Psichiatria maggio agosto 2012

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P. VENUTI - M. MASTROGIUSEPPE - S. CUVA

ruolo importante nella comunicazione, grazie alla loro relazione privilegiata con il linguaggio. Attraverso l’utilizzo dei gesti il bambino è attivo nella comunicazione, dice senza parlare. I gesti si strutturano lentamente durante i primi anni di vita di un bambino seguendo delle tappe ben delineate (Capirci et al., 2010) – a 9-12 mesi emergono i gesti performativi o deittici: indicare, mostrare, dare, offrire, richiedere; essi esprimono una chiara intenzione comunicativa, richiestiva o dichiarativa, ed il loro significato può essere ricavato in relazione al contesto in cui vengono eseguiti. Tali gesti sono quasi sempre distali e sono solitamente accompagnati dallo sguardo del bambino che si alterna tra l’adulto e l’oggetto; – tra i 12 e i 18 mesi si affermano i gesti referenziali o rappresentativi i quali includono i gesti convenzionali/interattivi, o emblematici, come fare ciao con la mano; scuotere la testa per “si” o “no” e i gesti iconicamente collegati alle azioni abitualmente eseguite dal o col referente (ad esempio portare la mano ai capelli per “pettinare”). Questi gesti non implicano l’uso di un oggetto come nel caso di schemi di gioco simbolico, hanno piuttosto la funzione di simbolizzare un referente o un’azione solitamente eseguita col referente. I bambini con ASD mostrano gravi compromissioni nella comunicazione verbale e non verbale, ed in particolar modo nella produzione di gesti comunicativi. La presenza di deficit nell’utilizzo della gestualità per fini comunicativi è ampiamente affermata dalla letteratura clinica sull’autismo (de Marchena e Eigsti, 2010). Compromissioni nella produzione gestuale sono evidenti dai punteggi in misure diagnostiche quali l’Autism Diagnostic Observation Schedule (Lord et al., 2002) l’Autism Diagnostic Interview (Lord et al., 1994) e l’ M-CHAT (Robin et al., 2001) in cui l’assenza o la scarsa frequenza del gesto è valutata come sintomatica. Nonostante questi dati e l’evidente centralità della comunicazione gestuale nell’autismo (McNeill e Mostofsky, 2012), tale campo di ricerca risulta ad oggi ancora parzialmente inesplorato, con risultati scarsi e spesso contrastanti come emergerà nella rassegna degli studi presentata in questo paragrafo. Ciò è un peccato in quanto a nostro parere la comprensione della comunicazione gestuale nella sua complessità potrebbe contribuire alla maggiore comprensione delle compromissioni socio-comunicative nei bambini con DSA e dare intuizioni su approcci terapeutici potenzialmente differenziati. Lo sviluppo della gestualità nell’autismo segue effettivamente un andamento del tutto peculiare sia rispetto allo sviluppo tipico (Luyster et al., 2007) sia rispetto all’andamento presente in altre popolazioni con sviluppo atipico, come nel caso dei disturbi specifici del linguaggio, della sindrome di Down e della sordità congenita. Nei bambini con queste patologie i gesti costituiscono infatti un’importante via di comunicazione alternativa per compensare i deficit nello sviluppo linguistico (Stefanini et al., 2007; Thal e Tobias, 1992; Capirci et al., 2007). Nel caso dei disturbi dello spettro autistico, invece, le limitazioni nella comunicazione verbale non sono compensate dall’utilizzo del gesto che, al contrario, si dimostra particolarmente povero sia relativamente alla frequenza della sua utilizzazione che alla qualità della sua esecuzione, a conferma dei deficit generalizzati nell’interazione sociale che caratterizzano questi bambini (Wetherby, 2007). I pochi studi presenti in letteratura sulla


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