AQM Vol. V - Parte Prima. Metallografia

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Luce monocromatica

Ossido epitassico

Superficie polimentata

attacco corretto permette una buona visione e interpretazione della microstruttura. Dunque si consiglia d’attaccare sempre in difetto ed eventualmente ripetere l’attacco fino ad ottenere il corretto contrasto strutturale. In tal modo si eviterà di dover rilucidare la provetta troppo attaccata. Le figure 1.245, 1.246 e 1.247 si riferiscono a una provetta d’acciaio al carbonio sinterizzato, attaccata insufficientemente, correttamente ed eccessivamente. È chiaro come soltanto l’attacco intermedio permette la corretta valutazione della morfologia della perlite.

Luce bianca o Superficie dopo attacc

Grano

Figura 1.244. Schema della formazione di un ossido epitassico dovuta all’attacco micrografico e colorazione monocromatica del raggio diffratto.

Nella micrografia tradizionale si usano normali reagenti chimici (soluzioni) applicati alla superficie per deposito di qualche goccia sulla provetta o per immersione dell’intera provetta nella soluzione d’attacco. Contrariamente a quanto qualcuno talvolta suggerisce, la superficie della provetta micrografica non deve essere toccata, né strofinata per nessuna ragione durante o dopo l’attacco chimico. In caso contrario la microstruttura osservata sarà alterata per l’anomala formazione degli ossidi epitassici e per probabile incrudimento del primo sottilissimo strato, già sufficiente per ridurre la risoluzione se non addirittura annebbiare l’immagine. Alcuni reattivi micrografici sono stabili e durano a lungo dopo la preparazione; altri sono labili e la loro efficacia si perde nel tempo. Perciò devono essere usati subito dopo la preparazione e talvolta non oltre una trentina di minuti. La scelta del reattivo dipende dalla composizione del metallo o lega della provetta, dal suo stato metallurgico (trattamento termico) e dallo scopo dell’esame micrografico. Esistono reattivi generici, che danno informazioni di base (contorni del grano, microstruttura in generale) e altri specifici, utili per riconoscere alcune fasi presenti non classificabili univocamente dopo l’attacco generico. I reattivi micrografici sono generalmente soluzioni molto diluite, alcoliche o acquose, di acidi o di basi inorganici e talvolta soluzioni di composti organici, che hanno lo scopo d’attaccare selettivamente e/o di colorare in modo preferenziale le singole fasi. Per leghe ferrose, i reattivi d’uso generale, cioè quelli che evidenziano globalmente la microstruttura, sono sempre soluzioni acide diluite (per esempio il nital 2 % o il picral 4 %, cioè soluzioni alcoliche d’acido nitrico o picrico), mentre quelle usate per le leghe di rame o d’alluminio sono per lo più soluzioni basiche (per esempio soda caustica al 10 % in acqua distillata). Tuttavia non mancano reattivi generici o specifici basici per leghe ferrose e acidi per le leghe di rame e d’alluminio. La scelta del corretto reattivo d’attacco metallografico richiede a priori la conoscenza del tipo di lega che si deve attaccare, ma anche delle fasi della microstruttura che si desiderano evidenziare e riconoscere. Di seguito sono descritti alcuni dei reattivi utili per la micrografia delle leghe ferrose, di rame e d’alluminio. Si rimanda alla letteratura assai ricca sull’argomento chi volesse sperimentare reattivi d’attacco diversi da quelli descritti. La durata e l’aggressività dell’attacco micrografico deve essere ben dosata per evitarne il difetto o l’eccesso; infatti, se l’attacco è insufficiente o eccessivo alcune fasi potrebbero sfuggire all’esame microstrutturale perché non adeguatamente evidenziate, oppure troppo aggredite. Soltanto un

Figura 1.245. Provetta d’acciaio al carbonio sinterizzato insufficientemente attaccata. La perlite non è evidente. Attacco nital 2 %. 300 x.

Figura 1.246. Provetta d’acciaio al carbonio sinterizzato correttamente attaccata. La perlite è chiaramente definita. Attacco nital 2 %. 300 x.

L’attacco micrografico può essere seguito al microscopio a basso ingrandimento (massimo 100 x) quando si disponga di un obiettivo a lunga focale. In tal caso si pone qualche goccia di reattivo sulla provetta posizionata per l’osservazione, si focalizza e si osserva il progredire dell’attacco. Trascorso il tempo ideale, che dà una visione perfetta della struttura, l’attacco è subito arrestato con lavaggio della superficie della provetta mediante alcool etilico distillato e immediata asciugatura con aria calda del phön. Si consiglia di tenere inclinata la provetta durante l’asciugatura in modo che l’ultima goccia che evapora finisca in una zona di scarsa rilevanza per l’osservazione. In tal modo gli inevitabili aloni, che si concentrano nell’ultima zona asciugata, finiranno fuori dal campo d’osservazione.

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