i.light Better City, Better Life

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I cinesi avevano però annunciato fin dall’avvio dei lavori preparatori l’intenzione di voler conservare le architetture migliori. Del resto, non fece così anche Parigi con la Tour Eiffel, un mostro di ferro e acciaio per l’Expo universale del 1889, che la Ville Lumière preservò respingendo le petizioni per abbatterla di intellettuali e celebrità come Guy de Maupassant? Se il Padiglione Italiano resterà a Shanghai come uno dei simboli dell’Expo dei primati, il cemento trasparente torna dall’avventura cinese con una valigia piena di riconoscimenti e una popolarità che ha ben oltrepassato il perimetro degli addetti ai lavori. Fino a ieri poteva essere un nonsense, al più un azzardoso ossimoro, quella figura retorica che consiste nell‘accostare parole di senso opposto. Oggi, dopo l’Expo, i.light è un’innovazione industriale al servizio dell’architettura e della qualità della vita, che aggiunge nuovo lustro e preziosità a quella polvere grigia che è il cemento, considerato spesso, se non sempre, in antitesi con l’ecologia e per anni additato tra i primi responsabili del degrado ambientale e paesaggistico. “Noi, come ho già detto parlando della ripartizione delle spese, contavamo sul ritorno d’immagine – dichiara Borgarello – e l’abbiamo avuto stando all’interesse suscitato nel mondo da questa nostra innovazione che colpisce a prima vista sul piano estetico, ma che incorpora una approfondita ricerca per risolvere e migliorare i problemi tecnici legati al ritiro del cemento. E questa attenzione all’estetica è un atout in più che noi crediamo di avere nei confronti dei nostri competitors”.

Nella foto: visitatori in coda all’ingresso del Padiglione Italiano, che è stato il più visitato dopo quello cinese.

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