Vivere e capire Roma - pag 141

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F mento a Giordano Bruno, venne qui rimontata nel 1924. La sua bassa collocazione è dovuta al livello dell'acqua. È curioso notare il giudizioso motto inciso alla base del grande pomo del coperchio: «Ama Dio e non fallire, fa del bene e lassa dire - MDCXXII». 29/a CHIESA DI S. MARIA DELLA VALLICELLA o CHIESA NUOVA - Il secondo nome, sbrigativo, ricorda la preesistenza fin dal secolo XII di un vecchio edificio sacro intitolato a S. Giovanni; invece l'appellativo ufficiale — che contiene il riferimento ad un avvallamento, ripreso anche dal nome della vicina chiesa di S. Andrea della Valle — potrebbe ricordare l'antico Tarentum che è localizzabile nella zona. Questa era una bassura consacrata agli dei inferi, a causa delle fiamme e delle esalazioni di vario genere che, in un remoto passato, ne sarebbero promanate. La nuova chiesa venne edificata a partire dal 1575, per impulso di S. Filippo Neri, con l'aiuto di papa Gregorio XIII Boncompagni e di personalità della vita romana (fra le quali il card. Pier Donato Cesi), ammirate dell'ardore di apostolato e di fervore realizzativo del protagonista della riforma cattolica in città: proprio in quell'anno egli stava offrendo, con la sua Confraternita dei Pellegrini, un decisivo aiuto per l'accoglienza dei romei accorsi in gran numero al giubileo. Il progetto dell'interno, ampio e maestoso, è di Martino Longhi il Vecchio; invece la facciata (che è del 1605) fu ideata da Fausto Rughesi. L'aspetto e la pianta dell'aula sono tipicamente corrispondenti agli ideali della controriforma con un grande corpo centrale affiancato da cappelle con vestibolo, intercomunicanti, con un ampio transetto sormontato da cupola (questa è senza tamburo), con ricco presbiterio. La decorazione pittorica è fortemente improntata dall'arte di Pietro da Cortona cui si debbono il grande affresco della volta a botte rappresentante la «Visione di S. Filippo durante la costruzione della chiesa», i pennacchi e la calotta della cupola, nonché la «Assunta con Santi» nell'abside. L’abside conserva una forte testimonianza del terzo soggiorno di Pier Paolo Rubens in Roma (1606-08). Infatti sull'altar maggiore — che ha un ciborio in bronzo dorato di Ciro Ferri, sovrastato da un Crocefisso di Guglielmo Berthélot — si trova una Gloria di angeli di sua mano, avvolgente una immagine miracolosa della Madonna. Così pure, sui due lati del presbiterio, si trovano due grandi composizioni pittoriche rubensiane, raffiguranti (a sin.) i SS. Domitilla, Nereo e Achillee e (a d.) i SS. Gregorio, Mauro e Papia. Si notano, poi, sulla destra del presbiterio, la Cappella Spada di Carlo Rainaldi con dipinti di Carlo Maratta (1765); e, sulla sinistra, la Cappella di S. Filippo Neri, del 1602, ornatissima di marmi con incrostazioni di madreperla e bronzi, con dipinti del Pomarancio e con una pala che riproduce in mosaico l'originale immagine del santo stesso di Guido Reni. Nell'urna sotto l’altare sono le reliquie del Santo. Interessante è l'altare del transetto sinistro con una «Presentazione di Maria» del Barocci (1594); così pure la Sagrestia, fra le più belle a Roma, con un gruppo marmoreo ed un busto di Alessandro Algardi (1640) 29/b ORATORIO FILIPPINO o del BORROMINI - L'edificio che, con la leggera concavità delle ali, vuole raffigurare la cordialità dell'abbraccio filippino, si coordina, reinterpretandone le linee, alla vicina facciata della Chiesa Nuova, alla quale rimane volutamente subordinato con la minore altezza e con l'uso di materiali meno nobili. Il Borromini, architetto di fiducia dei filippini ai quali lo legava soprattutto l'oratoriano p. Virginio Spada, appassionato di architettura, dovette risolvere una delicata situazione rivestendo con un nobile involucro una serie di locali interni la cui disposizione risultava obbligata dalla esistenza di precedenti costruzioni, come la Sagrestia. Questa facciata è particolarmente dimostrativa delle «invenzioni» borrominiane e contiene motivi, come la concavità-convessità della loggia sovrastante 141 .


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