Prospettiva Ep gennaio agosto 2013

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Studi

solo parlare; questa, credo, è stata la grande acquisizione della musica tradizionale: l’affermazione nella negazione, riconciliazione, dopo tutto!» (Marcuse, 2007, 133; Marcuse, 2011, 95). È nel segno del classicismo (Bach, Beethoven), del romanticismo e del modernismo (Mahler e la seconda scuola di Vienna) di matrice germanica che Marcuse guarda al ruolo dell’arte musicale, confermando così il suo approccio culturalmente alto al significato rivoluzionario dell’arte. Nella seconda parte del suo discorso considera anche la musica popolare, mette in discussione la differenza tra “serious and popular music” e specifica la musica degli afroamericani, la black music come un riferimento di importanza storica cruciale. Marcuse termina il suo discorso affermando che la grande ribellione contro la civiltà repressiva coinvolge anche il campo della musica e questo coinvolgimento rende i suoi cultori alleati o avversari; in ogni caso gli studenti di musica sono coinvolti perché potranno difendere, quindi salvare il vecchio con le sue promesse e forme ancora incompiute e valide o lavorare per attribuire nuove forme a nuove forze creative. Il discorso sulla musica di Marcuse meriterebbe un’analisi più dettagliata, perché risultano molto interessanti sia la scansione logica dei vari passaggi sia la struttura complessiva dell’argomentazione ma una ricostruzione della sua filosofia della musica esula dallo scopo di questo saggio, mi premeva solo sottolineare che a partire dagli anni sessanta il contesto educativo svolse un ruolo cruciale nella diffusione delle idee marcusiane, che l’arte giunse a acquisire una posizione centrale nel suo pensiero e nonostante i riferimenti privilegiati alla grande tradizione culturale occidentale Marcuse fu assai attento alle nuove forme di arte che si venivano sviluppando in quegli anni negli Stati Uniti. A differenza di Adorno Marcuse non si sentiva un estraneo nel mondo della musica jazz, pop, rock, folk dell’America del suo tempo. Nelle varie conferenze sull’educazione e sull’arte Marcuse accenna al tema di una nuova sensibilità, alla questione dell’educazione estetica, al ruolo politico dell’arte, argomenti che erano presenti da tempo nel suo orizzonte di pensiero. Erano stati infatti affrontati in Eros and Civilisation (Marcuse, 1967a, 194-214) e in One-Dimensional Man (Marcuse, 1967b, 215-234) e trovarono un nuovo assetto teorico in An Essay on Liberation del 1969. Conviene soffermarsi brevemente sulla questione dell’educazione estetica perché questo argomento fu (ri)proposto con forza da Marcuse all’attenzione della comunità filosofica del tempo. L’espressione “educazione estetica” si ritrova in una celebre opera del 1795 di J.C. Friedrich Schiller dal titolo L’educazione estetica dell’uomo. Una serie di lettere, nella quale Schiller, come ha sottolineato Luigi Pareyson (Pareyson, 1983, 11), individua nell’armonia fra sensibilità e razionalità il fine dell’uomo. Nella lettera ventitreesima Schiller stabilisce che «il passaggio dallo stato passivo del sentire a quello attivo del

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