"Omaggio al divin poeta" Firenze, Circolo degli artisti "Casa di Dante"

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OMAGGIO AL DIVIN POETA RASSEGNA D’ARTE CONTEMPORANEA

FIRENZE

Circolo degli Artisti

Casa di Dante 1



OMAGGIO AL DIVIN POETA rassegna d’arte contemporanea

A cura di ALDO MARIA PERO

FIRENZE Casa di Dante via Santa Margherita 1/R

26 gennaio - 6 febbraio 2020


OMAGGIO AL DIVIN POETA FIRENZE

Circolo degli artisti

“Casa di Dante”

Via Santa Margherita 1/R

26 gennaio al 6 febbraio 2020 A cura di: Aldo Maria Pero Aldo Basili Lorenza Bini Milvia Bortoluzzi Paola Bradamante Eleonora Brianese Angela Chiassai Bruno Gabrieli Tiziano Illiano Silvana Mascioli Marisa Mezzadra Denise Mingardi Edoardo Stramacchia Mario Testa Domenica Vecchio Manolo Yanes Anna Zaramella d’Este Bernardino Zavagnin grafica e impaginazione

Licinia Visconti

In copertina: Agnolo Bronzino Ritratto allegorico di Dante esposto agli Uffizi

© Edizioni Arte del XXI Secolo

MOVIMENTO ARTE DEL XXI SECOLO www.artedelxxisecolo.it


“Solo l’arte carica di tradizione é carica di futuro” Ramòn Maria del Valle-Inclàn

“Only art charged whit tradition is charged with future” Ramòn Maria del Valle-Inclàn


PRESENTAZIONE Nel gennaio 2020 il Movimento Arte del XXI Secolo ha inaugurato nelle sale della Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti ″Casa di Dante″ di Firenze la mostra Omaggio al divin Poeta con evidente riferimento al padre della poesia italiana. Il curatore, prof. Aldo Maria Pero, dopo aver illustrato il significato delle collettive che si organizzano nei nostri giorni, ben diverse di quelle del passato, ha presentato il contenuto artistico dei partecipanti ed ha analizzato le loro opere. Hanno risposto all’invito del Movimento, che aveva offerto loro una sede prestigiosa, diciassette artisti che sono accorsi a Firenze da ogni parte d’Italia e che qui desideriamo ricordare insieme ai loro luoghi di origine. Si tratta di Aldo Basili da Torino, di Lorenza Bini da Firenze, di Milvia Bortoluzzi da Thiene, di Paola Bradamante da Bolzano, di Eleonora Brianese da Murano, di Angela Chiassai da Roma, di Bruno Gabrieli dalla Val d’Aosta, di Tiziano Illiano da La Spezia, di Silvana Mascioli da Bologna, di Marisa Mezzadra da Milano, di Denise Mingardi da Vicenza, di Edoardo Stramacchia da Brescia, di Mario Testa da Roma, di Domenica Vecchio da Licata, di Manolo Yanes da Tenerife, di Anna Zaramella d’Este da Venezia e di Bernardino Zavagnin da Vicenza. Sarà stato per la suggestione del luogo, muro a muro con il Museo dedicato a Dante Alighieri ed in prossimità della chiesetta di Santa Margherita dei Cerchi che accoglie le spoglie mortali della sublime Beatrice Portinari, ispiratrice in vita e guida paradisiaca del Poeta, fatto si è che l’inaugurazione della mostra ha conosciuto un momento di profonda ed inaudita commozione che ha coinvolto anche il relatore, il quale ha presentato tutte le opere esposte in un corale discorso sul loro tributo alla grandezza dell’antico viaggiatore che si era inoltrato oltre la vita, nel triplice e divino regno dell’eternità divina.

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Le foto di Licinia Visconti, Art Director del Movimento, permetteranno di indugiare sul significato dei lavori esposti e sulle intenzioni estetiche e motivazionali degli artisti, a cominciare da Aldo Basili, fotografo illustre, per proseguire con la delicata vena di Lorenza Bini, con le raffinate incisioni di una grande decana come Milvia Bortoluzzi, con le rutilanti ricerche oltre la visibile realtà di Paola Bradamante, con il giovanile fervore di Eleonora Briatore, con le meditate raffigurazioni dello splendore muliebre tratteggiato da Angela Chiassai, con la forza espressiva dello scultore Bruno Gabrieli, con la bella sintesi tra l’umiltà dei materiali impiegati e la leggiadria del tratto proposta da Tiziano Illiano, con la sequenza paradisiaca di sette rappresentazioni del Paradiso realizzata con sobrietà di mezzi e straordinaria eleganza formale da Silvana Mascioli, con le oscure magie evocate con intensa partecipazione da Marisa Mezzadra, con il grande albero della vita tratteggiato da Denise Mingardi, un lavoro che trova riscontro nella similare e magnifica opera conservata nella chiesa di Santa Croce; con l’originale e fantasiosa interpretazione infernale proposta da Edoardo Stramacchia, con l’incantata e tenera storia d’amore delineata da Mario Testa, che ricorre al cigno di Lohengrin come simbolo degli affetti terreni; con gli intensi ed idealizzati ritratti di Dante delineati da Domenica Vecchio, con la rievocazione di una delle scene più famose della Divina Commedia messa a punto con tecnica sottile ed irridente spirito degno del grande Salvador Dalí dal suo conterraneo Manolo Yanes, con l’esaltazione della libertà che, tra simbolo e realtà, ha elaborato con una grafica di antica eleganza Anna Zaramella d’Este e infine con le sofferte meditazioni sul destino umano di Bernardino Zavagnin. La parola ″musica″ che, insieme alla pittura, è la più universale delle arti perché la loro comprensione è possibile a tutti sotto ogni cielo, nell’opera di Dante compare solo nel Convivio e mai nella Divina Commedia, ma nel poema divino essa è spesso presente, soprattutto nel Paradiso, come alcuni degli artisti hanno ben compreso traducendola nella luminosità del loro ductus. Lo aveva affermato il sommo Tommaso d’Acquino nella sua Summa Theologiae: «Imago musicae est lux». Aldo Maria Pero, Luglio 2020

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INTRODUCTION

In January 2020 the XXI Century Art Movement opened in the halls of the Fine Arts Society- Circolo degli Artisti “Casa di Dante” in Florence the exhibition “ Omaggio al divin Poeta” ( Homage to the divine Poet ) clearly referring to the father of Italian poetry Dante Alighieri. The curator, Professor Aldo Maria Pero, after illustrating the meaning of the collective exhibitions set up in our time, very different from the ones in the past, presented the artistic relevance of the participants and examined their works.Seventeen artists from everywhere in Italy came to Florence responding to the the invitation of the Movement, which had offered them a prestigious venue. We wish to mention them hereafter with their places of origin. They are: Aldo Basili from Turin, Lorenza Bini from Florence, Milvia Bortoluzzi from Thiene, Paola Bradamante from Bolzano, Eleonora Brianese from Murano, Angela Chiassai from Rome, Bruno Gabrieli from Val d’Aosta, Tiziano Illiano from La Spezia, Silvana Mascioli from Bologna, Marisa Mezzadra from Milan, Denise Mingardi from Vicenza, Edoardo Stramacchia from Brescia, Mario Testa from Rome, Domenica Vecchio from Licata, Manolo Yanes from Spain, Anna Zaramella d’Este from Venice and Bernardino Zavagnin from Vicenza. It must have been the charm of the place, wall to wall with the museum dedicated to Dante Alighieri and in close proximity to the little church Santa Maria dei Cerchi which houses the mortal coil of the sublime Beatrice Portinari, inspiration in life and heavenly mentor of the poet, the fact is that the opening of the exhibition aroused a moment of deep and unheard-of emotion involving even the lecturer, who presented all the works displayed with a choral speech on their meaning of tribute to the greatness of the ancient traveller who ventured beyond life into the triple reign of divine eternity. 8


The photos by Licinia Visconti, Art Director of the Movement, will allow to linger on the relevance of the works displayed and on the aesthetic and motivational intention of the artists, starting from Aldo Basili, a well-known photographer, to continue with the delicate flair of Lorenza Bini, with the refined engravings of a great dean like Milvia Bortoluzzi, with the sparkling researches beyond the visible reality of Paola Bradamante, with the youthful fervour of Eleonora Briatore, with the pondered representations of the female splendour traced by Angela Chiassai, with the expressive power of the sculptor Bruno Gabrieli, with the fine synthesis between the humility of he materials used and the gracefulness of the strokes by Tiziano Illiano, with the heavenly series of seven representations of Paradise made with sobriety of tools and extraordinary formal elegance by Silvana Mascioli, with the dark magic evoked with intense involvement by Marisa Mezzadra, with the big life tree outlined by Denise Mingardi, an artwork which is reflected in the similar and magnificent work kept in the church of Santa Croce, with the original and imaginative hellish interpretation presented by Edoardo Stramacchia, with the enchanting and tender love story outlined by Mario Testa, who resorts to Lohengrin swan as a symbol of earthly affections, with the intense and idealised portrays of Dante sketched by Domenica Vecchio, with the recalling of one of the most famous scene of the Divina Commedia structured with fine technique and mocking spirit deserving of the great Salvador Dalì by his fellow citizen Manolo Yanes, with the celebration of freedom which, between symbol and reality, Anna Zaramella d’Este has worked out with graphics of ancient elegance and lastly with the painful meditations upon human destiny by Bernardino Zavagnin. The word “music”, which together with painting, is the most universal art because its comprehension is possible for everyone under every sky, in the work of Dante appears only in the Convivio and never in the Divina Commedia but in the divine poem it is often mentioned, in particular in the Paradiso , as some of the artists have clearly realised translating it into the brightness of their ductus. That had been stated by the supreme Tommaso d’Aquino in his Summa Theologiae: “ Imago musicae est lux”. Aldo Maria Pero, July 2020 9


Aldo Basili Aldo Basili ha iniziato la sua carriera di fotografia nel 1958 all'età di 14 anni, praticando e stampando personalmente foto in bianco e nero. Nello stesso periodo ha frequentato per un anno un corso per fotografi professionisti. Dopo questa iniziale formazione ha lavorato per otto anni come grafico in un ufficio pubblicitario. In quel periodo ha focalizzato il suo interesse sul paesaggio urbano, dedicandosi per alcuni anni alla sua città, Torino, di cui ha presentato molte inusuali visioni. Negli anni Ottanta e Novanta ha lavorato intensamente alla fotografia di reportage, raccogliendo e selezionando un vasto archivio di immagini. In seguito ad una lunga ricerca, a metà degli anni '90, ha iniziato a creare le Photo-paint che gli hanno procurato molti consensi di critica e di pubblico: Fantasie torinesi e Follie veneziane sono state le prime produzioni, punti di partenza per successive evoluzioni. La ricerca e la sperimentazione dei processi di creazione dell’immagine fotografica che hanno sempre contraddistinto il suo percorso, lo stanno impegnando attualmente in nuovi progetti, anche in campo editoriale. Fino ad oggi ha percorso i diversi ambiti della fotografia, dal bianco e nero al colore, dal reportage alla fotografia artistica, cercando sempre in ogni immagine di esplicitare il potenziale artistico e creativo che conteneva. Così è avvenuto che fotografie di persone comuni riprese nel corso della loro quotidianità si siano rivelate buffe o ironiche, che un paesaggio urbano attraverso l'elaborazione in ripresa si sia rivelata perfetta per un quadro impressionista, o che i colori della natura attraverso l’elaborazione digitale si siano trasformati in forme. I criteri che contraddistinguono l’operato di Basili sono quelli che hanno aperto alla fotografia l’ingresso nel mondo dell’arte affrancandola da una considerazione meramente tecnica.

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L'isola, 2016 - fotografia analogica elaborata al PC - 56x84 11


Piazzetta Reale, 2001 - fotografia analogica - 56x84 12


Occhi sulla cittĂ , 2015 - fotografia digitale - 56x84 13


Palazzo Madama, 2002 - fotografia analogica - 56x84 14


Sala espositiva Circolo degli artisti “Casa di Dante� 15


Lorenza Bini

Lorenza Bini, poetessa e pittrice, è nata in Toscana, vicino Firenze, a Limite sull’Arno, nel Valdarno Inferiore, un paese in provincia di Firenze. Qui ancora risiede e svolge la sua attività d’insegnante nella scuola primaria. Le poesie che scrive hanno origine dalla propria esperienza di vita professionale e dalla crescita spirituale ed interiore in sinergia con l’ambiente naturale e le persone con le quali intreccia l’esistenza. Tali composizioni poetiche hanno come primo obiettivo la diffusione di un messaggio di pace, amore e fraternità con le persone di tutto il mondo. I suoi versi sono tesi a comunicare sentimenti amorevoli verso l’insieme degli uomini e delle cose che la circondano. Con le persone interviene anche uno scambio culturale e si verifica un flusso di sentimenti. Anche in pittura risulta evidente l’intensità dei moti sentimentali e la ricchezza di uno spirito gentile. Molto spesso le poesie trovano rispondenza nei suoi quadri. Si tratta di tele in gran parte di carattere astratto che rappresentano metafore del proprio intimo e delle esperienze della propria vita. Il 2017 è stato per lei un anno particolarmente ricco di soddisfazioni. È stata invitata a partecipare alla selezione di artisti per l’esposizione International Art Symposium e ha preso parte al Premio Arcimboldo. In giugno ha partecipato a Il Profumo dell’Arte organizzato a Palazzo Papafava dei Carraresi a Padova ricevendo un premio e l’attestato di merito. Il mese dopo ha ricevuto il certificato di partecipazione, con la recensione di Sandro Serradifalco e Vittorio Sgarbi, per la selezione di un quadro al Premio Arte Milano presso il Teatro Dal Verme. Sempre nello stesso anno ha ricevuto il premio Trofeo internazionale d’Arte Eccellenze Museali in occasione dell’omonima mostra presso il Museo G. Sciortino di Monreale ed ha avuto diverse altre soddisfazioni.

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Magico calore, 2018 - acrilico su tavola - 100x70 17


Milvia Bortoluzzi Milvia Bortoluzzi, da Thiene, città di pianura per una donna di montagna, che dei montanari conserva il carattere forte e determinato ma anche doti di pudica ed ascosa intensità di sentimenti. Sono due caratteristiche che si possono trovare nei suoi quadri e nelle sue raffinate incisioni; frutto, queste ultime, di montanara pazienza e di una straordinaria libertà d’accenti, quasi pagine di diario nelle quali, spesso trasformate in allegorie, vengono delineati pensieri ed intimità che appartengono a lei sola, per quanto lo sfolgorio di una tecnica magistrale appartenga a tutti coloro che vi si soffermino. Ma esiste anche un diario pubblico, quello costituito dall’album di famiglia riservato alla piccola tribù dei nipoti, oggetto di affettuosi tratti e di benevoli ironie. Costituiscono all’incirca una metà delle tele ad olio prodotte nel corso di una lunga fedeltà al tema, tema che si oppone in maniera netta al gruppo di lavori dedicati alle risorse del paesaggio, cui si applica con uno spirito di contrasto rispetto alla precedente suggestione poetica. Mentre infatti l’album di famiglia rievoca persone, i paesaggi di Milvia sono privi di presenza umana e spesso vanno oltre la mera descrizione per attingere valori ideologici, vuoi dettati dalla fede, vuoi suggeriti da considerazioni sull’elemento umano, come se l’artista volesse suggerire che i liberi cieli e le arboree risorse naturali meglio rifulgono nei loro valori assoluti senza la spesso deplorevole presenza degli uomini. Nella larga messe di acquerelli, Bortoluzzi dipinge la natura, i fiori in particolare, nella loro essenza, nella perfezione del vergine creato, quella stessa che fu dato a Dante di ammirare nei Campi Elisi, là dove lo guidò la donna venuta «di cielo in terra a miracol mostrar», all’Empireo dov’era ritornata nel suo passaggio dal tempo all’eternità. Nei tenui colori di queste pitture ad acqua, nella perfezione delle linee tracciate con mano sicura si è nel tempo andata accumulando la grazia di un’anima capace di leggere gli ascosi sensi della natura, quegli stessi che indussero Gioachino da Fiore a pensare da eresiarca che Dio stesso si nascondesse nell’intimo di tutte le cose. Non è quel che pensa Milvia Bortoluzzi, ma è certo che l’eleganza dei colori da lei usati è la stessa di quelli dipinti da fra’ Beato Angelico; quella delle tinte che Giorgio Vasari definì patrimonio degli angeli. 18


Il tempo, 1994 - acquaforte, ceramolle, acquatinta- mm 320x127 19


Nel bosco n°2, 1997 - acquaforte - mm 258x165 20


Sala espositiva Circolo degli artisti “Casa di Dante� 21


Paola Bradamante Paola Bradamante è nata a Trieste, ma vive a Bolzano, la città dove ha svolto gran parte della sua carriera professionale in qualità di chimica di laboratorio. La sua lunga milizia artistica è rivolta ad un vasto mondo di riflessi spirituali. La sua arte nasce infatti da quel complesso di argomentazioni e tesi che costituiscono il fondamento della pittura del primo Novecento e che si imposero come un ineludibile punto di riferimento negli anni successivi, sino ai nostri giorni. Si tratta dei principi che trovano riflessi nell’opera teorica di Vasilij Kandinskij e nelle formulazioni di Kazimir Malevic; il primo per la definizione di arte astratta, il secondo per la teoria del dinamismo espressivo. Si possono infatti avvertire nel lavoro dell’artista di Bolzano tanto la sorgiva spiritualità del dettato quanto la vigorosa dialettica dei suoi spunti narrativi che trovano concretezza nella nervosa spatolatura che anima la superficie della tela, spesso resa materica dall’applicazione di papeles mojados o di bande argentate. Quando si dice che il modus operandi di Paola Bradamante risale, con esiti aggiornati, all’astrattismo non si intende tanto il fatto che desideri superare le soglie del reale, della pura visione, per attingere un sopramondo non concreto e tuttavia intelligibile, quanto piuttosto che faccia ricorso alle risorse della propria intimità per esprimerle in termini di una molteplice ispirazione che trova risultati visibili in un’epifania ritmica, dialettica, cromatica cui si deve il prestigio decorativo e la serenità spirituale delle sue opere. Quella della pittrice veneta è la storia di un inesausto interesse per gli orizzonti che si pongono come alternativi alla pura visione del reale in quanto il suo lavoro si fonda sull’indagine di vasti orizzonti posti al di là della realtà sensibile per affrontare un nucleo di sentimenti che costituiscono la sua reazione ai cinque sensi per attivarne altri due, quello della memoria e quello dell’immaginazione, sostenuta da una viva partecipazione sentimentale.

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Seria Mondi 2, 2019 - tecnica mista su tela - 80x100 23


Seria Mondi 1, 2019 - tecnica mista su tela - 80x100 24


Sala espositiva Circolo degli artisti “Casa di Dante� 25


Eleonora Brianese Eleonora Brianesi è una giovane artista residente nell’isoletta di Murano nella laguna di Venezia. Questo particolare non è un elemento secondario, almeno se si accetta la teoria di Robert Louis Stevenson secondo il quale chi vive in località rivierasche e più ancora coloro che abitano in piccole isole hanno una forma mentis particolare: «gli isolani si sentono defraudati dei grandi spazi e sembrano respirare a fatica, chiusi nelle loro brevi sponde». Un’idea ripresa da Charles Baudelaire, che parla di costoro come di persone dominate dal senso della fuga, quasi fossero dei prigionieri nella loro terra. Si tratta naturalmente di un sentimento di cui pochi, se effettivamente esiste, sono consapevoli poiché è un oscuro moto ascoso nel profondo dell’animo. Se si prende in esame l’acrilico su tela Raggio di sole portato in mostra a Firenze da Eleonora Brianese si sarebbe indotti a credere alla verità delle affermazioni di Stevenson e di Baudelaire. Siamo infatti di fronte ad un lavoro dai toni cupi e quasi tempestosi, impostato su una quadruplice campitura che drammatizza una scena altrimenti insignificante. In prima evidenza una riva affacciata su un braccio di mare. Sul bordo di questo estremo lembo di terra si mostra in piena evidenza un piccolo cespuglio, che posiamo considerare la metafora di un osservatore intento a mirare davanti a sé le acque mentre tutto l’insieme è una greve bicromia verde-grigiazzurra. Superato lo specchio d’acque, in terza prospettiva, un’esile striscia di terra chiude l’orizzonte costringendo lo sguardo verso l’alto, là dove un raggio di sole malato divide l’orizzonte diffondendo un’appena avvertibile luminosità che circonfonde l’insieme ed ispira un senso di attesa. L’orientamento in diagonale della tela accentua un dinamico senso di fuga mentre la coerenza cromatica contribuisce a conferire pregio ad un’esecuzione di notevole maturità espressiva.

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Raggio di sole, 2018 - acrilico su tela - 40x50 27


Angela Chiassai Angela Chiassai è nata e vive a Roma, dove ha compiuto studi classici per poi dedicarsi alla pittura, che ha coltivato sperimentando varie tecniche alla ricerca di uno stile personale che soddisfacesse la propria ricchezza d’immaginazione, di fantasia e di esigenze culturali. Molti spunti e sollecitazioni esteriori confluiscono così in un panorama unitario di eleganza e compostezza stilistica. Si prendano ad esempio i suoi paesaggi urbani e sarà del tutto evidente che essi nascono dalla commozione storica di chi rievoca un grande passato, ma anche la vivacità di un vivo presente, ma anche lo spirito di sorridente mondanità che animava le cronache dedicate all’Urbe dal Gabriele D’Annunzio giornalista e testimone delle esangui dolcezze della città e dal suo costante omaggio alla bellezza muliebre. Un fattore, questo, che attraversa tutta l’opera di Angela Chiassai e che trova evidente testimonianza nelle due opere esposte a Firenze. Opere che rievocano, con personale intensità e raffinato gusto degli impasti cromatici, certi interni degli impressionisti sino a Pierre Bonnard. Ma in Ragazza in fiore c’è qualcosa di più e di rilevante interesse: vi si evidenzia un tratto della maniera di Caravaggio, ossia l’emersione di un virgineo chiarore dall’oscurità in cui la figura è immersa e la deliziosa invenzione surreale, che va oltre la memoria proustiana, per disegnare sulla schiena della gentile figurina un delicato fiore. E il surreale sta proprio nella materializzazione del titolo. Questo ingresso nel mondo dell’irrealtà è uno dei molti aspetti in cui si dipana una storia artistica dalle vaste prospettive, in una sorta di eclettismo dotato di una sicura coerenza esecutiva. Una maniera nella quale esiste un lucido equilibrio nel rapporto fra il senso dell’insieme e il piacere di arricchirlo con eleganti particolari, così come avviene tanto nella figura, e in particolare nei nudi, che negli slarghi paesaggistici che non fanno cartolina ma rispondono alle necessità dello spirito.

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Ragazza in fiore, 2012 - olio su tela - 70x50 29


Ballerina di flamenco, 2012 - olio su tela - 70x50 30


Sala espositiva Circolo degli artisti “Casa di Dante� 31


Bruno Gabrieli

Bruno Gabrieli, pittore ad inizio carriera, si è poi affermato come uno dei più importanti scultori italiani con opere in legno, in pietra ollare e in bronzo. Del noce ha sfruttato la compattezza e le vene interne capaci di suggerire ad un attento osservatore forme artisticamente suggestive; della pietra ollare ha riscattato l’uso, trasformandola da semplice strumento di cucina in affascinanti opere d’arte:, del bronzo ha affrontato con forza innovativa l’illustre tradizione storica per dar vita a nuove imponenti forme in monumenti pubblici collocati a decoro di piazze e di grandi edifici. Isolato fra il silenzio della montagna e la luce dell’alta quota, un artista -è il caso di Gabrieli- è solo con le sue risorse di pensiero e infatti ogni sua opera non ha alcun elemento di gratuità o di ripetizione, ma sviluppa sempre una forma di intima meditazione che lo vincola alla natura stessa del materiale che impiega. Con ciò intendo dire che lo scalpello dell’artista penetra nel legno o scalfisce la pietra rispettoso di quanto sta maneggiando, ne segue l’intima natura e si fa, per così dire, guidare nella realizzazione di un prodotto finito nel quale si evidenziano insieme le caratteristiche morfologiche del materiale e il libero spirito dell’esecutore. Nel caso del bronzo, Gabrieli è meno libero nella determinazione del risultato finale perché è chiamato a svolgere un incarico, ma occorre osservare che sempre risulta evidente l’emergere di una forte personalità, comunque in grado d’imporre quella che potremmo definire la sua ″firma″ alla statua, anche perché egli accetta solo gli incarichi che trovano le giuste corresponsioni nel suo profondo. Per concludere, Gabrieli è un artista profondamente coinvolto nel suo lavoro, che considera parte del proprio modo di esistere e di pensare. «La bellezza delle mie opere, che lei loda, –mi ha detto- sta in loro non in me».

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Aurora, 2011 - legno di noce - 75x23x18 33


Figura con buco, 2011 - legno di noce - 76x10x5 34


Firenze, Circolo degli artisti “Casa di Dante� 35


Tiziano Illiano

Tiziano Illiano, fiorentino di nascita, risiede a La Spezia ed è un artista singolare per i materiali che impiega nel suo lavoro, originato da un’antica e particolare passione, quella per il legno; legno, sì, ma non le polite tavole usate dai suoi colleghi. A lui interessa il legno di mare, il legno di recupero che si trova dopo le mareggiate sulla battigia. Il legno e il mare costituiscono infatti i suoi maggiori interessi; e i quest’ultimo non tanto per il suo fascino quanto piuttosto, come si è detto, in qualità di fornitore di legno di recupero. Per comprendere il suo spirito basta leggere le seguenti poche righe: «Il legno! Materiale nobile e importantissimo, vivo e carico di esperienza se raccolto su una spiaggia! Ha la capacità di trasmettere l'esperienza dell'immagine dipinta, di renderla reale. Il legno di recupero è una fonte di emozioni sempre nuove! La sensibilità di capire che quel pezzo, ritenuto inutile da molti, in realtà è un supporto ideale. Per un piccolo viaggio nell'arte pittorica è semplicemente fantastico». Un considerevole esempio della maniera di Illiano è l’opera esposta a Firenze nella mostra dedicata a Dante Alighieri. Si tratta di Pensiero fiorentino, un tondo dipinto in acrilico su legno, ovvero sette assicelle opportunamente accostate e sagomate in modo da costituire la base sulla quale dipingere un severo ritratto fantastico di Dante Alighieri. Nel lavoro confluiscono gli spiriti di alcune correnti dell’arte contemporanea, dalla Minimal Art all’Arte povera, ma si tratta di accostamenti marginali perché in realtà quel che davvero interessa ad Illiano è la fusione nelle sue opere dell’aspetto figurativo con la fisicità del supporto. Il volto di Dante, concentrato su un intimo pensiero, risulta quasi arcigno, un’impressione rafforzata dai tratti angolosi e dalla particolare lavorazione del volto che, a partire dalla corona di ″poeta laureato″ di petrarchesca memoria, conferisce all’insieme un aspetto marmoreo.

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Pensiero fiorentino, 2019 - acrilico su legno - diametro 60 37


Silvana Mascioli La bolognese Silvana Mascioli fin dagli anni ’70 ha cominciato ad intessere un profondo rapporto con 1'Optical art, che si è sviluppato attraverso approfonditi studi nel campo scientifico, psicologico e pedagogico. Nel tempo, si è evidenziata nelle sue opere la realizzazione planetaria dell’energia pura, come nutrimento essenziale alla sopravvivenza umana, tanto che la rappresentazione delle relazioni soggettive ed oggettive sembra quasi vagare nello spazio. Negli anni ’80, le sue ricerche, concentratesi sempre più sulle forme, sui colori fondamentali e sui nuovi materiali, hanno messo in evidenza l'effetto nefasto causato sui bambini, in particolare nelle società occidentali, dall'uso sconsiderato dei mezzi audiovisivi di massa, che può portare, come estrema conseguenza, alla morte dell'infanzia, cioè alla scomparsa di una fase fondamentale dell'evoluzione e della maturazione dell'essere umano. Le sette opere esposte nella mostra di Firenze sono parte di una serie, molto importante nell’attuale mondo fantastico dell’artista, dedicate al Paradiso di Dante, la cantica conclusiva del testamento artistico, culturale e personale del poeta. Le tele non rappresentano nulla di concreta fisicità, ma solo l’idea centrale del luogo metafisico identificato dalla teologia medievale come l’Empireo, il luogo dell’immensità divina, che è solo sapienza e conoscenza di tutte le epoche della storia. La rappresentazione circolare che ne dà Mascioli è ispirata alla formazione degli ascendenti gironi immaginati da Dante, che nell’ascesa si spersonalizza per diventare solo pensiero, il puro logos che è la natura stessa del divino. Il cerchio, e più ancora la sfera, sono tradizionalmente segno di perfezione. Mascioli sceglie, dovendo operare bidimensionalmente, il cerchio, che si compone man mano, a rappresentare la difficoltà morale e materiale dell’uomo a raggiungere la perfezione.

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Opere di Silvana Mascioli Circolo degli artisti “Casa di Dante� 39


PS 03 - tecnica mista - 80x60 40


PS 05 - tecnica mista - 80x60 41


PS 06 - tecnica mista - 80x60 42


PS 02 - tecnica mista - 80x60 43


Marisa Mezzadra Marisa Mezzadra è nata a Palermo e vive a Milano dopo molti anni trascorsi a Pavia. La sua vocazione artistica risale all’adolescenza, agli anni in cui si dilettava a disegnare volti immaginari di donne il cui modello era sempre lei, in una sorta di attività auto-ritrattistica. La semplice vocazione si trasformò in matura consapevolezza per merito del fortunato incontro di due personalità rilevanti come quelle della sua insegnante di Arte Maria Dal Conte e di Rossana Bossaglia, docente dell’Università di Pavia, senza dimenticare gli insegnamenti di Liliana Barbieri, diplomata a Brera. Agli studi di pittura si affiancarono quelli di lingua e letteratura inglese condotti presso l’Università Bocconi. La letteratura inglese influì in misura notevole su determinate scelte pittoriche, soprattutto in fatto di reminiscenza shakespeariane evidenti in alcuni quadri, come ad esempio In My Mind’s Eye, Full Fathom Five, A Midsummer Night’s Dream. L’opera di Marisa Mezzadra si è costantemente sviluppata alla ricerca di un punto di equilibrio tra la forza della realtà ed il fascino della fantasia. Tali sollecitazioni l’hanno indotta, come ha opportunamente rilevato Rossana Bossaglia, «a realizzare una pittura ambiziosa che si confronta con temi alti e ci consegna un impasto di profonde emozioni; e tuttavia godibile anche in maniera semplice e diretta, come un messaggio non privo di seduzioni edonistiche. Con questi punti fermi dalle conclusive semplificazioni formali emergono, purissimi, i simboli della bellezza». Concludiamo con un’interessante osservazione di Ludovico Calchi Novati: «Il messaggio che Marisa Mezzadra ci comunica...è sostanzialmente quello delle sinestesie, cioè della corrispondenza tra le varie manifestazioni artistiche».

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Nuova magia, 1985 - colori fluidi Rembrandt e oro liquido su legno - 80x60 45


Denise Mingardi Denise Mingardi è nata e vive a Vicenza interessandosi di poesia e di arte. Scrive infatti poesie, fiabe e racconti che hanno ricevuto premi e riconoscimenti a concorsi nazionali. Ha pubblicato due libri di poesie: Sei una stella e Siamo Ali. Quest’ultima silloge ha ricevuto il secondo premio nazionale al Concorso ″Città di Piacenza″ nel 2016. Sue opere appaiono in varie antologie e nell’Antologia dei Poeti Contemporanei presentati da Elio Pecora a Roma. È infine Presidente del ″Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini″. Per passare all’arte, diremo che ha frequentato diversi laboratori artistici e molti corsi di pittura ad acquarello, ad olio e acrilico. Ha partecipato a workshop e corsi di incisione con particolare riferimento al ″Corso Triennale di Incisione e Libro d’Artista″ alla Scuola di Scienza e Arte della Legatura ″Giovanni Olivotto″ e al ″Master Biennale di Libro d’Artista e Incisione″ presso la Scuola di Arte e Mestieri di Vicenza ed ha collaborato con la ″Scuola Internazionale per l’Illustrazione″ di Sarmede (TV). Ha sperimentato inoltre la tecnica del trompe-l’oeil. Le sue attività artistiche e letterarie sono state più volte premiate in sede nazionale ed internazionale in occasione delle numerose mostre cui ha partecipato. Artista colta e raffinata, ha coltivato varie formule espressive, in particolare quelle tecnicamente più sofisticate, come l’acquerello, l’incisione, i libri e i taccuini d’artista, e la mail-art. In particolare le tecniche di incisione su matrici nei materiali più vari evidenziano una ricerca in cui la sperimentazione tecnica è parte integrante del processo creativo. Le sue preferenze vanno alla linoleografia, alla xilografia e alla stampa calcografica. Il suo recente percorso artistico, con la realizzazione di opere di cm 22x22 a tecnica mista, ha realizzato la sintesi di una ricerca espressiva e spirituale che fonde colori, immagini e la musicalità delle lettere dell’alfabeto ebraico nel rappresentare l’essenza energetica dei 72 Angeli dell’Albero della Vita.

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Albero della vita, sedici angeli, 2019 - tecnica mista su tela - 22x22 ciascuno 47


Edoardo Stramacchia Edoardo Stramacchia è nato ad Anfo, un paesino in provincia di Brescia, ed ha iniziato l’attività artistica nel 1971 ottenendo un largo successo sin dalle prime mostre allestite in gallerie bresciane. Restano di quegli anni molte entusiastiche recensioni sui quotidiani della città. Negli anni successivi, come accade a molti artisti, fu costretto a dividersi fra arte e lavoro, ma continuò ad esporre con un ritmo da professionista. Nel 1975, dopo un quinquennio di lavoro, entrò a far parte del Gruppo Sincron, che operava sotto la guida di Armando Nizzi. In quell’ambiente, ricco di stimoli e frequentato da rilevanti personaggi, ebbe modo di entrare in proficuo contatto con artisti del valore di Julio le Parc o dall’eclettica personalità come lo straordinario Bruno Munari. L’effervescenza creativa degli anni successivi lo indusse a fondare il Gruppo TREA con Uberto Bonetti e Tancredi, compagni di lavoro con i quali espose in numerose Gallerie italiane, ad Amsterdam e in diversi Salon al Grand Palais di Parigi. Dopo un ventennio di costante maturazione, nel 1984 si verificò la svolta fondamentale della sua produzione, ossia l’abbandono delle precedenti esperienze costruttiviste e quelle legate alla poesia concreta. Quelli successivi furono anni d’intensa maturazione e di vaste riflessioni circa il significato stesso della pittura. Sette anni dopo, solo nel 1991, Stramacchia riprese con decisione, quasi con ansietà, ad esporre realizzando, tra l’altro, personali di notevole valore a Roma, Napoli e Gubbio. Con interessante intuizione, a proposito di Stramacchia è stato rilevato che «volendo si potrebbe vedere nel [suo] fare una rivincita del neodadaismo nei confronti della pop art, ma di un neodadaismo tutto pittorico, che va ben oltre all'imbrattamento di colore di oggetti reali [...] Infatti in S. il gesto neodada del comporre a collage applicato alla tela è sommerso dal e nel colore che cancella e, cancellando, configura sagome».

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Il girone mancante, 2017 - collage e acrilico su tela - 80x80 49


Mario Testa Mario Testa è un personaggio straordinario del mondo romano: eccellente conversatore, autore di canzoni, cantante e per lunghi anni protagonista di programmi radiofonici, collezionista d’arte senza limiti e pittore. Apprezziamo il resto ma in questa sede ci interessa solo il pittore. In tutte le sue manifestazioni si potrebbe, naturalmente con simpatia, considerare eccessivo, e tale è anche in pittura. Per lui è un grande svago, la sede di tutte le meraviglie, delle idee profonde e delle passeggere vaghezze nonché della vocazione narrativa, ma soprattutto della gioia, in quanto Testa è un inguaribile ottimista. Non gli è mai interessato definire una sua maniera, convinto che in pittura i contenuti sino più importanti della forma e quindi di volta in volta ha adattato lo stile all’empito figurativo che caratterizza i suoi lavori, che vanno considerati narrazioni per immagini, vere e proprie fabulae contemporanee. Inoltre l’eccessiva fedeltà ad uno stile reca con sé il rischio della ripetizione, della stanchezza creativa. Per convincersi dell’esattezza di questa tesi basta prendere in esame le due tele esposte in mostra a Firenze: Le barche amorose e I love jazz. Sono due scene, la prima delle quali, tratteggiata in verticale, narra una storia medievale ricca di particolari: lo stagno al cui margine superiore si vedono due barche affiancate, ″amorose″ perché hanno trasportato una coppia ad un appuntamento sentimentale. I due innamorati per magica virtù sono stati trasformati in una coppia di uccellini sui quali vigila un trampoliere. La ricca e complice vegetazione si spinge in alto, verso un turrito antico borgo. La seconda tela si articola in una sequenza di sei atti. In alto, sfumati, i palazzi della città. In primo piano un muro fatiscente sul quale una vecchietta, arrampicata su un carrello, dipinge il titolo del quadro. Sotto, l’immagine di una pensosa giovinetta che suona la chitarra. Dietro, sulla destra, quattro giovani ascoltano rapiti la musica. In mezzo un delizioso e buffo cagnolino raccoglie le offerte. Due novelle, una in stile realista, l’altra d’impianto espressionista. In realtà, un duplice esempio di narrazione trasformata in pittura.

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I love jazz, 2016 - litografia da tecnica mista - 60x80 51


Le barche amorose, 2016 - litografia da tecnica mista - 80x60 52


Sala espositiva Circolo degli artisti “Casa di Dante� 53


Domenica Vecchio

Domenica Vecchio è nata e risiede a Licata, una città di nobile rilievo storico che fa parte del libero consorzio comunale di Agrigento. Nel corso di un temporaneo trasferimento a Roma ha frequentato la locale Accademia di Belle Arti conseguendo il Diploma in Scenografia. In mostra a Firenze, quali omaggi al ″divin Poeta″ ha recato una coppia di ritratti del padre della letteratura italiana, ritratti che recano i segni della sua grandezza poetica essendo il capo di lauri cinto. La realizzazione, dai tratti forti e molto marcati, sottolinea il severo carattere del «ghibellin fuggiasco», oggetto di un’immensa considerazione sino al Quattrocento, ripresa in termini decisivi, corroborata da un’infinità di studi, dall’Ottocento in poi. Nella forza dei lineamenti tratteggiati da Domenica Vecchio, nello sdegno che s’impone dal naso rilevato e imponente, nella bocca atteggiata a profondo disprezzo paiono riecheggiati i sentimenti nutriti da molti italiani che negli anni tumultuosi del Risorgimento compararono il loro destino di stranieri in patria e di esuli che dovevano sopportare la durezza della loro condizione a quella dell’antico poeta, che dovette subire analoghe vicissitudini. Molti di loro, come Dante, che dichiarò di amare Firenze ma non i suoi costumi, si sentirono italiani, sì, ma molto diversi da quelli che s’inchinavano allo straniero. Tali sentimenti paiono emergere dai due ritratti, assai simili fra loro, giocati sull’emergere dei duri tratti di un volto scultoreo delineato in giallo-bruno sul cupo violaceo delle tele, i cui segni sono fortemente sottolineati dall’impiego dell’acrilico che segna nettamente il volto, quasi scolpendolo. Due lavori, in sostanza, nella quale il concetto trova pieno rilievo nella forma con singolare fermezza di esecuzione.

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Omaggio a Dante, 2020 - acrilico su tavola - 70x50 55


Dante Alighieri, 2020 - acrilico su tavola - 70x50 56


Sala espositiva Circolo degli artisti “Casa di Dante� 57


Manolo Yanes Manolo Yanes è nato e risiede a Santa Cruz de Tenerife, nell’arcipelago delle Canarie. Ha studiato Geografia e Storia presso la Universidad de La Laguna di Tenerife e Disegno e Pittura nella locale Escuela de Bellas Artes. Vive attualmente tra Francia e Spagna, dove è considerato uno degli artisti più importanti. Dotato di una tecnica eccellente, la sua fantasia spazia senza limiti in un vastissimo repertorio di memorie storiche che gli provengono insieme da spunti letterari come la mitologia greco-romana e dal patrimonio artistico occidentale con particolare riguardo per il Rinascimento. I soggiorni a Parigi, la visita delle grandi collezioni d’arte francesi e un occhio di riguardo al lavoro di Toulouse-Lautrec stanno forse alla base del suo amore verso il circo e il cabaret. Un amore indubbio che probabilmente non ha solo Toulouse-Lautrec come fonte. Di pagliacci e di scene circensi ne ha dipinte molte anche Picasso. Tecnica e cultura classica hanno guidato Manolo Yanes su un sentiero artistico che gli appartiene in esclusiva con le sue scene arricchite da ″velature″ rinascimentali aggiornate e che ha ispirato grandi cicli mitologici nei quali uno spirito irriverente ha finito per mescolare l’antico con il nuovo impreziosendo le sue sfilate divine di sapidi sensi contemporanei. Delineati con talentuosa vena, gli dèi dell’Olimpo di Yanes hanno insospettabili tratti di modernità e subiscono con imperturbabile spirito di divina dignità gli affronti dell’artista. Un procedimento analogo accomuna loro i protagonisti del quadro dipinto per partecipare alla mostra fiorentina Dante e Virgilio nella barca di Caronte. Tutti conoscono l’episodio narrato da Dante nelle sue memorie; tali sono infatti le tappe del suo viaggio narrato nella Divina Commedia. Yanes lo presenta con grande eleganza formale: a prua i due poeti abbracciati, figure alte e piene di dignità. E qui termina l’omaggio al ″divin Poeta″. Il resto è un elegante, irriverente e accattivante burlesque. Caronte non è un vecchio dagli occhi di bragia, ma un giovane efebo palestrato il cui conico copricapo da circo vola alto sul suo capo, un bambino è seduto sul bordo della barca e reca un cilindro in testa, lui pure partecipe della scena cabarettistica anche se con memoria düreriana appoggia un gomito su un teschio, metafora della vanitas vanitatum. Sulla prua un cavallino di legno a mo’ di polena. Un risultato straordinario di una grande mano sorretta da una fantastica vena ludica. 58


Dante e Virgilio nella barca di Caronte, 2019 - acrilico su tela - 60x80 59


Anna Zaramella d’Este Anna Zaramella d’Este è nata a Venezia e risiede a Vittorio Veneto. Abilitata all'insegnamento, ha compiuto i suoi studi artistici a Roma e a Venezia e svolge un’intensa attività di docenza interessandosi attivamente anche di un’Associazione culturale nella sua città. Si dedica alla pittura in termini professionali e da anni partecipa a rassegne d’arte in Italia e all’estero: occasioni che si sono rivelate notevoli successi premiati con riconoscimenti di primaria importanza. Inoltre, in occasione delle sue personali, come peraltro anche in collettive di grande qualità, ha conosciuto successi di critica e di pubblico. I suoi meriti sono attestati dalle molte opere accolte in primarie collezioni pubbliche e private. Come ha scritto Paolo Rizzi, «finezza formale e sottigliezza intellettuale, riecheggiamento di sostrati culturali e una lieve forma di delicata nostalgia» insieme ad un gusto sofisticato nella scelta dei temi e nell’impiego del colore sono i più significativi caratteri di una precisa vocazione lirica. Il mondo intellettuale e visionario di Anna Zaramella d’Este sono gli elementi più evidenti di una personalità complessa ed assai riservata. Se alcuni suoi lavori possono essere considerati forme di confessione; ebbene, tale confessione non è una debolezza ma una vigile volontà di comunicare, di trasmettere idee logiche o empiti sentimentali. La pittrice veneta è indubbiamente coraggiosa nelle scelte tematiche e nei termini di resa. Si prenda ad esempio il quadro in mostra, Libertà. A prima vista una tela di gradevole aspetto con la sua tenue monocromia in violetto, ma assurda con quella gabbietta per uccelli sbandierata in alto. In un secondo momento ci si rende conto che il titolo è esatto e aiuta a comprendere il significato dell’opera. Infatti la gabbia è vuota e l’uccellino che ne era ospite involontario si è involato per liberi cieli, quelli che contempla la sgomenta proprietaria, una elegante figuretta d’antan.

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LibertĂ , 2014 - tecnica mista su tavola - 75x85 61


Bernardino Zavagnin Bernardino Zavagnin è nato a Zugliano in provincia di Vicenza. Dopo aver concluso gli studi universitari si è dedicato per alcuni anni all’insegnamento e ha successivamente intrapreso l’attività di geologo. Ad onta dei crescenti impegni professionali, la profonda passione per il mondo dell’arte moderna e contemporanea lo ha indotto a frequentare importanti gallerie ed esposizioni temporanee, con un prevalente interesse per l’arte italiana dalla ricostruzione post-bellica al boom economico. Negli anni ha inoltre visitato i più importanti Musei in Europa e nell’America settentrionale. L’ampliarsi delle conoscenze ha finito per far nascere in lui il desiderio non solo di guardare ma anche di possedere opere di pittura, grafica e scultura con la conseguente creazione di una piccola collezione, in cui trova spazio anche l’arte africana. A metà degli anni ’90 ha avviato personali ricerche sui colori soprattutto con l’abitudine di addizionare ai colori ad olio altri materiali in modo da delineare sulla tela opere di forte respiro tridimensionale. Quando si parla di una vita per l’arte qualche volta non si fa retorica. Nel caso di Zavagnin è infatti evidente che uno dei caratteri più significati dei suoi lavori consiste proprio nel fatto che essi sono lo specchio del suo ethos e della sua evoluzione tecnica. Attualmente Zavagnin, che trova la propria dimensione poetica nella grande dimensione, opera in termini di concettualismo astratto dando vita ad opere seriali distribuite in cicli che sviluppano le suggestioni di determinate inclinazioni spirituali espresse in colori severi ed omogenei. La produzione del pittore vicentino, quantitativamente limitata, è stata in gran parte acquisita da collezionisti privati, anche se non sono mancate acquisizioni pubbliche da parte delle Amministrazioni Comunali di Carrè, Malo, Thiene e Schio.

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Grande illusione 2, 2018 - tecnica mista su tela - 70x90 63


Grande illusione 1, 2018 - tecnica mista su tela - 70x90 64


Sala espositiva Circolo degli artisti “Casa di Dante� 65


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