Prospettiva EP gennaio agosto 2012

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gruppo classe (sottogruppi, leader, gregario, capro espiatorio, il “secchione”, il “simpatico”, lo “sportivo”, il “bullo”). In modo particolare, però, l’insegnante deve porsi il problema di un insegnamento efficace che miri alla comprensione autentica di ciò che si insegna. Egli, perciò, deve rappresentarsi mentalmente le modalità di ragionamento degli allievi, ma anche anticipare e prefigurare, in base alla propria esperienza di insegnamento, quelle che saranno le probabili difficoltà che gli studenti si troveranno ad affrontare sul piano delle conoscenze, competenze e abilità richieste. Ciò significa che l’insegnante svolge la sua professione in base ad una, più o meno esplicita, teoria della mente e di una serie di considerazioni psicologiche sulla cognizione degli allievi, che lo guidano nella determinazione preliminare dei programmi e nel loro svolgimento, nella didattica, nel modo di presentare/rappresentare i contenuti disciplinari e nella valutazione. In molti casi, tuttavia, la percezione e le considerazioni degli insegnanti sono errate oppure divengono delle “etichette” che una volta affibbiate allo studente difficilmente sono suscettibili di cambiamenti e revisioni, anche nel caso di eventi che smentiscono queste valutazioni errate (positive o negative). Casi simili si connettono non solo all’effetto alone e a tutta una serie di distorsioni che possono riguardare in modo specifico il mondo della scuola (effetto Pigmalione, profezie che si autoavverano), ma anche a un processo che ricorda da vicino la teoria sociologica dell’etichettamento sociale (labelling theory) che può indurre lo studente ad accettare, a introiettare e a comportarsi in linea con ciò che l’insegnante crede di lui. In questo modo se l’insegnante è convinto che lo studente sia svogliato o “incapace” di raggiungere un livello soddisfacente di preparazione, può accadere che lo studente non solo accetti il giudizio, ma finisca per convincersene a tal punto da conformarsi pienamente ad esso. L’attribuzione, ad esempio, di scarse capacità cognitive o volitive da parte dell’insegnante, ossia dell’esperto e dell’autorità in un certo campo, può produrre non solo dei disastri dal punto di vista dell’autostima e del successo, o meglio dell’insuccesso scolastico, ma può favorire proprio l’insorgere di quei caratteri cognitivi, emotivi, volitivi e comportamentali che si ritengono negativi. Per evitare questi pericoli i giudizi e le valutazioni sulle caratteristiche e le capacità mentali degli allievi devono sempre essere vagliati criticamente e costituire utili “ipotesi di lavoro” piuttosto che considerati alla stregua di un “destino”. In quest’ottica ToM deve essere assunta come un costrutto euristico, suscettibile di correzioni e revisioni critiche in grado di superare qualsiasi atteggiamento ingenuo, soprattutto da parte di chi ha responsabilità educative. È evidente che in questo processo di valutazione hanno un ruolo determinante le competenze professionali critico-riflessive dell’insegnante (Schon, 1983; 1987), ma possono svolgere un utile sostegno alla

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