IL PASSAGGIO IN GIUDICATO NELLE SENTENZE STRANIERE DI DIVORZIO
U
no dei requisiti che l’ufficiale di stato civile deve verificare, nel caso di trascrizione di sentenza di divorzio (così come per tutte le altre sentenze) proveniente all’estero, è che la stessa sia passata in giudicato. Il passaggio in giudicato significa che la sentenza è definitiva e che, pertanto, si è verificata la modificazione o estinzione di un rapporto giuridico preesistente. È anche ormai acclarato che “il passaggio in giudicato” debba essere individuato secondo la legge straniera. Detto banalmente “Paese che vai, usanza che trovi”: ogni Stato ha le sue regole processuali, pertanto anche l’accertamento della definitività di una sentenza deve essere verificato secondo tale normativa. Questo, talvolta, ci può creare dei dubbi. Cominciamo intanto col dire che per quanto riguarda le sentenze provenienti dai Paesi Europei, tale accertamento è estremamente facilitato in quanto l’allegato I ex art. 39 del Reg. Com. 2201/2003, al punto 7, prevede che l’Autorità che rilascia tale attestazione inserisca anche questo dato (al punto 7, infatti si legge “Contro la decisione può essere ancora proposta opposizione secondo la legge dello Stato Membro di origine”). Pertanto se sarà barrato il Si significa che la sentenza è passata in giudicato se è barrato il No significa che non lo è. Nel qual caso la sentenza non è riconoscibile, secondo quanto stabilito dall’art. 21 c. 2 Reg. Com. 2001/2003 a norma del quale “non è necessario alcun procedimento per l’aggiornamento delle iscrizioni nello stato civile a seguito di decisione di divorzio, separazione o annullamento del matrimonio pronunciata in altro Stato Membro, contro la quale non sia più possibile proporre impugnazione secondo la legge di quello Stato Membro”. Maggiori problemi, invece, possono sorgere nel caso di sentenze che provengono da Paesi Extraeuropei. In molti casi l’attestazione del passaggio in giudicato è contenuta nello stesso testo della sentenza, magari in fondo alla stessa, anche se con
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di Gianna Nencini
“dizioni” diverse rispetto alla nostra. Quindi possiamo trovare scritto che la sentenza è definitiva oppure che contro la stessa non è più possibile proporre ricorso ecc. In ogni caso il risultato non cambia. Non sempre però è così semplice. In alcuni Paesi, ad esempio, l’attestazione della definitività è contenuta in un documento a parte. Pensiamo all’ormai famoso certificato di divorzio australiano il quale non serve per stabilire se la sentenza è o meno
riconoscibile, e dunque trascrivibile, ma che contiene l’attestazione del passaggio in giudicato. Analoga certificazione si deve acquisire per alcune sentenze degli Stati Uniti d’America. Altro caso particolare è quello delle sentenze pronunciate in Paesi di diritto anglosassone. Infatti il common law non ha recepito il relativo principio civilistico romano (del passaggio in giudicato) e pertanto in questi casi è necessario acquisire una attestazione rilasciata dal Senior Legal Advisor (una sorta di cancelliere) in cui si dà atto che la sentenza non è più impugnabile. Ci sono però anche altre situazioni. Ad esempio prendiamo il caso del divorzio notarile proveniente dal Brasile. Si tratta di un documento, molto spesso tradotto in Italiano con il termine “certificato” (che è anche un po’ equivoco), che
contiene un processo verbale redatto da un notaio a cui i due coniugi si sono presentati per divorziare. È un divorzio consensuale che non passa attraverso l’autorità giurisdizionale. Leggendolo, vediamo che in detto documento è inserita la locuzione “le parti richiedono ed autorizzano l’ufficiale di stato civile ad effettuare la trascrizione necessaria dalla quale risulti il presente divorzio”. Tale attestazione può essere considerata valida per soddisfare la verifica del requisito del passaggio in giudicato senza fare ulteriori indagini. Casi forse più complessi si verificano quando abbiamo a che fare con atti che hanno tutto l’aspetto di divorzi notarili o pronunciati da un’Autorità amministrativa e che non contengono nessuna dizione che ci possa far capire che, per quella fattispecie, non necessita il passaggio in giudicato. In questi casi la cosa migliore da fare è interpellare l’Autorità Consolare chiedendo spiegazione relativamente alla modalità di redazione dei suddetti atti di divorzio. Se l’Autorità consolare conferma che non c’è necessità di alcuna attestazione riguardo alla definitività dell’atto, possiamo certamente dare per soddisfatta la verifica del punto “d” art. 64 della L. 218/95. D’altra parte anche in Italia, se fino a pochi mesi fa tutti i divorzi passavano attraverso l’Autorità Giudiziaria, adesso sono di competenza anche degli avvocati e degli ufficiali di stato civile e in quest’ultimi casi non c’è traccia alcuna di passaggio in giudicato perché tali ultimi divorzi nascono da un accordo tra i coniugi che esclude, di per sé, un contenzioso che potrebbe dar luogo ad un successivo ricorso. Finisco per citare un altro caso interessante. Il divorzio pronunciato a Santo Domingo dall’Autorità Giudiziaria, quando è consensuale, non necessita di passaggio in giudicato ma si chiude con la pubblicazione di un estratto della sentenza su un giornale locale. Tuttavia anche in questo caso prima di procedere alla trascrizione sarà opportuno che l’ufficiale di stato civile interpelli l’Autorità consolare così da avere conferma di questa procedura.