Il Caffé 11-10-2015

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Giacomo Martinoni. Allo scoccare dei 70 anni di età,non si sentiva pronto per la pensione. Decide così di dedicarsi ad alleviare le sofferenze del prossimo lontano. Sarebbe andato ovunque. Poi ha conosciuto don Frank,a Pregassona,artefice di un ospedale a Dédomé, sua terra d’origine. E nel novembre 2011 si è trasferito in Africa per continuare la professione

Chirurgo nel Togo per solidarietà con i più bisognosi

VOLONTARI DAL TICINO Ogni anno, in Africa dove opera Giacomo Martinoni, 70 anni, arrivano alcune volontarie dal Ticino. Di solito sono giovani infermiere che si fermano per uno stage di alcuni mesi

GIUSEPPE ZOIS

M DALL’EFFICIENZA ALL’EMERGENZA Un bel salto: dall’efficienza svizzera a una chirurgia dove il medico locarnese ha dovuto imparare a fare di necessità virtù. Con gli strumenti tecnici ci si deve arrangiare, ma quel che conta è alleviare il dolore, restituire la salute ai malati, offrire le competenze a chi si trova nel bisogno

edico, chirurgo, laureato all’Università di Losanna e specializzato in chirurgia plastica e ricostruttiva della mano, Giacomo Martinoni non riusciva a rassegnarsi all’idea di appendere il camice al classico chiodo. Originario di Minusio, classe 1941, moglie e tre figli, confessa: “A 70 anni non mi sentivo ancora pronto per la pensione e poiché il mio lavoro continuava ad appassionarmi, cercai dove rendermi utile. Anche in capo al mondo. Volevo porre le mie capacità al servizio di chi è nel bisogno”. La dritta giusta gli venne da un’amica, l’avvocato Consuelo Allidi, che ha lo studio nello stesso stabile dove esercitava Martinoni. “Quando seppe della mia intenzione, Consuelo mi mise in contatto con un prete che è uno tsunami di iniziative, don Frank Koffi Essih, prima parroco a Pregassona e ora a Caslano”. Don Frank, che ha gettato un lungo ponte di solidarietà tra il Ticino e il suo paese, il Togo, avverte forte l’imperativo samaritano di aiutare la sua gente nel cammino verso l’autosufficienza. Ha messo su una Ong che porta il suo nome ed ha subito fatto costruire un ospedale a Dédomé, dandogli un nome non casuale, segno di affetto e gratitudine per il Ticino e la Svizzera: “St. Gothard”. L’ha voluto nel suo villaggio natale, dove ora è a buon punto con la costruzione di una scuola, perché sa benissimo che solo fra queste mura si arreda il futuro. Tra don Frank e il dottor Martinoni scocca subito la scintilla dell’intesa. Il medico partirà per il Togo nel novembre 2011: a 70 anni non esita a vestire i panni del volontario: “Cedetti alla dottoressa Sandra Baldi Balmelli lo studio medico che avevo avviato a Locarno nel 1978, primo specialista in questo ambito nel Ticino, e partii”. Occorre aggiungere che Giacomo Martino-

ni è un nome ben conosciuto nel cantone e nei Grigioni, avendo operato in diverse cliniche e ospedali. Chissà che effetto deve avergli fatto sentirsi responsabile del Servizio di chirurgia nell’ospedale di Dédomé, dopo oltre 40 anni nell’efficienza, nella funzionalità e nella precisione della nostra sanità. Lui è sincero: “Dopo questo passo, per me è cambiato solo l’approccio tecnico al malato. Certo, i mezzi tecnici e materiali a mia disposizione in Africa sono naturalmente molto minori rispetto a quelli di cui disponevo in Ticino, ma ho

imparato a fare di necessità virtù. Immutato, invece, l’avvicinamento umano: prendo a carico l’ammalato africano per curarlo, con lo stesso trasporto che ho sempre avuto”. Domanda d’obbligo: quanto è pesato il salto? E Giacomo, immediato: “Non mi mancava nulla prima e non mi manca nulla oggi; continuo a offrire le mie competenze a chi ne ha bisogno qui come lo facevo prima, altrove. Che l’ammalato sia bianco o nero, ricco o povero, non fa assolutamente differenza: ho di fronte a me una persona che soffre, che chiede il mio aiuto e

cerco perciò di esserle utile nel miglior modo possibile”. La principale emergenza con cui è quotidianamente confrontato è la mancanza di mezzi finanziari della maggior parte della popolazione, causa di molti ritardi nei ricoveri. “Prima di portare i malati o i feriti da noi, le famiglie si affidano ai metodi tradizionali, che talvolta funzionano, è giusto riconoscerlo, ma altrettanto spesso risultano fatali, perché ci si ostina con la cura tradizionale anche quando è inefficace. Molti ritardi provocano poi la morte. E poi, altro tragico fattore precipitante, ci sono le distanze”. Il chi-

rurgo ticinese, traslocato in Africa per umanità, è “homo faber” nel nome della solidarietà, sentita, vissuta, assunta e praticata. Spiega: “Il problema più grave qui, e anche il più frequente, è quello della malaria che, presa all’insorgere, è facilmente curabile. Il ritardo è spesso mortale, soprattutto tra i bambini. Altre malattie frequenti sono il tifo e la tubercolosi. Mediamente curiamo dai 2.500 ai 3.000 malati all’anno”. L’ospedale conta una trentina di letti. Martinoni illustra la struttura dove è approdato: “Abbiamo un Servizio di medicina ed ecografia con a capo un medico; in chirurgia ho un chirurgo generale per la parte addominale e un infermiere anestesista. Il Servizio di maternità è affidato a una levatrice con 6 infermieri; la Radiologia dispone di un tecnico e di un laboratorio di analisi mediche con tre laboratoristi. Tutti gli anni, poi, dal Ticino arrivano a Dédomé 3 o 4 volontarie, di solito giovani infermiere per uno stage di tre mesi. Le ultime sono state Elena Pagani ed Elisa Mazzetti”. Forse valgono anche per i medici gli stessi verbi dei missionari, che hanno l’obbligo di aiutare, donare, spendersi, sostenere, accompagnare. Dice l’uomo bianco in camice bianco: “Ufficialmente la giornata di lavoro inizia alle 8, ma io non ho orari: resto disponibile per eventuali urgenze”. In 4 anni, Giacomo Martinoni è tornato nel Ticino una sola volta. “I contatti con la famiglia e gli amici si tengono a mezzo Skype. Al mattino e alla sera faccio mezz’ora di allenamento fisico. Nel tempo libero, leggo, guardo la tv per tenermi al corrente su ciò che accade nel mondo. La priorità è amare il prossimo con i fatti. Dalla nostalgia mi sono affrancato. Ho imparato l’arte del distacco. Se ti attacchi troppo a qualcuno, ne avrai gioia sicura, ma prima o poi arriva il momento della separazione e allora lo strappo è tremendo. Il vero amore non conosce l’attaccamento, figlio del desiderio di possesso: che è tutto tranne che amore. L’amore è disinteressato”. Medico e filosofo, Giacomo si spende per l’Africa a norma di umanità.


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