AP SUPPLEMENTO N.0-08

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Pubblicazione non destinata alla vendita a circolazione interna mediante diffusione on-line

ANNO 1 N. 0 DICEMBRE 2008 ● Supplemento mensile di Appunti Alessandrini ●  appunti.alessandrini@alice.it

EDITORIALE

Rivoluzione o catastrofe? A 40 anni dalla sua ricorrenza

Un ulteriore strumento per la comunicazione politica AP RADDOPPIA Agostino Pietrasanta ●

Diamo inizio, dopo qualche riflessione, ad uno strumento supplementare di Appunti Alessandrini. Anch’esso mensile come la newsletter “principale” che è ormai quasi a metà del secondo anno di vita. Le ragioni sono diverse. Cominciamo da una constatazione: ci collochiamo, come noto, nello schieramento di centro/sinistra e seguiamo con attenzione il percorso del Partito democratico (PD). Peraltro non si potrebbe essere presenti nel dibattito politico (ragione esplicitata dal nostro logo) senza dividersi secondo le logiche di una ragionevole dialettica. Per dar ragione della scelta, stiamo identificando gli snodi di cultura politica che la difficile “gestazione del PD” dovrebbe affrontare, dal momento che si tratta di formazione politica che proviene da tradizioni plurali. Ebbene nessuno di tali snodi viene affrontato dal dibattito interno al partito: i criteri di difesa della vita e del suo valore, la questione del monopolio scolastico, la situazione che si sta determinando sulle convivenze di fatto, nonché le risposte che ne dovrebbero conseguire in sede istituzionale, tutto questo non viene sfiorato dal dibattito interno al partito. Occupato dagli assetti di potere, lascia queste questioni alle fughe ideologiche dei gruppi più disparati al sua interno, fughe che creano di fatto frammentazioni senza fine e compromettono la formazione del partito. (continua a pag.2)

Possibile bilancio di un fenomeno che scosse il mondo Walter Fiocchi ●

Non sono un sessantottino, nel senso che il ’68 l’ho vissuto, ma non l’ho fatto. Ma sia pure da “spettatore”, avevo intorno in quegli anni tanti che partecipavano da attori alle lotte, alle speranze, ai sogni, alle illusioni. E anche alle successive degenerazioni. E non potevo in qualche misura non essere coinvolto. Quello che ancor oggi va sotto il nome di “'68” riguarda un processo storico che in realtà copre più anni, prima e dopo quella data. Fu un fenomeno di portata internazionale, che anzi per molti aspetti si configurò in una dimensione mondiale, sia pure con caratteristiche molto diverse fra un paese e l'altro, tra un continente e l'altro. È questo il motivo per cui si può parlare di un evento epocale (senza che questa costatazione comporti necessariamente un giudizio di valore), forse il primo grande fenomeno di “globalizzazione” . In quel contesto mondiale segnato da eventi drammatici e complessi, la speranza di molti fu di andare oltre la crisi. Ma con un forte e ideologico desiderio di far piazza pulita del passato e della tradizione, senza avere in tasca qualche scampolo di progettualità. Sembrava che il positivo potesse sorgere per miracolo dalla distruzione. Il '68 ha cercato di cambiare l'uomo, e in certo modo vi è riuscito. Esso non ha avviato una rivoluzione politica (nonostante il gran parlarne), poiché non ha prodotto nessuna nuova istituzione politica. Ha piuttosto innescato una trasformazione spirituale, ponendosi come uno spartiacque che divide il prima e il dopo.

Uno dei suoi obiettivi polemici fu la realtà stessa della tradizione, sostituita dal cambiamento permanente. Si verificava così la verità di un detto pensato per altre rivoluzioni: in tempo di rivoluzione tutto ciò che è antico è nemico. Da questo atteggiamento derivava anche la priorità della critica sull'edificazione, del negativo sul positivo. Il contro era uno scopo in sé, qualcosa che si giustificava da solo e che rinviava ad un domani indeterminato il momento positivo. Ma è indubbio che allora i giovani avevano un gran voglia di partecipare e un grande senso critico e oggi invece il senso critico non ce l'hanno più. Così il ’68 appare interpretabile come un fenomeno di modernizzazione sociale, culturale e politica, all'insegna soprattutto di una dimensione “anti-autoritaria”. Un grande limite fu però che un movimento che rappresentava, nelle sue espressioni più autentiche e significative, il massimo di “anticipazione del futuro”, si ritrovò ad adottare, da un certo momento in poi, il linguaggio ideologico del marxismo e del leninismo, in tutte le loro varianti. Gli anni ’60-’70 andrebbero poi ripercorsi dalla parte dei cattolici e si scoprirebbe che il contributo dato è molto importante. Nel 1965 si chiude il Concilio Vaticano II. Nel 1967 Paolo VI pubblica l’enciclica Populorum Progressio con una nuova visione mondiale e dedica il 1 gennaio 1968 alla Giornata Mondiale della Pace persuaso che la pace “si fonda soggettivamente sopra un nuovo spirito, che deve animare la convivenza dei Popoli”. (continua a pag.2)


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