MARIO LUZI – « AUTORITRATTO »
INVOCAZIONE E m’inoltro sospeso108, entro nell’ombra, dubito, mi smarrisco nei sentieri 109. E nel ceppo non so che avviene, rigido nel vortice di foglie macerate e divise dai rami e dalla terra. Moto triste che il sole non illumina, né la luce, ma un lume sotterraneo di materia romita 110 che ci guarda, fissa come la luce del pensiero quando il vento della memoria spira, sparge e aduna indicibili me stessi. Tale, credi 111, non ha sorgente il moto puro che mi trascina via, risale lontano ove si scinde la mia vita in ipotesi oscure, in sofferenze vaghe, in vicissitudini remote 112.
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Strane dove l’effimero ci porta si mettono radici, rami, foglie dove una lamentosa notte fruscia 113. È la nostra foresta inestricabile, ascoltane le foglie vive, i brividi
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Richiama alla memoria Inf iv, 45: «conobbi che ’n quel limbo eran sospesi». vv. 1-2: attacco dantesco di Inf i, 3 « Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita». 110 Romito: solitario, isolato. 111 Dopo l’attacco dantesco, compare l’interlocutrice, il tu dell’attesa religiosa che culmina in Onore del vero. 112 Cfr. ML, Notizie a Giuseppina dopo tanti anni, v. 8: «non so più quel che volli o mi fu imposto». 113 Cfr. Dino Campana, La Verna (Canti orfici): «il frusciare della massa oscura». 108 109
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