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Eric Owen Moss La ballata di Culver City
Enfant prodige della generazione di architetti nota come Los Angeles School, E.O. Moss (Eric, o Señor, come amico) si lega con filo doppio al proprio territorio di origine, trasfigurandone il linguaggio locale (e universale) in un codice espressivo più identificativo dei poliedrici tempi contemporanei che degli spazi omogenei e settoriali scritti dalla geografia dell’architettura moderna. Culver City è un nome che richiama ai cinéphiles, gli ambigui scenari, prima letterari poi cinematografici, dell’eroico investigatore Marlowe, alter ego di un autore sofferto come Raymond Chandler, sempre in bilico tra letteratura e commercio del suo stesso eroe: ma ormai il palcoscenico urbano è abbandonato dagli eroi su celluloide, di Hollywood si impossessano i nuovi eroi mutati e un po’ digital-freak. Le creature costruite che E.O. Moss concepisce, insieme a una coppia di affezionati urban developer, Frederick e Laurie Samitaur Smith, non incutono però terrore: parlano i mille dialetti del luogo, slang di strada, espressioni povere di sfumature ma ricche di significati e implicazioni sociali. Sono parte di un disegno progettuale che, pur prescindendo dall’urbanistica in senso stretto (specialmente come concepita in Europa, in parte anche oggi) si innestano sul sistema di relazioni della città-arcipelago, aprono luoghi di condivisione nel suo core, generano profitto e lavoro. Per questo i progetti sono prima di tutto Conjuctive Points, punti di congiunzione tra un fare colto dell’architetto-ricercatore – icona nella scuola più iconica di tutta la West Coast – e le minute pratiche che quotidianamente costruiscono la città. Una vicenda più unica che rara, ancora pienamente in atto, che annovera la realizzazione in tre decenni di più di 40 edifici, oltre a una quantità impressionante di studi, visualizzazioni concettuali e varianti operative che hanno profondamente trasformato il paesaggio urbano e sociale dell’area e gli orizzonti teorici dell’architettura angeleña. Eppure E.O. Moss si chiede ancora, nella sua raccolta di prolusioni agli illustri colleghi e visiting professor della “sua” SCI-Arc: “Who says what architecture is?” “Chi dice cos’è l’architettura?”. Continua a cercare la risposta girovagando per il mondo e mettendosi alla prova attraverso infiniti concorsi, che sono soprattutto occasioni di ricerca e sperimentazione, interventi delocalizzati di una stessa grande utopia, sempre attiva a Culver City, Los Angeles, West Coast, Usa, Mondo.
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Ritorno a Culver City Quando Moss vi mette piede per la prima volta, Culver City è un distretto residenziale medio borghese al cui centro è collocato l’Hayden Tract, insediamento abbandonato di piccole fabbriche, magazzini e laboratori lascia-