As.Pe.I. Aprile-Settembre2013

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BOLLETTINO ASSOCIAZIONE PEDAGOGICA ITALIANA

163-164 Aprile - Settembre 2013 nn. 2-3 TRIMESTRALE

Educare è crescere insieme COMITATO DI DIREZIONE art. 1 comma 1 – DCB – Roma – Aut. Trib. Bologna n. 4253 del 20-12-1972 DIREZIONE E REDAZIONE: Facoltà di Scienze della Formazione, Via Concezione 8, 98121 Messina. Tel. e fax 090361349, e-mail: presidente@aspei.org Stampa: Armando Armando s.r.l., viale Trastevere, 236 – 00153 Roma presso la C.S.R. srl., Via di Pietralata 157 – 00158 Roma SOMMARIO 1. Editoriale 2. Educazione - lavoro - professionalità 3. Le “Nuove Indicazioni” per la scuola del primo ciclo: autonomia, competenze, nuove tecnologie 4. Esperienze didattiche 5. Iniziative dell’Associazione 6. Patrocinio di iniziative culturali 7. Vita delle sezioni 8. Recensioni e segnalazioni

Prof. Concetta Sirna Presidente Nazionale As.Pe.I. Prof. Sira Serenella Macchietti Direttore Responsabile Antonio Michelin Salomon Redattore capo REDAZIONE N. Bellugi, B. Grasselli, A. Carapella, F. Galli della Loggia, A. La Marca, G. Serio, S. Villani

EDITORIALE “Un bambino, un insegnante, un libro, una penna possono cambiare il mondo”. Queste le conclusioni del discorso pronunciato da Malala Yousafzai a New York, nella sede delle Nazioni Unite, nel giorno del suo sedicesimo compleanno. Riassumono con efficacia il credo di questa coraggiosa ragazzina pakistana che i talebani hanno tentato, e minacciano ancora, di uccidere perché si ostina a difendere il suo diritto di andare a scuola come i suoi coetanei maschi. Il suo comportamento, coraggioso e fiero, è diventato un segno di quella irriducibile speranza che viene dalle idee e che sostiene tutti coloro che credono ancora nella forza trasformativa dell’educazione e della scuola per un mondo più giusto e migliore per tutti: ci credono fino a scommettere la loro vita. Davvero la scuola non poteva trovare una testimonial più efficace. In realtà un programma di educazione per tutti (‘Education for all’) c’è già ed è stato lanciato nel 1990 dalla Conferenza mondiale ONU-Unesco di Jomtien, in Thailandia, ma non ha dato ancora i risultati che si proponeva di raggiungere entro il primo decennio. L’obiettivo di estendere la frequenza della scuola elementare a tutti i bambini e le bambine del mondo è stato spostato infatti dal 2000 al 2015, ed è tuttora lontano dall’essere raggiunto. L’opera di alfabetizzazione trova ancora i suoi detrattori e gli ostacoli più diversi, primo fra tutti quello di un diffuso clima di indifferente disperante apatia e di scetticismo rinunciatario. Manca soprattutto un diffuso entusiasmo e quella fiducia in un futuro migliore che può nascere soltanto se si ha chiara la consapevolezza che non c’è crescita né innovazione senza impegno personale. Occorre capire che le deleghe sono comode ma pericolose, che la dignità e la libertà non sono benevole concessioni ma conquiste che vanno perseguite con fatica e determinazione, difese con coraggio, rappresentando spesso l’esito di lotte aspre e lunghe. Occorre, soprattutto, convincersi che tutti dobbiamo lavorare alla trasformazione ed al miglioramento di sé e della comunità umana, primo sostanziale obiettivo dell’esistenza. Malala, con la sua testimonianza di vita, ci ha ricordato in modo semplice ed efficace che la scuola ha come compito primario, non tanto e non solo la diffusione di conoscenze, quanto soprattutto quello di 1


alimentare nelle nuove generazioni il bisogno di crescita umana, la consapevolezza delle risorse personali ed il senso di responsabilità, che dà diritto a sperare in un futuro migliore. È un invito ad impegnarci perché, in un mondo frammentato e precario, la scuola possa continuare ad essere un luogo in cui si alimenta il sogno di un mondo migliore e la responsabilità per costruirlo. Anche l’As.Pe.I., coerentemente con le sue finalità statutarie, può e deve dare il suo contributo perché la scuola e tutte le istituzioni educative diventino fucine dove si promuovono le nuove competenze ma, soprattutto, dove si coltiva una cultura operativa, espressiva e spirituale non asfittica, capace di proiettarsi verso la realizzazione di una nuova “cittadinanza umanitaria”, rispettosa e solidale per tutti. Concetta Sirna

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EDUCAZIONE - LAVORO - PROFESSIONALITÀ Un progetto di scuola per un’Italia diversa di Giuseppe Serio

che sono più di 50 milioni in Europa? In Italia circa il 30% dei giovani sono disoccupati e poco più del 40% sono studenti. Nei forum vengono proposte L’articolo 1 della Costituzione stabilisce che: loro le piccole imprese e i servizi per le comuni“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul tà. Si ritiene importante anche intensificare la lotta lavoro”, volendo così garantire a tutti l’accesso ai contro l’insuccesso scolastico, l’analfabetismo podiritti di base e rendere attuale il diritto al lavoro. litico-culturale e le debolezze del curricolo scolastico, che sono causa di una “professionalità debole”. 1. Nel contesto della cultura costituzionale e della teoria pedagogica dei “diritti di base”, il di2. Per rendere attuale il diritto al lavoro sarebbe ritto al lavoro rende attuale il “diritto alla vita” che necessario educare il lavoratore a quella cittadinanl’uomo realizza in qualità di agente della storia. za etica che lo tutela dalla corruzione e dal degrado Purtroppo, i diritti di base non sono prioritari nel- sociale. Il diritto al lavoro, infatti, si connatura alla la cultura politica italiana che stanzia miliardi nel dignità umana, s’inserisce nella cultura dei diritti settore dei lavori pubblici o nell’acquisto di armi, umani ed ha riscontro anche nella sensibilità relitroppo spesso occasione di corruzione (es. tangenti giosa che guarda al lavoro come un dovere (“chi sugli appalti di metropolitane, aeroporti, ospedali, non lavora neppure mangi!”, 2a lettera ai Tessaloforniture di armi, ecc.) e pochissimo, invece, nel nicesi [2Ts, 3, 10b-13]). Agire contro la disoccusettore dell’educazione e della ricerca, risorsa della pazione – da parte dello Stato – significa scegliere vita onesta, della civiltà del lavoro e della digni- la giusta linea politica che si configura come offertà dell’uomo. Si spende moltissimo in direzione ta del “lavoro giusto per la persona giusta” (cioè, dell’effimero, ma pochissimo nel settore che con- preparata mediante “un’appropriata formazione sente ai giovani l’accesso ai diritti di base. culturale, tecnica e professionale”). Chi non trova Piaga altrettanto grave è la “raccomandazio- lavoro, affermava Giovanni Paolo II, “vede paurone”, diffusa nei concorsi pubblici per coprire la samente frustrata la sua sincera volontà di lavorare scarsa preparazione professionale del “raccoman- e avverte la responsabilità di non poter cooperare dato”: costringe chi è senza raccomandazione ad per lo sviluppo economico e sociale della comuandarsene all’estero (dove, poi, si realizza in modo nità”. D’altronde “non si può non rimanere colpiti eccellente). Perdiamo, così, le eccellenze e ci te- dal fatto sconcertante e di proporzioni immense” niamo le “deficienze”. A ciò si aggiunge, pure, la che riguarda le “cospicue risorse della natura, inutruffa dei titoli di studio falsi e la sete di guadagno tilizzate”, mentre nel mondo ci sono due miliardi di specialisti incompetenti. In Italia manca ancora di disoccupati che muoiono letteralmente di fame1. la sinergia scuola/lavoro, università/specializzazione, fondamentale per costruire una determinata 3. L’opera no profit crea un “clima di simpatia”; professionalità nel sistema lavorativo e dei servizi. purtroppo, però, non è condivisa dal potere politiLa professionalità è in continua trasformazione, ed co, che non la considera un servizio per la comuè richiesta dalle imprese in vista dell’integrazione nità. Il volontariato, in realtà, è la coscienza critica europea e del “will to manage” (volontà di gestire dei potenti che si dimostrano quasi sempre poveri e amministrare). di energia solidale. Il lavoro retribuito, invece, è lo Quando si parla di diritto al lavoro occorre strumento con cui il lavoratore realizza il pane quochiarire a quale lavoro ci si riferisce. Quello uma- tidiano che gli consente di vivere dignitosamente: nizzante (Marx)? Quello alienante (Fourier)? Quel- elevando la cultura del lavoro si ubbidisce alla prolo che costruisce simboli (Cassirer) e strumenti pria coscienza e, per il credente, alla volontà divi(Franklin)? Nella post-modernità, che si caratte- na. rizza come società complessa, ingiusta, disuguale, prevale l’homo ludens (Luhmann) o il faber? Il laUna ulteriore riflessione va riservata a chi – voro più efficace è quello fisico o quello esegui- come il disabile – non può lavorare e a chi è escluso to dalla macchina diretta dalla mente (Acone)? Di dai suoi “diritti di base”. Come “homo sanus” chi quale lavoro abbiamo bisogno? lavora ubbidisce al Creatore nella triplice direzione Cosa fanno oggi i giovani tra i 15 e i 30 anni, dell’amore per gli altri (svolgendo una particolare 3


attività necessaria ai soggetti della comunità sociale); dell’amore per Dio, che gli comanda di dominare la Terra e salvaguardare il creato; dell’amore per la verità, che arricchisce la scienza, perpetua i frutti e li condivide con gli altri. Anche chi è disabile può contribuire a potenziare il bene comune: è questa l’importante risposta che Dio si attende da ciascuno e da tutti. Il problema pedagogico del lavoro postula in realtà la complementarità tra i vari aspetti dell’uomo che è “ludens”, “faber” e “sapiens” e che manifesta la sua evoluzione nel pensiero, nell’azione e nella gioia (il tempo libero dalle attività obbligatorie). Importante, infine, è il processo di formazione alla professionalità. È un processo che orienta la persona alla scelta della professione per tappe, a partire dalla tappa più importante che, come dice Zanniello, è quella compresa tra i 15/18 anni, durante la quale i giovani abbozzano il progetto che li conduce a scegliere la professione e il tipo di sviluppo della professionalità. Le più importanti teorie scientifiche considerano questo sviluppo differenziato e integrativo coincidente nei punti essenziali. I giovani, superata l’età dell’adolescenza, “se c’è stata un’opera di orientamento pedagogicamente animata […] hanno già avuto la possibilità di confrontare i loro interessi con le loro capacità, di subordinare ai valori e di

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esplorare, classificare, valutare le varie professioni per le quali si sentono attratti, idonei e motivati”2. Anche D.E. Super, negli anni ’70, “ha teorizzato l’intero sviluppo professionale come un processo attraverso il quale ognuno realizza il concetto che ha di se stesso”3 riferito alla sua immagine. L’auto-valutazione delle proprie capacità, dei propri interessi e del proprio quadro di valori, orienta il giovane al particolare stile di lavoro verso cui si sente più attratto. Al termine dell’adolescenza, il giovane confronta la corrispondenza delle sue capacità e valuta le varie professioni a cui si sente attratto. Mi piace concludere con l’efficace espressione di papa Francesco il quale, rivolgendosi ai disoccupati e ai giovani della Sardegna, nel mese di settembre 2013, ha detto che l’uomo senza lavoro è una persona senza dignità. Note 1 Giovanni Paolo II, Laborem exercens, Ed. Pao-

line, Roma 1988, paragrafo 8, p. 20. 2 G. Zanniello, Educare alla professionalità, in L. Corradini, A. Pieretti, G. Serio (a cura di), Educazione al lavoro nell’Europa degli anni ’90, Pellegrini, Cosenza 1992, pp. 147-162. 3 Ibidem.


LE “NUOVE INDICAZIONI” PER LA SCUOLA DEL PRIMO CICLO: AUTONOMIA, COMPETENZE, NUOVE TECNOLOGIE di Sara De Angelis 1. Le Nuove indicazioni ministeriali nella scuola dell’autonomia Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo sono entrate in vigore con il decreto ministeriale n. 254 del 16 Novembre 2012 (G.U. n. 30 del 5 Febbraio 2013) modificando le Indicazioni Nazionali del 20071. Nella Scuola dell’Autonomia, esse sostituiscono quelli che un tempo erano i “programmi ministeriali”, ma di fatto sono meno vincolanti (“un testo aperto”), pur costituendo ugualmente il testo unico di riferimento che fissa obiettivi di apprendimento e competenze che ogni studente deve acquisire. In particolare, le Indicazioni per il primo ciclo (scuola dell’infanzia, elementare e media) mirano a suggerire un curricolo unico, trasversale alle discipline, verticale, ovvero costruito con una continuità longitudinale, nel corso del tempo, nei tre gradi di scuola dell’obbligo (in coerenza, del resto, col diffondersi sul territorio degli Istituti Comprensivi). In continuità con la tradizione della scuola pubblica italiana, le Indicazioni riprendono la centralità della persona come asse centrale dell’azione educativa, pur nel continuo mutare della scena culturale all’interno del quale essa si muove. Pertanto, la pluralità linguistica e culturale di cui gli alunni sono portatori viene del tutto riconosciuta e valorizzata; obiettivo della scuola è infatti la costruzione di una cittadinanza aperta al territorio, italiana ma aperta all’Europa e al mondo. Per questa scuola del “Nuovo umanesimo” viene evidenziata anche l’importanza della corporeità e dell’ambiente di apprendimento (p. 26), condizioni purtroppo assai difficili da ottimizzare in aule perennemente troppo affollate e ai limiti degli spazi di sicurezza. Una particolare attenzione viene prestata al rapporto tra scuola ed extra-scuola, in particolare rispetto alla relazione con il territorio e con le famiglie. È noto infatti che i rapporti tra la scuola e le famiglie, in generale, non sono sempre semplici e, soprattutto, non sono più improntati alla assoluta e incondizionata fiducia che li caratterizzava in passato. Il rapporto IARD del 2010 segnala un certo tipo di conflittualità e il fatto che la famiglia contemporanea “autocentrata” ha difficoltà ad affidare l’educazione dei figli ad una istituzione pubblica

come la scuola, percepita come “impersonale” rispetto ad essi e alle loro necessità individuali. La risposta di gran parte degli insegnanti non sembra in aperto disaccordo con le famiglie, ma denuncia il fatto che i genitori spesso siano assenti rispetto al loro ruolo educativo e chiedano di fatto alla scuola di sostituirsi a loro2. D’altra parte, come si legge nelle nuove Indicazioni per il curricolo della Scuola del Primo ciclo3: “Il paesaggio educativo è diventato estremamente complesso. Le funzioni educative sono meno definite di quando è sorta la scuola pubblica. In particolare vi è un’attenuazione della capacità adulta di presidio delle regole e del senso del limite […]. Sono anche mutate le forme della socialità spontanea, dello stare insieme e crescere tra bambini e ragazzi. La scuola è perciò investita da una domanda che comprende, insieme, l’apprendimento e “il saper stare al mondo […]. L’intesa tra adulti non è più scontata e implica la faticosa costruzione di un’interazione tra le famiglie e la scuola, cui tocca, ciascuno con il proprio ruolo, esplicitare e condividere i comuni intenti educativi” (Indicazioni, p. 4). 2. Verso la scuola delle competenze La scuola e la formazione contemporanee sono caratterizzate soprattutto dalla attenzione per le competenze. Di fatto, come per esempio sottolinea Franco Cambi, la competenza è una nozione di confine la cui definizione non è sempre chiara4; per altri studiosi, invece, il concetto di competenza è legato alla capacità di usare consapevolmente ed efficacemente le conoscenze in rapporto a contesti significativi, che riguardano anche la soluzione di problemi5. Si tratta comunque di una nozione relativamente recente, che include al suo interno non solo i saperi, ma anche degli aspetti regolativi e strategici. La competenza potrebbe quindi configurarsi come una sorta di gestione autonoma delle conoscenze all’interno di un contesto. Seguendo la scia di Bruner6, la competenza dovrebbe superare la tradizionale cesura tra saperi dichiarativi e saperi procedurali (teoricamente si conosce l’argomento, ma in pratica non si è in grado di applicare le conoscenze). I problemi in pratica però sono tanti. Per cominciare, la competenza riguarda capacità che, sebbene coltivabili, potrebbero essere già proprie 5


dell’individuo, in maniera spesso implicita. Ci si chiede, allora, se le competenze si possano del tutto insegnare. Per lo stesso motivo, la competenza non è facilmente valutabile. Essa si configura infatti come una potenzialità, come una mobilitazione di risorse in situazione, ma non è detto che la situazione prodotta a scuola rappresenti la realtà. Come sostiene Byram7, si valuta la performance, che è osservabile, ma non la competenza. Richiamandosi esplicitamente alle Competenze chiave individuate dalla Commissione europea, ma recependo le difficoltà a stabilire cos’è la competenza e come la si raggiunge, le Indicazioni per il curricolo fissano piuttosto dei “traguardi” per il loro sviluppo: “Essi rappresentano dei riferimenti ineludibili per gli insegnanti, indicano piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’allievo […] costituiscono criteri per la valutazione delle competenze attese e, nella loro scansione temporale, sono prescrittivi […]” (p. 13). Per chiarire meglio i termini, prendiamo ad esempio la seconda lingua comunitaria (spagnolo, francese o tedesco nella scuola media inferiore). I traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado per la seconda lingua comunitaria sono riconducibili ai parametri del livello A1 (e non più A2, come in passato) del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue del Consiglio d’Europa, che per motivi di spazio non vengono qui dettagliati. Per raggiungere tali traguardi, però, si ricorre agli obiettivi di apprendimento, che sono, in un certo senso, i “mattoni” di cui si compone la competenza: “Gli obiettivi di apprendimento individuano campi del sapere, conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze” (Indicazioni, p. 13). Essi, a onor del vero, non sono molto dissimili dagli obiettivi perseguiti in passato (si veda nelle Indicazioni, p. 40): comprendere istruzioni, espressioni e frasi di uso quotidiano, descrivere persone, luoghi e oggetti familiari, scrivere testi brevi e semplici, etc. 3. Tecnologie didattiche per l’insegnamento “La diffusione delle tecnologie di informazione e di comunicazione è una grande opportunità e rappresenta la frontiera decisiva per la scuola. Si tratta di una rivoluzione epocale, non riconducibile a un semplice aumento dei mezzi implicati nell’appren6

dimento. La scuola non ha più il monopolio delle informazioni e dei modi di apprendere” (Indicazioni, p. 4). I docenti utilizzano abbastanza largamente le TIC (Tecnologie di Informazione e Comunicazione). D’altra parte, sono state nuove tecnologie i riproduttori stereo, poi i videoregistratori, ed ora lo è la LIM. È vero anche che non tutti i docenti sono abituati ad utilizzarla in classe con la stessa frequenza delle altre tecnologie. È pur vero, come sostiene L. Guerra8, che le nuove tecnologie non sono interattive in se stesse, e che è più interattivo il gessetto se lo facciamo adoperare agli alunni. Le tecnologie sono un mezzo e non un fine. Pertanto, esse non sono risolutive in se stesse, ma sono utili se inserite in una progettazione didattica centrata sull’alunno. L’uso delle TIC in classe costituisce di per sé una forma di offerta formativa, in quanto attraverso esse si mettono in pratica competenze informatiche ormai necessarie agli alunni, e in modalità diversa da quelle utilizzate a casa. L’aspetto più profondamente innovativo della LIM, però, è un altro. Essa, infatti, non ha solo il pregio di essere una lavagna interattiva, ma di fatto introduce in modo sostanziale l’uso di internet in classe. Questo incide molto più vivamente sulla didattica perché consente di utilizzare, in tempo reale, una notevole varietà di materiali di diverso tipo all’interno della classe. Ovviamente, ciò mette in discussione anche l’“autorità” del docente, non più il detentore unico delle informazioni, che si pone semmai come una “guida”, un “facilitatore” nella ricerca di esse. Proprio questo aspetto si rivela di centrale importanza, dal momento che non è così scontato che i “nativi digitali” siano in grado di distinguere la attendibilità e la qualità delle informazioni all’interno del mare magnum della rete. Note 1

MIUR, settembre 2012; da qui in poi nel testo semplicemente Indicazioni. 2 Gli insegnanti italiani: come cambia il modo di fare scuola. Terza indagine dell’Istituto IARD sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana, il Mulino Studi e ricerche, Bologna 2010. 3 MIUR, settembre 2012; da qui in poi nel testo semplicemente Indicazioni. 4 F. Cambi, Saperi e competenze, Laterza, BariRoma 2004.


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E. Damiano, Il sapere della competenza. Indagine sulla pertinenza scolastica di una categoria didattica emergente, Convegno SIPED “Un’opportunità per la scuola: il pluralismo e l’autonomia della pedagogia”. 6 J.S. Bruner, Educare al comprendere, Feltrinelli, Milano 2002.

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M. Byram, Teaching and Assessing Intercultural Communicative Competence, Multilingual Matters, Clevedon 1997. 8 L. Guerra, Educazione e Tecnologie. I nuovi strumenti della mediazione didattica, Ed. Junior, Azzano San Paolo (BG) 2010.

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ESPERIENZE DIDATTICHE

I sussidi del

PROGETTO G.I.O.CO. (Gioco, Imparo, Opero, COopero)

L’INVENTAPAROLE di Angela Lenzo

L’INVENTAPAROLE1 è un altro sussidio del PROGETTO G.I.O.CO. (Gioco, Imparo, Opero, COopero)1 che, come Incrociamo presentato nel Bollettino n. 162, può essere adoperato per vari obiettivi educativi e didattici.

Dall’alfabeto alla scrittura creativa Adatto ai bambini che cominciano l’avventura della letto-scrittura e per quelli che incontrano difficoltà, L’INVENTAPAROLE serve per imparare l’alfabeto, distinguere le vocali e le consonanti, formare sillabe semplici e complesse, comporre, scomporre e modificare parole sia in lingua italiana che straniera, correggere gli errori tipici della dislessia (omissioni, sostituzioni, inversioni), imparare a dividere le parole in sillabe, strutturare frasi, arricchire il lessico, individuare il genere maschile e femminile e i falsi cambiamenti di genere, formare il singolare e il plurale; si può usare ancora per esercitazioni grammaticali e di calcolo mentale, per verificare conoscenze generali e particolari relative a tutte le discipline, per apprendere con facilità il concetto di rima e sviluppare la fantasia e la creatività a tutte le età. In tutte le classi e in tutti gli ordini di scuola, con L’INVENTAPAROLE gli alunni possono, infatti, divertirsi insieme a inventare, creare e scrivere filastrocche. Il sussidio, rispetto ad un comune alfabetiere, presenta il vantaggio di proporsi come gioco, di mettere a disposizione un considerevole numero di lettere, di evitare (cosa particolarmente apprezzata dai docenti) la dispersione e la perdita delle stesse. 1

L’INVENTAPAROLE e i libri di FILASTROCCHE, così come gli altri sussidi del Progetto G.I.O.CO. si possono acquistare presso gli uffici della PAM di Messina, PAM UFFICIO - C. da Filangieri, 98125 Messina. Tel. 090671001. Email: info@pamufficio.it. 8


Tirando su e giù le strisce, i bambini hanno sempre sotto gli occhi tutte le lettere dell’alfabeto che perciò imparano a discriminare e a riconoscere in fretta e a individuarne facilmente l’esatta successione. Inoltre, per formare le parole occorre selezionare nelle strisce le lettere che le compongono e posizionarle, una alla volta, nelle finestre del supporto. Questo esercizio richiede concentrazione e tempo, favorendo pertanto la percezione ordinata della sequenza delle lettere e quindi una attenta analisi e una corretta sintesi fonemica e grafemica. Provando a sostituire una o più lettere di una parola, facendo scorrere le corrispondenti strisce dell’alfabeto, si possono comporre parole note di senso compiuto, ma se ne scoprono di nuove con l’aiuto dei compagni, dei docenti o del vocabolario. Per esempio, partendo dal termine cane si troveranno le parole: lane, mane, nane, pane, rane, sane, tane, vane; da cesto: desto, gesto, lesto, mesto, nesto, pesto, resto, testo, vesto; da baglio: caglio, faglio, maglio, raglio, taglio, vaglio; sostituendo la prima vocale, da pazzo formeremo: pezzo, pizzo, pozzo, puzzo; da pala: pela, pila, pola, pula; da pasta: pesta, pista, posta, pusta; da fratta: fretta, fritta, frotta, frutta. Cambiando, invece, la vocale finale, oltre al numero e al genere, si scopriranno i falsi cambiamenti di genere; si identificheranno, cioè, quei nomi che hanno una forma maschile e una femminile ma con significato completamente diverso, come: posta/posto; mostra/mostro; porta/porto; panna/panno… Modificando la prima parte, con le parole di senso compiuto che vengono fuori a caso e che fanno rima, mettendo in moto la fantasia e la creatività, si possono inventare delle filastrocche o delle storie. Ci si può sbizzarrire ancora con i termini che non esistono, creando personaggi, animali, oggetti, luoghi, ambienti… a cui attribuire quei nomi. Personalizzazione, integrazione e cooperazione L’INVENTAPAROLE è un ottimo strumento per animare attività di laboratorio linguistico ma è molto utile anche per personalizzare e integrare gli interventi educativi e didattici. Con L’INVENTAPAROLE, infatti, soggetti con prerequisiti diversi possono lavorare per un compito comune come, per esempio, la realizzazione di un libro di filastrocche. Gli alunni che hanno ancora difficoltà di lettura e scrittura possono esercitarsi a comporre, modificare e scrivere le parole che poi saranno utilizzate per inventare, insieme ai compagni, le filastrocche; gli altri, in relazione ai bisogni e agli interessi, possono costruire dei giochi cercando nel vocabolario il significato delle parole sconosciute, copiare le composizioni manualmente o al computer, illustrare i testi. L’INVENTAPAROLE, quindi, permette di valorizzare i vari tipi di intelligenza, integrando le competenze di tutti e potenziando le capacità di ciascuno. In questo modo, nessuno viene emarginato, sminuito o mortificato ma, al contrario, tutti sono protagonisti, si sentono utili e importanti e lavorano in un clima sereno e positivo, dando il meglio di sé, arricchendosi delle conoscenze e dell’apporto dei compagni e, soprattutto, sviluppando la capacità di cooperare. Primi passi nel mondo della poesia Comporre filastrocche utilizzando L’INVENTAPAROLE è una delle attività più gradite e stimolanti non solo per i piccoli ma anche per i grandi. Come ho avuto modo, infatti, di constatare durante i laboratori organizzati nei numerosi corsi di formazione che ho tenuto, anche i docenti hanno sempre apprezzato questa proposta che, tra l’altro, ha rappresentato anche per loro una occasione per riflettere e per esprimere liberamente stati d’animo, preoccupazioni, desideri e aspirazioni. Utilizzando L’INVENTAPAROLE, gli alunni imparano praticamente il concetto di rima e trovano facilmente le parole per comporre delle semplici filastrocche. Come è stato detto, infatti, cambiando la lettera iniziale di un nome, tutti gli altri hanno la parte finale uguale; con quelli di senso compiuto, che vengono fuori a caso, si possono inventare delle filastrocche come quelle degli esempi sotto riportati.

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Amicizia Il mio compagno Ciro mi ha regalato una penna biro, ma io alla sua amicizia, invero, miro perché non ha mai preso nessuno in giro e non sarebbe capace di fare un brutto tiro neanche nel campo di San Siro

Il gigante e il nano In un angolo del mondo ancora sano tutti sono pronti a darsi una mano perché hanno capito ciò che conta e ciò che è vano e giudicano per il cuore il gigante e il nano Il fatto di dovere usare i vocaboli che si trovano secondo le modalità sopra indicate e non altri, che comunque fanno rima, se da un lato è un elemento di facilitazione, costituisce dall’altro un elemento di difficoltà che serve a stimolare ulteriormente la fantasia e la creatività. Con L’INVENTAPAROLE in conclusione, oltre a favorire lo sviluppo delle abilità linguistico-espressive, si aiutano i bambini ad osservare e riflettere, a comunicare situazioni, emozioni e sentimenti, a muovere i primi passi nel mondo della poesia e ad avvicinarsi all’arte e al bello. Il piacere di fare e di creare “Professoressa, mancu pari chi u fici iò!!!” (Professoressa, non sembra neppure che l’abbia fatto io!!!). Queste parole di un mio alunno esprimono chiaramente il piacere, la gratificazione e l’orgoglio che ogni bambino e ogni persona prova davanti ad una propria produzione, dai primi suoni alle prime parole, dallo scarabocchio al primo segno convenzionale e intenzionale, a tutte le creazioni personali più o meno riuscite, fino alle varie espressioni artistiche. La frase citata e lo stupore gioioso che leggo negli occhi dei miei alunni (e che ritengo nessun bene materiale possa dare) quando producono, inventano, creano qualcosa, mi rimandano alla espressione che accompagna ogni atto creativo di Dio: “Dio vide che era cosa buona” si dice nel racconto biblico. Nella 10


Genesi si parla di un Dio che mostra sorpresa, meraviglia e compiacimento per le sue opere e, quando crea l’uomo, “Dio vide che era cosa molto buona”, quindi gli affida il compito di collaborare alla realizzazione del suo progetto. Fare, inventare, produrre ritengo che siano bisogni profondi e insopprimibili dell’uomo che, per realizzarsi pienamente, ha bisogno appunto di continuare l’opera della creazione. È necessario dunque fornire opportunità e stimoli perché ciascuno, a suo modo, possa liberare le proprie potenzialità creative, manifestando l’infinita ricchezza, la genialità e quella scintilla della divinità che ha dentro di sé. Uso educativo e didattico delle filastrocche Nell’incessante ricerca di strategie e strumenti rispondenti alle necessità, agli interessi e alla sensibilità degli alunni, anch’io ho cominciato a scrivere filastrocche per scopi didattici ed educativi, usando quindi un linguaggio giocoso e gioioso, che tanto piace loro. Ne ho sperimentato così personalmente l’efficacia ma, soprattutto, ho avuto modo di scoprire il piacere di giocare con le parole e il gusto della scrittura creativa. Con le filastrocche, pertanto, parlo ai piccoli di amicizia, di collaborazione, di solidarietà, di giustizia e di pace, in una società in cui la parola d’ordine è ormai dappertutto, anche nella scuola, “competizione”, lotta di tutti contro tutti che ci spinge verso l’hobbesiano stato di natura in cui: L’uomo è lupo all’altro uomo (Homo homini lupus). Con le filastrocche ho provato a tradurre per i bambini il messaggio di Don Milani per far comprendere loro l’importanza del sapere e della cultura, di quella cultura che deve contribuire ad elevarci interiormente ed a formare uomini attenti ai bisogni degli altri, capaci di assumere responsabilità e di cooperare alla realizzazione del bene comune. Con lo stesso linguaggio li invito a riflettere sul senso e sul valore della vita (l’unica che ci è dato di vivere) perché spesso i grandi che sono i loro modelli, attratti dalla logica del profitto, l’hanno sacrificata sull’altare del denaro che, senza che se ne rendano conto, si impossessa sempre più dei loro pensieri e del loro tempo, costringendoli ad imprigionare il cuore e la fantasia. Le filastrocche dei miei alunni I bambini ascoltano volentieri le filastrocche ma, come dicevo, altrettanto volentieri amano scriverle. Tra le filastrocche composte dai miei alunni ne voglio proporre due tratte dalla raccolta Le nostre rime con L’INVENTAPAROLE e scritte dagli allievi della scuola secondaria di primo grado del VI Istituto Comprensivo “E. Castronovo” di Messina, con i quali il PROGETTO G.I.O.CO., per la prima volta, è stato sperimentato per il triennio, con tutta la classe e per tutte le discipline, grazie ad un finanziamento del Rotary Club di Messina. Tutte le filastrocche di questa raccolta sono state composte con le parole trovate modificando la consonante iniziale del termine cento e cioè: cento, lento, mento, pento, sento, tento. La prima, I miei errori, è il risultato di un lungo lavoro, attraverso il quale siamo riusciti a fare comprendere, in particolare ai bulli, che “chiedere scusa” non è una manifestazione di debolezza, come molti credono, ma che al contrario ammettere ed assumersi le proprie responsabilità è un atto di grande coraggio e perciò degno di ammirazione e di imitazione. Di fondamentale importanza in questo percorso educativo sono stati il coinvolgimento e la collaborazione dei compagni dei quali i soggetti in questione temevano la derisione e che invece, opportunamente consigliati e guidati dai docenti, hanno saputo essere rassicuranti, convincenti e credibili e, perciò, determinanti per il conseguimento degli obiettivi sopra esposti. La seconda, Un sorriso per tutti, è stata scritta in occasione di una visita del provveditore e del Dott. Gaetano Basile, imprenditore messinese, che in qualità di presidente del Rotary, ha promosso il finanziamento per la sperimentazione del Progetto G.I.O.CO. I ragazzi coinvolti in questa esperienza si sono 11


sentiti dei privilegiati e con questa filastrocca hanno voluto esprimere il loro invito alle autorità perché la stessa opportunità venisse estesa a tutti i bambini. I miei errori Ascolto il rumore delle onde e sento soffiare sul mare incostante il vento, a volte forte altre volte lento. Da lontano osservo, penso e mi tocco il mento, assorto nei miei pensieri, e di riflettere tento sui miei errori che sono più di cento. Li riconosco, li ammetto e perciò mi pento. Un sorriso per tutti A ringraziare il presidente del Rotary provo e tento e da tutta la classe è condivisa la gratitudine che sento. Ci ha spronati a studiare con serietà e con gioia, non mento, perciò il suo ricordo non volerà via col vento. A lui, al provveditore e a chi ha potere, un augurio, uno solo non cento, che non debbano mai dire:”Potevo fare sbocciare un sorriso e non l’ho fatto, mi pento”. Ho deciso di scrivere filastrocche per parlare con i piccoli dei problemi che mi stanno a cuore. Le filastrocche degli alunni sono risposte che ci danno speranze per il futuro, un futuro da costruire insieme a loro e con i grandi che sanno essere piccoli

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INIZIATIVE DELL’ASSOCIAZIONE Convegno Internazionale “Educazione e Counselling interculturale nel mondo globale” Verona 15-18 Aprile 2013 – Palazzo della Gran Guardia – P.za Bra Verona è stata per quattro giorni la capitale mondiale dell’educazione e del Counselling interculturale. La città scaligera ha ospitato i massimi esperti di pedagogia, psicologia, filosofia e sociologia, oltre che medici, educatori e insegnanti. L’idea del Prof. Agostino Portera, direttore del Centro Studi Interculturali – nata in collaborazione con i colleghi dei Centri for Leadership and Diversity e for Diversity in Counselling and Psychotherapy dell’Università di Toronto, il comitato direttivo dell’IAIE (International Association for Intercultural Education), di EERA (European Educational Research Association) e di NAME (National Association for Multicultural Education) e sostenuta anche dall’ASSOCIAZIONE PEDAGOGICA ITALIANA – di ripensare contenuti, metodi e obiettivi dell’educazione per far fronte ai cambiamenti del nuovo millennio, ha incontrato il sostegno e la partecipazione di autentiche celebrità mondiali, oltre che di studenti e cittadini che hanno partecipato con entusiasmo alle conferenze. Molti i relatori di rilievo provenienti da tutto il mondo tra cui: Zygmunt Bauman (UK), Adam Horvath (Canada), Olaniyi Bojuwoje (South Africa), Roy Moodley (Canada), Tony Sam George (India), Jagdish Gundara (UK), Darla Deardorff (Usa), Awad Ibrahim (Canada), Niva Piran (Canada), John Portelli (Canada), Abrahim Khan (Canada), Yael Sharan (Israele), Milton Bennett (Usa), Carmen Borg (Malta), Rinaldo Walcott (Canada), Cristina Allemann-Ghionda (Germania), Claudia Ruitenberg (Canada), Leslie Bash (UK), Carl A. Grant (Usa), Suzenne Stewart (Usa), Aleksandra Kania (Poland), Alberto Zucconi (Italia), Cristine E. Sleeter (Usa). Numerosi anche gli studiosi italiani presenti, a partire dai docenti dell’ateneo veronese e di molte università nazionali (Milano, Torino, Trento, Udine, Venezia, Padova, Ferrara, Firenze, Pisa, Macerata, Bologna, Roma, Foggia, Napoli, Calabria, Messina, Catania, Palermo), enti di ricerca e centri operativi territoriali, con contributi di studiosi di area socio-psicopedagogica ma anche antropologica, giuridica e medica. Dai contributi sia dei circa 160 interventi programmati che dei 400 iscritti, provenienti da quattro continenti e dai più diversi paesi del mondo, è emerso come il terzo millennio sia attraversato da una vera rivoluzione sul piano della convivenza umana perché la crescente interdipendenza economica, scientifica, culturale e politica rende le società sempre più multietniche e multiculturali e lancia nuove sfide all’uomo del nostro tempo. Per dare risposte alla crisi attuale, che è economica, ambientale e politica ma soprattutto educativa, occorre affrontare i problemi adottando una prospettiva interculturale che consenta di superare tutte le forme passate e presenti di colonialismo, dogmatismo, nazionalismo o etnocentrismo. È stato evidenziato come, nel tempo dell’interdipendenza e della comunicazione, diventi indispensabile possedere, oltre alle competenze specifiche nelle singole discipline, strumenti che permettano ai cittadini di agire in contesti di complessità linguistica e culturale facendo della diversità una fonte di arricchimento individuale e collettiva. Sono state analizzate, pertanto, le varie competenze culturali ed interculturali necessarie per esercitare il diritto di piena cittadinanza democratica nei diversi ambiti in cui oggi si opera, da quello scolastico e formativo a quello sanitario e psicoterapeutico, da quello economico-produttivo a quello socio-relazionale. Ad aprire il convegno il Prof. Zygmunt Bauman, uno dei più grandi pensatori contemporanei. “Nella società liquida in cui viviamo non basta l’educazione, l’istruzione una volta per tutte, come accadeva un tempo. Occorre una formazione continua, un’educazione continua, perché la sola istruzione del tempo della scuola non è sufficiente”. Il filosofo e sociologo, teorico della “modernità liquida”, ha osservato come nella società contemporanea vi sia un eccesso di informazioni, rispetto al passato, anche se la nostra capacità di memorizzazione e rielaborazione è rimasta uguale nel tempo. Nella società della fretta, la crisi delle relazioni umane richiede che l’educazione sia continua e per tutta la vita e riguardi tutti, perché diventa sempre più difficile sfuggire alla pressione dei sofisticati, avvolgenti e subdoli condizionamenti, di 13


cui siamo prigionieri, e costruirsi come esseri liberi. Questa sfida deve essere colta sia dagli insegnanti, il cui ruolo viene insidiato dai mass media e dalle new tecnology, ma anche da tutti gli attori della società culturale, civile, economica e politica. Del ruolo dell’educazione nella società civile ha parlato anche l’Europarlamentare Rita Borsellino, sorella del giudice antimafia Paolo Borsellino ucciso a Palermo dalla mafia il 19 luglio 1992, ribadendo l’importanza dell’educazione alla legalità e all’impegno civico. Sensibilizzare i ragazzi al problema delle mafie, risvegliare la speranza, la voglia di fare la propria parte, questo il testamento spirituale che il pool antimafia Falcone-Borsellino ha lasciato e che deve essere onorato. La presidente nazionale dell’As.Pe.I., Prof.ssa Concetta Sirna, ha portato il suo saluto a nome dell’Associazione ed ha partecipato al panel sulla pedagogia interculturale in Italia assieme ai Proff. Franco Frabboni, Franca Pinto Minerva, Milena Santerini, Francesco Susi e Alessandra La Marca. È stato evidenziato come l’intercultura ormai sia entrata a far parte della quotidianità educativa sia nelle istituzioni scolastiche e formative sia nel mondo economico e politico-sociale. Nel corso del convegno si è discusso di democrazia ed equità, approfondendo la metodologia del Cooperative Lear-

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ning come insieme di strategie didattiche, ma anche come filosofia di vita. Ampio spazio è stato dato alla presentazione di studi sull’integrazione degli approcci di consulenza e psicoterapia inter e multiculturale, sulla cura tradizionale e sulla spiritualità nel Counselling e nella psicoterapia. Le conoscenze interculturali e la loro applicazione sono state ribadite anche negli interventi relativi ai problemi legati alle diversità nel Counselling e nella terapia. Nel linguaggio contemporaneo vengono spesso utilizzati termini errati e parole come multicultura e transcultura erroneamente. Il congresso ha cercato di fornire una definizione, a livello semantico, terminologico ed operativo, più precisa di “intercultura” al fine di evitare fraintendimenti e applicazioni erronee in educazione ed in ambito formativo. Il convegno, di cui nel prossimo futuro saranno pubblicati gli Atti, sia in lingua italiana che in inglese, ha permesso di sperimentare un confronto aperto tra i massimi esperti del settore pedagogico, psicologico e sociologico, generando sinergie che sicuramente daranno impulsi importanti sia alla comunità scientifica sia agli operatori nel settore educativo e del Counselling, nonché alla società civile nel complesso. D. Maviglia


PATROCINIO DI INIZIATIVE CULTURALI L’As.Pe.I., su richiesta di alcuni autorevoli soci, ha assunto le seguenti iniziative: 1. Concessione del patrocinio al corso di C.A.A. (Comunicazione Aumentativa Alternativa), aggiornamento base PECS, che si terrà nel prossimo ottobre a Messina organizzato dalla ONLUS “O.P.S. Persona Sempre”, presieduta dalla pediatra Dott.ssa Graziella Arena. Aperto a pediatri, logopedisti, insegnanti, educatori e psicologi, il corso è stato accreditato con ID N° 356-67605 per un numero di 15 crediti ECM ed ha la durata di due giorni. Scopo dell’iniziativa è quello di insegnare ai partecipanti come implementare correttamente il Sistema di comunicazione per scambio di simboli (PECS – Picture Exchange Communication System) in modo tale da formare figure professionali della rete assistenziale per persone affette da disturbo autistico, come previsto dal decreto 10/01/2011 G.U.R.S. parte 1 N° 9 del 25/02/2011. Tale sistema è utilizzato per insegnare le abilità di comunicazione rapidamente a coloro che hanno un linguaggio funzionale limitato e/o assente. Docente del corso sarà il Prof. Mario Montero Camacho, Implementer & Supervisor, Pyramid Education Consultants, formatore sul PECS, Professore Associato dell’Università Girona (Spagna). Dopo una breve introduzione al sistema educativo Pyramid, verranno esplorati gli elementi essenziali per creare ambienti educativi efficaci. Verrà poi riassunta la traiettoria tipica dei programmi di insegnamento del linguaggio utilizzati con persone non verbali e/o con difficoltà nella comunicazione espressiva con particolare riferimento a bambini con disturbi dello spettro autistico e verranno presentate idee per la creazione di molteplici opportunità comunicative. I corsisti apprenderanno ad implementare le sei fasi del PECS tramite dimostrazioni dal vivo, esempi da video e opportunità per simulazioni. Alla fine del corso i partecipanti avranno una chiara idea di come implementare il PECS in bambini con autismo, disordini dello sviluppo correlati e/o abilità comunicative limitate. 2. Adesione dell’Associazione Pedagogica Italiana alla iniziativa del Prof. Nicola Paparella e dell’Università UNIPEGASO di delineare un percorso progettuale orientato alla definizione ed alla organizzazione di una delle cosiddette professioni non organizzate, con l’intento di valorizzare le competenze riconducibili alla figura dell’Educatore dell’infanzia. Il progetto, illustrato e discusso con alcuni tra i potenziali partner (FISM, Università del Salento, Napoli e Roma, As.Pe.I., Assessorati all’istruzione di alcune regioni impegnate già in politiche per la valorizzazione dell’infanzia come la Val d’Aosta e il Trentino, etc.) mira a mettere un po’ d’ordine nel gran ventaglio delle attività riconducibili alla educazione delle bambine e dei bambini e può tornare interessante per la elaborazione di un modello procedurale da utilizzare anche in altri comparti, per i quali si possa ugualmente ravvedere l’opportunità di formalizzare (riconoscere, valorizzare, integrare) specifiche competenze professionali. Obiettivo ultimo è quello di costituire una “Associazione degli Educatori dell’Infanzia”, tenendo conto delle opportunità richiamate dalla legge 4 del 2013, e di definire un Regolamento per l’autodisciplina dell’Associazione che sia in coerenza con il quadro normativo nazionale ed europeo. 3. Adesione e contributo alla organizzazione della manifestazione organizzata da una rete di scuole messinesi tesa a coinvolgere alunni, genitori, docenti, istituzioni scolastiche locali e regionali, associazioni e autorevoli personalità del mondo della cultura, in una riflessione sulle problematiche relative al ruolo odierno della scuola e al valore del gioco educativo-didattico. Sarà presentato il PROGETTO G.I.O.CO. come strategia per animare le attività scolastiche che contribuisce alla piena realizzazione della persona attraverso attività ludiformi, rapportate ai bisogni educativi e ai modi di apprendere delle varie fasce di età.

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VITA DELLE SEZIONI Incontro As.Pe.I. – Sezione di Padova 20/05/2013 La Società Italiana delle Storiche nasce in Italia nel 1989, in seguito al dibattito innescato dal Movimento delle Donne. Liviana Gazzetta, autorevole esponente della SIS, ne espone la mission e le linee programmatiche nell’incontro con il GRIBS, a Padova, il 20 maggio 2013. La Società pone in primo piano la valorizzazione della presenza femminile nella storia, nell’intento di fornire chiavi di lettura e categorie interpretative nuove per modificare la didattica dell’insegnamento e, nel suo insieme, anche «contenuti e metodi della conservazione documentaria e della trasmissione delle conoscenze». La riflessione delle associate si focalizza sui concetti di gender, identità, differenza. Gender (genere) perché «esso tende a conformarsi […] sui modelli culturali, i valori, l’educazione, i saperi che improntano gli apparati di potere» e non è solo dato ontologico, o «nesso rigido e immodificabile tra apparato biologico sessuale (natura) e l’identità ad esso associata (cultura)». Liviana Gazzetta cita il pertinente studio di J.W. Scott, Il ‘genere’. Un’utile categoria di analisi storica (Gender: A Useful category of Historical Analysis, in «American Historical Review» 5/91, 1986, pp. 1053-1075). La differenza sessuale è vista dalle studiose come forza della nostra società, nonostante il pensiero maschile si sia imposto come «soggetto universale neutro, che costruisce il mondo a partire da sé, e ha sottratto all’essere sessuato femminile l’accesso al simbolico, la capacità di autosignificarsi». Suggeriti dalla relatrice, in proposito, i contributi fondamentali di Luce Irigaray, Speculum. L’altro in quanto donna, Feltrinelli, Milano 1975 e, della stessa autrice, Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1984. La SIS si interroga anche, non senza lacerazioni emozionali, sul rapporto tra Chiesa e gender: secondo la Chiesa, il tema sarebbe “anti-genesi” e incrinerebbe «la solidità del maschile e del femminile (maschio e femmina li creò)», da cui deriva la stessa «solidità della vita». Nella Società è operante un gruppo di lavoro che sta indagando gli ambiti di genere come materia storicamente prodotta, su base documentaria; sulla differenza di genere come forma trascendente, con un lavoro pluri-interdisciplinare; infine sulla libertà femminile come valore, inteso nella pratica didattica intenzionale e soggettiva. Nel confronto con altri Paesi, come la Francia, il nostro appare sguarnito di programmi ufficiali che pongano l’accento su un diverso approccio allo studio della storia; fanno eccezione alcune iniziative regionali, come il progetto “Senza differenze non c’è uguaglianza” (2012), della Regione Emilia Romagna, ma Liviana Gazzetta sottolinea quanta strada resti da percorrere, anche sul piano linguistico, per giungere ad un cambiamento culturale di rotta nella costruzione simbolica del femminile. La Società Italiana delle Storiche diffonde dal 2002 una rivista cartacea semestrale, «Genesis», organizza importanti Convegni di studio e la Scuola Estiva di approfondimento, inoltre, permette l’iscrizione alla mailing list delle insegnanti, anche se non associate. Laura Bertolotti

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RECENSIONI E SEGNALAZIONI La “spersonalizzazione” del punto di vista Antonio Michelin Salomon (a cura di), Intercultura: quali competenze. Contesti e ricerche, Pen- dell’autoctono e la capacità empatica degli operatori vengono ripresi con più veemenza nel contributo sa Multimedia, Lecce 2013, p. 225 di Alessandro Versace (Dai confini alle frontiere. Il volume curato da Antonio Michelin Salomon Teatro dell’Oppresso e competenze interculturali). indaga il variegato mondo delle competenze inter- Mettersi nei panni dell’altro, scrive l’Autore, può culturali alla luce dei tre macro settori che struttu- facilitare il processo di comprensione ed integrarano il testo: le proposte, le esperienze e le indagini zione del migrante, soprattutto in quei gruppi in cui la componente nazionalista e\o razzista non consul campo. La prima parte del volume, raccogliendo i con- sente l’accettazione dell’individuo (p. 77). L’ultima sezione, dedicata alle Indagini sul tributi di Antonio Michelin Salomon, Concetta Sirna e Chiara Terranova, oltre che quello di Rosa campo, presenta gli interessanti risultati di alcune Grazia Romano, descrive il concetto di competenza originali ricerche dottorali. Viene presentata un’income la cartina di tornasole attraverso cui rilegge- teressante rassegna di studi sulle Prospettive inre tutti gli eventi che ruotano attorno all’universo terculturali in ambito sanitario (Liliana De Leo), dell’intercultura. In particolare, vengono approfon- sulle Mansioni di controllo e intercultura (Daniediti i temi relativi al superamento delle emergenze la Romano), sulle Competenze interculturali nella (p. 13), alle nuove professioni in un mondo del la- comunità italiana in Germania (Sara De Angelis) ed infine sulle Competenze professionali in ambito voro fluido (p. 35) e alla cybercultura (p. 47). Così se la competenza, come scrive Michelin interculturale (Diletta Michelin Salomon). Salomon, è una processualità (teorica e prassica) Dario De Salvo risultante da caratteristiche individuali e vincoli contestuali, risorse ed esperienze sul campo, essa non può prescindere da una determinata situazione, da precisi contesti e da ben definiti archi temporali. Loredana Cirillo, Elena Buday, Tania Scoreggio, La terza famiglia, San Paolo, Padova 2013 In definitiva, avvalersi delle competenze interculturali coincide con la presa in carico delle peculiarità Molto si è detto e scritto sull’importanza delsoggettive e oggettive di tutti gli attori impegnati in quel critico (nel senso kantiano del termine) para- la famiglia nei processi formativi ma spesso si dimentica il peso di altre relazioni che sono diventate digma pedagogico che rappresenta l’intercultura. Alla luce di quanto teorizzato nella prima parte ormai altrettanto familiari e determinanti per la credel volume, particolare interesse denota la seconda scita. Le autrici evidenziano come gli adolescenti sezione del testo. Il trait d’union che lega i sag- del nostro tempo vivano ormai non soltanto nella gi di Maria Quartarone, di Alessandro Versace, di famiglia naturale di origine, composta di consanFranco Blandi ed il contributo unico di Giovanna guinei, ma risentano altrettanto fortemente delle reGioffrè, Luigi De Filippis e Maria Maugeri Saccà lazioni che instaurano con la famiglia allargata dei è il resoconto delle esperienze di ricerca che que- coetanei (la seconda famiglia) e con quella virtuasti autori hanno affrontato nei luoghi di frontiera le, più allargata e spesso ancor più vincolante e pervasiva (la terza famiglia). Nella realtà tecnologica dell’intercultura. Tra questi merita particolare attenzione il con- in cui sono immersi ancor prima della nascita, gli tributo di Maria Quartarone (La competenza inter- adolescenti si muovono da nativi digitali esploranculturale come pratica della libertà. L’esperienza do le proprie potenzialità e sperimentando l’idendegli operatori del Centro Aiuto alla Vita “Vittoria tità in fieri, alla ricerca di autonomia e di spazi di Quarenghi” di Messina). Il saggio dimostra quanto libertà e autorealizzazione. Il libro, scritto con linlo sviluppo di una competenza interculturale, se non guaggio piano, riguarda le complesse relazioni che è supportato da una co-responsabilità etica, possa gli adolescenti instaurano all’interno di queste tre tramutarsi facilmente in abbaglio multiculturale. La famiglie, le potenzialità e le competenze che essi competenza interculturale ribadisce con forza Maria riescono a maturare ma anche pericoli in cui spesso Quartarone, non può prescindere da un progetto di incorrono. C. S. umanizzazione vissuto quotidianamente (p. 65). 17


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