Notiziario ANUSCA 2015 - 07/08 - Luglio/Agosto

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NOTIZIARIO ANUSCA Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe

Viale Terme, 1056 • 40024 Castel San Pietro Terme (BO) • tel. + 39 051/944641 • www.anusca.it • e-mail: segreteria@anusca.it • sped. in abb. post. AP 45% art. 2. comma 20/b legge 662/96 - DCI Umbria - Reg. Trib. BO n. 5270 il 10/06/1985 • Dir. Resp. Primo Mingozzi - Vice Dir. Paride Gullini

Anno XXIX, n. 7/8 • Luglio/Agosto 2015 Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN)

CONSIGLIO NAZIONALE ANUSCA: VALORI ASSOCIATIVI E SENSO DI APPARTENENZA di Silvia Zini

N

el tradizionale periodo alle porte dell’estate, si è tenuta la riunione del Consiglio Generale di ANUSCA. Nelle giornate del 5 e 6 giugno, un centinaio di membri, giunti da tutto il Paese, si sono raccolti nella Sala Plenaria dell’Accademia per l’approvazione dei bilanci, secondo quanto prevede lo statuto ed un momento di confronto su temi associativi di particolare attualità. I lavori si sono aperti, come di consueto, con la relazione sull’attività 2014 e sul programma anno 2015 da parte del Presidente Paride Gullini, al tavolo attorniato dai Vice Edoardo Bassi, Sergio Santi e Corrado Zaccaria. Assente il Vice Presidente Domenico Linarello, in Svizzera. Nel corso della sua relazione Gullini ha messo in evidenza (continua a pag. 3) 23 - 27 NOVEMBRE 2015

A CHIANCIANO TERME IL XXXV CONVEGNO NAZIONALE ANUSCA

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di Renzo Calvigioni

n occasione del XXXIV Convegno Nazionale ANUSCA ad Abano Terme, era stato annunciato che l’edizione 2015 si sarebbe tenuta a Merano, località ben conosciuta ed apprezzata che già aveva ospitato la nostra manifestazione. Purtroppo, a causa del grande successo dei famosi Mercatini di Natale non è stato possibile avere la disponibilità alberghiera nelle vicinanze del Centro Congressi per cui l’organizzazione si è vista costretta ad individuare un’altra località. La scelta è caduta su Chianciano Terme, un piacevole ritorno, in quanto la località

termale era già stata sede di Convegno Nazionale negli anni ‘90. Chi era presente ricorda con piacere quella edizione per i tanti aspetti positivi che la contrassegnarono. Il tema di questa XXXV edizione “La Pubblica Amministrazione tra riforme e semplificazione. I Servizi Demografici protagonisti del cambiamento” già nel titolo affronta la necessità di riforme e semplificazioni, passaggi fondamentali per una Pubblica Amministrazione che deve raggiungere un livello di (continua a pag. 8)

E ALL’INTERNO Il danno erariale e la denuncia alla Corte dei Conti.....................................................pag. 5 Le autorizzazioni cimiteriali e decreto legislativo 33/2013.................................pag. 6 Il VII Corso di Alta Formazione al traguardo...................................................pag. 7 Riconoscimento della cittadinanza per i discendenti di avo italiano..................pag. 10 Il passaggio in giudicato nelle sentenze straniere di divorzio...............................pag. 12 Protezione giuridica e amministrazione di sostegno....................................................pag. 20


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il valore permanente della formazione degli operatori, ricordando l’attività dell’Associazione come soggetto partecipe del processo di riforma in atto nella Pubblica Amministrazione, di cui ANUSCA condivide pienamente lo spirito. Per poter continuare ad essere interlocutore qualificato del mondo istituzionale, ANUSCA ha bisogno di mantenere e consolidare la propria rappresentatività: dei risultati raggiunti, il Presidente ha ringraziato operatori, strutture dirigenti ed esperti, al cui impegno va ascritto questo successo. Dopo le formalità

mondo dei Servizi Demografici e il valore del lavoro svolto per arrivare alla qualità professionale che oggi questa categoria può vantare: sono risultati che però vanno considerati non punto d’arrivo, bensì di partenza per sempre più ambiziosi traguardi. A seguire Romano Minardi che ha tracciato le principali novità destinate ad impattare sui Servizi Demografici: la sfida è gestire il cambiamento in atto nella P.A., di cui gli operatori sono parte essenziale. In questo contesto, la formazione riveste un ruolo sempre più importante per realizzare con consapevolezza i percorsi di riforma e ANUSCA è chiamata a giocare un ruolo

normativamente dal DL 78/2015. A seguire ampio spazio alla presentazione delle best practices dei Comitati Regionali e Provinciali; è stato interessante constatare come si siano alternati interventi originali e diversi l’uno dall’altro. Una varietà di idee che è ricchezza, ma legate dal fil rouge del senso di appartenenza all’Associazione. Ha iniziato la carrellata il Vice Presidente Edoardo Bassi per il Comitato di Bergamo: il comitato organizza ogni anno una serie di incontri periodici di aggiornamento professionale, scelta compiuta per sottolineare il valore della continuità, con temi

legate all’approvazione dei bilanci e della relazione dei revisori, che è avvenuta all’unanimità dei presenti, i lavori sono entrati nel merito dei valori associativi, individuato come elemento centrale della duegiorni di questo 2015. Ad aprire questa seconda parte dell’evento, Mariangela Remondini e Corrado Zaccaria. Il loro intervento ha avuto la finalità di dare particolare risalto al senso di appartenenza all’Associazione inteso come coscienza identitaria che ogni tesserato dovrebbe percepire nelle sue relazioni con ANUSCA e con i colleghi, per sentirsi pienamente inserito in una rete di solidarietà a sostegno del proprio lavoro quotidiano. Zaccaria ha ricordato il percorso compiuto dall’ANUSCA nel

di rilievo. I lavori sono proseguiti la giornata successiva con un intervento di Alessandro Francioni sul tema dell’ANPR: tempi, soggetti coinvolti, step del progetto. Francioni ha sottolineato come a livello istituzionale, ci sia l’intenzione di coinvolgere ANUSCA in termini operativi, con un riconoscimento formale, per le competenze che può esprimere tramite i suoi esperti e per la solida rete di Comuni che può portare in dote. Il Presidente Gullini ha informato la platea di una serie di proposte di semplificazione dello stato civile che ANUSCA sta avanzando in previsione dell’informatizzazione dello stato civile in seno ad ANPR, prevista

scelti direttamente dagli operatori tramite questionari proposti l’anno precedente. Successivamente sono intervenute Silvia Cornetto e Enza Augelli del Comitato di Torino, che hanno presentato alcune attività di collaborazione con altri Enti come il Politecnico di Torino e l’ASL Torino2 per docenze sulla materia demografica. Da quello di Torino al Comitato Regionale del Piemonte, presentato da Daniela Barioli e Giorgio Moraglio. Barioli ha enucleato gli elementi fondamentali che dovrebbero caratterizzare l’attività di ogni Comitato: accoglienza, dinamismo,

(continua da pag. 1: Consiglio...)

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condivisione, capacità di proporre e realizzare, e alla base un senso, imprescindibile, di appartenenza all’Associazione. Moraglio ha poi presentato la formula associativa “Speciale Unioni”, legata all’opportunità, concordata con l’ufficio tesseramento di ANUSCA, di offrire alle Unioni di Comuni quote speciali. Amelia Cicirelli è intervenuta per presentare l’attività del Comitato provinciale di Cosenza, sottolineando l’importanza del senso di appartenenza all’Associazione e del fare rete per sostenere gli iscritti. Per il Comitato di Catanzaro ha preso parola Francesco Salvatore Galati, che ha richiamato l’attenzione della platea sulla necessità di curare con particolare solerzia i rapporti con le Prefetture, sempre attente alle proposte formative dell’Associazione. Lorella Capezzali ha presentato invece le prassi del Comitato di Perugia, che nonostante la recentissima istituzione (2013) è già particolarmente attivo, tant’è che l’ANCI Umbria ha presentato al proprio convegno l’esempio del Comitato provinciale ANUSCA come “buona pratica amministrativa”. I lavori sono proseguiti con il Consigliere Aldo Cordiano in rappresentanza del Comitato Provinciale di Reggio Calabria: Cordiano ha sottolineato

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come i rappresentanti dei Comitati debbano essere anche dotati di capacità di ascolto e mediazione, dato che spesso sono collettori di lamentele e rimostranze da parte degli operatori sui temi più disparati: saper ascoltare risolve spesso i casi di malcontento. Anche Roberto Palombo del Comitato di Roma e Area Metropolitana, nato recentemente come secondo comitato della provincia di Roma, ha rimarcato il valore dei rapporti umani, intesi come scambio e mutua assistenza fra colleghi. Costantino Ferrara del Comitato di Salerno ha valorizzato l’elemento umano, come base importante per la realizzazione di una rete di operatori legati all’Associazione. Ha chiuso la serie, Giovanni Codato del Comitato di Venezia, che ha ricordato come il Comitato lavori in particolar modo sulla sensibilizzazione degli operatori rispetto all’importanza di far parte dell’ANUSCA per avere un supporto nel lavoro quotidiano. Terminata la presentazione delle buone prassi, i lavori sono proseguiti con l’intervento congiunto di Tiziana Piola e Corrado Zaccaria, relativo all’organizzazione delle iniziative di formazione. Piola ha illustrato alcuni accorgimenti da non trascurare al momento della pianificazione dell’evento; Zaccaria ha condiviso con la platea la sensazione di entusiasmo che guida i rappresentanti di ANUSCA nell’organizzazione, non sempre facile, dei corsi: occorre avere

la consapevolezza dell’importanza del servizio che ANUSCA svolge nel settore demografico e della qualità e dell’attualità della sua proposta formativa. I lavori sono proseguiti nel pomeriggio con l’ultimo intervento in programma, curato da Nadia Patriarca e Mariangela Remondini sul valore del promozionare l’offerta ANUSCA: una promozione corretta dell’immagine dell’Associazione serve a valorizzare la sua proposta nella sua specificità e nel suo valore, nonché a comunicare il dinamismo del sodalizio. Ha chiesto, in chiusura, la parola Luca Tavani che ha proposto un’ottima sintesi dei valori espressi nella riunione: “L’Associazione sta in piedi per principi sani, entusiasmo, senso di appartenenza. ANUSCA non è un gruppo chiuso, ANUSCA è tutti noi”.

NOVITÀ SUL SITO ANUSCA

In questo spazio si propone settimanalmente un quesito scelto tra i più interessanti cui hanno dato recentemente risposta gli Esperti ANUSCA


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IN CASO DI DANNO ERARIALE, CHI HA L’OBBLIGO DI DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI?

L

a responsabilità per danno erariale (o responsabilità amministrativo-contabile) è una forma di responsabilità tipica del pubblico dipendente e del soggetto legato all’ente pubblico da un rapporto di servizio; il danno è quello subito dallo Stato o da altro ente pubblico a causa dell’azione od omissione del dipendente e può consistere, oltre che nella perdita di beni, anche nella mancata acquisizione di utilità: ad esempio, in caso di omesso accertamento di tributi. Può trattarsi di danno subito direttamente dall’Amministrazione (es. sottrazione di una somma di denaro o danneggiamento di un bene), ma anche subito indirettamente: è il caso in cui la Pubblica Amministrazione è chiamata a risarcire un terzo danneggiato dal proprio dipendente durante l’attività di servizio (es. danno risarcito ad una impresa illegittimamente esclusa da una gara). Una volta che la Pubblica Amministrazione sia stata condannata dovrà doverosamente recuperare l’importo denunciando alla Corte dei Conti, titolare della giurisdizione contabile, l’autore materiale dell’illecito. La questione è complicata anche dal fatto che l’attività istruttoria del P.M. contabile non può essere attivata, a pena di nullità ex art. 17, c. 30 ter, D.L. 78/2009, se non in presenza di una concreta, precisa e puntuale notizia di danno. L’art. 53, 3° co., del R.D. 12.07.1934, n. 1214 (T.U. delle Leggi sulla Corte dei Conti) stabilisce la responsabilità del dipendente pubblico che concorra nell’altrui illecito amministrativo omettendo con dolo o colpa grave la tempestiva denuncia delle condotte dannose. L’art. 1, co. 3, della L. 20/94, ha introdotto una nuova fattispecie di illecito contabile, ossia quello nascente dall’omessa (o ritardata) denuncia di danno erariale che abbia determinato l’estinzione per prescrizione del credito risarcitorio verso il responsabile del danno. In tale caso la prescrizione quinquennale per questo autonomo

di Angelina Marcella

comportamento illecito decorre dalla data in cui è maturata la prescrizione del fatto illecito non denunciato. Pertanto, il dipendente che omette di denunciare l’illecito amministrativo ne risponde come complice o concausa dell’evento dannoso. Inoltre se l’omessa (o intempestiva) denuncia causa l’estinzione per prescrizione del

27.05.1996 n. 2/I.C., ha fornito una nozione ampia di “organo di vertice”, comprendendovi anche i funzionari preposti agli uffici, se collocati in posizione di sovra-ordinazione rispetto all’autore del fatto dannoso. L’art. 8 del D.P.R. 62/2013 “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici” pone a carico del

diritto al risarcimento nei confronti del responsabile del danno erariale, rischia di rispondere del danno in via esclusiva, a causa dell’allungarsi dei tempi di prescrizione. Sulla base dei principi ricavabili dall’art. 20 del T.U. Imp. Civ. Stato (L. 3/1957) e dall’art. 53 del T.U. Leggi sulla Corte dei Conti (R.D. 1214/1934), si può affermare che l’obbligo di denuncia è posto in capo agli organi di vertice di ciascuna amministrazione: Segretario Comunale, dirigenti o funzionari, nell’ambito degli Enti Locali privi di personale dirigente. I dipendenti non apicali, rispetto agli illeciti di cui siano venuti a conoscenza, hanno invece l’obbligo di segnalazione agli organi di vertice. In pratica, l’obbligo di denuncia di danno erariale segue la regola della “gerarchizzazione” o “verticalizzazione”; regola opposta a quella relativa a fatti penalmente rilevanti per i quali l’obbligo, ai sensi dell’art. 361 del c.p., grava indistintamente su tutti i pubblici dipendenti. Occorre però tenere presente che la Procura Generale della Corte dei Conti, con circolare in data

dipendente l’obbligo di segnalare al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza e tale obbligo di segnalazione è rafforzato e trova tutela anche nella legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. ”legge anticorruzione”) con la quale l´Italia, aderendo a specifici impegni derivanti da convenzioni internazionali, si è dotata di un sistema organico di prevenzione della corruzione che prevede, tra l’altro, l’introduzione nel nostro ordinamento di un sistema di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, c.d. whistleblower (art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165). Per finire, il soggetto tenuto alla denuncia del danno erariale non esaurisce il suo compito con la semplice segnalazione alla Corte dei Conti: egli ha l’obbligo, se ne ha il potere, di attivarsi per accertare e limitare il danno, interrompere la prescrizione ed, eventualmente, disporne la rifusione.


LE AUTORIZZAZIONI CIMITERIALI ED IL D.LG. 33/13 di Stefano Paoli

U

ltimamente a molti colleghi responsabili dei servizi cimiteriali è sorto il dubbio, legittimo, se le autorizzazioni cimiteriali, ed in particolare l’autorizzazione al trasporto della salma, debba essere pubblicata nella Sezione “Amministrazione trasparente” ai sensi del D.lg. 33/13. Il dubbio, come detto, è alquanto legittimo stante il disposto dell’art. 23, c. 1 del citato decreto secondo il quale le Pubbliche Amministrazioni pubblicano e aggiornano ogni 6 mesi, gli elenchi dei provvedimenti adottati dagli organi di indirizzo politico e dei dirigenti, con particolare riferimento ai provvedimenti finali di alcuni procedimenti fra i quali, le autorizzazioni e/o le concessioni. Per ciascun provvedimento deve essere pubblicato, sotto forma di scheda sintetica, il contenuto, l’oggetto, l’eventuale spesa prevista e gli estremi relativi ai principali contenuti nel fascicolo relativo al procedimento. Si può risolvere il problema, a mio parere, procedendo alla disamina del significato tecnico e della natura giuridica dell’“autorizzazione” nel combinato disposto (mi si conceda il termine anche se non del tutto appropriato) con la Delibera CIVIT n. 50/13 “Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016” e in modo particolare con l’Allegato 5. Gli atti amministrativi, possono essere veri e propri atti amministrativi, oppure meri atti amministrativi, secondo che contengano o meno una dichiarazione di volontà, la quale è presente nelle nomine, nelle concessioni etc. mentre è assente nei certificati, nei pareri, nei visti etc. ed è a questa categoria che, a mio parere, si possono fare rientrare le autorizzazioni di cui trattasi. Secondo il diritto amministrativo l’autorizzazione è un atto proveniente da una P. A. destinato a rimuovere i limiti alla capacità di agire o al potere di disposizione di un soggetto rimuovendo i limiti

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posti dall’ordinamento all’esercizio di una preesistente situazione giuridica soggettiva di vantaggio, previa verifica della compatibilità di tale esercizio con l’esercizio pubblico. Attraverso di essa si esercita il potere autorizzatorio. Con l’autorizzazione, quindi, la Pubblica Amministrazione non assegna la titolarità di un diritto, ma ne permette l’esercizio a chi ne è già titolare. In relazione al contenuto l’autorizzazione può essere modale se prevede modalità con le quali il diritto possa essere esercitato, o non modale se il suo contenuto è vincolato in quanto predisposto dalla legge e

pertanto non suscettibile di limitazioni. Quindi nel caso, ad es. delle autorizzazioni di trasporto salma, siamo di fronte ad un mero atto che non produce alcuno degli effetti tipici dell’autorizzazione: trattasi, in un certo senso, di una sorta di “permesso”. L’autorizzazione di cui trattasi può farsi rientrare, pertanto, nella particolare tipologia dei “nulla osta” che indicano l’autorizzazione a compiere una

determinata azione. Le autorizzazioni previste nell’Allegato 5 sono quelle che sono state indicate come oggetto delle aree a rischio ed in modo particolare sono da considerarsi tali le autorizzazioni che abbiano o meno un contenuto economico e che attengono, in genere, alla sfera discrezionale del dirigente. Non ritengo che in sede di ricerca, individuazione, valutazione e ponderazione dei rischi che i Comuni hanno dovuto fare al fine della predisposizione e successiva approvazione del Piano Anticorruzione, il processo relativo al rilascio delle autorizzazioni cimiteriali sia stato considerato tale anche perché, immagino, che nella valutazione del rischio, moltiplicando la “probabilità” con l’“impatto” il risultato sarebbe stato molto basso proprio per la natura del processo stesso e del conseguente atto emanato. Inoltre non vedo, essendo il provvedimento privo di effetti economici diretti o indiretti, quale vantaggio potrebbe produrre all’interessato che nel caso di specie è “passato a miglior vita” e non può certamente godere di eventuali effetti positivi! Di conseguenza, è mia opinione che questa tipologia di autorizzazione, per i motivi sopra esposti, non debba essere pubblicata, neanche in elenco, nella Sottosezione “Autorizzazioni e concessioni”.

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IL 7° CORSO DI ALTA FORMAZIONE AL TRAGUARDO di S. Z.

I

l 16 giugno ha visto l’atto conclusivo del Corso di Alta Formazione in materia demografica, giunto all’epilogo anche per questa settima edizione. Il corso, che mira a formare figure con competenze a tutto tondo nell’ambito della gestione dei Servizi Demografici, non solo di taglio giuridico, ma anche più manageriale, ha conosciuto, fin dalla sua prima edizione, una grande fortuna. Uno degli obiettivi originari era anche quello, con l’intervento di ANCI e delle OO.SS. di veder riconosciuta in termini economici l’accresciuta competenza di stampo dirigenziale. Target, al momento, non raggiunto, per le note vicende finanziarie del nostro Paese, ma il corso continua a rappresentare un unicum nel panorama formativo del settore demografico, avendo consolidato le proprie peculiarità anche dopo la fine delle esperienze “Master in Servizi Demografici” organizzate in alcune università italiane: Bologna, RomaTre, Macerata, Catania. La proposta dell’Accademia invece si è distinta ed è stata gradita, da subito, essenzialmente per due elementi: l’ampio spazio dedicato alla materia demografica, che copre 130 ore sulle totali 294, e l’opportunità riservata anche a candidati diplomati di poter contare sulla metà dei posti disponibili per partecipare al corso. Limitare l’accesso per il solo requisito formale della laurea è stato escluso fin dalla prima edizione: si è in questo modo inteso valorizzare anche l’esperienza maturata in anni di lavoro negli uffici da parte di candidati non in possesso del titolo di studio più elevato. Anche il Ministero dell’Interno ha sostenuto questa esperienza, non solo assicurando, negli anni, un contributo, a parziale copertura delle spese gestionali, ma riconoscendo al corso, in virtù di un protocollo sottoscritto il 10 ottobre 2008, valore abilitante alle funzioni di Ufficiale di Stato Civile. Questo valore abilitante è doppiamente importante in questa fase in cui i corsi residenziali ministeriali risultano sospesi per carenza di risorse da

dedicare alla formazione. Nessuno nega che si tratti di un percorso impegnativo, non solo in termini di risorse, ma anche di tempo e concentrazione; riteniamo però che, almeno sulla base di quanto è avvenuto sinora, l’impegno di chi si è iscritto sia stato ripagato con una esperienza formativa di spessore. Fra i docenti non soltanto esperti ANUSCA, ma ricercatori, avvocati e docenti universitari che hanno saputo portare la loro esperienza accademica in un confronto dialettico, molto produttivo con gli operatori partecipanti al corso. E questo è proprio quello che ha colpito

evidente che un corso di ampio respiro come può essere considerato quello di Alta Formazione, fornisce tutti gli strumenti più idonei a gestire con disinvoltura, alla luce di una consapevolezza di sistema, una fase in cui occorre essere capaci di gestire il cambiamento, non di subirlo passivamente. I pubblici dipendenti, inoltre, sono contemplati sempre più spesso in un’ottica aziendalistica con interlocutori che non sono più soltanto cittadini, ma anche utenti. Occorre saper guardare al servizio pubblico non soltanto in termini burocratici, bensì con un occhio

molti insegnanti che si sono alternati: la preparazione, la consapevolezza e la vivacità intellettuale che caratterizzano gli operatori demografici. Noi aggiungiamo una sottolineatura della dedizione e della professionalità con cui chi si è iscritto a questo corso interpreta il proprio ruolo in un settore, investito di cambiamenti epocali, destinati ad impattare su tutta la Pubblica Amministrazione italiana. È del tutto

attento ad una gestione complessiva del servizio che miri all’efficienza e alla soddisfazione dell’utente finale. Con il corso di alta formazione, si intende plasmare negli operatori questa forma mentis: la nozione è una parte, sì importante, del percorso, ma la vera opportunità è quella di aprire un orizzonte più ampio con cui interpretare un ruolo apicale nel servizio demografico.

IL CORSO HA VALORE ABILITANTE AI SENSI DEL PROTOCOLLO DI INTESA CON IL MINISTERO DELL’INTERNO 10 OTTOBRE 2008


(continua da pag. 1: A Chianciano...)

efficienza ed efficacia, indispensabile e necessario non solo per garantire i servizi richiesti dai cittadini, ma anche assicurare una migliore funzionalità dell’apparato amministrativo, senza la quale difficilmente lo Stato riuscirà a supportare adeguatamente l’intero sistema produttivo del Paese. Non manca poi il richiamo al ruolo dei Servizi Demografici, sicuramente protagonisti del cambiamento della Pubblica Amministrazione. Gli operatori sono il cardine sul quale far “girare” nuovi servizi e nuove procedure: nel corso di questi ultimi anni, abbiamo assistito a tutta una serie di riforme che hanno modificato il nostro lavoro e consentono una risposta più efficace e meno burocratica alle esigenze di una società in continua evoluzione. Ricordiamo le norme sui cittadini comunitari, l’anagrafe in tempo reale, l’ANPR, le separazioni e divorzi di fronte all’ufficiale dello stato civile solo per citare quelle più significative. La prima bozza del programma del Convegno, suscettibile ovviamente di modifiche, integrazioni ed ampliamenti, di cui si può prendere visione sul sito ANUSCA, contiene una serie di argomenti di grandissimo interesse ed attualità. Dalla loro lettura emerge già il quadro di un programma particolarmente intenso, che vedrà avvicendarsi docenti universitari, funzionari ministeriali, studiosi ed esperti delle varie materie

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sia in sala plenaria che nelle salette, nelle varie tavole rotonde e workshop. Non va dimenticato che, come sempre, ampio spazio sarà riservato ai quesiti pratici degli operatori, sia in modo personalizzato da parte degli esperti, che nella tavola rotonda dell’ultimo giorno. Tutti i partecipanti avranno la possibilità di esporre il proprio caso insoluto, confrontarsi con l’esperto e valutare le possibili procedure da seguire e gli adempimenti da svolgere. Siamo tutti consapevoli che il confronto e l’approfondimento sulle diverse casistiche che si presentano giornalmente del nostro lavoro, l’esame delle diverse novità legislativa, il rispetto delle corrette procedure nei vari adempimenti, sono elementi irrinunciabili per il corretto funzionamento dei nostri uffici. Il cittadino é oggi giustamente

sempre più consapevole dei propri diritti e pronto a farli valere in tutte le sedi, compresa quella giudiziaria nell’eventualità di nostri errori. Dare risposte rispettose della legge, applicare correttamente le normative vigenti oltre che rappresentare il valore della nostra professionalità ci consente anche di essere più sereni nel nostro lavoro. In questa ottica il Convegno Nazionale ANUSCA rappresenta l’appuntamento più importante dell’anno non solo per i tanti ed importanti argomenti affrontati dai massimi esperti del settore ma anche per vivere più intensamente la nostra professione esperti ed avere quelle motivazioni che sono indispensabili per vivere al meglio il nostro lavoro quotidiano troppo spesso frustrante per la non sempre adeguata attenzione che riceve nella realtà comunale. È importante, nel momento in cui ci si attiva per richiedere l’autorizzazione a partecipare, sapere illustrare la rilevanza dei temi trattati al Convegno e la ricaduta nel miglioramento del servizio che la partecipazione comporta, facendo presente come, in una Pubblica Amministrazione che deve diventare più efficiente l’aggiornamento del personale costituisce un passaggio obbligato. L’auspicio è di ritrovarci numerosi a Chianciano Terme, un appuntamento da non perdere assolutamente in un momento storico che vede i servizi demografici al centro della riorganizzazione amministrativa dello Stato.


si

no

NON SI ACCETTANO PRENOTAZIONI TELEFONICHE

Inviare ai fax 051/944183-942733 o alla e-mail convegnonazionale@anusca.it entro e non oltre il 02/11/2015: - Scheda di iscrizione individuale - copia della DETERMINA-IMPEGNO DI SPESA, CIG (se richiesto dal Comune) e CODICE UNIVOCO dell’ufficio di competenza

PER ISCRIVERSI:

(En iscri ANUSCA) ......................................... € 120,

00*

• iscrizione giornaliera ......................................... € 160,00*

(En iscri ANUSCA) ......................................... € 145,00*

• iscrizione giornaliera + 1 coffee break ............... € 185,00*

(En iscri ANUSCA) ......................................... € 340,00*

(En iscri ANUSCA) ......................................... € 240,00*

soluzione 4 stelle superior (pensione completa) soluzione 4 stelle (pensione completa) soluzione 3 stelle (pensione completa) soluzione B (solo iscrizione) soluzione C (iscrizione + 4 coffee break) soluzione D (iscrizione giornaliera + 1 coffee break) soluzione E (iscrizione giornaliera)

Camera singola doppia chiede di partecipare al 35° Convegno Nazionale che si terrà a CHIANCIANO (SI), nei giorni 23, 24, 25, 26, 27 novembre, scegliendo:

e-mail

__________________________

fax ___________________________________________ oppure

Il nome dell’Hotel assegnato sarà comunicato dieci giorni prima della partenza tramite:

Qualifica _______________________________________________________

Iscrio all’Associazione

Ente di appartenenza_____________________________________________

C.F. _________________________ P.I. ___________________________

Via ___________________________________ n.___________________

Cià _______________________________ PV______ CAP_____________

Nome e cognome del partecipante (indirizzo privato): ________________________________________________________

C.F. _________________________ P.I. ___________________________

Tel.________________________________ Fax ________________________

Cià___________________________________ PV_____ CAP___________

• iscrizione + 4 coffee break ................................. € 440,00*

(€ 286,89) (€ 286,89) (€ 237,70) (€ 237,70)

in camera singola ……… (A1) € 340 + (A2) € 350 (En iscri) …………..… (A1) € 240 + (A2) € 350 • in doppia (a persona) .. (A1) € 340 + (A2) € 290 (En iscri) ……………... (A1) € 240 + (A2) € 290

no

Accompagnatore/i _______________________________________________

(€ 327,87) (€ 327,87) (€ 270,49) (€ 270,49)

in camera singola ……… (A1) € 340 + (A2) € 400 (En iscri) ……………... (A1) € 240 + (A2) € 400 • in doppia (a persona) .. (A1) € 340 + (A2) € 330 (En iscri) ……………... (A1) € 240 + (A2) € 330

si

Via ___________________________________ n._________________

Iscrio all’Associazione

Note _________________________________________________

data __________ Firma _____________________

• La quota di partecipazione al Convegno è a “paccheo” per cui la possibilità di usufruire delle Soluzioni B, C, D, E è riservata esclusivamente a coloro i cui En di appartenenza distano meno di 100 km. da Chianciano Terme (SI). • Le Soluzioni B, C, D, E non comprendono la sistemazione alberghiera, le manifestazioni serali, i transfer (se previs), le escursioni per gli accompagnatori . • I sogge ai quali non si applica la disciplina dello "split payment" (familiari accompagnatori) dovranno effeuare il pagamento della quota A2 secondo le ordinarie procedure per l'intero importo indicato in faura (comprensivo di IVA). • Gli annullamen delle prenotazioni che perverranno entro il 09/11/2015 daranno dirio al rimborso delle quote versate ad eccezione della quota di iscrizione (€ 340,00 En non iscri - € 240,00 En iscri). Per i familiari il rimborso è totale.

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La quota A2 pernente al SOGGIORNO si riferisce alla cifra che il Comune deve impegnare. La relava faura sarà emessa da ANUSCA applicando lo splitpayment (IVA 22%) e l’IMPONIBILE dovrà essere versato con bonifico bancario sul c/c 07400007627E presso C - Agenzia di Castel San Pietro Terme (BO) IBAN: IT 72 H 06385 36750 07400007627E intestato ad ANUSCA

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così come dispone l’art. 14 comma 10, legge 537 del 24/12/1993. Le relave faure saranno emesse da ANUSCA SRL e l’importo dovrà essere versato con bonifico bancario sul c/c 07400012197E presso la C - Agenzia di Castel San Pietro Terme (BO) IBAN: IT 49 T 06385 36750 07400012197E intestato ad ANUSCA SRL

Le quote A1, B, C, D, E relave all’ISCRIZIONE sono esen IVA ai sensi dell’art. 10 D.P.R. 633/72,

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SCHEDA DI ISCRIZIONE INDIVIDUALE

(art. 10, D.P.R. n. 633/72, così come dispone l’art. 14, comma 10, Legge n. 537 del 24/12/1993 - durata 24 ore)

Corso di aggiornamento e riqualificazione professionale

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Ente/società o persona fisica a cui deve essere intestata la faura:

a.n.u.s.c.a. s.r.l. (socio unico a.n.u.s.c.a.) tel. 051/944641 - 051/944268 fax 051/942733 – 051/944183 Cod.fisc. e P.IVA 01897431209 e-mail segreteria@anusca.it e-mail tesseramento@anusca.it MODALITA’ DI PAGAMENTO

35° Convegno Nazionale ANUSCA

Centro Congressi Grand Hotel Excelsior Chianciano Terme (SI), 23-27 Novembre 2015

• solo iscrizione .................................................... € 340,00*

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in camera singola …….. (A1) € 340 + (A2) € 440 (En iscri) ……………... (A1) € 240 + (A2) € 440 • in doppia (a persona) .. (A1) € 340 + (A2) € 390 (En iscri )….…………...(A1) € 240 + (A2) € 390

Excelsior-Admiral Palace-Grand Hotel Terme)

si compone di (A1) iscrizione + materiale didaco + (A2) pensione completa in hotel dalla cena del 23/11 al pranzo del 27/11 (1/4 di vino e 1/2 di acqua a pasto inclusi), tassa di soggiorno, manifestazioni serali, transfer dalla stazione di Chiusi a Chianciano dalle 14,30 alle 18,30 di lunedì 23/11 e da Chianciano alla stazione di Chiusi dalle 12 alle 14,30 di venerdì 27/11

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Modalità di iscrizione e partecipazione

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Chianciano Terme (SI), 23-27 Novembre 2015

35° Convegno Nazionale ANUSCA

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RICONOSCIMENTO DELLA CITTADINANZA PER I DISCENDENTI DI AVO ITALIANO di Marina Caliaro

I

l possesso della cittadinanza italiana in applicazione del principio dello jus sanguinis è stabilito all’art. 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 Nuove norme sulla cittadinanza - per cui è da considerare cittadino italiano il figlio di padre o di madre cittadini. Nel caso di discendente da avo italiano si può attribuire la cittadinanza italiana purché non si sia verificata alcuna interruzione nella trasmissione della cittadinanza dall’una all’altra generazione. Questa possibilità si determina per soggetti che risultano titolari anche di cittadinanza straniera in quanto nati all’estero in Stati in cui si applica, in materia di cittadinanza, il criterio dello ius soli, mentre la cittadinanza italiana è loro trasmessa per filiazione (ex artt. 1 e 7 della legge 13 giugno 1912 n. 555). La persona interessata può presentare la relativa istanza all’autorità consolare italiana competente qualora sia residente all’estero, mentre nel caso di iscrizione anagrafica presso un Comune italiano potrà inoltrare la domanda, in bollo, al Sindaco, unitamente ai documenti necessari a comprovare che non vi è stata interruzione nella trasmissione della cittadinanza italiana dal capostipite sino al soggetto richiedente. La procedura e la documentazione necessaria per ottenere il riconoscimento sono delineati nella circolare del Ministero dell’Interno n. K.28.1 dell’8 aprile 1991, tuttora applicabile, e per aspetti connessi alla residenza in Italia, nella circolare sempre del Ministero dell’Interno n. 32 del 13 giugno 2007. Requisiti riferiti all’ascendente nato in Italia Per quanto riguarda la situazione dell’avo questi dev’essere nato dopo il 17.03.1861, data della proclamazione del Regno d’Italia oppure emigrato dall’Italia dopo tale data. Il Ministero dell’Interno ritiene, peraltro, che non possa ritenersi ostativa al

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riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana la circostanza che l’avo sia emigrato prima della costituzione del Regno d’Italia. In questo caso sarà necessario verificare che il decesso dello stesso o la sua eventuale naturalizzazione (acquisto di cittadinanza straniera con conseguente perdita della cittadinanza italiana in applicazione delle norme all’epoca vigenti che privilegiavano l’unicità di cittadinanza in capo alla persona) non siano avvenuti prima che lo Stato preunitario sia stato annesso al Regno d’Italia. Infatti, coloro che sono nati prima del 1861, emigrati all’estero, sono considerati italiani dalla data in cui lo Stato preunitario è entrato a far parte del Regno d’Italia. Ad esempio per gli emigranti di origine veneta la data di riferimento è il 3 ottobre 1866, per

quelli di origine trentina il 26 settembre 1920. Se vi fu naturalizzazione, essa dovrà essere intervenuta dopo la nascita del figlio al quale l’avo ha potuto perciò trasmettere la cittadinanza italiana, in vigenza della legge 13 giugno 1912, n. 555 poiché il figlio minore avrebbe mantenuto la cittadinanza ex art. 7. Ma, attenzione: qualora gli eventi descritti, naturalizzazione e nascita del figlio, si fossero verificati in epoca antecedente all’1 luglio 1912, data di entrata in vigore della legge 555/1912, si dovrà fare riferimento alla normativa sulla cittadinanza contenuta nel Codice Civile del 1865. In questo caso, l’acquisto di cittadinanza straniera da parte del capostipite, anche se intervenuto successivamente alla nascita del figlio, ha comportato la perdita, anche per il figlio, della cittadinanza italiana conseguita alla nascita. I discendenti pertanto non detengono la cittadinanza italiana Requisiti riferiti al richiedente la cittadinanza italiana Il richiedente dovrà dimostrare la sussistenza di questi specifici requisiti: (continua a pag. 11)


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(continua da pag. 10: Riconoscimento...)

la discendenza dall’avo emigrato ed originariamente investito della cittadinanza italiana iure sanguinis, l’assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza; la mancata naturalizzazione straniera da parte dell’avo; l’assenza di dichiarazioni di rinuncia alla cittadinanza italiana da parte dei discendenti dall’avo fino all’interessato. Documentazione Per il procedimento in questione è necessaria una serie di documenti che hanno lo scopo di comprovare l’appartenenza del richiedente a famiglia di ceppo italiano e cioè gli atti di nascita e matrimonio a partire da quelli dell’avo fino alla persona che chiede il riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana. Per quanto riguarda gli atti di stato civile riferiti all’avo, registrati in Italia, l’ufficio procedente dovrà provvedere all’acquisizione diretta, mentre gli atti integrali formati da autorità straniere saranno prodotti dal richiedente muniti di legalizzazione o apostille, se previste, e da traduzione integrale in lingua italiana secondo le norme vigenti. Indispensabile poi il certificato negativo di naturalizzazione rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato estero di emigrazione attestante che l’avo italiano, emigrato dall’Italia, non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione prima della nascita del proprio figlio o figlia, da cui poi far derivare la trasmissione della cittadinanza fino al richiedente. Sarà cura poi dell’ufficiale di stato civile, in caso di richiesta presentata al Comune per residenza in Italia,

acquisire dalle competenti Autorità consolari italiane le attestazioni che né gli ascendenti in linea diretta né il richiedente la cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato: facoltà ammessa all’art. 7 della legge 555/1912. Tale accertamento dovrà invece essere eseguito direttamente dal funzionario del Consolato italiano nell’ipotesi di richiedente residente all’estero. Verifica della sussistenza dei requisiti L’ufficiale di stato civile che riceve la documentazione effettua il controllo dei dati presenti negli atti di stato civile per quanto concerne la corrispondenza delle identità con quella riferita all’avo

italiano nonché per quanto riguarda la prova della sussistenza del rapporto di filiazione. Non è infrequente infatti il caso in cui, in situazione di filiazione fuori dal matrimonio, venga a mancare nell’atto di nascita l’effettiva dichiarazione di riconoscimento da parte del genitore in possesso della cittadinanza italiana. Ciò avviene principalmente con riferimento alla posizione della donna le cui generalità sono menzionate nell’atto perché riferite dal partner, senza che la stessa sia presente a rendere la dichiarazione in Stati in cui

la maternità viene attribuita ex lege. L’ordinamento giuridico italiano non riconosce invece questa modalità e pertanto risulta insussistente il rapporto di filiazione verso il genitore da cui deriverebbe il possesso della cittadinanza italiana. Tale fattispecie si presenta anche quando il procedimento di riconoscimento del possesso della cittadinanza viene effettuato all’estero: le autorità consolari non sempre verificano con attenzione le modalità di redazione degli atti di nascita, oppure ritengono di intervenire accogliendo un riconoscimento di filiazione ora per allora dando per scontata la trasmissione della cittadinanza. Nel merito è fondamentale ricordare che mentre il riconoscimento di filiazione quando interviene durante la minore età determina ope legis l’acquisto della cittadinanza italiana, quando invece interviene a favore di un soggetto maggiorenne l’art. 2 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 “Nuove norme sulla cittadinanza” stabilisce modalità diverse. Si richiede una espressa dichiarazione da parte dello straniero che sceglie di eleggere la cittadinanza italiana determinata dalla filiazione: questa dichiarazione deve intervenire entro un arco di tempo prestabilito, pari ad un anno dal riconoscimento di filiazione. Di conseguenza non si è più in presenza di un procedimento di riconoscimento basato sulla continuità del possesso della cittadinanza dall’una all’altra generazione, ma si determina una interruzione nella trasmissione dello status di cui è necessario tener conto per appurare l’effettiva sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1 della legge 91/1992.


IL PASSAGGIO IN GIUDICATO NELLE SENTENZE STRANIERE DI DIVORZIO

U

no dei requisiti che l’ufficiale di stato civile deve verificare, nel caso di trascrizione di sentenza di divorzio (così come per tutte le altre sentenze) proveniente all’estero, è che la stessa sia passata in giudicato. Il passaggio in giudicato significa che la sentenza è definitiva e che, pertanto, si è verificata la modificazione o estinzione di un rapporto giuridico preesistente. È anche ormai acclarato che “il passaggio in giudicato” debba essere individuato secondo la legge straniera. Detto banalmente “Paese che vai, usanza che trovi”: ogni Stato ha le sue regole processuali, pertanto anche l’accertamento della definitività di una sentenza deve essere verificato secondo tale normativa. Questo, talvolta, ci può creare dei dubbi. Cominciamo intanto col dire che per quanto riguarda le sentenze provenienti dai Paesi Europei, tale accertamento è estremamente facilitato in quanto l’allegato I ex art. 39 del Reg. Com. 2201/2003, al punto 7, prevede che l’Autorità che rilascia tale attestazione inserisca anche questo dato (al punto 7, infatti si legge “Contro la decisione può essere ancora proposta opposizione secondo la legge dello Stato Membro di origine”). Pertanto se sarà barrato il Si significa che la sentenza è passata in giudicato se è barrato il No significa che non lo è. Nel qual caso la sentenza non è riconoscibile, secondo quanto stabilito dall’art. 21 c. 2 Reg. Com. 2001/2003 a norma del quale “non è necessario alcun procedimento per l’aggiornamento delle iscrizioni nello stato civile a seguito di decisione di divorzio, separazione o annullamento del matrimonio pronunciata in altro Stato Membro, contro la quale non sia più possibile proporre impugnazione secondo la legge di quello Stato Membro”. Maggiori problemi, invece, possono sorgere nel caso di sentenze che provengono da Paesi Extraeuropei. In molti casi l’attestazione del passaggio in giudicato è contenuta nello stesso testo della sentenza, magari in fondo alla stessa, anche se con

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di Gianna Nencini

“dizioni” diverse rispetto alla nostra. Quindi possiamo trovare scritto che la sentenza è definitiva oppure che contro la stessa non è più possibile proporre ricorso ecc. In ogni caso il risultato non cambia. Non sempre però è così semplice. In alcuni Paesi, ad esempio, l’attestazione della definitività è contenuta in un documento a parte. Pensiamo all’ormai famoso certificato di divorzio australiano il quale non serve per stabilire se la sentenza è o meno

riconoscibile, e dunque trascrivibile, ma che contiene l’attestazione del passaggio in giudicato. Analoga certificazione si deve acquisire per alcune sentenze degli Stati Uniti d’America. Altro caso particolare è quello delle sentenze pronunciate in Paesi di diritto anglosassone. Infatti il common law non ha recepito il relativo principio civilistico romano (del passaggio in giudicato) e pertanto in questi casi è necessario acquisire una attestazione rilasciata dal Senior Legal Advisor (una sorta di cancelliere) in cui si dà atto che la sentenza non è più impugnabile. Ci sono però anche altre situazioni. Ad esempio prendiamo il caso del divorzio notarile proveniente dal Brasile. Si tratta di un documento, molto spesso tradotto in Italiano con il termine “certificato” (che è anche un po’ equivoco), che

contiene un processo verbale redatto da un notaio a cui i due coniugi si sono presentati per divorziare. È un divorzio consensuale che non passa attraverso l’autorità giurisdizionale. Leggendolo, vediamo che in detto documento è inserita la locuzione “le parti richiedono ed autorizzano l’ufficiale di stato civile ad effettuare la trascrizione necessaria dalla quale risulti il presente divorzio”. Tale attestazione può essere considerata valida per soddisfare la verifica del requisito del passaggio in giudicato senza fare ulteriori indagini. Casi forse più complessi si verificano quando abbiamo a che fare con atti che hanno tutto l’aspetto di divorzi notarili o pronunciati da un’Autorità amministrativa e che non contengono nessuna dizione che ci possa far capire che, per quella fattispecie, non necessita il passaggio in giudicato. In questi casi la cosa migliore da fare è interpellare l’Autorità Consolare chiedendo spiegazione relativamente alla modalità di redazione dei suddetti atti di divorzio. Se l’Autorità consolare conferma che non c’è necessità di alcuna attestazione riguardo alla definitività dell’atto, possiamo certamente dare per soddisfatta la verifica del punto “d” art. 64 della L. 218/95. D’altra parte anche in Italia, se fino a pochi mesi fa tutti i divorzi passavano attraverso l’Autorità Giudiziaria, adesso sono di competenza anche degli avvocati e degli ufficiali di stato civile e in quest’ultimi casi non c’è traccia alcuna di passaggio in giudicato perché tali ultimi divorzi nascono da un accordo tra i coniugi che esclude, di per sé, un contenzioso che potrebbe dar luogo ad un successivo ricorso. Finisco per citare un altro caso interessante. Il divorzio pronunciato a Santo Domingo dall’Autorità Giudiziaria, quando è consensuale, non necessita di passaggio in giudicato ma si chiude con la pubblicazione di un estratto della sentenza su un giornale locale. Tuttavia anche in questo caso prima di procedere alla trascrizione sarà opportuno che l’ufficiale di stato civile interpelli l’Autorità consolare così da avere conferma di questa procedura.


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IL CAMMINO LEGISLATIVO DELLE “UNIONI CIVILI” IN ITALIA

D

opo l’esito del referendum che in Irlanda ha sancito l’introduzione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso con una percentuale di sì pari al 62,1 % anche in Italia in questi giorni si torna a parlare di “unioni civili“. Infatti già da tempo è stato intrapreso un percorso parlamentare verso la loro introduzione. Lo scorso 26 marzo è stato approvato dalla Seconda Commissione permanente (Giustizia) del Senato il testo unico sulla “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze“, cosiddetto “ddl Cirinnà”. Il testo originale è composto da 19 articoli, raggruppati sotto due titoli: il primo riguarda le unioni civili e il secondo disciplina la convivenza tra persone dello stesso sesso visionabile al seguente indirizzo http://www.senato. it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodo c=SommComm&leg=17&id=909941. Entro il 7 maggio dovevano essere proposti gli emendamenti al testo base approvato. La caratteristiche salienti del nuovo istituto delle unioni civili possono così essere riassunte (Titolo I artt. da 1 a 7): - due persone dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni; - presso gli uffici dello stato civile di ogni Comune italiano è istituito il registro delle unioni civili tra persone dello stesso sesso; - sono previste cause impeditive per la costituzione della unione civile tra persone dello stesso sesso; - all’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le norme del Codice Civile riguardanti: i diritti e doveri che nascono dal matrimonio (articoli 143, 144, 145, 146, 147, 148); ordini di protezione contro gli abusi familiari (342-bis, 342-ter); l’interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno (408, 410, 417, 426 e 429) oltre agli articoli 1436, 2122, 2647, 2653, primo comma n. 4), 2659, e dall’articolo 2941, primo comma n. 1);

di Lorella Capezzali

- le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi», «marito» e «moglie», ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso tranne che all’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184 riguardante le adozioni che restano quindi precluse mentre sarà consentita la “stepchild adoption” cioè l’adozione di un bambino già riconosciuto come figlio di

uno solo dei due come previsto dall’art. 44 lettera b) della legge 4 maggio 1983, n. 184; - alle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni previste dal Capo X del Titolo I, dal Titolo II e dal Capo II del Titolo IV del Libro II del codice civile in materia di successione; - all’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni di cui al Capo V, Titolo VI, del Libro I del codice civile, alla legge 1 dicembre 1970, n. 898, in materia di scioglimento del matrimonio, nonché le disposizioni di cui al Titolo II del Libro IV del codice di procedura civile ed agli articoli 6 e 12 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni con legge 10 novembre 2014, n. 162 riguardanti le convenzioni di negoziazioni assistite da avvocati e

gli accordi di separazione e divorzio dinanzi all’Ufficiale di Stato Civile; - il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti alla regolamentazione dell’unione civile. La normativa riguardante le cosiddette “coppie di fatto” contempla le seguenti disposizioni (Titolo II artt. da 8 a 19): - si intendono conviventi di fatto le persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile; - vengono riconosciuti alle coppie di fatto i diritti di assistenza sanitaria, carceraria, unione o separazione dei beni, subentro nel contratto d’affitto, reversibilità della pensione e i doveri previsti per le coppie sposate; - la convivenza sarà disciplinata da un accordo con cui i conviventi di fatto disciplinano i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune e fissano la comune residenza (contratto di convivenza) redatto in forma scritta, a pena di nullità, ricevuto da un notaio. Tale contratto, ai fini dell’opponibilità ai terzi, dovrà essere trasmesso a cura del notaio che lo ha ricevuto in forma pubblica o che ne ha autenticato le sottoscrizioni, entro i successivi dieci giorni, al Comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223; - il contratto di convivenza può essere affetto da nullità o sottoposto a risoluzione e ove ne ricorrano i presupposti può essere disciplinato dalla legge nazionale comune dei contraenti salvo che entrambi i contraenti o uno solo di loro sia italiano per i quali, ovunque siano stati celebrati, si applicano le disposizioni (continua a pag. 14)


LA MANIFESTAZIONE DI VOLONTÀ ALLA CREMAZIONE DEI FAMILIARI: COME NON PERDERSI FRA I LEGAMI DI PARENTELA a pratica della cremazione che per lungo tempo in Italia, per motivi culturali e religiosi, non ha trovato larga applicazione, da qualche anno a questa parte è in costante aumento, segno visibile dell’evoluzione dei costumi e della società che non percepisce più la “riduzione in cenere” come una diminuzione del rispetto e della considerazione per i nostri cari estinti. Naturalmente tale soluzione non può prescindere dalla volontà espressa in tal senso dal defunto e che potrà risultare dalle disposizioni testamentarie o dall’iscrizione ad una società avente fra i propri fini quello della cremazione o dalla dichiarazione da parte dei familiari più prossimi individuati ai sensi dell’art. 74 e seguenti del Codice Civile, secondo un ben preciso ordine gerarchico. In presenza di più parenti di pari grado sarà necessaria la maggioranza o l’unanimità, a seconda delle disposizioni regionali di riferimento. In sostanza si parte dal coniuge del defunto, che rimane l’unico avente titolo anche in caso di separazione, mentre NON ha voce in capitolo qualora sia intervenuto il divorzio. In mancanza del coniuge (perché il defunto era celibe, divorziato o vedovo) subentrano i parenti di primo grado, cioè genitori e figli, che sono, ai fini della manifestazione di volontà alla cremazione, sullo stesso piano. Solo qualora non vi siano i parenti di primo grado si passa al secondo, senza distinzione fra la linea retta e

linea collaterale; ecco quindi che hanno titolo a rendere la dichiarazione: nonni, nipoti (figli del figlio), fratelli/sorelle; l’assenza anche di parenti di secondo grado fa subentrare il terzo, ovvero, i bisnonni, bisnipoti (figli del figlio del figlio), nipoti (figli del fratello/sorella), zii (fratelli/sorelle dei genitori) e così via, passando al quarto e poi al quinto, fino al massimo del sesto grado. Se nelle pratiche di cremazione gestite nell’imminenza del decesso di rado si ha l’intervento dei gradi più lontani, quando la cremazione riguarda invece defunti di vecchia data si può porre la problematica di individuare, senza perdersi nei vari gradi di parentela, chi è titolato o meno a rendere la dichiarazione in merito.

(continua da pag. 13: Il cammino...)

riconosciuta non di fronte ad un ufficiale di stato civile ma con reciproca raccomandata con ricevuta di ritorno in plico, ovvero a mezzo posta elettronica (eventualmente certificata) inviata per conoscenza all’Ufficiale di Stato Civile della residenza. Troviamo anche chi vorrebbe che la registrazione dell’ unione possa essere effettuata presentandosi di fronte al commercialista oppure ai vigili urbani o mediante dichiarazione di fronte

della legge italiana vigenti in materia. Sono oltre 4000 le proposte di modifica presentate dai parlamentari: tra le proposte di modifica palesate negli emendamenti proposti la seguente vorrebbe “non un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni” ma “un’amicizia civilmente rilevante”

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Ecco quindi uno schema dei vincoli di parentela riferiti al soggetto defunto, che possa aiutare a cogliere a prima vista chi sono i familiari coinvolti, fermo restando che nelle esumazioni ed estumulazioni ordinarie, è possibile procedere alla cremazione anche in caso di disinteresse da parte di questi. La condizione è che vengano effettuate opportune affissioni in merito: il mancato riscontro entro i termini prestabiliti è considerato come disinteresse da parte dei familiari e consente di determinare il trattamento successivo dei resti che, a seconda dello stato, potrebbe essere quello dell’interramento, della cremazione o della collocazione nell’ossario comune (in caso di resti ossei).

SCHEMA dei vincoli di parentela

Linea retta

6° ETC ..........

Linea collaterale

5° ETC ......... 4° TRIS NONNI

Linea collaterale

6° fratello/sorella del trisnonno

3° BIS NONNI

5° frat/sor del bisnonno/a Linea collaterale

2° NONNI

6° ETC ............ Linea collaterale

4° PROZIO (frat/sor del nonno/a) 1° GENITORI 5° ETC ......... Linea collaterale

3° ZIO/A (frat/sor dei genitori del def.)

6° ETC ......

DEFUNTO 4° CUGINO/A (figli zio)

2° FRATELLO/SORELLA del defunto 5 ° ETC ..........

1° FIGLIO/A 3° NIPOTE (figlio/a di frat/sor. del def.)

6° ETC ...........

2° NIPOTE 4° PRONIPOTE

3° BIS NIPOTE 4° TRIS NIPOTE 5° ETC ...........

Linea retta

L

di Paola Lucchi

5° ETC ..........

6° ETC .........

6° ETC ............. Legenda: 1° = PRIMO GRADO (COLORE ARANCIONE) - 2° = SECONDO GRADO (COLORE GIALLO) 3° = TERZO GRADO (COLORE VERDE) – 4° = QUARTO GRADO (COLORE AZZURRO)

al Sindaco di Roma ed alla presenza di due testimoni. Nella valanga di emendamenti la fantasia non manca, ma l’argomento estremamente complesso e delicato merita da parte dell’assemblea legislativa e delle istituzioni il massimo interesse e la massima cura nel trovare soluzioni legislative idonee a salvaguardare la dignità e le aspettative non solo dei singoli, ma dell’intera società.


Pag. 15

SOCI INDIVIDUALI: È RECORD ASSOLUTO NELLA STORIA DI ANUSCA

I

di S. Z.

l 2015 segnerà una pietra miliare nella storia di ANUSCA: raggiunto e superato il record assoluto dei Soci Individuali, risalente al 2012, l’Associazione si avvia a consolidare il primato con nuovi tesseramenti. Le ragioni di questo storico risultato sono da ritrovare nella consapevolezza oramai consolidata dell’opportunità di dare continuità alla copertura della polizza assicurativa di responsabilità civile prima del suo spirare naturale: oggi, il cittadino non subisce più passivamente eventuali errori della Pubblica Amministrazione, ma fa rivalere con sempre più forza il torto che ritiene di aver subito. A ciò si aggiunga una natura di giorno in giorno più delicata degli adempimenti demandati agli uffici demografici. Per questo è facilmente comprensibile l’estrema utilità della formula di tutela proposta dall’Associazione e la sua grande diffusione: i conti son presto fatti dato che, ad oggi, 4 soci su 5 scelgono la quota individuale di tipo B. Ricordiamo che per prima in assoluto, quando ancora diversi ordini professionali che poi l’hanno posto come obbligo per i propri iscritti, ancora non ne parlavano, ANUSCA propone questa opportunità dal 2007. Da allora, in crescendo continuo, i funzionari demografici hanno riposto la loro fiducia nell’Associazione, crediamo, ripagati. Non solo ANUSCA cura i rapporti con il liquidatore in caso di sinistro, sollevando l’assicurato da ogni adempimento, ma soprattutto la compagnia assicurativa ha risposto in maniera puntuale in tutti i casi in cui è stata chiamata in causa, nel quadro contrattuale. I casi segnalati

sono i più disparati. Fra gli ultimi: una sanzione del Garante per la protezione dei dati personali per la pubblicazione di dati sensibili sull’albo pretorio on line ed una mancata annotazione di fondo patrimoniale, per un valore di diverse decine di migliaia di euro. Purtroppo, al di là della preparazione professionale, si tratta di sinistri che possono capitare a chiunque e fa bene chi mette al sicuro la propria tranquillità lavorativa con una polizza che ha sempre dato garanzie di serietà.

surplus di 40 euro da aggiungere alla quota B scelta, ci si garantisce l’intervento dell’assicurazione in caso di procedimento davanti a giudice, purchè non sia acclarata la colpevolezza, per tutte le spese legali e peritali che sono state sostenute in giudizio dall’operatore. Per il 2015 infine, alto gradimento anche per le Convenzioni riservate ai Soci ANUSCA che assicurano sconti interessanti su acquisti nei sempre più gettonati outlet, strutture alberghiere, di divertimento e negozi

Non dimentichiamo che ANUSCA è il primo contraente della polizza, anticipando ogni anno, un certo numero di quote e, inoltre, mette a disposizione un Fondo di ventimila euro a copertura di fattispecie particolari rispetto alle condizioni generali della polizza. Viaggia a gonfie vele anche la nave della Polizza di Tutela Legale, a integrazione di quella di Responsabilità Civile. Con un piccolo

di vario tipo. Una opportunità che di questi tempi non è da buttare via e ripaga, con pochi acquisti, la spesa per aderire ad ANUSCA. Non dimentichiamo poi che anche per i Soci Individuali ci sono tante opportunità di formazione gratuita su tutto il territorio nazionale, oltre all’accesso all’Archivio Quesiti Risolti, la possibilità di porre un quesito tecnico professionale e richiedere, a spese dell’Associazione, un parere legale in materia giuslavoristica. Ma piace ribadirlo: quello che emerge dai contatti con i tesserati è che non sono soltanto i servizi collegati la leva motivazionale del tesseramento, bensì una adesione, convinta e volontaria, a quanto ANUSCA propone in termini di valori, dal 1980 ad oggi.

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L’ARTICOLO 36 D.P.R. 396/2000: SEMPRE ATTUALE di Pia Mantineo

L

’articolo 36 D.P.R. 396/2000 si è dimostrato uno strumento utilissimo, sia dal punto di vista dell’U.S.C. che dal punto di vista del cittadino. Le diatribe sul modo di certificare il nome hanno origini lontane, ma partiamo dalla famosa quanto famigerata circolare del Ministero di Grazia e Giustizia Direzione Generale Affari Civili e Libere Professioni 25 marzo 1988, prot. n. 1/50/FG/i 1(87)1075. Veniva in essa esaminato il modo di attribuire il nome o i nomi e con puntualità sottolineata ed evidenziata la differenza tra “nome composto” e “nome complesso” e il valore dei segni di interpunzione; il tutto con occhio attento ad individuare la volontà del dichiarante all’atto dell’imposizione del nome. A quella circolare hanno fatto seguito: - una nota di commento in data 28 luglio 1992 Ministero Grazia e Giustizia; - un quesito in data 29 aprile 1996, Ministero di Grazia e Giustizia, al Consiglio di Stato che non ha ritenuto opportuno impartire alcuna istruzione; - la circolare n. 1/1997 Ministero Grazia e Giustizia. Quest’ultima diceva: “…l’ufficiale di stato civile, talora, proprio in forza di tale circolare [quella del 1988] e dei criteri ivi indicati, si è ritenuto obbligato ad intervenire motu proprio, così modificando anche situazioni ampiamente consolidate, con conseguenti effetti di instabilità che la circolare intendeva invece eliminare. Si è prodotto così l’effetto contrario a quello perseguito, con grave pregiudizio delle persone che avevano ottenuto per anni senza alcuna contestazione la certificazione demografica con il prenome composto da più elementi”. Dunque la colpa era degli Ufficiali di Stato Civile che non avevano capito nulla e avevano procurato non pochi guai ai cittadini!!! Non commentiamo! Intanto i cittadini avevano continuato a vivere e quindi a conseguire titoli di studio, patenti, acquistare vetture,

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aprire conti in banca, sottoscrivere contratti di lavoro, acquistare immobili, aprire conti bancari; e poi avevano contratto matrimonio, avevano avuto figli, magari avevano divorziato e contratto un nuovo matrimonio. Insomma avevano vissuto a volte usando un nome a volte due altre anche tre di quelli imposti alla nascita. Ma soprattutto avevano ottenuto l’attribuzione di un codice fiscale, su richiesta verbale e senza che mai l’Agenzia delle Entrate avesse fatto anche una sola verifica sull’atto di nascita che è la madre di tutta la nostra vita burocratica (non per nulla abbiamo

e nei certificati rilasciati dagli uffici dello stato civile e di anagrafe”. L’enunciato è chiarissimo e non lascia spazio a dubbi. Tuttavia alcune incertezze operative sono sorte quasi subito: accogliere in ogni caso l’istanza del cittadino rivolta all’ottenimento dell’annotazione sul proprio atto di nascita? Annotare solo sull’atto di nascita del richiedente o su tutti gli atti che lo riguardano? Cambiare l’ordine dei nomi imposti? Sono solo le più frequenti delle domande che gli Ufficiali di Stato Civile si sono posti. A tal proposito la circolare n. 2 del Ministero dell’Interno del 26 marzo

avuto signore che avevano ottenuto il codice fiscale con il cognome del marito!). Dunque una situazione molto complicata a cui era davvero necessario porre un definitivo rimedio. E l’introduzione dell’art. 36 del D.P.R. 396/2000 ha fornito il giusto strumento per sanare tutte le posizioni dubbie e dare certezze agli interessati e a chi emette certificazione. Il comma 1 di detto articolo recita: “Chi ha avuto attribuito alla nascita, prima della data di entrata in vigore del presente regolamento, un nome composto da più elementi, anche se separati tra loro, può dichiarare per iscritto all’ufficiale dello stato civile del luogo di nascita l’esatta indicazione con cui, in conformità alla volontà del dichiarante o, all’uso fattone, devono essere riportati gli elementi del proprio nome negli estratti per riassunto

2001 chiarisce: “Nel caso di cambiamento di nomi (art. 89 del decreto del Presidente della Repubblica) o di scelta del nome o dei nomi (art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica), i relativi atti (quindi, per analogia, non soltanto “i provvedimenti”) vanno annotati sull’atto di nascita dell’interessato (art. 49, lettera p, del decreto del Presidente della Repubblica) e sul suo atto di matrimonio (art. 69, lettera p del decreto del Presidente della Repubblica), nonché, per coerenza con il citato (art. 49, lettera p), sull’atto di nascita dei figli”. Più avanti ci fornisce altre risposte: “L’utilizzazione di tale facoltà è naturalmente connessa alla necessità di tutelare un interesse degno di protezione e non può prevedere l’alterazione dell’ordine dei vari elementi (continua a pag. 17)


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PREPARATI AD UN AUTUNNO RICCO DI FORMAZIONE...

(continua da pag. 16: L’articolo...)

né l’indicazione del solo secondo o terzo nome, che rimane possibile unicamente con la normale procedura di cambiamento del nome. Alla luce di quanto precede, il dichiarante potrà, pertanto richiedere l’indicazione del solo primo nome, ovvero del primo seguito dal secondo, o, infine, del primo seguito dal secondo e dal terzo”. A proposito dell’inalterabilità dell’ordine dei nomi attribuiti alla nascita “è fatta salva poi l’ipotesi che di un certo nome si sia fatto un uso costante e ininterrotto, da dimostrare documentalmente”. Questo è sicuramente un caso molto particolare in cui usare ogni cautela. Dovranno infatti verificarsi condizioni precise che l’Ufficiale di Stato Civile dovrà valutare con la massima attenzione: dovrebbe darsi il caso per esempio che per errore al momento della nascita di “Maria Rita” l’Ufficiale dello Stato Civile abbia comunicato all’Ufficiale d’Anagrafe “Rita Maria” e che da lì tutta la vita dell’interessata si sia svolta come Rita Maria e che la stessa abbia avuto carte d’identità, titoli di studio, posizione lavorativa ecc… con il nome di Rita Maria. A quel punto l’U.S.C. farà le opportune valutazioni ed eventualmente accoglierà l’istanza e apporrà le relative annotazioni. Il Ministero dell’Interno infatti sul

Massimario dello Stato Civile ed. 2012 pagina 90 così si esprime: “Tuttavia, qualora la scelta, anziché essere fondata su un atto di mera volontà dell’interessato, sia giustificata da un uso costante (da dimostrare documentalmente) che del

nome, o dei nomi, sia stato fatto, si ritiene possibile che l’interessato alteri l’ordine originario, indicando, secondo tale uso, uno dei nomi a suo tempo attribuitigli, insieme o no ad uno od a più dei rimanenti”. Richiamando infine le domande che prima si erano poste come frequenti nell’affrontare l’argomento, si deve sottolineare l’abitudine di alcuni Ufficiali di Stato Civile ad ostacolare il diritto del cittadino di chiedere e ottenere l’apposizione dell’annotazione riguardante la corretta indicazione del/ dei nome/i sul proprio atto di nascita. Tale comportamento sarebbe motivato

dal fatto che comunque quell’Ufficiale di Stato Civile certifica già nel modo richiesto dall’interessato. Ma la norma dà al cittadino la facoltà di formulare istanza di annotazione e, a meno che non sussistano motivazioni contrarie sostenute con forza di legge, l’istanza va accolta e le annotazioni eseguite. Bisognerebbe inoltre riflettere sul fatto che l’annotazione dà certezza definitiva sul modo di certificare e la dà sia all’attuale Ufficiale di Stato Civile che a chi sarà dopo di lui. Il ricorso all’art. 36 ha dato agli uffici dei Servizi Demografici la possibilità di allineare i propri dati con quelli dell’Agenzia delle Entrate e di evitare le anomalie al momento del popolamento dell’INA. Certo è stato un lavoro faticoso: un Comune di medie dimensioni ha avuto circa 5.000 disallineamenti che hanno richiesto lavoro, impegno e formazione di risorse umane. Adesso torna nuovamente alla nostra attenzione la sua importanza trovandoci alla vigilia del grande salto in A.N.P.R. Quando, tra non molto, dopo il definitivo subentro di tutti Comuni, saremo un unico mega-ufficio dei Servizi Demografici, chi non ha i dati perfettamente allineati resta fuori: chi c’è c’è e chi non c’è paga pegno. Ma gli Ufficiali di Stato Civile sapranno attrezzarsi prima!


LA PAGINA DEI QUESITI RISOLTI A cura di Agostino Pasquini

1) Mancato trasferimento di residenza volontario – modalità di attivazione di interessati e Comuni Un signore residente ha segnalato alcuni mesi fa che il figlio non abitava più con lui, precisando anche l’indirizzo del Comune limitrofo presso il quale si sarebbe trasferito. Dagli accertamenti eseguiti da questa P.M. il ragazzo effettivamente non abita più presso il padre, si sarebbe trasferito all’indirizzo indicato dal genitore, secondo alcune informazioni acquisite e lavora regolarmente in questo Comune. Il Comune interessato ex art. 16 DPR n. 223/1989 dopo diversi mesi ha precisato che la persona in oggetto non ha lì la dimora abituale. Il ragazzo, contattato tramite raccomandate e notifiche, prima per comunicargli l’avvio del procedimento di verifica della dimora abituale e poi più volte per invitarlo a regolarizzare la posizione anagrafica, non si è mai presentato. Il padre, titolare di pensione minima, paga affitto maggiorato per la casa popolare e non può richiedere eventuali contributi per la presenza del figlio nel suo stato di famiglia, quindi chiede che dopo 6 o 7 mesi la situazione si definisca. Come regolarizzare la posizione del ragazzo, che non è irreperibile, si rifiuta di dichiarare la propria posizione, non risulterebbe avere la dimora abituale né in questo Comune né in quello limitrofo? Risponde l’esperto ANUSCA Romano Minardi

descritta nel quesito. La vigente normativa pone in capo al solo Comune di nuova dimora il potere di agire d’ufficio, iscrivendo questa persona nel luogo di effettiva residenza. La cancellazione per irreperibilità, ovviamente, non può essere presa in considerazione. Chiameremo il Comune dove il ragazzo risulta iscritto: Comune “A” e l’altro, dove il padre afferma che il figlio si sia trasferito, Comune “B”. Il Comune “B” dovrà essere nuovamente invitato a chiarire i motivi della sua risposta negativa alla richiesta ex art. 16, inviando anche al Comune “A” copia degli accertamenti. A volte, i comuni rifiutano di procedere con l’iscrizione d’ufficio sulla base della semplice dichiarazione degli interessati che dichiarano di essersi trasferiti solo temporaneamente. Se così fosse, sarebbe un comportamento inaccettabile da segnalare alla Prefettura. Se, invece, di fatto, non si riesce a stabilire l’effettiva nuova dimora abituale di questa persona, l’unica soluzione adottabile anche d’ufficio (ma sarebbe molto meglio se ci fosse la collaborazione dell’interessato) potrebbe essere una iscrizione d’ufficio nella via fittizia delle persone senza fissa dimora, sulla base del rifiuto da parte dell’interessato di regolarizzare la sua posizione e della certezza circa la sussistenza di un domicilio (cioè di un “interesse”) nel Comune, dimostrato dal fatto che è luogo di lavoro.

Purtroppo, il Comune dove attualmente risulta iscritto il ragazzo non ha alcuna possibilità di regolarizzare la posizione anagrafica

2) Divorzio consensuale dallo Stato Civile – Presenza di un figlio da una nuova unione – impossibilità Uno sposo qui residente chiede di sciogliere il matrimonio davanti all’ufficiale di stato civile. La sposa è all’estero con il nuovo compagno, da cui ha avuto un figlio minore. Posso ricevere l’accordo di scioglimento? Deve presentarsi qui anche l’ex coniuge che adesso è residente all’estero? Anche per la conferma dell’accordo di lì a 30 giorni deve presentarsi l’ex coniuge?

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Cosa deve presentarmi per dimostrare che il minore è del nuovo compagno? Risponde l’esperto ANUSCA Tiziana Piola

In questo caso non si può procedere per i seguenti motivi: 1) la dichiarazione di accordo di separazione consensuale o di scioglimento del matrimonio o cessazione degli effetti civili non può essere recepita dall’usc in presenza di figli minori, figli maggiorenni non economicamente autosufficienti o portatori di handicap anche di una sola parte vedi circolare del Ministero dell’Interno n. 19/2014. Quindi anche se il figlio minore è del compagno, per il fatto che chi vuole separarsi o divorziare è genitore di un minore non si può recepire l’accordo. 2) Le dichiarazione di accordo di fronte all’ufficiale di stato civile ai sensi dell’art. 12 della legge 162/2014 devono essere presentate personalmente e congiuntamente dai coniugi per cui devono presentarsi entrambi i coniugi davanti all’usc. Non esistono dei documenti da recepire previsti dalla legge. Si ritiene opportuno al fine di accertare la veridicità delle dichiarazioni rese acquisire d’ufficio l’informativa relativa alla residenza e stato di famiglia (per vedere se ci sono figli minori anche se questi potrebbero anche essere residenti presso dei parenti, quindi la ricerca è ovviamente limitata). La copia integrale dell’atto di nascita dei figli maggiorenni per accertarsi che non (continua a pag. 19)


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(continua da pag. 18: La pagina...)

siano interdetti e quindi incapaci. Si rammenta a tal proposito la circolare n. 19 che esplicita “...riferito al tradizionale regime civilistico dell’incapacità di agire ed ai correlati istituti (tutela, curatela, amministrazione di sostegno”. 3) La residenza nel campeggio. Dimora abituale e occupazione (abusiva ?) di immobili - il suolo della piazzola di sosta. Esiste la possibilità di ottenere l’iscrizione anagrafica all’interno di un campeggio da parte di un cittadino proprietario di un camper collocato in una piazzola, affittata con regolare contratto avente decorrenza 01.03.2015 e termine 06.01.2016 ? Il gestore del campeggio si oppone adducendo l’impossibilità di ottenere l’iscrizione anagrafica trattandosi di struttura ricettiva all’aperto non residenziale (con il rischio di violare norme urbanistiche) […]. Risponde l’esperto ANUSCA Andrea Antognoni

Dagli elementi emersi nel quesito propendo per una risposta positiva alla richiesta di iscrizione anagrafica, sussistendo naturalmente la dimora abituale. Vediamo perché. 1) I concetti di residenza e dimora abituale sono ben definiti dal codice civile e dalla giurisprudenza: la dimora

abituale è il luogo ove la persona dimora con carattere di stabilità e ha fissato il centro delle proprie relazioni sociali e familiari, oltre che dei propri interessi. È appunto un luogo fisico e non necessariamente un immobile, ma qualunque luogo o struttura in cui vi siano i presupposti per una ragionevole stabile occupazione nel tempo e dunque l’accertamento da parte dell’ufficiale d’anagrafe dell’elemento oggettivo della presenza stabile. 2) La circolare del Ministero dell’Interno n. 8/1995 dispone molto chiaramente sul diritto-dovere all’iscrizione anagrafica quale posizione soggettiva indipendente dalle condizioni dell’alloggio: “L’iscrizione anagrafica non appare vincolata ad alcuna condizione, né potrebbe essere il contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e di stabilimento dei cittadini sul territorio nazionale in palese violazione dell’art. 16 della Carta Costituzionale. (…) La funzione dell’anagrafe è essenzialmente di rilevare la presenza stabile, comunque situata, di soggetti sul territorio comunale, né tale funzione può essere alterata dalla preoccupazione di tutelare altri interessi anch’essi degni di considerazione, quale ad esempio l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica, per la cui tutela dovranno essere azionati idonei strumenti giuridici, diversi tuttavia da quello anagrafico”. La residenza e la conseguente iscrizione anagrafica è dunque una condizione indipendente dalla natura dell’alloggio (grotte, camper, roulotte) purché questo faccia presupporre le possibilità di avervi fissato la dimora abituale. 3) L’iscrizione è invece vincolata, dall’approvazione del DL n. 47/2014, all’occupazione legale dell’immobile. L’art. 5 del suddetto DL recita infatti che “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza nè l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile

medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”. Nel corso dell’istruttoria l’ufficiale d’anagrafe è dunque chiamato ad accertare il requisito della legalità dell’occupazione dell’immobile, intendendosi ricompreso anche nel concetto di bene immobile anche, naturalmente, il suolo. Ora, chiarito che l’unico requisito ulteriore che ha introdotto tale norma attiene alla “occupazione legale”, l’ufficiale d’anagrafe deve unicamente accertare la sussistenza di questo e non di altro (quale sarebbe l’assenso all’iscrizione anagrafica, non previsto in alcun modo dalla disciplina anagrafica). Dagli elementi forniti, essendo in presenza di un regolare contratto della durata di oltre un anno, l’occupazione non potrà che ritenersi legale. Ogni preoccupazione sulla violazione di norme urbanistiche non può interessare l’anagrafe, che è chiamata (in presenza di occupazione legale) a rilevare unicamente la dimora abituale sul territorio comunale. 4) Da ultimo, l’elemento forse più difficoltoso attiene proprio all’accertamento della dimora abituale. Non vi sono però dubbi che la lunga durata del contratto sia un elemento a favore del cittadino, in quanto un’occupazione di oltre 12 mesi è senz’altro compatibile con il concetto di dimora abituale e dunque di residenza. Resta tuttavia fermo che è importante svolgere accuratissimi accertamenti, escludendo (nei limiti del possibile, avvalendosi anche del supporto dell’eventuale Comune di precedente iscrizione) che il cittadino mantenga invece la propria dimora abituale altrove. Se gli accertamenti daranno esito positivo, l’ufficiale d’anagrafe ha il dovere di confermare l’iscrizione all’indirizzo del campeggio.


PROTEZIONE GIURIDICA E AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

L

di Mariangela Remondini

’approfondimento è occasionato da un paio di quesiti giunti in redazione. Arrivano agli ufficiali dello stato civile annotazioni, gli ufficiali d’anagrafe si confrontano, ma la materia dell’amministrazione di sostegno è ancora poco conosciuta. Facciamo allora chiarezza sui principi della protezione giuridica che dalla data del 9 gennaio 2004 tracciano la linea Maginot: prima di allora nel codice civile non si riscontra la parola “protezione”, che richiama il concetto di tutela e che mette al centro la persona. Ma dalla legge 6/2004 si fa riferimento al più ampio concetto di protezione e tutela, così enunciato nel preambolo: ”La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore

di sostegno tra gli istituti tradizionali? Nel codice civile ha collocazione prioritaria rispetto agli altri, in quanto è la prima misura presente con la previsione di un “capo I” del titolo XII (cfr artt. dal 404 al 413 c.c.). Slittano al capo II le misure precedenti: interdizione, inabilitazione, incapacità naturale (cfr artt. dal 414 al 432 c.c.). I canoni dell’amministrazione di sostegno si possono rinvenire nel principio di conservazione della capacità d’agire, che supera l’impostazione degli istituti dell’interdizione e inabilitazione; ancora, nel principio di personalizzazione, nel senso che la cura del beneficiario e dei suoi interessi è l’oggetto principale di tutto il procedimento, in quanto egli viene sostenuto nelle sue disabilità

limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”. Dal 2004, inoltre, la rubrica del titolo XII del libro primo del codice civile é la seguente: «Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia». Ma come si colloca l’amministrazione

ma riconosciuto nelle sue capacità residuali; infine ricordiamo il principio di celerità e gratuità del procedimento. Anche Corte di Cassazione e Corte Costituzionale salutano con grande favore il nuovo istituto: “Finalità della legge n. 6 del 2004 istitutiva dell’amministrazione di sostegno, di offrire a chi si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi

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nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti di protezione” (Cassazione n. 13584/2006); “Maggior capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze del soggetto, in relazione alla sua flessibilità e alla maggior agilità della relativa procedura applicativa” (Corte Costituzionale n. 440/2005); “(...) l’amministrazione di sostegno appare uno strumento da preferirsi non solo sul piano pratico ma anche su quello etico – sociale, in ragione del maggior rispetto della dignità dell’individuo che da esso deriva (sempre C. Cost. n. 440/2005) e che, invece, con strumenti troppo invasivi, rischierebbe di essere violato”. Scendendo nel dettaglio rinveniamo la definizione positiva di beneficiario nel novellato art. 404 del c.c. “La persona che, per effetto di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”. Giova ricordare la definizione di “infermità”, che consiste in una compromissione del normale stato funzionale dell’organismo avente la più varia natura (vi rientrano i disturbi della personalità e i disturbi psicotici) e dovuta ai più diversi fattori casuali (origine genetica, congenita, da agenti esterni, da malnutrizione o mancanza di cure, psicogena o legata alla senescenza, ecc.) di portata tale da compromettere, temporaneamente o definitivamente, parzialmente o totalmente, l’autonomia della persona nel provvedere ai propri interessi. Per menomazione si intende invece la gamma delle mutilazioni, lesioni, condizioni di handicap fisico o psichico di portata tale da compromettere, temporaneamente o definitivamente, parzialmente o totalmente, l’autonomia della persona nel provvedere ai propri interessi. Per “impossibilità di provvedere” si intende (continua a pag. 23)


Pag. 21 COMUNI IN VETRINA

GROTTAFERRATA: LA CITTÀ GIARDINO

S

ono Sindaco del Comune di Grottaferrata dal 10 giugno 2014 e in questo primo anno di mandato, ho avuto modo di apprezzare il rapporto di collaborazione con ANUSCA, avviato sin dal 2003, data a partire dalla quale il connubio è stato rinnovato periodicamente – ha dichiarato il primo cittadino, il dr. Giampiero Fontana - Ritengo senza dubbio notevole il contributo di ANUSCA in materia di Servizi demografici, grazie anche alla formazione ed all’aggiornamento rivolti agli operatori nei Settori dell’Anagrafe, dello Stato Civile ed Elettorale, attraverso i numerosi Corsi organizzati a livello provinciale e nazionale. Il proficuo rapporto con ANUSCA, inoltre, è consolidato dalle giornate di studio con la partecipazione dei Comuni limitrofi. Il Comune di Grottaferrata, nel contempo, è ben rappresentato ai Convegni nazionali in virtù della costante e lungimirante attenzione prestata a questi appuntamenti dai Dirigenti succedutisi alla guida dei Servizi Demografici, oggi diretti dal Dott. Paolo Caracciolo, Segretario Generale. Riconosco all’ANUSCA – ha continuato il Sindaco Fontana - il merito ed il prestigio che riveste, grazie alla collaborazione con il Ministero dell’Interno, con Enti Nazionali e con diverse realtà in ambito europeo, rapporti nei quali il Sodalizio è vissuto come interlocutore principe per l’erogazione di sempre più efficienti Servizi al Cittadino in materia di separazioni, divorzi, permessi di soggiorno ed altro

Il Sindaco del Comune di Grottaferrata dr. Giampiero Fontana

A cura della Redazione

ancora. Il rapporto tra l’Associazione ed il Comune di Grottaferrata si è ulteriormente rafforzato con la presenza, all’interno dell’Ente, del Sig. Roberto Palombo, componente regionale e alla guida del Comitato Provinciale di Roma e Area Metropolitana, da ultimo nominato Consigliere Nazionale ANUSCA. Grottaferrata, Ente iscritto ad ANUSCA da molti anni, sorge nella provincia di Roma. Fu fondata nel 1004 da un gruppo di monaci greci provenienti dall’Italia meridionale, all’epoca bizantina, guidati da S. Nilo di Rossano, sui resti di una villa romana del I secolo a.C. (detta la Villa di Cicerone). Dotata del gradevole clima mediterraneo e di enogastronomia locale di invidiabile qualità, nonché di elevato spirito di accoglienza verso tutti i visitatori, Grottaferrata viene considerata da sempre la “Città giardino” per la caratteristica e massiccia presenza del verde, che la rende uno dei centri residenziali più famosi del territorio e una delle mete più ambite dei cosiddetti “Castelli Romani”. Fin dall’antichità le sue ridenti colline furono scelte per edificarvi grandi ville, di cui oggi si possono ammirare i resti, tra le quali l’antica Villa di Cicerone e Villa Dusmet, oppure quelle cinquecentesche appartenute ai Grazioli, Cavalletti, Muti, Di Campovecchio. La ricchezza monumentale di maggior rilievo che si può visitare e ammirare a Grottaferrata è l’Abbazia cattolica di rito bizantino – greco di Santa Maria

di Grottaferrata, correntemente detta di San Nilo, il suo fondatore, che rappresenta un vero e proprio unicum dal valore storico, artistico, culturale e religioso, tanto da essere definita da Papa Leone XIII “Una gemma orientale incastonata nella tiara pontificia”. Questo perché fondata cinquanta anni prima dello Scisma che portò alla separazione delle Chiese di Roma e Costantinopoli, è rimasta in comunione con il Vescovo di Roma, pur conservando il rito BizantinoGreco e la tradizione monastica orientale delle origini. Altri siti da ricordare le antiche Catacombe Ad Decimum, al cui interno si trovano oltre 800 sepolture databili fino al V secolo, alcuni affreschi del III o del IV secolo ed un arcosolio funebre raffigurante la “Traditio Legis”, la trasmissione del messaggio evangelico, ed il sito archeologico del Tuscolo. E ancora, la Biblioteca Statale, dove sono conservati preziosi e millenari manoscritti, antichi volumi ed incunaboli, e dove è attivo un laboratorio di restauro del libro antico. Nel settembre 2011 Grottaferrata ha ricevuto la menzione speciale di “Città del libro” divenendo l’unica cittadina del Lazio a fregiarsi di tale nome. Il premio è stato attribuito per il recupero della tradizione che lega Grottaferrata ai libri e per il lavoro di promozione svolto attraverso iniziative indirizzate ai giovani e bambini.


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LA MATERIA DEMOGRAFICA DALL’A B C CON ANUSCA

A causa del blocco delle assunzioni nella P.A. sempre più spesso, agli Uffici Demografici vengono destinati, a seguito di procedimenti di mobilità interna, operatori di altri settori privi di esperienza nella materia ma con la necessità di essere immediatamente pronti ad operare. Per queste figure ANUSCA ha pensato alla formula dei corsi base di anagrafe, stato civile ed elettorale. Nel corso dei primi mesi 2015, si sono svolti con grande fortuna i corsi di stato civile e anagrafe. Prossimo appuntamento a SETTEMBRE con l’ELETTORALE. (continua da pag. 20: Protezione...)

invece l’insieme degli interessi di cura della persona, e quelli di conservazione e amministrazione del suo patrimonio, sia gli interessi della persona e del patrimonio congiuntamente, come il legislatore esplicitamente ricorda per i provvedimenti urgenti (art. 405, comma 4 cod. civ.). Infatti anche le attività relative al patrimonio devono essere rivolte ad assicurare la migliore qualità di vita della persona ovvero, con felice espressione usata dal Legislatore nell’articolo 1 della legge in commento, a tutelarla nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana. Solo per fare alcuni esempi che la giurisprudenza ha individuato come potenzialmente determinanti per la nomina di un amministratore di sostegno, citiamo, in rigoroso ordine sparso: l’età avanzata, la prodigalità, l’oniomania (sindrome da acquisto compulsivo), e la ludopatia, la dipendenza da sostanze psicotrope, il sordomutismo, la cecità, la SLA, le lungodegenze e la perdita della parola, anche in modo irreversibile, a causa di incidenti. Ma quali criteri ci indicano quando si ricorre a questo istituto, piuttosto che a interdizione o inabilitazione? Inizialmente, una parte dei giudici di merito ha individuato nella minore o maggiore gravità del disagio il discrimen tra le situazioni ricomprese nell’ambito di operatività dell’amministrazione di sostegno e quelle invece da tutelare mediante l’istituto dell’interdizione

o dell’inabilitazione. Il criterio fondamentale che deve guidare la scelta del giudice “...va individuato con riguardo non già al diverso e meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità

ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del Giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell’impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie” (Cass. civ. 12.06.2006, n. 13584). E chi sono i

soggetti legittimati a promuovere il ricorso ce lo rappresenta l’art. 406 c.c.: stesso soggetto beneficiario, responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove, a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di ads, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all’art. 407 o a fornirne comunque notizia al Pubblico Ministero. Poi vi sono i soggetti indicati dall’art. 417 c.c.: coniuge, persona stabilmente convivente more uxorio, parenti entro il 4° grado (genitori, figli, fratelli sorelle, nonni, bisnonni, pronipoti in linea retta, zii, nipoti, cugini, prozii, pronipoti in linea collaterale), affini entro il 2° grado (suocero, suocera, genero, nuora), tutore o curatore, Pubblico Ministero. Infine, riguardo alla competenza territoriale, ex art. 404 c.c. è competente il giudice tutelare del luogo in cui la persona ha la residenza o il domicilio, previo ricorso da depositarsi nella cancelleria della volontaria giurisdizione. È appena il caso di ricordare l’importante sentenza della Cass. Civ. sez.VI 3/05/2013 n. 10374 che pone l’attenzione alla “dimora abituale” al di là delle risultanze anagrafiche, quando la stessa sia connotata dal carattere della stabilità e continuità – anche in caso di permanenza in case di cura – con ciò potendo determinare lo spostamento del centro dei propri interessi.


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