Global
AMBIENTE ENVIRONMENT
Imprese e ambiente: lo sviluppo sostenibile come nuovo business asset per un’economia fondata sulla consapevolezza Businesses and the environment: sustainable development as a new business asset for an awareness-based economy
Projects Eco-sostenibilità: l’architettura come metafora funzionale della natura Eco-sustainability: architecture as the functional metaphor of nature
News La sfida di Italcementi Group in India Italcementi Group’s challenge in India Cementerie Doc Doc Cement Plants La magia del titanio The magic of titanium Il team di Halyps in Grecia The Halyps team in Greece
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www.italcementigroup.com
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Rivista semestrale pubblicata da Six Monthly Magazine published by Italcementi Group via Camozzi 124, Bergamo, Italia Direttore responsabile Editor Sergio Crippa Comitato di redazione Editorial Committee Silvestro Capitanio, Antonio Carretta, Marielle Desmarais, Alberto Ghisalberti, Gérard Gosset, Jean-Pierre Naud, Ofelia Palma Coordinamento editoriale Editorial Coordinator Ofelia Palma Realizzazione editoriale Publishing House l’Arca Edizioni spa Redazione Editorial Staff Elena Cardani, Carlo Paganelli, Elena Tomei Autorizzazione del Tribunale di Bergamo n° 35 del 2 settembre 1997 Court Order n° 35 of 2nd September 1997, Bergamo Law Court
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Ambiente Environment
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Margot Wallström
Ricerca per un ambiente pulito
Research for a Clean Environment
Renato Mannheimer
La Corporate Reputation
Corporate Reputation
Björn Stigson
Un caso di business: sviluppo sostenibile
The Business Case for Sustainable Development
Luigi Cassar
Materiali ed eco-compatibilità
Materials and Eco-compatibility
Rino Pavanello
Tra conflitto e dialogo, trend per il Terzo Millennio
Between Conflict and Dialogue, the Third Millennium’s Trend
Cristina Rapisarda Sassoon
Imprese e ambiente, un rapporto naturale
Businesses and the Environment, a Natural Relationship
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Architettura naturale
Natural Architecture
Testi a cura di Texts by Carlo Paganelli
Quando la città sogna
When the City Dreams
Progetto di Architect 5 Partnership
Project by Architect 5 Partnership
L’oceano dentro la città
The Ocean inside the City
Progetto di IDEA / Engil
Project by IDEA / Engil
Strutture blu per acque chiare
Blue Structures for Clear Waters
Progetto di Jacques Ferrier e François Gruson
Project by Jacques Ferrier and François Gruson
Fra localismo e modernità
Between Regionalism and Modernity
Progetto di B&M Architects / Devecon
Project by B&M Architects / Devecon
Creatività multiculturale
Multicultural Creativity
Progetto di Tadao Ando Architect and Associates
Project by Tadao Ando Architect and Associates
Appesa a un filo
Hanging by a Thread
Progetto di Mario Botta
Project by Mario Botta
Esposizioni metropolitane
Metropolitan Exhibitions
Progetto di un pool di architetti internazionali
A project by a pool of international architects
Cemento fertile
Fertile Concrete
Progetto di Snøhetta
Project by Snøhetta
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Copertina, rendering del progetto Tuin dello studio olandese MVRDV
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India, il cemento come bene di consumo
India, Cement as a Consumer Good
La cementeria diventa DOC
The Cement Plant becomes DOC
La magia del titanio
The Magic of Titanium
Il team di Halyps si prepara alle Olimpiadi
The Halyps Team prepares for the Olympics
Cover, rendering of the Tuin project by the Dutch firm MVRDV
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Manfredi Nicoletti
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Chiuso in tipografia il 30 Novembre 2001 Printed November 30, 2001
In questo numero In this issue di André-Yves Portnoff* by André-Yves Portnoff*
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algrado il pianeta sia avvolto da irragionevoli turbolenze, lasciate alle spalle le ansie più o meno collegate alla fine del millennio, il secolare dibattito sul prevalere della natura sulla cultura e viceversa coinvolge in prima persona il mondo dell’impresa. L’azienda è un soggetto responsabile, l’attore principale della evoluzione economica che è il motore del cosiddetto progresso. Un concetto al centro di analisi e dibattiti, alla ricerca di un punto di equilibrio che assicuri uno sviluppo “sostenibile”. L’effetto serra, il buco nell’ozono, lo sfruttamento delle risorse hanno prodotto una conflittualità ampia e generalizzata tra produttori e società civile. Un dissidio da ricomporre attraverso un’evoluzione delle normative internazionali e comportamenti “ecologicamente corretti”. Le industrie stesse guardano oggi alla politica ambientale come a una fonte di vantaggi competitivi, modificando radicalmente il precedente atteggiamento. Nel nuovo assetto planetario, con una società sempre più matura, si rafforza il nuovo concetto di “corporate reputation”, che comprende componenti immateriali come la responsabilità civile e sociale, la sicurezza sull’ambiente di lavoro e l’appeal emotivo. Ingredienti ormai indispensabili di ogni strategia aziendale. Una nuova consapevolezza del proprio ruolo si è diffusa anche nelle maggiori imprese, che hanno recepito l’importanza decisiva dei sistemi di gestione ambientale. I legislatori, gli amministratori e le autorità di controllo sono chiamati a svolgere uno sforzo congiunto e sistematico per sostenere le aziende in un percorso impegnativo. Le iniziative europee seguono gli indirizzi strategici dell’Unione, delineati dalla Commissione per l’Ambiente, attraverso un programma suddiviso in sei punti-chiave: un approccio scientifico che assegna un ruolo fondamentale alla comunità della ricerca. L’architettura, con la naturale sensibilità per l’interazione fra uomo e ambiente, non poteva non essere la disciplina più attenta alle nuove modalità di produzione e realizzazione. Fabbricazioni con bassi livelli d’inquinamento, sfruttamento delle biotecnologie, riduzione dei consumi energetici sono condizione necessaria alla progettazione, ma non sufficiente. Occorre salvaguardare anche il benessere psicofisico dell’uomo e il patrimonio storicoarchitettonico, non solo materiale, per architetture che diventino “cieli, nuvole, colline, fogliami, onde e vortici”. L’unicità dell’obiettivo non esclude la molteplicità delle soluzioni, con il Museo della Pesca di Karmøy che si configura come uno scoglio cubista, l’understatement formale della Bo01 Expo di Malmö, l’attenta lettura delle condizioni ambientali per la costruzione del Centro Amministrativo di Al Jufrah in Libia, la coerenza materica dell’impianto per la produzione di acqua potabile a Joinville. E ancora, la contaminazione di linguaggi amalgamata con lo spirito del luogo del centro di comunicazione “Fabrica” a Catena di Villorba, i preziosismi tecnologici della stazione di risalita di Locarno, la “scultura urbana” rappresentata dal Moerenuma Park di Sapporo, il microcosmo che riproduce l’infinito del mondo sommerso dell’Oceanario di Lisbona.
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lthough the world is experiencing irrational turbulence, forget the anxieties more or less connected with the end of the millennium – the secular debate about nature’s domination over culture or vice versa involves the business world in first person. The company is a responsible entity, the main player in economic expansion which is the motor of so-called progress. This is a concept that can be found at the center of analysis and debate, in the search of a balance that will ensure “sustainable” development. The greenhouse effect, the hole in the ozone layer and the exploitation of resources have produced a wide and generalized level of conflict between producers and civil society. It is a quarrel that must be settled through the evolution of international regulations and “ecologically correct” behaviors. The very same industries today view environmental policies as a source of competitive advantages, radically modifying their previous attitudes. In the new planetary structure, with an increasingly mature society, the new concept of “corporate reputation” is growing stronger; a concept that includes immaterial components like civil and social responsibility, safety in the workplace and emotional appeal. These ingredients have by now become indispensable aspects of any company’s strategy. A new awareness of individual roles has spread through the largest companies as well. They have embraced the decisive importance of environmental management systems. Legislators, administrators and regulatory authorities have been called upon to commit to a unified and systematic effort to support companies on this challenging and demanding road. The European initiatives follow the strategic indications supplied by the Union, outlined by the Commission for the Environment through a program which is broken down into six key points: it is a scientific approach that assigns the research community a fundamental role. No other discipline but architecture, with its natural sensitivity for interaction between man and environment, could have been more sensitive to and in tune with the new production and creation procedures. Production with low pollution levels, the usage of biotechnologies, and reduction of energy consumption are all conditions that must be considered necessary for construction, though they are not in and of themselves sufficient. We also need to defend and protect the psycho-physical well-being of man and the historical-architectural – not only the material – heritage to produce various types of architecture which can become “skies, clouds, hills, foliage, waves and vortices.” The uniqueness of the objective does not exclude the multiplicity of possible solutions, including the Fishing Museum in Karmøy, which is built as a cubist rock; the formal understatement of the Bo01 Expo in Malmö; the careful reading of the environmental conditions for the construction of the Al Jufrah Administrative Center in Libya; the material coherence of the plant for the production of drinking water in Joinville. And there is more – the contamination of languages amalgamated with the spirit of the site for the “Fabrica” communications center in Catena di Villorba; the highly sophisticated technologies of the Locarno aerial cable car station; the “urban sculpture” represented by the Moerenuma Park in Sapporo; the microcosm that reproduces the infinite universe of the underwater world in the Oceanarium in Lisbon.
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Global
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Il concetto di sviluppo sostenibile, ovvero la ricerca di un nuovo e migliore equilibrio tra società, economia e ambiente, si impone come una necessaria priorità per assicurare lo sviluppo economico coniugato con una migliore qualità di vita. Lo dimostra il forte impegno da parte dell’Unione Europea che sta investendo grandi energie nel settore Ricerca e Sviluppo, la necessità di un rapporto tra ambiente e industria meno conflittuale e più partecipativo, il crescente utilizzo di materiali ecocompatibili e il ruolo della certificazione ambientale come elemento distintivo delle aziende. La sostenibilità rientra ormai tra le componenti della corporate reputation: è infatti uno degli asset intangibili con cui le aziende devono confrontarsi se vogliono conservare nel tempo i loro livelli competitivi. The concept of sustainable development, e.g. the search for a new and improved balance between civil society, the economy and the environment, stands out as a necessary priority whose aim is to ensure economic development combined with a better quality of life. Examples include the European Union’s major commitment to R&D; the need for a relationship between industry and the environment which is less conflictual and more participative; the growing use of ecofriendly materials, and the role of environmental certification as a distinctive element of businesses. By now, sustainability can be found among the components of corporate reputation: it is one of the intangible assets with which businesses must come to grips if they want to retain their competitive edge over time.
Ricerca per un ambiente pulito Research for a Clean Environment di Margot Wallström* by Margot Wallström*
La strategia UE per lo sviluppo sostenibile si fonda su forti investimenti nel settore Ricerca e Sviluppo The EU strategy for sustainable development leans on strong investment in R&D
Margot Wallström
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a strategia dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile ha come scopo primario quello di garantirne la reale operatività assicurandosi che esso apporti concreti miglioramenti alla qualità della vita. Per tale ragione, questa strategia si incentra su due principi-chiave in grado di offrirci alcune utili indicazioni pratiche. Il primo principio presuppone che lo sviluppo sostenibile riguardi non soltanto il benessere delle generazioni presenti ma anche quello delle generazioni future. Troppo spesso, infatti, a fronte di un’azione politica che ha avuto esiti positivi nel breve termine si è stati portati a trascurare le eventuali ripercussioni nel lungo periodo. Il secondo principio richiede invece che ogni nostra azione venga compiuta sulla base di una valutazione olistica dei legami e delle sinergie esistenti tra dimensione economica, sociale e ambientale. Troppo spesso, infatti, le nostre politiche economiche sono state pianificate con scarsa considerazione per le loro conseguenze ambientali e sociali. Se l’importanza di considerare l’impatto delle nostre azioni su una scala più
ampia può sembrare ovvio, non è altrettanto ovvio che tale basilare buon senso sia stato effettivamente applicato in passato. Si pensi solo al caso dei sussidi stanziati per alcune pratiche agricole rivelatesi poi dannose per l’ambiente e costose per i consumatori. Naturalmente, entrambi questi principi possono suonare a prima vista “ovvi”. Nessuno mai, infatti, verrebbe a contestarli. La questione chiave, se vogliamo conferire loro un reale valore aggiunto, è come metterli in pratica. Era questo un potenziale problema per la nostra Strategia per lo Sviluppo Sostenibile. L’espressione “sviluppo sostenibile” può, infatti, assumere molti differenti significati: se si chiedesse ad ognuno la sua personale definizione di “sostenibilità” e il modo in cui applicarla, si riceverebbero molte diverse – e spesso contrastanti – risposte. Ma se da un canto, in pochi sarebbero d’accordo sulla definizione di “sostenibile”, in molti concorderebbero, invece, su cosa è “insostenibile”. Per questa ragione il nostro compito sarà di rendere operativa la sostenibilità, mettendo in luce alcuni punti fondamentali di
cui l’Europa deve tener conto. Quali sono le principali tendenze di insostenibilità su cui dobbiamo concentrare gli sforzi della nostra ricerca? La Commissione ha identificato sei punti chiave, ognuno dei quali costituisce un tema di estrema complessità suscettibile di scontrarsi con molte diverse aree politiche e con potenziali gravi conseguenze per tutta l’Europa e tutto questo su una scala temporale a lungo termine. Per ciascuno c’è un divario da colmare. Sei punti chiave • Per prima cosa, dobbiamo combattere i cambiamenti climatici causati dalle emissioni di gas ad effetto serra. Nonostante la potenziale gravità del surriscaldamento del pianeta, il nostro tentativo di invertire la tendenza esistente non sta avendo, purtroppo, grande successo. La ricerca ha sicuramente contribuito ad una nostra maggiore comprensione del problema, e il Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici ne è un esempio: la comunità scientifica ha dimostrato che è finito il tempo delle parole ed è ora di passare ai fatti. Ma c’è ancora molto da fare: dobbiamo imparare a meglio
comprendere come funzionano i nostri ecosistemi, per poter meglio capire quale sarà il nostro possibile impatto nel tempo. E dobbiamo sviluppare modi nuovi per far funzionare l’economia senza produrre eccessive emissioni di gas ad effetto serra. Dobbiamo affrontare la questione di come traghettare verso una società che sia al tempo stesso più efficiente dal punto di vista energetico e più dipendente dalle energie rinnovabili. È questo il problema fondamentale se vogliamo evitare i cambiamenti climatici. • Il secondo punto chiave è rappresentato da una gestione efficiente delle risorse naturali: vogliamo proteggere la nostra bio-diversità e separare la crescita economica dall’uso delle risorse. Per far questo, il mondo della ricerca deve coadiuvare il mondo del business nello sviluppo di prodotti e processi eco-compatibili. • Per terza cosa, vogliamo affrontare il problema della salute pubblica sia in termini di tutela sanitaria che di finanziamenti alle cure mediche. Per fare un esempio, un sistema di gestione dei prodotti chimici per dirsi efficace deve far sì che gli utenti siano in grado di comprendere i possibili effetti di un dato medicinale. Delle circa 2.500 sostanze chimiche prodotte su vasta scala e presenti sul mercato, solo il 3% è stato testato adeguatamente mentre un altro 14% è stato sottoposto soltanto a test di base. • In quarto luogo, intendiamo sviluppare una politica di utilizzo del territorio e di gestione dei trasporti in grado di garantire una mobilità sostenibile: attualmente, i trasporti costituiscono una delle principali fonti di inquinamento e uno dei
maggiori fattori di cambiamento climatico. • Il quinto punto è rappresentato dalla lotta all’emarginazione sociale e alla povertà. Le disparità legate alla povertà sono in crescita, tanto tra le nazioni quanto al loro interno: i cittadini vengono privati dell’opportunità di esprimere le proprie potenzialità con conseguenti costi sociali ed economici per i nostri paesi. Dobbiamo meglio comprenderne il perché. • Il sesto e ultimo punto insostenibile è quello relativo ai problemi demografici causati dall’invecchiamento della società. Si prevede che la popolazione europea decresca e invecchi a causa di un calo dei tassi di fertilità e un aumento della vita media presunta. Abbiamo bisogno di risposte politiche come, ad esempio, le riforme del sistema pensionistico, ma dobbiamo anche comprendere quali sono le implicazioni di questo invecchiamento della popolazione. Cosa significa la scelta di questi sei temi chiave? Significa che, se la ricerca deve svolgersi sotto l’egida di “ricerca per lo sviluppo sostenibile”, allora deve essere in grado di aiutarci a invertire le tendenze insostenibili dell’Europa e deve condurre a cambiamenti reali nei nostri comportamenti. L’obiettivo della nostra strategia è di passare dalle parole ai fatti concentrando l’attenzione sulle nostre azioni future. Ma, fatto ancora più importante: la chiave del successo sta anche e soprattutto nella divulgazione dei risultati. Se vogliamo trovare soluzioni che siano veramente operative, dobbiamo assicurarci che i risultati della ricerca vengano diffusi e applicati in tutto il mondo. Una delle accuse
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mosse più di frequente, infatti, è che la ricerca, anche lì dove potrebbe rivelarsi utile, finisce col non giungere a conoscenza del pubblico a cui pure è destinata. Superfluo dire che una buona ricerca non è di alcuna utilità se chi dovrebbe farne uso non la conosce. Noi, che facciamo politica, abbiamo la responsabilità di accertarci che ciò avvenga, e coloro che fanno ricerca devono aiutarci nel preparare il terreno. Ciò significa che la ricerca deve supportare lo sviluppo dei prodotti e deve saper guardare alla realtà esterna: troppo spesso, infatti, in passato non è stata in grado di dare soluzioni concrete ai
problemi che il mondo si è trovato ad affrontare. Impatto sulle politiche UE Cosa significano questi sei punti chiave per l’Unione Europea? Ciascuno di questi punti costituisce per noi una sfida, non solo per i prossimi anni ma per almeno l’arco di una generazione. Al summit di Goteborg abbiamo presentato una serie di specifiche iniziative o raccomandazioni di natura politica per rispondere ai principali problemi identificati per ciascuna delle sei tendenze insostenibili. La nostra strategia dovrà essere efficace, concreta e
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misurabile, con indicatori, missioni e obiettivi. Ma quali sono i rimedi politici per i nostri problemi ambientali? Personalmente, ritengo che essi includano quattro elementi chiave. Innanzitutto, il fatto più ovvio, e cioè una maggiore comprensione dei problemi attraverso l’analisi scientifica. Sappiamo già molto, ma dobbiamo sapere ancora di più, come per esempio, quali possono essere gli effetti dell’inquinamento sulla nostra salute. In secondo luogo, dobbiamo promuovere la “tecnologia verde”. C’è un enorme potenziale tecnologico non sfruttato e sta a noi creare le condizioni più appropriate perché le nuove tecnologie entrino nel mercato. È per questo motivo che il documento propositivo sulla strategia per lo sviluppo sostenibile insiste su un vero e proprio push tecnologico. La ricerca, sia pubblica che privata, potrebbe fare di più, ma bisogna essere cauti. L’Information Technology, per esempio, può rivelarsi un’arma a doppio taglio: se lasciata a se stessa, infatti, può finire col portare a pressioni sull’ambiente addirittura maggiori. Al contrario, se ben gestita, può offrire un’opportunità per rompere il legame tra crescita economica e degrado ambientale. E credo che ciò che vale per l’Information Technology possa valere per la tecnologia in generale. Terzo, dobbiamo premiare i
mercati innovativi affinché essi diano corretti segnali in termini di prezzi. Una delle questioni chiave è, infatti, se “le risposte politiche dei governi siano più efficaci degli strumenti fondati sul mercato”. La UNICE, l’unione industriali europea, riporta che in Europa i consumatori si rivelano più lenti di quasi il 20% rispetto a quelli americani nell’adottare nuovi prodotti e servizi ambientali. Ciò è in parte dovuto al fatto che non abbiamo i corretti segnali in termini di prezzi, cosicché i consumatori finiscono col non premiare né la ricerca né le aziende che sviluppano nuovi prodotti. È per questa ragione che i governi guardano oggi al mercato con sempre maggior attenzione. Quarto e ultimo, dobbiamo sviluppare politiche più coerenti ed eliminare quelle forme di incongruenza rappresentate dagli spesso dannosi sussidi e aiuti statali. Non insisterò mai abbastanza sulla necessità che il mondo della ricerca sostenga fortemente ciascuna di queste soluzioni: in questo modo, attraverso ricerche ben applicate, potrà controllare che le nostre risposte siano efficaci e giungano alla vera radice dei problemi. È proprio per questo motivo che dobbiamo assicurarci che i risultati della ricerca vengano resi noti e diffusi. La Ricerca nell’Agenda di Lisbona L’Agenda di Lisbona, fissata lo scorso anno, illustra le
principali connessioni tra ricerca e gestione dei problemi ambientali mirando ad eliminare le rigidità strutturali esistenti in Europa. Uno degli strumenti per raggiungere tale flessibilità economica è stato individuato nella necessità che l’Europa svolga in generale più attività di ricerca. Attualmente, la spesa pro-capite destinata alla Ricerca e Sviluppo nell’Unione Europea è meno della metà rispetto agli USA. Detto questo, sono chiaramente lieta di vedere che in questo campo la Svezia sta tracciando la via in Europa, sebbene il vecchio continente rimanga ancora ben dietro allo standard americano. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi nel settore della ricerca affinché essa possa contribuire alla creazione di un’economia più flessibile e fondata sulla conoscenza. Se riusciremo a vincere questa sfida, la ricompensa sarà per noi un’economia capace di adattarsi, a basso prezzo, allo sviluppo sostenibile. Un’economia flessibile, in grado di ridurre, ad esempio, senza troppi costi, la dipendenza dai combustibili inquinanti. È questo il legame tra Lisbona e lo sviluppo sostenibile. Lisbona ci aiuterà a sviluppare un’economia verde. Tutto ciò non fa che confermare quanto sia importante il nostro sostegno alla ricerca. Proprio quello che stiamo facendo. Il 6° Programma Quadro sarà per noi un valido aiuto nell’assicurare che la ricerca
porti soluzioni ai nostri problemi di sostenibilità. Nell’ambito della DG Ambiente, siamo tutti profondamente consapevoli della potenziale importanza della ricerca nel fornire soluzioni ai problemi ambientali, così come del resto è stato sottolineato nel nostro 6° Programma di Azione Ambientale. Questo Programma apre la strada lungo la quale lavoreremo nei prossimi dieci anni: esso propone un approccio fondato su solide analisi scientifiche e riconosce alla comunità della ricerca un ruolo sempre più fondamentale sul quale dovremo fare sempre più affidamento. * Margot Wallström è Commissario Europeo per l’Ambiente dal settembre 1999. In Svezia, suo paese d’origine, era stata in precedenza Ministro degli Affari Civili dal 1988 al 1991, Ministro della Cultura dal 1994 al 1996 e Ministro degli Affari Sociali dal 1996 al 1998. ■ ■ ■ ■ ■ ■
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he over-riding objective in the EU strategy for sustainable development is to make sure that sustainable development is operational and delivers concrete improvements in the quality of our lives. For this reason, we have based our strategy on two principles that can offer us practical insights. The first principle is that sustainable development is concerned with the welfare of both present and future generations. Too often, if a policy has benefited us in the
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short-term, then we have turned a blind eye to the long-term repercussions. The second principle is that we should base our actions on a holistic assessment of the links and synergies between the economic, social and environmental dimensions of our policies. Too often, our economic policies have been designed with very little consideration for their environmental or social consequences. Considering the wider impact of our actions may sound like an obvious statement – but it’s not obvious that we’ve applied such basic common sense in the past. Just let’s consider subsidies to agricultural practices that have been bad for the environment and cost consumers. Of course, both of these principles sound like “motherhood and apple pie” concepts. Nobody could ever disagree with either of them. The key question, if we are to deliver real added value, is how we put them into practice. This was a potential problem for our Sustainable Development Strategy. The phrase “sustainable development” means many things to many people. If I were to ask every person for his own definition of “sustainability” and how it should be applied, I would receive many different – and often conflicting – answers. But while few of us can agree as to what is sustainable, most of us could agree on
what is unsustainable. We will therefore operationalize sustainability by highlighting a few of the crunch issues that Europe needs to tackle. What are the key unsustainable trends that we need to focus our research efforts on? The Commission has identified six. Each topic is complex and cuts across many policy areas. Each is an issue with severe potential consequences, where the time scale is long and which is of concern across Europe. For each there is a gap that we must bridge. Six Key Issues • Firstly, we need to combat climate change caused by greenhouse gas emissions. Despite the potential severity of global warming, we are unfortunately having little success in reversing the existing trends. Research has contributed to our understanding, for example, through the Intergovernmental Panel on Climate Change. The research community has shown that the time for talk has passed, and the time for action is now. But there is still a lot more to be done. We need to better understand how our ecosystems function, so that we can better understand how our impacts will add up over time. And we need to develop new ways for our economy to function without producing excessive greenhouse gas emissions. We need to address the question of how we can move towards a society that is more
energy efficient and more reliant on renewable energy. This is the fundamental question on preventing climate change. • The second key issue is efficient natural resource management. We want to protect our biodiversity and decouple economic growth from resource use. To do this, the research community needs to help the business community develop products and processes that are environmentally friendly. • Thirdly, we want to tackle public health including both protection of health, and the financing of health care. For example, an effective chemicals management system requires us to understand the effects a chemical can have. Of the 2,500 or so high-production volume chemicals on the market, only 3% are adequately tested and a further 14% have basic test data only. • Fourthly, we want to develop a policy towards land use and transport that allows for sustainable mobility. At present, transport is a major source of environmental pollution and a major contributor to climate change. • Fifthly, combating social exclusion and poverty. Poverty related disparities are growing, both between and within countries. People are being deprived of the opportunity to fulfill their potential with social and economic costs for our countries. We need to better understand why.
• And the sixth and final key unsustainable issue is addressing our demographic problems caused by an aging society. The European population is forecast to decline and age because of a fall in fertility rates and increasing life expectancy. We need policy responses such as reforms in the pensions system, but we also need to understand the implications of an aging population. What does our choice of these six key issues mean for us? It means that if research is to come under the “sustainable development research” umbrella then it must help us to reverse Europe’s unsustainable trends. Research must lead to real changes in the way we behave. It is the aim of our strategy to draw a line under discussion, and to provide focus on our future efforts. More importantly, the key to success lies with the dissemination of results. If we want to deliver operational solutions, we must make sure that research findings are disseminated and taken up by the world at large. One of the accusations that is often made, is that even where research could be useful, the target audience does not hear about it. Needless to say, good research is useless if the people who should be using it are unaware of it. We, the policy-makers, have a responsibility to make sure that this happens, and those that are doing the research must help us in paving the way. This means that research
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must support the development of products. Research must be outward-looking. Too often in the past, it has failed to deliver real solutions to the problems that the world faces. Impact on EU Policies What will the six key issues mean to the European Union? Each of these problems will challenge us not just for the coming years but for a generation at least. At the Gothenburg summit we presented a set of policy specific initiatives or recommendations to respond to the key shortcomings identified for each of the six unsustainable trends. Our strategy will have to be effective, concrete and measurable, with indicators, targets, and goals. But what are the policy remedies for our environmental problems? As I see them, they include: Firstly, the obvious: we need to improve our understanding through scientific analysis of problems. We know a lot already, but we need to know much more, for example how pollution affects our health. Secondly, we should promote “green technology.” There is a
big unexploited potential in technology and we have to create the right conditions to bring new technologies to the market. This is why the consultation paper on the sustainable development strategy calls for a technology push. Both public and private research could do more, but we need to be careful. Information Technology, for example, can be very much a double-edged sword. Left to itself, it may well lead to more pressure on the environment. But if we harness it, then it offers an opportunity to break the link between economic growth and environmental degradation. And what holds for Information Technology I believe holds for technology in general. Thirdly, we must offer rewards to reforming markets so that they deliver the correct price signals. One of the key questions is whether “government policy responses are more effective than market-based instruments.” UNICE, the business federation, reports that in Europe customers are almost 20% slower to adopt new environmental products and services than customers in the
US. This is in part because we do not have the right price signals, so customers do not reward research and the businesses that develop new products. This is why the government is increasingly looking to the market. And, fourthly, we need to develop more coherent policymaking and remove policy inconsistencies, such as perverse subsidies or state aid. I cannot stress enough that the research community should strongly support each of these solutions. By providing us with wellapplied research, it can make sure that our responses are effective, and get to the root of the problems. That is why we must make sure that research results will be disseminated. Research in the Lisbon Agenda The Lisbon Agenda, as defined last year, tells us about the more general links between research and the way we tackle environmental problems. The Lisbon Agenda aims to do away with the existing structural rigidities in Europe. As one of the tools to achieve this flexible economy,
Lisbon highlighted the need for Europe to do more research in general. At present, R&D expenditure per capita in the EU is less than half the level of the US. Having said this, I am glad to see that Sweden leads the way in Europe, although even Europe as such is still behind the American benchmark. The reason we need to increase our research efforts is that it can contribute to the challenge of creating a more flexible and knowledge-based economy. If we meet this challenge, then our reward will be an economy that can adapt to the challenges of sustainable development at a low cost. It is a flexible economy, for example, that could cheaply reduce reliance on dirty fuel. This is the link between Lisbon and sustainable development. Lisbon will help us develop a green economy. All of this suggests that it is important that we support research. We are doing so. The 6th Framework Program will help us ensure that research delivers solutions to our sustainable problems. Within DG Environment, we too are acutely aware of the potential importance of research in delivering solutions to environmental problems. This is why we have highlighted it in our 6th Environmental Action Program. This Program sets out the way in which we will work this decade. It puts forward an approach based on sound science and analysis and it recognizes that we will need to lean more and more on the research community. * Margot Wallström has been European Commissioner for Environment since September 1999. She was previously Minister of Civil Affairs in Sweden, her native country, from 1988 to 1991, Minister of Culture from 1994 to 1996 and Minister of Social Affairs from 1996 to 1998.
La Corporate Reputation Corporate Reputation di Renato Mannheimer* by Renato Mannheimer*
Il valore dell’azienda sempre più legato alle risorse intangibili The value of business is increasingly linked to intangible resources
Renato Mannheimer
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olti fatti avvenuti in questi ultimi anni sembrano indicare che ci si sta avviando verso una nuova fase dei rapporti tra imprese e stakeholders (investitori, clienti, impiegati, opinione pubblica). Una società civile in larga misura globalizzata, sempre più matura e in parte allarmata, è pronta ad imputare alle aziende tutti i comportamenti percepiti come lesivi degli interessi dei consumatori, dell’ambiente, del benessere dei lavoratori e non da ultimo del rispetto di codici e valori etici nei confronti dei paesi del mondo più svantaggiati (controllo fornitori e condizione dei lavoratori in particolare). Per questi motivi sta acquistando importanza il concetto di “corporate reputation”: è questa un’espressione al centro di grandi riflessioni ma su cui non è ancora stata trovata una definizione univoca. Tuttavia al di là delle differenze e delle sfumature è lecito sintetizzare che la corporate reputation è costituita principalmente dai seguenti elementi:
il concetto di sviluppo sostenibile, ovvero di uno sviluppo che non tenga conto solo degli aspetti economici, ma anche degli aspetti sociali e ambientali, acquisti sempre più importanza per la popolazione che diviene via via più attenta a queste tematiche, e che soprattutto orienta di conseguenza i propri comportamenti. L’idea che il cittadino si fa del comportamento di un’azienda in termini di impatto sociale e ambientale assume pertanto rilevanza crescente. Cresce l’attenzione verso una serie di
LE DIMENSIONI DELLA CORPORATE REPUTATION CORPORATE REPUTATION Ambiente di lavoro
Prodotti e servizio Appeal emotivo Stabilità finanziaria e profitti
Responsabilità sociale e ambientale Visione e leadership
Tra le componenti della corporate reputation, accanto a quelle più tradizionali (prodotti, stabilità finanziaria, visione e leadership) si fanno strada anche dimensioni “più moderne” come il tema della responsabilità ambientale e sociale, dell’ambiente di lavoro e dell’appeal emotivo, dimensione più immateriale, declinabile in termini di fiducia, rispetto, apprezzamento e ammirazione. La corporate reputation si configura come una “intangible resource” che si forma nel tempo, attraverso la verifica della coerenza di comportamenti passati e che, se buona, contribuisce positivamente alle performance aziendali. Gli imprenditori, che ne riconoscono il fondamentale ruolo assunto, sanno quanto sia difficile e lenta la sua acquisizione e quanto facile e rapida la sua distruzione. Ricerche recenti mostrano in particolare, per esempio, come
aspetti legati alla produzione prima non visibili o non oggetto di interesse: come vengono trattati e ricompensati i lavoratori, anche se residenti in altre parti del mondo, quali sono le condizioni di lavoro, se vengono sfruttati minorenni e via dicendo. Ed è alto anche l’interesse per tematiche di tipo ambientale: quale utilizzo viene fatto delle materie prime, l’impatto in termini di inquinamento del processo produttivo, l’uso di sostanze tossiche o non naturali inquinanti o nocive alla salute… Il raggio di interesse è ampio. Non spariscono le priorità rilevate negli ultimi anni (il costo, la funzionalità, la qualità del prodotto…), ma ad esse se ne affiancano di nuove. E non solo. Le aziende vengono ritenute responsabili di ciò e si pensa che, soprattutto in questa fase di presa di coscienza, esse dovrebbero dare la priorità alla
soluzione di eventuali carenze e al consolidamento di comportamenti etici, prima ancora che all’innovazione e al miglioramento dei propri prodotti e servizi. In questo contesto una delle tensioni e delle difficoltà maggiori per la popolazione è quella dell’informazione: i cittadini fanno fatica ad informarsi come vorrebbero. Per questo se nel complesso si può dire che è alta la quota degli “attenti”, risulta minoritaria invece quella di chi è veramente informato. La disponibilità di informazioni chiare, agili, facilmente accessibili e nello stesso tempo affidabili risulta ancora insufficiente a soddisfare le esigenze della gente. Per questo il ruolo riconosciuto in questo momento ai gruppi di pressione, in primis le ONG, è di fondamentale importanza. L’effetto più immediato è che le campagne di informazione e di sensibilizzazione portate avanti da questi ultimi trovano un terreno molto fertile nei consumatori, che di conseguenza orientano e riorientano le loro scelte e i loro comportamenti. Il consumatore diventa così un “consumatore critico”. L’esperienza del commercio equo e solidale (ma anche tra gli altri della banca etica) è, per esempio, un forte segnale: anche se costituiscono solo una piccola minoranza coloro che arrivano a recarsi apposta nelle botteghe specifiche, sono invece in molti coloro che trovandoli nel proprio punto di acquisto abituale preferiscono questi prodotti a quelli di altre marche, anche note, mostrando una certa sensibilità alla questione, e la tensione ad assumere un comportamento attivo. Di fronte a questa presa di coscienza e di posizione da parte dei cittadini, le aziende non possono far altro che riconoscere l’importanza di nuovi ingredienti ormai
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fondamentali per il loro successo, e ridefinire le loro strategie e le loro campagne comunicative al fine di capire e di consolidare non solo la propria immagine, ma la propria reputazione. Questo stato di cose può, infatti, tradursi per le aziende in una nuova “fonte di rischio”: sempre più frequenti sono i casi di aziende “scosse” dagli scandali e implicate talvolta in complicate cause legali (citando casualmente, si ricordi il boicottaggio del caffè in California, gli Ogm, la mucca pazza, le campagne contro il lavoro minorile). I rischi, anche per i tempi velocissimi e la divulgazione delle notizie in tempo reale, sono terribili e immediati e le aziende si trovano a dover recuperare “ex-post” la credibilità perduta, così preziosa e difficile da conquistare, anche attraverso costosissime campagne di comunicazione. In questo contesto non è certo sorprendente che una pressione fortissima alle aziende provenga in primo luogo dagli azionisti/ investitori dell’azienda. L’investitore sa che l’aspetto fiscale di un’azienda è fondamentale, ma capisce ogni giorno di più che uno scandalo grave sulla qualità dei prodotti, sullo sfruttamento di lavoratori minorenni o l’accadere di un disastro ambientale può danneggiare l’immagine e quindi anche il valore dell’azienda. In questo senso la “corporate reputation” è una variabile che deve essere non solo controllata, ma anche perseguita con strategie precise di politica aziendale, oltre che di comunicazione e di relazioni pubbliche: essa diviene uno degli intangibili
asset che costituiscono il patrimonio di un’azienda. Accade del resto sempre più frequentemente che le aziende sottoposte a questionari/indagini/controlli da parte di ONG, università, istituzioni, azionisti e associazioni di consumatori, rispondano alle pressioni da un lato attraverso la pubblicazione di bilanci sociali, ambientali e adesioni a standard di accountability (SA8000 su tutti); dall’altro commissionando studi e ricerche di mercato per capire quale sia la strada da intraprendere in un momento in cui tutto si fa più incerto e complicato. Per questo le aziende più lungimiranti si stanno dotando di strumenti che permettano di capire e, conseguentemente, di intervenire non solo sull’immagine che la popolazione ha di loro, ma anche sulla sua reputazione. Esse infatti sanno quanto è grande il contributo che una buona reputazione può dare in termini di credibilità e, quindi, di successo dell’azienda. Hanno collaborato Paola Arrigoni, Elena Salvi. * Renato Mannheimer è professore ordinario di Metodologia delle Scienze Politiche presso l’Università di Genova. In precedenza ha insegnato alle Università di Milano, Napoli, Salerno. È stato direttore del Centro di Scienze Politiche della Fondazione Feltrinelli di Milano ed è membro per l’Italia dell’European Election Study Group promosso dal Parlamento Europeo. È collaboratore del Corriere della Sera e di diversi programmi giornalistici della RAI. È fondatore e presidente dell’Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione (ISPO), uno dei principali istituti di sondaggi italiani. Oltre a numerosi articoli e saggi su riviste scientifiche italiane e straniere, è autore di numerosi volumi dedicati a temi di attualità politica e comportamento sociale.
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any of the events that have occurred in the last few years seem to indicate that we are heading toward a new phase in relationships between businesses and stakeholders (investors, clients, employees and public opinion). Today, an increasingly globalized, mature, and to a certain extent alarmed, society is ready to impute to business behaviors perceived to be detrimental. Elements affected include consumers’ interests, the environment, the well-being of workers and, last but not least, respect for ethical codes and values vis-à-vis the world’s underprivileged countries (particularly in terms of supplier control systems and employee working conditions). For these reasons, there is a growing importance placed upon the concept of “corporate reputation”: an expression that represents an idea which is at the center of considerable reflection but that has not yet found a unanimous definition. All things considered, above and beyond the differences and the definition nuances, it remains acceptable to define the concept of corporate reputation as principally consisting of the following parts:
Among the components of corporate reputation, alongside those that can be considered more traditional (products, financial stability, vision and leadership), there is a growing emphasis on “more modern” dimensions, such as the themes of social and environmental responsibility, working conditions and emotional appeal. The last is a more immaterial dimension; one that can be considered in terms of trust, respect, appreciation and admiration. Corporate reputation must be considered an “intangible resource,” one that is developed over time, by verifying the coherence of past behavior, which, if acceptable, contributes positively to the businesses’ performance. Entrepreneurs, who recognize the fundamental role this resource has assumed, know exactly how difficult and slow its acquisition can be, and how quickly and easily it can be destroyed. For example, recent findings have shown how the concept of sustainable development (development that takes into account not only economic aspects, but social and environmental considerations as well) is steadily gaining importance, especially for people who are increasingly aware of these themes, and who, as a result, orient their behavior
THE DIMENSIONS OF CORPORATE REPUTATION CORPORATE REPUTATION
Products and services Emotional appeal Financial stability and profits
Workplace environment Social and environmental responsibility
Vision and leadership
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accordingly. The image that a citizen forms of a given company’s behavior in terms of social and environmental impact is therefore becoming more and more relevant. Attention to a series of aspects linked to production is growing. These aspects which previously did not have a high visibility or particular interest to the general public, include: the treatment and rewards of workers regardless of where they live in the world, working conditions, exploitation of minors and so forth. Interest in environmental themes is also quite strong: how raw materials are being used; the impact of the production process in terms of pollution; the use of toxic or non-natural substances that pollute or are hazardous to public health, etc. There is a wide range of interest. Priorities that have been pointed out in recent years have not disappeared (cost, functionality, product quality, etc.), but they are now joined by new concerns. And that is not all. Companies are now being held responsible for these factors, especially in this phase of heightened awareness. As a result, companies are now being asked to prioritize the tasks of solving their possible deficiencies and consolidating ethical behavior, even before innovating and improving products and services. In this context, one of the greatest difficulties and tensions facing the population at large is information: citizens find it difficult to inform themselves as much as they would like. While on the whole we can say that the “attention” quota remains high, the number of
truly informed individuals remains low. The availability of clear, concise, easily accessible and at the same time trustworthy information still remains insufficient to satisfy people’s needs. Given this fact, the currently recognized role of pressure groups, the NGOs being first and foremost among them, takes on fundamental importance. The most immediate effect is that the information and awareness campaigns initiated by these pressure groups have found extremely fertile ground among consumers, who consequently orient and reorient their choices and behavior. In this way, the consumer becomes a “critical consumer.” The experience of fair-trade (but also among others in the ethical bank) has been a strong signal: even though people who resort to frequenting specific shops constitute a small minority overall, there is a greater number of people who, finding them in their usual point of purchase, prefer these products over those of other brand names, even well-known ones, therefore showing a certain sensitivity to the question, and a need to take on a more active role. Faced with this awareness and the stand taken by citizens, companies have no choice but to recognize the importance of the new ingredients that have now become key to their success. Companies must redefine their strategies and communications campaigns in order to better understand and consolidate not only their own image, but their reputation as well. This state of things can, in fact, translate into a new “risk
source” for companies: there are increasingly frequent examples of companies “shaken” by scandals, and involved in complicated legal battles (e.g. the boycotting of coffee in California, GMOs, “mad cow” disease or campaigns undertaken against the employment of minors). The risks are terrible and immediate, made even more so by the fast-pace of today and the dissemination of news in real time. Companies now find themselves forced to recuperate “ex-post” their lost credibility, which was already so precious and difficult to acquire, through the implementation and execution of exorbitantly expensive communications campaigns. Given the context, it is not at all surprising to learn that a lot of the pressure facing companies today comes from shareholders/investors. An investor knows that the fiscal aspect of a company is fundamental, but he also stays informed of other influential issues on a daily basis – a serious product quality scandal, for example, the exploitation of underage workers, or the revelation of an environmental disaster that can damage a company’s image, and therefore its value as well. In this sense, “corporate reputation” is a variable that must not only be controlled, but sought after with precise strategies and company policies, in addition to communications programs and public relations strategies: it is swiftly becoming one of the intangible resources that constitute a company’s asset base. Additionally, it is increasingly common for companies,
whose practices are being questioned, investigated, or controlled by NGOs, universities, institutions, shareholders and consumer protection associations, to respond to these pressures with the publication of social and environmental reports as well as the adhesion to accountability standards (most notably with SA8000). Other responses include commissioning studies and market research in order to understand the path they should follow in these suddenly uncertain and complicated times. This is why the most farsighted companies are adopting instruments that enable them to understand and, consequently, improve upon not only their image but their very reputation as well. They know all too well just how great a contribution a good reputation can make in terms of credibility and, therefore, a company’s success. Contributors: Paola Arrigoni, Elena Salvi.
* Renato Mannheimer is professor of Political Sociology at the University of Genoa. Previously he taught at the University of Milan, the University of Naples and the University of Salerno. He has been director of the Center for Political Science at the Feltrinelli Foundation in Milan. He is the Italian member of the European Election Study Group, supported by the European Parliament. He currently writes for the Italian newspaper Corriere della Sera and contributes to several news programs for the Italian TV and Broadcasting Corporation. He is founder and president of Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione (ISPO), one of the leading Italian polling institutes. Besides numerous articles and essays published in Italian and foreign scientific journals, he is the author of many books on political matters and social behavior.
Un caso di business: sviluppo sostenibile The Business Case for Sustainable Development di Björn Stigson* by Björn Stigson*
Quello di sviluppo sostenibile è un concetto dinamico fondato su tre pilastri: crescita economica, equilibrio ecologico e progresso sociale Sustainable development is a dynamic concept built on three pillars: economic growth, ecological balance and social progress
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equilibrio ecologico e progresso sociale. In poche parole, significa vivere sui proventi della natura piuttosto che sul suo capitale, e cioè, non prendere dalla natura più di quanto poi non le restituiamo. Ciò significa dunque assicurare una migliore qualità di vita per il presente e per le generazioni future. Attualmente due sono le linee d’azione per lo sviluppo sostenibile con cui le aziende devono confrontarsi. Björn Stigson
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l 2001 segna il decimo anniversario del World Business Council for Sustainable Development (WBCSD). È stato un decennio di grandi cambiamenti, non ultimo quello riguardante l’interazione tra società e mondo economico: le aziende non guardano più ai temi legati allo sviluppo ambientale e sostenibile come ad una minaccia, bensì come a fonti di vantaggi competitivi. Viviamo, grazie alle reti, in un mondo sempre più interconnesso e trasparente che pone un’attenzione sempre maggiore ai nuovi business assets. In passato, per business assets si intendevano soltanto i beni economici tangibili, come la terra o le materie prime. Oggi, invece, una parte rilevante della capitalizzazione di mercato delle aziende è legata a beni immateriali quali la reputazione, le risorse di rete, la capacità di cambiare e di rapportarsi in modo costruttivo con tutti i soggetti sociali. Non solo, le aziende hanno iniziato a comprendere che lo sviluppo sostenibile può offrire nuove opportunità economiche. L’eco-efficienza ha dimostrato che si possono offrire più beni e servizi con un minor uso di risorse e minor
produzione di rifiuti e inquinamento – con beneficio al tempo stesso dell’ambiente e dei margini. L’eco-efficienza si sta estendendo a livello politico e l’effetto domino sta raggiungendo anche i mercati finanziari, che cominciano ad utilizzare i criteri dello sviluppo sostenibile come fondamento per le strategie d’investimento in campo etico e ambientale. I mercati finanziari rappresentano in effetti uno dei principali motori dello sviluppo sostenibile. Molti dei cosiddetti “fondi verdi”, che utilizzano i criteri ambientali per selezionare i propri investimenti, stanno ottenendo eccellenti ritorni sui loro investimenti. Questo è il messaggio che viene dal Dow Jones Sustainability Group Index (DJSGI), lanciato nel 1999 e basato su circa 230 aziende ritenute leader mondiali nel campo della sostenibilità. Con una retroanalisi su quale avrebbe potuto essere l’andamento del DJSGI nei cinque anni precedenti, Dow Jones ha concluso che questo avrebbe superato del 5% il rendimento del proprio Group Index World (DJGI Mondiale). Quello dello sviluppo sostenibile è un concetto dinamico basato su tre pilastri: crescita economica,
La ricaduta politica La prima direttrice è di natura politica, ed è determinata da forze esterne al mondo dell’industria, in considerazione della diretta influenza che lo scenario generale e le politiche dei governi esercitano sulle imprese. Quella che segue è una sintesi di questo programma con alcuni consigli su come le aziende dovranno rispondere: • Promuovere una globalizzazione dal volto umano
La crescita economica senza precedenti degli anni Novanta non è stata equamente ripartita tra e all’interno delle nazioni. Questo ha portato ad una serie di interrogativi a livello internazionale sul ruolo e sulla funzione del libero mercato. Un coro di voci “contro” si è sollevato nel dibattito sulla globalizzazione. Molti interessi diversi hanno trovato un nemico contro il quale fare fronte comune: le grandi istituzioni intergovernative (l’Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale) e le grandi multinazionali. È importante che le aziende imparino a guardare oltre i propri interessi e a lavorare collaborando con i governi e con la società civile per trovare soluzioni che siano
considerate legittime e giuste da tutti. • Assicurare la sostenibilità attraverso il mercato
Un requisito fondamentale per far funzionare i mercati è capire come poterli espandere a vantaggio dei molti poveri del mondo. In che modo possiamo fornire prodotti e servizi che giovino, ad esempio, allo sviluppo dell’elettrificazione, delle comunicazioni, dell’informatizzazione, dell’approvvigionamento idrico? La sostenibilità impone di guardare al sistema mercato come ad un unicum che include produzione e consumo. I mercati possono far progredire lo sviluppo sostenibile; possono traghettare la società globale verso la sostenibilità. • Aumentare trasparenza e responsabilizzazione
Il nostro mondo è oggi una casa di vetro, dove tutti sanno tutto di tutti, in qualsiasi momento. In uno stesso giorno a Boston sanno quello che fa una grande compagnia a Bangkok. Considerato l’impatto della credibilità e dei marchi sulle quotazioni di Borsa, è facile comprendere fino a che punto la gestione delle informazioni sia divenuta un elemento cruciale nella gestione di un’azienda. Per difendersi, le aziende devono essere pronte a comunicare apertamente i propri valori e principi, dimostrando coerenza d’azione, anche se ciò dovesse implicare verifiche da parte di terzi. • Realizzare un mondo a basse emissioni di carbonio
Una certezza nel dibattito sui cambiamenti climatici è la concentrazione crescente di carbonio nell’atmosfera. Questa situazione non può continuare all’infinito. Siamo entrati in una nuova era: un mondo in cui le emissioni di carbonio dovranno essere
attentamente limitate. Le emissioni di carbonio non resteranno “gratuite” ancora a lungo; anzi, comporteranno un costo per le aziende. E ciò avverrà indipendentemente dall’attuale dibattito sul Protocollo di Kyoto. Gli obiettivi di Kyoto sono una sfida per molte nazioni, alcune delle quali non sono però in grado di raggiungerli con le proprie forze. L’applicazione del protocollo dipende fortemente dalla fruttuosa collaborazione tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. Per esempio, è necessario un accordo generale sulle quote di stanziamento per il Clean Development Mechanism (Meccanismo di Sviluppo Pulito), lo strumento del protocollo destinato a sostenere i programmi di abbattimento delle emissioni nelle aree più povere. Questo può creare a sua volta un nuovo valore, costituito dalla capacità di ridurre le emissioni al di sotto dei limiti stabiliti. • Analizzare innovazione e tecnologia
Il ruolo dell’innovazione e della tecnologia non è ancora ben compreso nella società: piuttosto che strumenti risolutivi, sono considerate causa di problemi ambientali. Il dibattito assume spesso toni fortemente emotivi specialmente quando si parla di rischi non controllabili dal singolo individuo. La questione degli organismi geneticamente modificati ne è un chiaro esempio, e altrettanto si può dire delle controversie che ruotano attorno all’energia nucleare. A causa di queste paure collettive, le aziende non possono più dare per scontata la libertà di utilizzo delle tecnologie da esse stesse sviluppate per le applicazioni ritenute più opportune.
Le aziende sono chiamate a spiegare alla società i benefici che derivano dai loro prodotti, se vogliono che questi ultimi siano accettati. Tre temi importanti La seconda direttrice è relativa alle opportunità economiche legate allo sviluppo sostenibile, che i leader delle aziende devono chiarire al proprio management per ottenerne l’impegno e il sostegno. In questo contesto le tendenze specifiche sono tre. • La prima è incentrata sulla crescita dell’economia della conoscenza. Un contributo chiave allo sviluppo sostenibile verrà dall’applicazione delle nuove tecnologie ai vecchi prodotti per attribuire loro un carattere di specificità rispetto alle destinazioni d’uso. Questo andrà a vantaggio dell’ambiente in considerazione del minor utilizzo di materie prime, di energia e di spazio fisico. • La seconda tendenza è relativa all’economia dei servizi. Un numero sempre crescente di aziende propone ai clienti il “leasing”, invece della vendita in contanti, per i propri prodotti. Ciò ovviamente porta i produttori a considerare in maniera differente l’impatto del ciclo di vita dei loro prodotti, le potenziali opzioni di riciclaggio e i metodi di smaltimento. • Il terzo ed ultimo fattore riguarda l’economia delle reti. Reti più capillari significano imparare l’uno dall’altro e condividere e utilizzare le risorse in modo più efficace. Le sfide poste dallo sviluppo sostenibile sono spesso di così vasta portata da risultare ingestibili da parte delle singole aziende, indipendentemente dalle dimensioni e dalla situazione economica di queste ultime. C’è stato dunque un crescente interesse da parte dei membri
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del WBCSD nell’avviare progetti incentrati sulle performance di sostenibilità di settori industriali specifici e sulle sfide che queste aziende devono fronteggiare per rendere le proprie aree di attività maggiormente eco-compatibili. Il WBCSD è stato pioniere del concetto di studio specifico di settore, quando ha commissionato uno studio indipendente sulla sostenibilità dell’industria cartaria. Nel 2000 sono stati avviati tre nuovi studi di settore – il primo relativo all’industria estrattiva e mineraria, il secondo relativo al cemento e il terzo alla mobilità sostenibile. Un quarto progetto concernente i servizi elettrici è appena iniziato. I partecipanti ai progetti prevedono nuove prospettive economiche legate alla maggiore libertà di impresa verosimilmente derivante da questo impegno. Attività sostenibili In futuro, le società dovranno confrontarsi con una più vasta serie di questioni se vorranno mantenere la propria libertà d’impresa. Sempre più, infatti, gli stakeholders – dipendenti,
Materiali ed eco-compatibilità di Luigi Cassar Agli inizi del 2000 la produzione mondiale del cemento viene valutata in circa 1,5 miliardi di tonnellate/anno e quella del calcestruzzo si aggira sui 5 miliardi di m3/anno. Solamente l’acqua viene consumata dall’uomo in quantitativi maggiori. La produzione di strutture in mattoni e in legno vale rispettivamente il 5% ed il 10% del volume del calcestruzzo. Questo spiega perché esista una grande attenzione sulla eco-compatibilità del cemento e del calcestruzzo. Nel caso di materiali di così largo consumo la compatibilità ambientale deve tenere presente una serie di fattori quali il consumo di materiali naturali, il trasporto, il consumo di energia e gli effetti del processo produttivo. Ecologia del calcestruzzo e ciclo di vita del materiale Il cemento, costituente essenziale del calcestruzzo, si colloca tra i materiali a più basso costo energetico. Si pensi che, considerando unitario il costo energetico per unità di volume riferito al cemento Portland, solo il legno può vantare un costo energetico inferiore; vetro e polimeri hanno un costo energetico da tre a sei volte maggiore, l’acciaio e l’alluminio
clienti, gruppi sociali e investitori – chiedono a gran voce che le aziende si responsabilizzino nei confronti di un numero crescente di temi. I leader lungimiranti, lavorando con i governi e con la società civile, stanno già mettendo a punto una complessa serie di interventi tra i quali la creazione di un mercato globale che sia a vantaggio di tutti e che incoraggi il progresso sostenibile. Agiscono con sempre maggiore trasparenza e responsabilità, facendo del loro meglio per realizzare un mondo a ridotte emissioni di carbonio e mettendo l’innovazione e le nuove tecnologie al servizio di una migliore qualità di vita. Non è l’idealismo a guidarli; stanno solo sfruttando nuove opportunità economiche. Nel mondo odierno, trasparente e articolato in reti, questi beni possono essere meno concreti di quelli tradizionali, ma non per questo di minor valore. E quando le aziende pensano a come organizzarsi per trarre vantaggio da questi nuovi beni, sempre più spesso decidono di adottare lo
addirittura venti/trenta volte maggiore (Tabella 1 in questa pagina).1 È stato calcolato il consumo di energia nella produzione di calcestruzzo avente il 15% di cemento Portland. Il risultato per il calcestruzzo non armato è 1,4 GJ/t (3,4 GJ/m3).2 Nella tabella 2 nella pagina a fianco vengono riportati dati di confronto sul consumo di energia per la produzione dei principali materiali da costruzione e si può osservare che il calcestruzzo è il materiale la cui produzione comporta il più basso consumo di energia. Per quanto riguarda le emissioni (CO2, CO, SO2, NOx) i materiali cementizi si presentano come più ecocompatibili degli altri materiali da costruzione. D’altronde tutte le emissioni più significative espresse in Kg di emissione per tonnellata di Tabella 1 - Table 1 Costo energetico per unità di volume riferito a quello del cemento Portland Energy cost per volume unit assuming that Portland cement is equal to 1
Legno-Wood
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Cemento PTL-PTL Cement
1
Vetro-Glass
3
Polimeri-Polymers
3-6
Acciaio comune-Common Steel
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Acciaio inox-Inox Steel
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Alluminio-Aluminum
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sviluppo sostenibile come principio chiave per accrescere l’efficienza, stimolare il rinnovamento e realizzare elevati livelli di crescita. Il settore privato sarà il motore trainante della prossima fase dello sviluppo sostenibile. Non tanto per ragioni filantropiche, quanto perché tener conto dell’ambiente e capire le proprie responsabilità nei confronti della società in cui si opera può risultare economicamente vantaggioso. * Björn Stigson ha maturato una vasta esperienza nel settore del commercio internazionale. Ha iniziato la propria carriera come analista finanziario presso il gruppo svedese Kockums. Dal 1971 al 1982 ha lavorato per ESAB, fornitore internazionale di impianti di saldatura, ricoprendo diverse posizioni nei settori Finanza, Gestione e Marketing. Nel 1983 è diventato presidente e CEO del gruppo Fläkt, azienda quotata alla borsa valori di Stoccolma e leader mondiale nelle tecnologie di controllo ambientale. A seguito dell’acquisizione di Fläkt da parte di ABB nel 1991, è diventato vicepresidente esecutivo e membro del comitato esecutivo di ABB Asea Brown Boveri. Dal 1993 al 1994 ha guidato una sua propria società di consulenza aziendale. Il 1° gennaio 1995 è stato nominato direttore esecutivo del World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) di Ginevra. Sin dalla sua formazione nel 1990 Stigson era stato attivamente coinvolto nel lavoro del Business Council for
prodotto, sono inferiori nel calcestruzzo rispetto a vetro, plastica e metalli (Tabella 3 a pagina 16).3 Ulteriori margini di miglioramento sulle emissioni di CO2 possono essere ottenuti da una sua riduzione nella produzione del cemento. L’utilizzo di combustibili alternativi, di materie prime decarbonatate (ad esempio loppe, ceneri da inceneritore, ecc.) e lo sviluppo sempre più mirato di cementi di miscela stanno contribuendo in modo significativo alla riduzione della CO2. Per quanto riguarda i materiali cementizi la riciclabilità è garantita dallo stesso meccanismo di formazione: l’idratazione del cemento porta infatti alla formazione del calcestruzzo, la sua disidratazione termica può permettere di riottenere cemento. In realtà il riciclaggio del calcestruzzo e degli altri materiali da costruzione non è ancora attuato in maniera adeguata. Il problema è principalmente logistico e organizzativo, in quanto la tecnologia per il riciclaggio di calcestruzzo esiste e in molti Paesi sono stati sviluppati impianti ad hoc, ma non è ancora sufficientemente diffusa. L’armatura può essere separata dal calcestruzzo frantumato e anch’essa riciclata; il calcestruzzo frantumato può essere facilmente riciclato come aggregato. Da alcuni dati ottenuti in Gran Bretagna il consumo di energia relativo alla produzione di calcestruzzo nuovo e calcestruzzo riciclato è
Sustainable Development (BCSD), una delle due organizzazioni che hanno dato vita al WBCSD di cui è attualmente presidente. Björn Stigson è stato inoltre membro del consiglio d’amministrazione di numerose società internazionali ed è attualmente membro dei consigli consultivi di, tra gli altri, ABB, Unilever, OECD, la Banca Mondiale ed i governi di Cina e di Singapore. ■ ■ ■ ■ ■ ■
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he year 2001 marks the 10th anniversary of the World Business Council for Sustainable Development (WBCSD). It has been a decade of great change, not least regarding the interaction of society and business. Companies have moved away from viewing environmental and sustainable development issues as threats, and have embraced them as sources for competitive advantage. We now live in a networked and highly transparent world with an increasing focus on new business assets. Historically, business assets were simply thought of as tangible, such as land and raw materials. Today we see a substantial part of companies’ market capitalization linked to intangible assets such as
praticamente identico (0,5-1,5 GJ/t).4 I materiali cementizi tra presente e futuro Il cemento viene utilizzato principalmente in strutture composite tra le quali il calcestruzzo è l’esempio più diffuso. Nel calcestruzzo tradizionale, ampiamente utilizzato nel settore delle costruzioni, le caratteristiche meccaniche sono inferiori a quelle dei singoli componenti strutturali. Le rocce silico-calcaree hanno resistenza alla compressione di 2000 Kg/cm2, le paste cementizie hanno resistenza alla compressione di 1000 Kg/cm2, mentre il calcestruzzo tradizionale non supera i 500 Kg/cm2. Questo aspetto promette una fase evolutiva molto interessante e con l’introduzione di nuovi materiali cementizi quali i calcestruzzi DSP, i compositi MDF, ed i compositi DSP e MDF fibro-rinforzati siamo in grado di produrre materiali cementizi con resistenze meccaniche sempre più elevate e che si avvicinano a quelle dei metalli.5 Questi nuovi materiali non solo comportano un miglioramento della resistenza meccanica ma anche della tenacità. Per quanto riguarda la resistenza alla compressione, in un secolo si è passati da 200 Kg/cm2 ad oltre 2000 Kg/cm2 ed esistono indicazioni che permettono di prevedere l’ottenimento di
reputation, network resources, responsiveness to change and the ability to engage constructively with society’s stakeholders. Moreover, companies have started to realize that there is a business case for sustainable development. Eco-efficiency has shown that it is possible to deliver more goods and services with less resource use, waste and pollution – thus benefiting both the environment and the bottom line. Eco-efficiency is spreading into the policy arena. The ripple effect is also reaching financial markets, which are using sustainable development criteria as a foundation for ethical or environmental investment strategies. Financial markets are indeed a key driver toward sustainable development. Many of the so-called green funds, which use environmental criteria to screen their investments, are showing superior returns on investment. That’s the message from the Dow Jones Sustainability Group Index (DJSGI), launched in 1999 and based on about 230 companies
materiali cementizi con resistenze meccaniche ancora superiori (8000 Kg/cm2). È importante considerare che un materiale con resistenza alla compressione di oltre 2000 Kg/cm2 è ottenibile in modo riproducibile a livello industriale.6-7 A partire dagli anni ‘80 i valori di resistenza alla flessione dei materiali cementizi sono notevolmente aumentati grazie agli studi sulla microstruttura e sulla riduzione dei difetti interni del materiale. È oggi possibile preparare materiali cementizi con resistenze alla flessione maggiori di 600 Kg/cm2, ed è prevedibile nei prossimi anni la produzione industriale di manufatti con resistenza alla flessione di oltre 2000 Kg/cm2. Si tratta di un valore di grande interesse industriale che può permettere di entrare in nuovi settori applicativi con materiali cementizi di spessore sottile.8-9 Il calcestruzzo tradizionale con un’energia di frattura di 120 J/m2 è un materiale fragile, a livello dei materiali ceramici, delle rocce e di poco superiore al vetro. I calcestruzzi rinforzati con fibre permettono di arrivare a valori di energia di frattura di 30.000 J/m2 circa 300 volte superiore a quella del calcestruzzo tradizionale e soltanto tre volte inferiore a quella dell’acciaio.10 Tutto ciò permetterà di progettare strutture più leggere e ad elevata durabilità contribuendo in maniera rilevante a migliorare l’eco-compatibilità dei materiali
judged to be global leaders in sustainability. Through a backtest, which looked at how the DJSGI would have performed over the last five years, Dow Jones concluded that it would have outperformed its Group Index World (DJGI World) by 5%. Sustainable development is a dynamic concept built on three pillars: economic growth, ecological balance and social progress. Simply put, it means living on nature’s income rather than on its capital: that is, not taking more from nature than we put back. It means ensuring a better quality of life, now and for generations to come. There are currently two sustainable development agendas with which business must come to grips. The political fallout The first of these is a political agenda driven by forces outside the business realm, because the framework conditions and policies set by governments affect business directly. Here is an overview of this agenda, and some recommendations for how
and services that will assist them with, for example, electrification, communication, information and water supply? Sustainability requires looking at the market system as a whole, including production and consumption. Markets can advance sustainable development; they can help global society navigate the transition to sustainability.
businesses should respond: • Promoting globalization with a human face
The unprecedented economic growth of the ’90s has not been equally shared among and within nations. This has led to an international questioning of the role and functioning of free and open markets. There is a chorus of angry voices taking part in the globalization debate. Many diverse interests have found a common enemy against which they can unite: big intergovernmental institutions (the World Trade Organization, the International Monetary Fund, the World Bank) and big multinational companies. It is important for businesses to look beyond their fences and work in partnerships with governments and civil society in order to find solutions that will be seen as legitimate and fair by all.
• Improving transparency and accountability
Today, we live in a highly transparent world where everyone knows everything about you, all the time. What a big corporation does in Bangkok is known the same day in Boston. Given the impact of reputation and brand on stock valuation, managing information has become a central element in managing a corporation. To defend themselves, corporations must be prepared to communicate their values and principles openly and to show how they live up to these, even if it requires third party verification.
• Ensuring sustainability through the market
One key aspect of making markets work is how we can extend them to serve the world’s many poor people. How can we deliver products
Tabella 2 - Table 2 Consumo di energia per la produzione di differenti materiali da costruzione Energy Consumption for the Production of Different Construction Materials Acciaio inossidabile Stainless Steel Acciaio Steel Vetro Glass Cemento Portland Portland Cement Calcestruzzo rinforzato Reinforced Concrete Legname Wood Mattoni Brick Calcestruzzo Concrete Aggregati Aggregates
90 30 20 5 2.5 2 2 1.4 0.25 0
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Consumo energetico (GJ/t) - Energy Consumption (GJ/t)
cementizi. Tuttavia, per accelerare questo processo di innovazione tecnologica sono necessari elevati investimenti a lungo termine. Bibliografia 1. Cassar, L. – Materiali cementizi innovativi – Convegno Ricerche e Prospettive Tecnologiche alle Soglie del 2000 (Milano 10-14 novembre 1997) 2. Penttala, V. – Concrete and Sustainable Development – ACI Materials Journal 1997, Sept.-Oct., p. 409-16 3. Harmaajarvi, I. – Residential Area Conforming with the Principle of Sustainable Development – Technical Research Centre of Finland, Espoo, 1992, p. 44 4. Lenssen, N.; Roodman, D.M. –
Toward Better Building – State of the World 1995 – Ed. Brown, L. Worldwatch Inst. – Washington, D.C. 5. Shah, S.P. – Material Technology of Concrete in the Future – BetonwerkFertigteil – Technik 1993, (2), p. 39-45 6. Bache, H.H. – Design for Ductility in Concrete Technology: New Trends, Industrial Applications – Ed. A. Aguado, R. Gettu, S.P. Shah, Rilem Proc. 26, 1995, p. 113-125 7. Bonneau, O.; Poulin, C.; Dugat, P.; Richard, P.; Aitcin, P.C. – Reactive Powder Concretes: from Theory to Practice – Concrete International 1996, 8 (4), p. 47-49 8. Di Maggio, R.; Franchini, M.; Guerrini, G.L.; Migliaresi, C.; Poli, S. – MDF Cement Composition with Improved Impact Strength – PCT Patent Application WO 96/01234 9. Guerrini, G.L.; Garro, L.; Cangiano, S.;
Castaldi, G. – New Developments in Composite Cement-Based Materials Reinforced with Fibrous Polymers – Materials Engineering 1995, 6 (1-2), p. 167-176 10. Richard, P. – Reactive Powder Concrete: a New Ultra-High-Strength Cementitious Material – 4th Int. Symposium On Utilization of HighStrength/High-Performance Concrete, Ed. F. de Larrard; R. Lacroix (Paris, 2931 May 1996), p. 1343-1349
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• Realizing a carbon-constrained world
• Analyzing innovation and technology
One certainty in the climate change debate is the increasing carbon concentration in the atmosphere. This cannot continue indefinitely. We have entered a new era – a carbon-constrained world. Carbon emissions will no longer be free and will carry costs for companies. This will happen irrespective of the present debate around the Kyoto Protocol. The Kyoto targets are challenging for many countries, some of which cannot achieve the targets on their own. The protocol is heavily dependent on fruitful cooperation between the industrialized and developing worlds. For example, broad agreement is needed on funding levels for the Clean Development Mechanism, the protocol’s instrument for supporting lower emission programs in poor regions. This is in turn creating a new asset: the ability to reduce emissions below a baseline.
The role of innovation and technology is not well understood throughout society. They are seen not as tools for solutions, but the cause of environmental problems. The debate often becomes emotional, especially when it deals with risks outside the control of the individual. The genetically modified organisms debate illustrates this point clearly, as does the controversy surrounding nuclear power. Because of these public fears, businesses can no longer take for granted their freedom to use the technology they develop in the manner they see fit. Companies need to explain the benefits of their products to society if they want them to be accepted. Three important items The second agenda is the business case for sustainable development, which corporate leaders need to present to their line managers to win their commitment and support. There are three particular trends that are
driving this agenda. • The first is the growth of the knowledge economy. A key contribution to sustainable development will come from applying new technologies to old products to make them more specific to their respective applications. This benefits the environment because it leads to decreased use of raw materials, energy and physical space. • The second trend relates to the service economy. More and more manufacturers are leasing their products to their customers rather than selling them outright. This naturally makes manufacturers think differently about the impact of their products’ life-cycles, potential recycling options and disposal methods. • The final factor concerns the network economy. More networking ultimately means learning from one another, and sharing and utilizing resources more effectively. The challenges posed by sustainable development are often so broad and far-reaching that they are too big for a single company to handle on its own, regardless
Tabella 3 - Table 3 Emissioni prodotte dai materiali da costruzione* Emissions Produced by Construction Materials* Metalli-Metals Plastica e olii-Plastics and Oils
NOx Vetro-Glass Calcestruzzo-Concrete Legno-Wood
SO2
CO2 *per unità di peso riferita al calcestruzzo *by weight unit referred to concrete 0
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Materials and Eco-compatibility by Luigi Cassar At the beginning of the 21st century world cement production is estimated at around 1.5 billion metric tons per year, and concrete production amounts to about 5 billion m3 per year. Only water is used more abundantly by man. The production of structures in brick and wood amounts respectively to 5% and 10% of concrete production. This explains why so much
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attention is being paid to the eco-compatibility of cement and concrete. In the case of such highconsumption materials, environmental compatibility must take a series of factors into account, including the consumption of natural materials, energy, transportation and the effects of the production process. The Ecology of Concrete and the Material’s Life Cycle Cement, an essential component of concrete, is at the bottom of the list of energy-consuming materials. Assuming that the energy cost per
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volume unit of Portland cement is equal to 1, only wood can boast a lower energy cost; glass and polymers energy cost between three to six times more; steel and aluminum can even have energy cost up to 20 to 30 times higher (Table 1 on page 14).1 Calculations have been made to determine energy consumption in concrete production with 15% Portland cement content. The result for non-reinforced concrete was 1.4 GJ/t (3.4 GJ/m3).2 Table 2 on page 15 highlights a series of comparative data on energy consumption for the production of principal
of its size or standing. There has therefore been a growing interest among WBCSD members in starting projects that look at the sustainability performance of specific industries as well as the challenges these industries face in making their sectors more environmentally friendly. The WBCSD pioneered the concept of these sectorspecific studies when it commissioned an independent study of the sustainability of the pulp and paper industry. In 2000, three new sectoral projects got underway – the first looking at the mining and minerals industry, the second at the cement business and the third at sustainable mobility. A fourth project on electricity utilities is in an early phase. Participants in the projects foresee new business assets coming from a strengthened license to operate, which they expect will emerge from this work. Sustainable assets In the future, business will have to address a broader agenda to maintain its license
construction materials. You will note that concrete is the material whose production maintains the lowest level of energy consumption. As for emissions (CO2, CO, SO2, NOx) cement-based materials are clearly more ecocompatible than other construction materials. Furthermore, all the major emissions expressed in kilograms of emissions per metric ton of product are lower in concrete when compared to glass, plastic and metals (Table 3 on this page).3 Further improvement margins on CO2 emissions may be obtained by reducing the amount of CO2 used in cement production. The use of alternative fuels, of de-carbonated raw materials (e.g. slag, incinerator ash, etc.) and the increasingly focused development of blended cements are all significantly contributing to the reduction of CO2. As far as cement-based materials are concerned, the ability to be recycled is guaranteed by the same mechanism used in their production: hydration of the cement leads to the formation of concrete; whereas its thermal dehydration makes it possible to re-obtain cement. Currently, recycling concrete and other construction materials is not yet properly managed. The problem is principally logistical and organizational, insofar as the technology available for concrete recycling already exists. Many countries have even developed specific plants, but recycling still remains insufficiently practiced
to operate. Increasingly, stakeholders – employees, customers, community groups and investors – are demanding corporate accountability for an ever wider range of issues. Forward-looking business leaders, working with
globally. Steel reinforcement can easily be separated from crushed concrete and then recycled as well; crushed concrete can then simply be recycled as aggregate. Data obtained from Great Britain show how the levels of energy consumption relative to the production of new concrete versus recycled concrete are nearly identical (0.5 – 1.5 GJ/t).4 Cement-Based Materials Between Present and Future Cement is mainly used in composite structures with concrete being the most widespread example. In traditional concrete, widely used in the construction sector, the strength properties are inferior to those of the single structural components. The silicocalcareous rocks have a compressive strength of 2000 Kg/cm2; the cement pastes have a compressive strength of 1000 Kg/cm2, while that of traditional concrete does not exceed 500 Kg/cm2. This aspect promises an extremely interesting development phase, and with the introduction of new cement-based materials like DSP concrete, MDF composites, and DSP and MDF fiber-reinforced composites we are capable of producing cement-based materials that boast increasingly elevated strength properties which are similar to those of metals.5 These new materials not only bring about improvements in strength, but in toughness as well. As for compressive strength, in the space of a single century we have
governments and civil society, are already tackling a complex agenda that includes creating a global market that benefits all and encourages sustainable progress. They are acting with growing transparency and accountability, doing their best to achieve a
moved from 200 Kg/cm2 to more than 2000 Kg/cm2, and there are indications that allow us to predict the production of cement-based materials with even higher strength (8000 Kg/cm2). It is important to remember that materials with a compressive strength exceeding 2000 Kg/cm2 are obtainable in a manner that can be reproduced industrially.6-7 Beginning in the 1980s the values of flexural strength for cementbased materials have been markedly improved as a result of studies in their microstructure and the reduction of internal defects inherent to the materials. Today it is possible to prepare cement-based materials with flexural strength levels of more than 600 Kg/cm2, and we can reasonably predict that in upcoming years industrial production will be able to manufacture products with flexural strength exceeding 2000 Kg/cm2. These values are of great interest to the industrial sector because they allow us to enter into new applicative sectors as a result of innovative thin cement-based materials.8-9 Traditional concrete, with fracture energy values of 120 J/m2, is a fragile material similar to rock and ceramic materials and only slightly less fragile than glass. Fiber-reinforced concrete allows us to obtain fracture energy values of 30,000 J/m2, nearly 300 times more than that of traditional concrete and only three times lower than that of steel.10
carbon-constrained world and using innovation and new technology to improve quality of life. They are not driven by idealism, but are taking advantage of new business assets. In today’s networked and transparent world, these assets may be less tangible than traditional ones, but they are no less valuable. And when companies think about how to organize themselves to take advantage of these new assets, they are increasingly adopting sustainable development as a key principle for increasing efficiency, stimulating innovation and creating top-line growth. The private sector will be the engine that drives forward the next phase of sustainable development. It will do so not for philanthropic reasons, but because caring for the environment and understanding one’s responsibilities to the society in which one operates make good business sense.
* Björn Stigson has had extensive experience in international business. He began his career as financial analyst with the Swedish Kockums Group. From 1971-82 he worked for ESAB, the international supplier of welding equipment, in different positions responsible for Finance, Operations and Marketing. In 1983 he became President and CEO of the Fläkt Group, a company listed on the Stockholm stock exchange and the world leader in environmental control technology. Following the acquisition of Fläkt by ABB, in 1991 he became Executive Vice President and a member of ABB Asea Brown Boveri’s Executive Management Group. From 1993-94 he ran his own management consultancy. On January 1, 1995 he was appointed Executive Director of the World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) in Geneva. From its debut in 1990 Mr. Stigson was actively involved with the Business Council for Sustainable Development (BCSD), one of the two organizations that led to the creation of the WBCSD. He is currently President of the WBCSD. Björn Stigson has served on the board of a variety of international companies. He is also a member of advisory councils to, among others, ABB, Unilever, OECD, The World Bank and the Governments of China and Singapore.
All of this will allow us to design lighter and longer-lasting structures, contributing remarkably to improving the eco-compatibility of cement-based materials. However in order to accelerate this process of technological innovation, a higher level of long term investment is required.
MDF Cement Composition with Improved Impact Strength – PCT Patent Application WO 96/01234 9. Guerrini, G.L.; Garro, L.; Cangiano, S.; Castaldi, G. – New Developments in Composite Cement-Based Materials Reinforced with Fibrous Polymers – Materials Engineering 1995, 6 (1-2), p. 167-176 10. Richard, P. – Reactive Powder Concrete: a New Ultra-High-Strength Cementitious Material – 4th Int. Symposium On Utilization of HighStrength/High-Performance Concrete, Ed. F. de Larrard; R. Lacroix (Paris, 2931 May 1996), p. 1343-1349
Bibliography 1. Cassar, L. – Materiali cementizi innovativi – Convegno Ricerche e Prospettive Tecnologiche alle Soglie del 2000 (The Convention for Research and Technological Outlooks at the Dawn of the Year 2000) (Milan, November 10 –14, 1997) 2. Penttala, V. – Concrete and Sustainable Development – ACI Materials Journal 1997, Sept.- Oct., p. 409-16 3. Harmaajarvi, I. – Residential Area Conforming with the Principle of Sustainable Development – Technical Research Centre of Finland, Espoo, 1992, p. 44 4. Lenssen, N.; Roodman, D.M. – Toward Better Building – State of the World 1995 – Ed. Brown, L. Worldwatch Inst. – Washington, D.C. 5. Shah, S.P. – Material Technology of Concrete in the Future – BetonwerkFertigteil – Technik 1993, (2), p. 39-45 6. Bache, H.H. – Design for Ductility in Concrete Technology: New Trends, Industrial Applications – Ed. A. Aguado, R. Gettu, S.P. Shah, Rilem Proc. 26, 1995, p. 113-125 7. Bonneau, O.; Poulin, C.; Dugat, P.; Richard, P.; Aitcin, P.C. – Reactive Powder Concretes: from Theory to Practice – Concrete International 1996, 8 (4), p. 47-49 8. Di Maggio, R.; Franchini, M.; Guerrini, G.L.; Migliaresi, C.; Poli, S. –
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Tra conflitto e dialogo, trend per il Terzo Millennio Between Conflict and Dialogue, the Third Millennium’s Trend di Rino Pavanello* by Rino Pavanello*
Il rapporto tra industria e ambiente e la questione dell’occupazione The relationship between industry and environment and the subject of employment
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Rino Pavanello
Q
uale è stato sino ad oggi il rapporto tra industria e ambiente, o meglio, il rapporto tra i responsabili delle industrie e i rappresentanti dell’ambientalismo? E questo rapporto potrà rimanere invariato dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre? La prima domanda può registrare due differenti risposte. La prima lo definirebbe di “conflittualità ampia e generalizzata”, espressa in forme anche aspre, con richiesta di chiusura di fabbriche inquinanti, lotta all’uso di determinate sostanze chimiche o alimentari ritenute pericolose, contestazione di alcune tecnologie (nucleare, biotecnologie, ecc.). Sono note a tutti le diverse posizioni e gli scontri sul buco dell’ozono, sull’effetto serra, sull’inquinamento di acque-aria-suolo, sullo spreco di risorse naturali, sull’eccesso d’uso di rifiuti non riciclabili e biodegradabili. Anche taluni tentativi di trovare soluzioni condivise a livello internazionale hanno registrato enormi difficoltà ad essere attuati davvero: pensiamo al Protocollo di Kyoto, di cui non si vede ancora l’attuazione, anzi si
registrano ritorni evidenti e preoccupanti. La seconda risposta lo definirebbe “a macchia di leopardo” (diverso a seconda della realtà territoriale, settoriale, sociale, ecc.) e “in progress” (con molte modifiche nel tempo). Questa seconda risposta risulterebbe fortemente minoritaria, ma certamente più vera. Sono esistiti e si sono alternati, infatti, rapporti sia di dialogo e di confronto sul merito sia di contrapposizione frontale e senza alcuna forma di dialogo. Questi ultimi hanno avuto maggiore spazio nei mass media, poiché fanno più notizia e i casi di contrapposizione frontale aumentano l’audience: si pensi ad alcuni spettacolari assalti alle fabbriche, a forme di boicottaggio di prodotti, ecc. Ma sono esistite anche importanti occasioni di confronto e di ricerca di soluzioni per uno “sviluppo più sostenibile”, che potremmo definire su tre diversi livelli: • l’evoluzione della normativa internazionale: dall’ONU (es. norme ADR sul trasporto) all’Unione Europea (centinaia di direttive sull’ambiente e la sicurezza nei luoghi di vita, di lavoro, nell’alimentazione, ecc.),
pur con ricadute diverse nelle differenti aree Nord-Sud, EstOvest e ricche-povere del mondo; • i comportamenti stimolati o frutto del confronto con i movimenti ambientalisti e/o sindacali, che ha anticipato spesso l’emanazione di norme: l’introduzione dei depuratori, il controllo sul ciclo dei rifiuti, la messa al bando di alcune sostanze, ecc.; • i comportamenti volontari suggeriti da migliori possibili performance di mercato: il risparmio energetico, le norme sulla qualità e l’ambiente (ISO 9000, ISO 14000, EMAS, ecc. e le loro recenti evoluzioni Vision 2000, EMAS 2, ecc.). Questi orientamenti hanno consentito risultati importanti anche se non generalizzati e pure se permangono aree di evasione dalle norme di legge o di spreco delle risorse.
Nei fatti oggi viviamo meglio ed insieme peggio: • viviamo più a lungo, ma solo alcuni di noi, poiché le nuove malattie cardiovascolari, tumorali e cerebrali hanno sostituito (almeno nelle nazioni ricche) la mortalità infantile, causata da malattie o da epidemie ormai debellate; • la mortalità per incidenti stradali in Italia (8.000 morti l’anno = 400.000 morti dal 1950 in poi) è paragonabile a quella registrata nei due conflitti mondiali; inoltre compriamo auto sempre più potenti per andare sempre più lenti a causa del traffico; • abbiamo fortunatamente eliminato la fame ma non sempre mangiamo meglio o più sano; comperiamo sempre di più, seppellendoci di rifiuti e imballaggi spesso inutili. Il rapporto ambiente-industria, ovvero il tema generale di “quale sviluppo sostenibile”,
può essere tradotto in una semplice e ovvia considerazione: l’evoluzione tecnologica, anche quando introduce altissimi benefici, presenta sempre possibili effetti negativi (che devono perciò essere conosciuti, valutati e computati). I gravi incidenti negli stabilimenti chimici (come Seveso, Bophal e Tolosa) o nelle centrali nucleari e petrolchimiche e mille altri esempi di inquinamento ambientale hanno insegnato a tutti che le possibili conseguenze della tecnologia devono essere sempre sotto controllo. Se ciò era vero prima dell’11 settembre, la escalation del terrorismo mondiale, pur con tutt’altra logica, fini e motivi, ha reso evidente a tutti la precedente considerazione e, con essa, l’obbligo di coniugare sviluppo e sicurezza, in senso lato: • il commercio mondiale e le produzioni subiranno maggiori restrizioni e al liberismo della globalizzazione si sostituiranno le restrizioni dei controlli per agenti biologici, chimici o in vario modo pericolosi; • i siti potenzialmente a rischio di incidente (si pensi ai dubbi dopo l’incidente di Tolosa) dovranno garantire maggiore sicurezza; • la velocità nel trasporto persone, fino ad ora assioma del business, sarà drasticamente ridotta dai controlli intensivi, cui saranno sottoposti tutti; • il potere dei safety-security men e dei controllori, finora assai ridotto, sostituirà in parte quello di architetti ed ingegneri nella progettazione e costruzione (impianti, fabbriche, grattacieli, ecc.). La questione ambientesicurezza si è, dunque, ormai imposta come questione strategica, che riguarda e
coinvolge le attuali e le future generazioni e nella quale gli interessi economici a breve-medio periodo (compresa l’occupazione degli addetti) perderanno sempre più peso nelle scelte finali. Nel terzo millennio è perciò possibile ed auspicabile un diverso approccio, meno conflittuale-ideologico e più partecipativo, i cui risultati dipenderanno in base ad almeno quattro principali fattori: 1) l’atteggiamento che terranno le parti sociali (industriali, sindacali, ambientaliste), se sarà cioè pregiudizialmente ideologico o, piuttosto, di confronto tecnico-scientifico; 2) la volontà dei Governi di intervenire a livello internazionale, con approvazione di norme e regolamenti omogenei e coordinati; 3) la capacità della comunità scientifica di definire con precisione i costi e i benefici a livello collettivo; 4) la responsabilità dei mass media di fornire informazioni complete e non solo nei casi di alta conflittualità. Le responsabilità sono dunque di tutti e sta a tutti dare la risposta. * Rino Pavanello è segretario generale dell’Associazione Italiana “Ambiente e Lavoro”. È autore di varie pubblicazioni sulla tutela dell’ambiente e la salute e sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro. È, inoltre, membro del Consiglio di amministrazione dell’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) e del Consiglio direttivo dell’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione). Pavanello è giornalista e direttore delle riviste “Dossier Ambiente” e “Sintalexnews”. ■ ■ ■ ■ ■ ■
U
ntil now, what has been the relationship between industry and environment, or rather, the relationship between industry leaders and representatives of
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environmentalism? And can this relationship remain unchanged in the wake of the terrorist attack of September 11? The first question can generate two different responses. The first may define the relationship as a “wide and generalized conflict,” often expressed in bitter forms, like the demand that polluting factories be closed, the fight against the use of certain chemical or food substances believed to be dangerous, and the objections to certain technologies (nuclear, biotechnological, etc.). Most people are aware of the various positions on and clashes over the hole in the ozone layer, the greenhouse effect, water-air-soil pollution, the waste of natural resources and the excessive use of non-recyclable or nonbiodegradable materials. Even some attempts to find solutions that can be agreed upon on an international level have encountered numerous obstacles: we need only think of the Kyoto Protocol, which still hasn’t been put into effect, and which now seems faced with clear and
worrisome setbacks. The second answer may define the relationship as both “leopard-spotted” (varying according to the given territorial, sectorial, social realities, etc.) and as “in progress” (with many modifications over time). This second response should prove to be much more in the minority, but undoubtedly truer. In fact, relationships have existed and alternated both dialogue and confrontation on the merits and face-to-face antagonism without any form of dialogue. The latter relationships have been granted more attention in the mass media because they are more newsworthy and grab readers’ attention. There can be no doubt that the cases of face-to-face antagonism increase the ratings: for example several spectacular attacks on factories or product boycotting, etc… But there have also been major confrontations and research into solutions for a “more sustainable development”; that we may define on three different levels: • The evolution of
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international regulations: from the UN (e.g. the creation of ADR rules for transportation) to the European Union (hundreds of directives for the environment and safety in the home, at work, in foodproduction, etc.), though these regulations have had varied effects in different areas of the world, North-South, EastWest, between the have and have-nots, etc. • The behaviors stimulated or brought about by the confrontation with environmental groups and/or unions, a confrontation which has often accelerated the issuing of the regulations themselves: the introduction of filters, control of the waste cycle, the banning of certain substances, etc. • The voluntary behaviors suggested by the best possible market performances: energy conservation, regulations on quality and the environment (ISO 9000, ISO 14000, EMAS, etc., as well as their most recent additions, Vision 2000, EMAS 2, etc.). These kinds of orientations have allowed for the achievement of important results even though not widespread – even if there remain some areas that evade
the law or are responsible for resource waste. In fact, in today’s reality our quality of living is both better and worse than it used to be: • Humans live longer, but only a certain percentage of the population since new cardiovascular, tumor and brain diseases have replaced (at least in wealthy nations) infant mortality due to illnesses or epidemics which have now been eradicated. • Road accident mortality in Italy (8,000 deaths per year, equal to 400,000 deaths since 1950) is comparable to the number of deaths in the two World Wars; furthermore, we are buying increasingly more powerful cars to travel more slowly due to traffic congestion. • Fortunately, we have eliminated hunger, but we do not always eat better or more healthily: we shop more than ever, burying ourselves in waste and packaging that are often useless. The relationship between industry and the environment, which is to say the general theme of “which sustainable development,” can be translated into a simple and obvious consideration: technological evolution, even when introducing extremely
important benefits, always presents possible negative effects (which must, therefore, be identified, measured and analyzed). The serious incidents in chemical factories (like those which took place in Seveso, Bophal and Toulouse) or in nuclear and petrochemical plants, and a thousand other examples of pollution have all taught us that the potential consequences of technology must always be kept under strict control. If this was true prior to September 11, then the increase in world terrorism, though with an entirely different set of logical processes, objectives and motivations, has highlighted for everyone the preceding considerations and, with this, the obligation to combine development and security in a broad sense: • World commerce and production will undergo greater restriction and the free trade of globalization will be substituted with the restriction of controls for biological, chemical or otherwise dangerous agents. • Sites having a high incident risk level (one has only to think of the suspicions after the Toulouse incident) must guarantee greater security. • The speed of transportation, until now an axiom of business, will be drastically reduced by intensive security checks, affecting everybody. • The power of security personnel and the controllers, until now relatively reduced, will at least partially substitute that of architects and engineers in design and construction (for plants, factories, skyscrapers, etc.). The environment-safety question has, therefore, imposed itself as a strategic matter; one that concerns and involves both current and
future generations and in which economic interests over the short- and medium-terms (including the employment of those involved) will increasingly lose importance with respect to the final decisions. In the third millennium, it will be both possible and desirable to have a diverse approach, one that is less ideologically conflictual and more participative, the results of which will depend on at least four principal factors: 1) The attitudes of the social groups involved (business leaders, unions, environmentalists). Will this be characterized by ideological prejudice or technicalscientific confrontation? 2) The willingness of governments to intervene at an international level, with the approval of homogenous and coordinated norms and regulations. 3) The ability of the scientific community to precisely define the costs and benefits on a collective level. 4) The responsibility of the mass media to present the world with complete information, and not only in cases involving high levels of conflict. Therefore, everyone is responsible and everyone must participate in finding an answer.
* Rino Pavanello is general secretary of the Italian Work and Environment Association. He is the author of various publications concerning environmental protection, health and safety in daily life and the workplace. He is also a member of the administrative board of the INAIL (National Institute of Insurance against Accidents in the Workplace) and of the board of directors of UNI (Italian Standards Organization). Pavanello is a journalist and the director of the magazines “Dossier Ambiente” and “Sintalexnews.”
Imprese e ambiente, un rapporto naturale Businesses and the Environment, a Natural Relationship di Cristina Rapisarda Sassoon* by Cristina Rapisarda Sassoon*
La certificazione ambientale esalta i nuovi orientamenti dettati da una crescente sensibilità sociale Environmental certification highlights new orientations dictated by a growing social sensitivity
Cristina Rapisarda Sassoon
N
ei Paesi industrializzati, la tutela dell’ambiente occupa un posto di primo piano nella percezione dell’opinione pubblica ormai da circa un ventennio. Il degrado dell’ambiente incide infatti in modo consistente sulla qualità della vita e l’attenzione dei cittadini su questo tema è cresciuta costantemente. Negli stessi anni è cresciuta anche l’attenzione delle imprese per l’ambiente: ed è questa una consapevolezza che corre in primo luogo lungo il filo della responsabilità sociale dell’impresa. Spetta infatti anche all’industria il compito di conservare e, se possibile, di migliorare l’ambiente in cui viviamo, sviluppando tecniche e prodotti sempre più efficaci nella prevenzione e nell’eliminazione degli inquinamenti. In effetti, le aziende sono divenute progressivamente sempre più consapevoli delle proprie responsabilità in questo campo, impegnandosi in un miglioramento continuo delle proprie prestazioni ambientali. Ma la sensibilità delle aziende sui temi ambientali è stata motivata anche da riconosciuti fattori di opportunità. Innanzitutto per il fatto che una gestione adeguata delle criticità ambientali migliora il
rapporto dell’azienda con il contesto territoriale e sociale di riferimento, con indubbi vantaggi sia dal punto di vista della dinamica consensuale – anziché conflittuale – della localizzazione produttiva sia dal punto di vista delle possibili responsabilità connesse a situazioni localizzative degradate. In secondo luogo, è lo stesso accesso ai mercati – soprattutto internazionali – ad essere facilitato dall’affidabilità che l’impresa è in grado di garantire in termini di compatibilità ambientale. Di tutto ciò sono ben consapevoli anche le imprese italiane, che tendono a rendersi sempre più parti attive delle politiche e dei programmi di sviluppo sostenibile. Per il sistema delle aziende italiane è tempo tuttavia di passare, sui temi ambientali, a un più deciso e generalizzato atteggiamento propositivo e proattivo e lo strumento ideale per segnare questa svolta è sicuramente la certificazione ambientale, che attesta in modo neutro e trasparente l’attenzione e il rispetto dell’azienda per l’ambiente. In Italia sarebbe particolarmente opportuno rilanciare la certificazione ambientale – secondo gli schemi EMAS e ISO 14001 – rendendola il più
possibile diffusa a tutti i livelli territoriali e a tutte le dimensioni di impresa. Per superare una volta per tutte il luogo comune dell’impresa nemica dell’ambiente, che minaccia la sicurezza alimentare e che mira a eludere vincoli e normative. Per capire l’entità del problema, è utile esaminare i risultati fino a oggi raggiunti, che testimoniano di una realtà in forte e costante espansione, ma ancora suscettibile di sviluppi. Analogamente a quanto avvenne circa dieci anni fa con i sistemi qualità e la qualità totale, infatti, i sistemi di gestione ambientale sono ormai diventati un elemento distintivo delle imprese che puntano a ricoprire un ruolo di rilievo nello scenario competitivo internazionale. Numerosi studi condotti in ambito nazionale e internazionale tra le imprese certificate hanno in effetti dimostrato che vi è un apprezzamento diffuso e radicato rispetto ai principali benefici connessi all’implementazione di un sistema di gestione ambientale. In particolare, una maggiore organicità nella gestione dei diversi aspetti ambientali connessi all’attività dell’impresa, un livello più elevato di coinvolgimento e motivazione del personale, un miglioramento nei rapporti con gli interlocutori pubblici e privati, un consolidamento dell’immagine presso i consumatori sono tra le ricadute positive più spesso richiamate. Naturalmente, gli stessi studi confermano che, a fronte di questi benefici, l’implementazione e la certificazione di un sistema di gestione ambientale rappresentano un processo impegnativo e complesso, che richiede da parte dell’impresa un significativo investimento in
termini di risorse umane, organizzative, tecniche ed economiche. Lo scenario internazionale mette in luce che, a fine agosto 2001, i siti registrati EMAS a livello europeo erano 3.703, più di due terzi dei quali – 2.514 – tedeschi (v. Tabella 1 a pagina 22). Il dato che impressiona maggiormente nell’esame del numero di siti registrati per Paese è la massiccia adesione al Regolamento delle imprese del Nord Europa e, in particolare, della Germania, l’unico Paese dove la diffusione di questo strumento ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio fenomeno “di massa”. La stretta cooperazione tra pubblica amministrazione, sistema delle imprese e Camere di Commercio (fortemente responsabilizzate nella gestione di EMAS) che caratterizza la realtà tedesca ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nel successo del Regolamento, unita alla elevata sensibilità che i cittadini-consumatori di questo Paese dimostrano da tempo nei confronti della tutela dell’ambiente: un fattore, quest’ultimo che ha indubbiamente motivato le imprese a intraprendere il percorso della certificazione ambientale. Per quanto riguarda l’Italia, ha scontato una partenza molto lenta (i primi siti sono stati registrati solo a fine 1997), per poi evidenziare un aumento costante nel tempo fino all’attuale livello di 60 siti registrati, apparentemente intermedio rispetto agli altri Paesi europei. Tuttavia, per valutare correttamente il livello di diffusione della certificazione ambientale in un Paese, vale la pena di considerare il numero di siti registrati in rapporto alle dimensioni di ciascun Paese, calcolato in termini di milioni di abitanti. Così facendo (v. Tabella 2 a pagina 23), oltre
21
22
a constatare che l’Austria supera abbondantemente la Germania (il rapporto siti registrati contro milioni di abitanti è rispettivamente di 43,7 contro 30,7), si può notare come in questa ipotetica “classifica” l’Italia precipiti in dodicesima posizione. Per quanto approssimativo possa essere l’indicatore, esso segnala chiaramente che il numero di siti registrati in Italia rappresenta ancora la punta di un iceberg rispetto al complesso del sistema economico nazionale e che molte energie devono essere ancora dedicate a incoraggiare la diffusione di EMAS tra le imprese italiane. Una sostanziale conferma di quanto affermato in relazione a EMAS viene dalla situazione della certificazione sulla base della norma ISO 14000. Pubblicata alla fine del 1996 come applicazione alla gestione ambientale dei principi sperimentati nel campo dei sistemi qualità ISO 9000, ISO 14000 si è rapidamente diffusa a livello internazionale. Nell’arco di cinque anni, infatti, il numero di certificazioni ha superato le trentamila unità, con una distribuzione che vede il Giappone staccare nettamente gli altri Paesi e l’Italia occupare l’ottava posizione con oltre 1.000 certificazioni rilasciate (v. Tabella 3 a pagina 24). La certificazione ISO 14000 deve il proprio indubbio successo a diversi fattori. In primo luogo, le analogie di approccio con i sistemi qualità ne hanno favorito l’implementazione nelle imprese che avevano già ottenuto la certificazione secondo la norma ISO 9000. Inoltre alcuni importanti mercati (Europa settentrionale, Estremo Oriente, Nord America) hanno dimostrato di considerarlo un “plus”
importante dal punto di vista competitivo. Numerose multinazionali, infine, hanno cominciato a richiederla ai propri fornitori come garanzia di affidabilità e correttezza nella gestione. I due sistemi di certificazione dei sistemi di gestione ambientale esistenti – EMAS e ISO – stanno conoscendo una notevole diffusione a livello internazionale, sebbene con ritmi e modalità in parte diversi. I due sistemi si distinguono più per la loro natura che per il contenuto delle norme cui fanno riferimento. Il sistema EMAS, circoscritto naturalmente ai Paesi Europei, ha come norma di riferimento un Regolamento comunitario ad adesione volontaria e vede un coinvolgimento diretto della pubblica amministrazione e degli enti di controllo a livello nazionale e locale, mentre la norma ISO è stata elaborata dagli enti di normazione a livello internazionale e il sistema di certificazione non vede un coinvolgimento diretto degli enti di controllo, avendo come principale riferimento il mercato su cui le imprese certificate operano. Ciò detto, i contenuti delle due norme sono molto simili, come testimoniato dalla decisione della Commissione Europea che, nella primavera 2001, in sede di revisione del Regolamento EMAS, ha deciso di includere i requisiti della norma ISO 14001 relativi al sistema di gestione ambientale nel testo del nuovo Regolamento EMAS II. Il principale elemento di differenziazione dal punto di vista dei requisiti rimane l’obbligo per le imprese che aderiscono a EMAS di redigere e pubblicare la Dichiarazione Ambientale, un documento rivolto a tutti gli interlocutori dell’impresa i cui contenuti devono essere validati dal verificatore ambientale
accreditato. La lettura delle realtà operanti nei vari Paesi, e in primo luogo in Italia, dimostra quindi che la partita dei sistemi di gestione ambientale non è ancora vinta. In questo quadro c’è da chiedersi se sia opportuno lasciare i sistemi di gestione ambientale alla loro naturale evoluzione. Probabilmente questa non è la strada giusta. Al contrario, proprio i significativi risultati registrati dai sistemi di gestione ambientale in questi primi anni di vita giustificano un ulteriore, energico sforzo da parte di tutti i protagonisti delle politiche ambientali – e in particolare da parte dei decisori pubblici e del sistema delle imprese – per raggiungere nel breve termine l’obiettivo dell’adozione in Italia di sistemi di gestione ambientale (EMAS o ISO 14000) da parte di un numero molto più elevato di imprese industriali e di servizi, con una particolare attenzione alle imprese di minori dimensioni che tanta importanza rivestono nel sistema produttivo nazionale. Per ottenere questo risultato, occorre indubbiamente una volontà precisa del sistema delle imprese, ma è altrettanto indispensabile l’impegno dei decisori pubblici. Sono infatti più che mature le condizioni perché il legislatore, gli amministratori e le autorità di controllo mettano in campo uno sforzo congiunto e sistematico per facilitare le imprese interessate ai sistemi di gestione ambientale a intraprendere questo percorso che non è per nulla agevole e indolore. Se è vero che negli ultimi anni alcuni passi in questa direzione sono stati compiuti (in particolare, attraverso provvedimenti quali l’art. 18 della Legge 23 marzo 2001 n. 93, Disposizioni in campo ambientale, sulla semplificazione delle procedure amministrative per le imprese
Tabella 1 - Table 1 Distribuzione dei siti EMAS (fonte: Commissione Europea) Distribution of EMAS sites (source: The European Commission)
Austria-Austria
352
Belgio-Belgium
11
Danimarca-Denmark
157
Finlandia-Finland
35
Francia-France
32
Germania-Germany
2514
Grecia-Greece
4
Irlanda-Ireland
8
Italia-Italy Lussemburgo-Luxembourg
60 1
Olanda-Netherlands
27
Norvegia-Norway
63
Portogallo-Portugal
2
Spagna-Spain
140
Svezia-Sweden
214
Regno Unito-United Kingdom
83
che hanno ottenuto la registrazione EMAS o la Legge 8 agosto 1995 n. 341 e le modifiche successivamente intervenute, sulle condizioni per l’accesso ai bonus fiscali destinati alle imprese), va detto anche che queste iniziative hanno avuto carattere sporadico e non sono state concepite come un insieme organico di interventi finalizzati a incoraggiare le imprese a intraprendere il percorso della certificazione. Al contrario, una vera e propria strategia con questo obiettivo dovrebbe realizzarsi attraverso un insieme articolato di interventi. Un’altra iniziativa di sicuro impatto, già sperimentata in alcune Regioni italiane, potrebbe essere la previsione di contributi in conto capitale o di crediti d’imposta per la realizzazione di progetti finalizzati all’implementazione
Tabella 2 - Table 2 Siti registrati EMAS per milione di abitanti nei vari Paesi Registered EMAS sites per million of inhabitants in the various countries Portogallo-Portugal
0.2
Grecia-Greece
0.4
Francia-France
0.5
Italia-Italy
1.0
Belgio-Belgium
1.1
Regno Unito-UK
1.4
Paesi Bassi-Netherlands
1.7
Media - Average = 10.3
Irlanda-Ireland
2.2
Lussemburgo-Luxembourg
2.4
Spagna-Spain
3.6
Finlandia-Finland
6.8
Norvegia-Norway
14.4
23
Svezia-Sweden
24.2
Danimarca-Denmark
29.9
Germania-Germany
30.7
Austria-Austria
43.7 0
5
10
15
Sotto la media-Below the average
di sistemi di gestione ambientale, in particolare destinati alle imprese di minori dimensioni, sulla scorta di quanto si è fatto per il sostegno all’innovazione tecnologica e ai sistemi qualità. A queste iniziative di carattere legislativo dovrebbero accompagnarsi interventi promozionali e campagne informative a livello nazionale e regionale rivolte sia alle imprese che al grande pubblico, queste ultime al fine di aumentare la conoscenza (oggi molto limitata) della certificazione ambientale da parte dei cittadini e dei consumatori e, quindi, dei benefici che le imprese possono trarre dalla loro adozione. * Cristina Rapisarda Sassoon è attualmente segretario generale dell’Istituto per l’Ambiente (Ipa) di Milano, promosso da Confindustria e dal sistema delle Camere di Commercio, e amministratore delegato di Ipa Servizi. È autrice di numerose pubblicazioni di taglio divulgativo sui temi ambientali ed è stata attiva presso l’Editore Sole 24 Ore come direttore della rivista “Impresa Ambiente” e come curatrice della collana “Attualità Ambiente” di Pirola.
■ ■ ■ ■ ■ ■
I
n industrialized countries, environmental protection has occupied a prominent place in public opinion’s perception for nearly twenty years now. In fact, degradation of the environment has consistent effects on the quality of life, and the average citizen’s interest in this topic has been
20
25
30
35
40
45
50
Sopra la media-Above the average
steadily growing. During the same period, the attention that businesses have paid to the environment has been growing as well: and awareness of this fact has top ranking in a company’s social responsibility. It is also industry’s responsibility to preserve and, if possible, improve the environment in which we live by developing techniques and products that are increasingly effective in preventing and eliminating pollution. Businesses have become progressively more aware of their responsibilities in this field, committing themselves to continually improving their environmental performance. But businesses’ sensitivity toward environmental issues was also motivated by the acknowledged opportunity factors involved. First of all, it became clear that adequate management of the environmental critical situations improves a company’s relationship with the territorial and social context in which it is located. Unquestionable advantages result both from the point of view of consensual – rather than conflicting – dynamics of the production location, and from the point of view of the possible responsibility connected to degraded localizing situations. Secondly, the very access to markets – especially international ones – is facilitated by the trustworthiness that the company is capable of guaranteeing in terms of
environmental compatibility. Italian companies are also well aware of all of these factors, and for this reason they tend to become increasingly active spokesmen for the policies and programs of sustainable development. For the Italian business system the time has now come to move, in terms of environmental issues, to a clearer and generalized creative and proactive attitude. The ideal instrument for indicating this change of attitude is undoubtedly environmental certification; a method that testifies, in a neutral and transparent manner, a company’s attention to and respect for the environment. In Italy it would be particularly opportune to propose anew the idea of environmental certification – in line with the EMAS and ISO 14001 schemes – rendering it as widespread as possible on a territorial level and for all the various business dimensions. This kind of action is necessary in order to overcome once and for all the idea that industry is an enemy of the environment; an entity that threatens food security and whose aim is only to avoid rules and regulations. In order to fully understand the problem, it is useful to examine the results that have been achieved until now, which testify to a reality of strong and constant expansion that nevertheless remains susceptible to developments. In fact, analogously to what
happened nearly ten years ago with the quality systems and total quality, the environmental management systems have now become a distinctive element of businesses that aim to fulfill a prominent role in the competitive international scenario. Numerous studies conducted on a national and international level, among the certified companies, have essentially demonstrated that there is a widespread and deep-rooted appreciation of the principle benefits connected to the implementation of an environmental management system. In particular, a greater organicity of the management of diverse environmental aspects connected to a company’s activities; a higher level of involvement and motivation of personnel; an improvement in the relationships with public and private parties; and a consolidation of image for consumers are all among the most frequently cited benefits. Naturally, the same studies confirm that, dealing with these advantages, the implementation and the certification of a system of environmental management represent a challenging and complex process; one that requires a significant investment of a company’s human, organizational, technical and financial resources. The international scene highlights the fact that, up until August 2001, the
24
Tabella 3 - Table 3 Distribuzione per Paese delle imprese certificate ISO 14000 (fonte: ISO) Distribution per country of the ISO 14000-certified companies (source: ISO)
Argentina-Argentina Australia-Australia
145 1078
Austria-Austria
223
Belgio-Belgium
130
Brasile-Brazil
330
Canada-Canada
760
Cina-China
749
Rep. Ceca-Czech Rep.
135
Danimarca-Denmark
836
Finlandia-Finland
620
Francia-France
918
Germania-Germany
2400
Hong Kong-Hong Kong
136
Ungheria-Hungary
205
India-India
400
Irlanda-Ireland
200
Italia-Italy
1024
Giappone-Japan
6648
Corea-Korea
676
Malaysia-Malaysia
307
Messico-Mexico
216
Olanda-Netherlands
873
Norvegia-Norway
251
Polonia-Poland
245
Singapore-Singapore
254
Slovenia-Slovenia
125
Sud Africa-Rep.of South Africa
126
Spagna-Spain
1444
Svezia-Sweden
1911
Svizzera-Switzerland
688
Taiwan-Taiwan
881
Tailandia-Thailand
400
Regno Unito-United Kingdom
2500
U.S.A.- U.S.A.
1480
registered EMAS sites in Europe numbered 3,703, more than two thirds of which – 2,514 – were German (see Table 1 on page 22). The data that was most revealing in examining the number of sites registered per country was the massive adherence to the Regulation by North European companies and, in particular, by Germany – the only country in which the spread of this instrument has taken on the characteristics of a true “mass” phenomenon. Close collaboration between public administration, the business system and Chambers of Commerce (made largely responsible for the management of EMAS) that characterizes the German reality has undoubtedly played a fundamental role in the Regulation’s success, united with an elevated sensitivity that the citizen-consumers of this country have shown for some time with respect to environmental protection. This last consideration is unquestionably a factor that motivated companies to take up the challenge of environmental certification. As far as Italy is concerned, the country has paid for an extremely slow beginning (the first sites were registered only at the end of 1997), to show later a constant increase over time, moving forward to the current level of 60 registered sites, a level that is intermediate with respect to the other European countries. All things considered, in order to correctly evaluate the level of diffusion of environmental certification in a country, it is worthwhile considering the number of sites registered in relationship with the dimensions of each individual country, calculated in terms of millions of inhabitants. Evaluating the data in this manner (see Table 2 on page 23), in addition to
noticing that Austria overtakes Germany by a wide margin (the relationship between registered sites and millions of inhabitants is respectively 43.7 versus 30.7), we may also note that in this hypothetical “ranking” Italy drops to twelfth place. As approximate as this indicator may be, it clearly signals the fact that the number of sites registered in Italy is nothing more than the tip of the iceberg in relation to the entire national economic system, and that a great deal of energy must still be dedicated to encouraging the diffusion of EMAS among Italian companies. A substantive confirmation of what has been stated with respect to the EMAS comes from the certification situation based on the ISO 14000 norms. Published at the end of 1996 as an application for environmental management of the principles experimented with in the field of ISO 9000 quality systems, ISO 14000
spread rapidly on an international level. In fact, over the course of five years, the number of certifications shot above thirty thousand, with a distribution that showed Japan was markedly further along than other countries, and Italy in eighth place with more than 1,000 certifications achieved (see Table 3 on this page). The ISO 14000 certification owes its unquestionable success to a variety of factors. In the first place, the approach analogies with quality systems have favored its implementation in companies that had already obtained the ISO 9000 certification. Furthermore, several important markets (Northern Europe, the Far East, and North America) demonstrated that they considered it an important “plus” from a competitive point of view. Finally, numerous multinationals began to require this certification from their
suppliers as a guarantee of trustworthiness and management propriety. The two existing certification systems for environmental management systems – EMAS and ISO – are seeing a marked diffusion on the international level, even though this is taking place according to different rhythms and modalities in different places. The two systems are distinguished more by their nature than by the contents of the norms and regulations to which they refer. The EMAS system, circumscribed, of course, to the European countries, has as a reference norm, a Community Regulation, based on voluntary participation, and calls for direct involvement of the public administration and of the control agencies on both a national and local level. While the ISO norm was elaborated by the control agencies on an international level and the certification system does not call for direct involvement on the part of control agencies, having as its principle reference the market in which certified companies operate. This aside, the contents of the two norms are very similar, as shown by the European Commission’s decision, in the spring of 2001, while considering revisions for the EMAS Regulation, to include the requirements of the ISO 14001 norm relative to the environmental management systems in the text of the new EMAS II Regulation. The principle element of difference from the point of view of requirements is still the obligation of companies who participate in EMAS to write up and publish an Environmental Declaration, a document aimed at all the business parties, the contents of which must be validated and verified by accredited
environmental controllers. Therefore, a close reading of the operating realities in various countries, first and foremost in Italy, demonstrates that the battle over environmental management systems has yet to be won. In light of this picture one must ask if the best policy would be to let the environmental management systems evolve naturally. This is probably not the right approach. On the contrary, the very significant results recorded by the environmental management systems in these first few years of their existence justify an ulterior, energetic effort by all the actors of environmental policies – especially public decision-makers as well as the business system – in order to reach in the short-term the objective of having environmental management systems (EMAS or ISO 14000) adopted by a greater number of industrial and service companies in Italy, with particular attention paid to the smaller-sized concerns that are so important in the national production system. In order to obtain this result, we undoubtedly need a specific willingness on the part of the business system, but the commitment of public decision-makers is also indispensable. In fact, the conditions necessary for legislators, administrators and control authorities to put into action a joint and systematic effort to facilitate the companies interested in environmental management systems are more than mature. They must do this in order to help companies undertake a path that is not at all easy or painless. If it is true that in recent years some steps in this direction have been taken (especially through provisions such as Article 18 of Law 23, March 2001, n. 93,
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Disposizioni in campo ambientale,“Regulations in the Environmental Field,” dealing with the simplification of the administrative procedures for companies that have already obtained EMAS certification; or Law 8, August 1995, n. 341 and successive modifications, that deal with the conditions for access to the fiscal bonuses destined for businesses), it must also be said that these initiatives have had a sporadic nature and have not been conceived as an organic whole of interventions aimed directly at encouraging companies to take the path to certification. On the contrary, a real strategy with this very objective should be created through an articulated whole of interventions. Another initiative of unquestionable impact, already experimented in some Italian regions, may be the forecast of contributions in capital account or in tax credits for the creation of projects intended for the implementation of environmental management systems, especially those destined for smaller-sized companies, along the same
line as that which has already been done to support technological innovation and the quality systems. These initiatives, legislative in nature, should be accompanied by promotional interventions and information campaigns on both a national and regional level, aimed at businesses and the general public, with the intention of increasing knowledge of environmental certification (which today remains quite limited) among citizens and consumers and, therefore, informing them of the advantages companies can draw by adopting them.
* Cristina Rapisarda Sassoon is currently the general secretary of the Milan Institute for the Environment (Ipa), supported by the Confindustria (Italian Manufacturers’ Association) and by the system of Chambers of Commerce, as well as the chief executive officer of Ipa Servizi. She is the author of numerous publications that shed light on environmental themes and has worked in the Il Sole 24 Ore publishing house as director of the magazine, “Impresa Ambiente,” as well as managing the Pirola collection entitled “Attualità Ambiente.”
Projects
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Eco-sostenibilità, ovvero uno sguardo nuovo per mettere insieme architettura e natura, nella consapevolezza che il progetto è il tramite umano fra ideazione e costruzione mentre, al contrario, la natura si autocrea. L’architettura punta su una nuova estetica attraverso l’interpretazione di fenomeni ed entità naturali, capaci di dare nuova energia creativa e innovativi linguaggi progettuali. Eco-sustainability, a term describing the new perspective combining architecture and nature, implies an awareness that an architectural project represents the human pathway between design and construction. Nature, on the other hand, is self-creating. Architecture aspires to this new aesthetic through an interpretation of natural phenomena and entities, each capable of supplying new creative energy and innovative design languages.
Architettura naturale Natural Architecture Eco-sostenibilità, verso un’architettura consapevole Eco-sustainability, toward a conscious architecture Manfredi Nicoletti*
Dedico quest’articolo alle vittime del World Trade Center tra le quali vedo, idealmente, anche Minoru Yamasaki, l’architetto delle Torri Gemelle, che fu mio maestro e mio amico. Fu lui che mi fece pensare l’Architettura come metafora della Natura. Sviluppavo la mia tesi di laurea per il MIT nella sua casa, vicino Detroit. Una notte uscimmo assieme in giardino e lui mi disse: “Fai il tuo progetto come questo cielo stellato”. Da allora le mie architetture sono divenute cieli, nuvole, colline, fogliami, onde, vortici.
D
ecifrare i significati e i limiti del rapporto tra il nostro operare e la natura è un tema antichissimo che si pone da sempre alla radice simbolica e pratica di ogni costruire. In questo quadro rientra l’attuale preoccupazione per la sostenibilità anzi per l”eco-sostenibilità” nel nostro ecosistema umano in cui si intrecciano inscindibilmente fenomeni e oggetti naturali e artificiali. Una coesistenza che non infrange la diversità inconciliabile tra artefatti e natura. Dal mantenimento del potere autorigenerante di questo ecosistema dipende la sopravvivenza fisica e intellettuale nostra e delle generazioni future. Sono ben note le varie strategie della sostenibilità. Esse consistono nel miglioramento o nella conservazione degli equilibri della biosfera, determinanti per la salute umana e del pianeta. In architettura e urbanistica questi obiettivi assumono specificità proprie che includono tra l’altro l’uso di materiali riciclabili, fabbricazioni con bassi livelli d’inquinamento e di domanda energetica, e i vari aspetti delle biotecnologie che sfruttano con sistemi attivi o passivi le fonti energetiche rinnovabili, prima tra tutte quella solare. Sono sistemi attivi quelli che trasformano la radiazione del sole in elettricità mediante cellule foto-voltaiche. Queste tecnologie pongono il problema del rapporto tra i benefici ottenuti e i costi impegnati per produrre i manufatti necessari in termini soprattutto di energia e inquinamento. Più interessanti, perché stimolanti la creatività architettonica, sono i sistemi passivi. Con essi, dalle caratteristiche morfologiche e materiche delle costruzioni, deriva la riduzione dei consumi energetici necessari al benessere ambientale richiesto. I principi base per raggiungere questo risultato sono pochi ed elementari, come sfruttare o evitare l’effetto serra, le correnti atmosferiche eoliche o convettive, le materie coibenti o permeabili, i serbatoi o i diffusori termici, il buio, la penombra o la luce. Questo rudimentale apparato si apre a un ventaglio di inesauribili soluzioni tecniche e formali. Dipende unicamente dalla nostra immaginazione la loro efficacia energetica, espressiva e psicologica. Quest’ultimo aspetto attiene a una valenza culturale che sembra estranea all’impegno corrente della sostenibilità mentre è fondamentale nell’ecosistema umano. Questa estensione dal sostenibile all’“eco-sostenibile” è necessaria, anzi inevitabile anche se pericolosa, prestandosi a una “tuttologia” onnicomprensiva e dunque generica e inefficace e soprattutto assai rischiosa in un quadro istituzionale fortemente garantista e normativo come è quello dell’Europa. Nella dimensione della sostenibilità culturale sono
inclusi valori abbastanza controllabili come il benessere psicofisico o il patrimonio storico architettonico e territoriale, che tuttavia è non solo materiale ma anche mentale. E qui scivoliamo nelle nebbie rischiose e mistificabili della “tradizione” e del “genius loci”, concetti seri ma non quantificabili, facile preda di faziosità, frodi e pregiudizi politicoideologici di cui in Italia abbiamo pietosi esempi – anche recenti – nei confronti ad esempio delle opere dell’“era” fascista, e perciò stesso deteriori per definizione, o di quelle etichettate di “sinistra” o, al contrario, “capitaliste”. Non parliamo poi della vaghezza dei valori estetici. Ma a fronte di queste incertezze e potenziali mistificazioni, non possiamo non rifiutare l’inerzia e accettare il rischio di fare la nostra parte nell’oggi, stimolati proprio dalla nostra inedita consapevolezza ecologica e dalla sfida dell’eco-sostenibilità che ci distingue dalle epoche passate. Se le tecniche della sostenibilità sono ormai ben note e classificabili, possiamo tentare un altro terreno di confronto. Fare dell’architettura la metafora funzionale e simbolica di un organismo vivente. Eco-sostenibilità significa infatti un modo nuovo e completo di guardare e capire la natura e di confrontarci con essa, nella consapevolezza sia di esserne parte, sia della barriera insormontabile che la separa dalla nostra artificialità. Questa barriera è il progetto, necessario tramite umano tra l’ideazione e la costruzione. Al contrario la natura si autocrea, le entità naturali sono simultaneamente progetto e costruzione di se stesse. Per questo l’imitazione della natura nel nostro costruire è una banalità volgare e fallimentare. Tuttavia, siamo alla soglia di una nuova estetica che attinge alla nostra interpretazione di fenomeni ed entità naturali e specialmente di quelle viventi. È chiaro che questa interpretazione è la conoscenza consentita al nostro intelletto cui sfuggirà sempre la comprensione globale e ultima del manifestarsi della vita. Ci confrontiamo in particolare con le morfologie spaziali ben più complesse di quelle sino ad oggi più diffuse, generate da moduli autosimili e da trasformazioni di simmetria di cui sono esempi le cupole di rotazione, le volte pieghettate o a paraboloide iperbolico. Nelle nuove morfologie che solo ora stiamo indagando riconosciamo la soluzione di necessità strutturali e biologiche cui attribuiamo anche valori estetici. Le opere di Gaudí, Musmeci, Frei Otto e Frank Gehry sono sintomi di questo nuovo modo di sentire. Uno strumento rivoluzionario come il computer ci permette ora di analizzare, scoprire, progettare e realizzare in modi sostenibilmente economici e razionali le nostre interpretazioni delle complesse e meravigliose manifestazioni della natura. Un aspetto attuale della eco-sostenibilità. * Manfredi Nicoletti si è laureato in Architettura a Roma e ha conseguito un Master in Architettura al MIT nel 1955. È attualmente professore ordinario di progettazione, ed è stato allievo e collaboratore di Gropius, Nervi, Yamasaki. Ha ideato il Grattacielo Elicoidale e vinto molti concorsi tra cui quelli per il Museo dell’Acropoli di Atene, la Cardiff Bay Opera House e la Piazza dei Navigatori a Roma. Esperto di architettura bioclimatica, ha ricevuto premi da tutto il mondo.
AMBIENTE ENVIRONMENT I am dedicating this article to the victims of the attack on the World Trade Center. The list of victims should include my master and friend Minoru Yamasaki, the architect who designed the Twin Towers. It was he who taught me to think of Architecture as a metaphor for Nature. I worked on my MIT graduate thesis at his home, located near Detroit. One night we went out together into his garden and he said to me, “Make your designs like this starry night.” Since then my architecture has taken inspiration from the skies, clouds, hills, foliage, waves and vortices.
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eciphering the meanings and limits of the relationship between our creations and nature is an ancient theme that always places itself at the symbolic and practical root of any given construction. Within this context, we can place the modern preoccupation with sustainability, or, even better, “eco-sustainability”; that within our human ecosystem where both natural and artificial phenomena and objects intertwine indissolubly. It is a coexistence that does not infringe upon the irreconcilable differences between man-made and natural objects. The physical and intellectual survival of our and future generations depends upon maintaining the self-regenerative power of this ecosystem. The various strategies of sustainability are well-known. They consist in improving or conserving the biosphere’s balance – that which determines the health of mankind and the planet. In architecture and urban planning, these objectives assume a particular specificity which includes, among other things, the use of recyclable materials; constructions with low pollution levels and energy requirements; and the various aspects of biotechnology that take advantage, through active or passive systems, of renewable energy sources – solar energy first and foremost. Active systems include those that transform solar energy into electricity through photovoltaic cells. These technologies pose the problem of the relationship between obtained benefits and the costs incurred to produce the necessary goods in terms of energy spent and pollution created. Passive systems are more interesting precisely because they stimulate architectural creativity. The result of these morphological and material characteristics of construction is a reduction of energy consumption that is necessary to ensure the well-being of the environment. The basic principles for reaching this result are both few and elementary. They include things like taking advantage of or avoiding the greenhouse effect, the atmospheric currents both eolian and convective, insulating or permeable materials, heat accumulators or thermal diffusers, darkness, shadow or light. This rudimentary apparatus opens a wide range of inexhaustible technical and formal solutions. Their energetic, expressive and psychological efficiency depends solely on the limits of our imagination. This last aspect refers to a cultural valence that would seem outside the current commitment to sustainability even though it is fundamental to the human ecosystem. This extension from the sustainable to the “eco-sustainable” is necessary and even inevitable even though it lends itself to a dangerous “everything-ology” that is all-encompassing and therefore generic and inefficient, not to mention markedly risky within an institutional framework that remains strongly dependent on guarantees and regulations like those existing in Europe today. Within the dimensions of cultural sustainability we find relatively controllable values like psychophysical well-being or architectural and territorial historical patrimony, which is not only material but spiritual as well. Here we slip into the risky and mystifying fogs of “tradition” and “genius loci,” serious but nonquantifiable concepts that can easily lead to divisions, fraud, political and ideological prejudice of which we have a number of pitiful examples in Italy, including several recent ones, against works from the fascist “era,” considered deteriorated by definition, or those labeled “leftist” or, on the con-
trary, “capitalist.” We should not even bother discussing the vagueness of aesthetic values. Faced with these uncertainties and potential mystifications, however, we must refuse inertia and accept the risk of doing our part today, stimulated precisely by our new ecological awareness and by the challenge of eco-sustainability that distinguishes us from previous periods. Since the techniques of sustainability are today well-known and classifiable, we can attempt to tackle a new challenge. We can make architecture the functional and symbolic metaphor of a living organism. Eco-sustainability signifies a new, complete way of examining and understanding nature, and our relationship with it, being aware both of the fact that we are part of it while at the same time, separated from it by a selfcreated, artificial barrier. This barrier is the project, the necessary human medium between design and construction. On the contrary, nature is selfcreating; natural entities are simultaneously a project and a construction in and of themselves. This is why the imitation of nature in our constructions is a vulgar banality which cannot succeed. Nevertheless, we find ourselves on the threshold of a new aesthetic that derives itself from our interpretation of natural phenomena and entities – especially those which are living. Clearly, this interpretation is the knowledge allowed to our intellect. It will always fail to grasp the global and ultimate comprehension of life’s display. In particular we refer to the spatial morphologies that are much more complex than those used until today, generated by designs that resemble one another and symmetrical transformations like the rotating cupolas, the folded vault or the hyperbolic paraboloid. The new morphologies that we are only now investigating provide the solution of structural and biological necessities to which we also attribute aesthetic value. The work of Gaudí, Musmeci, Frei Otto and Frank Gehry are symptomatic of this new way of feeling. A revolutionary tool like the computer allows us to analyze, discover, design and create – in ways that are sustainable both economically and rationally – our interpretations of the complex and marvelous manifestations of nature. It is a modern aspect of eco-sustainability. * Manfredi Nicoletti, Professor of Design in Rome, obtained his Degree in Architecture at Rome University and a Master in Architecture at MIT in 1955. He was a pupil of and worked with Gropius, Nervi and Yamasaki. He designed the Elicoidal Skyscraper and won many competitions such as those for the Acropolis Museum in Athens, the Cardiff Bay Opera House and Piazza dei Navigatori in Rome. He is an expert of Bio-climatic Architecture and has received awards from all over the world.
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Rendering del progetto Tuin, edificio per uffici e residenza presentato dallo studio olandese MVRDV ad “Archilab 2001” di Orléans. Rendering of the Tuin project, an office and residence building, present at “Archilab 2001” in Orléans by the Dutch firm MVRDV.
Quando la cittĂ sogna When the City Dreams Sapporo, Moerenuma Park Sapporo, Moerenuma Park Progetto di Architect 5 Partnership Project by Architect 5 Partnership
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AMBIENTE ENVIRONMENT Il percorso che conduce alla sommitĂ della Play Mountain, nel Moerenuma Park, realizzato a Sapporo da Architect 5 da un master plan di Isamu Noguchi.
The path leading to the top of Play Mountain at Moerenuma Park, realized in Sapporo by Architect 5 who worked on a master plan by Isamu Noguchi.
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Planimetria generale e, in basso, vista aerea del parco, realizzato in una ex discarica. Site plan and, bottom, aerial view of the park which has been laid out in a former garbage dump.
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1. Bosco dei ciliegi/Cherry Forest 2. Piscina per bambini/ Wading Pool 3. Montagna dei Giochi/ Play Mountain 4. Scultura Tetragono/ Tetra Mound 5. Guscio Musicale/Music Shell 6. Piazza e Canale d’Acqua/ Aqua Plaza and Canal 7. Bosco dei larici/Larch Forest 8. Fontana Centrale/ Central Fountain 9. Piramide d’erba / Grass Pyramid 10. Campo d’atletica leggera/ Field-and-Track Ground 11. Teatro all’aperto/ Open-Air Theater 12. Monte Moere/Mt. Moere 13. Campo da baseball/Ballpark 14. Campo da tennis/ Tennis Court
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apporo, località divenuta famosa nel mondo per aver ospitato venticinque anni fa una memorabile edizione delle Olimpiadi invernali, è tornata alla ribalta delle cronache architettoniche grazie alla costruzione di un parco pubblico, realizzato simbolicamente là dove prima sorgeva una discarica. L’area su cui sorge il parco si trova a ridosso del lago Moerenuma, un medio invaso formatosi fra le anse del fiume Toyohira che scorre tagliando in due parti la città. Si tratta di un’area di circa centottanta ettari, destinata a realizzare una sorta di sogno collettivo da anni accarezzato dai cittadini di Sapporo: quello di donare alla città una fascia di verde al posto di una discarica, che avrebbe così potuto essere ricollocata in una zona più periferica della città. Fortemente caldeggiato da Isamu Noguchi (19041988), architetto e designer di fama mondiale, il Moerenuma Park è stato pensato come una grande scultura a scala urbana, rispettando così una visione progettuale peculiare del grande Maestro, già autore di numerosi parchi realizzati in Giappone. Il gruppo Architect 5 Partnership ha avuto il supporto della Isamu Noguchi Foundation, che ha fornito materiali e disegni preliminari che potessero risultare utili ai progettisti, affinché il progetto del parco fosse in sintonia con l’impostazione generale voluta da Noguchi, che aveva iniziato a dare forma al progetto sin dai primi anni Ottanta. La storia del progetto del Moerenuma Park ha avuto un iter non facile: l’idea del parco nasce circa vent’anni fa quando l’amministrazione comunale di Sapporo decide di realizzare un’area verde in un terreno destinato a discarica. Isamu Noguchi, scelto quale progettista dell’opera pone alcune condizioni, risultate subito in contrasto con la committenza che vorrebbe mantenere nelle vicinanze del parco una parte di terreno da destinare ancora a discarica. Il progetto può prendere avvio solo grazie alla paziente mediazione di Nobuo Katsura, allora vicesindaco, attualmente divenuto sindaco di Sapporo. A sostegno dell’iniziativa di Noguchi, si sono schierati anche alcuni importanti architetti giapponesi, tra i quali Takashi Sasaki, già in passato collaboratore di Noguchi in alcuni interventi realizzati in varie città nipponiche. Ma non sono mancati all’appello anche altri importanti architetti come Masataka Izumi e Kochi. Superati i contrasti con la committenza, Noguchi coinvolge nel progetto lo studio Architect 5 Part-
nership, con cui aveva condiviso in passato altre esperienze progettuali. Un mese dopo la messa a punto della planimetria generale, il 30 dicembre 1988, Isamu Noguchi muore a New York. L’improvvisa scomparsa del Maestro impone nuove strategie di progetto. Alla fine, si decide che Sadao Shoji – componente della Isamu Noguchi Foundation – avrebbe seguito, in qualità di supervisore, lo studio Architect 5 Partnership divenuto unico titolare del progetto esecutivo. Aperto al pubblico nel luglio 1998, quando il complesso era stato completato al sessanta per cento (il parco sarà definitivamente completato nel 2004), il Moerenuma Park è un’opera che rivela come anche in un’era fortemente connotata dalle più sofisticate tecnologie, sia fondamentale un corretto rapporto fra natura e uomo attraverso un giusto equilibrio fra costruito e ambiente naturale. Ciò è in sintonia anche con il messaggio che Isamu Noguchi ha sempre voluto trasmettere alle nuove generazioni di architetti per entrare con consapevolezza nel Terzo Millennio.
In basso, il cono inciso da un percorso a spirale. Bottom. The cone dissected by a spiralling path.
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apporo became world famous after hosting a memorable edition of the winter Olympic Games twenty-five years ago. The city is once again making architectural headlines because of the creation of a public park constructed, symbolically, where a garbage dump was once located. The area upon which the park is created lies next to Moerenuma lake, a body of water formed by the meandering of the Toyohira river which cuts the city in half. The area covers approximately 180 hectares, destined to be home to a long-standing collective dream of Sapporo's citizens: the desire to give the city an expanse of green instead of a garbage dump which would then be relocated to an area on the cityâ&#x20AC;&#x2122;s outskirts. Championed by Isamu Noguchi (1904-1988), a world-renowned architect and designer, Moerenu-
ma Park is designed as an enormous sculpture on an urban scale, respecting one of the peculiar design visions of this great Master who created numerous parks in Japan. The Architect 5 Partnership group had the support of the Isamu Noguchi Foundation, which supplied materials and preliminary designs. These contributions proved useful to the architects, as they brought the park project in line with the general layout desired by Noguchi, who had begun to shape the project in the early 1980s. The Moerenuma Park projectâ&#x20AC;&#x2122;s development was not an easy one: the idea for a park was born some twenty years ago when Sapporo's municipal administration decided to create a green area on land destined for a community dump. Isamu Noguchi, chosen as the designer for the project, imposed
several conditions that immediately proved contrary to the client’s desires to use a part of the land as a dump. The project only began as a result of the patient mediation of Sapporo’s mayor Nobuo Katsura, who was deputy mayor at the time. Several renowned Japanese architects also came out in support of Noguchi’s plan, including Takashi Sasaki (who had collaborated with Noguchi in the past on various projects in other Japanese cities), Masataka Izumi and Kochi. After the differences with the client were settled, Noguchi involved the Architect 5 Partnership studio in the project, a group with whom he had worked in the past. On December 30th, 1988, one month after the master plan was finalized, Isamu Noguchi died in New York. The sudden loss of the Master forced a new project strategy. In the end, it was de-
cided that Sadao Shoji – a member of the Isamu Noguchi Foundation – should lead the project as supervisor, while the Architect 5 Partnership became the sole owner of the executive project. Moerenuma Park was opened to the public in July 1998, when the complex was only sixty percent completed (the park will be finished in 2004). The park is a creation that proves that a favorable relationship between nature and man remains fundamental, even in an era strongly marked by sophisticated technology, obtained through a rational balance between man-made and natural environments. This view is in complete harmony with the message that Isamu Noguchi always sought to transmit to new generations of architects, to enable them to enter the Third Millennium with a better awareness.
Scalinata della Play Mountain. The stairs rising up the Play Mountain.
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L’oceano dentro la città The Ocean inside the City Lisbona, Oceanario realizzato in occasione dell’Expo 98 Lisbon, Oceanarium created for Expo 98 Progetto di IDEA/Engil Project by IDEA/Engil
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L’angolo sud-ovest dell’Oceanario di Lisbona, realizzato in occasione dell’Expo 98. La struttura è collocata al centro dell’Olivais Dock e poggia su una base in cemento e pietra levigata. The southwest corner of the Ocean Pavilion in Lisbon, built for Expo 98. The facility is situated in the middle of Olivais Dock and rests on a base made of concrete and polished stone.
ianta a croce greca, quattro transetti – ciascuno con due torri gemelle che accolgono spazi di servizio e scale di emergenza – e quattro absidi tematiche. Più che un oceanario, la struttura realizzata in occasione dell’Expo di Lisbona, edizione 1998, è una vera e propria cattedrale dedicata al mondo marino. Oltre ad avere molte affinità con un edificio sacro e goderne tutti i vantaggi – per esempio l’atmosfera affascinante e suggestiva – l’oceanario di Lisbona è una delle più grandi strutture marine mai realizzate in Portogallo. L’obiettivo dei progettisti era di realizzare un segno forte e rappresentativo dell’Expo, ma anche di costruire un contenitore di grande espressività e suggestione architettonica. Senza però prevaricare il contenuto scientifico-naturalistico di un ambiente naturale configurato come un microcosmo che riproduce l’infinito universo del mondo sommerso. Considerando la complessità progettuale e gestionale, la committenza ha affidato un incarico unico – comprendente progettazione architettonica, allestimento e reperimento del suo contenuto, project management e gestione della struttura a pieno regime di utilizzazione – al consorzio formato dalla società IDEA (International Design for the Environment Associates) con a capo l’architetto Peter Chermayeff, autore di molte strutture simili come, tra le altre, l’Acquario di Genova e quello di Osaka, e all’impresa portoghese Engil. Realizzato al centro di un grande bacino, il concept di progetto che ha guidato la costruzione dell’oceanario si fonda sull’assunto che tutti i mari della Terra sono un unico grande sistema ininterrotto. La sua pianta centrale e le quattro absidi rappresentano quattro diversi ambienti marini: Atlantico, Antartico, Pacifico e Indiano. Il percorso attraverso gli oceani inizia dalla grande vasca centrale e si dipana su due livelli. Partendo da quello superiore, ci si inoltra nelle terre emerse mentre in quello inferiore il mondo sommerso appare in tutta la sua misteriosa bellezza. La conformazione di questi spazi crea sorprendenti illusioni: dall’interno delle vasche si ha, infatti, la sensazione di essere in un unico grande oceano e di trovarsi al centro di un grande flusso di correnti e pesci. Il percorso all’interno della struttura inizia attraversando un corpo lungo e stretto, in pratica un ponte che introduce i visitatori in un’area suddivisa in due parti: da un lato ambienti destinati all’amministra-
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In basso, particolare della facciata ovest. Below. Detail of the west facade.
Nella pagina a fianco, a sinistra, sezione est-ovest; a destra sezione nord-sud. Opposite page, left, east-west section; right, north-south section.
zione, ai negozi e agli spazi per il ristoro, dall’altro, separato da un muro rivestito da moderni azulejos, il percorso che introduce alle sale tematiche. Un sottofondo musicale, dedicato al mondo sommerso, accompagna i visitatori in ogni ambientazione. Progettato per essere uno dei punti focali dell’Expo, l’oceanario presenta una serie di finiture di qualità che ne fanno una delle strutture più rappresentative della riqualificazione urbana che ruota attorno alla grande esposizione: plinti rivestiti di pietra locale levigata, che supportano e staccano la piattaforma dall’acqua, muri di contenimento caratterizzati da una superficie trattata ad opus incertum. Si è cercato inoltre di limitare l’effetto simmetria delle grandi vetrate attraverso una configurazione irregolare. Una serie di torri gemelle, su cui sono piazzati alti pennoni, sorregge gli stralli della grande copertura trasparente, sotto cui è sistemata un’ampia vasca d’acqua simboleggiante l’oceano che misura circa trenta metri di lato per una profondità di sei e con una capienza di oltre 4,300 metri cubi. Considerato un pezzo unico, un gioiello tecnologico per i suoi apparati tecnici, l’oceanario è anche un'efficace struttura di comunicazione, sia come architettura mediatica sia come strumento in grado di polarizzare enormi flussi turistici. Esso, infatti, senza ricorrere a stravaganti orpelli decorativi o a capricciose esternazioni strutturali e spericolate citazioni, è in grado di coinvolgere i visitatori dal punto di vista culturale, senza stordirli con un surplus di segnali spettacolari.
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Planimetria generale. Site plan.
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Nella pagina a fianco, la passerella d’ingresso che collega l’acquario alla terra ferma sulla facciata sud.
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ore than an oceanarium, the structure built for the Expo 98 in Lisbon is a cathedral dedicated to worshipping the marine world. Its design, based on a Greek cross plan, has four thematic apses and four transepts – each with twin towers that include service areas and emergency stairways. Besides having many commonalities with a holy building and making use of all its qualities – its enchanting and awe inspiring atmosphere, for example – the Lisbon oceanarium is one of the largest marine structures ever built in Portugal. The architects' objective was to create a powerful and distinctive symbol for the Expo, but also to construct a structure of great expressiveness and architectural suggestion. All this without detracting from the natural and scientific content included in this micro-cosmic reproduction of the underwater world's infinite universe. Taking into consideration the design and management complexity involved, the consignor assigned the whole project to a single commission: the consortium formed by IDEA (International Design for the Environment Associates) and the Portuguese company Engil. IDEA, headed by architect Peter Chermayeff, who designed a number of similar constructions (e.g. the Genoa and Osaka aquariums), along with Engil are therefore in charge of the architectural design, procurement and arrangement of its contents, project management and long-term maintenance. Built in the center of a large basin, the design concept that guided the oceanarium’s construction was based on the assumption that all the earth’s seas are part of a single large uninterrupted system. Its central plan with its four apses represent four diverse marine environments: the Atlantic, Antarctic, Pacific and Indian oceans. The pathway through the oceans begins with the large central pool and is laid out over two levels. Starting from the upper level, visitors view the land above water, while the lower level offers views of the underwater world in all its mysterious beauty. The organization of these spaces creates surprising illusions: from the inside of the pools visitors have the sensation of standing within a vast ocean at the center of a great flow of currents surrounded by fish. The pathway through the inside of the structure
Opposite page. The entrance corridor linking the aquarium to the mainland on the south facade.
begins by crossing a long and narrow structure, resembling a bridge, that leads visitors into an area subdivided in two parts: on one side the administration, shops, and refreshment areas; on the other, separated by a wall covered with modern azulejos, the pathway that leads to the thematic rooms. Music inspired by the underwater world plays in the background, accompanying visitors in every environment. Designed to be one of the Expo's focal points, the aquarium's finishing is of the highest quality, making it one of the structures that best represents the urban re-development project revolving around the large exhibition. The finishing is made of plinths covered with smooth local stone that support and detach the platform from water and retaining walls characterized by an opus incertum surface. The architects have also tried to limit the symmetrical design of the large windows by giving them an uneven configuration. A series of twin towers, capped with tall stanchions, support the stays of the large transparent roof, which holds a large tank of water representing the ocean and measuring almost thirty meters in width and six meters in depth for an overall capacity of more than 4,300 cubic meters of water. Considered a unique construction – a jewel for its technical achievement, the Lisbon aquarium is also an effective means of communications, as both a mass media architecture and as an instrument capable of attracting vast numbers of tourists. In fact, without resorting to extravagant decorative frills, capricious structural expressions or daring citations, the building is able to involve visitors from a cultural point of view, without deafening them with a surplus of spectacular signals.
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Pianta del secondo livello espositivo. Plan of the second exhibition level. 1. Oceano aperto/Open Ocean 2. Oceano Atlantico-superficie/ Atlantic Ocean-above water 3. Oceano Antartico-superficie/ Antarctic Ocean-above water 4. Oceano Pacifico-superficie/ Pacific Ocean-above water 5. Oceano Indiano-superficie/ Indian Ocean-above water 6. Circolazione pubblico/ Visitor flow 7. Sale visione/Viewing Rooms 8. Galleria dei media/ Mixed Media Gallery 9. Servizi pubblici/Public restroom 10. Area tipo di uscita di emergenza/ Typical Emergency Exit Area
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Pianta del primo livello espositivo. Plan of the first exhibition level. 1. Oceano aperto/Open Ocean 2. Oceano Atlantico-sottacqua/ Atlantic Ocean-underwater 3. Oceano Antartico-sottacqua/ Antarctic Ocean-underwater 4. Oceano Pacifico-sottacqua/ Pacific Ocean-underwater 5. Oceano Indiano-sottacqua/ Indian Ocean-underwater 6. Vasche di una galleria espositiva tipo/Typical Gallery Exhibit Tanks 7. Circolazione pubblico/ Visitor flow 8. Area didattica/Curatorial Area 9. Galleria dei media/ Mixed Media Gallery 10. Sale Visione/Viewing Rooms 11. Scale pubbliche/ Public Stairways 12. Foyer uscita/Exit Foyer 13. Servizi Pubblici/ Public Restroom 14. Ascensore pubblico/ Public Elevator 15. Ascensore di servizio/ Service Elevator 16. Area tipo di uscita di emergenza/ Typical Emergency Exit Area
Vista generale e la facciata ovest al tramonto. General view and the west facade at sunset.
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Strutture blu per acque chiare Blue Structures for Clear Waters Joinville, impianto per la produzione di acqua potabile Joinville, Industrial Plant for the Production of Drinking Water Progetto di Jacques Ferrier e François Gruson Project by Jacques Ferrier and François Gruson
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mpianto planimetrico rigoroso, corpi di fabbrica ritagliati in blocchi di cemento blu e terrazze ricche di verde caratterizzano una struttura tecnologicamente avanzata, ma rispettosa dell’ambiente naturale. Jacques Ferrier e François Gruson hanno puntato su una soluzione, inusuale per una struttura tecnica, ma di grande fascino, realizzando un’architettura che si fa paesaggio e reinterpreta il territorio circostante attraverso una composizione limpida, suggestiva, rigorosamente cartesiana. Il complesso per la produzione d’acqua potabile a Joinville è un impianto di notevoli dimensioni, esteso su una superficie di circa quattordici ettari, con una capacità di produzione di 400 mila metri cubi al giorno. Si tratta di un impianto in grado di soddisfare circa un quarto del fabbisogno idrico di una città come Parigi. Articolato secondo uno schema pressoché ortogonale, l’impianto è formato da una spina centrale che accoglie un grande ambiente, denominato
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Vista della facciata est dell’impianto per la produzione di acqua potabile realizzato a Joinville, lungo le rive della Marna. Il complesso, esteso su una superficie di 50.000 mq, ha una capacità di 400.000 m3/giorno su un’area di 14 ettari. View of the east facade of the drinking water production plant in Joinville, along the banks of the Marna River. The complex, covering a surface area of 50,000 square meters, has a capacity of 400,000 m3/day over an area of 14 hectares.
“galleria tecnica”, e distribuisce su entrambi i lati le dieci unità lunghe quaranta metri, dove sono inseriti gli elementi tecnico-funzionali dell’impianto. Il nuovo complesso, che sorge su un precedente insediamento realizzato nella seconda metà dell'Ottocento, produce acqua potabile attraverso strutture tecnologicamente evolute e di grandi dimensioni. La strategia compositiva non ha però trascurato la qualità formale del complesso edilizio che, per le notevoli proporzioni, è in grado di condizionare il paesaggio. In tal senso, si è ricorsi all’impiego del cemento blu per sdrammatizzare una struttura che avrebbe altrimenti rischiato di avere un impatto eccessivo sul contesto. Si tratta di un leggero viraggio blu che alleggerisce la massa architettonica, rendendo il tutto più integrabile con un ambiente caratterizzato da una natura rigogliosa e certamente mai monocromatica. Assai poco diffuso, il cemento “colorato in pasta” può essere ottenuto impiegando varie tecniche, a volte attraverso la colorazione
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con pigmenti sintetici, altre volte con modalità un po’ più complesse, come in questo specifico caso in cui si è ricorsi alla consulenza di un esperto come Jean-Pierre Aury. Il cemento è stato lavorato e miscelato con sostanze naturali come le polveri d’ossido di cobalto. Il tutto “caricato” con piccoli frammenti di vetro colorato. L’inserimento del vetro ha naturalmente donato alle superfici cementizie luminosità e lucentezza animando i volumi dell’edificio con un gioco di riflessi, variabile a seconda delle diverse ore del giorno. La notevole massa del complesso si è così smaterializzata integrandosi con il paesaggio attraverso il rispecchiamento di colori e luci presenti nell’intorno. Ma è soprattutto la relazione con l’elemento acqua che ha reso straordinaria questa architettura che, attraverso giochi di trasparenza ed effetti luminescenti, evoca la cristallina purezza dei corsi d’acqua di montagna. Una memoria naturalistica evocata anche nell’organizzazione spaziale dei percorsi destinati ai visitatori che attra-
versano terrazze sopraelevate piantumate con rigogliose essenze, consentendo così la completa immersione in un ambiente progettato per assolvere funzioni tecniche, ma reso al tempo stesso molto simile a un micropaesaggio, nonostante la presenza di volumi architettonici ritagliati con modulazioni geometriche. Per Joinville, località disposta lungo le rive del fiume Marna, il nuovo insediamento ha avuto l’impatto di un vero e proprio evento grazie a una struttura industriale reinterpretata in chiave creativa, a dimostrazione di come anche un impianto per la produzione di acqua potabile può contribuire alla qualità del paesaggio. L’architettura, anche quando assolve funzioni tecniche, è sempre architettura, è sempre un segno sul territorio, in grado di modificare quei sottili equilibri che regolano l’armonia fra natura e costruito, fra ciò che cambia secondo l’avvicendarsi delle culture e ciò che invece rimane immutato nel tempo.
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Particolare della sezione sulla galleria. Detail of the shaft section.
Sotto, lâ&#x20AC;&#x2122;entrata principale sul lato nord che riceve abitualmente gruppi di visitatori e scolaresche. Below. The main entrance on the north side where groups of visitors and school children are usually welcomed.
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Lo spazio panoramico, adibito a sala riunioni o esposizioni, racchiuso in un volume circolare sul tetto del nuovo impianto. The observation deck used for meeting rooms and exhibitions is enclosed inside a circular volume on the new plantâ&#x20AC;&#x2122;s roof.
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Sotto, vista interna della galleria centrale. Below. Interior view of the central shaft.
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rigorous planimetric design, the Joinville complex includes lush green terraces and factory constructions cut out of blue concrete blocks. Together these elements serve to create a technologically advanced structure that still manages to respect the natural environment. Jacques Ferrier and François Gruson have chosen a solution that is unusual in its technical structure but which nevertheless possesses great appeal, realizing an architecture that becomes a landscape and reinterprets the surrounding territory through a limpid, suggestive and rigorously Cartesian composition. The Joinville complex for the production of drinking water is a remarkably large construction, extended over an area of nearly fourteen hectares, capable of producing 400,000 cubic meters per day. The plant can satisfy the water needs of nearly a quarter of the population of a city like Paris. Laid out according to an almost orthogonal plan, the plant is formed of a central spine that contains a
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Un passaggio tra due unità. A passageway between two units.
large space called the “technical gallery,” and distributes the ten forty-meter long units along both sides to form the basic design for inserting the technical-functional elements of the plant. The new complex, which is built upon the site of an earlier waterworks facility constructed in the second half of the 1800s, produces drinking water through a high-tech structure of great dimensions. However, the compositional strategy has not overshadowed the formal quality of the building complex that, due to its remarkable dimensions, is capable of conditioning the surrounding scenery. With this in mind, the architects utilized blue concrete blocks to lighten a structure that would have otherwise risked imparting an excessive impact on the surroundings. This ephemeral blue toning lightens the architectural mass, rendering the whole more easily integrated with an environment characterized by a rich and never monochromatic nature. Used quite rarely, “colored-mix” cement can be obtained through vari-
ous techniques, sometimes through coloration with synthetic pigments or with somewhat more complex modalities, as was the case for this project. For Joinville the architects needed the advice of expert Jean-Pierre Aury. The cement was worked on and mixed with natural substances like cobalt oxide powders, and “loaded” with small fragments of colored glass. Naturally, the addition of glass has imbued the cement surfaces with a certain luminosity and brilliance, animating the edifice’s volume with a play of highlights that varies according to the time of day. In this way, the plant’s considerable mass is dematerialized, integrating into the surrounding scenery by reflecting the colors and lights around it. But above all else, it is the relationship with a single element, water, that makes this architecture extraordinary. Through transparency and luminescent effects, it evokes the crystalline purity of mountain streams. It is a naturalistic memory also evoked in the spatial organization of the pathways destined
for visitors to the complex. Crossing over elevated and luxuriant landscaped terraces, guests will be completely immersed in an environment designed to perform technical functions. At the same time, the setting closely resembles a micro-landscape in spite of the presence of architectural volumes cut out in geometric modulations. For Joinville, a town laid out along the banks of the Marna River, the new plant has been a truly remarkable event thanks to an industrial structure that has been reinterpreted with creative flair. The construction demonstrates how even a plant for the production of drinking water can contribute to the quality of the landscape. The architecture, even as it accomplishes technical functions, always remains architecture; it endures as a sign on the territory capable of modifying the subtle equilibrium that harmonizes nature and constructions, balancing culturally influenced changes with that which remains unchanged with the passing of time.
Nelle pagine seguenti, la corte di servizio sul prolungamento della galleria centrale e uno scorcio delle passerelle sopraelevate. Following pages. The courtyard opening onto the extension to the central shaft and partial view of the raised walkways.
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Fra localismo e modernità Between Regionalism and Modernity Al Jufrah, Centro Amministrativo Al Jufrah, Administrative Center Progetto di B&M Architects/Devecon Project by B&M Architects/Devecon
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Planimetria generale dell’area di intervento che evidenzia la struttura urbana del territorio da cui è derivato l’impianto del complesso. Site plan of the project area showing the urban structure inspiring the layout of the complex.
l nuovo Centro Amministrativo di Al Jufrah in Libia sorge in una moderna oasi nel deserto, configurata come la maggior parte delle oasi sviluppatesi lungo il tracciato delle antiche vie carovaniere. Il nuovo insediamento è composto da un centro servizi governativo, destinato al decentramento amministrativo così come previsto dal programma della National Regional Development Policy. Territorialmente il nuovo insediamento si configura attraverso geometrie e allineamenti essenziali, con l’asse della strada principale che da nord raggiunge il centro storico e organizza il territorio desertico con due griglie ortogonali autonome. Le particolari condizioni ambientali hanno previsto approfondite analisi geomorfologiche del luogo. L’impiego di notevoli risorse idriche, unito ad altre necessità quali ad esempio l’incremento di aree verdi e la messa in opera di grandi impianti di illuminazione, è stato condizionato dal difficile sottosuolo caratterizzato da strati di gesso e dalla quasi totale assenza di strati superficiali adatti solo a fondazioni di non particolare complessità. Il tutto è quindi stato impostato in modo da assi-
curare sufficiente longevità alle strutture e facilitare una manutenzione periodica estremamente esemplificata. Il complesso è caratterizzato da edifici essenziali di forma quadrangolare, che tuttavia visti nell’insieme appaiono come una struttura aperta e dinamica. Come è ormai norma diffusa, il progetto di B&M Architects e Devecon è complessivamente impostato secondo direttrici che superano i confini locali. Si è cercato insomma di operare una mediazione fra una crescente globalizzazione e la conservazione di alcuni valori riconducibili all’architettura tradizionale del luogo. Di origine nordica, gli architetti Bruun e Murole hanno introdotto in Libia un sistema architettonico per certi aspetti derivato dalla tradizione finlandese, che unisce il controllo della scala architettonica alla composizione oggettuale dei corpi di fabbrica. Ma non sono rimasti estranei ad altre provenienze culturali, come per esempio gli influssi suprematisti rilevabili nella schiettezza formale del Centro Congressi. La strategia di progetto si è sviluppata sul rapporto fra due polarità: una orientata alla definizione della configurazione territoriale e urbana e l’altra fondata sulla ricerca di una forma architettonica dal disegno accurato e impreziosito da sottili citazioni dell’architettura araba. Al di là della riuscita configurazione formale dell’intero complesso vanno evidenziate alcune peculiarità legate alle condizioni climatico-ambientali. La protezione dal forte irraggiamento solare e la necessità di porre una barriera al vento sabbioso ha indotto i progettisti ad adottare elementi specifici come i portici e un’ampia corte. L’obiettivo di base era di realizzare una struttura in grado di offrire protezione da un clima estremo, fornire ombra, creare un microclima piacevole e riflettere la cultura dello spazio pubblico presente nella tradizione libica. Come d’uso nel costume locale, i singoli edifici sono caratterizzati da murature estese, alleggerite da una trama di forature. All’interno della grande corte, ma anche in ognuna di quelle più piccole, la composizione dei volumi è maggiormente frammentata in relazione alla configurazione dello spazio connettivo del sistema della circolazione viaria, sviluppato attraverso un complesso sistema di scale, terrazze, ballatoi e porticati che realizzano una serie di spazi destinati ad assolvere a più funzioni.
AMBIENTE ENVIRONMENT Viste notturne del Centro Amministrativo di Al Jufrah, in Libia. Il complesso che offre un supporto ai servizi governativi del territorio, ricalca nel suo sviluppo planimetrico lo schema urbanistico del centro storico di Al Jufrah, una moderna oasi sviluppatasi lungo il tracciato delle strade carovaniere.
Nighttime views of the Al Jufrah Administration Center in Libya. The complex, providing support for regional governmental services, incorporates the old layout of Al Jufrah in its urban scheme, creating a modern-day oasis along old caravan routes.
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Planimetria generale del complesso costituito da 14 edifici per uffici, due edifici principali, un Centro Congressi e servizi, il tutto articolato da ampie piazze pubbliche e corti interne.
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Site plan of the complex consisting of 14 office blocks, two main buildings, a Conference Center and utilities, all embellished with wide public squares and internal courtyards.
A-D Edifici amministrativi/ Administrative Buildings E Centri amministrativi principali/ Main Administrative Centers F Centro Congressi/ Conference Center 1 Piazza principale /Main Square 2 Galleria centrale/ Central Arcade 3 Centro Congressi/ Congress Hall 4 Biblioteca/Library
5 Auditorio esterno/External Auditorium 6 Torre dellâ&#x20AC;&#x2122;orologio/Clock Tower 7 Laghetto/Water Pond 8 Parking 9 Bosco di palme/Palm Forest 10 Fortezza turca/Turkish Fortress
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he new Al Jufrah Administrative Center in Libya, rises from a modern oasis in the desert, just like most of the oases that developed along ancient caravan routes. The new complex is composed of a government service center, built to decentralize the administration as planned by the National Regional Development Policy program. In terms of spatial planning, the new complex is configured using basic geometry and alignments with the axis of the main road leading from the north to the historical center. This design organizes the desert territory into two independent orthogonal grids. Due to the particular environmental conditions, a deep geomorphologic analysis of the site was done. The use of substantial water resources, along with other requirements such as the expansion of green areas, and the installation of major lighting grids was conditioned by the difficult underlying terrain. The land is characterized by layers of gypsum and the almost total absence of superficial layers making it only suitable for simple foundations. Therefore, everything has been created in such a way as to insure sufficient longevity for the structures and facilitate highly exemplified periodic maintenance. The complex is characterized by basic quadrangular buildings, which, when viewed as a whole, appear as a single, open and dynamic structure. In what has become a normal practice, the B&M Architects and Devecon project is entirely designed according to directives that reach beyond the local confines. They have tried to mediate between a growing globalization and the conservation of certain regional architectural values. The Nordic architects Bruun and Murole introduced an architectural system into Libya, certain
aspects of which are derived from the Finnish tradition, which combines architectural scaling with the positioning of buildings used as mere objects. But these Nordic architects are no strangers to other cultural origins, as they showed with the Suprematist influences revealed in the stylistic simplicity of the Congress Hall. The projectâ&#x20AC;&#x2122;s strategy is developed around the relationship between two poles: one aimed at defining the territorial and urban configuration, and the other dedicated to the search for an architectural form whose meticulous design is enriched by subtle suggestions of Arab architecture. Beyond the achieved formal configuration of the entire complex, several peculiarities connected to the climatic and environmental conditions must be noted. Protection from strong solar rays and the necessity of building a barrier against sandstorms led the designers to adopt specific elements such as porticoes and a large courtyard. The objective was to create a structure capable of offering protection from an extreme climate, providing shade, creating a pleasant microclimate, and reflecting the culture of public space present in the Libyan tradition. The single edifices are characterized by expansive walls, which are allayed by a pattern of openings, as is the local custom. Inside the large courtyard, as well as in each of the smaller courts, the composition of the volume is more segmented in relation to the shape of the circulation system. In fact, a complex system of stairways, terraces, balconies and porticoes were built to perform a variety of functions.
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Modello del Centro Amministrativo. Model of the Administrative Center.
Vista del Centro Congressi. View of the Conference Center.
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Piante del piano terra e del primo piano degli edifici amministrativi; piante del piano terreno e del primo piano dei Centri Amministrativi principali. Plans of the ground floor and first floor of the administrative buildings; plans of the ground floor and first floor of the main Administrative Centers.
1. Ingresso principale/ Main Entrance 2. Corte interna/ Interior Atrium Court 3. Atrio/Lobby 4. Reception 5. Caffetteria/Cafeteria 6. Ascensore e scalinata principale/ Elevator and main staircase 7. Sala riunioni/Meeting Room 8. Ufficio principale/ Main Office 9. Ufficio/Office 10. Bagni/Toilets
11. Cucina/Kitchen 12. Servizi/Service Facilities 13. Magazzino/Storage 14. Ponti in vetro/ Glass-Tiled Bridges 15. Portico/Arcade 16. Cortile/Courtyard 17. Terrazza/Terrazza panoramica/ Terrace/Roof Terrace 18. Locali tecnici/Technical Rooms 19. Lucernario/Skylight
1. Ingresso principale/ Main Entrance 2. Area dâ&#x20AC;&#x2122;ingresso/ Entrance Hall 3. Atrio/Lobby 4. Reception 5. Caffetteria/Cafeteria 6. Ascensore/Elevator 7. Sala riunioni/Meeting room 8. Ufficio principale/Main Office 9. Uffici/Offices 10. Bagni/Toilets 11. Cucine/Kitchens 12. Servizi/Service Facilities
13. Magazzini/Storage 14. Sicurezza/Security 15. Portico/Arcade 16. Cortile/Courtyard 17. Terrazza/Terrazza panoramica/ Terrace/Roof Terrace 18. Locali tecnici/ Technical Rooms
Viste d’insieme dei vari blocchi che delimitano i lati del perimetro dell’area d’intervento.
Views of the various blocks marking the perimeters of the project area.
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Creatività multiculturale Multicultural Creativity Catena di Villorba, “Fabrica”, Centro di ricerca sulla comunicazione Catena di Villorba, “Fabrica,” Center of Communication Research Progetto di Tadao Ando Architect and Associates Project by Tadao Ando Architect and Associates
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L’ampio invaso gradonato che consente di accedere dalle prossimità del viale d’ingresso alla villa, alla piazza ellittica. The wide terraced-space providing access to the elliptical square close to the villa’s entrance path.
AMBIENTE ENVIRONMENT
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La teoria di colonne libere con capitelli tronco-conici che scandisce il percorso di accesso alla barchessa minore attraversando un’ampia vasca d’acqua.
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a sfida era riuscire ad amalgamare lo spirito del luogo con il sincretismo presente nella cultura giapponese. Un’ottima occasione per Tadao Ando, visto che il committente, Benetton Group, da sempre punta su un’immagine fortemente connotata da multiculturalità e contaminazione dei linguaggi. Catena di Villorba, nel trevigiano, è il luogo dove sorge “Fabrica”, sede del centro di ricerca e sviluppo sulla comunicazione, voluto da Benetton nella prima metà degli anni Novanta. Il centro punta a favorire la creatività di giovani talenti provenienti da tutte le parti del mondo, cui s’insegna che il miglior metodo è la concretezza, la pratica del fare prima dell’astratta teorizzazione di schemi e sistemi, spesso destinati ad esaurirsi prima ancora di produrre risultati concreti. Legata per molto tempo al suo fondatore, il fotografo Oliviero Toscani, attualmente Fabrica è una struttura autonoma la cui didattica spazia dal design al cinema, dalla pubblicità all’editoria. L’organizzazione partecipa inoltre alla promozione e produzione di molti film provenienti dal Sud del mondo. Aperta ai giovani di età compresa fra i diciotto e i venticinque anni, Fabrica ha un’offerta formativa costituita da corsi annuali, cui si accede attraverso selezioni di lavori e valutazioni attitudinali dei candidati. Il contesto architettonico con cui si è confrontato Tadao Ando è caratterizzato dalla presenza di un complesso architettonico seicentesco, comprendente una villa con annessi barchesse e un ampio giardino. Ando, sin dai primi schizzi di progetto, imposta un percorso ricco di rimandi e segni di matrice costruttivista, intrecciati a raffinati esempi di architettura del passato. In questo caso, Villa Adriana a Tivoli, essa stessa frutto di ibridazioni in cui convivono culture e frammenti assunti dalle province dell’Impero romano. Nella composizione sono infatti percepibili elementi come il muro che fa da sfondo al colonnato, presenti nel famoso Tea-
The pattern of free-standing columns with truncated-conical capitals marking the entrance way to the smaller barchessa across a large pool of water.
tro Marittimo di Villa Adriana, dove natura e artificio si rincorrono attraverso spazi architettonici, specchi d’acqua e ampie zone di verde. L’intervento di Ando, sebbene impostato su una colta rilettura del luogo ne rispetta lo spirito originario. La villa seicentesca, per esempio, è stata restaurata preservandone peculiarità stilistiche e tecniche costruttive, mantenendola isolata dal resto del complesso, come era in uso nelle ville venete, splendidamente lasciate al centro di vasti spazi, dove la natura del territorio trovava la sua più significativa destinazione paesaggistica. Le barchesse invece delimitano uno spazio contrassegnato da una ritmata teoria di colonne di cemento che, oltre a fungere da percorso di collegamento fra ambienti e aree dedicate all’incontro, definisce una spazialità urbana e, insieme, anche una sorta di struttura ordinatrice, una trama spaziale su cui Ando ha scritto un testo di grande profondità compositiva, realizzando spazi di grande suggestione. A cominciare da quel muro che fa da schermo alla teoria di colonne silenziose, metafisiche. Il tutto ricorda la Stoà ateniese dove filosofi e discepoli passeggiavano incuranti del frastuono prodotto dalla comunità urbana. Ora invece in quegli spazi, al posto di filosofi e pensatori, si ritrovano registi, videoartisti, fotografi e tutti coloro che, a vario titolo, compongono quella comunità di esperti della comunicazione, autori di nuovi linguaggi destinati a mutare comportamenti sociali ma anche a stabilire nuovi rapporti fra espressione artistica ed economia della comunicazione del prodotto. Come spesso accade nelle opere del Maestro giapponese, ciò che appare è solo la parte emergente, quello che affiora dal terreno poiché spesso la parte più significativa della composizione entra nella profondità della terra. L’intervento in questione è infatti in buona parte ipogeo. Il grande invaso ellittico si configura come una piazza pubblica intorno alla quale sono disposti spazi per lo studio, laboratori, luoghi d’incontro e sale espositive, queste ultime caratterizzate da uno spazio circolare racchiuso da un percorso spiraliforme. Nel segno di una continuità stilistica presente in molte opere di Ando, anche in questo caso gli accessi allo spazio ipogeo non sono enfatizzati da emergenze vistose, da segnali forti, ma si configurano in semplici tagli, in fessurazioni quasi bidimensionali, a suggerire una sorta di grafia contrapposta alla plasticità dell’architettura e alla matericità dell’ambiente naturale.
Planimetria generale di Fabrica, il nuovo centro Benetton di ricerche sulla comunicazione che si articola in spazi per lo studio, laboratori, uffici, una biblioteca, un auditorium, una sala cinematografica e luoghi di incontro e ristoro. Site plan of Fabrica, the new Benetton communications research center composed of study facilities, laboratories, offices, a library, auditorium, film theater, restaurants, and meeting places.
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Prospettiva della piazza ellittica e dellâ&#x20AC;&#x2122;ampia corte gradonata che si sviluppa a ovest delle barchesse. Perspective view of the elliptical square and the wide terraced-courtyard west of the barchesse.
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he challenge was to blend the spirit of the site with the syncretism present in the Japanese culture. It was an excellent opportunity for Tadao Ando, since the client, the Benetton Group, has always aimed for an image strongly marked by a cultural and linguistic fusion. The “Fabrica” is in Catena di Villorba, close to Treviso, Italy. This is where Benetton built its research and development communication center in the beginning of the nineties. The center aims to favor the creativity of young talent from all over the world, teaching students that the best method is a “hands-on” approach, not a theoretical or abstract method of schemas and systems that disappear before real results can be obtained. Fabrica kept its connections with its founder, photographer Oliviero Toscani, for some time but today it has become an autonomous structure, whose pedagogy runs the gamut from cinema to design, from advertising to publishing. The organization also participates in the promotion and production of many films from the “South” (developing) countries of the world. Fabrica offers annual training courses for candidates between the ages of eighteen and twenty-five whose work and personalities meet the requirements. Tadao Ando had to work with a seventeenth-century architectural complex, including a villa with adjoining barchesse (canopied storage structures) and a large garden. From the outset, Tadao immediately established a course revealing the design’s constructivist roots interwoven with refined examples of past architecture. In this case, there are echoes of Villa Adriana in Tivoli, Italy, whose style is the result of hybridization in which culture and fragments taken from the provinces of the Roman Empire live side-by-side. Indeed, in the arrangement, we perceive elements such as a wall that provides a backdrop for columns, present in the famous Maritime Theater in Villa Adriana. The theater is a place in which nature and artifice haunt each other in the architectural space, caught between mirrors of water and expansive green areas. Ando’s intervention, based on an educated rereading of the site, respects the site’s original spirit. The seventeenth-century villa, for example, has been fully restored, preserving its stylistic and technical peculiarities; the building is isolated from the rest of the complex as was the style of
villas in the Veneto region. These villas were usually left splendidly adrift at the center of vast spaces where the nature of the territory found its most distinctive landscape definition. The adjoining barchesse outline a space marked by a rhythmic line of concrete columns which, in addition to functioning as a connecting path between meeting places, define an urban spatiality acting like an ordering structure. Ando has written a text of great compositional depth using this spatial theme and has created highly suggestive spaces beginning with the wall that acts as a screen for the theory of silent, metaphysical columns. Everything here reminds one of the Athenian Stoa in which philosophers and their disciples wandered about completely indifferent to the noise produced by their urban environment. Now, instead of philosophers and thinkers, the spaces are filled with directors, video-artists, photographers, and others who make up this community of communication experts. These are the authors of new languages destined to change social behavior as well as establish new relationships between artistic expression and the economy of product presentation. Very often, in works by this Japanese Master, the visible aspects are only the emerging elements rising from the terrain: the most significant part of the composition is underground. This intervention is no exception; most of it is below the earth’s surface. The large elliptic space is shaped like a public plaza surrounded by studios, laboratories, meeting-areas and exhibition rooms, characterized by a circular space enclosed by a spiral pathway. Marked by the stylistic continuity present in many of Ando’s works, the entrances to the hypogeum are not emphasized by ostentatious buildings or by strong signals. They are configured in simple cuts, in almost twodimensional fissures, suggesting a kind of personal written form that counterbalances the plasticity of the architecture and the materiality of the natural environment.
Particolare della teoria di colonne in calcestruzzo faccia a vista.
Detail of the pattern of exposed concrete columns.
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Particolare del colonnato. Detail of the colonnade.
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Particolare dellâ&#x20AC;&#x2122;accesso al lungo parallelepipedo degli uffici.
Detail of the entrance to the officesâ&#x20AC;&#x2122; long parallelepiped.
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Appesa a un filo Hanging by a Thread Locarno, stazione di risalita Orselina-Cardada Locarno, the Orselina-Cardada aerial cable car station Progetto di Mario Botta Project by Mario Botta
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Sezione longitudinale del piano partenze di Orselina. Longitudinal section of the departures platform at Orselina.
e stazioni degli impianti di risalita rappresentano veri e propri test per valutare il grado d’integrazione fra architettura e ambiente. La recente realizzazione delle due stazioni di Orselina-Cardada è un esempio eclatante di come si possano ottenere ottimi risultati, anche senza mimetizzare la struttura con il suo intorno naturale. Il luogo dell’intervento è Locarno (Svizzera), antichissimo centro sul Lago Maggiore, ma famoso soprattutto per il suo festival cinematografico. Le due nuove stazioni sono state costruite dove prima sorgeva il vecchio impianto, risalente agli anni Cinquanta. Le due stazioni si trovano la prima a valle, quella di Orselina, mentre l’altra, quella di Cardada, è situata a monte. Più che un vero e proprio edificio, la stazione di Orselina è una sorta di involucro protettivo fra esterno e interno composto da un volume di cemento al cui interno sono contenuti i locali tecnici, gli uffici amministrativi e la biglietteria. La struttura
è caratterizzata da un basamento lastronato con pietra della Val Maggia, su cui s’innesta un corpo che ricorda una sorta di lanterna composta da una griglia strutturale di ferro chiusa su tre lati, con pareti di vetrocemento. Il volume accoglie i passeggeri, introducendoli nella cabina facendoli passare prima attraverso uno spazio elegante e suggestivo. Di tutt’altro segno è invece l’unità posta a monte, denominata Cardada, connotata da un’accentuata aerodinamicità della copertura di cemento, destinata all’imbarco e allo sbarco dei passeggeri. Anche le cabine sono state ridisegnate, non tanto per ragioni estetiche quanto per aggiornarle all’evoluzione tecnologica che hanno subito gli attuali impianti di risalita. Il problema dell’obsolescenza tecnologica è un aspetto che non riguarda solo strutture meccaniche come le cabine delle funivie, ma anche i manufatti architettonici. Anche se l’edificio è ancora fra le opere di più lunga durata, l’architettura sta attraversando un momento di profondi mutamenti, sia per l’evoluzione tecnologica sia per il mutamento culturale attuato attraverso l’accelerazione del linguaggio e per il continuo adattamento del tessuto urbano alle nuove economie di mercato, che impongono nuove modalità di lavoro e quindi anche nuovi modelli insediativi. La sostituzione di un manufatto architettonico prevede anche il ridisegno della sua collocazione urbanistica. Per l’architettura si tratta di un’ottima occasione, di un nuovo terreno di progettazione dove puntare al radicale rinnovo urbano delle nostre città. In tal senso, è possibile superare definitivamente quel manierismo post-razionalista che ha caratterizzato la produzione architettonica compresa fra gli anni Cinquanta e Ottanta e sperimentare nuovi ambiti, dove l’evoluzione tecnologica divenga elemento primario del progetto. La struttura di un edificio non va occultata, ma evidenziata nel suo valore linguistico compositivo. L’anima high-tech di un’architettura può dunque essere esaltata non come sfoggio strutturale ma come linguaggio portatore di contemporaneità. L’architettura di Botta, con la sua ricercata preziosità compositiva, frutto di sapienti alchimie geometriche e di spericolate contrapposizioni ritmiche fra volumi e sagome, sarà sempre più esaltata da un apporto tecnologico in grado di creare contrasti compositivi fra ciò che rimanda al passato, attraverso colte citazioni alla classicità, e ciò che invece riguarda l’evoluzione della contemporaneità.
AMBIENTE ENVIRONMENT La stazione di partenza della funivia OrselinaCardada nei pressi di Locarno. The departures station of the Orselina-Cardada aerial cable car near Locarno.
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erial cable car station facilities represent true tests for evaluating the degree of integration between architecture and the environment. The recent construction of two stations for Orselina-Cardada is an exciting example of how excellent results can be obtained without camouflaging the structure in the surrounding landscape. The site is located in Locarno, Switzerland a centuries-old city on Lake Maggiore, wellknown for its film festival. The two new stations were constructed where a 1950's plant once stood. The first of the two stations (Orselina) is located in the valley; the other (Cardada) is located higher up on the mountainside. More than an actual building, the Orselina station resembles a protective shell between the indoors and outdoors. It is composed of a concrete structure inside of which the control rooms, administrative offices and ticket office are located. The structure's base is covered with stones from Val Maggia. Attached to this base is a lantern-shaped element composed of an iron structural grill, enclosed on three sides by walls of reinforced concrete and glass tiles. This pleasant room welcomes passengers who pass through an elegant and expressive space on their way to the gondola. The Cardada station, on the mountainside where passengers get on and off, is a striking structure
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Situazione topografica. Topographic situation.
whose concrete covering has an aerodynamic shape. Even the gondolas have been redesigned, more for technical reasons than aesthetic ones, as technological evolution has greatly improved lift machinery. Technological obsolescence is a problem that affects not only mechanical structures like the gondolas; but all architectural constructions. Even though buildings are built to last, architecture is undergoing deep changes in terms of technological evolution as well as cultural transformation. These modifications are due to the acceleration of language and the continuous adaptation of the urban fabric to the new market economies – factors that impose new work methods and therefore new urban models as well. The substitution of an architectural construction also implies a redesigning of its urban positioning. For architecture this is an excellent occasion to innovate, and radically renovate our cities and towns. In this sense it is possible to overcome, once and for all, the post-rationalist mannerism that characterized architectural production from the 1950s to the 1980s, and to experiment with new environments in which technological evolution becomes one of the project’s primary elements. A building’s structure should not be hidden, on the contrary, its compositional and linguistic value should be highlighted. The high-tech soul of any given architecture may be exalted not as a structural bravado, but as a language of contemporary thought. Technological contributions generate compositional contrast between the past’s echoes of classical forms, and the evolution of contemporary construction. Botta’s architecture, with his refined compositions – the fruit of wise geometric transmutations, of daring, rhythmic, counter-positioning between volume and outline – will be increasingly highlighted by these technological improvements.
In basso, vista panoramica della zona d’attesa della stazione di partenza e una delle nuove cabine della funivia. Below. Panoramic view of the waiting area at the departures station, and one of the new cable car gondolas.
Dall’alto in basso, stazione di arrivo della funivia OrselinaCardada. Sezione longitudinale della stazione di Cardada e pianta del piano partenze di Orselina. From top to bottom, Orselina-Cardada arrivals station. Longitudinal section of the Cardada station and plan of the Orselina departures platform.
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Alle pagine seguenti, la stazione di Orselina è individuata da una gabbia strutturale in ferro con pareti in vetrocemento aperta verso monte che forma la scatola di protezione per la partenza e l’arrivo della funivia.
Following pages. Orselina station features an iron structural cage with concrete-and-glass walls over on the mountainside, forming the protective box where the aerial cable car sets off and arrives.
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Esposizioni metropolitane Metropolitan Exhibitions Malmö, Bo01 Expo Malmö, Bo01 Expo Progetto di un pool di architetti internazionali A project by a pool of international architects
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ella lettura dello spazio urbano non bisogna mai dimenticare che, quando la città si rinnova, ciò che cambia sono soprattutto gli edifici mentre ciò che rimane è il suo tracciato viario, che può rimanere immutato per secoli, nonostante il continuo avvicendarsi di nuove architetture. Nell’evoluzione della città, le infrastrutture giocano quindi un ruolo di fondamentale rilevanza nella riconfigurazione urbana e territoriale. Ciò si riscontra anche nel caso della Scandinavia, dove un lunghissimo ponte (per ora il più lungo d’Europa) collega la città di Malmö con Copenhagen e l’Europa continentale. Il nuovo ponte, con la sua capacità di collegare più facilmente il territorio, influirà quindi sullo sviluppo urbano di Malmö, oggi al centro di un’interessante esperienza di nuovi insediamenti residenziali, attuata in occasione del Bo01 Expo. Inaugurata nel maggio 2001, l’esposizione riguarda tutto ciò che gira intorno all’housing cercando di suggerire linee di tendenza per il futuro dell’abitare destinato a fasce sociali a reddito medio capaci però di evolversi rapidamente. Chiamati a dare una risposta concreta al fabbisogno urgente di alloggi, gli architetti incaricati di progettare il nuovo insediamento hanno tralasciato qualsiasi intento celebrativo per concentrarsi invece verso soluzioni di sviluppo sostenibile, adottando criteri per abbattere i consumi energetici attraverso l’impiego di energie alternative come, per esempio, quelle eolica, idraulica e solare. L’impianto generale del nuovo insediamento comprende interventi specificatamente fieristici: un grande parco interno lineare, caratterizzato da percorsi pedonali lungo un canale; un’area fronte mare; un’orangerie; spiazzi ecologici didattici; un bosco di salici con giardini segreti. A completamento di questo spazio che rivede e corregge il concetto di città contemporanea, è stata inoltre organizzata una fitta serie di manifestazioni, mostre, workshop e incontri mirati su temi e argomenti di carattere sociologico e di cultura welfare. I blocchi residenziali sono stati progettati da architetti di varia provenienza culturale, ma all’interno delle tradizioni dei Paesi invitati a dare indicazioni concrete a questo progetto, riproducibili anche fuori del contesto di Malmö. A parte alcune differenziazioni di carattere tecno-
logico e l’uso di alcuni materiali, si è evidenziata una tendenza verso un deciso understatement formale, riguardante soprattutto la configurazione esterna degli edifici mentre si è lavorato con grande varietà di linguaggi nella definizione degli interni, dove a fronte di soluzioni di abitazioni duplex e triplex si sono realizzati appartamenti distribuiti anche su quattro livelli. Ma non sono assenti anche piccolissime pezzature, disposte su un unico piano. Il risultato complessivo rivela come i progettisti abbiano messo in campo una sorta di catalogo dell’abitare contemporaneo dove possano trovare valide soluzioni strati sociali in piena trasformazione, gruppi di utenti dai comportamenti fluidi in grado di cambiare rapidamente atteggiamenti e anche molto spesso variare il proprio modo di intendere la casa. Una casa su cui investire risorse economiche destinate a rappresentare chiaramente il miglioramento del proprio status sociale. Bo01 destinata ad essere una fiera delle vanità? No, in fondo gli expo di questo genere devono essere momenti di riflessione, luoghi deputati a suggerire nuove linee di tendenza e far capire il ruolo socio- culturale che riveste l’architettura nelle relazioni sociali, nella definizione del proprio ruolo nella grande ribalta della società dell’apparire. Naturalmente il passare del tempo renderà anche Bo01 obsoleto poiché negli anni si evolveranno tecnologie, sistemi costruttivi e concetti abitativi. Tuttavia, l’esperienza di Malmö rimarrà un momento esemplare di insediamento ideato come esempio di integrazione fra costruito, ambiente e aree antropizzate. Probabilmente il futuro dell’abitazione avrà sviluppi concepiti attraverso altre procedure, magari impostate anche sulle potenzialità comunicazionali dell’edificio. Ovvero, l’architettura oltre ad essere ecologicamente sostenibile dovrà caricarsi anche di altri statuti, di strategie in grado di sfruttare l’enorme quantità di superfici offerte alla visibilità collettiva. Esiste ormai, infatti, anche un problema di “ecologia della comunicazione” che non va ignorato, visti gli sviluppi esponenziali della telematica e dell’informatica. Gli schermi dei computer potrebbero non bastare più, infatti, a veicolare l’enorme flusso di dati e informazioni provenienti da un universo di reti in continua espansione.
AMBIENTE ENVIRONMENT Modello della nuova zona residenziale realizzata a Malmรถ in una ex area industriale affacciata sul mare e inaugurata nel maggio 2001 in occasione dell'expo europea dell'housing Bo01.
Rendering of the new housing estate in Malmรถ, built in a former industrial district facing the sea and opened in May 2001 during the European Bo01 Housing Expo.
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In queste pagine, vedute aeree della zona residenziale. These pages. Aerial views of the residential area.
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n evaluating an urban space, one must never forget that when a city renews itself, the buildings are what change the most. What remains the same is the layout of the road network, which is capable of remaining unchanged for centuries, despite the continual development of new architecture. Therefore, in a city’s evolution, the infrastructure plays a fundamentally relevant role in the urban and territorial reshaping. This is also the case in Scandinavia, where an extremely long bridge (currently the longest in Europe) connects the city of Malmö with Copenhagen and continental Europe. The new bridge allows easier territorial connections and will surely influence the urban development of Malmö. Today, the Swedish city is at the center of an interesting experiment in new residential housing developments on the occasion of the Bo01 Expo. Inaugurated in May 2001, the exhibition deals with every aspect of housing, suggesting lines and trends for the future of habitation destined for the upwardly mobile middle-class. The architects entrusted with designing the new buildings were called in to give a concrete response to the urgent need for housing. These designers left behind any celebratory intent in order to concentrate on sustainable development solutions, adopting criteria aimed at reducing energy consumption through the use of alternative power such as wind, water or solar energies. The general plan for the new housing specifically includes exhibition center structures: a large, linear internal park, characterized by pedestrian pathways along a canal; a seafront area; an orange grove; eco-educational clearings; and a little forest of willow trees containing secret gardens. This space, which reexamines and adjusts the concept of the contemporary city, is additionally backed up by a series of shows, exhibitions, workshops, and meetings designed to address social and welfare themes and subjects. The residential blocks have been designed by architects from various cultures. However, their designs are still within the overall tradition of the countries invited thereby lending a solid expression to this project that can also be reproduced outside of the context of Malmö. Aside from some technical differentiations and the use of some diverse materials, there was a clear and formal understated tone especially visible in the external appearance of the buildings. For the interior, architects worked with a great variety of architectural languages in defining spaces, where, faced with duplex and triplex home solutions, they created apartments spread out on as many as four levels. But there are also smaller spaces, laid out on a single floor. The comprehensive result reveals how the architects designed a sort of catalog of contemporary habitation in which it is possible to find valid solutions for social classes in the midst of transformation; groups of clients with flexible behavioral patterns, capable of rapidly changing their attitudes, quite often going so far as to modify their very concept of housing. A house where one can invest economic resources
destined to clearly represent one’s rising social status. Is Bo01 destined to be a simple vanity fair? No, this exhibition should be considered as an opportunity for reflection, a place designed to suggest new trends, and a place to clarify the socio-cultural role that architecture plays in social relations, in the definition of its own role in the great upheaval of a society where appearance matters. Naturally, the passage of time will render even Bo01 obsolete as new technologies evolve over the coming years, along with new construction systems and living concepts. Nevertheless, the Malmö experiment will remain an exemplary moment for housing developments in its integration of building, environment and man. The future of housing will probably include developments conceived through other procedures, perhaps based on the communicative possibilities of the building. Architecture, in addition to being ecologically sustainable, must also take on other statutory rules, other strategies capable of exploiting vast surfaces offered to collective visibility. Of course, now we also have a problem of “ecology of communication” that should not be ignored, given the exponential development of the information era. Computer screens may no longer suffice to broadcast the enormous flow of data and information coming from a universe of continuously expanding networks.
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Planimetrie generali dellâ&#x20AC;&#x2122;area che ospita edifici per un totale di 500 appartamenti. Site plans of the area holding a total of 500 apartments.
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Prospetto della Turning Torso di Calatrava che prevede lo sviluppo di una struttura alta 187 metri e composta da 45 piani suddivisi in 9 unitĂ cubiche.
Elevation of Calatrava's Turning Torso involving the construction of a 187-meter-tall structure composed of 45 floors divided into 9 cubeshaped units.
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Particolare di uno degli edifici progettati dallo studio svedese Gert Wing책rdh. Detail of one of the buildings designed by the Swedish firm, Gert Wing책rdh.
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A sinistra, il lotto definito dagli edifici di Johan Nyrén (Svezia). Sotto, il complesso progettato da Bertil Öhrström-FFNS/Sweco (Svezia) con lo studio californiano John RubleMoore Ruble Yudell.
Left. The lot composed of the buildings designed by Johan Nyrén (Sweden). Below. The complex designed by Bertil Öhrström-FFNS/Sweco (Sweden) in conjunction with the Californian firm John Ruble-Moore Ruble Yudell.
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Rendering della struttura progettata dallo studio olandese West 8/Adriaan Geuze. Nella pagina a fianco, una fase del cantiere.
Rendering of the structure designed by Dutch firm West 8/Adriaan Geuze. Opposite page. Part of the construction site.
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Cemento fertile Fertile Concrete Karmøy, Museo della Pesca Karmøy, Fishing Museum Progetto di Snøhetta Project by Snøhetta
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Vista dalla vetrata che conclude il corpo aggettante sul mare del Museo della Pesca di Karmøy, in Norvegia. Nella pagina a fianco, il nuovo museo, che ha una superficie di 500 mq, è collocato perpendicolarmente alla costa contrariamente alla tradizionale disposizione degli edifici dei fiordi norvegesi. View of the glass wall closing off the overhanging volume of the Karmøy Fishing Museum along the Norwegian coastline. Opposite page. The new museum, having a surface of 500 sq.m, is situated perpendicularly to the coastline, unlike the traditional orientation of Norwegian fjord buildings.
er Karmøy, in Norvegia, la pesca rappresentava in passato il fattore economico più importante, attualmente invece, sebbene non sia del tutto scomparsa, l’attività ittica fa comunque sempre più parte del passato. Il bisogno di realizzare un museo della pesca rivela quindi un processo divenuto ormai irreversibile. La comunità di Karmøy, villaggio sorto tra i fiordi norvegesi, è oggi fortemente impegnata nell’attività estrattiva del petrolio. Attività lucrosa, economicamente più al passo con i tempi, ma lontana da quel rapporto stretto e naturale che univa l’uomo con il mare. Il Museo della Pesca rappresenta in tal senso una memoria in grado di attenuare quella lacerazione fra passato e presente, provocata dal radicale cambio di vita di una comunità che non vuole dimenticare le proprie origini. Le risorse economiche destinate alla realizzazione del Museo della Pesca si presentano subito piuttosto limitate; la strategia di progetto scelta dall’architetto Craig Dykers, progettista alla guida del gruppo Snøhetta, punta sull’essenzialità riuscendo tuttavia ad ottenere ottimi risultati attraverso una radicale autonomia dell’edificio rispetto al paesaggio. La sua configurazione non cerca infatti di rispecchiare il contesto edilizio circostante – composto di piccole case connotate da coperture spioventi, come vogliono la tradizione e le condizioni ambientali estreme – ma intreccia relazioni più profonde, più strutturali con il suo intorno naturale. Rifiutato in toto lo stereotipo della casetta pittoresca posta sugli scogli, il museo si configura come una sorta di protuberanza artificiale, uno scoglio cubista, ma anche nello stesso tempo come qualcosa di profondamente integrato con la materia dell’intorno. Come fosse un’architettura non appoggiata ma scolpita negli scogli. La nuova struttura è caratterizzata inoltre da una doppia identità: da una parte sbalzata verso il mare, dall’altra saldata invece alla terra, una non velata metafora del doppio legame che unisce gli abitanti con quel luogo aspro ma molto amato. La configurazione essenziale e compatta del volume architettonico non esclude però futuri ampliamenti grazie alle grandi aperture laterali, che in seguito potrebbero trasformarsi in connessioni con altre sale espositive. La sala principale si trova in corrispondenza della parte aggettante verso il mare, con cui lo spazio interno si confronta attraverso una grande vetrata, protetta da pannelli di legno stratificato i quali, essendo esposti alle intemperie e alla
luce diurna, sono destinati a subire quelle mutazioni che, se da una parte creano qualche danno alla struttura lignea, dall’altra invece aggiungono il valore dei segni del tempo. Il passare del tempo scandito dal degrado della pelle dell’architettura fa parte di una sapiente regia, che lega il progettista all’architettura oltre il momento progettuale. In tal senso, il cemento a vista delle facciate laterali è stato “fertilizzato” con sostanze chimiche per favorire l’insorgere di muschi e licheni. Il tempo farà il resto, uniformando le superfici del museo con le rocce circostanti. La natura non è quindi qui solo un fondale per l’architettura, ma materia e intelligenza del progetto. Un progetto che fa del luogo non un modello di meccanico rispecchiamento per giustificare la forma del costruito, ma ricerca di un legame profondo con la vera natura del luogo. Una natura composta di materia ma anche di energia vitale fatta di quel “nulla si crea e nulla si distrugge” che spiega e regge il respiro profondo dell’universo.
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Particolari delle facciate esterne realizzate in cemento trattato con fertilizzanti chimici che permettono la crescita di vegetazione. Nella pagina a fianco, la sala principale del museo che si conclude con una grande vetrata affacciata sul mare. Details of the exterior facades which are made of concrete treated with a fertilizing chemical that will allow the growth of vegetation. Opposite page. The main exhibition hall of the museum, closed off by the great window overlooking the sea.
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or the inhabitants of Karmøy (Norway), fishing used to represent the region's most important industry. Nowadays, although fishing has not completely disappeared, it is increasingly becoming a part of the past. The need to create a fishing museum reveals the momentum of a process that has by now become irreversible. Today the community of Karmøy, a village located in the Norwegian fjords, is strongly involved in oil drilling and production. It is a lucrative activity, economically more in line with the times, but far from the intimate and natural relationship that once united man with the sea. The Fishing Museum symbolizes memories that can narrow the divide between the past and the present created by the radical change in lifestyle of a community that does not want to forget its origins. The resources allocated to fund the Fishing Museum were very limited. As a result, Craig Dykers, head
designer for the Snøhetta group, had to put together a project strategy focusing on the basics. He obtained excellent results by constructing a building entirely independent of the surrounding countryside. His design does not attempt to mirror the surrounding architectural context (composed of small houses with sloping roofs, built to follow tradition and because of extreme weather conditions), but rather interweaves more profound and structural relationships with the surrounding landscape. The stereotype of picturesque houses resting against the cliffs was completely rejected. The museum is shaped like a kind of artificial protuberance; a cubist rock, but which is profoundly integrated into the surrounding material. This structure appears completely laid out, as if it were sculpted out of the rocks. The new structure is also characterized by a double identity: one side is projected toward the sea, while the other is firmly anchored to the earth. It is an unveiled metaphor of the two ties uniting the town’s inhabitants with that bitter but much-loved environment. The basic and compact configuration of the architectural volume allows for future expansion through the large side openings, which could be transformed and then connected with additional exhibition rooms. The main hall is symmetrical to the area projected toward the sea, with which the internal space interacts through a large glass wall. The glass is protected by stratified wooden panels that are exposed to bad weather and to daylight. On one hand, this can cause an alteration of the wood’s structure, but on the other it adds the value of the signs of time. The passage of time indicated by the deterioration of the structural outer layer is part of a judicious staging, connecting the designer to the architecture beyond the present. In this sense, the exposed concrete on the sides of the museum has been “fertilized” with chemical substances to favor the growth of moss and lichens. Time will do the rest, unifying the surfaces of the museum with the surrounding rocks. Here nature is not only a backdrop for architecture; it is also the material and intelligence of the project. The project is not a mechanical mirroring model to justify the construction's form. Instead, the building seeks a binding link with the natural environment. This natural environment is composed of matter but also of vital energy. This union symbolizes the idea that “nothing is created and nothing is destroyed,” which explains and supports the universe’s deep breadth.
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India, il cemento come bene di consumo India, Cement as a Consumer Good
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Il cemento come bene di consumo. La sfida di Italcementi Group in India, un mercato nuovo e affascinante Cement as a Consumer Good. Italcementi Group’s challenge in India: a new and fascinating market La cementeria diventa DOC. Parte da Broni la certificazione ambientale Italcementi The cement plant with a DOC label. Broni inaugurates Italcementi’s environmental certification La magia del titanio. La fotocatalisi applicata ai materiali da costruzione The magic of Titanium. Photocatalysis applied to construction materials Il team di Halyps si prepara alle Olimpiadi. Risorse Umane, Qualità e Ambiente come condizioni indispensabili per il successo The Halyps Team prepares for the Olympics. Human Resources, Quality and the Environment as essential conditions for success
a sfida di Italcementi Group in India, un mercato nuovo e affascinante Una bambina dai tratti orientali gioca tranquilla nel proprio giardino. Stacco. Una mandria di elefanti imbizzarriti travolge tutto quanto si trova davanti. Stacco. La bambina prosegue nella sua serena attività. Stacco. Gli elefanti piombano sulla casetta dove si trova la protagonista, si lanciano a testa bassa contro il muro di cinta ma non succede niente: la costruzione è robustissima, la piccola indiana, rassicurata, saluta gli animali che, mogi, battono in ritirata. Il logo della Zuari Cement, la joint-venture Italcementi Group-Zuari, chiude il filmato, con il pay-off “Tough”, ovviamente riferito al cemento. È la sintesi del “commercial” scelto dai responsabili marketing per la promozione dell’attività Zuari Cement in India, e la sua analisi è rivelatrice, perché illustra le caratteristiche di un mercato profondamente diverso da quelli occidentali, un mercato dal grande potenziale di sviluppo, più complesso e contraddittorio. “L’India è un paese ricco di contrasti” spiega Maurizio Caneppele, condirettore generale di Zuari Cement Ltd. “Accanto a un grande sviluppo del software e della tecnologia, convivono notevoli carenze infrastrutturali e risorse a volte primordiali: basti pensare che non si usano i pallets, gli automezzi vengono caricati manualmente, per le impalcature delle case in costruzione si ricorre spesso ad aste di legno bloccate da corde”. Non esistono quasi autostrade, e le strade sono poche e congestionate. La velocità media dei trasporti extraurbani non supera i 50
km/h, per le pessime condizioni dell’asfalto. In città, un traffico disordinato e disomogeneo (si va dalle indistruttibili 1100 Fiat del boom postbellico italiano alle moto-carrozzine taxi, alle moderne vetturette tipo Matiz Daewoo, il tutto immerso in sciami di scooter), assordante e inquinante, toglie sempre più spazio ai pedoni. Ma la lentezza del traffico non rispecchia il dinamismo dell’attuale società indiana, in rapida evoluzione verso un nuovo assetto, in cui i servizi (50% del prodotto interno lordo) stanno gradualmente soppiantando i settori tradizionali dell’agricoltura e dell’industria. Dal 1991 gli investimenti stranieri sono liberalizzati, anche se rappresentano ancora solo il 6% di quelli effettuati in Cina. Per quanto riguarda le infrastrutture, le carenze sono enormi. Il governo indiano ha previsto di investire 12 miliardi di dollari in 8 anni in un progetto di strade a scorrimento rapido, metà delle quali nel quadrilatero formato dalle città di Delhi, Mumbai (Bombay), Kolkata (Calcutta) e Chennai (Madras). Un altro dato che indica le enormi possibilità della vendita di cemento in India è il consumo pro-capite, che è di soli 90 kg/anno contro i 650 dell’Italia, i 450 della Cina, i 300 della Tailandia. Non dimentichiamo le dimensioni globali della domanda, che dovrebbe toccare i 100 milioni di tonnellate nel 2002, il secondo mercato al mondo dopo la Cina, con un tasso di crescita medio di oltre il 6% durante gli ultimi 10 anni. Notevoli quindi le potenzialità di sviluppo, per un mercato che in questo momento è molto frammentato (25 produttori di taglia superiore a
1 milione di tonnellate), con una struttura di dealers atomizzata, e una complessa logistica di distribuzione. Per questi motivi e per la presenza di una concorrenza folta e agguerrita, la comunicazione pubblicitaria all’utente assume un’importanza decisiva, nella moderna declinazione televisiva o attraverso i tradizionali murales dipinti a mano che aggiungono altro colore alle strade indiane. Il marchio della Zuari Cement è in linea con una comunicazione visiva a forte valenza figurativa, col muratore dal caratteristico turbante che impugna la classica spatola. “La collocazione della nostra fabbrica è strategica, perché Yerraguntla, nello stato dell’Andhra Pradesh, si trova al centro dell’India del sud, dove 4 stati raccolgono 250 milioni di abitanti, circa un quarto dell’intera popolazione nazionale”. Tre i centri importanti in questa zona, quasi equidistanti dalla cementeria: Hyderabad, Chennai e Bangalore. Quest’ultima è la capitale dell’informatica, una città moderna e cosmopolita, che gode di un ottimo clima, particolare non trascurabile per chi proviene dall’estero. L’impianto di Zuari è moderno, un solo forno e una capacità di produzione di oltre 2 milioni di tonnellate di cemento all’anno. I parametri tecnici sono fra i migliori di Italcementi Group; la mano d’opera è qualificata e motivata, seppure abbondante (630 unità) per i criteri occidentali. In India la fabbrica, normalmente lontana dai grossi centri abitati, è un polo di aggregazione sociale, una sorta di villaggio autonomo, con strutture sanitarie e di assistenza interne. Variano anche i parametri di
valutazione della retribuzione; per gli impiegati il livello salariale è importante, ma altrettanto conta l’assistenza scolastica per i figli, che è considerata prioritaria. “L’India di oggi ricorda molto i Paesi agli albori dello sviluppo industriale, un Paese con una forte solidarietà sociale, grande entusiasmo e spinta verso la crescita, compresenza di una forte tradizione e di contenuti innovativi”. Una società divisa in tre grandi fasce, con una forte presenza di strati sociali svantaggiati, una borghesia dinamica, ma portatrice di solidi valori, e una “upper class” modellata sull’omologo ceto occidentale. “È molto netta la contrapposizione tra i retaggi culturali della tradizione e gli stimoli del nuovo. La religiosità è diffusa e sentita, il concetto di famiglia è sacro, esistono ancora problemi legati al sistema delle caste, ma i contributi provenienti dall’esterno sono recepiti con un crescente interesse, soprattutto quando (formazione informatica o manageriale) si presentano come strumento di promozione sociale”. Nel mondo del lavoro, la grande sfida è il passaggio da una complessa tradizione – che unisce valori religiosi e di solidarietà sociale ad un forte spirito gerarchico – all’accettazione di una flessibilità “capitalista” senza rotture del consenso sociale. Per questo debutto indiano, Italcementi Group ha scelto la forma di joint-venture paritetica con un rinomato gruppo industriale indiano, Zuari Industries, principalmente operante nei fertilizzanti, in India e all’estero. Zuari Industries fa riferimento al Gruppo K.K. Birla, che appartiene a una delle più importanti e influenti
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famiglie indiane. Il Presidente del Gruppo è membro della Camera Alta del Parlamento Indiano, ed è figlio di un celebre industriale filantropo amico e sostenitore di Gandhi. Alcuni dei primi consigli di amministrazione di Zuari Cement si sono svolti a Delhi, nella Birla House, dove venne assassinato Gandhi nel 1948. A questo punto una domanda sorge spontanea. Come si integra il manager europeo in una realtà così variegata e, per certi versi, aliena? Qual è il grado di accettazione da parte di una cultura fortemente strutturata e ancorata a valori tradizionali? “In linea di massima la cultura indiana è tollerante e aperta, e – sottolinea Caneppele – le similitudini con la mentalità sud-europea (vedasi il senso della famiglia) appaiono maggiori rispetto a quella anglosassone che pure ha influenzato sotto vari aspetti la struttura dell’ex colonia. L’integrazione caratteriale non è difficile, se si accettano le inevitabili differenze e ci si accosta con umiltà e curiosità a una civiltà che ha molto da insegnare”. Tra matrimoni combinati e tecnologia d’avanguardia, il Paese dai mille contrasti si avvia a ricoprire un ruolo sempre più importante ed aperto negli equilibri economici e politici d’Asia, anche grazie a chi crede nelle capacità e nelle potenzialità di un popolo che merita, al di là degli stereotipi e del folklore, grande attenzione e fiducia.
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talcementi Group’s challenge in India: a new and fascinating market A little girl with Asian features plays peacefully in her own garden. Cut to a herd of wild elephants tearing through everything in their path. Cut. The child continues to play happily. Cut. The elephants crash down upon the child’s little house, throwing themselves against the solid enclosure wall … but nothing happens: the construction is extremely sturdy, the small Indian child, reassured, waves to the animals. The elephants, downcast, turn and retreat. The logo of Zuari Cement, a joint Italcementi Group-Zuari venture, is the last image viewers see in this short, together with the “Tough” pay-off, obviously referring to cement. This is a synopsis of the commercial chosen by the marketing team to promote and advertise Zuari Cement in India, and its analysis is quite revealing, because it illustrates the characteristics of a market that is profoundly diverse from those in the West; a market with great development potential, one that is more complex and contradictory. “India is a country rich in contrasts,” explains Maurizio Caneppele, Joint Managing Director of Zuari Cement, Ltd. “Alongside considerable software and technology development, we find striking infrastructure needs and rudimentary resources: pallets are not used, trucks are loaded
manually, and for the scaffolding used around houses under construction, wooden poles are tied together with pieces of rope.” There are barely any highways, and good roads are rare and extremely congested. Due to the poor conditions of the paved roads, the average speed outside the urban areas does not exceed 50 km/hr. In the cities, confused and oddly mismatched traffic (one minute there is an indestructible Fiat 1100, a product of the post-World War II boom in Italy; next a covered motorcycle-taxi, followed by a modern, gleaming Daewoo Matiz; all of which are surrounded by swarms of scooters) thunders along deafeningly, creating high levels of pollution and increasingly eating away at pedestrian space. But the slow pace of the traffic does not reflect the dynamism of modern Indian society, which is rapidly evolving toward a new structure in which services (50% of the gross domestic product) are gradually overtaking the traditional sectors of agriculture and industry. Beginning in 1991, foreign investment was liberalized, even though it still represents only 6% of the considerable amount invested in China. As for the infrastructure, the needs are enormous. The Indian government has plans to invest 12 billion dollars over the next 8 years in a fast-flowing highway construction project, half of
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which is in the quadrilateral formed by the four major cities of Delhi, Mumbai (Bombay), Kolkata (Calcutta) and Chennai (Madras). Another parameter that shows the enormous cement sales opportunities existing in India is per-capita consumption, which accounts for no more than 90 kg/year, compared to 650 kg/year in Italy, 450 kg/year in China, and 300 kg/year in Thailand. And let us not forget the global dimensions of demand, which should reach 100 million metric tons by 2002, the second largest market in the world after China, with an average growth rate of more than 6% in the last 10 years. Therefore, the development possibilities are significant, for a market that is currently extremely fragmented (25 producers who can boast more than 1 million metric tons of capacity), with a scattered dealership structure, and complex distribution logistics. For these reasons, and due to the presence of tough competition, the advertising strategy utilized takes on decisive importance, via modern television or through the traditional handpainted murals, that lend further color to Indian streets. The Zuari Cement trademark is in line with a strongly figurative visual communications strategy, with a turbaned mason holding up the classic tool of his trade: the cement trowel. “The location of our cement plant is strategic, because Yerraguntla, located in the state of Andhra Pradesh, is at the center of Southern India, whose 4 states have a combined population of 250 million souls, nearly a quarter of the entire population of India.” There are three important centers in this area, each nearly equidistant from the cement works: Hyderabad,
Chennai and Bangalore. The latter is the high-tech information capital, a modern and cosmopolitan city with an excellent climate: not a negligible issue for expatriates. Zuari’s factory is modern, with one furnace and a production capacity of more than 2 million metric tons of cement per year. The technical parameters are among the best in the Italcementi Group: the work force is qualified and motivated, even if large (630 units) by Western standards. In India the factory, normally quite far from large inhabited centers, is a pole for social gathering, a kind of autonomous village, with internal sanitary structures and assistance programs. The evaluation parameters for payment also vary: employees consider the salary level important, but equally crucial is the educational assistance provided for their children – this last consideration often ranks as the top priority. “India today reminds one of many countries at the very beginning of industrial development, a country with strong social solidarity, great enthusiasm, driven toward growth, accompanied by the presence of a strong tradition and of innovative contents.” It is a society divided into three major sections, with the strong presence of disadvantaged social strata, a dynamic middle class that maintains solid values, and an upper class modeled after its namesake in the West. “There is considerable contrast between the cultural heritage of tradition and the stimulus created by everything new. Religious sentiment is widespread and has strong resonance; the concept of family is sacred. There are still problems connected with the caste system, but contributions coming from abroad are received with
growing interest, especially when (for IT or management training) they are presented as instruments for social growth.” In the work world, the great challenge is unquestionably the passage from a complex tradition – one that unites religious values and social solidarity with a strong hierarchical spirit – to the acceptance of a “capitalist” flexibility without disrupting the social consensus. For this Indian debut, Italcementi Group has opted for the 50/50 joint venture form together with a prestigious Indian industrial group, Zuari Industries, that conducts the bulk of its business in fertilizers, both in India and abroad. Zuari Industries is a branch of the K.K. Birla Group, which belongs to one of the most important and influential Indian families. The President of the Group is a member of India’s high parliament, and is the son of a celebrated industrial philanthropist who was both a friend and supporter of Gandhi. Some of the first board meetings of Zuari Cement took place in Delhi, in the Birla House, where Gandhi was assassinated in 1948. At this point a couple of spontaneous questions arise. How can European managers adapt to a reality that is so diverse and, in many ways, alien? What is the degree of acceptance on the part of a culture that is strongly structured and anchored by traditional values? “Generally speaking, Indian culture is open and tolerant, and – emphasizes Caneppele – similarities with the southern European sensibilities (the strong sense of family is but one example) may well be greater with respect to the Anglo-Saxon values that have influenced various aspects of the
ex-colony’s structure. Integration on a personal level is not difficult, if one is willing to accept the inevitable differences, and is ready to approach with humility and curiosity a civilization that has a great deal to teach us.” Between arranged marriages and avant-garde technology, the country of a thousand and one contrasts is starting to occupy an increasingly important and open role in the economic and political equilibrium in Asia, thanks as well to those who believe in the capacities and the potential of a people that deserves, above and beyond the stereotypes and the folklore, great attention and trust.
La cementeria di Zuari Cement a Yerraguntla.
The Zuari Cement plant at Yerraguntla.
La cementeria diventa DOC The Cement Plant becomes DOC*
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arte da Broni la certificazione ambientale Italcementi L’Oltrepò Pavese è una zona dove la vinicoltura è un’arte, una cultura. Un’area che ha ottenuto la denominazione di “Zona DOC”, ad attestare l’alta qualità della produzione. Seconda per importanza a livello nazionale, fra le prime in un gruppo elitario che comprende solo 260 località, l’Oltrepò Pavese è un ecosistema equilibratissimo e delicato, probabilmente la collocazione geografica ideale, anche dal punto di vista simbolico, per inaugurare il nuovo corso della politica ambientale Italcementi. A Broni, infatti, un paese nel cuore di questo territorio, “Città internazionale della vite e del vino”, ha sede il primo impianto Italcementi certificato ISO 14001, uno standard riconosciuto a livello internazionale che definisce i requisiti del Sistema di Gestione Ambientale (SGA) di un’azienda. Una certificazione obiettiva e riconosciuta da terzi che presenta numerosi benefici. Il miglioramento dell’immagine aziendale verso i referenti esterni è il più evidente, ma l’iniziativa non è certo, e non è solo, un’operazione cosmetica. Il prodotto-cemento acquista il valore aggiunto del rispetto ambientale nella produzione, e in futuro è possibile che la certificazione ISO 14001 diventi il presupposto necessario per la partecipazione a gare d’appalto, o comunque un criterio privilegiato per le scelte dei clienti. Un effetto immediato verso l’interno è invece una maggiore consapevolezza delle tematiche ambientali, e degli adempimenti legislativi.
La politica ambientale: di bene in meglio Il miglioramento della gestione ambientale di attività, prodotti e servizi deve essere naturalmente compatibile con la legislazione vigente, ma non basta. L’obiettivo è quello di intraprendere un work in progress, un miglioramento continuo dell’impatto ambientale e della prevenzione dell’inquinamento. Un cammino con traguardi precisi e definiti, documentato passo dopo passo, mantenuto sempre attivo, diffuso presso il personale e accessibile al pubblico esterno. Nel caso dell’impianto di Broni, le varie fasi di attuazione sono state pianificate al dettaglio, con una definizione precisa degli obiettivi e dei traguardi. Dopo aver raccolto ed esaminato i dati con rilevanza ambientale, sono stati analizzati i flussi di materia ed energia dei diversi reparti e dello stabilimento. Il rapporto finale ha messo in evidenza circa 130 aspetti ambientali che sono stati classificati e valutati, in vista dell’intervento migliorativo. Dal punto di vista delle prescrizioni legali, è stato compilato un “registro” con la normativa applicabile e si è impostato uno scadenzario. È prevista anche l’implementazione, su un server aziendale, di un archivio della normativa ambientale e della sicurezza. Numerosi gli interventi decisi e in seguito realizzati. L’installazione di un bruciatore ausiliario, il collegamento del cappello Lepol all’elettrofiltro, l’avviamento del forno a gasolio, la tamponatura del reparto del crudo, l’asfaltatura dei piazzali e la realizzazione delle aree verdi, il miglioramento delle aree di stoccaggio dei rifiuti e della
relativa gestione. All’interno del programma di attuazione ha avuto un ruolo centrale la formazione del personale, con una serie di informazioni sulla politica ambientale, compresa l’illustrazione dei ruoli e delle responsabilità, delle procedure e dei requisiti del sistema di gestione, anche in situazioni di emergenza. Massima attenzione è stata dedicata anche alla comunicazione, interna ed esterna, con una precisazione dei canali, dei contenuti e delle modalità di presentazione delle prestazioni ambientali del sito. I controlli durante tutto l’avanzamento del progetto sono stati rigorosi, e si è cercata la completa integrazione col Sistema Qualità. Un programma complesso, efficiente e rigoroso, che è stato portato a termine con successo, ma che rappresenta solo l’inizio del discorso ambientale secondo
L’ingresso alla cementeria di Broni.
The entrance to the Broni cement plant.
Italcementi. Entro il 2002 è prevista infatti la certificazione di altre sedi: Samatzai, Isola delle Femmine, Matera e Castrovillari. Successivamente sarà la volta delle cementerie di Salerno, Vibo Valentia e Rezzato. Il fine ultimo è la certificazione di tutti i siti Italcementi, perché l’azienda è fermamente convinta che un rapporto equilibrato con l’ambiente sia il presupposto indispensabile non solo per la propria attività, ma per uno sviluppo sempre più vicino alle reali esigenze della popolazione e dei clienti. La certificazione ISO 14001 non migliora solo l’immagine aziendale, rinforzando i processi formativi e comunicativi interni, ma a lungo termine ha l’obiettivo, ambizioso ma irrinunciabile, di elevare la qualità della vita, per un futuro dove l’integrazione tra ambiente e attività produttiva sia il più possibile armonica.
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roni inaugurates Italcementi’s environmental certification The Oltrepò Pavese is a section of Italy in which viniculture is an art, and a way of life. It is an area that has obtained the “DOC Area” denomination, a label attesting to the high quality of its wine production. Italy’s second-most important and among the top in an elite group that includes no more than 260 communities, the Oltrepò Pavese is a delicate and highly-balanced ecosystem. It is probably the ideal geographic location, both symbolically and otherwise, to inaugurate Italcementi’s new environmental policies. As a matter of fact, the first Italcementi plant that has achieved ISO 14001 certification is located in Broni, a little town in the heart of this territory, known as the “International City of Vine and Wine.” This certification is recognized on an international level, and defines the requirements of a company’s SGA (Sistema di Gestione Ambientale, or Environmental Management System). It is an objective certification recognized by third parties that carries numerous advantages. A company’s improved public image is the most obvious benefit, but the initiative is clearly much more than a cosmetic face-lift. The cement product acquires the added
value of respect for the environment in its production cycle, and in the future it is likely that ISO 14001 certification will become a prerequisite to participate in tenders, or at the very least a privileged criterion for clients’ choices. An immediate effect, on an internal level, is an improved awareness of environmental themes and legislative regulations. Environmental policy: from good to better Improving environmental management of activities, products and services must be naturally compatible with current laws, but that’s not enough. The objective is to undertake a work-in-progress, a continuous improvement with respect to environmental impact and pollution prevention. It is a path with precise, defined goals, documented every step of the way, kept constantly active, supported by informed personnel and accessible to the general public. In the case of the Broni plant, the various building phases were planned out to the last detail, with a precise definition of the objectives and goals. After having gathered and examined the data relevant to the environment, the material and energy flows of the plant’s various departments were analyzed. The final report highlighted nearly 130 environmental aspects that were identified and evaluated in light of the improvement
effort. From the point of view of legal requirements, a “register” that included the applicable regulations was compiled, and a timetable was imposed. There are also plans for the implementation of an environmental and safety regulations archive on a company server. Numerous interventions were decided upon and carried out, including the installation of an auxiliary burner, the connection of the Lepol grate auxiliary stack to the electrostatic precipitators, the kiln start-up with fuel oil, the wall of the raw meal mill department, the paving of the inner courtyards and landscaping, the improved management of storage yards for waste materials. Within the action plan, personnel training played a fundamental role. Emphasis was placed on a series of reports about environmental policy, including illustrations of the various roles and responsibilities, the procedures to follow and the requirements of the management system, even under emergency situations. The highest attention was also paid to communications, internal and external, through a precise specification of the channels, the contents and presentation procedures of the site’s environmental performance. Controls during the project’s entire progression were rigorous in
order to achieve complete integration with the Quality System. It is a complex, efficient and rigorous program, which has been followed from beginning to the end with success, but which Italcementi nevertheless feels represents only the beginning of the environmental debate. By the year 2002 there are plans to certify other plants: Samatzai, Isola delle Femmine, Matera and Castrovillari. This will be followed by the cement plants at Salerno, Vibo Valentia and Rezzato. The final goal is the certification of every one of Italcementi’s sites, because the company is thoroughly convinced that a balanced relationship with the environment is an indispensable requirement not only for its business, but also for development that is increasingly closer to the real-life needs of clients and the population at large. ISO 14001 certification will improve the company’s image: reinforcing the training processes and internal communications. In the long run, certification has the ambitious but unquestionably necessary objective of elevating the quality of life; of constructing a future in which integration between environment and productive activity is as harmonious as possible. * Controlled Denomination of Origin, used for fine Italian wines.
La magia del titanio The Magic of Titanium
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a fotocatalisi ha un ruolo primario nei processi biologici e nelle attività di controllo ambientale. In particolare, fino agli inizi del 1900, l’energia e la produzione di materiali erano ottenute direttamente ed indirettamente dalla luce solare. In questo secolo, la rapida espansione demografica, la creazione di nuovi materiali ed il conseguente utilizzo di energia derivante da combustibili fossili e dal nucleare hanno creato una discontinuità tra mondo naturale e società. Oggi stiamo passando da un mondo in cui la natura si riproduceva attraverso la luce
solare ad un mondo nel quale i materiali devono essere resi inerti alla luce stessa per garantire la loro durata. Il bisogno di un ambiente più pulito e di una migliore qualità della vita ci esorta a pensare ad un uso eco-compatibile della luce del sole ed in questo contesto la fotochimica applicata ai materiali da costruzione potrebbe trasformarsi in una soluzione vincente. Un campo promettente in cui la fotochimica sta guadagnando terreno, sia da un punto di vista tecnologico che economico, è quello dell’abbattimento degli inquinanti ambientali. Nel corso degli ultimi dieci
L’Architetto Richard Meier verifica la qualità dei materiali utilizzati per la Chiesa “Dives in Misericordia” in corso di costruzione a Roma. I conci sono realizzati con TX Millennium a base di cemento bianco. Architect Richard Meier checking the quality of materials used for the “Dives in Misericordia” Church in Rome (currently under construction). The ashlars are made of TX Millennium consisting of white cement.
anni l’interesse scientifico ed ingegneristico sull’applicazione della fotocatalisi allo studio dei materiali semiconduttori risulta cresciuto esponenzialmente se solo si considera che più di 200 tra studi e ricerche, per anno, vengono pubblicati nel solo settore del trattamento dell’acqua e dell’aria. Nell’ambito di una strategia mirante a ridurre l’inquinamento ambientale attraverso l’uso di materiali da costruzione che contengano principalmente fotocatalizzatori, si è allora investigato un modello che comprende biossido di titanio (TiO2) nella forma di anatasio e cemento. Risultati di sperimentazioni condotte fino ad oggi hanno permesso di concludere che materiali cementizi contenenti biossido di titanio irradiati con luce mostrano una elevata efficienza nell’ossidare le sostanze organiche che si depositano sul materiale. Ne è un esempio il nuovo cemento TX Millennium prodotto dopo una serie di ricerche condotte dal CTG (il Centro Tecnico di Gruppo di Italcementi Group) in collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Ferrara. Il TX Millennium a base di cemento bianco è stato utilizzato per la Chiesa “Dives in Misericordia” in corso di costruzione a Roma. La versione a base di cemento grigio è stata utilizzata in Francia per la costruzione della Città della Musica e delle Belle Arti a Chambéry. Il cemento TX Millennium è stato ottimizzato attraverso un lungo lavoro di ricerca che ha riguardato sia lo studio di modelli sperimentali di laboratorio sia prove nell’ambiente naturale, inclusa l’applicazione su alcune abitazioni. Utilizzando il cemento TX Millennium sono stati prodotti intonaci, malte e calcestruzzi a vista che hanno mostrato la loro efficacia nella decomposizione ossidativa di sostanze inquinanti depositate sulla superficie del manufatto. Particolare attenzione è stata rivolta allo studio dei calcestruzzi ottenuti da questo nuovo cemento. Per questi materiali sono stati studiati: proprietà meccaniche, deformazioni igrometriche, durabilità al gelo-disgelo, scorrimento viscoso, estetica delle superfici ed additivi specifici per la lavorabilità degli impasti. Tutte queste proprietà studiate sono
allineate ai massimi livelli delle prestazioni ottenibili in calcestruzzi di elevata qualità. I risultati degli studi eseguiti permettono di concludere inoltre che i calcestruzzi con biossido di titanio, in forma di anatasio, hanno una significativa attività nella degradazione di sostanze organiche inquinanti mantenendo inalterata nel tempo la costanza di colore. Un’altra importante caratteristica di questi nuovi materiali è la loro capacità di abbattimento degli NOx che costituiscono un pericoloso inquinante delle grandi città. Su questo tema si stanno sviluppando importanti ricerche e recentemente il CTG ha dimostrato che il sistema cemento-biossido di titanio è più efficace nell’abbattimento degli NOx di composizioni senza cemento. Un importante riconoscimento di questa attività è stato ottenuto dalla Comunità Europea che ha finanziato il progetto “Photocatalytic Innovative Coverings Applications for Depollution Assessment” (PICADA) con un budget totale di 4,3 milioni di euro. Il progetto ha l’obiettivo di validare la tecnologia fotochimica in ambiente urbano a Parigi, Atene e Napoli. A questo progetto partecipano, oltre al CTG, la GTM (impresa francese di costruzioni), la Millennium Inorganics (filiale inglese di una società chimica americana), la Dansk Beton Technik (produttore di calcestruzzo danese), il CSTB (centro di ricerche francese sui materiali), il CNR e l’Università di Salonicco. Sui materiali cementizi contenenti fotocatalizzatori Italcementi ha depositato tre domande di brevetto. Applicazioni future La tecnologia della fotocatalisi sta diventando sempre più attraente per l’industria in quanto l’inquinamento ambientale globale è stato riconosciuto come un serio problema che ha bisogno di essere risolto rapidamente. È opinione generale che l’attività industriale nel futuro deve produrre prodotti e servizi che siano in armonia con l’ambiente. In linea con questo approccio, molte industrie stanno sviluppando prodotti nei quali vengono inserite proprietà fotocatalitiche. Nello schema qui a fianco vengono rappresentati diversi
93 Veduta della facciata e particolare strutturale della Città della Musica e delle Belle Arti di Chambéry, in Francia, realizzata con TX Millennium a base di cemento grigio.
A view of the facade and a structural detail of the Music and Fine Arts City in Chambéry, France, realized with TX Millennium consisting of gray cement.
settori per i quali l’attività di ricerca e sviluppo è già attiva.
reproduced itself through sunlight into a world in which materials must be rendered inert to that very same sunlight in order to guarantee their durability. The need for a cleaner environment and an improved quality of life urges us to think of an eco-compatible use of sunlight. Within this context, photochemistry applied to construction materials may prove to be a winning solution. One promising field in which photochemistry is gaining ground both from a technological and an economic viewpoint is that of the abatement of environmental pollutants. Over the course of the last 10 years, scientific and engineering interest in the application of photocatalysis to the study of semiconductor materials has grown exponentially: just consider the fact that more than 200 research studies are published yearly in the water and air treatment industries alone. A model that includes titanium dioxide (TiO2) in the form of anatase and cement was studied with the goal of creating a clear strategy aimed at reducing
Bibliografia 1. L. Cassar, C. Pepe, N. Pimpinelli, R. Amadelli e T. Bonato. “Materiali: Ricerca e Prospettive Tecnologiche alle soglie del 2000”, Seminario FAST, (Milano, Nov. 1997) 2. L. Cassar, C. Pepe, G.P. Tognon, G.L. Guerrini, S. Cangiano e M. Goisis. L’Industria Italiana del Cemento (751), (2000), p. 160 3. EP (European Patent) Nr. 946450, Italcementi (1999) 4. US Patent Nr. 6,117,229, Italcementi S.p.A. (2000) 5. WO 01/00541, Italcementi S.p.A. (2001) ■ ■ ■ ■ ■ ■
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hoto-catalysis has a primary role in biological processes and in environmental control activities. In particular, up until the beginning of the 1900’s, energy and material production were directly and indirectly obtained from sunlight. In the past century, rapid demographic expansion, the creation of new materials and the consequent use of energy derived from combustible fossil fuels and nuclear fission have created a discontinuity between the natural world and human society. Today we are passing from a world in which nature
Materiali antibatterici e antivirali Antibacterial and antiviral materials
Materiali autopulenti Self-cleaning materials Sistemi fotocatalitici a base cementizia Photocatalytic systems based on cement Materiali antiodore Anti-odor materials
Sistema di purificazione dell’aria Air purification system
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environmental pollution through the use of construction materials that contain mostly photocatalysts. Results of the experimentation carried out thus far have shown that cement materials containing titanium dioxide, irradiated with light, show a high efficiency in oxidizing the organic substances that are deposited on the material. One example is the new TX Millennium cement produced in the wake of a series of research studies conducted by CTG (the Group Technical Center of the Italcementi Group) in collaboration with the Department of Chemistry at the University of Ferrara. TX Millennium consisting of white cement was used for the “Dives in Misericordia” Church being built in Rome. A version consisting of gray cement was used for the construction of the Cité de la Musique et des Beaux-Arts (Music and Fine Arts City) in Chambéry, France. TX Millennium cement has been optimized through a long research process that dealt with both the study of experimental laboratory models and with testing undertaken in the natural environment, including application on several
residential dwellings. Various types of plaster, mortar and architectural concrete have been produced using TX Millennium, and all have demonstrated their efficiency in the oxidizing decomposition of the polluting substances deposited on the surface of the construction elements. Particular attention has been paid to the study of concrete obtained from this new cement. These materials have been studied for: mechanical properties, hygrometric deformations, freeze-thaw durability, shrinkage, creep, surface appearance and specific admixtures for enhancing mix workability. All the studied properties have proven to be in line with the maximum performance levels obtainable in high quality concrete. The results of the studies undertaken lead to the conclusion that concrete products with titanium dioxide, in anatase form, play a significant role in the degradation of polluting organic substances, maintaining their color constancy unaltered over time. Another important
characteristic of these new materials is their ability to abate NOx, which constitutes a dangerous pollutant in large cities. Along these lines, extensive research is being undertaken and recently CTG has shown that the titanium dioxidecement system is more efficient in reducing NOx than compositions without cement. One important recognition of this activity has been obtained from the European Community which financed the project entitled “Photocatalytic Innovative Coverings Applications for Depollution Assessment” (PICADA), allowing a total budget of 4.3 million euros. The project aims to validate photochemical technology in urban environments in Paris, Athens and Naples. In addition to CTG, other participants in this project include GTM (a French construction company), Millennium Inorganics (the UK branch of an American chemical company), Dansk Beton Tecnik (a Danish concrete production company), CSTB (a French research center for the study of materials), CNR and the University of Thessaloniki. Italcementi has filed three
patent applications for cement materials containing photocatalysts. Future Applications Photo-catalytic technology is becoming increasingly attractive for industries because global environmental pollution has been recognized as a serious problem that needs to be solved rapidly. General opinion maintains that future industrial activity must produce products and services that are in harmony with the environment. With this in mind, many industries are developing products that incorporate photo-catalytic properties. The diagram on page 93 details the various sectors in which research and development is already active. Bibliography 1. L. Cassar, C. Pepe, N. Pimpinelli, R. Amadelli and T. Bonato. “Materiali: Ricerca e Prospettive Tecnologiche alle soglie del 2000”, Seminario FAST, (Milan, Nov. 1997) 2. L. Cassar, C. Pepe, G.P. Tognon, G.L. Guerrini, S. Cangiano and M. Goisis. L’Industria Italiana del Cemento (751), (2000), p. 160 3. EP (European Patent) # 946450, Italcementi (1999) 4. US Patent # 6,117,229, Italcementi S.p.A. (2000) 5. WO 01/00541, Italcementi S.p.A. (2001)
Il team di Halyps si prepara alle Olimpiadi The Halyps Team prepares for the Olympics
I
n ogni competizione sportiva la squadra di casa è stimolata a prepararsi al meglio per fare bella figura di fronte al proprio pubblico. Halyps Building Materials, filiale greca di Italcementi Group, è ormai da tempo sulla buona strada verso un costante sviluppo e miglioramento delle proprie performance per presentarsi in perfetta forma ai propri clienti in vista delle Olimpiadi del 2004 che si svolgeranno ad Atene. Le previsioni per gli anni a venire sono positive e il mercato sarà rafforzato da lavori di infrastrutture proprio per preparare il paese ad ospitare la manifestazione sportiva per eccellenza. Un breve profilo può essere utile per inquadrare la squadra. Halyps Building Materials è stata fondata nell’anno delle Olimpiadi di Berlino, il 1936. È attiva nel settore del cemento con Halyps Cement, presente nella
regione dell’Attica, vicino ad Atene, con una cementeria sul mare e terminali per l’esportazione e vanta una capacità produttiva di 800.000 tonnellate annue. Nel settore dei materiali da costruzione opera invece nel comparto del calcestruzzo preconfezionato attraverso le società Et Beton nell’Attica (con 5 unità produttive) e Domiki Beton a Creta (con 3 unità) e nel comparto degli inerti attraverso la società Halyps Quarries con la più grande cava di tutta la Grecia e la società Domiki Beton a Creta. Ma quali sono gli aspetti su cui stanno puntando i manager per affrontare le prossime stagioni? Le Risorse Umane innanzitutto: Halyps crede nei propri uomini, che ne rappresentano il principale asset aziendale. In quanto parte di un gruppo multinazionale, Halyps è
profondamente conscia dell’importanza di costruire un’organizzazione forte, basata su personale altamente qualificato. Le linee da seguire per preparare la squadra saranno: • divulgare una cultura di gruppo, una visione e una condivisione di valori a livello internazionale; • sviluppare scambi e rapporti interpersonali fra culture differenti; • fare in modo che gli uomini interagiscano con il contesto sociale nel quale lavorano. L’addestramento continuo della forza lavoro, attraverso specifici seminari, sta migliorando giorno per giorno l’immagine della società agli occhi della clientela. E la clientela, come tutti i tifosi, chiede la Qualità. Già da molto tempo Halyps ha preso a considerare la qualità come condizione indispensabile per i propri successi futuri, così come per
la soddisfazione dei clienti. Tutti i prodotti di Halyps soddisfano le condizioni normative, in linea con la politica del gruppo mirante al controllo ed al miglioramento continuo della qualità. Il Sistema di Qualità adottato da Halyps controlla e regola efficacemente le proprietà principali dei prodotti finali e semi-lavorati con l’obiettivo di ridurre al minimo le possibili deviazioni dai target qualitativi. Qualità significa soddisfazione del cliente, e a questo scopo è stato istituito nel 2000 un dipartimento di assistenza tecnica in grado di offrire ai clienti l’accesso al know-how di Halyps e di Italcementi Group. Un importante traguardo raggiunto sia da Halyps Cement sia da Et Beton è stato il rilascio da parte di ELOT (Organizzazione Ellenica di Standardizzazione) della certificazione per la loro conformità allo standard ISO
Particolare di una betoniera di Et Beton. Detail of an Et Beton concrete mixer.
9002 per la qualità. E il concetto di Qualità lo si ritrova nel nuovo cemento “Mesogios” (Mediterraneo) lanciato sul mercato nel 2000. Grazie agli innumerevoli test condotti dalla Direzione Ricerca & Sviluppo, questo nuovo tipo di cemento si dimostra particolarmente resistente agli ambienti aggressivi vicino al mare tipici della Grecia. Ma nel mix di preparazione alle Olimpiadi rientra a pieno titolo anche l’Ambiente. È ormai consapevolezza comune il fatto che la tutela dell’ambiente in cui la gente vive e lavora debba essere una priorità primaria. Halyps è da lungo tempo impegnata in questo campo sforzandosi di contribuire attraverso significativi investimenti al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali così come delle condizioni di lavoro e di sicurezza dei propri dipendenti e collaboratori. Nell’ambito della più ampia politica di Italcementi Group, che vanta già degli impianti certificati ISO 14000 in Francia, Spagna e Italia, Halyps ha impegnato oltre il 30% degli investimenti di capitali degli ultimi 5 anni per la tutela ambientale. Gli investimenti realizzati tanto nella divisione cemento quanto nella divisione cave hanno raggiunto i 500 milioni di dracme greche († 1,5 milioni). L’attenzione all’ambiente è un valore condiviso dal management, dai dipendenti e dai sindacati. Tutte le società di Halyps in Grecia hanno liberamente firmato una sorta di statuto, la cosiddetta “Carta Verde”, che vuole essere un riferimento costante per le politiche del gruppo in Grecia. La concretizzazione operativa di questo impegno si è tradotta nell’avvio di un programma quinquennale per la protezione dell’ambiente volto allo “sviluppo sostenibile” e
nella creazione di tre comitati: Comitato Industriale, Comitato di Formazione e Comitato di Comunicazione, ognuno responsabile della definizione e dell’implementazione dei piani d’azione in conformità con le linee guida della Carta Verde. Conservazione e tutela dell’ambiente in ogni fase del processo produttivo costituiscono l’obiettivo strategico del Comitato Industriale: • cura dei progetti e delle installazioni con l’impiego delle migliori tecniche disponibili nel settore; • costante monitoraggio degli impianti per minimizzarne tutte le possibili fonti di inquinamento; • politica di riutilizzazione dei sottoprodotti e dei residui industriali come sostituti delle materie prime naturali e dei combustibili fossili con il doppio beneficio di garantire un’eliminazione sicura dei rifiuti ed un uso moderato delle risorse naturali; • utilizzo delle best practices nella fase di recupero delle cave. Salute, sicurezza e buone condizioni di lavoro del personale sono la principale priorità del Comitato di Formazione che ha avviato programmi di formazione per tutti i dipendenti al fine di coltivare e sviluppare una presa di coscienza su questi temi. Tenendo sempre presente l’obiettivo del miglioramento costante il Comitato di Formazione mira a fornire agli uomini della società i mezzi e gli strumenti educativi al fine di ottenere un comportamento proattivo, sensibilità e responsabilità condivisa. L’impegno della società va ben oltre la semplice conformità a leggi, norme e regolamenti applicabili. Halyps mira a sviluppare una concreta coscienza ambientale e ad essere la prima azienda in
Grecia a realizzare l’obiettivo “zero infortuni sul lavoro”. Obiettivo del Comitato di Comunicazione è di informare tanto il pubblico esterno, rappresentato da autorità locali, comunità limitrofe e clientela, quanto quello interno, costituito da tutto il personale, circa la Vision, la Politica e le Strategie del gruppo al fine di ottenere i migliori risultati possibili nel settore della protezione ambientale. Tutti gli sforzi fatti e le azioni intraprese per accrescere la produttività e l’affidabilità degli impianti, per razionalizzare e snellire la struttura del gruppo, come pure il buon andamento del mercato hanno condotto Halyps Building Materials SA ai migliori risultati mai raggiunti proprio in vista dei prossimi traguardi. Nel 2000 ha fatto registrare infatti un fatturato di 21 miliardi di dracme († 61,5 milioni), in aumento del 10% rispetto al 1999, mentre il risultato operativo è ammontato a 5,5 miliardi di dracme († 16 milioni), con un incremento del 30%, ed un risultato netto di 3,4 miliardi di dracme († 10 milioni), in crescita del 97,5%. Sul nuovissimo sito www.halyps.gr potete trovare tutte le informazioni sulla società. ■ ■ ■ ■ ■ ■
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n every sports competition the home team is driven to prepare itself to the maximum in order to perform well in front of its home fans. Halyps Building Materials, the Greek subsidiary of the Italcementi Group, has been on the right track for quite some time with the goal of constantly developing and improving its performances. It plans to present itself in perfect form in front of its clients at the 2004 Olympics to be held in Athens.
The forecasts for the upcoming years are positive and the market will be strengthened by specific infrastructure work to prepare the country as host for the greatest sports competition in the world. A brief profile may be useful to better understand this team. Halyps Building Materials was founded in 1936, the year the Olympics were held in Berlin. It is active in the cement sector with Halyps Cement, present in the Attica region, near Athens, with a cement plant and export terminals by the sea. It boasts a production capacity of 800,000 metric tons per year. In the construction materials sector, Halyps works in the ready mix concrete sector through the company Et Beton in the Attica region (with 5 production units) and Domiki Beton in Crete (with 3 units); and in the aggregates sector through the Halyps Quarries company with the largest quarry in all of Greece, and the Domiki Beton company in Crete. But what are the aspects upon which managers depend in order to face the upcoming seasons? Above all else Human Resources: Halyps believes in its people, who represent its main company asset. Insofar as it is part of a multinational group, Halyps is fully aware of the importance of building a strong organization; one based on highly-qualified people. The guidelines to follow in preparing the team will be the following: • establishing and promoting a corporate culture; a unified vision and shared values on an international level; • developing exchange and interpersonal relationships between diverse cultures; • creating a setting for employees to interact with the surrounding social context. The continual training of the
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Particolare del palmeto che circonda la cementeria di Halyps vicino ad Atene. Detail of the palm grove surrounding the Halyps cement plant near Athens.
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labor force through specific seminars is constantly improving the company’s image in the eyes of its clients. And the clients, like all fans, require Quality. For some time now Halyps has considered quality as an indispensable condition for its future successes, as it is for client satisfaction. All of Halyps’ products meet normative standards, in line with the group’s policies that aim for constant control and quality improvement. The Quality System adopted by Halyps verifies and regulates the principal properties of the finished and semi-finished products with the objective of reducing the possible deviations from qualitative targets to a minimum. Quality means client satisfaction, and with this in mind Halyps instituted in 2000 a technical assistance department capable of offering its clients access to the company’s and the Italcementi Group’s vast experience and know-how. Halyps Cement company and Et Beton reached an important milestone when they obtained certification for conformity to the ISO 9002 quality standard by ELOT (Hellenic Organization for Standardization). Furthermore, the concept of Quality can be found in the new “Mesogios” (Mediterranean) cement launched on the market in 2000. As a result of numerous tests conducted by the Research & Development department, this new type of cement has proved to be particularly resistant to the harsh seaside environment that is so typical of Greece. However, along with the preparatory mix for the Olympics, there is also the full impact of the Environment. It is now common knowledge that protecting the
environment in which people live and work must be a main objective. Halyps has been committed to this goal for a long time, pushing itself to significantly invest in improving the living conditions of local communities and the working and safety conditions of its employees and partners. Within the wider policies of the Italcementi Group, which already boasts ISO 14000 certified production plants in France, Spain and Italy, Halyps has committed more than 30% of its capital investments over the last 5 years to environmental protection. The investments made both in the cement division and in the quarries have reached a total of 500 million Greek drachmas (1.5 million euros). Care for the environment is a value shared by management, employees and unions. All the Halyps companies in Greece signed a kind of statute, called the “Green Chart,” designed to be a constant reference point for the group’s policies in Greece. The operational realization of this commitment has manifested itself in the launch of a five-year program for environmental protection aiming for “sustainable development,” and the creation of three committees: the Industrial Committee, the Training Committee and the Communications Committee, each responsible for the definition and implementation of action plans in line with the standards set out by the Green Chart. Environmental protection and conservation in every phase of the production process constitutes the key strategic objective of the Industrial Committee: • follow up of the projects and installations through the best techniques available in the sector;
• constant monitoring of the plants in order to minimize all possible sources of pollution; • a policy of re-using by-products and industrial wastes as substitutes for natural raw materials and fossil fuels with the double advantage of guaranteeing the safe disposal of wastes and a sparing use of natural resources; • utilizing best practices in the quarry’s restoration phase. Health, safety and good working conditions for personnel are the principal priorities of the Training Committee. It has started training programs for all employees with the goal of improving and developing awareness of these themes. Keeping the objective of improvement always in focus, the Training Committee aims to supply company personnel with the educational means and tools to encourage proactive behavior, awareness and shared responsibility. The company’s commitment goes well beyond simple adhesion to the laws, norms and applicable regulations. Halyps aims to develop a solid environmental consciousness, and with the goal of becoming the first company in Greece to achieve a “zero accident rate” in the workplace. The objective of the Communications Committee is to inform the external public, represented by local authorities, local communities and clients, as well as those who are internally involved, consisting of the entire personnel, about the group’s Vision, Policies and Strategy, in order to obtain the best possible results in the environmental protection sector. The efforts made thus far, including the actions undertaken to develop productivity and reliability of
the plants, the struggle to rationalize and trim the group structure, as well as the favorable market trend, have all combined to help Halyps Building Materials SA obtain the best results ever even in the dawn of new challenges. In fact, in 2000 the company recorded a turnover of 21 billion drachmas (61.5 million euros), a 10% increase over 1999, while the operating income increased to 5.5 billion drachmas (16 million euros), a 30% increase, and a final net profit of 3.4 billion drachmas (10 million euros), a total growth of 97.5%. You can find all this and more information on the company on the new Web site: www.halyps.gr
Il packaging del nuovo cemento Mesogios.
The new Mesogios cement bag.