfasi sullo sviluppo di questi contatti, che coinvolgevano cattolici, indù e persino musulmani che si opponevano al socialismo autogestito ed erano disposti a combattere contro questo aspetto della Rivoluzione.

Scegliere gli alleati giusti

Oltre a trovare alleati, il dottor Plinio sapeva come distinguersi da coloro che non erano veri alleati. Era in grado di discernere coloro che avevano un programma diverso dai suoi solidi principi. Non permetteva che tali cause distogliessero o facessero perdere tempo a lui e alla Controrivoluzione.

Ovunque ci fosse un vantaggio per la ControRivoluzione, lì trovavamo il dottor Plinio. Il suo gra-

Poiché definiva bene i suoi nemici, poteva combattere i nemici giusti al momento giusto. In questo modo, le preziose e scarse risorse della Contro-Rivoluzione potevano essere impiegate con la massima efficienza, mirando ai punti più vulnerabili della Rivoluzione.

I nemici che cercava in particolare erano i fomentatori più radicali della Rivoluzione. Li rese la sua preoccupazione costante.

Alla ricerca dell’avanguardia

In Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, il dottor Plinio spiega che la Rivoluzione è un processo che si basa sui suoi elementi più radicali e dinamici per avanzare. Questi radicali dal ritmo serrato portano i principi rivoluzionari alle loro estreme conseguenze.

Poiché queste questioni tendono a portare a obiettivi malvagi, falsi e ripugnanti come il comunismo, la rivoluzione spesso maschera questi fini naturalmente ripugnanti e si sforza di presentarsi come qualcosa di attraente.

Pertanto, la chiave per fermare la rivoluzione è concentrarsi sulle questioni radicali e all’avanguardia e smascherarne l’orrore. Impegnando il capo della Rivoluzione in questo modo, possiamo impedirle di andare avanti. Questa lotta può rallentare o fermare la Rivoluzione. Può interrompere il dinamismo dei suoi processi e costringerla a perdere tempo nella ricerca di modi alternativi per avanzare.

Nel corso della sua lunga vita, il dottor Plinio ha combattuto molte manifestazioni radicali della Rivoluzione. Ha menzionato queste lotte nell’Introduzione a Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, dove ha affermato che chi seguiva i suoi scritti avrebbe

spesso trovato “confutazioni del comunismo, del socialismo, del totalitarismo, del liberalismo, del liturgismo, del ‘maritainismo’ e di vari altri ‘ismi’” dell’epoca. In ciascuna di queste lotte, il dottor Plinio e la sua scuola di scrittori di Catolicismo denunciarono una componente estrema della stessa rivoluzione. La Rivoluzione era il denominatore comune di tutti questi mali.

Esempi dalla storia della TFP

In seguito, dopo la fondazione della TFP brasiliana, il dottor Plinio continuò questa lotta costante per individuare e smascherare le manifestazioni più radicali della Rivoluzione. Tre campagne importanti sono particolarmente degne di nota.

Durante tutta la Guerra Fredda, il dottor Plinio si impegnò contro la minaccia comunista, che divenne particolarmente pericolosa quando cambiò volto per apparire meno violenta e più amichevole. Così, il dottor Plinio fu lì per denunciare e smascherare le manovre comuniste, come la distensione, l’Ostpolitik del Vaticano, l’eurocomunismo e simili sotterfugi. Egli ispirava le TFP a combattere l’inganno in ogni fase del percorso.

Quando nel 1981 in Francia apparve sulla scena un socialismo benevolo e autogestito, avviò una ricerca, scrisse una denuncia e diffuse questo monito in tutto il mondo. Considerava questa nuova forma di socialismo un modello destinato ad essere adottato in tutto il mondo. Questa manovra della Rivoluzione avrebbe portato il mondo oltre il comunismo, organizzando ogni aspetto della vita umana secondo i suoi principi radicalmente egualitari.

Infine, negli anni Settanta fu testimone della promozione del tribalismo indigeno all’interno della Chiesa cattolica brasiliana. Si rese conto che gli scritti teologici dei sostenitori di questa corrente proponevano questa “società primitiva ideale” come modello postmarxista per distruggere la civiltà cristiana. Scrisse un libro che denunciava e smascherava questa manovra, impedendole così di guadagnare terreno tra i fedeli cattolici.

Idee originali, libri e studi

Il dottor Plinio percepiva tendenze, idee e orientamenti all'interno della società che in seguito avrebbero dato origine a studi e articoli importanti e originali per influenzare la lotta controrivoluzionaria.

Ad esempio, la sua percezione del corso degli eventi negli Stati Uniti lo spinse a riunire un gruppo di membri della TFP che formarono quella che lui chiamò la Commissione Americana. La loro ricerca portò poi alla pubblicazione di un libro intitolato Ritorno all’ordine: da un’economia frenetica a una società cristiana organica. Lo studio analizzava la frenesia intemperante della rivoluzione industriale e i suoi effetti sulla società americana postmoderna. Proponeva una società cristiana organica come soluzione originale e praticabile.

Molto prima che i computer iniziassero a dominare la vita, il dottor Plinio riconobbe gli effetti nefasti di questa rivoluzione sulla società, sui giovani e sull’istruzione. Avviò studi e incoraggiò la stesura di articoli che discutevano i progressi dei computer e della cibernetica e le loro implicazioni rivoluzionarie, ora visibili nell’intelligenza artificiale.

Era anche originale nella sua discussione sugli ambienti rivoluzionari, le arti e la musica e su come ciascuno di questi campi potesse influenzare le tendenze nella lotta tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.

Infine, potremmo aggiungere che non era legato agli studi che aveva avviato e commissionato. Se necessario, poteva cambiare rapidamente direzione. Se percepiva che l’opinione pubblica o le circostanze erano cambiate e che lo sforzo principale della Rivoluzione era ora diretto altrove, interrompeva gli studi e perseguiva qualcos’altro. Aveva, per così dire, uno scaffale di libri e studi inediti che non hanno mai visto la luce a causa di questi cambiamenti nella battaglia.

Plinio Corrêa de Oliveira presiede le preghiere iniziali di una riunione plenaria della TFP a San Paolo del Brasile

Il terzo punto focale

Il terzo punto su cui si concentrò il dottor Plinio fu lo sviluppo e il perfezionamento di metodi d’azione per attirare alleati e incutere rispetto e timore nei nemici della Chiesa.

Aveva bisogno di prendere quelle idee potenti che presentava con forza e trovare un modo per renderle parte del dibattito nazionale. Queste idee non sarebbero state di alcuna utilità se fossero rimaste sconosciute. Ha quindi approfittato delle moderne tecniche e piattaforme mediatiche per amplificare la sua voce.

Questa disponibilità ad adottare tecniche moderne è una delle cose che sorprende molte persone del dottor Plinio e della sua scuola di azione. Si presume che essere tradizionalisti significhi non utilizzare la tecnologia moderna o i mass media.

Al contrario, sosteneva che tutti i mezzi legittimi dovevano essere utilizzati per promuovere la causa della Madonna. A questo proposito, era sempre un passo avanti. Se si trattava di qualcosa che avrebbe accelerato il trionfo della Madonna, lui era favorevole.

Ad esempio, molto prima che l’e-mail diventasse la norma per una comunicazione rapida e gratuita, le TFP avevano già sviluppato un rudimentale sistema di posta elettronica interno all’inizio degli anni Ottanta per facilitare una migliore comunica-

zionale. Poche reti conservatrici avevano qualcosa di simile all’epoca.

La Madonna merita i mezzi migliori

In Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, il dottor Plinio affermava che l’azione controrivoluzionaria “merita di avere a disposizione i mezzi migliori: televisione, radio, stampa importante e una pubblicità razionale, efficiente e brillante”.

Deplorava l’atteggiamento dei disfattisti che non facevano alcuno sforzo per utilizzare questi mezzi, poiché i figli delle tenebre molto spesso li controllano e li utilizzano per promuovere l’agenda rivoluzionaria.

Egli riteneva infatti che i controrivoluzionari dovessero preferire questi mezzi importanti. Tuttavia, anche modi più modesti e originali di diffondere il messaggio, come piccole riunioni, newsletter o articoli, sono mezzi validi e fondamentali per costruire una controrivoluzione.

Mezzi grandi, originali e piccoli

Per diffondere il messaggio controrivoluzionario, il dottor Plinio non esitò mai a pubblicare an-

Trentesimo di Plinio Corrêa de Oliveira

nunci sui principali quotidiani, anche a costi elevati, perché questo era il mezzo fondamentale per raggiungere un vasto pubblico in quell’epoca pre-internet. Le organizzazioni della TFP si impegnarono anche in vaste operazioni di direct mail e nell’affissione di cartelloni pubblicitari per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle questioni importanti del momento.

Il mezzo più famoso per diffondere il messaggio della TFP è la sua caratteristica campagna pubblica per le strade, con cappa e stendardo. Il dottor Plinio ha inventato il mantello rosso e lo stendardo della TFP, con l’intenzione che la loro originalità rimanesse impressa nella mente degli spettatori. Molti anni dopo, le persone potrebbero non ricordare la questione specifica affrontata dai membri della TFP quel giorno, ma ricorderanno la campagna per il suo impatto simbolico.

Un membro americano della TFP si presentò a un giudice della Corte Suprema dello Stato. Questi gli disse: “Sì, so esattamente chi sei perché ho studiato a San Paolo, in Brasile, negli anni Sessanta, e voi [i membri della TFP] eravate sempre in strada”. Cinquant’anni dopo, ricordava ancora le campagne della TFP.

Cose grandi e audaci

Ciò che caratterizzava i metodi di azione del dottor Plinio era che gli piaceva fare cose grandi e audaci. Non si accontentava di piccoli sforzi. Gli piaceva stabilire record mondiali e fare ciò che non era mai stato fatto prima.

Questo è stato il caso del suo messaggio contro il socialismo autogestito francese nel 1981. Questo lavoro non è stato pubblicato come il comune annuncio a tutta pagina. Si trattava invece di un annuncio di sei pagine, pubblicato su quarantasei importanti quotidiani in sei lingue e diciannove paesi. Tra i quotidiani figuravano il New York Times, il Washington Post, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, l’Excelsior (Messico) e la Folha de S. Paulo (Brasile). La TFP pubblicò in seguito un riassunto di una pagina di questo messaggio su quarantasette giornali in tutto il mondo, tra cui il Wall Street Journal e l’International Herald Tribune. Il riassunto fu pubblicato anche su trentuno edizioni internazionali del Reader’s Digest.Mai nella storia moderna era stata pubblicata una denuncia così ampia sotto forma di annuncio pubblicitario su così vasta scala.

Durante la campagna del 1990 per la liberazione della Lituania dall’oppressione sovietica, il dottor Plinio lanciò una raccolta firme internazionale che portò alla raccolta di 5.218.520 firme in tutto il mondo. È stata registrata nel Guinness dei primati del 1993 come la più grande petizione della storia. Una precedente raccolta di firme, indirizzata a Paolo VI nel 1968, contro l’infiltrazione della sinistra nella Chiesa, aveva già raccolto 2.038.112 firme in Brasile, Argentina, Uruguay e Cile, un record regionale per l’epoca.

Così era per molte delle azioni del dottor Plinio. Spingeva costantemente i limiti e faceva cose mai viste prima per imprimere nel pubblico quelle idee potenti presentate con forza.

Sfatare i miti

Il dottor Plinio amava anche sfatare i falsi miti dei progressisti che sostenevano che una controrivoluzione non potesse essere realizzata nei tempi moderni. Così reclutò dei giovani, che la Rivoluzione dipingeva come disprezzatori della tradizione, e li trasformò nei suoi promotori più entusiasti. Dimostrò ulteriormente la popolarità delle idee della controrivoluzione invitando questi giovani a condividerle in pubblico, cosa che fecero con grande passione.

In un’epoca prevalentemente secolare, egli ha sfatato il falso mito secondo cui le persone non sono più interessate alla religione. Al contrario, ha dimostrato come gli argomenti religiosi suscitassero un intenso interesse tra i giovani e il grande pubblico. Ha inquadrato il dibattito in termini religiosi e morali perché li riteneva il mezzo più efficace per motivare le persone a combattere nella Controrivoluzione.

Infine, il dottor Plinio ha sfatato il falso mito secondo cui per avere successo è necessario ricorrere a mezzi rivoluzionari. Non ha mai usato metodi rivoluzionari per raggiungere obiettivi controrivoluzionari. È stato del tutto coerente con i suoi principi e le sue convinzioni.

Il Manifesto della Resistenza

Una posizione così equilibrata era spesso resa difficile dalla necessità di opporsi alle politiche di chi deteneva il potere senza mancare di rispetto e quindi minare l’ordine sociale. Il dottor Plinio non avrebbe mai promosso una rivoluzione per combattere la Rivoluzione.

L’esempio più importante di questo difficile dilemma fu un documento del 1974 intitolato La politica vaticana di distensione con i governi comunisti: le TFP devono ritirarsi? O devono resistere? Il documento divenne noto all’interno delle TFP come il “Manifesto della resistenza”. Fu pubblicato integralmente su 58 giornali e pubblicazioni in 10 paesi. Molti altri periodici ne pubblicarono una sintesi.

Il manifesto dichiarava lo stato di resistenza delle TFP alla politica di distensione del Vaticano nei confronti dei regimi comunisti. La palese contraddizione di tale politica con la posizione tradizionale della Chiesa sul comunismo poteva essere compresa solo tenendo presente ciò che Paolo VI descriveva come un processo di autodistruzione e quando avvertiva che «il fumo di Satana era entrato nella Chiesa». Il Manifesto della Resistenza fornì un quadro di riferimento che avrebbe stabilito lo standard per opporsi al male, anche quando questo si trovava ai livelli più alti della gerarchia.

Resistenza, non rivolta

Di fronte a questa situazione, egli trovò un modo per attaccare i nemici all’interno della Chiesa senza attaccare la Chiesa stessa. Si oppose ai prelati di alto rango che promuovevano idee di sinistra, pur

mantenendo il dovuto rispetto per l’autorità della Chiesa.

La soluzione non era ribellarsi all’autorità. Era assumere una posizione di rispettosa resistenza, esprimere la nostra obiezione di coscienza con cui dichiariamo di non poter partecipare ad azioni autodistruttive all’interno della Chiesa. Resistiamo attivamente a queste azioni sovversive e difendiamo la Chiesa, mantenendo la massima venerazione e rispetto per l'autorità legittima.

Questa dichiarazione di resistenza rispettosa e fedele è riassunta in queste parole:

In ginocchio, guardando con venerazione la figura di Sua Santità Paolo VI, esprimiamo tutta la nostra fedeltà nei suoi confronti.

In questo atto filiale, diciamo al Pastore dei Pastori: «La nostra anima è tua, la nostra vita è tua. Ordinaci di fare tutto ciò che desideri. Solo, non ordinarci di non fare nulla di fronte all’assalto del lupo rosso. A questo, la nostra coscienza si oppone».

Il trionfo della Madonna

Il quarto e ultimo punto focale era l’impegno ardente e instancabile del dottor Plinio per il trionfo della Madonna. Tutto il resto era secondario. Egli voleva fare molto di più che servire semplicemente la Madonna. Desiderava che fosse servita universalmente.

Il dottor Plinio non era un uomo delle mezze misure. Non si sarebbe mai accontentato di una o due vittorie. Voleva il trionfo della Madonna, che è diverso dalla sua vittoria. Un trionfo è per definizione una vittoria schiacciante.

Il trionfo spirituale e morale doveva riversarsi sulla società temporale. Questo trionfo presuppone un ripristino dell’ordine, che egli classificò in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione come “la pace di Cristo nel Regno di Cristo, cioè la civiltà cristiana, austera e gerarchica, fondamentalmente sacrale, antiegualitaria e anti-liberale”.

Questa risoluzione di dedicarsi a questo ideale concreto di una civiltà cristiana rigenerata lo motivò per tutta la vita. Egli riassunse questa dedizione al trionfo della Madonna con queste parole ispiratrici:

Quando ero ancora molto giovane, mi meravigliavo delle rovine della cristianità, Ho dato loro il mio cuore, voltai le spalle a tutto ciò che potevo aspettarmi, E ho fatto di quel passato pieno di benedizioni, il mio futuro

Trentesimo di Plinio Corrêa de Oliveira

Il regno di Maria previsto dai santi

Tuttavia, questa concreta realizzazione del trionfo della Madonna non può nascere solo dalla nostalgia per un ordine cristiano meraviglioso ma ormai passato, per quanto legittima possa essere. Il dottor Plinio basava la sua posizione sulle aspettative saldamente consolidate di un ordine restaurato annunciato da molti santi che avevano previsto questa grande svolta nella storia.

Soprattutto, il grande santo mariano Luigi Maria de Montfort predisse questo ordine futuro e lo chiamò il Regno di Maria, un periodo di grandi grazie plasmato dalla fede e dallo spirito della Madre di Dio.

Nel XX secolo, questo regno è stato promesso dalla Madonna stessa a Fatima. Ella ha predetto una serie di guerre, tribolazioni e disastri, ma che questi sarebbero terminati con una grande conversione e il trionfo del suo Cuore Immacolato. Pertanto, le speranze per questo trionfo sono ben fondate all'interno del mondo cattolico.

Il dottor Plinio non ha mai nascosto il suo desiderio del trionfo della Madonna

Per questo motivo, il dottor Plinio e le TFP non hanno mai nascosto al pubblico il loro desiderio di questo trionfo mariano. Lo si ritrova nei libri e nelle pubblicazioni delle TFP fin dall’inizio.

Il dottor Plinio ha proclamato questa rinnovata cristianità nei suoi discorsi e nei suoi scritti. È annunciata con coraggio dagli striscioni della TFP esposti nelle strade pubbliche. Si ritrova nel suo tipo di cattolicesimo militante ispirato alle Crociate. Tutto nella sua opera riflette questo grande ideale di una cristianità rinnovata, informata e dominata dallo spirito della Madonna.

In Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, il dottor Plinio indica questa nuova cristianità come obiettivo quando afferma: «La Controrivoluzione è la lotta per estinguere la Rivoluzione e costruire la nuova cristianità, splendente di fede, umile nello spirito gerarchico e immacolata nella purezza».

Una tenera e vera devozione a Maria

Pertanto, questa attenzione laserata sul trionfo della Madonna presupponeva una grande e tenera devozione alla Beata

Madre, che era il punto più vitale della vita del dottor Plinio.

La sua devozione era caratterizzata da una considerazione speciale per la Madonna sotto molti titoli, ciascuno con un proprio significato in questa lotta. La Madonna di Fatima è direttamente collegata ai castighi e agli eventi che hanno portato al suo regno. La Madonna del Buon Consiglio di Genazzano, nel suo famoso santuario vicino a Roma, parla della fiducia necessaria per superare le tempeste e le battaglie per arrivarci. Nostra Signora del Buon Successo, a Quito, in Ecuador, ripete questi temi sottolineando la sua maestà e il suo dominio nella futura era mariana. La storia del dottor Plinio è intrecciata con il simbolismo di queste invocazioni.

Pertanto, in tutte le sue azioni si riscontra una forte attenzione mariana. Non potrebbe essere altrimenti. Infatti, se la Rivoluzione ha così tante risorse a sua disposizione, non possiamo concepire un’azione controrivoluzionaria al di fuori delle amorevoli protezioni e dell’aiuto travolgente della Madonna. Ella non solo livella il campo di gioco, ma lo inclina anche a suo favore.

Per questo motivo, il dottor Plinio ha instillato nei membri e nei sostenitori della TFP un’intensa devozione alla Madonna. Ci ha aiutato ad armarci per la battaglia promuovendo la recita quotidiana del Santo Rosario. Ha incoraggiato in modo particolare la consacrazione alla Madonna come schiavo d’amore, seguendo il metodo di San Luigi Maria Grignion de Montfort.

Tutto deve essere fatto «per Maria, con Maria, in Maria e per Maria». Se si ottiene qualche successo, esso deve essere attribuito a lei. Nel mezzo delle

prove della battaglia, ci ha insegnato a chiedere ancora più aiuto, assicurandoci che non saremmo mai stati lasciati senza aiuto.

Infatti, questa tenera fiducia in Nostra Signora è ciò che rende il dottor Plinio una forza così potente nella Controrivoluzione dei nostri giorni. Ci ha insegnato a confidare nella sua promessa di trionfo. Essa funge da ancora per le nostre speranze in mezzo alle prove che affrontiamo.

Lezioni dalla sua vita

Mentre celebriamo Plinio Corrêa de Oliveira come un controrivoluzionario interamente concentrato sul trionfo della Madonna, dovremmo considerare la sua vita e il suo esempio come un invito permanente a fare lo stesso.

La sua vita contiene lezioni speciali applicabili a noi. La lotta che ha iniziato continua con intensità sempre maggiore. Pertanto, il nostro compito è quello di seguire le sue orme adottando gli stessi quattro punti focali che egli ha praticato con tanta forza.

Dobbiamo cercare alleati in questa lotta per il ritorno all’ordine, specialmente tra coloro che piangono le iniquità di questo mondo.

Dobbiamo evitare coloro che, nel loro zelo di distruggere il caos dell’ordine attuale, abbracciano l’anarchia.

Non dobbiamo mai lasciarci sviare da piani minori, posizioni mediocri o concessioni vergognose.

Dobbiamo stare attenti, ad esempio, nel trattare con quelli che oggi vengono chiamati cristiani culturali, che apprezzano solo gli aspetti esteriori della fede e ne rifiutano gli insegnamenti morali. Questi attori postmoderni si impegnano in “crociate senza Dio” senza obiettivi o morale cristiani.

Dobbiamo seguire lo zelo del dottor Plinio nell’identificare il nemico, specialmente nelle sue manifestazioni e reincarnazioni più recenti e radicali. Ciò è tanto più importante di fronte alla disintegrazione dell’ordine liberale, in cui le categorie di destra e sinistra sono spesso confuse. Dobbiamo adeguare la nostra attenzione per mirare a tutti i progressi della Rivoluzione.

Nel campo della rivoluzione sessuale, ad esempio, gli attivisti “trans” hanno portato la loro bandiera arcobaleno a nuovi livelli di rivolta contro l’ordine cristiano. Propongono la negazione della realtà, della natura e dell’identità.

In nuovi campi come l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale, dobbiamo analizzare come questi

Plinio Corrêa de Oliveira mentre guida una sfilata della TFP brasiliana nel centro di San Paolo

sviluppi tecnologici influenzano la psicologia umana a favore della Rivoluzione.

Ricorrere alla Santa Madre Chiesa

In caso di dubbio, dovremmo seguire l’esempio del dottor Plinio e affidarci all’unica solida base esistente. Qualsiasi posizione controrivoluzionaria deve essere basata su principi, riflettendo gli insegnamenti perenni della Santa Madre Chiesa. Da quella base sicura e con fiducia illimitata in Maria Santissima, tutto diventa possibile.

Dobbiamo impiegare nuovi mezzi per raggiungere il nostro obiettivo di costruire idee potenti ed esprimerle con forza. Pertanto, non dobbiamo né rimanere ancorati al passato né abbracciare con troppo entusiasmo sviluppi nuovi e trasformativi come l’intelligenza artificiale, che comportano gravi pericoli e devono essere utilizzati con la dovuta cautela.

Tuttavia, la lezione più importante è quella di rimanere concentrati sull’obiettivo finale. Questo non è cambiato, né può cambiare. Il trionfo della Madonna è diventato solo più urgente, e questo conferisce all’eredità del dottor Plinio un impatto immenso e potente. Il nostro compito è quello di esserne fedeli e di prolungarne l'eco nella storia.

Una battaglia che è ancora sua

Siamo alla fine dell'era storica del liberalismo. Il dottor Plinio ha combattuto i numerosi errori specifici di questa era liberale, che oggi sta raggiungendo nuovi estremi di assurdità man mano che si disintegra sempre più. Questa battaglia è ancora la sua battaglia. Dovremmo attingere alla sua saggezza mentre combattiamo questi errori in modo efficace ed efficiente nelle loro fasi finali.

Il suo capolavoro, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, rimane il nostro manuale di battaglia perché contiene una comprensione del processo rivoluzionario secolare e fornisce il quadro di riferimento per intraprendere una Controrivoluzione efficace.

Come fondatore del movimento TFP e della sua famiglia mondiale di anime, il dottor Plinio condivide i carismi di tutti i fondatori. I fondatori sono le pietre angolari su cui sono costruiti i movimenti. La Provvidenza fornisce a queste anime tutto il necessario per compiere la loro missione nel corso dei secoli. Quando hanno bisogno di aiuto e discernimento, i discepoli possono ricorrere ai loro fondatori anche molto tempo dopo la loro morte.

Pertanto, anche noi dobbiamo ricorrere al dottor Plinio. È impossibile non percepire che egli accompagna le nostre battaglie dall’eternità. Possiamo contare sul suo aiuto, come abbiamo fatto negli ultimi trent’anni. Chi di noi lo ha conosciuto, può quasi sentirlo mentre ci guida nella giusta direzione.

Essere fedeli agli insegnamenti

Se siamo sopravvissuti in questi tre decenni, è perché abbiamo cercato di essere fedeli agli insegnamenti che ci ha affidato. Come lui, abbiamo sofferto ogni sorta di prove, tradimenti e situazioni impossibili. Come lui, siamo stati ispirati a scrivere opere tempestive e a lanciare campagne impressionanti, che hanno avuto grande risonanza. Siamo stati benedetti dall’attrazione dei giovani che continuano a riempire le file della TFP.

In effetti, la sua fedeltà è la ragione per cui ci troviamo ancora a lottare per la causa della Madonna. Tutto questo è accaduto grazie alla sua concentrazione sull’obiettivo finale. Anche noi dovremmo guardare alla Madonna.

È l’intensità della sua lotta per lei che ci dà la certezza del suo trionfo e ci permette di continuare. È ancora la sua lotta, anche adesso, trent'anni dopo. u

Roma, 25 dicembre 1841

di mons. Jean-Joseph Gaume

Tra il 1841 e il 1842, mons. Jean-Joseph Gaume, celebre scrittore cattolico contro-rivoluzionario, visitò il nostro Paese e scrisse poi un libro di memorie: LesTrois Rome (Bruxelles, 1847). Ne riportiamo alcuni brani del giorno 25 dicembre, 1841.

Il bel giorno di Natale, il giorno che avevo tanto desiderato vedere a Roma, apparve come mi piace, in armonia con la celebrazione. In Francia e nei paesi del nord, vorrei che fosse molto freddo, molto ghiacciato; che le stelle scintillassero sull’azzurro del firmamento; che la neve scricchiolasse sotto i nostri piedi, per suscitare nei nostri cuori una compassione più tenera, più viva per il Bambino divino che trema e piange sulla paglia, nella sua mangiatoia aperta ai quattro venti. A Roma e nei paesi caldi, in assenza di ghiaccio e neve, vorrei una nebbia più o meno fitta, più o meno penetrante, e una pioggia più o meno fredda, più o meno abbondante: ci fu servito quanto desiderato.

Alle otto eravamo in Vaticano, tra i primi. Ora, quel giorno, è opinione comune che non si vada a San Pietro per pregare, ma per vegliare; a meno che vegliare non sia anche pregare, cosa che crederei volentieri, almeno per il rispettoso cattolico che assiste alle cerimonie papali. In ogni caso, abbiamo iniziato a vegliare.

Il primo oggetto che ha attirato la nostra attenzione sono stati gli alabardieri del Papa, una compagnia dei quali era entrata poco dopo di noi e si era posizionata davanti alla Confessione di San Pietro, a guardia del recinto riservato. Niente di più pittoresco e aggraziato della loro uniforme: calzoni neri, rossi e gialli; una corazza medievale rotonda con bracciali articolati; gorgiera al collo, elmo d’acciaio rotondo, sormontato da un pennacchio rosso; ampia bandoliera gialla e lunga alabarda antica: sembra la resurrezione dei tempi della cavalleria.

Questo spettacolo, così nuovo, servì da tema per le seguenti riflessioni: Guardate quanto è essenzialmente conservatrice Roma! Viaggiate attraverso tutti i Paesi d’Europa, e da nessuna parte troverete, se non forse nella polvere dei musei, questo costume di un tempo che non c’è più. Solo la Città Eterna lo conserva e lo espone alla luce del giorno come una pagina di storia che tutti possono leggere. Più di una volta, senza dubbio, i turisti del secolo scorso devono aver sorriso alla vista di questa uniforme immutabile e gotica; ma l’artista intelligente del nostro tempo la ammira e la studia, mentre il cristiano benedice il pensiero che presiede alla sua conservazione. Questo pensiero romano si manifesta ovunque, nelle piccole cose tanto quanto in quelle grandi.

Gli ordini religiosi, i cui figli vagano per le strade e le rovine della Città Pontificia, come, ad esempio, i Trinitari e i Cavalieri di Malta, cosa sono agli occhi dell’osservatore, se non l’espressione vivente dello stesso pensiero? Vi sembra che la legge debba sancire una soppressione già attuata di fatto? Il vostro zelo vi travia.

Come Dio, Roma crea e conserva, ma non distrugge; custodisce tutti questi ordini desueti come reliquie di un passato venerabile, come anelli della catena tradizionale. È vero, il Trinitario non andrà più a Tunisi a riscattare i prigionieri; ma redimerà altri prigionieri, e i prigionieri del peccato li lavorerà al ministero delle anime. Allo stesso modo, il Cavaliere di Malta non sguainerà più la sua gloriosa spada contro l’islamismo; ma svolgerà nobili funzioni a fianco del capo della Cristianità, in attesa che i pericoli della fede o gli interessi dell'umanità lo chiamino a nuove battaglie. (…)

Il tempo era volato; erano passate le nove; la basilica si era riempita di un’immensa folla quando un colpo di cannone annunciò la partenza del Santo Padre. Uscendo dai suoi appartamenti, l’augusto anziano [Gregorio XVI, ndr]

scese la scala interna del palazzo in una cappella laterale della chiesa. Presto, torreggiante su tutte le teste, fu visto un baldacchino scintillante d’oro e seta, poi due grandi ventagli di grandissima bellezza, un glorioso ricordo della magnificenza imperiale; e sotto questo baldacchino, seduto sulla

sedia gestatoria, abbagliante d’oro e porpora, il Vicario di Gesù Cristo, con indosso una tiara, glorioso emblema della sua triplice dignità di Padre, Re e Pontefice.

Avanzava maestosamente, portato sulle spalle dagli ufficiali della sua casa, in un grande abito rosso. Il Sacro Collegio apriva la strada, la Guardia nobile formava la guardia e seguiva il corteo, che si fermò davanti ai nostri occhi, dietro la Confessione di San Pietro. Dopo aver tolto la tiara e aver offerto una breve adorazione ai piedi dell’altare, il Sommo Pontefice salì su un trono posto a destra, prese la mitra e si sedette.

Perché la mitra succedette alla tiara? Questo misterioso cambiamento diede inizio a una lunga serie di enigmi per me, la cui soluzione mi tormentò profondamente. Compresi molto rapidamente che se il Santo Padre era Re sulla sedia gestatoria, sull’altare era solo Pontefice, e la sostituzione della mitra alla tiara si spiegava da sola. Ma due nuovi geroglifici mi incuriosirono in modo molto diverso, uno che vidi, e l’altro che non vidi. Il Santo Padre, il vescovo dei vescovi, non portava il pastorale; per quanto guardassi attentamente, questo attributo distintivo dell’ufficio pastorale non compariva affatto tra le insegne: perché? Primo enigma.

Due prelati domestici, che precedevano il Santo Padre, portavano, uno, una superba spada con l’elsa d’oro; l’altro, un cappello ducale, cimiero, di velluto cremisi, foderato di ermellino, ornato di perle e circondato da un cordone d’oro con una colomba al centro, simbolo dello Spirito Santo: la spada e il cappello venivano posti all’angolo dell’altare, dove rimanevano durante la messa: perché tutto questo? Secondo enigma.

Mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno capace di spiegarmi questo doppio mistero: i miei sforzi furono infruttuosi. La messa cominciò, continuò, finì; e quel cappello, quella spada, quel pastorale, non mi abbandonarono la testa. Confesso la mia distrazione; per espiarla, mi condannai a lunghe indagini sulla causa che l’aveva prodotta, e per risparmiare la stessa fatica a coloro che sarebbero venuti dopo di me, darò la risposta al doppio enigma. (…)

Avvicinandosi il momento della consacrazione, il Santo Padre scese dal suo trono. Dopo il compimento del formidabile mistero, l’augusto

vegliardo prese la Santa Vittima nelle sue venerabili mani e, sollevandola sopra il capo, la presentò ai quattro punti del cielo; poi, prima di riporla sull’altare, impartiva silenziosamente la sua benedizione all’universo. Questo profondo silenzio, i capelli bianchi del Vicario di Gesù Cristo, tutte quelle teste di principi e re chinate a terra, la vista dell’augusta vittima sollevata tra cielo e terra, tutto ciò produce nell’anima un’impressione che si è lieti di aver provato, ma che non si può esprimere.

Prima della Comunione, il Santo Padre tornò al suo trono; e il Cardinale Diacono fu visto lasciare l’altare e portargli, preceduto da torce, l’adorabile Corpo del Salvatore. In questo momento solenne, tutti caddero prostrati, persino un inglese alla mia destra. Il Santo Padre, seduto, con le mani giunte e il capo rispettosamente chinato, prese la Sacra Ostia e ricevette la Comunione lui stesso; poi, prendendone un’altra, la offrì al Cardinale Diacono, che ricevette la Comunione in piedi dalla mano del Vicario di Gesù Cristo.

Il Diacono tornò all’altare, da dove portò, con le stesse cerimonie, il Preziosissimo Sangue, che il Santo Padre bevve con una cannuccia d’oro secondo l’usanza della Chiesa primitiva, dopo di che il Diacono assorbì il resto nello stesso modo. Questa doppia Comunione resuscita le prime età della Chiesa e del mondo.

Nel Pontefice seduto sul suo trono, ho visto il Figlio di Dio seduto in mezzo ai suoi Apostoli e che distribuisce loro il pane della vita. In questo Diacono che riceve in piedi l’Agnello divino, ho visto l’israelita al momento di attraversare il Mar Rosso, mangiare in piedi e nell’atteggiamento del viandante, l’Agnello pasquale, viatico del suo pellegrinaggio e pegno della sua liberazione. A questa vista, l’intelligenza del cristiano, il suo cuore, tutto il suo essere, traboccano di una gioia dolce, intima e profonda: quattromila anni d’amore sono appena trascorsi davanti ai suoi occhi.

Dopo la Messa, il Santo Padre fu riportato nei suoi appartamenti sulla sedia gestatoria, dalla cima della quale, attraversando l’immensa basilica, benedisse le innumerevoli persone accorse per vederlo. Tutti i cardinali, con le mitre in testa, precedevano il Sommo Pontefice, seguito dai vescovi, dai prelati e dalla Guardia nobile che chiudeva la fila. Fu una lotta per noi staccarci dagli spalti da cui avevamo contemplato lo spettacolo più bello della nostra vita. Eppure dovemmo scendere; come tutte le gioie di questo mondo, l’augusta pompa era scomparsa. (…)

Fuori dalla basilica, liberati dalla folla, cademmo nelle mani dei vetturini. La pioggia continuava a cadere a dirotto: a Roma, come a Parigi, nei giorni festivi e con il maltempo, le carrozze la

fanno da padrone. Dopo una lunga attesa, ricerche e suppliche, incontrammo finalmente una di queste maestà popolari, disposta a riportarci a casa.

La sera, dovemmo implorare di nuovo i potenti vetturini, perché le cateratte del cielo erano ancora aperte, e volevamo a tutti i costi visitare Santa Maria Maggiore. Solo in quel giorno la culla del Salvatore viene esposta alla venerazione dei fedeli.

Erano circa le quattro quando arrivammo alla Basilica Liberiana. Secondo un’antica consuetudine, il Sommo Pontefice vi cantò i Vespri; più di mille torce illuminavano la chiesa e ne facevano scintillare le dorature: mai l’oro del Nuovo Mondo aveva brillato con un fulgore più vivido. Terminata la funzione, la Guardia pontificia evacuò la chiesa, le cui porte furono chiuse. Rimase solo un piccolo numero di eletti: grazie a un nostro amico, eravamo tra loro. Ancora un po’ e ci sarebbe stata data l’opportunità di vedere con i nostri occhi il presepe di Betlemme, toccante testimonianza dell’amore di un Dio che si era fatto nostro fratello.

Se l’antica Roma faceva consistere parte della sua gloria nel preservare la casetta di Romolo, immaginate quanto più felice e orgogliosa sia la Roma cristiana nel possedere la culla del Dio Bambino? La culla è il suo tesoro, il suo gioiello, è la sua felicità, la sua gloria. La custodisce

con amore geloso; la circonda di una venerazione che i secoli non possono indebolire; la conserva in una cassa di bronzo e la espone alla vista solo una volta all’anno. La notte prima di questo giorno tanto atteso dal pellegrino cattolico, la culla viene prima posta su un altare nella grande sacrestia; in suo onore arde l’incenso più squisito; poi i quattro canonici più giovani di Santa Maria prendono la preziosa reliquia sulle spalle e, preceduti da tutto il clero, la trasportano solennemente nella cappella di Sisto V. Dopo la Messa dell’Aurora vengono a recuperarla ed espongono sul tabernacolo dell’altare maggiore.

Tutto il clero si reca poi alla Cappella Borghese, situata di fronte a quella di Sisto V, per scoprire l’immagine miracolosa di Maria; è un modo per invitare la divina Madre a contemplare il trionfo di suo Figlio e a godere del proprio trionfo. Oh! se mai andrete a Roma, non mancate di venerare questa immagine di Maria, dipinta da San Luca, secondo la tradizione! (…)

La nostra giornata era completa. Tutto ciò che la religione ha da offrire di più maestoso, la Messa papale; tutto ciò che è più toccante, il presepe, erano stati davanti ai nostri occhi. Così i nostri cuori erano felici, ma felici come possono esserlo solo a Roma, il giorno di Natale, quando abbiamo assistito, con occhio cristiano, al doppio spettacolo che ho appena descritto. u

Pio IX portato in sedia gestatoria nella basilica di S. Pietro, attorniato dalla Guardia Nobile, la Guardia Svizzera e alti dignitari della Corte Pontificia

Riflessioni militanti sul Natale

Miscellanea di commenti sul Natale, tratti da riunioni tenute dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira ai membri e volontari della TFP brasiliana in occasione del Natale del 1988, 1989 e 1993. Pubblicato in “Catolicismo” n. 576, dicembre 1998.

Confiteor ai piedi dell’Avvocata celeste

Immaginiamo un peccatore pentito, umile, a capo chino, che si avvicina alla grotta di Betlemme il giorno del Natale e, di fuori, si rivolge a san Giuseppe, dicendogli di non esserne degno. Con voce commossa, egli chiede al Patrono della Santa Chiesa che ottenga per lui, dalla Madonna, uno sguardo di compassione. Riceve una risposta affermativa. La Madonna stende verso di lui le sue braccia in modo ultra-materno e lo invita a entrare, coprendolo col suo sguardo amorevole.

Sentendosi indegno, egli prega fuori dalla grotta: “Anche il bue è degno di stare dentro, perché inserito nell’ordine creato da Dio. Ma io sono un peccatore che ha rotto, a un certo punto, con l’ordine divino. Non sono degno di avvicinarmi al Bambino. Ma se Tu, Madre mia, mi copri con il Tuo manto, oso tutto!” La Madonna lo copre e lo introduce nella grotta. Egli si inginocchia e recita un Confiteor. Poi, il Bambino Gesù fa un gesto, che può essere interpretato come il gesto istintivo di un bambino, ma che ha il significato del perdono divino.

Ecco spiegato, con una metafora, il ruolo della Madonna, Avvocata celeste.

Supplica alla Madre immacolata e amorevolissima

Mi piacerebbe poter fare un esame di coscienza ai piedi del Bambino Gesù nella mangiatoia di Betlemme.

Madre nostra, Signora dell’universo, ti chiedo di porre questo esame di coscienza presso la culla del tuo Divin Figlio.

Ottienimi dal Dio Bambino, tu che sei la sua Madre amorosissima e immacolata, una vera e profonda contrizione per tanta indifferenza, dubbio e mondanità in quest’anno che volge al termine. Indifferenza, dubbio e mondanità di fronte al sublime e all’orribile che segnano profondamente i nostri giorni. Indifferenza, dubbio e mondanità, segni inequivocabili di un egoismo traboccante e di una preoccupante mancanza di amore per Dio.

Tu, tuttavia, hai preso l’iniziativa di riconquistare la mia anima, la più difficile delle riconquiste…

Completa, dunque, Signora, l’opera che hai iniziato. Non lasciare che il tuo braccio si fermi

all’inizio del compito, né che i tuoi piedi si riposino prima di aver raggiunto la meta. Comunicami la pienezza del tuo spirito, preparami alle grandi sfide che mi attendono.

Fai che il tuo santo spirito attraversi gli abissi delle mie miserie e delle mie infedeltà, come un tempo il Verbo di Dio attraversò gli abissi che lo separavano dalla Creazione per entrare in te.

Ma soprattutto, Signora, fa’ che si realizzino gli eventi da te promessi a Fatima, che si combatta la grande battaglia contro il male, che venga san Michele e che tu vinca su tutta la terra.

Riflessioni sulla Santa Casa di Loreto

Sono sicuro che, guardando al futuro, la Madonna ha considerato che sarebbe giunto un momento in cui gli angeli avrebbero esercitato il loro potere sulla Santa Casa in cui abitava, e l’avrebbero trasportata per aria affinché non cadesse nelle mani dei musulmani. Prevedeva che la Santa Casa di Nazareth sarebbe stata deposta in un luogo chiamato Loreto, in Italia, e che lì innumerevoli pellegrini, probabilmente fino alla fine del mondo, avrebbero venerato le sacre mura che circonda-

Natività, Paolo Veneziano, XIV sec.

vano il luogo dove ancora echeggiano le conversazioni della Sacra Famiglia; dove ancora si odono le risate candide e cristalline del Bambino Gesù; dove ancora si sente la voce profonda, paterna e affettuosa di san Giuseppe; dove ancora risuona la voce, modulata quasi all’infinito, come un organo, della Madonna, esprimendo adorazione e venerazione in tutti i suoi gradi, in tutte le sue modalità.

Quante meraviglie tra queste sacre mura!

In questa Santa Casa, la Madonna rifletteva sui miracoli che avrebbe compiuto il Nostro Divino Redentore nella sua vita pubblica, sulle anime che Egli avrebbe attratto, sulle buone opere che avrebbe fatto. Ella certamente contemplava, con sgomento, come tutto questo sarebbe stato a un certo punto dimenticato e rifiutato dagli ebrei, e poi anche dai suoi stessi apostoli, a causa della loro debolezza e tiepidezza. Vedeva perfino il tradimento di Giuda.

Poi, però, pensava alla Pentecoste, all’espansione della Chiesa in tutto il bacino del Mediterraneo, ai luoghi misteriosi che gli apostoli avrebbero visitato, riempiendo la Terra della loro

presenza. Meditava sulla liberazione della Chiesa da parte dell’imperatore Costantino, sulla Chiesa che avrebbe brillato sulla faccia della Terra, durante l’invasione dei barbari; e poi su san Benedetto, il Patriarca d’Occidente, che avrebbe iniziato una nuova via spirituale da cui sarebbe nato il Medioevo, con tutti i suoi splendori.

Dopo il Medioevo, e come infame risposta ad esso, sarebbe scoppiata la Rivoluzione, con tutte le sue atroci conseguenze: umanesimo, protestantesimo, rivoluzione francese, rivoluzione comunista fino alla rivoluzione culturale di oggi, dalla gestazione enigmatica, difficile da definire nei suoi veri contorni, ma tanto infame.

A un certo punto, però, la Madonna avrebbe scorto, come petali di rosa che galleggiano in mezzo al mare di fango, alcune anime che dicono NO alla Rivoluzione, fra cui ci piace pensare che ci siamo noi.

Ognuno di noi può venire ai piedi del presepe e narrare al Bambino Gesù la propria storia, ricordando come la grazia divina ha operato nella nostra anima: i vari alti e bassi, i “sì” e i “no”, i moti dell’orgoglio e quelli della sensualità, vitto-

La Santa Casa di Loreto

rie seguite da sconfitte, pentimenti e di nuovo vittorie, tutto sotto la misericordia di Dio. Qualcuno sarà caduto lungo la strada, altri si saranno sdraiati, abbandonando la lotta. C’è la preghiera di coloro che sono ancora in piedi per coloro che sono caduti. C’è, soprattutto, la mano della Madonna che, di tanto in tanto, solleva qualcuno affinché possa riprendere la retta via.

E così via, fino all’intervento della Madonna nella storia: venga il Regno di Maria da te predetto a Fatima!

Suppliche e gratitudine di un combattente cattolico

O Bambino Gesù! Tu sei segno di contraddizione che divide la storia in due. Tutto in Te è

Controrivoluzione, tutto quanto è contro di Te è Rivoluzione.

Ecco uno, Signore mio Gesù Cristo, portato dalla grazia che la tua Madre celeste ha ottenuto da Te con le sue preghiere; ecco questo combattente, inginocchiato davanti a Te, prima di tutto per ringraziarti. Ti ringrazio per la vita che mi hai dato. Ti ringrazio per il piano eterno che avevi per me, un piano determinato e individuale, per cui doveva esserci, nei disegni di Dio, qualcuno che sarei stato io, che tra gli uomini avrebbe occupato questo posto, per quanto piccolo, ma un posto nell’enorme mosaico di esseri umani che devono ascendere al Cielo.

Ti ringrazio per aver posto la lotta sul mio cammino, affinché potessi essere un eroe. Ti ringrazio per la forza che mi hai dato per resistere e combattere, per combattere e pregare. “A Dios rogando y con el mazo dando – A Dio pregando e col bastone colpendo”, diceva Sant’Antonio Maria Claret, fondatore dei Sacerdoti del Cuore di Maria. Ti ringrazio per tutto questo, ma Ti ringrazio soprattutto per tutti i giorni della mia vita che sono trascorsi nella Tua grazia.

Ti ringrazio perché gli anni trascorsi fuori dalla Tua grazia Tu li hai chiusi, a un certo momento, col Tuo perdono, facendo sì che io potessi abbandonare la via della sventura per entrare di nuovo nella Tua amicizia.

Ti ringrazio oh Divino Bambino Gesù per tutto quanto ho fatto per combattere i miei difetti. Ti ringrazio per non essere stato impaziente con me e per avermi tenuto in vita, così da avere ancora il tempo per correggerli, fino all’ora della mia morte.

Se posso offrirti una preghiera in questa notte di Natale, Oh Signore Gesù, è la preghiera che si trova in uno dei salmi: “Non chiamarmi nel mezzo dei miei giorni”. Permettermi di adattarla: “Non togliermi la vita in mezzo alla battaglia, e aiutami affinché i miei occhi non si chiudano, i miei muscoli non perdano il vigore, la mia anima non perda la forza e agilità prima che io abbia, per la Tua gloria, superato dentro di me tutti i miei difetti, scalato tutte le altezze interiori per le quali sono stato creato; e che, sul Tuo campo di battaglia, io abbia, attraverso azioni eroiche, reso a Te tutta la gloria che ti aspettavi da me quando mi hai creato!” u

Natale chouan

Ecco la storia così come mi è stata raccontata una sera sulle rive del Couësnon, in quella parte della regione di Fougères che, dal 1793 al 1800, fu teatro dell’epopea degli Chouan e dove ancora oggi rivivono i ricordi dei tempi del Grande Terrore, come si conosce da quelle parti la Rivoluzione.

Una notte d’inverno del 1795, un drappello di soldati della Repubblica stava seguendo il sentiero che collega la strada per Mortain a quella per Avranches. L’aria era frizzante, ma quasi tiepida, sebbene fosse il periodo delle notti più lunghe dell’anno; qua e là, dietro le siepi nude, ampie chiazze di neve rimaste nei solchi proiettavano riquadri di luce nell’ombra. I patrioti marciavano, i volti annoiati e stanchi, curvi sotto il peso dell’enorme zaino e del pesante fucile a pietra focaia che portavano sulle spalle.

Poco prima, un contadino in agguato tra le ginestre, aveva scaricato il suo fucile contro il piccolo gruppo. Il suo proiettile aveva trapassato il cappello del sergente e, di rimbalzo, aveva rotto la pipa che uno dei soldati stava fumando. Inseguito, braccato, messo alle strette contro un terrapieno, l’uomo fu catturato e disarmato. I Bleus lo portavano a Fougerolles, dove si trovava la brigata.

Il contadino era vestito con un grande capotto di pelle di capra che, aperto sul petto, rivelava una piccola giacca bretone e un gilet con un grosso bottone. Ai piedi portava degli zoccoli e aveva in testa un cappello di feltro grezzo a tesa larga con lunghi nastri, appoggiato sopra un berretto di lana. I capelli gli scendevano lungo il collo. Egli camminava, le mani legate, con un’espressione impassibile e dura; i suoi piccoli occhi chiari scrutavano furtivamente le siepi che costeggiavano la strada e i sentieri tortuosi che si diramavano da essa. Due soldati tenevano la corda che gli legava i polsi.

Quando i Bleus e il loro prigioniero ebbero superato Tondrais entrarono nella foresta per evitare le case. Il sergente ordinò l’alt. Gli uomini esausti gettarono i loro sacchi sull’erba e, racco-

gliendo legna secca e foglie, accesero un fuoco, mentre due di loro legavano saldamente il contadino a un albero. Lo Chouan, con i suoi occhi vivaci osservava i gesti delle sue guardie, non tremava, non diceva nulla, ma l’angoscia gli contraeva il viso. Evidentemente, sentiva la morte imminente.

La sua ansia non sfuggì a una delle reclute che lo avevano legato. Era un adolescente gracile, con un’aria beffarda e maligna. Con quel tono peculiare dei parigini di periferia, mentre legava le corde, sogghignò dell’emozione del prigioniero:

— Non aver paura, ragazzo, non succederà subito. Hai ancora almeno sei ore di vita, il tempo di vincere alla lotteria, se hai il biglietto giusto. Forza, su, stai dritto!

— Legalo forte, Pierrot, non dobbiamo lasciare che quel tizio ci sfugga dalle mani.

— Non preoccuparti, sergente Torquato, verrà portato illeso dal generale. Brutto cane! Non devi illuderti, non devi aspettarti di essere giustiziato come un ex-nobile, la Repubblica non è ricca e ci mancano le ghigliottine, ma avrai la tua dose di buone pallottole di piombo, sei nella testa, sei nel corpo. Rifletti su questo, ragazzo, fino a domattina, ti distrarrà.

Detto questo, Pierrot venne a sedersi tra i suoi compagni intorno al fuoco e, preso un pezzo di pane nero dalla bisaccia, cominciò a mangiare

placidamente. Questa guerra atroce che, per tre anni, le truppe regolari avevano condotto in Bretagna contro bande di contadini cattolici, questa lotta accanita contro nemici invisibili, aveva assunto l’odioso carattere di una caccia alle belve. In entrambi gli schieramenti, nulla rimaneva della generosità consueta tra i soldati, né compassione per i prigionieri né pietà per i vinti, un uomo preso era un uomo morto.

Dopo aver finito il suo pane, Pierrot iniziò a lucidare il suo fucile; scelse una pallottola dalla sua giberna e, tenendola delicatamente tra le dita, disse al contadino che lo osservava:

— Ehi! Figlio mio, questa è per te.

La infilò nella canna del fucile, che riempì con un pezzo di carta. Tutti gli uomini scoppiarono a ridere e ognuno disse la sua, felice di instillare la miseria nello sventurato.

— Ho altrettanta roba da farti ingoiare!

— Questo ti aprirà dodici occhielli nel corpo!

— Per non parlare del colpo di grazia che ti darò fra le orecchie. Ah! mascalzone di Chouan, se con un colpo solo potessi uccidere centomila della tua specie!

Il contadino, silenzioso, rimase calmo sotto quell’assalto di rabbia. Sembrava stesse aspettando un rumore lontano che le grida e le risate dei soldati gli impedivano di sentire. All’improvviso chinò il capo e sembrò meditare: dalle profondità della foresta si levò nell’aria immobile della notte il suono di una campana portato dalla brezza del bosco, chiaro e distinto, dolcemente ritmico. Quasi immediatamente, una seconda campana, più profonda, si udì all’estremità dell’orizzonte, e poco dopo una terza, acuta e lamentosa, molto lontana, rintoccò dolcemente.

I soldati, sorpresi, si commossero.

— Che cos’è questo?... Perché suonano?... Un segnale, forse... Ah! i briganti!... È la campana a martello!

Tutti parlarono allo stesso tempo; alcuni corsero alle armi. Il contadino alzò la testa e, guardandoli con i suoi occhi limpidi, disse:

— È Natale.

— È...? Cosa...?

— Natale. Le campane suonano per la Messa di mezzanotte.

I soldati, brontolando, ripresero i loro posti intorno al fuoco e calò il silenzio: Natale, Messa di mezzanotte… queste parole, che non sentivano da tanto tempo, li stupirono. Vaghi ricordi di tempi felici, di tenerezza e di pace, tornarono alla mente. A capo chino ascoltarono le campane che parlavano una lingua dimenticata. Il sergente Torquato posò la pipa, incrociò le braccia e chiuse gli occhi con l’aria di un dilettante che assapora una sinfonia. Poi, come vergognandosi di questa debolezza, si rivolse al prigioniero e, con tono dolce, disse:

— Siete della zona?

— Sono di Coglès, non lontano.

— Quindi ci sono ancora preti da queste parti?

— I Bleu non sono dappertutto, non hanno attraversato il Couësnon, e lì siamo ancora liberi. Senti, è la campana di Parigné che sta suonando in questo momento. L’altra, quella piccola, è quella del castello di M. du Bois-Guy. Laggiù è la campana di Montours. Se il vento fosse favorevole, si potrebbe sentire il suono della Rusarde, che è la grande campana di Loudéan.

— Va bene, va bene, non ti chiediamo tanto, interruppe Torquato, un po’ preoccupato dal silenzio mantenuto dai suoi uomini.

In quel momento, da ogni punto dell’orizzonte si levò nella notte un canto proveniente dai villaggi lontani: era una melodia dolce, armoniosa, che il vento a turno amplificava o smorzava. I soldati, con la fronte china, ascoltavano, pensando a cose a cui non pensavano da anni; rivedevano la chiesa del loro villaggio, tutta illuminata dalle candele, il presepe fatto di grandi

rocce muschiose dove ardevano candele rosse e blu; udivano, riaffiorando nelle loro memorie, gli allegri canti natalizi, quelle arie che tante generazioni hanno cantato, quei ritornelli ingenui, vecchi come la Francia, che parlano di pastori, cornamuse, stelle, bambini, e che parlano anche di concordia, perdono e speranza…

Questi ricordi commuovevano quei fieri soldati che sentivano i loro cuori sciogliersi al calore di quei dolci pensieri a cui non erano più abituati. Torquato scosse la testa e chiese al Chouan:

— Come ti chiami?

— Ramo d’Oro è il mio nome di battaglia.

Le campane lontane continuavano a suonare, la voce del sergente si fece gradualmente più dolce, come se temesse di rompere l’incantesimo che quella musica lontana gettava sulla natura addormentata.

— Avete moglie?

Ramo d’Oro strinse le labbra, le sopracciglia abbassate sugli occhi, la fronte aggrottata. Rispose con un cenno affermativo.

— E vostra madre è ancora viva?

Lo Chouan non rispose.

— Avete figli?

Un gemito uscì dal petto del prigioniero. Alla luce del camino, si potevano vedere le lacrime scorrergli lungo le guance. I soldati si guardarono l’un l’altro, imbarazzati e vergognosi.

— Lo slego un attimo, sergente, suggerì Pierrot, che si stava facendo sempre più emotivo.

Torquato annuì. Slegarono Ramo d’Oro, che si sedette sull’erba ai piedi dell’albero e si nascose il viso tra le mani abbronzate. Osservò il sergente:

— Accidenti! Che brutto Natale avranno sua moglie e i suoi figli. Ah! Che miseria! Che sporco lavoro è la guerra. Ai vecchi tempi, vedete, figli miei, il Natale era una grande gioia, oggi invece... Anch’io ho moglie e figli, laggiù in Lorena. È la terra degli alberi di Natale. Come ridevano i piccoli! Come battevano le mani! Non possono essere allegri adesso.

Un altro soldato aggiunse, commosso da queste confidenze:

— Da me facevano una grande culla in chiesa, con dentro il Bambino Gesù, e per tutta la notte distribuivano dolci e monete ai bambini e alle bambine.

— Dalle mie parti, invece, l’Uomo di Natale camminava per le strade, con una lunga barba e un ampio cappotto, ricoperto di farina per rappresentare la neve, e bussava alle porte, gridando a gran voce: Sono a letto i bambini? Oh! Come eravamo felici!

Uno ad uno, questi uomini si abbandonarono ai propri ricordi. Sui loro cuori abbronzati, quelle impressioni d’infanzia, ormai dimenticate, scor-

revano come una rugiada benefica sull’erba secca. Ora tutti tacevano, alcuni rimanevano con la fronte china, la mente lontana, nel passato pacifico e dolce; altri guardavano il contadino con aria di commiserazione. E quando, improvvisamente, le campane di Natale ripresero il loro canto chiaro e malinconico in lontananza, una sorta di angoscia attraversò la piccola truppa.

Il sergente si alzò, fece qualche passo, brontolando, guardò i suoi uomini come per consultarli e, toccando Ramo d’Oro sulla spalla, disse: Andatevene!

Lo Chouan alzò la testa, senza capire.

— Andatevene, scappate, siete libero.

— Scappate allora, scappate, visto che il sergente ve lo ordina.

Ramo d’Oro si alzò, stupito, credendo che si trattasse di una crudele presa in giro. Guardò tutti i soldati uno dopo l’altro, poi, capendo finalmente, lanciò un grido e si precipitò nella foresta. Pochi istanti dopo, la squadra si rimise in cammino. Mentre procedevano silenziosamente nel bosco, si udì improvvisamente un forte gemito. Torquato si voltò. Era Pierrot, sopraffatto dall’emozione e che piangeva a dirotto, pensando ai Natali di un tempo, agli zoccoli pieni di giocattoli, e alla sua vecchia madre che, senza dubbio, a quella stessa ora, stava pregando il piccolo Gesù di proteggerle il figlio. u

(Tratto da G. Lenôtre, Légendes de Noël, La Bibliothèque électronique du Québec, Collection À tous les vents, Volume 1287, pp. 24-37.)

di Plinio Corrêa de Oliveira

Il primo sguardo

Questo affresco raffigurante la nascita del Bambino Gesù è del Giotto e si trova nella Cappella degli Scrovegni, a Padova.

San Giuseppe sta dormendo, attorno a lui si adagiano le pecorelle, l’asinello ed altri animali. Gli angeli svolazzano nel cielo cantando Gloria in excelsis Deo et in terra pax ominibus bonae voluntatis! I pastori ascoltano con attenzione. È esattamente ciò che la liturgia di Natale celebra la notte del 24 dicembre.

È notte fonda. La Madonna ha appena partorito il Bambino Gesù in modo misterioso e meraviglioso. Il suo gesto, il suo atteggiamento sono quelli d’una persona interamente sana che si prodiga per confortare il pargoletto. Lei compie questo gesto con una disinvoltura fisica che non è affatto normale in tali circostanze.

Come conseguenza del peccato originale, il parto è sempre un processo doloroso e difficile. Tuttavia, per particolare dono di Dio, essendo la Madonna preservata da ogni macchia, la nascita del Figlio di Dio si è compiuta in modo miracoloso. Ella è rimasta Vergine prima, durante e dopo il parto. Per Lei la nascita di Gesù non ha comportato nessun sforzo. Lei anzi sembra appena svegliata da un sonno leggero.

La scena è bellissima e commovente! Giotto ha ritratto magnificamente quel primo incrocio di sguardi quando la Madonna, per la prima volta con gli occhi della carne, ha potuto contemplare il frutto del Divino Spirito Santo concepito nel Suo grembo virginale.

Il Bambino Gesù è raffigurato come un neonato. Dobbiamo tuttavia considerare che, concepito senza peccato originale, e con la Sua natura umana unita ipostaticamente a quella della seconda Persona della Santissima Trinità, Egli ha goduto della piena intelligenza sin dal primo momento del Suo concepimento. Già nel grembo di Maria Santissima, perfettamente cosciente, Egli adorava il Padre, pregava e offriva riparazioni per gli uomini.

È quindi chiaro che, già durante la gravidanza, c’era fra Gesù e Sua Madre un’intimo rapporto spirituale di carattere mistico. Questo rapporto raggiunge un ulteriore apice quando, per la prima volta, i loro sguardi si incontrano. L’espressione del Bambino è lucida e piena di amore. Si contemplano, si conoscono... Egli analizza il volto di Sua Madre, e Lei fissa il Suo sguardo.

È un momento sublimissimo della loro vita! u

Il mondo delle TFP

A sin., membri della TFP tedesca sfilano per le vie di Colonia nella Marsch für das Leben, la Marcia per la Vita

A dx., dirigenti delle TFP europee partecipano all’incontro annuale nella sede della Fédération pro Europa Christiana, a Creutzwald, Francia

A sin., volontari della TFP polacca recitano un santo Rosario in piazza pubblica, a Varsavia, per la rigenerazione spirituale del Paese: un appelo alla sua vocazione cattolica

Sotto, giovani dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira promuovono una catena di Rosari in piazza pubblica chiedendo alla Madonna Aparecida, Patrona del Brasile, che non lasci il Paese cadere nel comunismo

Nelle foto, Belo Horizonte (a sin.) e Curitiba (a dx.)

Membri della TFP tedesca partecipano al pellegrinaggio annuale al Santuario nazionale di Altöting, in Baviera Organizzato da diverse realtà cattoliche, l’evento attira sempre più persone avide di Tradizione

Campeggio estivo della TFP irlandese, a Glencomeragh House, Co. Wexford

Quest’anno, il campeggio è stato dedicato allo studio della Civiltà Cristiana, sia nei suoi aspetti storici sia in quelli religiosi e spirituali

Nella foto, mentre pregano davanti a un Calvario

Giovani della TFP Student Action sfilano per le vie di Harrisburg, capitale della Pennsylvania, nella State March for Life

Dopo il rovesciamento di Roe v. Wade, da parte della Corte Suprema, la lotta per la vita si è trasferita principalmente negli stati

Congresso nazionale della TFP Stati Uniti

Con la partecipazione di quasi quattrocento persone, si è realizzata la 2025 National Conference della TFP americana. L’evento è stato insignito dalla visita della statua pellegrina internazionale della Madonna di Fatima.

Il tema di quest’anno era “Con gli Stati Uniti e la Chiesa in subbuglio, dobbiamo guardare al trionfo della Madonna”.

Mentre alcune riunioni sono state dedicate al resoconto delle attività della TFP americana e delle altre TFP sparse nel mondo, il fulcro dell’evento è stato l’analisi dell’attuale situazione, sia nella Chiesa sia nel mondo, dal punto di vista del messaggio di Fatima.

Julio Loredo, presidente della TFP italiana, ha spiegato come la restaurazione della Civiltà cristiana sia al cuore del messaggio mariano. Tema ripreso poi da Norman Fulkerson, della TFP americana.

In occasione del trentesimo anniversario della morte del nostro fondatore, John Horvat, vicepresidente della TFP americana, ha parlato di “Plinio Corrêa de Oliveira, un contro-rivoluzionario concentrato nel trionfo della Madonna”, mentre José Antonio Ureta ha svolto il tema “Perché la Chiesa negli Stati Uniti preoccupa tanto la Rivoluzione”.

L’aspetto religioso era garantito da due sacerdoti diocesani, con la celebrazione quotidiana della Santa Messa in rito romano antico. Il congresso si è concluso in bellezza con una solenne Messa nel Santuario del Sacro Cuore, a Hanover (PA), alla presenza della Madonna pellegrina di Fatima.

È seguita una cena medievale, al termine della quale ha fatto uso della parola S.A.I.R. Principe Bertrand d’Orleans Braganza, che ha esortato i partecipanti a impegnarsi nella lotta per il trionfo del Cuore Immacolato di Maria. u

Napoli: presentazione di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»

Èstata presentata a Napoli l’ultima edizione del capolavoro di Plinio Corrêa de Oliveira «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», curata dalle Edizioni Il Giglio.

Davanti a una sala gremita, presentati da Marina Carrese, della Fondazione Il Giglio, hanno parlato Guido Vignelli, curatore della nuova traduzione, Don Roberto Spataro, SDB, della Pontificia Academia Latinitatis, e Julio Loredo, presidente dell’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà.

Vignelli ha sottolineato come questo sia un “libro non solo da leggere, ma da fare”, cioè un libro che invita alla militanza, una parola ormai dimenticata ma al cuore della vocazione di Plinio Corrêa de Oliveira. In una dotta dissertazione, Don Spataro ha paragonato il volume del pensatore brasiliano alle grandi opere di teologia della storia, a cominciare da «De Civitate Dei», di S. Agostino. Infine, Loredo ha letto brani delle memorie del dott. Plinio che raccontano come si è formato il suo pensiero, che poi si è concretizzato in questo saggio.

Questa nuova edizione si è resa necessaria visto il crescente interesse nell’opera del noto pensatore e uomo d’azione brasiliano, soprattutto da parte delle giovani generazioni in cerca di idee chiare e in perfetta armonia con il Magistero della Chiesa.

Erano presenti diversi sacerdoti del clero partenopeo nonché rappresentanti dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio, al quale apparteneva Plinio Corrêa de Oliveira. u

La gioia del Natale

“Oh voi che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è un dolore simile al mio”, esclamò il Profeta Isaia, prevedendo la Passione del Salvatore e la compassione di Maria. Ma egli avrebbe potuto anche dire, profetizzando le gioie cristiane che il Natale porta all’apogeo: “O h voi che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è una gioia simile alla mia. Oh voi che vivete avidamente per l’oro, oh voi che vivete stoltamente per la vanagloria, oh voi che vivete turpemente per la sensualità, oh voi che vivete diabolicamente per la rivolta e il crimine: fermatevi e vedete le anime veramente cattoliche, illuminate dalla gioia del Natale: che cos’è la vostra gioia paragonata alla loro? No, non v’è un’allegria equivalente!”

(Plinio Corrêa de Oliveira, Folha de São Paulo, 27-12-1970)

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Rivista "Tradizione Ffamiglia Proprietà"-Dicembre-2025 by Tradizione Famiglia Proprietà - Issuu