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Primo piano

Mercoledì 14 gennaio 2009

Primo piano

Si alza l’età pensionabile

Berlusconi: Passaggio indispensabile L’opposizione ne approfitta Oggi pomeriggio il voto sul decreto

Ministero al lavoro per le donne nel pubblico impiego IL GOVERNO si metterà presto al lavoro per individuare la strada per innalzare l’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego. Dopo la rassicurazione inviata a Bruxelles sulla volontà di procedere ad un innalzamento che sarà, «graduale e flessibile», il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha infatti annunciato che sull'argomento si sta svolgendo un’istruttoria del governo e che «a breve verranno proposte una serie di ipotesi» con le quali procedere. È «una cosa delicata, che desta preoccupazioni tra la gente, ma non vogliamo turbare i sonni di nessuno», ammette il responsabile del pubblico impiego, mentre anche il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi assicura che l’aumento dell’età riguarderà solo le donne che lavorano nel pubblico e non nel privato. «Nel settore pubblico – dice Sacconi – non ci sono infatti quelle preoccupazioni e quelle controindicazioni che invece ci sono nel settore privato», dove la donna non ha la sicurezza di un lavoro garantito e correrebbe quindi il rischio «di dover a tutti i costi attendere l’età della pensione di vecchiaia in condizioni di disoccupazione». Ma i chiarimenti dei ministri non bastano a placare le preoccupazioni del sindacato, sia quello che rappresenta il settore pubblico sia quello dei pensionati e, più in genere, le confederazioni. «Un intervento sull'età pensionabile in questo momento di crisi è un controsenso e, soprattutto, non è una priorità», afferma il segretario confederale della Cgil, Susanna Camusso. Per la Uil ogni intervento sull' età pensionabile delle donne «deve essere fatto esclusivamente su base volontaria, nel rispetto dello spirito della legge Dini», sostiene il segretario confederale, Domenico Proietti, convinto quindi che «sia sbagliato parlare di modifiche in un momento in cui il sistema previdenziale ha invece bisogno di certezze e stabilita».

Scontro aspro sulla fiducia Il Governo chiede sostegno sul dl anticrisi ma Fini difende la centralità del Parlamento ROMA - Sul decreto anticrisi è scattata la blindatura. Il governo a Montecitorio ha posto la questione di fiducia. La decima. Sarà votata oggi pomeriggio. Ma l'ira di Gianfranco Fini ha innescato un nuovo duro scontro con il governo, e con Silvio Berlusconi. Ha diviso la maggioranza e fatto insorgere l'opposizione, che ha parlato di «schiaffo alle istituzioni». Il presidente della Camera, all'annuncio del ministro per i Rapporti con il Parlamento è insorto. Non ha mandato giù Fini che Palazzo Chigi avesse scelto questo percorso, per il testo elaborato dopo un ampio dibattito dalla commissione Bilancio e Finanze, «per rispetto delle Camere». «Una cosa mai vista - ha detto a brutto muso la terza carica dello Stato - Non a parole deve essere l'omaggio al Parlamento». Le parole del presidente sono state accolte con un applauso dall'opposizione e diviso la maggioranza (Forza Italia e Lega si sono schierate con l'esecutivo), dove serpeggiano alcuni malumori. Ed immediata è arrivata la replica del premier. «Abbiamo giudicato che la fiducia sul decreto fosse indispensabile», ha tagliato corto. Dal Pdl, il capogruppo Fabrizio Cicchitto ha fatto sapere a Fini di «non condividere il suo rilievo». Ha spiegato poi che la fiducia «è una scelta politica precisa». E poi in Commissione «già era stato fatto un proficuo lavoro» avendo inserito nel testo del governo alcuni emendamenti dell'opposizione. Pure la Lega, reduce dallo smacco sul fronte Malpensa, ha accusato il presidente della Camera di «non essere sempre super partes». Mentre l'Mpa ha espresso profondo dissenso sulla decisione del governo e i suoi deputati si sono riservati di decidere oggi la loro posizione di voto. La decisione dell'esecutivo di porre nuovamente la fiducia, incurante dei moniti del Quirinale, ha indignato l'opposizione. Dal Pd all'Udc, passando per l'IdV. «Il governo non si fida della sua stessa maggioranza. La fiducia è una porta in faccia a tutti gli attori istituzionali», ha commentato Antonello

Soro, capogruppo dei Democratici che avevano ridotto all'osso gli emendamenti da presentare in Aula per togliere qualsiasi alibi al governo. Poi ha chiesto - e la sua richiesta ha avuto il via libera della Conferenza dei capigruppo - di poter illustrare ugualmente le 10 proposte di modifica del Pd, il cosiddetto “lodo Iotti”. Pierluigi Bersani, ministro ombra dell'Economia, ha accusato il centrodestra di «non avere introdotto detrazioni fiscali per i redditi bassi, mentre con il fiscal drag state mettendo più tasse». «Fiducia immotivata», è stato il commento lapidario del leader Walter Veltroni. Anche l'Italia dei Valori, per bocca di Massimo Donadi, ha sostenuto che la fiducia è stata chiesta perché il governo è debole e diviso. E il leader Antonio Di Pietro ha auspicato che Fini non si limiti alle parole. «Si mette la mordacchia al Parlamento, si impedisce qualsiasi confronto», ha rincarato il centrista Michele Vietti, ricordando che l'Udc aveva presentato soltanto 8 emendamenti ed era disponibile a ridurli a uno solo, la rimodulazione del bonus famiglia. Più tardi Fini, parlando con Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, incrociato in Transatlantico all'uscita dall'Aula (e che aveva definito «ineccepibili» le sue parole), e poi con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, visto alla buvette, se n'è uscito con una battuta in romanesco («Quando ce vò ce vò») per spiegare la sua irritazione, dovuta alle motivazioni addotte dall'esecutivo, offensive per i parlamentari. Polemica finita? Assolutamente no. Non si è fatta attendere infatti la contro-replica di Fini, affidata a fonti vicine alla presidenza della Camera. «La fiducia era necessaria, ma non per le ragioni addotte dal ministro Vito in Aula, bensì per problemi connessi al dibattito interno alla maggioranza». Blindare il testo è stato per l'esecutivo l'unico modo per scongiurare i rischi di assalti alla diligenza in Aula. Mettere a tacere i malumori dell'Mpa, che minacciava ritorsioni per la scarsa attenzione mostrata in Commissione alle sue richieste sul Mezzogiorno.

Il presidente della Camera, Fini, e il premier, Berlusconi, nella campagna elettorale per il Comune di Roma

I NUMERI

Una pratica utilizzata da Palazzo Chigi 10 volte IL GOVERNO chiede per la decima volta in questa legislatura la fiducia su un provvedimento; questa volta sul decreto con le misure contro la crisi economica. Per la nona volta, la fiducia viene chiesta alla Camera dei deputati, mentre al Senato è stata chiesta solo una volta. Le nove precedenti richieste di fiducia sono state approvate il 25 giugno 2008 sul decreto fiscale (con le misure sull'abolizione dell’Ici prima casa e per la defiscalizzazione degli straordinari), il 15 luglio sul decreto sicurezza, il 21 luglio e l’1 e il 5 agosto sempre sul decreto manovra (al Senato e alla Camera), il 7 ottobre sul decreto scuola, il 22 ottobre sul decreto Alitalia, il 2 dicembre sul decreto sanità e il 7 gennaio 2009, sul decreto per l’università. In precedenza, il governo aveva avuto la fiducia sia alla Camera che al Senato sulla formazione del governo. Nella legislatura precedente, il governo Prodi (che aveva una maggioranza risicatissima al Senato), nei primi set-

Il ministro Renato Brunetta

L’aumento dell’età pensionabile delle donne «non è un tabù» ma un argomento che il sindacato è disposto a discutere purchè sia «graduale e volontario», afferma invece il segretario generale dei pensionati della Cisl, Antonio Uda, secondo il quale «il sindacato non può eludere la questione», Cgil compresa, nonostante sembri al momento impegnata in una “opposizione ideologica al Governo».

te mesi di vita, aveva fatto ricorso alla fiducia dieci volte, per finire poi con 27 voti di fiducia su singoli provvedimenti. Nella legislatura ancora precedente, il governo Berlusconi II aveva totalizzato 29 voti di fiducia in tre anni e 10 mesi, ai quali vanno aggiunte le 21 fiducie del terzo governo Berlusconi, nei suoi nove mesi e mezzo di vita. Ecco il quadro dei voti di fiducia di questa legislatura, con i relativi risultati. Camera 25/6/2008 decreto fiscale 326 sì, 260 no, 3 astenuti Camera 15/7/2008 decreto sicurezza 322 sì, 267 no, 8 astenuti Camera 21/7/2008 decreto manovra 323 sì, 253 no Senato 1/8/2008 decreto manovra 170 sì, 129 no, 3 astenuti Camera 5/8/2008 decreto manovra 312 sì, 239 no Camera 7/10/2008 decreto scuola 321 sì, 255 no, 2 astenuti Camera 22/10/2008 decreto Alitalia 309 sì, 250 no, 2 astenuti Camera 2/12/2008 decreto sanità 307 sì, 241 no Camera 7/1/2009 decreto università 302 sì, 228 no, 2 astenuti.

Commissione di vigilanza Permessi di soggiorno si ipotizza lo scioglimento rispunta la tassa di MARINA MARESCA ROMA - La via d'uscita per sbloccare il caso Villari potrebbe essere lo scioglimento della commissione di Vigilanza Rai. E una l'ipotesi circolata al termine della Giunta del regolamento del Senato che ha rinviato ieri di dieci giorni una decisione, nella speranza che la soluzione possa venire dalla politica e non dai regolamenti. La Giunta ha preso atto che il Pdl non prenderà parte ai lavori della commissione e che quindi alla riunione convocata per domani dal presidente Riccardo Villari non si presenterà nessun parlamentare, tranne il commissario radicale che conduce con Marco Pannella la battaglia in difesa dell'ex senatore espulso dal Pd. I presidenti del Senato e della Camera Renato Schifani e Gianfranco Fini potrebbero arrivare allo scioglimento della Vigilanza dopo aver constatato che a causa delle

assenze dei gruppi politici l'organismo bicamerale non è in grado di operare e sarebbe considerato illegittima. Ma non tutti sono convinti sulla praticabilità di questa strada. Il costituzionalista Antonio Manzella, per esempio, sostiene che sarebbe un'ipotesi «più disastrosa» della stessa situazione che si è venuta a creare, una specie di «bomba atomica». Manzella vede invece le basi per una revoca di Villari, perché a suo parere le istituzioni «non possono arrendersi e spingersi fino al punto da sciogliersi, di fronte all'impuntatura di una persona non più sostenuta dalla fiducia di chi l'ha nominata». Per Marco Pannella lo scioglimento della commissione sarebbe arbitraria e contro la Costituzione. Nella riunione della Giunta per il regolamento il vicepresidente vicario del Pdl Gaetano Quagliariello, ha spiegato che Villari ha

soltanto posto «e lo ha fatto a noi, il problema di riavere la sua dignità dal proprio partito, cioè il Pd. Devo dare atto a Villari che con noi non ha mai parlato di altro», ha spiegato Quagliariello in risposta ai cronisti che gli chiedevano se Villari avesse mai posto al Pdl un problema di incarichi o di ricandidatura. Perentoria la risposta della capogruppo Pd al Senato, Anna Finocchiaro: «Non so quale segnale politico dare a Villari, io vedo solo un presidente di una commissione che non rappresenta la commissione. Questo è lo stato dell'arte, credo a questo punto che serva un gesto di responsabilità. Poi possiamo iniziare a ragionare su un recupero, o su un fraintendimento che ci possa essere stato». In sostanza, a Villari viene chiesto di dimettersi senza condizioni e, poi, eventualmente si riparlerà di una reintegrazione nel Partito democratico.

IL CARROCCIO IN CERCA DI AIUTO

Il presidente della Camera più volte ha criticato le scelte della maggioranza e del Governo

Oggi la presentazione dei sub-emendamenti al ddl. Il Pd chiede uno sforzo su 6 punti

Dalla giustizia agli immigrati, gli scatti di autonomia di Fini

Stretta finale sul federalismo fiscale

ROMA – Il richiamo di Gianfranco Fini al governo è l’ultimo di una serie di episodi in cui il presidente della Camera ha rimarcato la propria indipendenza di giudizio rispetto alla maggioranza e al governo. Episodi che negli ultimi giorni, come avvenuto sul tema della giustizia e dell’immigrazione, si sono intensificati, a conferma della volontà di Fini di interpretare il proprio ruolo istituzionale in modo attivo, oltre che sganciato dalle logiche di appartenenza politica. VIGILANZA RAI, 30 settembre

2008 – Un primo segnale, Fini lo manda sulla commissione Rai, quando la maggioranza non partecipa alle sedute per impedire l’elezione di Leoluca Orlando. Rispondendo alle proteste delle opposizioni, Fini chiede ai capigruppo della maggioranza di non «mortificare le istituzioni parlamentari». DECRETI LEGGE, 2 ottobre 2008 – Pochi giorni dopo, Fini si rivolge direttamente a Berlusconi, che aveva annunciato l’intenzione di fare ampio ricorso ai decreti legge, Fini risponde che di fronte ad un eventuale «abuso» dei decreti, la Camera avrebbe rivendicato «il diritto di far

sentire la propria voce». FEDERALISMO, 8 novembre 2008 – Le fondazioni Farefuturo, che fa capo a Fini, e Italiani europei, di Massimo D’Alema, organizzano un convegno ad Asolo. I due concludono i lavoro trovando diversi punti di convergenza, fra l’altro sulla proposta di una commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo. PERICOLO “CESARISMO” IN PDL, 25 novembre 2008 – Intervenendo ad un dibattito sulle trasformazioni dei partiti, Fini denuncia il rischio di «cesarismo», anche nel Pdl. IMMIGRATI, 9 gennaio 2009 –

Fini prende posizione contro un emendamento della Lega, accolto dai relatori al decreto anti crisi, che avrebbe imposto agli immigrati di pagare per il permesso di soggiorno e una fidejussione per la partita Iva, parla di norme “oggettivamente discriminatorie». GIUSTIZIA, 10 gennaio 2009 – In una lettera al Corriere della Sera, Fini elenca sei punti come base per una “riforma condivisa» sulla giustizia; fra l’altro, Fini chiede che le intercettazioni restino ammesse per i reati di corruzione, L’iniziativa è accolto con favore dal Pd e con grande prudenza dal Pdl.

Ma il sindacato pensionati della Cgil non solo si dice «contrario» all’aumento, ma chiede a sua volta alle altre organizzazioni di difendere la piattaforma unitaria dei pensionati con iniziative di mobilitazione. «Unirsi al coro di chi pensa di risolvere i problemi della crisi con l’innalzamento dell’età pensionabile è puerile e strumentale», dice infatti il segretario generale dello Spi Cgil, Carla Cantone. Un invito ad un approfondimento della questione ad un tavolo con il sindacato arriva poi dai rappresentanti dei lavoratori del pubblico impiego. Il segretario della Funzione pubblica Cgil, Carlo Podda, chiede di non «dover subire un’ennesima scelta dirigista. Se così fosse - annuncia – la risposta della Fp-Cgil verrà data in piazza». Confronto e volontarietà sono anche le parole d’ordine dell’Ugl mentre anche il segretario della Uil Pa, Salvatore Bosco, chiede un tavolo con le parti sociali su questo tema e su tutta l’organizzazione del lavoro pubblico, altrimenti «ci sarà l’opposizione del sindacato». Bosco parla di una nuova “discriminazione» del pubblico impiego e ricorda che «già oggi le lavoratrici del pubblico vanno in pensione a 65 anni, esattamente come i loro colleghi uomini, e che la facoltà di anticipare il pensionamento a 60 anni serve unicamente per favorire situazioni di difficoltà personale o familiare». Ma è la stessa differenziazione di trattamento tra pubblico e privato che non convince neppure nella maggioranza: a sollevare la questione è il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera Giuliano Cazzola. «E' vero. L’Alta Corte di Giustizia ha posto solo il problema dell’età pensionabile delle lavoratrici del pubblico impiego. Ma anche i cammini più lunghi cominciano sempre con un primo passo. La questione delle pensioni dovrà riaprirsi presto quando ci accorgeremo che la controriforma del 2007 è in larga misura sprovvista di copertura finanziaria».

Sugli extracomunitari la Lega non molla

I PRECEDENTI

di GIOVANNI GRAZIANI

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LE NOVITÀ DI BRUNETTA

Dibattito politico

di ANDREA LONGO

Mercoledì 14 gennaio 2009

di ALESSANDRA CHINI

Una seduta della Camera

ROMA – Stretta finale sul ddl sul federalismo fiscale in discussione al Senato. La Lega continua a lavorare per un testo condiviso con l’opposizione che andrà in Aula il 20 gennaio. Molti i punti di convergenza inseriti dal ministro Roberto Calderoli e dal relatore del provvedimento Antonio Azzollini, che hanno presentato ieri nel comitato ristretto delle commissioni Finanze, Bilancio e Affari Costituzionali di Palazzo Madama l'ultima versione del testo base. Per oggi alle 18 è stato fissato il termine per i sub-emendamenti al ddl con il Pd che chiede alla maggioranza, oltre che di collegare il testo a un più ampio progetto di riforme anche costituzionali, un ulteriore sforzo almeno su sei punti e condiziona a questo un eventuale voto favorevole. Si va dal finanziamento integrale di tutte le fun-

zioni attribuite agli enti territoriali al ripristino del termine dei dodici mesi per l'adozione del primo decreto attuativo della legge delega. «Se c'è disponibilità ad accogliere queste nostre richieste – spiega il relatore di minoranza al provvedimento Walter Vitali – il nostro atteggiamento sarà conseguente. Ci riserviamo di decidere dopo aver visto i testi ma non mi sento di escludere nessuna delle tre opzioni di voto». Del resto dal Carroccio arrivano rassicurazioni su questo punto. E sulle richieste dell’opposizione il Senatur Umberto Bossi apre con un cauto «vediamo, se sono formulate nel modo giusto...». Anche Calderoli, che sottolinea come «il metodo della condivisione sulle riforme dà i suoi frutti» fa sapere che il governo è già al lavoro su limature che possano andare incontro alle ipotesi dell’opposizione e che ci «sono possibili convergenze».

di ELVIO SARROCCO

circa 700 sterline in Inghilterra. La Lega ha così ottenuto una vitROMA - La tassa sul permesso di toria, anche se non totale. Ha dovusoggiorno per gli immigrati, pro- to però rinunciare all'emendamenposta dalla Lega e bocciata da Fini e to che prevedeva la sanià' a pagaBerlusconi, resta. L'importo sarà mento per gli immigrati. È stato deciso successivamente. La norma anche modificato l'emendamento che prevedeva l'obè contenuta nel disebligo per i medici gno di legge sulla sidi segnalare alle curezza che è all'eautorita' gli immisame del Senato e grati che chiedono che sarà approvato prestazioni sanitail 3 febbraio. rie. Non ci sara' Nella maggioranl'obbligo ma la deza, divisa sulla tassa cisione e' lasciata sugli immigrati da alla liberta' di comolti ritenuta iniscienza dei medici. qua, è stato ragÈ stato infine tragiunto un comprosformato in ordine messo che sarebbe del giorno l'emenstato sancito lunedì damento che presera in una cena con vedeva lo stop per Berlusconi e Bossi. due anni dei flussi Ma il presidente del di immigrati in consiglio nega che Italia. da parte sua ci sia La Lega si e' detstata una marcia inta soddisfatta per dietro. «Ho subito l'accordo sulla tasdetto che sono consa sugli immigrati trario», ha fatto presente, «ne ho parla- Un extracomunitario in un Cpt contestata duramente dall'opposito con Bossi e anche lui non ha fatto obiezioni a riguar- zione. Maroni ha smentito Berlusconi, sostiene il ministro dell'Indo». Ieri al Senato c'è stato un vertice terno del "governo ombra" del Pd, con il ministro della Giustizia, An- Marco Minniti. Questo governo, atgelino Alfano, ed il ministro del- tacca il vicepresidente dei deputati l'Interno, Roberto Maroni. Al ter- del Pd, Gianclaudio Bressa, non e' mine dell'incontro Maroni ha an- solo xenofobo ma anche ridicolo. Oltre che del ddl sulla sicurezza il nunciato che l'emendamento che prevedeva una tassa di 200 euro Senato si occupera' anche del diseper gli immigrati che chiedono il gno di legge sul federalismo fiscale permesso di soggiorno (alla Came- tanto caro alla Lega. Bossi ha aura la Lega aveva proposto 50 euro), spicato che venga approvato entro sarà modificato e l'importo sarà de- gennaio. E, replicando al Pd che acfinito successivamente con un de- cusa gli esponenti del governo di creto dei ministri dell'Interno e del- essere latitanti e di aver lasciato sol'Economia. La tassa, ha precisato la la Lega a fare la sua battaglia per Maroni,è una norma «assoluta- il federalismo, Bossi ha affermato mente condivisa da tutta la mag- che Berlusconi gli ha assicurato gioranza». Per quanto riguarda che «tutti nel Pdl sono federalisti, l'importo, il ministro ha spiegato anzi più federalisti di me». Ha coche si terrà conto del livello medio munque avvertito che alle prossiche c'è in Europa. Quasi tutti i paesi me elezioni amministrative la Lega hanno questa tassa e si va da un mi- far alleanze solo con chi votera' il fenimo di 10 euro ad un massimo di deralismo.


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