N 48 LDA Priore Aprile Ottobre 2013

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Arciconfraternita del Santo

Organo dell’Arciconfraternita di sant’Antonio di Padova

Ecce crucem Domini fugite partes adversae! Vicit Leo de tribu Juda radix David, Alleluja!

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Anno LXXX n. 48 LDA Priore - Aprile - Ottobre 2013

Papa Francesco Incontra le Confraternite del Mondo Roma, 5 maggio 2013 Evangelicità, ecclesialità, missionarietà


In questo numero: Il Papa incontra le Confraternite del Mondo

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Capitelli antoniani: Ceniga (TN) 9

La carità

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O Lingua Benedicta Elevazione spirituale in occasione dei 750 anni dal ritrovamento della lingua incorrotta del Santo con il contributo di Maria Pia Olivieri Di Blasi, foto di Antonio Bortolami 18

Ordine dei Frati Minori Conventuali Nasce la nuova provincia italiana di sant’Antonio

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Antonio e Lina Una vita semplice all’ombra del Santo di Gabriella Vecchio

Il papa incontra Le confraternite del mondo

Contributi - Elemosine - Pagamenti

con il contributo di Manuela Merlo Bruni e Bruno Bruni

39° Premio della Bontà sant’Antonio di Padova I Santi patroni dei nostri paesi. Storie di uomini e donne, devozioni, Tradizioni, arte e architettura

La redazione è disponibile a valutare articoli per la pubblicazione e invita i lettori a inviare le proprie domande su questioni di carattere ecclesiale al Cappellano o al Direttore, che risponderanno su queste pagine per gli argomenti di interesse più generale.

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Vita confraternale Uno sguardo sulle attività 24 Varie 24

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I benefattori

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Sante Messe richieste al P. Cappellano

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Attestazioni di riconoscenza I ringraziamenti fanno bene al cuore

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Si ricorda a tutti che l’Arciconfraternita può ricevere Lasciti ereditari per i quali è necessario specificare come destinatario: Arciconfraternita di sant’Antonio di Padova con sede in Piazza del Santo,11 - 35123 Padova Cod. Fisc. 92150090287.

Omaggio a S.S. Papa Francesco

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Arciconfraternita del Santo

In copertina: Papa Francesco incontra le Confraternite del Mondo.

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5 maggio 2013 giornata mondiale delle confraternite e della pietà popolare Evangelicità, ecclesialità, missionarietà. Tre parole! Non dimenticarle!

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ra le numerose iniziative dell’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI, il 5 maggio 2013 ha avuto luogo il coloratissimo e vivacissimo incontro di Papa Francesco con le confraternite e la pietà popolare del mondo. In una piazza San Pietro gremita da oltre 50.000 fedeli anche la nostra Arciconfraternita non è voluta mancare partecipando con una delegazione guidata dal P. Cappellano e dal Priore. Le Confraternite presenti giungevano in modo particolare da dove la tradizione è più forte, quindi Italia, Spagna, Malta, Francia, Polonia e Irlanda. Al Santo Padre hanno saputo dare la loro testimonianza delle diverse tradizioni locali frutto di una religiosità che si è espressa nel corso dei secoli con iniziative e opere d’arte che durano fino ai nostri giorni. L’incontro più importante, la Santa Messa celebrata da Papa Francesco in Piazza san Pietro, è stata un momento di Fede, che ha ritrovato nella semplicità delle espressioni e della pietà popolare la sua matrice più radicata nella nostra gente, che senza interruzione vive di questi segni come un forte richiamo alla fede delle generazioni precedenti e a una tradizione che merita di essere testimoniata con coraggio ed entusiasmo. Il pellegrinaggio alla Tomba di Pietro era stato preceduto per la nostra delegazione da una sosta ad Assisi per venerare le reliquie del Serafico Padre san Francesco, alla radice della nostra spiritualità antoniana.

Saluto di Mons. Rino Fisichella Santo Padre, nel giorno del Signore sono qui raccolti per celebrare la santa Eucaristia in questo Anno della Fede migliaia di fratelli e sorelle che aderiscono alle più svariate Confraternite d’Italia, Francia, Spagna, Irlanda, Malta, Polonia… Sono Le infiorate di Artena con il simbolo dell’Anno della Fede.

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I pellegrini dell’Arciconfraternita del Santo di fronte al portale della Basilica superiore di S. Francesco in Assisi.

Labari, Crocefissi e confratelli in Piazza S. Pietro.

spiritualmente unite a queste, tutte le altre sparse per il mondo: dalle più antiche dell’America Latina alle più giovani dell’Africa che giustamente non hanno potuto affrontare un viaggio così lungo per un momento tanto breve. Il legame a livello internazionale che tiene unite queste realtà, le fa sentire comunque spiritualmente presenti e vicine. Sono qui rappresentati dieci secoli di storia che pochi conoscono, perché fatta di semplici gesti quotidiani che non raggiungono l’onore delle cronache. E, tuttavia, è una lunga storia di piccoli fatti scolpiti nel cuore delle persone, e radicati nelle tradizioni locali di tanti paesi e rioni delle nostre città, a tal punto da suscitare anche opere d’arte popolare, venerate di generazione in generazione. Tante persone ancora oggi, nonostante il grande cambiamento in corso, sono provocate da queste tradizioni perché sentono nel più profondo che qui è presente la fede appartenuta ai loro padri. La pietà popolare nel corso dei secoli è stata l’espressione più immediata della fede dei semplici. Nel suo sviluppo progressivo, infatti, le Confraternite hanno espresso il frutto più genuino della fede: la carità verso i più poveri, gli abbandonati, i sofferenti, gli emarginati e quante

le opere di misericordia corporale e spirituale, insegnate da sempre nella Chiesa come i segni visibili del Regno di Dio in mezzo agli uomini. Fino ai nostri giorni, esse rappresentano un luogo dove l’impegno del laicato permane forte, con un’azione di volontariato solidale e generoso. A seguito del Concilio Vaticano II, continua l’impegno per il rinnovamento e la purificazione di alcune forme non sempre coerenti con l’essenziale della vita cristiana. Con questa santa Eucaristia, chiedono al Signore di aprire il loro cuore perché, ricchi delle tradizioni precedenti, possano riconoscere nuovi spazi dove la fede diventa ancora una volta operosa attraverso la carità.

Uno dei meravigliosi crocifissi delle confraternite liguri con dietro la facciata della Basilica Vaticana di San Pietro.

altre forme di povertà sono state generate lungo il tempo. Per tante famiglie e per i bambini, per uomini e donne, la presenza delle Confraternite è stata spesso strumento di aiuto, di speranza e di fiducia. Con la loro storia secolare sono testimonianza di una fede feconda che agisce attraverso

L’Omelia di Papa Francesco Toccanti, dirette e vibranti sono state le parole che Papa Francesco ha voluto indirizzare alle Confraternite. Non parole di circostanza ma insegnamenti ed esortazioni, che hanno dimostrato una sua profonda conoscenza pastorale di questo mondo. Non sono infatti mancate citazioni di documenti dell’episcopato latino-americano proprio sul valore attuale delle Confraternite per la conservazione e la trasmissione della Fede. Di seguito riportiamo dunque integralmente il testo di questa magnifica omelia: “Cari fratelli e sorelle, siete stati coraggiosi a venire con questa pioggia. Il Signore vi benedica tanto! Nel cammino dell’Anno della fede, sono contento di celebrare questa Eucaristia dedicata in modo speciale alle Confraternite: una realtà tradizionale nella Chiesa, che ha conosciuto in tempi recenti un rinnovamento e una riscoperta. Vi saluto tutti con affetto, in particolare le Confraternite venute da varie parti del mondo! Grazie per la vostra presenza e la vostra testimonianza! 1. Nel Vangelo abbiamo ascoltato un brano dei discorsi di addio di Gesù, riportati dall’evangelista

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era stato annunciato ai pagani, ai non ebrei. Quella fu un’occasione provvidenziale per capire meglio che cosa è essenziale, cioè credere in Gesù Cristo morto e risorto per i nostri peccati, e amarsi come Lui ci ha amati. Ma notate come le difficoltà furono superate non al di fuori, ma nella Chiesa. E qui c’è un secondo elemento che vorrei richiamarvi, come fece Benedetto XVI, e cioè l’ecclesialità. La pietà popolare è una strada che porta all’essenziale se è vissuta nella Chiesa in profonda comunione con i vostri Pastori. Cari fratelli e sorelle, la Chiesa vi vuole bene! Siate una presenza attiva nella comunità come cellule vive, pietre viventi. I Vescovi latinomericani hanno scritto che la pietà popolare di cui siete espressione è «una modalità legittima di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa» (Documento di Aparecida, 264). E’ bello questo! Una modalità legittima di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa. Amate la Chiesa! Lasciatevi guidare da essa! Nelle parrocchie, nelle diocesi, siate un vero polmone di fede e di vita cristiana, un’aria fresca!. In questa Piazza

vedo una grande varietà prima di ombrelli e adesso di colori e di segni. Così è la Chiesa: una grande ricchezza e varietà di espressioni in cui tutto è ricondotto all’unità; la varietà ricondotta all’unità è l’incontro con Cristo. 3. Vorrei aggiungere una terza parola che vi deve caratterizzare: missionarietà. Voi avete una missione specifica e importante, che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartenete, e lo fate attraverso la pietà popolare. Quando, ad esempio, voi portate in processione il Crocifisso con tanta venerazione e tanto amore al Signore, non fate un semplice atto esteriore; voi indicate la centralità del Mistero Pasquale del Signore, della sua Passione, Morte e Risurrezione, che ci ha redenti, e indicate a voi stessi per primi e alla comunità che bisogna seguire Cristo nel cammino concreto della vita perché ci trasformi. Ugualmente quando manifestate la profonda devozione per la Vergine Maria, voi indicate la più alta realizzazione dell’esistenza cristiana, Colei che per la sua fede e la sua obbedienza alla volontà di Dio, come

Il piccolo confratello di devozione Giovanni Maria Di Ascenzo regala a Papa Francesco la corona antoniana del rosario, decorata con la croce ghiandata o antoniana. La delegazione dell’Arciconfraternita del Santo sul sagrato della Basilica vaticana con dietro i meravigliosi e imponenti crocifissi delle confraternite liguri.

Giovanni nel contesto dell’ultima Cena. Gesù confida agli Apostoli i suoi ultimi pensieri, come un testamento spirituale, prima di lasciarli. Il testo di oggi insiste sul fatto che la fede cristiana è tutta incentrata sul rapporto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Chi ama il Signore Gesù accoglie in sé Lui e il Padre e grazie allo Spirito Santo accoglie nel proprio cuore e nella propria vita il Vangelo. Qui ci

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Il Confratello Mirko Tura e le Consorelle Bruna Ferrari e Giliola Secco sul sagrato della Basilica vaticana.

è indicato il centro da cui tutto deve partire e a cui tutto deve condurre: amare Dio, essere discepoli di Cristo vivendo il Vangelo. Benedetto XVI rivolgendosi a voi, ha usato questa parola: evangelicità. Care Confraternite, la pietà popolare, di cui voi siete un’importante manifestazione è un tesoro che ha la Chiesa e che i Vescovi latinoamericani hanno definito, in modo significativo, come una spiritualità, una mistica, che è uno «spazio di incontro con Gesù Cristo». Attingete sempre a Cristo, sorgente inesauribile, rafforzate la vostra fede, curando la formazione spirituale, la preghiera personale e comunitaria, la liturgia. Nei secoli le Confraternite sono state fucine di santità di tanta gente che ha vissuto con semplicità un rapporto intenso con il Signore. Camminate con decisione verso la santità; non accontentatevi di una vita cristiana mediocre, ma la vostra appartenenza sia di stimolo, anzitutto per voi, ad amare di più Gesù Cristo. 2. Anche il brano degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato ci parla di ciò che è essenziale. Nella Chiesa nascente ci fu subito bisogno di discernere ciò che era essenziale per essere cristiani, per seguire Cristo, e che cosa non lo era. Gli Apostoli e gli altri anziani fecero una riunione importante a Gerusalemme, un primo “concilio”, su questo tema, per i problemi che erano nati dopo che il Vangelo

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Il Priore Leonardo Di Ascenzo bacia l’anello del pescatore a nome di tutta l’Arciconfraternita.

pure per la sua meditazione della Parola e delle azioni di Gesù, è la discepola perfetta del Signore (cfr Lumen gentium, 53). Questa fede, che nasce dall’ascolto della Parola di Dio, voi la manifestate in forme che coinvolgono i sensi, gli affetti, i simboli delle diverse culture... E così facendo aiutate a trasmetterla alla gente, e specialmente alle persone semplici, a coloro che nel Vangelo Gesù chiama «i piccoli». In effetti, «il camminare insieme verso i santuari e la partecipazione ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli e coinvolgendo altre persone, è in se stesso un’azione di evangelizzazione» (Documento di Aparecida, 264). Quando voi andate ai santuari, quando por-

tate la famiglia, i vostri figli, voi state facendo proprio un’azione di evangelizzazione. Bisogna andare avanti così! Siate anche voi veri evangelizzatori! Le vostre iniziative siano dei “ponti”, delle vie per portare a Cristo, per camminare con Lui. E in questo spirito siate sempre attenti alla carità. Ogni cristiano e ogni comunità è missionaria nella misura in cui porta e vive il Vangelo e testimonia l’amore di Dio verso tutti, specialmente verso chi si trova in difficoltà. Siate missionari dell’amore e della tenerezza di Dio! Siate missionari della misericordia di Dio, che sempre ci perdona, sempre ci aspetta, ci ama tanto! Evangelicità, ecclesialità, missionarietà. Tre parole! Non dimenticarle! Evangelicità, ecclesialità, missionarietà. Chiediamo al Signore che orienti sempre la nostra mente e il nostro cuore verso di Lui, come pietre vive della Chiesa, perché ogni nostra attività, tutta la nostra vita cristiana sia una testimonianza luminosa della sua misericordia e del suo amore. E così cammineremo verso la meta del nostro pellegrinaggio terreno, verso quel santuario tanto bello, la Gerusalemme del Cielo. Là non c’è più alcun tempio: Dio stesso e l’Agnello sono il suo tempio; e la luce del sole e della luna cedono il posto alla gloria dell’Altissimo. Così sia. Chi lo desiderasse potrà vedere le immagini e ascoltare le registrazioni delle catechesi del sabato pomeriggio e della S. Messa papale della domenica al seguente link del sito web ufficiale dell’Annus Fidei: http://www.annusfidei.va/content/novaevangelizatio/it/eventi/EventiPassati/05-05-2013.html

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La delegazione dell’Arciconfraternita, riconoscibile dal foulard antoniano, durante la visita guidata dei Musei Vaticani.

Capitelli antoniani: ceniga (tn) Una nuova ceramica dell’artista Carlo Fia con il contributo di Manuela Merlo Bruni e Bruno Bruni

Ceramica dell’artista Carlo Fia, raffigurante sant’Antonio di Padova nel capitello di Ceniga (TN).

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a buona volontà di un gruppo di abitanti di Ceniga (Arco di Trento) ha portato alla risistemazione e alla valorizzazione di un capitello dedicato a S. Antonio di Padova, che da più di un secolo e mezzo vigila e protegge quanti transitano sulla via che collega la frazione “droata” al ponte romano e quindi alla sponda opposta del fiume Sarca. L’inaugurazione degli interventi di ripristino si è svolta domenica 9 settembre 2012. Alla celebrazione ha partecipato il parroco don Stefano Anzelini che ha benedetto il rinnovato capitello e la nuova rappresentazione in ceramica del Santo di Padova: una preghiera comunitaria è stata condivisa dal folto pubblico presente. Il sindaco Vittorio Fravezzi ha elogiato l’iniziativa dei suoi concittadini e si è augurato che altre proposte concrete sorgano numerose per il bene della collettività. Dal punto di vista storico le origini del capitello risalgono al 1859, anno a cui fa riferimento la datazione di alcune mappe catastali. Durante la seconda guerra mondiale esso venne restaurato - per volere di Monsignor Donato Perli - una prima volta dal pittore Marco Bertoldi, artefice anche della Via Crucis nella chiesa di Ceniga. Il capitello fu abbattuto nel 1953 per consentire l’allargamento della via al Ponte e favorire la circolazione dei mezzi pesanti diretti al vicino mulino. In seguito venne ricostruito, seppur in versione ridotta e nuovamente dedicato a Sant’Antonio di Padova dal pittore “droato” Santini. Con l’ultimo intervento l’immagine è stata ricreata in ceramica dall’artista Carlo Fia che ha donato l’opera alla comunità di Ceniga. La prossima iniziativa si prefigge l’iscrizione del capitello nei registri delle opere di valenza storica della Provincia di Trento per assicurare la necessaria tutela e conservazione.

Un’immagine della cerimonia di inaugurazione del Capitello svoltasi il 9 settembre 2012.

La Carità Con l’inizio della stagione fredda richiamiamo la benemerita opera, iniziata dal Priore De Cet nel 1948, denominata Opera per il riscaldamento dei poveri. Da più anni, considerati i bisogni delle famiglie povere, abbiamo prolungato l’Opera in modo continuativo durante tutto l’anno. Grazie alla preziosa collaborazione con le Conferenze della Società san Vincenzo de Paoli patavine, alla data di messa in stampa del presente notiziario abbiamo erogato 77 interventi assistenziali rivolti a 56 beneficiari per un valore complessivo di € 10.869. Per poter continuare l’Opera, che stimiamo avrà un valore al 31 dicembre p.v. di circa € 13.000 è necessario il sostegno di ciascuno Voi anche con piccole somme, per cui di seguito Vi ricordiamo come poterci far giungere il Vs. contributo, nella consapevolezza che un’opera di bene fatta ad un povero è un prestito fatto a Dio. 1. CONTO CORRENTE POSTALE (allegato) 2. BONIFICO BANCARIO su conto intestato ad Arciconfraternita di sant’Antonio di Padova presso Banca Antonveneta - Gruppo Montepaschi filiale 02608 in Padova IBAN (bancario): IT42D0103012197000000173845 BIC (bancario): PASCITM1202 3. PAYPAL on-line anche mediante carte di credito e carte prepagate, destinatario: segreteria@arciconfraternitasantantonio.org

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39° Premio della bontà Sant’antonio di padova

in memoria di “Andrea Alfano d’Andrea” I Santi patroni dei nostri paesi. Storie di uomini e donne, devozioni, tradizioni, arte e architettura con il contributo di Rosa Milone Cassin

I premiati con le autorità a conclusione della Cerimonia di premiazione nella sala dello studio teologico per laici della Basilica antoniana in Padova.

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omenica 19 maggio 2013 si è svolta nella Basilica antoniana a Padova la Cerimonia conclusiva della trentanovesima edizione del Premio della Bontà, sotto la presidenza del nuovo Ministro della Provincia Italiana di sant’Antonio dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali il M. Rev. P. Giovanni Voltan, presenti il P. Rettore della Basilica Enzo Maria Poiana e il Cappellano P. Alessandro Ratti. L’iniziativa che ha goduto dei Patrocini di

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Conferenza Episcopale Italiana

Provincia Padova

di

Regione Veneto

del

Comune Padova

di

ha ottenuto un’ottima partecipazione su base nazionale grazie anche all’introduzione della nuova

sezione di disegno, che si è dimostrata particolarmente efficace per il tema proposto. I partecipanti sono stati complessivamente 786, dei quali 501 frequentanti le Scuole Primarie, 234 le Scuole Secondarie di I Grado, 38 le Scuole Secondarie di II Grado, 13 Fuori concorso, coinvolgendo 35 Province italiane e 61 diverse Istituzioni scolastiche. Oltre alle importanti medaglie del Santo Padre, del Presidente della Repubblica Italiana e del Comune di Padova, che sono state assegnate ai primi classificati assoluti dei tre ordini di scuole nella sezione narrativa, di valore sono state le borse di studio erogate agli istituti dei premiati, a norma di regolamento, per un importo complessivo di € 2.500, che rappresenta il nostro contributo concreto al sistema educativo italiano.

Scuole Secondarie di Secondo Grado Primo classificato – Antonio COSCARELLA, classe IV A dell’Istituto di Istruzione Superiore I.T.I. “C. Mortati” di Amantea (CS); Secondo classificato – Emanuele SIMONAZZI, classe II Liceo Scientifico “S. Gregorio Magno” di Sant’Ilario d’Enza (RE); Terzo classificato – Maria GIULIANI, classe IV del Liceo della Comunicazione “Sacro Cuore” di Roma;

Sezione Disegno Scuole Primarie – Rita IZZO, classe V A I Circolo Didattico di Mercato San Severino (SA) – Plesso “E. Coppola”;

Il regolamento del premio prevede una partecipazione individuale, pur tuttavia la Commissione esaminatrice ha valutato con estremo interesse il lavoro di gruppo prodotto dall’Istituto comprensivo di Renazzo (FE), che ha ampiamente illustrato con i disegni e gli scritti degli allievi un volume rilegato in sughero sulla storia del patrono San Sebastiano. All’istituto è stato quindi attributo il Premio Speciale 2013 per aver saputo interpretare con originalità, partecipazione personale degli allievi, impegno degli educatori e particolare efficacia educativa l’oggetto e lo spirito del premio.

Di seguito pubblichiamo la Graduatoria dei premiati

Sezione narrativa Scuole Primarie Primo classificato – Elisa PLATANIA, classe IV dell’ Istituto Comprensivo “Sacro Cuore di Gesù” di Catania; Secondo classificato – Emanuele CAVUTA, classe III dell’Istituto “Nostra Signora” di Pescara; Terzo classificato – Alessia MARESCA, classe V del I Circolo didattico di Mercato San Severino (SA); Scuole Secondarie di Primo Grado Primo classificato – Antonio Gaspare CATALDO, classe II dell’Istituto “Giovanni XXIII” di Montefalcione (AV); Secondo classificato – Eleonora TOMASSI, classe III A dell’Istituto “Santa Chiara” di Roma; Terzo classificato – Kevin PASTORELLI, classe I dell’Istituto “Maria Ausiliatrice” di San Cataldo (CL);

Scuole Secondarie di II grado – Gennaro DE PAOLA, classe II I.T.I.S. “Enrico Fermi” di Castrovillari (CS);

Scuole Secondarie di I grado – Boyi ZHANG, classe III A Istituto Comprensivo Isili – Scuola Sec. di I grado “Atzori” di Isili (CA);

Il P. Rettore della Basilica antoniana Enzo Maria Poiana, OFM Conv. mentre consegna il premio alle insegnanti e agli allievi dell’Istituto di Renazzo (FE) – Premio speciale 2013.


La Cerimonia conclusiva quest’anno è stata onorata dalla presenza di S.E. il Sig. Prefetto di Padova il dott. Ennio Mario Sodano che ha consegnato le medaglie presidenziali, dell’Assessore alla Scuola della Città patavina dott. Claudio Piron, del rappresentante dell’Ufficio Scolastico Provinciale prof. Andrea Bergamo e del Consigliere generale della Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (principale sponsor dell’iniziativa) dott. Carlo Fumian oltre ad altri amici delle associazioni laicali della basilica e di altre realtà associative della città. Di seguito proponiamo integralmente i testi dei temi dei primi classificati assoluti: di Elisa PLATANIA Istituto Comprensivo “Sacro Cuore di Gesù” di Catania

S.E. il Sig. Prefetto di Padova dott. Ennio Mario Sodano consegna a Elisa Platania la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana On. Giorgio Napoletano.

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I santi patroni sono testimoni di Gesù Cristo, che nel corso della nostra storia hanno partecipato alla crescita della fede e della cultura, non solo in Italia, ma in tutta l’Europa. La Chiesa definita “popolo di gente santa” ha avuto in ogni epoca storica i suoi santi, ognuno con carismi, vocazioni, spiritualità differenti: dagli ordini mendicanti ai monaci, dai martiri ai missionari. Basti pensare ai nostri due patroni d’Italia: San Francesco d’Assisi, nel quale si manifesta un appassionato amore a vivere il Vangelo in castità e povertà, e Santa Caterina da Siena, esempio magnifico dell’unione mistica che può esserci tra l’uomo e Dio. I santi patroni della mia città, Catania, sono due: Sant’Agata, la Patrona principale vissuta nel III

secolo d.C. durante il proconsolato di Quinziano, e Sant’ Euplio, compatrono, martire vissuto intorno al IV secolo d.C. sotto l’ imperatore romano Diocleziano. Agata viene venerata dai Catanesi come Santa, vergine e martire. Proveniente da una ricca e nobile famiglia cristiana, già da ragazzina volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l’ occasione di vederla e attratto dalla sua bellezza, se ne innamorò. La vergine lo rifiutò e, in virtù dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, l’ accusò di aver offeso la religione di stato e ordinò che la portassero al Palazzo Pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, Quinziano la fece allora processare. Interrogata e torturata, Agata resisteva, salda nella sua fede. Quinziano al colmo del suo furore, le fece strappare i seni con enormi tenaglie, ma la giovane, dopo aver avuto una visione, miracolosamente guarì. Fu ordinato allora che fosse bruciata ma un forte terremoto evitò l’ esecuzione. Riportata agonizzante in cella, morì qualche ora dopo. Era l’anno 251 d.C.. Tra le tante tradizioni attribuite a Sant’Agata si racconta che il giorno dopo la sua morte Catania fu minacciata dalla lava. I cittadini, presi da sconforto, con devozione presero il velo rosso e lo misero davanti alla colata lavica. Per miracolo il fiume di lava si arrestò e proprio a seguito di questo evento Agata fu proclamata Santa. I cittadini Catanesi ricordano il martirio della Santa con una grande festa, mista di devozione e folklore, che dura tre giorni: dalla sera del tre febbraio fino alle prime luci del sei. Il busto reliquiario di Sant’Agata viene portato per le vie della città su un “fercolo”, trascinato mediante due grossi cordoni dai devoti che indossano il tradizionale “sacco” bianco, gridando: “Cittadini! Evviva Sant’Agata!”. Nei giorni precedenti la festa, vengono portate per le strade del centro storico le “candelore”, dei ceri votivi che rappresentano le varie categorie di artigiani e piccoli commercianti della città. Molti sono i monumenti dedicati alla Santa. Tra questi il più importante è sicuramente il Duomo, dove vengono conservati il busto e le reliquie. Oggetto di grande devozione sono anche la Chiesa di Sant’ Agata la Vetere, dove si conserva il sarcofago dentro il quale fu seppellita la Santa; la Chiesa di San Biagio, conosciuta anche come Sant’ Agata alla Fornace, con l’ affresco dell’artista Giuseppe Barone che raffigura alcune scene della vita

di Agata; la chiesa di Sant’ Agata al Borgo; con affreschi su Sant’ Agata e Sant’ Euplio; la Chiesa di Sant’Agata al Carcere, vicina al luogo dove si pensa sia stata rinchiusa. La storia dei Santi Patroni con le relative tradizioni e devozioni ci fa capire come questi grandi uomini sono stati e saranno delle piccole fiammelle nel buio della vita, che indicano il percorso da compiere per arrivare all’unico traguardo, meta di tutta l’umanità che è Dio. I Santi sono stati esempi di vita cristiana laddove la fede è stata attaccata e perseguitata. Cristo è stato ed è il Santo, il testimone fedele ed è proprio da Lui che scaturisce la santità di uomini e donne resi totalmente coraggiosi da non indietreggiare, nella loro vita, neanche di fronte al martirio e alla morte. di Antonio Gaspare CATALDO Istituto “Giovanni XXIII” di Montefalcione (AV)

L’assessore alla scuola del Comune di Padova dott. Claudio Piron consegna ad Antonio Gaspare Cataldo il Sigillo della Città di Padova.

Le tradizioni nella vita di un paese sono molto importanti, perché rappresentano il patrimonio di notizie e testimonianze che la vecchia generazione trasmette alla nuova. Alcune tradizioni sono definitivamente scomparse, altre resistono; altre ancora si sono rinnovate sotto il segno dei tempi e della modernità. Nel mio paese è viva la tradizione dei festeggiamenti in onore del Santo Patrono e cioè Sant’Antonio da Padova. Molti sono stati gli avvenimenti che hanno segnato la coscienza dei Montefalcionesi e lo hanno spinto verso un tipo di religiosità e un culto speciale: paura della fame, delle carestie, dei terremoti, spavento per l’eruzione del Vesuvio; la peste del

1056 che ridusse i 1050 abitanti a 300. L’avvenimento che fa sì che Sant’ Antonio diventi un punto di riferimento costante nel nostro paese, fu il disastroso terremoto del 1688. Molti paesi dell’Irpinia furono gravemente danneggiati ma Montefalcione fu tra quelli che miracolosamente rimase indenne da questa distruzione. I cittadini montefalcionesi, attribuendo al Santo di Padova chiesero di poter eleggere a compatrono (l’altro è SS. Maria Assunta) anche Sant’Antonio, per ringraziarlo dello scampato pericolo. La decisione del Papa si conobbe a metà agosto; un po’ di giorni per i preparativi e la festa fu organizzata l’ultima domenica di agosto. Da allora la tradizione si ripete puntualmente ogni anno e sempre con maggiore devozione. Questa di fine agosto è la cosiddetta festa di Sant’Antonio “Grande”, a confronto di quella di Sant’Antonio “Piccolo” che si celebra il 13 giugno. La festa del Santo Patrono dura una settimana e ad essa sono legate folklore e tradizioni, come la processione, i fuochi d’artificio, le luminarie e le manifestazioni sportive. Prima della processione il Santo viene “vestito”, cioè gli si fa indossare un manto completamente d’oro, fatto di orologi, catenine e oggetti votivi, offerti dai fedeli in segno di devozione. Questa tradizione è molto antica; secondo me, tra i metalli è stato scelto l’oro quale ringraziamento, perché Montefalcione era un paese agricolo e per il contadino affidarsi a questo metallo era un momento di prestigio, di vanto, quasi un riscatto verso l’umiltà in cui si viveva. Al nostro Patrono però, viene offerto anche un dono della nostra cultura contadina, come accade la questua del grano, con il quale viene fatto il pane ed offerto ai fedeli, dopo le celebrazioni delle Sante Messe, che precedono la festa. Il pane benedetto portato a casa è esorcizzazione dei mali. In passato durante la processione erano presenti le “scapillate”. I fedeli nei momenti difficili della vita come sempre invocavano il Patrono, facendogli delle promesse che mantenevano a qualsiasi costo. Tra le tante cose che promettevano c’erano le “scapillate”. Il giorno della festa riunivano dieci, venti ragazze di 18 o 20 anni, vestite di bianco, con i capelli scesi sulle spalle, scalze, cantando lodi in onore del Santo in dialetto montefalcionese; partivano dalla casa del miracolato, raggiungevano la chiesa e strisciando con le ginocchia sul pavimento, si fermavano davanti alla statua del Santo e poi andavano via. Queste squadre di ragazze vestite di bianco, si susseguivano dalle sette del mattino a mezzogiorno. I loro canti risuonavano lungo le strade del paese. Un’altra usanza è quella dei fuochi pirotecnici, la

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cui tradizione è legata alle cerimonie del solstizio d’inverno: solitamente il 13 dicembre, giorno in cui si festeggia Santa Lucia, è viva ancora oggi l’usanza dei falò fatti con fascine di legna, che vengono accesi in molte zone del paese. Il fuoco si pone come un elemento purificatore e, anticamente si pensava che preservasse la comunità dalle malattie. I fuochi d’artificio, quindi sintetizzano l’aspetto spettacolare scenografico e quello latente, di origine sacrale, di protezione della comunità dai mali. La notte della gara pirotecnica ricompare la capacità suscitatrice del fuoco di aggregare la comunità come avveniva davanti al focolare, momento di raccoglimento ed unità. Un’altra tradizione da parte dei devoti è quella di fare voto vestendosi con il Saio uguale a quello del Santo per periodi che a volte durano un anno. Detto saio si fa benedire il giorno della festa, davanti alla statua del Santo. Si indossa in chiesa, in una vecchia sacrestia, così vestiti si esce per seguire la Processione, portando un cero in mano, oppure un giglio che rappresenta “penitenza” per le sue virtù medicinali; la “castità” per il candore ed infine “buona reputazione” per l’odore, il giglio bianco è il fiore della grazia, della speranza e della purezza spirituale. Una donna montefalcionese veste in questo modo, con il saio da oltre 25 anni, forse vestirà così per tutta la vita, che, dice di aver avuto salva per intercessione del Santo. Comunque, penso che offrire oro, il denaro, andare scalzi con ceri di diversa dimensione, gareggiare per portare la statua e le aste è segno, linguaggio di una religiosità popolare, la materializzazione di sentimenti nei confronti di Sant’Antonio, di concepire il divino, di stabilire un contatto, tramite il Santo, con Dio. È, comunque, significato di vera fede e profonda devozione. di Antonio COSCARELLA Istit. di Istruzione Sup. I.T.I. “ Mortati” di Amantea (CS)

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Lago è il mio paese di residenza. Un piccolo paese della provincia di Cosenza, che dista 33 km dal capoluogo e in direzione opposta,12 km dal mare. Lago ha molte chiese, tra cui la parrocchia intitolata a San Nicola di Bari, il quale è anche Patrono della nostra comunità. San Nicola, si sa, è un grande Santo, un potente taumaturgo, molto venerato fin dall’antichità per la sua encomiabile generosità e per l’aiuto dato a quanti si rivolgono a lui, specialmente ai bambini. Per questo vive in perfetta simbiosi con la mentalità di quella che l’antropologo Lombardi Satriani definisce nel suo libro, il ponte di San Giacomo, la civiltà del dono.

Il Ministro della Provincia Italiana di sant’Antonio dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali Giovanni Voltan consegna ad Antonio Coscarella il Diploma di partecipazione con il sigillo in ceralacca dell’Arciconfraternita.

Molti paesi e città importanti l’hanno scelto come patrono: Amsterdam, Bari e perfino una nazione come la Russia. Molte chiese gli sono state dedicate, tra cui la bellissima parrocchia di Cosenza ed è stato sempre oggetto di grande ammirazione oltreché di sentita venerazione. Basti pensare che il mito lo ha trasformato in quel vecchietto vestito di rosso, con barba e capelli bianchi, che porta doni ai fanciulli. É propriamente San Nicola il Babbo Natale conosciuto in quasi tutto il mondo, chiamato Santa Claus per deformazione di St. Nikolaus. É stato inserito nelle feste natalizie, perché il giorno della sua fine, chiamata transito, ricorre il 6 dicembre. A Lago gli anziani dicono: 6 Nicola, 8 Maria (Immacolata), 13 Lucia, 24 il vero Messia. San Nicola tuttavia, si festeggia a parte e si rinnova la tradizione dei tarallucci a forma di ogiva, che si conservano tutto l’anno e si lanciano dalla finestra quando infuriano le tempeste d’acqua e di vento. Si invoca il nome di San Nicola e la tempesta perde a poco a poco la sua intensità. Il 6 dicembre i bambini a frotta vanno in giro, bussando alle porte delle case e chiedono un piccolo dono, in nome di San Nicola che aiuterà certamente non solo le persone generose, ma anche gli altri. La filastrocca che si va canticchiando è pressoché intraducibile, perché apre con un anacoluto o confusione di soggetti. Dice o vuole dire “più o meno”: in nome di San Nicola dei tre fanciulli c’è lo fate un regalino? San Nicola vi aiuterà, anche se non ce lo fate. Nacque a Patara nella regione della Licia, Asia

minore, secondo alcuni biografi il 270 e morì il 352, secondo altri biografi nacque il 274 e morì il 344. Figlio di Epifanio e di Giovanna, che non potevano avere figli, data l’età avanzata. Ma essendo una coppia di sposi molto devoti, pregarono tanto Dio, che finalmente ebbero un figlio, cui diedero il nome di Nicolò, forse in onore di uno zio materno, metropolita di Mira (anch’essa città della Licia) che portava questo nome. D’altra parte anche uno zio paterno si fece monaco abbandonando le ricchezze che possedeva. Infatti la famiglia di San Nicola era devota, e allo stesso tempo, ricca. Il neonato diede subito prova della volontà divina, perché, mentre lo lavavano, puntò i piedini sul fondo della bacinella, assunse posizione eretta, congiunse le mani, alzò gli occhi verso il cielo con chiaro atteggiamento di preghiera. Non abbiamo notizie della fanciullezza e dell’adolescenza di Nicola. Sappiamo che perse i genitori abbastanza presto, entrambi vittime di una epidemia violenta abbattutasi sulla Licia. Nicola conduceva vita di santità, perciò decise di devolvere le sue ricchezze a favore dei bisognosi. Si tramanda che in una famiglia composta da un padre e da tre figli in età da matrimonio, finirono in povertà. Le ragazze erano belle, ma senza dote. In quel tempo, proprio queste ragazze andavano incontro alle maggiori insidie. San Nicola, di notte, clandestinamente, fece cadere ad intervalli nella stanza dove dormivano le ragazze, tre sacchetti pieni di monete d’oro. Perciò le ragazze ebbero la possibilità di avere una dote e di sposarsi dignitosamente. Nicola volle conservare l’anonimato; ma tutti intuirono che si trattava proprio della sua carità. Di questo fatto, storia o tradizione, parlò anche Dante nel ventesimo canto del Purgatorio: Esso parlava ancora della larghezza/che fece Nicolao alle pulcelle/per condurre ad onor la sua giovinezza. E a Lago, nella novena, si canta ancora: Tu delle verginelle salvasti l’onestà. Quando si parla di San Nicola bisogna o bisognerebbe fare un’accurata distinzione tra storia e leggenda. Non sempre è possibile; anzi è quasi sempre impossibile. Nel percepire i fatti, specialmente quando riguardano i miracoli, giocano i sentimenti di fede e di devozione. Tuttavia, bisogna tenere conto che la tradizione o la leggenda in sostanza interpretano l’operato di questo santo. La maggior parte delle informazioni sono contenute nella Leggenda Aurea, che tratta la vita di tanti santi. Non sappiamo con precisione quando su ordinato sacerdote; ma sappiamo che, dopo la morte del Vescovo di Mira, San Nicola fu scelto per suc-

cedere al defunto Vescovo. Secondo il racconto della Leggenda Aurea, scritto nel secolo XIII dal Vescovo di Genova Giacomo di Varazze, il fatto andò così: si raccolsero tutti i vescovi per eleggere il nuovo vescovo di Mira. Tra i vescovi c’era uno di grande autorità, che ordinò ai vescovi e al popolo il digiuno e la preghiera, per poter scegliere un capace pastore. Si udì una voce secondo cui il primo sacerdote che fosse entrato in chiesa, si eleggesse e si confermasse vescovo. Nicolò giunse ed entrò per primo. Allora il vescovo di guardia lo presentò agli altri, che lo elessero. In quel tempo i vescovi venivano eletti spesso dal popolo, per acclamazione; perciò sorse il detto: “Voce del popolo, voce di Dio”. San Nicola fu eletto dai vescovi uniti, per la sua umiltà, per i digiuni, per la dolcezza del comportamento e per il noto spirito di carità. Da li a poco si tenne il Concilio di Nicea, primo Concilio Ecumenico (universale) nella Storia della Chiesa. A questo intervenne anche San Nicola come Vescovo di Mira. Indetto da Papa Silvestro I nel 325, fu sostenuto dall’imperatore Costantino, che aveva già promulgato nel 313 l’ editto di Milano con il quale proclamava la religione cristiana, religione ufficiale dell’impero. Cessarono le persecuzioni e spariva la vita nelle Catacombe. I cristiani erano finalmente liberi e tanti si dedicarono alla costruzione di magnifiche Basiliche. Il Concilio di Nicea avrebbe dovuto combattere l’eresia di Ario, che metteva in crisi la dottrina della Chiesa e anche la pace in quella vasta regione. Ario, l’ eresiarca, affermava che Gesù Cristo non era Dio, ma un essere creato perciò non della stessa natura del Padre. Ario negava dunque il dogma della SS. Trinità. San Nicola intervenne. Parlò con grande competenza teologica. Poi si portò nel centro della sala, prese un mattone dal pavimento, lo alzò, lo strinse nelle manie disse ad Ario: “Voi non concepite Dio Uno e Trino. Anche questo mattone è uno, ma si compone di tre elementi: terra, acqua, fuoco”. Ebbene, da quel mattone uscirono una lingua di fuoco e gocce d’acqua. Nelle mani del Santo rimase arida argilla. Restarono tutti meravigliati e più che mai convinti. Non così Ario, che perseverò nell’errore. Un altro episodio riguarda sempre Ario, che fu sentito bestemmiare Gesù Cristo. Allora San Nicola si avvicinò e schiaffeggiò l’ eresiarca. San Nicola fu punito per quell’atto di violenza e fu messo in prigione; ma poi fu liberato da Cristo e dalla Vergine. Secondo alcuni storici, San Nicola fu messo in prigione anche dall’imperatore Diocleziano. Il Concilio di Nicea stabilì anche la data della Pasqua, fissata la domenica seguente il quattordicesimo giorno della luna di marzo.

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Nonostante l’ editto di Costantino, il paganesimo fu duro a morire. Perfino il nipote di Costantino, Giuliano l’apostata, tentò di ripristinare il paganesimo. San Nicola, il saggio e santo vescovo di Mira, combatté l’empietà, percorse tutto il territorio della circoscrizione a lui affidata e distrusse i templi degli idoli. Fece stroncare, egli stesso si diede da fare, l’albero dedicato alla dea Diana oggetto di particolare culto. Questo fatto scatenò una reazione violenta contro il Santo Vescovo. Uno speciale legame c’era tra San Nicola e la gente di mare. I marinai si rivolgevano spesso a lui e ne invocavano l’aiuto. Lo sceglievano come patrono e ancora oggi nel Mediterraneo si augura buona traversata dicendo: “Che San Nicola stia al tuo timone”. Un giorno alcuni naviganti furono sorpresi in mare aperto da una furiosa tempesta. Allora invocarono il vescovo di Mira, che apparve come uno sconosciuto ed intervenne in loro aiuto. Si mise al timone e la nave fu rimessa subito in equilibrio. Lo sconosciuto scomparve, ma i marinai, appena sbarcati, andarono a ringraziare San Nicola. In quell’occasione il santo vescovo raccomandò ai marinai di convertirsi ad una vita onesta, non violenta, timorata di Dio. L’abate Bartolomeo da Grotta Ferrata, di origine calabrese, così si esprimeva, riferendosi al patrocinio di San Nicola sul mare: “Tu sei il porto dei naviganti agitati dalla tempesta. Chi dei mortali può descrivere i prodigi che tu operi ogni giorno, grazie alla potenza divina, apparendo da vicino e da lontano a coloro che si trovano sul mare?” E un canto bulgaro, riferendosi pure a San Nicola dice: “A lui sono affidate le navi sul mare, affinché siano sue, perché le domini. L’eroe che si trova in pericolo prega San Nicola che è in grado di salvarla dalle acque”. In Russia, in Polonia, in Germania, in Svizzera, a San Nicola è stato affidato il patrocinio dei laghi e dei corsi d’acqua, grazie alla devozioni dei battellieri che vivono nelle zone di mare. Molto devote sono anche le spose, le fidanzate, e le figlie dei marinai; esse invocano sempre il nome di San Nicola, per propiziare un ritorno felice dei loro cari, specialmente appena si alza il vento di tempesta. Quando i crociati passavano per il porto di Bari, il desiderio di tutti era quello di visitare la tomba del Santo. Presso questa tomba sostò anche Santa Brigida di Svezia che si recava in Terra Santa. Era il 1366. Nel corso di una tempesta, San Nicola fu invocato da San Luigi IX e dalla sua famiglia. Ritornò sano e salvo in Francia e allora la regina offrì come ex voto una navicella d’argento per ringraziare San Nicola. Maggior impulso ebbe la popolarità di San Nicola quando ridiede la vita a tre fanciulli, ovviamente

per volontà di Dio, vero autore dei miracoli. Dio, nella sua onnipotenza, si serve dei santi e San Nicola fu così, anzi è, un mezzo potente, docile alla volontà divina. Tutti i biografi ricordano lo straordinario episodio. San Nicola, andando al Concilio di Nicea, si fermò in un albergo per riposare e per prendere cibo. Chiese un piatto magro. L’ oste era un criminale. Faceva strage di fanciulli, ne conciava le carni, sezionava i cadaveri e li metteva in salamoia, spacciandoli dopo anni come pesce conservato. San Nicola illuminato da Dio, scoprì a suo modo le azioni criminose del macabro oste. Sferrò un pugno sul coperchio della tinozza, si raccolse in preghiera, fece un segno di croce e da quel recipiente uscirono tre fanciulli, i quali dissero di aver fatto un bel sonno ristoratore. L’oste si pentì amaramente, si convertì a vita di penitenza; San Nicola lo perdonò. Per questo molti dipinti del santo rappresentano anche la tinozza da cui escono i tre fanciulli. I vescovi, a quel tempo agivano spesso anche come governatori. Avvenne una grande carestia ed in tutto il circondario di Mira si moriva di fame. La povera gente fece ricorso a San Nicola il quale si recò al porto di Andriaka, essendo stato informato che possedeva una nave carica di grano. Il santo chiese al comandante di lasciare una parte del suo carico; ma questi si rifiutò perché doveva consegnare quel quantitativo di grano all’Imperatore di Alessandria. San Nicola insistette e rispose che Dio avrebbe provveduto a rendere quella parte di grano dato in elemosina. Il comandante cedette e quando arrivò ad Alessandria, il peso del grano era uguale a quello imbarcato. San Nicola aveva operato, con l’ aiuto di Dio, un altro dei suoi portentosi miracoli. Sarebbe lungo raccontare tutti i miracoli di San Nicola. Salvò tre ufficiali innocenti, imprigionati e condannati a morte, salvò Adeodato, sequestrato dall’Emiro di Creta e fece altro ancora. Altra parte interessante che si legge nella Leggenda Aurea è la concezione della morte, definita transito o dormiglione. Per i santi la morte è considerata dies natalis, cioè giorno di nascita. I cristiani credono in una vita ultraterrena, ma i santi considerano la morte l’inizio di una nuova vita. La vita terrena è una specie di sonno. Svegliandosi, ci si ritrova dinanzi a Dio. Il Beato Angelico, famoso pittore, rappresentò il tema della morte nella vita di San Nicola. Ma la cosa più impressionante è l’assenza di paura. Noi crediamo nell’aldilà, però abbiamo tanta paura; i santi, invece, non hanno timore. San Nicola attese la morte a occhi aperti e, secondo la Leggenda aveva circa 70 anni. Si verificò allora un altro gran-

de prodigio: dalla morte del santo incominciò ad uscite la “manna”, un liquido dolce che risana dalle malattie. É chiamata anche “oleo” o “mirra”. Questo liquido ricorda il cibo piovuto dal cielo sugli accampamenti degli ebrei nel deserto durante la fuga dall’Egitto. In natura la manna è una secrezione oleosa di un tipo di frassino. Ma la manna di San Nicola ha guarito e guarisce ancora le malattie. Secondo una pia tradizione, San Nicola tornando da Roma, passò per Bari. Osservò con tenerezza questa città e disse che un giorno proprio li avrebbero riposato le sue ossa. Ebbene, nel 1087, 62 marinai baresi, anticipando i veneziani, si recarono a Mira, per trafugare il corpo di San Nicola e portarlo a Bari. Perché fecero questo? Perché i monaci orientali nel secolo VIII avevano dovuto lasciare i loro conventi a causa della persecuzione iconoclasta dell’Imperatore Leone III Isaurico. Il culto di San Nicola era molto vivo. C’era un’altra ragione: il sepolcro del santo nella chiesa di Mira era nelle mani dei musulmani. Inoltre San Nicola apparve in sogno e raccomandò di liberare il suo corpo dagli infedeli. Perciò i resti del santo furono portati a Bari ed ogni anno l’8 e il 9 maggio si celebra una grande festa, mentre altrove si festeggia il 6 dicembre, data della morte. Torquato Tasso scriveva: Bari che a’i suoi regi scelse/ fortuna e di corone e insigne eccelse. Quanti pellegrini! Ne voglio ricordare qualcuno: Carlo d’Angiò, Isabella d’Aragona, Bona Sforza, regina di Polonia, Carlo III Borbone, Giuseppe Bonaparte, Gioacchino Murat, Ferdinando II, lo zar Nicola II. L’ eccellentissimo principe Pietro/ del grande imperatore dei Moscoviti/figlio e successore/ a Bari venuto/le ossa di San Nicola a venerare/il mese di ottobre 1717/questa sede, due giorni dimorandoci, onorò. Il figlio di Pietro il Grande, zar di Russia, volle che si ricordasse così la sua visita presso le ossa del santo. Un fatto è certo. Se San Nicola non fosse stato una Santa realtà, avrebbe ceduto all’erosione del tempo; non lo avremmo sui nostri altari; non sarebbe stato tanto pregato e invocato fino ai giorni nostri. Da San Nicola non sarebbe nato il leggendario Babbo Natale. E, a conclusione di questo elaborato, mi piace ricordare una bella poesia della famosa Anna Frank, vittima della deportazione nazista. Era il 6 dicembre 1943, festa di San Nicola: San Nicola è tornato pur quest’anno/e anche i rifugiati ben lo sanno./ Non così bene lo potremmo passare/ come l’altr’anno riuscimmo a fare./Pieni eravamo allora di speranza/ e gli ottimisti forti di bal-

danza./Accoglier San Nicola in libertà/ volevamo quest’anno; e pur siam qua./ Ohi, da donare niente più ci resta/ pur celebrare questa festa!/ Nelle sue scarpe guardi dunque ognuno/ se non gli sembra troppo inopportuno. La piccola Anna, fiore delicato spazzato via dalla crudeltà, rammenta anche lei San Nicola. Forse era devota; ma ha fatto una brutta fine, perché il male governa il mondo e, se non avessimo fede in Dio, la cui opera è misteriosa, saremmo definitivamente perduti. Ciò che conta è l’amore. Dove c’è carità e amore, li c’è Dio. Ed Anna Frank, nonostante tutto, era solita ripetere che a suo parere gli uomini erano tutti buoni. Dio bontà infinita, non può volere il male; tuttavia lo consente perché l’uomo, per il libero arbitrio, possa scegliere tra bene e male. Scegliendo il bene, l’uomo acquista merito. Scegliendo il male, si danna. Avere fede, vuol dire avere fiducia in Dio. Questa fiducia addolcisce i dolori della vita. D’altra parte (dice il Padre Cristoforo di manzoniana memoria) Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande. Ed io ci credo! Inoltre, mi pare di capire che l’ esperienza della sofferenza ci aiuta a crescere spiritualmente e conferisce significato pregnante alla vita.

La gremita sala dello Studio teologico per laici della Basilica antoniana in Padova addobbata per la Cerimonia conclusiva del Premio con le bandiere vaticane e italiane.

Si ringraziano per il sostegno economico all’iniziativa:

Comune di Padova Pia Unione Macellai Militi dell’Immacolata

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O lingua benedicta Elevazione sprituale in occasione dei 750 anni dal ritrovamento della lingua incorrotta del Santo con il contributo di Maria Pia Olivieri Di Blasi; foto di Antonio Bortolami

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nche l’Arciconfraternita ha voluto contribuire alle celebrazioni per il 750° anniversario del ritrovamento della lingua incorrotta del Santo offrendo alla città, grazie al generoso contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, un’elevazione spirituale in musica dal titolo “O lingua benedicta”, che ha avuto luogo nella Pontificia basilica antoniana lo scorso 21 settembre. Era il 1263 quando fra Bonaventura da Bagnoregio, all’apertura della cassa contenente il feretro di sant’Antonio, nello scorgere la sua lingua ancora rosea e incorrotta proruppe nell’esclamazione “O lingua benedicta….”, parole che sono

Il Coro e l’orchestra della Cappella musicale della Basilica antoniana.

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divenute la preghiera sommessa dei fedeli e dei poeti, il canto dell’anima, sussurrato, invocato come la musica di artisti di ogni epoca. Il maestro Valerio Casarin alla guida di coro e orchestra della Cappella basilicale ha interpretato musiche di A. Vivaldi, J. Haydn, P. Vallotti, K. Jenkins, O. Ravanello. Originali sono state alcune delle orchestrazioni dei brani appositamente composte dal Maestro direttore. Vi b r a n t e è stata poi l’interpretazione del Violino solista il M.o Glauco Bertagnin su musiche di Antonio Vivaldi, detto il prete rosso, che compose un intero concerto “per la festa della lingua”. I brani “O lingua benedicta” di Francesco Antonio Vallotti maestro di cappella e insigne organista al Santo e di P. G. Catracchia sono stati un crescendo di elevazione spirituale fino al “Si quaeris miracula” del maestro di cappella veneziano Oreste Ravanello che, appellandosi al responsorio di S. Antonio “se cerchi miracoli, scompaiono i pericoli, il bisogno cessa, parlino i

Il M.o Valerio Casarin, direttore della Cappella musicale.

padovani ”…, può essere definito il canto dei miracoli con il desiderio e la speranza di superare con la musica l’indifferenza e i pregiudizi. A conclusione è stato eseguito il “Cantico delle Creature” del francescano Domenico Stella, maestro di cappella ad Assisi (1920), un cantico che rimane nel cuore, un grazie alla vita, alla natura, al creato, un omaggio a Papa Francesco. La serata, che ha visto riempirsi la Basilica, è stata onorata dalla presenza anche di S. Em. Rev.ma il Sig. Cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don – Arcivescovo di Colombo, caro amico dei nostri frati.

S. Em. Rev.ma il Sig. Cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don – Arcivescovo di Colombo con affianco il M. Rev. P. Enzo Maria Poiana, OFM Conv. – Rettore della Basilica.

Un sentito ringraziamento va allo sponsor dell’evento:

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Ordine dei frati minori conventuali Nasce la nuova provincia italiana di sant’Antonio

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l mese di aprile 2013 ha dato alla luce la nuova Provincia Italiana di sant’Antonio di Padova dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, nata dalla fusione tra le province bolognese e patavina. Con la creazione di questa nuova realtà si ritorna al 1217 quando san Francesco d’Assisi stesso istituì la provincia, che raggruppava i frati di un territorio comprendente l’attuale Italia settentrionale, una giurisdizione della quale dal 1227 al 1230 fu ministro provinciale anche sant’Antonio. Nei territori dell’Italia del Nord l’Ordine ha conosciuto nel corso dei secoli un rapido e incoraggiante sviluppo, radicandosi efficacemente nel territorio come presenza francescana animatrice di evangelizzazione, carità e cultura. Si sono succeduti momenti di vivacità e dinamicità quanto a numero di presenze di frati e conventi, vocazioni, opere intraprese ma c’è stata anche l’ora della prova costituita per tutti da ripetute soppressioni subite dagli ordini religiosi da parte dell’autorità religiosa prima e poi di quella civile, dalla bufera napoleonica al Regno d’Italia.

I frati capitolari di fronte al Santuario della Visione a Camposampiero (PD).

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Perfino il convento del Santo, in Padova, per fare un esempio significativo, corre, nel 1867, il pericolo per la propria sopravvivenza a motivo del Regno d’Italia, che nel 1866 aveva annesso il Veneto. Il 23 marzo 1867 il governo italico occupa e s’impadronisce del convento, vi allontana i frati, obbligandoli a passare al clero secolare. Provvidenzialmente per una serie di favorevoli circostanze i frati possono rimanere per assicurare il servizio religioso alla basilica mentre i confratelli della Dalmazia (attuale “Provincia croata di san Girolamo”) vengono in aiuto incorporando il convento del Santo e la Basilica tra i propri conventi. Sono gli anni della Provincia Dalmato-Patavina durata fino al 1907 quando la Provincia Patavina viene resa nuovamente autonoma prendendo il nome conservato sino al 7 aprile 2013 di “Provincia Patavina di S. Antonio”, ripartendo con tre conventi, legati al Santo: il Santo, l’Arcella e Camposampiero, tutti nel territorio padovano. Il secolo XX segna per le Province del Nord Italia una rinascita che porta a un costante incremento

Il M. Rev. P. Giovanni Voltan, nuovo Ministro della Provincia del Nord Italia di sant’Antonio, presiede nella Basilica del Santo la S. Messa la domenica successiva alla sua elezione.

numerico di frati con i conseguenti recupero e riapertura, grazie a pazienti trattative, di chiese e conventi soppressi; all’aprirne di nuovi con l’affidamento da parte delle Chiese locali di parrocchie; a una forte spinta missionaria al di fuori dell’Italia (Brasile, Argentina, Ghana, Indonesia e Cile). In questi ultimi anni la flessione nelle vocazioni ma anche le nuove esigenze organizzative hanno reso opportuno un riaccorpamento delle province del Nord Italia e da qui scaturisce il primo organigramma provinciale votato nella prima sessione del capitolo (vedi foto a fianco): Ministro Provinciale - M. Rev. P. Giovanni Voltan; Definitorio provinciale - vicario provinciale Fra Oliviero Svanera, segretario provinciale Fra Federico Santolin, economo provinciale Fra Carlo Comini, definitore per la pastorale Fra Giancarlo Zamengo, definitore per la formazione iniziale e permanente Fra Antonio Ramina, definitore per le opere antoniane caritative e sociali Fra Giancarlo Capitanio, definitore per la pastorale giovanile e vocazionale Fra Francesco Ravaioli, definitore per le opere missionarie fra Valerio Folli. Il capitolo ordinario dei Frati si era aperto lunedì 8 aprile 2013 nella Basilica antoniana di Padova con una solenne S. Messa presieduta dal Ministro Generale dell’Ordine il M. Rev. P. Marco Tasca con

I frati del Definitorio.

la quale si è anche celebrato, proprio nello stesso giorno, il 750° anniversario del ritrovamento della lingua incorrotta di sant’Antonio. Alla sontuosa cerimonia concelebrata da tutti i frati capitolari era presente anche una folta rappresentanza dell’Arciconfraternita in abito di chiesa, unitamente alle altre realtà associative e ordinistiche, che sono legate alla Basilica. Agli eletti auguriamo un lavoro proficuo e assicuriamo la tradizionale vicinanza dell’Arciconfraternita.

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Antonio e lina Una vita semplice all’ombra del Santo

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rrivo in un assolato pomeriggio settembrino a casa di Antonio e Lina Bertipaglia in quel di Selvazzano Dentro nella provincia di Padova e sono accolta come sempre con grande affetto. Questa volta, però, aleggia nella stanza un lieve disagio: hanno accettato umilmente di rispondere a qualche mia domanda ma si chiedono a chi possa interessare la loro vita fatta di semplici cose quotidiane comuni a tanti di noi. In effetti è proprio la semplicità che caratterizza questa coppia di sposi, nostri confratelli ormai da anni. Il primo a chiedere l’ascrizione al sodalizio è stato Antonio: devoto da quando gli è stato imposto il nome, ogni momento della sua vita l’ha trascorso all’ombra del Santo. La giovinezza, il matrimonio con Lina, l’esperienza da genitori di due splendidi figli di cui vanno giustamente orgogliosi, il lavoro, il riposo dopo la pensione che si trasforma in volontariato all’in-

terno della Basilica, la scelta di entrare nell’Arciconfraternita, la malattia accettata con grandi dignità e serenità. Poi la scelta di Lina, non subito però. Prima ci sono stati lavoretti per la confraternita eseguiti con le sue mani e con tanto amore, poi a poco a poco l’avvicinamento, gli incontri sempre più frequenti, perché anche senza indossare il mantello si sente anche lei coinvolta in prima persona. Chiedo loro se rifarebbero la stessa scelta e la risposta è fin troppo scontata: sono assolutamente felici di questa esperienza, non cambierebbero nulla, sarebbero ancora più contenti se ci fosse qualche incontro in più, per stare insieme più spesso con quanti condividono con loro questa scelta di fede. A questo punto Antonio mi fissa con i limpidi occhi azzurro cielo: “S. Antonio mi è sempre vicino, mi accompagna in ogni momento. Mi basta alzare gli occhi e mi sento bene, in pace”.

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Poi il dialogo divaga e si va indietro nei ricordi: i tempi della guerra, il matrimonio, le nozze d’oro celebrate nella Scoletta del Santo, la Santa Messa della prima domenica del mese che, partecipata sull’altare, fa sentire ancora più vicini al cielo, le processioni per la festa del Santo, il profumo del pane che viene amorevolmente confezionato ogni primo sabato del mese per continuare una tradizione centenaria… Tutto vissuto all’insegna della semplicità e del nascondimento. Prima di lasciarli, Lina mi mostra con orgoglio la foto dell’aereo pilotato dal figlio. Piccolo particolare: sotto la foto l’immaginetta di Sant’Antonio, quasi a chiedere di tenere una mano sul capo del figlio e una… sotto l’aereo!

Sala Priorale della Scoletta del Santo – Il Priore Leonardo Di Ascenzo con la Consorella Lina Pecchielan Bertipaglia.

Le Consorelle e i Confratelli, ovunque sparsi in Italia e nel mondo, sentano l’impegno a far conoscere il nostro sodalizio anche a chi non fosse ancora iscritto. Nel sito WEB confraternale alla sezione “Come iscriversi” si troveranno tutte le modalità da seguire per aderire alla Veneranda nostra Arciconfraternita. Sala Priorale della Scoletta del Santo – Antonio Bertipaglia e Lina Pecchielan Bertipaglia nell’anniversario del loro matrimonio.

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Sala Priorale della Scoletta del Santo - Imposizione del medaglione confraternale ad Antonio Bertipaglia – Croce Pro Ecclesia et Pontifice.


Vita confraternale Uno sguardo sulle attività dell’Arciconfraternita Pubblicazioni Ci complimentiamo con il Confratello il Rev. Don Ennio Grossi per la sua recente pubblicazione dal titolo “La storia e il culto di San Vincenzo Ferrer” pubblicata per i tipi delle Edizioni Kirke. Il volume si apre con la prefazione di S.E. Rev.ma Mons. Pietro Santoro – Vescovo dei Marsi nella quale il presule auspica che: “Il Signore risorto susciti anche oggi cristiani che sappiano operare, come San Vincenzo, il miracolo di una fede rinnovata, capace di inserire, nei solchi sconvolti e desolati del nostro tempo, il seme che apre ad ogni possibile speranza: l’uomo nuovo che nelle Beatitudini colloca l’orizzonte decisivo della propria vita e il fondamento di una società fraterna.”

Copertina dell’opera del Confratello Don Ennio Grossi – Parroco della Comunità di Aielli, Cancelliere Vescovile e responsabile dell’Archivio storico Diocesano dei Marsi: La storia e il culto di San Vincenzo Ferrer.

Domenica 28 aprile 2013 si è svolto il primo pellegrinaggio ufficiale della Confraternita antoniana di Poggio Sommavilla (Rieti) accolta dal nostro P. Cappellano Alessandro Ratti, OFM Conv. unitamente a una delegazione di consorelle e confratelli.

Scoletta del Santo, tenute dal nostro Priore dott. Leonardo Di Ascenzo. Tra queste né ricordiamo alcune speciali concesse a gruppi benemeriti: 28 maggio - Lions Club “San Pelagio” guidato dal presidente dott. Antonio Di Blasi, 8 giugno - Associazione Mogli dei Medici Italiani – Sezione di Padova guidata dalla presidente Marta Giobba, che ha sostenuto il rifacimento del Gonfalone processionale, 27 giugno - Parrocchia di Cirò Marina (KR) guidata dal Confratello il Rev. P. Giovanni Marino.

Nascite Il Confratello Claudio Gugliotti di Castellaneta (TA) ci ha informati della nascita di un nipotino dal fratello maggiore; al bimbo, al quale diamo il nostro benvenuto, è stato imposto il nome di Antonio.

Battesimi Ci congratuliamo con i confratelli Tura di Asiago per il battesimo del loro nipotino, lo scorso 15 giugno, al quale è stato imposto di nome di Luca Vasco Giovanni Antonio.

Un’immagine della Statua di sant’Antonio di Padova nella Chiesa di Poggio Sommavilla.

Alla Scoperta della Scoletta del Santo

Pellegrinaggi La Confraternita antoniana di Poggio Sommavilla (Rieti) di fronte alla Scoletta del Santo a Padova, dopo la S. Messa del pellegrinaggio di domenica 28 aprile 2013.

24 Il Priore. Leonardo Di Ascenzo sostiene il gonfalone rinnovato dell’Arciconfraternita tra le partecipanti alla visita guidata, appartenenti all’Associazione delle Mogli dei Medici Italiani.

In occasione dell’anno centenario della “Lingua del Santo” sono state riproposte con successo le guide storico-devozionali della Sala Priorale della

I confratelli Mirko e Matteo Antonio Tura di Asiago (VI) posano con il nipotino Luca nel giorno del suo Battesimo.

Grazie

e

Benedizioni ai Benefattori!

La devozione, che ha ispirato loro tanta comprensione e generosità, gli meriterà la benevolenza particolare del nostro Santo. Immacolata Caraccioli (per grazia ricevuta) – Agrigento, Giorgio Pieretto – Alberese (GR), Margherita Pipitone – Erice, Maria Santoro – Anzio, Antonio Palone – Artena (RM), Mirko Tura - Asiago (VI), Girolamo De Caprio – Bagnolo in Piano, Maria Strati – Bianco (RC), Concetta Tunzi e Maria Demarco – Bitetto (BA), Adamo Iseppi – Bologna, Antonia Chieffo – Brindisi, Lucia Sechi – Cagliari, Nereo Basso – Campodoro (PD), Francesco Iraci Sareri – Capizzi (ME), Bernardino Dal Farra – Carignano (TO), Antonio Cappelli – Carsoli (AQ), Giorgio Nidasio – Cassolnovo, Claudio Gugliotti – Castellaneta (TA), Confraternita antoniana - Castrignano del Capo, Giuseppina Coniglione e Antonia Giordano – Catania, Marco Piccioni – Cerveteri, Alberto Dossetto – Chiaverano (TO), Roberto Dal Cin – Codognè (TV), Giuseppe Fachetti – Codogno (LO), Giuseppe Masiero – Conselve (PD), Francesco Bodulic – Cosenza, Rosamaria Rizzi – Firenze, Vincenza Carbone – Forlì, Francesco Ferro – Frattamaggiore (NA), Don Maurizio Qualizza – Gradisca d’Isonzo (GO), Maria Giandolfo – Gualtieri Sicamino, Giulio De Vecchi – Irlanda, Maria Antonietta Zanet – Jesolo Lido, Rita Quarta – Lecce, Luigia Savioni – Legnago (VR), Anna Marra – Lesmo, Adriana Novelli – Loreto, Anna Zaccariello – Macerata Campania, Giuseppe Pigozzo – Maerne di Martellago (VE), Sante Minardi, Valentino Cervellera e Palma Indelicato D’Aria – Martina Franca (TA), Gianni Antonio Fagioli (lascito testamentario) e Maria Valeria Morani – Milano, Maria Teresa Vanzan – Mogliano Veneto (TV), Claudio Ceccaroni – Montegrimano (PU), Paola Santaniello – Napoli, Alessandro Albonico – Olgiate Comasco, Mariella Mazzetto, Giorgio Mastella, Lions Club “San Pelagio”, Romeo Florettini, Pia Unione Macellai Militi dell’Immacolata (pro Premio della Bontà), Bruna Ferrari, Antonina Zago, Edda Biasietto Pietra, Antonella Condè, Maria Pia Olivieri Di Blasi, Valeria Giancola, Carla Paroli (pro Cristo Morto), Antonia Zago, Maria Beatrice Borgatti Meschia, Ugo Benettolo, Gabriella Andreetta, Teresa Gaspari, Bruna Ferrari, Leone Leonelli, Gian Paolo Tosato, Ugo e Chiarina Benettolo Zampiron – Padova, Tiziana Cuccolo – Pescina (AQ), Parrocchia – Convento S. Francesco – Pistoia, Elisabetta Barbaro Cinneri – Plati (RC), Confraternita antoniana – Poggio Sommavilla (RI), Giuseppe Garavello – Pon-

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tecchio Polesine (RO), Rosella Gumiero – Porto Viro (RO), Silvia Azzali – Pozzolengo (BS), Pietro Freccero - Rapallino, Antonio Stoppello, Murillo Teddy e Vito Sorino – Roma, Sisto Marquis – Saint’Vincent (AO), Teresa Dalla Via – San Pietro in Gu (PD), Raffaele Sguazzo – Salerno, Teresina Campagnaro Tiso, Gian Carlo Marangon e Antonia Galeazzo, Donato Di Ascenzo e Gabriella Vecchio – Selvazzano Dentro (PD), Antonietta Capra – Siano (SA), Clara Papa – Spinea (VE), Giuseppe Falsone – Strà, Antonio Dichiarante – Stradella, Francesco Barranca e Maria Antonia Caputo – Torino, Maria Coser – Trento, Maria Bruna Mattarollo e Anna Felice De Carolis – Treviso, Ettore Delise – Trieste, Parrocchia di san Clemente I e

Antonietta Lenci – Velletri (RM), Dario Forcheri – Vendone (SV), Marilena Berti e Emmanuele Grandi – Venezia, Wolfgang Breitenthaler – Vienna, Don Oliviero Faustinoni – Villa Carcina (BS), Giulio De Vecchi – Irlanda, Rita Paganin. Per le donazioni tramite bonifico bancario, Vi preghiamo di segnalare il Vostro indirizzo sulla causale per poterVi inviare il nostro grazie!

AVVISO IMPORTANTE agli ASCRITTI! Quota sociale per l’anno 2013: a 15,00

SS. Messe richieste al P. Cappellano Beati mortui qui in domino moriuntur!

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Il P. Cappellano, al quale su delega del Moderatore spetta assistere i Confratelli nelle loro necessità spirituali, ha celebrato, a norme di canone, le seguenti Sante Messe (tra parentesi il numero delle Ss. Messe), qui elencate dall’ultima pubblicazione del notiziario: - (3) di suffragio della Consorella Lisa GUARDA NARDINI, nata a Padova il 25 maggio 1933, ascritta dal 25 gennaio 2003 e tornata alla Casa del Padre nell’anno corrente 2013, - (3) di suffragio del defunto Armando Stona per volontà del Confratello Mirko Tura di Asiago (VI), - (2) di suffragio dei defunti Alfonso Milone e Rosa Milone per volontà del Confratello Giovanni Milone di Padova, - (1) di suffragio della defunta Maria Brullato per volontà del marito il Confratello Celso Carlo Zacchei di Taranto, - (1) secondo le intenzioni del Confratello Giorgio Pieretto di Alberese (GR), - (7) di suffragio dei defunti Gisella, Calogero, Vincenzo, Giuseppina, Giuseppe, Pietro, Giovanni e Antonina per volontà di Francesca Ferrantelli di Brescia, - (2) di suffragio dei defunti Cosimo e Angela genitori dell’offerente Maria Santoiemma di Mottola (TA), - (1) di suffragio dei familiari defunti della Consorella Vittoria Sgrò di Monterotondo (RM), - (1) di suffragio dei defunti familiari della Consorella Angela Biallo di Verona, - (1) di suffragio della defunta Maria Cerasuolo Spera per volontà del Confratello Gennaro Spera di Roma,

- (5) secondo le intenzioni di Alberto Calcagno di Rapallo, - (1) di suffragio dei defunti genitori del Confratello Giorgio Pieretto di Alberese (GR) per volontà dello stesso, - (1) di suffragio del defunto Luigi Dalla Via per volontà della Consorella Teresa Dalla Via di San Pietro in Gu, - (1) di ringraziamento per Oscar per volontà della Consorella Teresa Dalla Via di San Pietro in Gu, - (1) di suffragio del defunto Emilio Di Marco nato il 26 agosto 1940 e tornato alla Casa del Padre il 26 ottobre 2002 per volontà di Angelo Di Marco, - (1) di suffragio del defunto Lorenzo Contri, tornato alla Casa del Padre il 2 marzo 2013, per volontà della moglie la Consorella Teresa Gaspari Contri di Padova, - (1) di suffragio del defunto Mario Tiso per volontà della moglie Teresina Campagnaro Tiso di Selvazzano Dentro (PD), - (1) di suffragio del defunto Olindo Scotton per volontà della moglie la Consorella Zita Zago di Padova, - (2) di suffragio dei defunti Angelo (anniversario della morte il 2 giugno) e Viviana (anniversario della morte il 18 giugno) per volontà del figlio Alessandro Angeli, - (1) secondo le intenzioni del Confratello Mirko Tura di Asiago (VI), - (1) secondo le intenzioni di Lorenzo Filippone di Monteforte Irpino (AV), - (3) di suffragio dei defunti del Confratello Gaetano Calandra di Capizzi.

Attestazioni di riconoscenza I ringraziamenti fanno bene al cuore! Eparchia di Barentù Pubblichiamo la lettera a firma di S.E. Rev.ma Mons. Thomas Osman, OFM Capp. con la quale veniamo ringraziati per il sostegno che abbiamo fatto giungere alle opere eparchiali: un contributo di € 500, raccolto grazie alla generosità di lettrici e lettori, benefattrici e benefattori, consorelle e confratelli. L’occasione ci è gradita per ricordare nella preghiera di suffragio il Rev. P. Agostino Varotto, OFM Conv., che fu l’ispiratore dell’iniziativa e che è recentemente e improvvisamente tornato alla Casa del Padre.

Obolo di San Pietro Pubblichiamo anche la lettera della Segreteria di Stato Vaticana con la quale l’Arciconfraternita viene ringraziata per il contributo che ha voluto far giungere alle opera di carità del Papa in occasione della Cerimonia conclusiva del 38° Premio della Bontà. Focus Nasce con lo stesso cristianesimo la pratica di sostenere materialmente coloro che hanno la missione di annunciare il Vangelo, perché possano impegnarsi interamente nel loro ministero, prendendosi anche cura dei più bisognosi (cfr Atti degli Apostoli 4,34; 11,29). Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, che decisero di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre. Così nacque il “Denarius Sancti Petri” (Elemosina a San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei. Questa, come altre pratiche analoghe, passò attraverso molte e diverse vicissitudini nel corso dei secoli, fino a quando fu benedetta dal Papa Pio IX, con l’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871. Attualmente, questa colletta ha luogo in tutto il mondo cattolico, per lo più il 29 giugno o la domenica più vicina alla Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

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Papa francesco Non abbiate paura della tenerezza

I

l primo Papa giunto dalle Americhe è il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, arcivescovo di Buenos Aires dal 1998. È una figura di spicco dell’intero continente e un pastore semplice e molto amato nella sua diocesi, che ha girato in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore. È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20

maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale. Come motto sceglie Miserando atque eligendoe nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al ministero episcopale. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008. Intanto, nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI. Come arcivescovo di Buenos Aires — tre milioni di abitanti — pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme. Nel settembre 2009 lancia a livello nazionale la campagna di solidarietà per il bicentenario dell’indipendenza del Paese: duecento opere di carità da realizzare entro il 2016. E, in chiave continentale, nutre forti speranze sull’onda del messaggio della Conferenza di Aparecida nel 2007, fino a definirlo «l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina». Viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013.


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