APPUNTI ALESSANDRINI N.9-10

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Newsletter mensile di politica e attualità

Pubblicazione non destinata alla vendita a circolazione interna mediante diffusione on on-line

ANNO 4 N. 9 SETTEMBRE 2010 ●

EDITORIALE

www.issuu.com/appuntialessandrini ●  appunti.alessandrini@alice.it

La bancarotta politica di un Paese pronto ad esplodere

Cosa ne sarà della legalità?

SULLE REGOLE Carlo Piccini ● Di questo scorcio d’estate 2010 non so se ci resterà memoria dei Ministri leghisti contestati a Bergamo (da squadracce di teppisti, sia ben chiaro), o dei lanci di piatti e stoviglie in casa del “partito dell’amore”, oppure delle lettere in ordine sparso pubblicate da parte democratica sui principali quotidiani. Forse ricorderemo i richiami del Presidente Napolitano sulla vicenda Fiat/Fiom di Melfi. Personalmente sono certo che non dimenticherò quel signore ultrasettantenne al mare, abbronzato, appena sceso dalla barca, con una T-shirt nera con la scritta in bianco “VALE TUTTO”, mentre si vanta con gli amici di non aver mai pagato un soldo di tasse in vita sua… Un vero paradigma italiano in eredità alle nuove generazioni. Eppure tutte questa vicende, ascrivibili ad effetti le prime, più a cause croniche l’ultima, hanno in comune un termine che, mai come da una ventina d’anni a questa parte, viene ripetuto ed invocato a proposito ed a sproposito da chiunque (forse anche da quel signore incrociato all’Elba): “Legalità”. Come sia possibile che tutti, ma proprio tutti ne rivendichino legittimamente l’uso, a prescindere da idee politiche e convinzioni personali, dipende semplicemente dal fatto che la “legalità” non può essere considerata un valore di riferimento, ma piuttosto un pre-requisito, spesso soggettivo. (segue a pag.4)

La necessità di "buoni maestri" per invertire la rotta Marco Ciani ● Durante la visita del dittatore libico Gheddafi in Italia qualcuno ha osservato che sembravamo essere diventati una specie di Disneyland. Da lì in poi, una rapida successione di altri spettacoli, in realtà assai più lugubri e affatto divertenti, rubavano la scena politica nazionale. Si inizia a fine agosto con la contestazione di 400 ultrà dell'Atalanta a suon di spranghe e molotov contro la Lega Nord al Berghem Fest, per la "tessera del tifoso". Seguono le proteste contro il sottosegretario Gianni Letta alla festa della Perdonanza dell'Aquila e contro il Senatore Dell' Utri, recatosi a Como per presentare i diari - probabilmente falsi - del Duce, senza poter aprire bocca. Quindi, i fischi al Senatore Marini alla festa dei democratici a Torino, proseguiti con la ben più pesante contestazione organizzata da popolo viola e grillini al Presidente del Senato, così giustificata da Antonio Di Pietro: "Sono semplicemente difensori della legalità, della democrazia e degli onesti cittadini". Il giorno seguente Gianfranco Fini teneva a Mirabello un discorso di rottura con il Cavaliere, annunciando che il PdL era morto, ma che FLI, cioè il suo nuovo gruppo - con grande senso di equilibrismo - rimaneva nella maggioranza (?!). Il giorno precedente gli stessi futuristi avevano accusato frange del PdL con a capo il ministro Brambilla di preparare "squadristi" anti-Fini. A stretto giro di posta si riunivano Bossi e Berlusconi. Al termine il leader della Lega, contro ogni prassi costituzionale, annunciava la richiesta di un incontro con il Capo dello

Stato per chiedergli d di "spostare" Fini dal suo ruolo, quasi fosse un suo dipendente. Non contento, rincarava la dose di lì a poco, sentenziando contro il governo governo: “O Berlusconi si dimette o la Lega vota contro la ffiducia sui 5 punti”. In un cupio dissolvi parossistico, avveniva, infine, l'episodio più grave. Sempre durante la Festa del PD - partito sostanzialmente assente dalla vita politica italiana italiana, se non quando si tratta di litigi interni - si svolgeva un dibattito sul lavoro al quale era invitato il Segretario della Cisl, Bonanni. Ill leader sindacale è stato duramente contestato e questa volta il dissenso non si è limitato a fischi e urla, ma è giunto fino al lancio di un fumogeno contro l'ospite del giorno da parte di una ragazzina di 24 anni del centro sociale le torinese Askatasuna Askatasuna, Rubina Affronte, figlia di un magistrato magistrato. Con questo passaggio da tunnel della paura paura, per rimanere nella metafora del Luna Park, che è stato giustamente condannato da (quasi) tutto il mondo politico come atto squadr squadristico, si chiude la carrellata sui rrecenti fatti di cronaca politica. Rimane l'interrogativo, se quanto sta accadendo nel nostro Paese sia no normale per una nazione moderna, o occidentale, democratica. Ci chiediamo come reag reagirebbe l'opinione pubblica in Francia, Germania, Inghilterra, o negli Stati Uniti, se anche uno solo degli avvenimenti descritti fosse aaccaduto colà invece che da noi. Ha ragione Bonanni a dire che vi ssono in giro troppi cattivi maestri. E che costoro sono più responsabili della ragazza con la faccia pulita e la testa infarcita di idiozie che ha tirato il bengala. (segue a pag.4)


La vita autentica (*) Che l'essenza del mio essere uomo (la libertà) si compia nella relazione ordinata (il bene e la giustizia) è il punto archimedeo della mia vita. Facendo leva su questo punto d'appoggio sollevo me stesso, posso prendere in mano la mia vita, so cosa sono, attivo la mia natura profonda, ottengo il fondamento tutto mio, individuo la roccia su cui costruire la mia casa. Su questa base rispondo alla domanda posta all'inizio di questo piccolo saggio: che cosa faccia di un uomo un uomo vero. Un vero uomo è tale per il modo in cui interpreta l'essenza specifica della natura umana, cioè la libertà. Un vero uomo è l'uomo libero da ogni servilismo esteriore, che non si inchina a baciare la mano di nessuno, né desidera che qualcuno si inchini a baciare la sua, atteggiamenti che contrassegnano l'esistenza all'insegna del potere e non della libertà. Ed è libero da ogni servilismo interiore, ripulisce la mente da parole e concetti uditi da altri, se non ne è intimamente convinto. Egli non ubbidisce, pensa. Ma pensa per cercare di obbedire alla verità, perché sa che la più dura prigionia è quella verso se stessi e che essa può venire sconfitta solo da un amore più grande di quello verso se stessi, l'amore, appunto, per la verità che si dice come bene e come giustizia. [...] Per alcuni il viaggio verso l'autenticità sarà un esodo verso una patria, per altri solo un esodo senza patria, un'odissea senza Itaca. Penso che però per tutti valgano le celebri parole dell'Ulisse dantesco, secondo le quali, alla luce della nostra esistenza di uomini, la vita autentica è quella vissuta all'insegna del bene (virtute) e dell'amore per la verità (canoscenza). Impostare tutte le relazioni sulla base di questi valori è la più grande fortuna che possa capitare nella vita. (*) da "La vita autentica", di Vito Mancuso, ed. Raffaello Cortina Editore, 2009, pagg. 169-171

APPUNTI ALESSANDRINI

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QUI ALESSANDRIAL Ritorna

il problema rifiuti urbani

E’in ritardo la discarica civilmente accettata Dario Fornaro ●

Per certi versi è una storia deamicisiana, almeno nel prologo, se ci fosse un De Amicis dei rifiuti e dell’ emergenza smaltimenti sempre alle porte. Avviene, molti mesi addietro dalle nostre parti, che la cauta istruttoria tecnico - politica indetta dal Consorzio Rifiuti Alessandrino per localizzare la nuova discarica per rifiuti urbani e assimilati – sostitutiva di quelle malandate e in esaurimento di Castelceriolo e Mugarone – si concluda, imprevedibilmente e senza colpo ferire, con la civile, responsabile accettazione dei Comuni di Quargnento e Solero di ospitare, a cavallo dei rispettivi confini, la da tutti agognata, e da questi non esecrata, pubblica discarica del prossimo decennio. Decisione, delle due Amministrazioni, non certo facile e non priva di qualche sofferenza, ma maturata con notevole e civile consapevolezza del “bene comune”, anche, eventualmente, in versione federalista, quella vera. Decisione impegnativa e politicamente corretta (senza virgolette), perché assunta da chi ne aveva competenza e legittimità, senza che la palla – come spessissimo avviene – venisse passata alla “piazza” e alle consuete tempeste polemiche con le quali taluno si preoccupa, è vero, dell’ambiente, ma talaltro si edifica una carriera politica (ogni riferimento locale non è casuale) . Né si può sospettare un deficit di reattività, da parte dei due Comuni, visto che salirono anch’essi sulle barricate, diversi anni fa, di fronte alla ventilata piattaforma di San Michele per i rifiuti industriali. Roba mai vista, insomma, da iscrivere in Albo d’onore, se mai ci fosse. Trovata pacificamente la localizzazione, ci si sarebbe aspettati che la realizzazione della discarica procedesse a spron battuto, evitando, sia pure di misura, la già prospettata fase d’emergenza, che sembra ormai connaturata ad ogni problematica ambientale. 2

Inspiegabilmente la vicenda discarica ha, invece, rallentato il passo; i lavori inizieranno, forse, l’anno prossimo e l’emergenza è puntualmente alle porte con la chiusura, non più derogabile, di Castelceriolo e Mugarone. Nel secondo caso, con i saluti dell’ultima grana-puzze per conferimento di fanghi di depurazione. “Ritardi burocratici” fanno brevemente sapere dal Consorzio e dall’ARAL (braccio operativo del primo per gli impianti di trattamento e smaltimento) e i rifiuti non più collocabili nelle nostre discariche li porteremo a Parona (Lomellina) ove ci faranno un buon prezzo.

In altri tempi, in altre politiche, in altre cronache , questo veloce e sibillino trarsi d’impaccio avrebbe suscitato qualche pesante e pressante interrogativo agli Enti coinvolti, Comune capoluogo in primis. Oggi la consegna, osservata a destra, a manca e in pagina, sembra essere: basso profilo! Bassissimo poi sui permanenti intrecci societari tra Enti e Imprese in ambito rifiuti, non sempre chiaramente finalizzati all’interesse economico e ambientale, dei cittadini. In ogni caso, e per concludere, il decisionismo sul Ponte Cittadella, abbattuto in un amen, e l’attendismo sulla discarica, sembrano delineare uno strano modo, e una discutibile coerenza, di evocare-invocare le emergenze pubbliche sulle quali impegnarsi, politicamente e mediaticamente.

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L’INTERVISTAL

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ll discepolo di don Tonino Bello ci parla della sua missione

La lotta contro sfruttamento, mafia, discriminazioni e per una Chiesa rinnovata A cura di Carlo Piccini ● Su Appunti Alessandrini abbiamo recentemente dato spazio al referendum per l’acqua pubblica. Il 29 luglio scorso l’ONU ha dichiarato, su proposta della Bolivia, che “l’accesso all’acqua è un diritto umano”. Un breve commento? Sull’acqua si sta giocando una partita importantissima in cui con una spinta dal basso impressionante e imprevedibile si sta affermando globalmente un diritto e un bene comune che i potenti vorrebbero “privatizzare”. Il tutto avviene senza proclami televisivi e spot sapientemente dosati ma semplicemente con un passaparola che parla alla pelle della gente. Un milione e 400mila firme raccolte in Italia sono un successo soprattutto se rapportato al dramma che, sull’accesso all’acqua potabile, si vive nelle zone di miseria del mondo. Pertanto oltre all’effetto concreto di segnare un passo avanti nel conseguimento di un diritto per la vita della gente, questo movimento indica una strada molto precisa per le lotte future di chi ha a cuore il destino del pianeta. Le istanze dei new global sono ancora attuali. Nel 2008 nasce FLARE (Freedom, Legality and Rights in Europe). Con quale scopo? Le mafie si sono globalizzate da tempo! Non si può sperare di contrastarle senza un’azione antimafia coordinata ed estesa su un piano altrettanto globale. FLARE nasce come prima rete europea di organizzazioni di base che vogliano offrire un contributo di competenza ed esperienza su scala europea. In questa direzione il primo obiettivo che ci si prefigge di raggiungere è una direttiva europea che preveda dispositivi per l’uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. L’esperienza italiana ci dice che questo è un elemento indiscutibile di successo perché colpisce le mafie al cuore dei loro interessi e pone un segnale forte in un territorio.

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don Tonio Dell'Olio Si pone come elemento di liberazione per la gente che abita nelle aree affette dal cancro delle mafie. Il 10 dicembre prossimo a questo scopo parte la campagna per la raccolta di un milione di firme in Europa. L’8 dicembre 2007 lei scrisse una lettera aperta alla Senatrice Binetti. Perché penso che il Vangelo è il Vangelo dell’accoglienza e del rispetto, della giustizia e della liberazione integrale di ogni uomo e di ogni donna che abiti la terra. In quell’occasione, facendosi forte di un’interpretazione falsa e bigotta delle sacre scritture e poco rispettosa della laicità delle istituzioni pubbliche, la senatrice Binetti si schierava dalla parte della discriminazione delle persone omosessuali. Rileggendo la parabola del buon samaritano, a me sembrò di poterla attualizzare vedendo nel malcapitato tutte le persone discriminate oggi nel mondo. Davanti alla vita che urla dignità, sono convinto che anche la Binetti sia chiamata a non passare oltre. È su queste coordinate che dobbiamo ordinare il nostro credere. Padre Zanotelli, don Ciotti, don Gallo, come tanti religiosi che fanno della strada, della pace e dei diritti umani la loro missione, sembrano essere tutte personalità prevalentemente “mature”… 3

In qualità di “giovane rampollo della vigna” di don Tonino Bello, come vede le nuove generazioni di sacerdoti da questo punto di vista? Spesso sono il frutto di una formazione generata da una comunità ecclesiale timorosa delle aperture e dell’ attenzione concreta alle persone. Don Tonino Bello ci ha insegnato ad elevare a dignità politica ogni prossimità e pertanto accoglieva gli albanesi, gli sfrattati, i marocchini nel suo palazzo vescovile, ma nello stesso tempo chiedeva leggi adeguate all’ accoglienza, un censimento delle case sfitte, l’uso dei beni della chiesa a questo scopo. A me sembra che questa cultura della comunità sia rara nei giovani preti. Eppure la gente ci riconoscerà da questo e il Signore ci giudicherà per questo. Rintanarsi oltre la coltre di incenso del cerimoniale liturgico lasciando il mondo fuori è un segno di paura e di rinnegamento del vangelo della vita. Peraltro invece incontro giovani preti attenti alle nuove povertà e pronti ad accogliere la sfida della strada. Avrebbero solo bisogno di chi organizzi con loro una pastorale coraggiosa e aperta riconoscendo carismi e profumo di vita.

DON TONIO DELL'OLIO Sacerdote italiano, nato il 6 febbraio 1960, responsabile del settore internazionale dell'associazione Libera e direttore della rivista Caposud. In passato è stato coordinatore nazionale di Pax Christi. Attualmente è membro dei direttivi del CIPAX (Centro Interconfessionale per la pace) e della Tavola della pace. Suoi scritti sono apparsi su numerose testate (tra cui Jesus, Famiglia Cristiana, Micromega, Aggiornamenti Sociali). E' redattore di Mosaico di Pace - rivista promossa da Pax Christi e fondata da don Tonino Bello, di cui è stato direttore, per il quale pubblica una rubrica quotidiana online dal titolo Mosaico dei giorni. Ha contribuito a dar vita a Medlink, una rete di associazioni italiane impegnate nel tessere intrecci e reti di conoscenza, scambio e di promozione dei diritti nel bacino del Mediterraneo con altre realtà della società civile.

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SULLE REGOLE

(Editoriale - continua da pagina 1)

Legalità significa, nell’accezione più semplice, “rispetto delle regole”. E le regole, fin da bambini, siamo tutti più portati a rispettarle quando le riteniamo “giuste”. Legalità concepita dunque non come mero rispetto di regole calate, ma più come prerequisito di “giustizia”. Lo stesso senso di giustizia che porta ciascuno di noi ad obbiettare una legge che si ritiene ingiusta o, nel caso di una società democratica, di modificarla o di abrogarla a maggioranza. Indubbiamente la giustizia è un valore di riferimento, ma anche qui non si tratta di un valore assoluto. Nella prima metà del secolo scorso le leggi razziali erano date per giuste e sarebbe stato illegale non rispettarle. Nella cosiddetta cultura occidentale, dalla Grecia classica (culla della democrazia) fino alla guerra di secessione americana, la schiavitù era legale e giusta. Lo è ancora oggi la pena di morte in molti paesi ritenuti civili e l’apartheid era legge fino al 1990. E che dire della tortura utilizzata per secoli come strumento di giustizia, anche dalla chiesa, mentre oggi è considerata uno dei reati più gravi. Una legge è giusta nell’ambito della cultura che l’ha prodotta. Un atto è legale dipendentemente dal contesto geografico e storico in cui viene compiuto. Richiamarsi genericamente alla legalità, se non si dichiara contestualmente il modello sociale a cui vogliamo fare riferimento, è un non senso.

(continua da pagina 1)

Ed ecco come secondo Gherardo Colombo (“Sulle regole” – 2010, Feltrinelli ,156 pp) esistono società “verticali”, in cui l’essere umano è strumento sottomesso ad una ideologia politica o di mercato, con una struttura fortemente gerarchica ed esclusiva. Qui la legalità tutela l’interesse di alcuni a discapito di molti. Ne sono state un esempio le diverse dittature (rosse e nere) del secolo scorso, le “colonie” mercantili nel sud del mondo e lo sono oggi le mafie, seppure in ambito sommerso. Viceversa possono esistere società più “orizzontali” in cui l’essere umano è centrale, dove politica e mercato gli sono funzionali, con una struttura paritaria ed inclusiva. Qui la legalità tutela il merito del singolo, ma nel rispetto dei diritti di tutti e delle pari dignità. Ci sono poi innumerevoli modelli intermedi, ma è indiscutibile come storicamente, sia pure con alterne vicende, a scala plurisecolare sia tutto sommato cresciuta la componente orizzontale. Non si può non osservare che quest’ultima è la componente che traspare anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla nostra Carta Costituzionale. Allora se ci crediamo, non dimentichiamo di precisare a quale idea di società facciamo riferimento la prossima volta che utilizzeremo questo termine controverso. Per noi è quella disegnata dalla Costituzione. Non si tratta di destra e di sinistra, ma diffidiamo dalle idee di legalità “tarocche” ed antistoriche.

APPUNTI ALESSANDRINI Ap ● per un dibattito politico ANNO 4 N.9 Settembre 2010 Coordinatore: Agostino Pietrasanta Staff: Marco Ciani ● Walter Fiocchi Dario Fornaro ● Roberto Massaro Carlo Piccini Per ricevere questa Newsletter manda una mail all’indirizzo

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Possibile che il giorno dopo l'aggressione ci sia stato chi a sinistra si adoperava per giustificare il gesto con il clima sociale o le scelte di un sindacato? O chi, dall'altra sponda, cercava di colpevolizzare il partito che aveva ospitato il dibattito, sostenendo che vi è in esso "un'anima squadrista"? Invece di pensare ai problemi veri, come lavoro, crisi, rilancio della pubblica istruzione, o la nomina del ministro per le attività produttive e del presidente Consob? Beh, se questa è la giostra su cui gira ormai la nostra politica, fateci scendere al più presto. Ma cosa possiamo contrapporre a questa classe dirigente disgraziata e senza pudore, di destra, di centro e di sinistra che offre continuamente spettacoli del genere, soprattutto alle nuove generazioni? Che potere ha il cittadino di cambiare le cose se l'offerta politica risulta così palesemente inadeguata alle necessità di sviluppo armonico della nazione? Onestamente non è facile trovare una risposta efficace. E' importante però che, almeno per quel tanto che le leggi elettorali consentono dopo l'introduzione della porcata di Calderoli e fintantoché non verrà sostituita, si cerchino di promuovere, in ogni consesso dove ciò è possibile, persone che diano dimostrazione di responsabilità, rettitudine, equilibrio. Ma soprattutto abbiamo disperato bisogno di "buoni maestri". Senza esempi positivi, tra cui possiamo annoverare con ammirata gratitudine il Presidente della Repubblica, ogni sforzo pedagogico si dimostra vano. A volte si tratta di persone meno importanti: genitori, insegnanti, colleghi, sacerdoti, giornalisti, politici, sindacalisti, forze dell'ordine, magistrati. Con il loro impegno quotidiano unito alle parole possono mostrare ai ragazzi, e non solo a loro, un modo diverso di usare il proprio tempo. Un percorso di vita dove la violenza, in tutte le sue forme sia bandita, il che non esclude affatto la passione, l'impegno, la voglia testarda di adoperarsi per migliorare la società. Non è retorica. Non è utopia. Non è nemmeno un parco dei divertimenti. Ma può diventare, per molti, una buona ragione per cambiare le cose in modo costruttivo e pacifico.

Questa Newsletter non é una testata giornalistica, pertanto non deve essere considerato un prodotto editoriale soggetto alla disciplina della legge n. 62 del 7.3.2001

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