Con il camper- Viaggi in Italia - 2 semestre 2016

I nostri viaggi nel secondo semestre 2016

Antero e Mary con il camper 

Un giorno tra le rovine dell’antica città di Ostia 23 giugno 2016 “ Ostia, secondo la tradizione sarebbe stata fondata dal re Anco Marzio alla foce del Tevere, dove secondo la leggenda era approdato Enea, sorta come colonia militare a difesa della foce del fiume, fu luogo di raccolta della flotta e cantiere navale. L'area archeologica merita una visita per completare la conoscenza della storia di Roma, in quanto offre la possibilità di vedere, come Pompei del resto, l'impianto urbanistico romano”.

Alle 8 partiamo, con noi anche i due nipoti più grandi, contenti di vedere i resti della città di Ostia antica.

In autostrada troviamo abbastanza traffico che aumenta pian piano che ci avviciniamo a Roma. Anche il raccordo anulare è molto trafficato ma, per fortuna, il traffico è scorrevole.

Alle 11 siamo già nel parcheggio antistante l’ingresso di Ostia antica.

Dopo aver fatto il biglietto ci incamminiamo dall'ingresso in via Ostiense e iniziamo la nostra visita.

A sinistra notiamo il sepolcreto con le antiche tombe, fra cui spicca la Tomba degli Architetti, fra cui spicca la Tomba degli Architetti, più avanti a destra, invece, vediamo la Porta Romana, di epoca Repubblicana, che da' accesso a piazzale della Vittoria.

Siamo nel Decumanus Maximus l'arteria principale della città, da qui è un susseguirsi di costruzioni: botteghe, abitazioni, il conosciutissimo Caseggiato del cane Monus, chiamato così per una figurazione musiva e le terme di Nettuno, dove si possono ancora distinguere i diversi ambienti che caratterizzavano l'impianto delle terme romane, salendo sui gradini è possibile vedere dall'alto due ambienti con mosaici.

Andiamo in via dei Vigili per ammirare i resti del mosaico simbolo delle quattro

Province e dei quattro Venti, giungiamo quindi in via delle Corporazioni dove possiamo ammirare i resti ben conservati del Teatro costruito in epoca augustea.

Ora andiamo verso il teatro di ostia antica e dietro al teatro si può notare il Piazzale delle Corporazioni, con le stationes delle corporazioni e delle città coloniali che avevano scambi con Roma e Ostia.

Ogni tanto il cielo fa le bizze, cade qualche goccia d’acqua che fà aumentare l’umidità.

A seguire troviamo la Domus di Apuleio e, proseguendo, via Diana e poi via dei Dipinti.

Approfittiamo del tempo per andare a vedere il Museo Archeologico Ostiense, dove sono custodite molte testimonianze della vita dell'epoca: oggetti, suppellettili, parti di mosaici e statue.

Dopo, riprendiamo il percorso verso il Foro dove campeggia il Capitolium Adrianeo, che si eleva sulle altre rovine e il Tempio di Roma e di Augusto, del foro non ci perdiamo le Terme, nelle quali spicca il grandioso frigidarium, sul lato opposto del foro possiamo vedere la Basilica ed il Tempio Rotondo.

Poco distante siamo al bivio di Castrum e troviamo sulla nostra destra l'area sacra dei Templi Repubblicani.

Visita della Domus di Amore e Psiche che conserva un monumentale ninfeo, splendidi mosaici e pavimenti marmorei policromi. A sinistra del Bivio Castrum, lungo via Calcara visitiamo: il Mitreo dalle pareti dipinte, i due Caseggiati di Serapide e degli Aurighi, piÚ avanti le le terme della Trinacria. 

Proseguendo in via del tempio di Serapide vediamo il Caseggiato di Bacco e Arianna e il Tempio di Giove.

Ora siamo nel cardo degli Aurighi, ed entriamo nell'area delle Case a Giardino di epoca adrianea, esse sono disposte come una cittĂ giardino in miniatura.

Siamo quasi alla fine del nostro percorso, siamo arrivati alla Porta Marina, superata la quale ci si trova nel Prospetto a Mare, un piazzale colonnato che sorgeva a pochi metri dalla spiaggia, Ostia infatti, sorgeva sulla foce del Tevere, dove venne costruito il Porto di Roma .

Rientrando da Porta Marina possiamo ammirare il Caseggiato della Fontana con Lucerna ed il grandioso ingresso della Schola di Traiano, con portici giardino e ninfei.

Ci immettiamo nel Cardo Maximus e terminiamo la 

nostra visita guardando la magnifica domus risalente al III-IV secolo, l'edificio sede degli Augustali, il Mitreo di Felicissimo, il Santuario della Bona Dea, il Caseggiato di Temistocle e il Tempio Collegiale. Siamo di nuovo a Porta Romana, da qui siamo entrati e da qui adesso usciamo. E’ finita la nostra visita di Ostia antica. 

Lasciamo alle spalle Ostia e andiamo verso Civitavecchia, superiamo Fiumicino e ci immettiamo nell’autostrada fino a Civitavecchia per poi lasciare l’autostrada e, con la statale andare verso Viterbo e successivamente andiamo a Civita di Bagnoregio. Attraversiamo tutta la città di Bagnoregio e

arriviamo finalmente al parcheggio che si trova a poche centinaia di metri dal borgo di Civita ,dove si accede solo a piedi.

Facciamo il biglietto che ci consente di visitare il borgo che è ancora abitato da una decina di persone e situato in posizione isolata.

Civita è raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale in cemento armato costruito nel 1965.

E mentre attraversiamo il ponte leggiamo le informazioni sulla città e scopriamo che la causa del suo isolamento è la progressiva erosione della collina e della vallata circostante, che ha dato vita alle tipiche forme dei calanchi e che continua ancora oggi, rischiando di far scomparire la frazione, per questo chiamata anche "la città che muore" o, più raramente, "il paese che muore”.

Brevi cenni di storia Civita venne fondata 2500 anni fa dagli Etruschi. Sorge su una delle più antiche vie d'Italia, congiungente il Tevere (allora grande via di navigazione dell'Italia Centrale) e il lago di Bolsena.

All'antico abitato di Civita si accedeva mediante cinque porte, mentre oggi la porta detta di Santa Maria o della Cava, ne rappresenta quella principale, inoltre è possibile accedere a Civita dalla valle dei calanchi attraverso una suggestiva galleria scavata nella roccia. La struttura urbanistica dell'intero abitato è di origine etrusca, costituita da cardi e decumani secondo l'uso etrusco e poi romano, mentre l'intero rivestimento architettonico risulta medioevale e rinascimentale. Numerose sono le testimonianze della fase etrusca di Civita, specialmente nella zona detta di San Francesco vecchio; infatti nella rupe sottostante il belvedere di San Francesco vecchio è stata ritrovata una piccola necropoli etrusca. Anche la grotta di San Bonaventura, nella quale si dice che San Francesco risanò il piccolo Giovanni Fidanza, che divenne poi San Bonaventura, è in realtà una tomba a camera etrusca. Gli etruschi fecero di Civita (di cui non conosciamo l'antico nome) una fiorente città, favorita dalla posizione strategica per il commercio, grazie alla vicinanza con le più importanti vie di comunicazione del tempo.

Del periodo etrusco rimangono molte testimonianze: di particolare suggestione è il cosiddetto “Bucaione”, un profondo tunnel che incide la parte più bassa dell'abitato, e che permette l'accesso, direttamente dal paese, alla Valle dei Calanchi. In passato erano inoltre visibili molte tombe a camera, scavate alla base della rupe di Civita e delle altre pareti di tufo limitrofe che purtroppo furono in gran parte fagocitate, nei secoli, dalle innumerevoli frane. Del resto, già gli stessi Etruschi dovettero far fronte ai problemi di sismicità e di instabilità dell'area, che nel 280 a.C. si concretarono in scosse telluriche e smottamenti. All'arrivo dei romani, nel 265 a.C., furono riprese le imponenti opere di canalizzazione delle acque piovane e di contenimento dei torrenti avviate dagli etruschi. Siamo nel Decumanus Maximus l'arteria principale della città, da qui è un susseguirsi di costruzioni: botteghe, abitazioni, il conosciutissimo Caseggiato del cane Monus, chiamato così per una figurazione musiva e le terme di Nettuno, dove si possono ancora distinguere i diversi ambienti che caratterizzavano l'impianto delle terme romane, salendo sui gradini è possibile vedere dall'alto due ambienti con mosaici.

Davanti a noi vediamo la celebre Civita di Bagnoregio che sorge sui prodotti vulcanici e appare quasi come un'isola di tufo rosso nel mare delle bianche argille dei calanchi. Ma sono proprio questi territori che, a

causa di crolli distruttivi, hanno determinato la progressiva riduzione dell'altura su cui sorge Civita di Bagnoregio.

Entriamo nel borgo e andiamo a vedere il magnifico

panorama che si gode da qui. 

Dalla Rupe orientale di Civita di Bagnoregio si vedono i "Ponticelli", enormi muraglioni naturali in argilla, ultima traccia di un processo erosivo iniziato migliaia di anni fa e non ancora cessato. 

28 Giugno Toccata e Fuga a Poppi Partiamo, questa volta accompagniamo nostro nipote più grande a visitare il Castello dei Conti Guidi di Poppi.

Arrivati nel piazzale antistante il castello, entriamo per una visita accurata sia dei locali che della famosa biblioteca Rilliana.

Castello di Poppi Nel 1196, Guido Bevisangue, il primo dei conti Guidi di Poppi, venne nominato dall'imperatore Arrigo VI (figlio del Barbarossa), "Conte di tutta la Toscana" che qui costruì il castello.

Poppi, grazie al progressivo rafforzamento della dinastia dei Guidi, assunse il ruolo di capoluogo politico e amministrativo del Casentino, ruolo che mantenne anche sotto il dominio della Repubblica fiorentina, per la quale, molti dei Conti Guidi rivestirono cariche politiche e militari fino alla metà del '400.

Nel 1440 il Conte Francesco Guidi, desiderando liberarsi dalla dominazione di Firenze, si alleò con il Ducato di Milano che mandò le sue truppe a sostenerlo nella ribellione.

L'esercito fiorentino pose l'assedio a Poppi e la conquistò: la famiglia Guidi venne esiliata e Poppi passò sotto il diretto controllo di Firenze.

Come territorio fiorentino Poppi godette delle evoluzioni del Rinascimento e della magnificenza dei Medici, anche se, verso la fine del '400 fu l'epicentro delle guerre tra Firenze e Venezia.

Durante i secoli che fanno da ponte fra il 1500 e il 1860, anno dell'unità d'Italia, Poppi continuò ad essere territorio di Firenze, prima Repubblica, poi Signoria e infine Granducato di Toscana, sviluppando una fiorente economia agricola (con la produzione di cereali, viti e olivi), l’industria alimentare e la tradizionale produzione di canne per organo.

29 Giugno

Fortezza di S. Leo San Marino e Mutonia (*)

Lasciato il castello di Poppi,proseguiamo verso la Romagna e più precisamente a San Leo per vedere la famosa Rocca.

Finalmente arriviamo al delizioso paese di San Leo, abbarbicato in uno sperone di roccia. L’accesso al paese è attraverso una porta sulle mura che circondano completamente il paese. La piazzetta è romantica e la vicina chiesa è da visitare. Andiamo fino alla fortezza superando, a piedi, un bel dislivello su sterrato. Poi, giunti in cima , davanti a noi la mole della rocca grava imponente sopra le nostre teste.

La storia della rocca di Cagliostro C'era una volta un mago. No, un ciarlatano. Era nato in Oriente. Macché, era un siciliano.

Trasformava i metalli in oro. Un alchimista? Un volgare truffatore? Soltanto un avventuriero con pochi scrupoli e molti nomi. Conte di Cagliostro? O Giuseppe Balsamo?

La fortezza di San Leo sussurra la sua storia, ma è un racconto a due voci. Si può ascoltare la cronaca o la leggenda. Stanno incatenate insieme, nella cella dove Cagliostro fu sepolto vivo dall’Inquisizione.

Qui “nell'anno di grazia 1795, mese di agosto, Giuseppe Balsamo, detto conte di Cagliostro, battezzato come cristiano ma tristemente celebre come eretico e miscredente, dopo aver sopportato, perseverando nei suoi errori, le sofferenze della prigione per quattro anni, quattro mesi e cinque giorni, è morto senza aver manifestato alcun segno di pentimento e senza lasciare rimpianti, privo della comunione della nostra santa madre Chiesa, all'età di 52 anni, due mesi e 28 giorni”.

Così, con un gelido atto di morte, finisce l'avventura di uno dei personaggi più enigmatici e oscuri del secolo dei Lumi. Finisce nella rocca marchigiana di San Leo, l'antica Montefeltro, tra Urbino e San Marino. Un dito di roccia a trenta chilometri dal mare.

"Io non morirò", diceva, "Io non posso morire", ripeteva ai carcerieri, murato vivo nella cella del "pozzetto": una tomba di pietra, priva di porta, collegata con l'esterno da una piccola botola. Come poteva morire Cagliostro l'uomo che aveva distillato l'elisir di eterna giovinezza?

Proprio nel timore che, se non i demoni, almeno i suoi adepti lo potessero liberare, Pio VI lo aveva fatto trasferire dalla cella di Castel Sant'Angelo alla fortezza di San Leo, trasformata in prigione dall'Inquisizione. Per quattro anni Cagliostro venne sistematicamente affamato e torturato.

E poiché lo “stregone” non si decideva a morire, fu, si dice, strangolato. Già, faceva paura Cagliostro l'impostore. Amico degli spiriti maligni ma anche della Rivoluzione. Rinchiuso nel 1785 nella Bastiglia, non solo ne era uscito dimostrando la sua innocenza, ma ne aveva predetto la caduta del 1789.

Era stato processato per il celebre “affare della collana”, uno scandalo che aveva inferto un duro colpo alla monarchia francese.

Il mago era stato accusato di aver fatto sparire un collier che il cardinale di Rohan aveva acquistato per comprarsi i favori di Maria Antonietta. Trascinato alla sbarra, Cagliostro aveva dimostrato che la truffa era stata architettata non da lui, ma da una spregiudicata contessa e da uno dei suoi amanti. Sì, faceva paura quell'ometto elegantissimo.

Era spuntato dal nulla, nel 1776, a Londra, accompagnato dalla moglie: la bellissima “contessa Serafina”. Diceva di essere nato in Oriente, oppure a Malta, allevato dai Cavalieri di San Giovanni, eredi dei Templari. Da allora aveva viaggiato per l'Europa. Facendosi chiamare fantasiosamente Achara, Marchese Pellegrini e conte di Cagliostro.

Mai Giuseppe Balsamo. Sempre negò di essere quel “pendaglio da forca”, un palermitano di umili origini. Un novizio fuggito dal convento di Caltagirone. Non alchimista, ma truffatore e falsario.

Così sostennero i giudici, così passò alla storia. Altro che “conte”: un lenone che campava facendo prostituire la moglie. Altro che “contessa Serafina”: la sacerdotessa che officiava i riti di Osiride al suo fianco si chiamava Lorenza Feliciani, ed era un'avventuriera romana. Balsamo stesso, anni prima, l'aveva denunciata per adulterio dopo una fuga galante con un ricco parigino: Lorenza era finita in cella.

E’ il 1790: gli atti del Tribunale dell'Inquisizione disegnano l'identikit di un mago della truffa, di un massone “eretico”.

Cagliostro viene arrestato il 27 dicembre 1789 a Roma dove sperava di ottenere dal papa il riconoscimento della sua massoneria di rito egiziano. Dopo molti mesi di processo, il 7 aprile 1791, la condanna: pena di morte, commutata in “carcere perpetuo da scontare in fortezza”. Comincia il calvario: costretto all'abiura, Cagliostro cammina scalzo da Castel Sant'Angelo alla chiesa di Santa Maria sopra Minerva dove s'inginocchia, chiedendo perdono. È il 20 giugno, la folla lo insulta. “Una notte di tempesta”, scrive un cronista del Moniteur, “il mago scambia un tuono per il rombo di un cannone”.

"Sono qua, liberatemi", grida. E i giudici, spaventati, lo trasferiscono a San Leo. L'uomo che era stato venerato come un santo diventa lo zimbello delle folle. Goethe lo deride in un'opera buffa, Il Gran Copto. Ma tra il fragore degli insulti si levano le note di un compositore, come lui massone. È il flauto magico di Mozart, che gli rende omaggio.

Oggi la prigione è un museo, le segrete risuonano solo dei passi dei visitatori che si concedono un brivido davanti alla sua cella. Il pellegrinaggio si conclude accanto a un tavolaccio stretto come una lapide: “Niente fiori sulla tomba del conte, nessuno sa dove sia, nessuno l'ha mai ritrovata”.

“La sepoltura ecclesiastica”, recita l'atto di morte, “gli è stata rifiutata. Il suo corpo è stato seppellito in cima a un monte, dalla parte in cui declina a ponente”. Ucciso dagli stenti o dagli aguzzini. I giornali del tempo parlarono di assassinio, il cappellano del carcere di un colpo apoplettico. La sua fine, come la sua vita, resta avvolta nel mistero. Molti, da quel 26 agosto 1796, giurano di averlo incontrato.

Terminata la visita in questo bel paese, proseguiamo fino a giungere a San Marino.

Breve sosta per pausa pranzo e , immediatamente, andiamo in centro per la visita della città e, successivamente a vedere le sue Torri.

PRIMA TORRE

Costruita direttamente sulla pietra del monte senza alcuna fondamenta, la Prima Torre, a base pentagonale, risale al X secolo, ma è stata rafforzata più volte successivamente.

Ricostruita nella seconda metà del XV secolo, nel XVI secolo è stata ricoperta con una copertura a spioventi. È detta anche “Rocca Guaita” e tra le sue solide pareti, protette da un doppio girone murario (quello esterno con merli e torrioni decapitati agli angoli), si riparava il popolo durante gli assedi.

Lo stemma barocco di pietra che si vede sulla porta d’ingresso è quello della Repubblica e risale al 1600, prima apparteneva al vecchio Palazzo Pubblico.

La cinta interna è limitata dalla Torre campanaria e dalla Torre della Penna, costruite alcuni secoli piu tardi. La porta superiore, a cui si può giungere per mezzo di una scala, è difesa da una bertesca del 1481.

SECONDA TORRE Sul secondo picco del Monte Titano, si erge il Castello della Cesta, detta anche Fratta. Costruita alla fine del XI secolo, era la sede del corpo di guardia. Oggi ospita il Museo delle Armi Antiche.

In centro troviamo molta gente quasi tutti turisti ( crediamo siano tutti Russi), salvo i cinesi che si riconoscono vuoi per l’ombrellino che per le mascherine al volto.

Lasciamo la Repubblica di San Marino e ci spostiamo verso Mutonia 

Da San Marino arrivare a Mutonia è veloce, dista appena 23 chilometri e si trova vicinissimo a Santarcangelo di Romagna. (*) MUTONIA La Mutoid Waste Company nasce a Londra nel 1986 e dal 1991 ha “sede” a Santarcangelo di Romagna e la filosofia di vita si basa sull’utilizzo di componenti tratti da rifiuti inorganici, come ferro, plastica, gomma, fibra di vetro, alluminio, rame e ottone, che uniti diventano elementi di sculture uniche.

La mutazione è alla base dell’ideazione e dell’uso dei materiali ogni volta impiegati con tecniche e lavorazioni differenti.

Un gruppo di riciclatori che riescono a trasformare i rifiuti urbani in opere d’arte. Nomadi che viaggiano e lavorano in svariate zone del pianeta, ognuno presentando il suo stile.

Il Comune di Santarcangelo ha formalmente riconosciuto la comunità dei Mutoid come Parco Artistico Mutonia. Il gruppo Mutoid Waste Company, giunse nella cittadella negli anni ’90 per partecipare al Festival dei Teatri, da allora, scelsero di stabilirsi definitivamente.

Stanziatisi venticinque anni fa, sono riconosciuti dalla Soprindenza per i beni architettonici e paesaggistici di Ravenna e la Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologicidi Bologna, per il loro valore culturale.

Mutonia dedica alcune iniziative anche alla città, come il percorso di opere poste per collegare il Parco al centro urbano e le collaborazioni con altri artisti.

Il Parco Artistico Mutonia si trova lungo il fiume Marecchia, quando finisce via Vecchia Marecchia ed è aperto aperto 365 giorni all’anno.

La loro presenza da oltre 20 anni si è tradotta in collaborazioni con il Comune e con le scuole.

Si tratta di un luogo unico nel suo genere, fuori e dentro le regole si presenta come un ambiente dove poter scoprire nuove cose.

Chi non ha visto il luogo e le opere esposte non può capire quanto è strano e magico ; ma allo stesso tempo avvincente e difficile da capire tanto che appare a prima vista come una discarica di vari oggetti….…insomma è una arte particolare che riceve tanti consensi internazionali.

Abbiamo terminato la nostra visita in questo “ strano posto” , e quello che più ci ha “ sconvolto” è proprio aver visto queste opere prodotte da tutti gli artisti nomadi che qui hanno trovato il luogo giusto per la loro ispirazione.

Ritorniamo verso casa ma non prendiamo l’autostrada e percorriamo le statali fino a Mercato Saraceno che visitiamo frettolosamente poi, con la “ fatiscente” E45 arriviamo a destinazione.

Il periodo estivo la trascorriamo al fresco della nostra casa, riprenderemo i nostri viaggi alla fine di agosto.

Tour delle Dolomiti e del Lago di Garda 29 agosto - 9 settembre 2016 

Alle 8 siamo già in viaggio. Percorriamo strade statali così da gustarci il paesaggio delle città che attraversiamo e facendo le soste per il caffè e per il pranzo senza avere l’assillo della gente frettolosa che percorre l’autostrada.

Fa molto caldo ed il sole splende alto nel cielo, alle 15 arriviamo a Belluno, la nostra prima tappa di questo percorso che ci riporta indietro negli anni.

Arriviamo al parcheggio posto proprio sotto le mura del centro storico. Il tempo di sistemarci nell’apposito stallo per i camper e subito andiamo verso le scale

mobili che in pochissimo tempo ci permettono di arrivare nel cuore del centro storico di Belluno.

Adagiata tra le Prealpi Venete e i picchi dolomitici, Belluno è città accogliente e raccolta. Il suo centro storico, abbarbicato su un balcone naturale proteso sul fiume Piave, cattura il turista diretto verso le montagne circostanti, dichiarate dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità nel 2009. Belluno concentra le sue bellezze attorno a Piazza Duomo, comodamente raggiungibile, per chi arriva in città in auto, con una scala mobile che dal parcheggio conduce nel cuore del centro storico.

Sulla Piazza si affacciano il Palazzo dei Rettori, la Torre Civica e la Cattedrale.

Il primo, costruito tra l'inizio del '400 e la metà del '500, era l'antica sede dell'amministrazione veneziana. Oggi ospita la prefettura e caratterizza la piazza con la sua pittoresca Torre dell'Orologio.

La Torre Civica venne invece edificata sul finire del XII secolo: vi risiedevano i vescovi-conti ed è una delle migliori testimonianze della Belluno medievale.

La Cattedrale è la chiesa più importante della città ed è la vera protagonista della piazza. Dagli interni alti e ariosi, dal sapore gotico nonostante lo stile tipicamente rinascimentale, è dedicata a San Martino ed è affiancata da un alto ed elegante campanile progettato ad inizio '700 da Filippo Juvarra, architetto di opere come la Reggia di Stupinigi e la facciata di Palazzo Madama a Torino. A pochi minuti a piedi dalla Piazza, il cinquecentesco Palazzo Crepadona, che deve il suo nome alla nobile famiglia bellunese che lo commissionò, è la prestigiosa sede della Biblioteca Civica.

La prima cosa che attira la nostra attenzione è la tranquillità e il silenzio, qualità ormai assai rare.

Passeggiando per il centro storico si scopre una città a dimensione d’uomo, non alterata dal ritmo frenetico della modernità.

La città ha mantenuto lo stile di vita proprio della montagna, forse perché circondata e protetta dalle Prealpi e dalle maestose pareti dolomitiche simbolo di Belluno.

E immersi in questa atmosfera abbiamo ammirato edifici ed architetture di epoche diverse come Porta Rugo, tipica costruzione medievale e l’antica Piazza del Mercato.

Qui vediamo preparare i tavoli e le attrezzature adatte per svolgere la sagra del pesce fritto. Proseguiamo nel nostro itinerario e andiamo nei vicoli del centro storico; che sono letteralmente coperti da una miriade di ombrelli colorati.

Riprendiamo la scala mobile e siamo di nuovo al posteggio dove abbiamo lasciato il camper. E’ sera, vediamo arrivare altri camper che si fermano qui per la notte. Siamo contenti di aver visitato questa città, prepariamo l’itinerario per domani che ci condurrà alla diga del Vajont.

30 agosto 2016 Alle 9 lasciamo questa bella cittadina e andiamo verso Longarone, tristemente famoso per la tragedia legata alla tracimazione delle acque sulla diga del Vajont.

Dalla strada vediamo, incastonata nella montagna,la mole della diga che incombe sopra le teste degli abitanti di Longarone ‌e incominciamo a capire cosa e come deve essere stata l’immane tragedia. Superato il paese di Longarone prendiamo la statale che porta al paese di Erto ( anch’esso distrutto); attraversiamo gallerie scavate nella montagna, poi, possiamo ammirare da vicino la diga.

Oggi non sono previste visite alla diga, quindi ci accontentiamo di vederla da un diverso punto di vista. 

La Diga ed il disastro del Vajont “ La diga costruita dal 1957 al 1960, oggi in disuso, è tristemente famosa per il disastro del Vajont del 9 ottobre 1963, quando una frana del monte Toc precipitò nel bacino, facendolo traboccare e inondando il paese di Longarone, causando 1.917 vittime, tra cui 487 bambini e ragazzi sotto i 15 anni.

Fatidica fu la superficialità degli studi preliminari per la realizzazione dell'opera, che non approfondirono e trascurarono alcuni elementi importanti, in parte emersi durante i test geologici, che evidenziavano la friabilità del versante del monte Toc, abbreviazione del dialetto locale di "patoc" che significa guasto, avariato, sfatto.

Pare che le cause del disastro siano da attribuire principalmente al collaudo dell'opera, che consisteva nel riempimento l'invaso ed al suo successivo parziale svuotamento, per arrivare alla quota di regime. Infatti sembrerebbe che la variazione delle pressioni esercitate dall'acqua sul già precario versante sia stato l'elemento scatenante la frana (vedasi studio del Geol. Giovanni Maria Di Budro: VAJONT- La storia della frana del 9 ottobre 1963). È importante ricordare che la diga non crollò. Dalle verifiche effettuate durante il processo, emerse che le sollecitazioni cui il manufatto fu sottoposto durante la tragedia furono quasi 10 volte superiori a quelle prevedibili durante il normale esercizio.

La tragedia fu causata dall'onda provocata dalla frana che superò il coronamento della diga (in altezza di circa 200 metri), abbattendosi nella valle del Piave, e dall'onda di riflusso che tornò verso il lago. La diga non crollò e l'onda danneggiò solamente il coronamento, portandosi via la strada soprastante e la parte più alta dell'imposta di sinistra. Le conseguenze sarebbero state ancora più disastrose se la diga avesse ceduto, in quanto la quantità di acqua che si sarebbe potuta riversare a valle sarebbe stata doppia (l'onda complessiva è stata valutata in 50 milioni di metri cubi, di cui 25 risalirono i versanti dell'invaso ed i rimanenti 25 scavalcarono la diga) poiché la capienza del lago era di 150 milioni di metri cubi ma al momento dell'evento aveva un volume di 115 milioni di metri cubi) ”.

segue……………. ” Lo scopo della diga era di fungere da serbatoio di regolazione stagionale per le acque del fiume Piave, del torrente Maè e del torrente Boite, che precedentemente andavano direttamente al bacino della Val Gallina, che alimentava la grande centrale di Soverzene. Le acque sottratte al loro corso naturale vennero così incanalate dalla diga di Pieve di Cadore(Piave), da quella di Pontesei (Maè) e da quella di Valle di Cadore (Boite) al bacino del Vajont tramite chilometri di tubazioni in cemento armato vibrato e spettacolari ponti-tubo. A questo complesso si aggiunse successivamente la vecchia diga di Vodo di Cadore, che con la sua quota permise di alzare di 15 m la diga del Vajont, rispetto al progetto originario.

In questo sistema di vasi comunicanti, le differenze di quota tra bacino e bacino venivano usate per produrre energia tramite piccole centrali come quella del Colomber

ricavata in caverna ai piedi della diga del Vajont e quella di Castellavazzo. Le acque scaricate dalla centrale di Soverzene venivano poi condotte, tramite un canale, al Lago di S.Croce e ai successivi, con relative centrali. Era un sistema concepito per sfruttare al massimo tutte le acque ed i salti disponibili del fiume Piave e dei suoi

affluenti, di cui il bacino del Vajont era il cuore; esso venne presto compromesso prima dalla frana del Lago di Pontesei (ora quasi vuoto per motivi di sicurezza) e poi dalla frana che causò il disastro del Vajont negli anni ’60.

Il disastro del Vajont fu l'evento occorso la sera del 9 ottobre 1963 nel neobacino idroelettrico artificiale del Vajont, a causa della caduta di una colossale frana dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del sottostante e omonimo bacino lacustre alpino costruito sull'omonima diga. La conseguente tracimazione dell'acqua contenuta nell'invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, e il superamento della diga, provocarono l'inondazione e la distruzione degli abitati del 

fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di 1 917 persone.

Il disastro causato dalla frana coinvolse anche Erto e Casso, cittadine geograficamente opposte a Longarone, vicino alla nuova riva del lago artificiale del Vajont dopo la costruzione della diga. L'onda meno disastrosa si creò successivamente al crollo di una parte del Monte Toc e corse verso monte in zona Erto - Casso e località minori nel percorso, opposta a quella che precipitò nella stretta vallata e investì Longarone ove procurò la maggior parte delle vittime “.

ERTO e CASSO

La notte del 9 ottobre 1963, dal vicino Monte Toc, situato di fronte alle frazioni di Erto e Casso, si staccò una parte della montagna che finì nel sottostante bacino idrico delimitato dalla diga del Vajont.

Le onde che ne scaturirono distrussero completamente le borgate di Fraseign, Spesse, Pineda, Prada, Marzana e San Martino e parte dei due capoluoghi. Questo tragico episodio, le cui vittime a Erto e Casso furono 347, è noto come disastro del Vajont.

Dopo una breve visita del villaggio di Erto riprendiamo la statale fino al piccolo laghetto di Barcis dove facciamo una breve sosta.

Per stasera vogliamo arrivare ad Udine e lungo il percorso facciamo soste per visitare alcune cittadine.

Arriviamo a Spilimbergo e lasciamo il camper nella bella area attrezzata , vicina al centro e così possiamo andare a piedi a visitare la cittadina che conserva portici, piazzette e i caratteristici palazzi affrescati. Corso Roma attraversa il centro dalla Torre occidentale a quella Orientale, passando vicino ad una casa dipinta.

Su piazza del Duomo, occupata dalla chiesa duecentesca con la particolare facciata a sette rosoni, si affacciano il Palazzo del Daziaro

e quello della Loggia, su cui è ancora visibile la Macia, un tempo unità di misura del commercio.

Attraversando il fossato si entra nel

Castrum de Spengenberg, con gli edifici disposti ad anello attorno alla corte centrale. Tra tutti, quello di maggior effetto è il Palazzo Dipinto, con il grandioso affresco che ricopre la facciata, movimentata da trifore e balconi. Dipinto con motivi mitologici, storici e floreali è anche il Palazzo di sopra, sede del Municipio, in posizione panoramica sulla valle.

Lasciamo Spilimbergo e proseguiamo fino ad arrivare a San Daniele del Friuli per gustare il famoso prosciutto.

Prima di arrivare vediamo enormi capannoni per la produzione e conservazione di questo tipico prodotto. facciamo sosta nella area per camper e a piedi andiamo in centro.

Purtroppo troviamo tutto chiuso sono le 14 e saranno tutti a pranzo-, ci rechiamo dal piÚ rinomato negozio di prosciutti di S. Daniele che però apre solo il sabato e la domenica.

Ritorniamo in centro e visto un locale caratteristico entriamo per gustare almeno un buon panino con il prosciutto. 

Di nuovo in camper e proseguiamo fino ad arrivare ad Udine. Vicino al posteggio c’è la fermata del bus che conduce in centro , quindi decidiamo di passare il pomeriggio e la sera visitando questa città e scendiamo in piazza della Libertà con la Loggia del Lionello e la Torre dell’Orologio. I palazzi risentono dello

stile veneziano, molti giovani si incontrano dentro il loggiato. Dopo aver visto la bella piazza andiamo al Castello.

La parte più bella è la salita che parte da qui, da piazza Libertà. Il porticato è stupendo, specialmente se illuminato dal sole.

Il castello, costruito per motivi di difesa, è stato utilizzato da carcere a caserma, oggi vanta la nomea di essere uno dei castelli più antichi d’Europa.

Entriamo nella chiesetta quasi in cima, e da qui ci godiamo il panorama, in cima al campanile l’angelo risplende.

Scendiamo dalle scalette invase dal verde dall’altro lato del castello.

E di nuovo siamo in c e n t r o , percorriamo le vie che ora sono molto trafficate da turisti e indigeni principalmente giovani-.

Andiamo in piazza Matteotti detta anche piazza San Giacomo o piazza delle Erbe, da alcuni detta la piazza del mercato .

Passeggiando tra i negozi di via Mercatovecchio e sotto i porticati a tratti si avverte il ricordo di un altro tempo, arriviamo in Piazza I maggio, con un prato verde in centro ed è pieno di molti giovani udinesi.

Abbiamo voglia di un gelato, una mega coppa di gelato e la troviamo girando l’angolo,alla gelateria Gianduja.

Che gelato,eccellente, riprendiamo il tour e vediamo il Duomo con i capolavori dipinti dal Tiepolo. 

Un ultimo giro in centro per vedere la Torre ed il mercato coperto poi, quando cala il sole e si fa sera, cerchiamo un buon locale per la cena. La notte trascorre tranquilla e senza alcun rumore. Domani il viaggio è breve vogliamo rivedere Trieste.

31 agosto 2016 Non prendiamo l’autostrada perché vogliamo vedere Palmanova e Redipuglia con il suo sacrario, arrivati a Monfalcone prendiamo la via Aurisina e tralasciamo la visita del Castello di Miramare. Abbiamo allungato il percorso ma

questo ci permette di viaggiare più spediti fino ad arrivare alla sosta posta sotto un cavalcavia. Lasciamo il camper e andiamo a prendere il bus per Piazza unità d’Italia (lungomare), poi un’altro bus per la Cattedrale e San Giusto.

Dopo il ritorno all’Italia di Trieste la piazza prese il nome definitivo di Piazza Unità d’Italia, i triestini si vantano che sia la più grande piazza sul mare di tutta Europa e ora che siamo sul lungomare di questa bella città di fronte a noi si apre lo scenario dei palazzi che circondano la piazza. A sinistra il palazzo della luogotenenza austriaca, oggi sede della prefettura, a fianco il famosissimo Caffè degli specchi dove facciamo sosta per il caffè.

Contempliamo la fontana dei quattro continenti ( manca l’Oceania non conosciuta nel 1751 anno di costruzione).

Davanti a noi vediamo il Molo Audace e mentre lo percorriamo notiamo la Rosa dei venti in bronzo

ottenuta dalla fusione di una nave austriaca affondata dalla Marina Italiana.

Dopo aver fatto la sosta pranzo andiamo al molo dove c’è la fermata del bus che ci porta in cima alla collina di San Giusto.

Nel grande piazzale insistono sia il Castello, i ruderi romani e la Cattedrale. La facciata della cattedrale e semplice, impreziosita da un grande rosone gotico. Nel fianco della chiesa c’è il campanile che ingloba un tempio

romano, all’interno grandi colonne e splendidi affreschi ci ricordano l’importanza di questa chiesa.

Approfittiamo dell’occasione per vedere anche il castello che ci offre un bellissimo panorama sulla sottostante città.

Terminata la visita ritorniamo sul lungomare attraversando, completamente in ripida discesa, tutto il centro della vecchia cittĂ poi

ci tratteniamo fino a tarda sera; ritornati al camper spalanchiamo tutte le finestre e gli oblò perchÊ fa un caldo infernale. Qui sotto il cavalcavia, il rumore continuo delle macchine ed il caldo asfissiante ci impediscono di prendere sonno e solo molto tardi possiamo riposare. 

1 Settembre 2016 Riprendiamo la superstrada Aurisina e ci dirigiamo verso Gorizia.

Quando arriviamo in città, facciamo sosta nel parcheggio proprio sotto il Castello di Gorizia.

Incominciamo la ripida salita nel boschetto che conduce al castello e mentre percorriamo il sentiero notiamo sotto di noi un tunnel ( dopo scopriremo che è possibile attraversarlo solo a piedi e permette di arrivare direttamente dal parcheggio al centro della città.) “ Nel Castello di Gorizia, si vede una collezione di fedeli riproduzioni di armi bianche (1271 – 1500) che mostrano l’evoluzione sul modo di combattere dell’epoca. Vi sono inoltre diverse macchine d’assedio in scala 1:1 (catapulta, trabucco, tronfia e trapano), la Sala della Musica medievale e la ricca Sala Didattica. Quest’ultima presenta diversi plastici che riproducono il Castello di Gorizia e le dimensioni della Contea nel momento di sua massima espansione.

All’interno della Sala degli Stati Provinciali è stata allestita una mostra didattica dal titolo “Theatrum Instrumentorum”: quest’esposizione è composta da diversi strumenti musicali che spaziano in un arco temporale che va dal X al XVII secolo. I pezzi in esposizione sono ricostruzioni fedeli (qualora non vi sia più un esemplare originale) e copie di strumenti che sono stati suddivisi per categorie: a corda, a fiato e a percussione”.

Il castello è ben curato e il biglietto d’ingresso è economico.

Entriamo per vedere tutte le stanze ., le torri, le carceri, le cucine e i saloni. In uno di questi saloni immensi- c’è una esposizione di strumenti musicali ( copia perfetta di quelli del 1200 e

costruiti con la tecnica che allora veniva usata; veramente una bellissima esposizione e dei veri capolavori d’arte musicale.

Dopo la visita al castello scendiamo verso il centro cittadino arriviamo nel cuore del centro storico della città. La prima piazza in cui ci si imbatte è piazza cavour con bei palazzi storici, ancora pochi passi e siamo arrivati al Duomo.

Proseguiamo per le vie cittadine fino ad arrivare nella immensa piazza che ha al centro la Fontana del Nettuno e vediamo la chiesa di S. Ignazio con 2 alti torri campanarie coronate da cupole a cipolla.

Davanti alla piazza c’è il tunnel e ritornare al camper è veloce e senza fatica.

E’ presto, quindi andiamo a Cividale del Friuli.

Il navigatore ci indica la strada più breve e…..siamo in Slovenia.

Arrivati nel primo paese sloveno facciamo il pieno di gasolio ( qui costa meno che da noi ).

La strada scorre in mezzo a vigneti e poi rientriamo in Italia. Arrivati a Cividale non ci è permesso passare dal famoso Ponte del Diavolo, quindi facciamo un lungo giro per arrivare nel parcheggio per camper dove troviamo un unico stallo libero - in discesa-.

Andiamo alla scoperta della città, attraversiamo il fiume Natisone sul Ponte del Diavolo e siamo nella piazza del Duomo.

La basilica è imponente e la sua luminosa facciata è al centro di

alcuni palazzi storici. Da piazza del Duomo, con una breve passeggiata

vediamo alcuni importanti palazzi poi a pochi passi da via Monastero andiamo verso l’ipogeo celtico che purtroppo troviamo chiuso e non possiamo visitare. Consiste in vari ambienti sotterranei, scavati nella roccia che si sviluppano in vari livelli. Il mistero che avvolge questi ambienti è rappresentato da tre rozzi mascheroni scolpiti nella roccia.

Proseguiamo il nostro percorso e andiamo a vedere il Tempietto Longobardo, monumento di grande prestigio in virtù dell'eccezionalità delle opere d'arte in esso custodite. “ Fitto è il mistero che circonda il piccolo edificio.

Cosa certa è, invece, che costruzione e decorazione in stucco e a fresco furono eseguite poco dopo la metà dell'VIII secolo, verso il 760.

Nei primi anni del XVIII secolo il Tempietto cessò dalla sua funzione di cappella viva del monastero e fu quindi adibito a sala capitolare del convento stesso; alla fine dell'Ottocento le monache donarono il Tempietto alla comunità di Cividale (1893) ed in tale occasione fecero costruire il passaggio pensile, sul greto del Natisone, che tuttora porta dalla piazzetta di S. Biagio all'ingresso dell'edificio, in modo che i visitatori per accedervi non fossero obbligati a passare attraverso gli ambienti di clausura.

L'edificio consta di un corpo centrale ma è nella parete d'ingresso che si può ammirare l'originaria decorazione del Tempietto: di essa infatti sono rimasti in buono stato di conservazione gli eccezionali, celeberrimi stucchi e qualche affresco purtroppo abraso.

La decorazione a stucco : In quello superiore trovano posto le sei Sante in altorilievo addossate al muro, Nella parte inferiore una mirabile fascia lavorata a giorno corre con funzione decorativa attorno alla lunetta del Cristo. Le sei statue femminili sono state ritenute figure di sante e per quattro di esse è stato formulato il nome; si tratterebbe delle martiri: Chiona, Irene, Agape e Sofia. La loro identificazione, comunque, è tutt'altro che sicura. Le eleganti figure, fortemente allungate e chiuse entro vesti impreziosite da motivi decorativi diversi per ciascuna di esse”.

Lasciamo questa meraviglia e camminiamo sul camminamento pensile e vediamo il fiume Natisone che scorre tra profonde

pareti scoscese. e arriviamo nella piazzetta della chiesa di San Biagio.

Poiché è presto, facciamo ancora qualche chilometro fino ad arrivare a Tarcento dove,in una bella area di sosta, facciamo sosta per la notte riposando nel silenzio più assoluto.

Anche oggi è stata una giornata molto, molto calda.

2 settembre 2016 Lasciamo questa bella sosta in riva al fiume e andiamo verso Gemona del Friuli che dista pochi chilometri.

Alle dieci siamo già nel centro di Gemona dove prendiamo un buon caffè.

Quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario del terremoto che ha distrutto questa ed altre città del Friuli. Andiamo a vedere una mostra dedicata esclusivamente ai fatti accaduti, alle distruzioni ed alla ricostruzione. Oggi ancora un terribile terremoto ha colpito il

centro Italia.

Qui, a Gemona, i cittadini , che quaranta anni fa hanno ricevuto aiuti da tutta Italia si sono resi

disponibili ad accogliere ed ospitare famiglie di Amatrice e Accumuli.

Ancora, anche se in piccolissima parte, le ferite del terremoto si notano per le gru che gravano su alcuni monumenti. Riprendiamo la strada , superiamo Tolmezzo, Forni di Sopra ed arriviamo all’ora di pranzo a Auronzo di Cadore dove non c’è la possibilità di sostare anche perché sono in corso i preparativi

per una importante gara di Mountain bike denominata 3Epic (Tre cime di Lavaredo).

Quindi proseguiamo e ….finalmente godiamo un pò di fresco. Infatti sistemato il camper nell’area di sosta a Misurina facciamo il giro del lago godendoci il magnifico panorama delle cime di Lavaredo.

Per tutto il pomeriggio( calzate scarpe adatte) facciamo lunghe passeggiate e scattiamo fotografie; ci ricordiamo quando, nel 1980, siamo venuti qua con i figli ancora piccoli.

Finalmente possiamo cenare al fresco !

Dopo cena andiamo a prendere un caffè nel bar sul lungolago. Lo troviamo già chiuso, ci sono solo due bar negli alberghi aperti.

Bello il lago dove, oltre la luna che si specchia sull’acqua, i riflessi delle luci degli alberghi rendono la serata romantica. Anche qui però la crisi si fa sentire: è venerdì sera e non ci sono molti turisti, vedremo domani.

3 settembre 2016 Ah!, come abbiamo dormito bene, il silenzio piĂš assoluto e la giusta temperatura ci ha fatto ben riposare.

Alle 10 v e d i a m o arrivare nel g r a n d e parcheggio sotto di noi moltissime macchine.

Tantissime persone sono venute qui per vedere un tratto della corsa ( quella che ieri era in preparazione ad Auronzo). Abbiamo saputo che si svolgerĂ proprio intorno al lago per poi arrivare in cima alle tre cime di Lavaredo e terminare ad Auronzo. Anche noi siamo spettatori e andiamo a vedere questi corridori scendere dalla montagna, fare il giro del lago e salire verso Lavaredo.

Alle 15 partiamo per andare a Dobbiaco oppure Brunico.

Breve sosta in un laghetto da dove possiamo rivedere le tre cime di Lavaredo. 

Arrivati a Dobbiaco facciamo una deviazione per visitare San Candido ma anche qui c’è difficoltà nel poter sostare con il camper, quindi proseguiamo fino ad arrivare a Brunico.

Possiamo sostare a pagamento nella grande piazza dietro la stazione; andiamo subito in centro attraversando il sottopassaggio della stazione. C’è molta gente, turisti e locali che passeggiano come noi per le strade del centro e, quando arriviamo al museo dello speck non esitiamo ad entrare per visitare le caverne che vengono utilizzate per la stagionatura dello speck. Anche noi, come tanti altri turisti, facciamo acquisti.

Le case sono tutte dipinte e rendono l’atmosfera più romantica.

Un matrimonio ci attira l’attenzione molti sono vestiti con l’abbigliamento tipico della zona.

tranquilla.

Ora si è fatto buio e ritorniamo al camper dove passiamo una notte

4 settembre 2016 Lasciamo questa ridente cittadina e andiamo a Bolzano.

Lungo il percorso notiamo alcuni castelli, sono nei pressi della statale quindi possiamo fermarci per fotografarli.

Quando arriviamo in prossimità di Bolzano decidiamo, prima di fermarsi con il camper nell’area di sosta, di andare a vedere l’abbazia di

Gries, poi arriviamo al ponte sul fiume Talvera e facciamo un breve giro.

Terminata la visita facciamo rotta verso l’area di sosta che si trova davanti al cimitero monumentale.

Anche oggi fa molto caldo, lasciamo il camper e prendiamo il bus per il centro.

Arriviamo alla stazione di Bolzano e prendiamo il viale alberato che ci porta proprio nella piazza dove si trova il Duomo,

andiamo a vedere la cattedrale, bella e imponente, la piazza intanto si riempie di tanta gente.

Notiamo che è una città elegante ( anche se un pò retrò e vintage ) e giovanile, già dalla piazza del Duomo si avverte la combinazione della cultura mitteleuropea ( Bolzano fa parte dell’Italia solo dopo la prima guerra mondiale , ancora è un luogo più tedesco che italiano).

Proseguiamo da Piazza Walther, il cuore del centro di Bolzano, e andiamo in Piazza delle Erbe dove c’è la statua di Nettuno e i molti negozi che la caratterizzano: su questa piazza sbocca Via dei Portici, la strada pedonale preferita per chi vuole fare shopping e per chi vuole ammirare i bellissimi palazzi quattrocenteschi che la caratterizzano.

Il nostro tour prosegue in Piazza del Grano così chiamata perché un tempo qui si svolgeva il mercato delle granaglie. Oggi in questa piazza si possono ammirare due case-torri fortificate la casa della Pesa che fino alla fine del 1700 svolgeva il suo ruolo di centro della pesa pubblica.

Una breve sosta per un magnifico gelato e proseguiamo fino ad arrivare a Piazza della Vittoria e per concludere percorriamo via degli Argentieri, con i suoi palazzi degni di nota, come il barocco Palazzo Mercantile, la Casa d’Argento.

Poiché l'area di Bolzano viene considerata essere quella con la più alta densità di castelli di tutto il Vecchio Continente pensiamo di andare a vedere il castello Roncolo. In piazza del Duomo c’è una navetta che porta al castello ma ha finito il servizio, ci porterebbe su al castello ma, dopo la visita, dovremmo ritornare giù a piedi.

Decidiamo di non andare, peccato perché abbiamo dimenticato anche di andare al museo dove si trova Otzi la mummia del Similaun….…sarà per un’altra volta.Torniamo di nuovo nei giardini sul fiume Talvera poi, abbastanza stanchi ritorniamo alla stazione dove riprendiamo il bus che ci riporta al camper.

5 Settembre 2016 Alle 9 siamo già in viaggio.

Non prendiamo l’autostrada e deviamo per la Val di Non dove è un continuo filari di meli, qui il prossimo mese si terrà la consueta sagra delle mele della Val di Non. Nei campi ci sono piccoli trattori che permettono agli agricoltori di percorrere i filari di meli ma anche quelli delle viti, infatti notiamo che qui hanno già colto l’uva.

Arrivati a Mezzolombardo prendiamo la salita che va sulla montagna, arriviamo al passo Fai della Paganella

( Monte Bondone ) e vediamo gli impianti di risalita. Ad Andalo troviamo tantissimi turisti che sicuramente sono ospiti dei numerosissimi alberghi . A Molveno siamo costretti ad attraversare il piccolo centro con strade molto strette e scendere verso il lago dove si gode un bello spettacolo.

Giunti al bivio Trento-Lago di Garda giriamo per arrivare a Trento , siamo passati da qui varie volte ma sempre senza visitare la città.

Arrivati al parcheggio Zuffo provvediamo a pagare il ticket ma non ci viene rilasciata la ricevuta. Telefoniamo alla società che controlla il parchimetro e ci dicono di attendere perché mandano il tecnico per verificare. Nell’attesa Antero prova di nuovo ad effettuare il pagamento ma anche questa volta non esce la ricevuta. Vista l’ora decidiamo di mangiare, finalmente, poco dopo le 14 arriva il tecnico che provvede a restituirci i soldi del secondo pagamento e ripara il parcometro. Non è possibile avere una nuova ricevuta ma l’addetto ci assicura ( ed anche telefona alla polizia municipale dando la nostra targa ) che nessuno ci farà la contravvenzione in assenza del ticket sul parabrezza.

Vicino al parcheggio si ferma il bus che ogni dieci minuti conduce in centro, raggiungiamo a piedi la fermata e andiamo a visitare Trento.

Scendiamo proprio davanti alla chiesa di S.M.Maggiore che , trovata aperta, andiamo subito a vedere.

Questa chiesa,costruita nel quattordicesimo secolo è molto importante per gli abitanti di Trento. Poco distante vediamo una delle numerosi torri della città, Torre Vanga, tra le più importanti risale al 1200.

Il centro storico è piccolo e ci permette di poterlo vedere tutto con molta tranquillità.

Iniziamo la visita della città e partiamo proprio dal cuore del centro storico: piazza del Duomo , nel centro della piazza c’è la Fontana del Nettuno, uno dei più importanti monumenti della città.

Il perimetro della piazza è delimitato dalla cattedrale di San Vigilio, patrono della città, a cui fanno corona alcune case affrescate e la Torre civica.

La recente pulizia del Duomo rende questo scorcio della città davvero suggestivo.

Proseguiamo nella nostra passeggiata e ci incamminiamo verso il Castello del Buonconsiglio anch'esso eretto nel 1200.

Il castello ha ospitato per secoli i p r i n c i p i vescovi della città ed è stato sede del famoso Concilio di Trento.

Ritorniamo, lungo i viali, verso il centro e arriviamo ai grandi giardini vicino alla stazione. I giardini hanno piccoli laghetti con giochi d’acqua e tante, tante anatre che qui si godono il caldo sole.

E’ quasi sera, ritorniamo alla fermata del bus che in breve ci riporta al parcheggio, intorno a noi le luci della città illuminano il cielo.

6 Settembre 2016 Proseguiamo lungo la bella statale e arriviamo a Rovereto, qui deviamo per Riva del Garda dove trascorreremo 2 giorni in riva al lago.

Superato il lago di Torbole la strada si inerpica e poi ridiscende rapidamente verso il lago, il traffico è consistente ma lo spettacolo che si presenta alla nostra vista ( lago di un blu intenso che quasi fa pari con il cielo) ci toglie la fatica del percorso. Raggiungiamo l’area di sosta Brioni a Riva del Garda, che si trova vicinissima al lago ed alle attività commerciali. Abbiamo fortuna, l’area di sosta è piena di camper di

tedeschi ma c’è un unico posto libero e per noi è sufficiente.

Sistemato il camper, tolti i vestiti e messo il costume, andiamo subito nei giardini sul lago e qui ci godiamo, per il resto della mattinata, il bel sole che splende alto nel cielo.

Dopo pranzo andiamo nel lungolago fino a raggiungere il vecchio porto della cittadina di Riva del garda e qui ci tratteniamo per la visita.

Ritorniamo alle 18 passando dalla strada statale e vediamo

tantissima gente ( turisti) che passeggiano, che fanno compere e si gustano gelati.

Anche noi facciamo sosta prima al centro commerciale, poi in una gelateria. 

La giornata trascorsa è stata bella e variegata, dopo cena andiamo di nuovo verso il centro ancora animato dai tanti turisti.

7 Settembre 2016

Restiamo qui a goderci questa giornata di sole. Una bella colazione al bar del piccolo porto e poi sdraiati sull’erba sotto un sole cocente. Quando è l’ora del bagno Mary si immerge nelle calme ma fresche acque del lago.

Dopo pranzo ancora belle passeggiate lungolago e poi , quando il sole è tramontato siamo nel camper per trascorrere la notte.

8 Settembre 2016 Nell’area di sosta è possibile rimanere 48 ore quindi è arrivato il momento di partire. Scendiamo lungo la statale che costeggia il lago passando dai

borghi di Malcesine e Brenzone, poi alle porte di Garda facciamo una breve sosta ma, in considerazione che il traffico aumenta fino a diventare

complicato attraversare il resto della cittadina, lasciamo la litoranea e ci dirigiamo verso Lazise per poi proseguire fino a Mirandola.

Qui facciamo sosta vicino all’ospedale e poi andiamo verso il centro. Non lo ricordavamo ma qui c’è stato un tremendo terremoto nel 2012 e ancora questi luoghi evidenziano le ferite dovute al cataclisma.

Il duomo di Mirandola è ancora recintato da tubi in ferro, tutt’intorno, sia le strade che i palazzi sono da restaurare.

L’aspetto del vecchio centro è disastrato.

Ritorniamo al camper e proseguiamo per San Felice sul Panaro.

Prima di arrivare nel borgo la strada si restringe e vediamo che nel mezzo e ai lati della strada ci sono dei guardrail che permettono il passaggio di mezzi non più larghi di 2,30 metri ! il nostro camper è 2,25 !

Si tratta di 8 metri di strettoia ed in alternativa ci sono da fare 20 chilometri.

Lentissimamente entriamo nella strettoia, riusciamo a percorrerla quasi tutta , ma quando stiamo per uscire completamente, Antero convinto di essere già fuori sposta il volante e frusciamo negli ultimi 30 cm di guardrail rigando completamente l’ultimo pezzo del paraurti. Accidenti a loro, potevano mettere il senso alternato e lasciare la strada libera dai guardrail !.

Ancora pochi chilometri e siamo a San Felice sul Panaro.

Non riusciamo nemmeno a sostare vicino al castello perché è tutto transennato, quindi proseguiamo fino a raggiungere Nonantola.

Anche qui si vede ancora l’effetto del terremoto però tranne la splendida cattedrale ancora in restauro tutto è stato sistemato. Il centro è molto piccolo e, poiché non è possibile visitare la cattedrale, facciamo presto a vedere il borgo.

Riprendiamo il camper e, mentre arriviamo a Modena decidiamo di non fare altre soste ma di ritornare a casa. e così facciamo: prendiamo l’autostrada del sole e alle 21 siamo a cena in casa nostra.

.-.-.-.-.

Tour FEDERICIANO dall’adriatico al tirreno dal 3 al 19 ottobre

Lunedì 3 ottobre Abbiamo letto che l’Imperatore Federico II di Svevia ha governato l’Italia meridionale e il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e innovazione artistica e culturale, volta a unificare le terre e i popoli del meridione. Fu un apprezzabile letterato ( parlava sei lingue latino, siciliano, tedesco, francese, greco e arabo) e convinto protettore di artisti e studiosi , uomo straordinariamente colto ed energico, stabilì in Sicilia e nell'Italia meridionale una struttura politica molto somigliante a un moderno regno, governato centralmente e con una amministrazione efficiente. In tutta l’Italia meridionale sono ancora visibili i Castelli, le Fortezze e le dimore di questo Imperatore del Sacro Romano Impero. ( eletto nel 1211 e incoronato ad Aquisgrana ).

Il nostro tour si svolge nei piccoli Borghi ( Borghi più belli d’Italia ) ed anche nelle località che ha visto Federico II attore principale della vita nel meridione.

Partenza alle 8,30 e puntiamo verso Jesi, la nostra prima tappa.

Arrivati a Città di castello prendiamo la E45 fino a Perugia poi , la statale fino a Fossato di vico e proseguiamo fino ad arrivare nel grande parcheggio delle grotte di Frasassi. Oggi c’è molta gente che si prepara ad andare a vedere questa meraviglia della natura. Ancora pochi chilometri e siamo nel grande parcheggio sterrato davanti all’abbazia romanica di San Vittore delle Chiuse. Il luogo è mistico, l’abbazia venne edificata nella Gola di Frasassi dai longobardi, all'interno di un anfiteatro di montagne dalle quali risulta completamente circondata.

Pochi metri e possiamo osservare il

bellissimo ponte romano sul fiume sentino ed è perfettamente inglobato nel piccolo borgo abbaziale contraddistinto da una torre quadrangolare di difesa medievale, conferendo al luogo l'aspetto di "cittadella fortificata”.

Saliamo la piccola rampa che conduce all’ingresso dell’Abbazia e vediamo che anche l'interno è molto sobrio e non presenta alcuna decorazione o immagine, ma è proprio II fatto di essere scarna che conferisce a chi entra un senso di leggerezza e la sensazione di pace e silenzio.

Nonostante che tutto l’interno dell’Abbazia sia privo di alcunchè, notiamo vicino all’altare un unico simbolo, un otto ( forse un simbolo dell'infinito rovesciato ?)

Riprendiamo la statale e in breve siamo a Serra San Quirico, all’entrata del piccolo borgo c’è un parcheggio dove lasciamo il camper ; sappiamo che il paese possiede un bellissimo centro storico e ben conservato, dal caratteristico impianto medievale, ed è cinto da imponenti mura.

Proprio dall’ingresso nelle mura, dominate dalla trecentesca Torre del Cassero, cominciamo la nostra visita e subito notiamo i

suggestivi passaggi coperti che offrono riparo e che corrono lungo le mura di cinta del paese e che vengono chiamate le “ Copertelle “ .

Passeggiando - in salita- per le strette stradine lastricate di pietra arenaria all’interno del paese, arriviamo nella piazza centrale, Piazza della Libertà. Qui, una fontana cinquecentesca -zampillante - fa da cornice alla Torre Comunale e ai palazzi cittadini più importanti.

Proprio qui nella piazza troviamo un locale caratteristico che vende prodotti del posto e ci colpisce l’attenzione un prodotto “ il calcione" che naturalmente v o g l i a m o assaggiare. “ Il calcione di Serra San Quirico (o fiatoni, piconi) è un dolce/salato tipico del territorio marchigiano, caratteristico per il suo sapore indefinito, perchè composto da un'impasto di pecorino limone e zucchero chiusi in un fagotto di pasta sfoglia. E' un dolce tipico del periodo di Pasqua, ma viene preparato dai forni in tutto l'arco dell'anno. Il calcione viene chiamato anche dolce del pastore, perchè lo si trova in tutte le zone dove c'èra anticamente la pastorizia”.

Dalla vicina Loggia Manin si gode una strepitosa vista sulla vallata circostante, una ripida strada ci permette di arrivare al Duomo ( chiuso ).

Ritorniamo - ora in discesa - al camper e proseguiamo per vedere l’Abbazia di Sant'Elena Fondata nel 1005 da San Romualdo. La chiesa ha una slanciata facciata con campanile a vela e un bel portale sormontato da una lunetta. L’interno è a tre navate e qui troviamo una bellissima tela che raffigura Sant'Elena e la Croce, opera del Pomarancio.

Nel parcheggio antistante facciamo la sosta pranzo in compagnia di un piccolo zoo con galline, cerbiatti e daini.

Ancora 8 chilometri e arriviamo a Cupramontana. Il borgo si identifica con la produzione del vino Verdicchio e l’appellativo di “Capitale del Ve r d i c c h i o ” , c h e g l i v i e n e riconosciuto da oltre mezzo secolo.

Ci ha spinti a venire a vedere la sua piazza centrale ed il Museo Internazionale delle etichette del vino. Arrivati in centro andiamo a vedere l’originale museo, ospitato nel settecentesco Palazzo Leoni, che raccoglie circa 100.000 etichette ; purtroppo è chiuso, aprirà più tardi , proseguiamo per arrivare a Jesi in tempo per visitarla anche se è distante appena 15 chilometri da qui.

Riprendiamo la strada e vediamo il castello di Poggio Cupro, con struttura muraria medievale, alle 16 arriviamo a Jesi, nel piazzale dove possiamo sostare con il camper che si trova nelle immediate vicinanze dell’ascensore che porta nel centro della città.

Jesi : “ La cinta fortificata, tra le meglio conservate dell'intera regione, racchiude il nucleo medievale della città, di compatta forma trapezoidale, per un perimetro di circa 1,5 km. Le mura della parte meridionale, racchiuse tra il Torrione Rotondo e il Torrione di Mezzogiorno (costruito nel 1454), erano fiancheggiate da un fossato, oggi interrato.

Palazzo della Signoria Il Palazzo della Signoria di Jesi è uno dei più imponenti palazzi pubblici delle Marche.

Affaccia la sua possente mole quadrata su Piazza Colocci, nell'area più alta della città. La facciata del palazzo ha nel suo centro è un altorilievo che raffigura lo stemma della città (un leone rampante coronato)

Cattedrale San Settimio o Duomo di Jesi (Piazza Federico II) La cattedrale di San Settimio sorge nella storica Piazza Federico II, la più importante della città.

Piazza Federico II È la storica piazza più importante della città. Tutta racchiusa da edifici nobiliari e dal Duomo. Sorge sul luogo del Foro romano, all'incrocio fra il Cardo e il Decumano massimi.

Sono state ritrovate anche le fondamenta degli edifici che la cingevano, come quelle del Teatro, delle Terme e della Cisterna.

Teatro Pergolesi Teatro Pergolesi Già della Concordia, venne costruito nel 1790 fu inaugurato nel 1798, in piena occupazione francese, con due opere del Cimarosa, che vennero cantate dal soprano pesarese Anna Guidarini, madre di Gioacchino Rossini, in un teatro disertato dalla nobiltà jesina per paura di rappresaglie da parte dei giacobini”.

Usciti dall’ascensore percorriamo il corso principale, ancora i negozi sono chiusi e non troviamo tanta gente questo ci permette di vedere con calma tutti gli edifici più importanti.

Il Teatro Pergolesi è chiuso ( apre su prenotazione) quindi ci accontentiamo di vedere l’esterno, proseguendo vediamo l’imponente mole del Comune e del palazzo della signoria, infine in piazza Federico II notiamo la bella cattedrale, sul selciato della piazza campeggia la scritta : qui nacque Federico II ed è da qui che incomincia il nostro percorso in Italia alla ricerca dei ricordi della FEDERICIANA.( castelli, fortezze e borghi di Federico II ).

“FEDERICO II DI SVEVIA, IMPERATORE, RE DI SICILIA E DI GERUSALEMME, RE DEI ROMANI. - Nacque il 26 dicembre 1194, due giorni dopo che il padre, l'imperatore Enrico VI di Svevia, era stato incoronato a Palermo re di Sicilia, a Jesi nelle Marche, dove la madre, la quarantenne imperatrice Costanza, figlia postuma di Ruggero II di Sicilia, si era fermata quando il marito aveva intrapreso la sua seconda, vittoriosa, spedizione per la conquista del Regno, il fanciullo riunì nella sua persona l'eredità di due dinastie che solo nel sec. XI erano salite al vertice della nobiltà europea: gli Svevi, ai quali il legame matrimoniale con la casa imperiale salica aveva aperto la via all'Impero, e il casato normanno degli Altavilla, i quali nel 1130 avevano fondato in Italia meridionale la più giovane monarchia del continente. Grazie ai nonni, l'imperatore Federico I Barbarossa e il re di Sicilia Ruggero II, F. poteva vantare legami di parentela con famiglie principesche e nobili di tutta Europa”.

Dopo la visita della cattedrale e dei palazzi che circondano la piazza, proseguiamo fino ad arrivare al Torrione del

Montirozzo sulla cinta di mura

esterne.Ritorniamo per strette viuzze nel centro della città medioevale fino ad arrivare al Torrione di Mezzogiorno ancora intatto , usciti dalla porta siamo nella circonvallazione sotto le possenti mura e in breve tempo arriviamo ai giardini ed al posteggio dove abbiamo lasciato il camper. Si è fatta sera, si accendono le luci e la città illuminata ci pare ancora più bella.

Martedì 4 ottobre

Soltanto trenta chilometri separano Jesi da Osimo.

Poiché abbiamo letto che Osimo ha un centro storico elegante che nasconde misteri ci siamo documentati in internet. Infatti il centro cittadino contrappone alla vivacità della città il silenzio e la quiete di una città sotterranea che vive nel sottosuolo. Siccome vogliamo vedere anche la città sotterranea decidiamo di arrivare prima delle 10,30 ( Inizio della visita guidata).

Raggiunto il g r a n d e parcheggio, dove lasciamo il camper nello spiazzo adatto alla sosta, prendiamo l’ascensore e la scala mobile che in pochi minuti ci porta in centro.

Percorrendo il viale che scende dalla centrale piazza Boccolino ci si immerge nel vero e proprio centro storico: il Palazzo comunale fiancheggiato dalla Torre civica è un importante palazzo, nell’atrio c’è una sfilata di statue Romane; sappiamo che Osimo è chiamata la città dei “senza testa” : infatti addossate alle pareti di destra e sinistra, una sfilata di statue Romane acefale danno il benvenuto.

Forse vennero decapitate durante l’assedio del ‘400.

Terminata la visita notiamo che la piazza è contornata da imponenti palazzi signorili.

Proseguiamo per il corso e vediamo il maestoso Duomo di San Leopardo che svetta nel centro storico con il suo stile romanico-gotico e quella che si vede dalla

piazza principale non è la facciata ma solo la fiancata sinistra, quindi per ammirarlo nella sua maestosità siamo entrati dal portone principale che si trova in un cortile adiacente.

Interessante è la cripta ed il Battistero assolutamente da non perdere.

Poiché abbiamo ancora del tempo ne approfittiamo

per addentrarci per le strette stradine fino a raggiungere la chiesa di San Francesco ; proprio qui c’è l’entrata delle grotte che si trovano sotto il mercato coperto e il convento di S. Francesco.

Ci procuriamo i biglietti e visitiamo le grotte accompagnati da una giovane guida che prima ci ricorda la storia dei popoli Piceni e Romani che qui vissero.

Sono le 10,30 precise e, tramite una ripida scalinata raggiungiamo la grotta ( Grotta del Cantinone ) dalla quale si ramificano i cunicoli.

La luce ovviamente artificiale illumina la pietra in cui sono state scavate. La sensazione è strana, se si tocca la parete con le mani si sgretola perché è sabbia.

La temperatura, costante tutto l’anno, permetteva di conservare bevande e cibarie varie.

Si vive un’atmosfera tutta particolare , è un labirinto intriso di antiche simbologie, molte delle quali imputabili alla presenza dell’Ordine Cavalieri di Malta e Templari. Inoltre, questi labirinti sono popolati anche da incisioni: mostri fantastici e statue di divinità pagane come Mitra e Dionisio e bassorilievi a carattere religioso ed anche esoterico. (Ad oggi sono state censite ben ottantotto grotte e nicchie che si estendono per ben 9000 metri, su diversi livelli e piani, collegate tra loro da pozzi).

Terminata la visita delle grotte percorriamo ancora le strade del centro , ritorniamo nella piazza del Comune e prendiamo corso Mazzini, su cui si affaccia il teatro Nuova Fenice. Facciamo un’altra sosta per vedere il santuario dove visse San Giuseppe da Copertino, patrono cittadino e protettore di tutti gli studenti. Scendiamo nella cripta dove c’è il sarcofago con il corpo del santo.

Ritorniamo in corso Mazzini per vedere il Collegio Campana, sede di mostre e di un Museo Civico ricco di dipinti( c’è una mostra di Vittorio Sgarbi).

Proseguiamo a piedi lungo la cinta muraria e seguendola, prendiamo un sentiero che porta alla fonte magna, si narra che qui Pompeo Magno abbeverò i suoi cavalli.

Sono le 14 , ritorniamo al camper e lasciamo questa interessante città per andare a vedere il museo della Fisarmonica a Castelfidardo.

Dopo pochi chilometri siamo già dentro Recanati poi, giunti a Castelfidardo e lasciato il camper nell’area di sosta, facciamo circa 1,5 chilometri per andare in centro e visitare il museo. A piedi ed in salita piano, piano arriviamo al monumento nazionale delle Marche, q ui n el l' ar e a in cui avvenne la battaglia è

possibile visitare, in ricordo di quei fatti, il Sacrario, dove sono state tumulate le spoglie dei valorosi soldati che qui combatterono. In cima alla collina c’è un complesso monumentale interessante e si trova all'interno di un bellissimo parco.

“Il 18 settembre 1860 è avvenuta la battaglia di Castelfidardo che è stata una delle battaglie più importanti che hanno portato all'Unità d'Italia. In quella data, lo scontro tra le truppe dell'esercito piemontese e quelle dell'esercito pontificio, permise l'annessione dello Stato della Chiesa, esclusa Roma, al nascente Regno d’Italia”.

Dopo essere stati nel parco andiamo a visitare il centro storico di Castelfidardo e, grazie alle scale mobili , arriviamo in un terrazzo dal q u a l e vediamo il bellissimo panorama del C o n e r o .

Passiamo sotto "l'arco di Porta Marina" e percorriamo il corso fino ad arrivare alla centrale Piazza della Repubblica, sede del municipio e anche sede del Museo della Fisarmonica.

Prima di entrare nel museo proseguiamo fino ad andare alla Chiesa Collegiata di S. Stefano, e all'antica chiesa di S. Francesco.

E’ giunta l’ora dell’apertura del museo che si trova in un piano del cinquecentesco palazzo municipale e r a c c o g l i e organetti, fisarmoniche ed altri strumenti musicali ad ancia l i b e r a , testimonianza di una industria che ha fatto, di C a s t e l fi d a r d o , uno dei principali centri mondiali per la produzione di fisarmoniche.

Un artigiano locale, Paolo Soprani, elaborò nell'Ottocento il prototipo dello strumento e fondò una delle prime industrie italiane produttrici. Nelle apposite bacheche vediamo oltre 150 esemplari di fisarmoniche ed anche strumenti antichissimi come un raro Cheng cinese - organo a bocca- : un recipiente sferico costituito da una zucca o in legno, con un'imboccatura; sul recipiente sono infisse 13 sottili canne di bambù, di diverse lunghezze.

E’ giunta l’ora di andare a cercare una sosta per la notte. A pochi chilometrinemmeno 20 - c’è un delizioso paeseMontelupone - che ha una ottima struttura vicino al parco ed al centro. Il sole sta calando e facciamo una breve passeggiata nel piccolo borgo medievale. Montelupone è insignito della Bandiera arancione e fa parte del club i borghi più belli d’italia.

Superato l’arco d’accesso alla cittadina andiamo nella piazza dove si trova il Palazzo del Podestà con logge ed una torre civica, poco distante altri palazzi importanti di cui uno sede del teatro.

Si è fatta ora di cena e rientriamo nel camper dove riposiamo nel silenzio.

Mercoledì 5 Ottobre Sempre percorrendo strade statali, talvolta strette, ma che permettono di godere della vista delle colline marchigiane, proseguiamo il nostro viaggio e la prossima tappa è Offida.

Va bene percorrere le strade statali e vedere il panorama ma il navigatore, scegliendo la via più breve per Offida ci fa passare a lato di Montecosaro fino a raggiungere via Manzoni 21 ( vicino a Montecosaro scalo) ma guarda caso c’è da passare sotto il ponte della ferrovia ed è alto 2,80 ….impossibile seguitare, d o b b i a m o tornare indietro arrivare a Montecosaro e andare fino ad Offida lungo la provinciale 78.

Sali e scendi lungo le colline e fi n a l m e n t e arriviamo nello spiazzo proprio davanti alle mura del borgo dove lasciamo il camper. Per scrupolo- visto che esiste un’area di sosta dove noi non siamo andati Antero chiede ad un vigile se possiamo

lasciare lì il camper.

Ora siamo tranquilli e ci incamminiamo verso il centro storico.

Offida sorge su uno sperone ed il suo centro storico è racchiuso all’interno delle antiche mura.

Arriviamo nella piazza centrale e vediamo il Palazzo comunale, al suo interno si trova il famoso Teatro Serpente Aureo ( purtroppo oggi è chiuso ), tutto incastonato da un elegante portico. In un lato della piazza c’è una piccola chiesa medievale con annessa la cappella del Miracolo Eucaristico. Davanti al palazzo si staglia imponente la chiesa della collegiata che ospita all’interno della cripta una grotta ( che riproduce Lourdes).

Passeggiando tra i vicoli di questo borgo , con la fantasia , ci immaginiamo come si poteva vivere un tempo in paesi come questi che hanno conservato tradizioni secolari tramandate di generazione in generazione come ad esempio la lavorazione del merletto a tombolo, e al quale è dedicato anche il monumento nell'ingresso del paese, chiamato appunto Monumento alle merlettaie.

D’obbligo acquistare qualche regalo da portare ai figli, ci fermiamo in un negozio dove una signora - chiacchierina e vispa- ci illustra la tecnica della lavorazione del tombolo e si presta a farci vedere qualche piccolo lavoro e, naturalmente non usciamo senza aver fatto acquisti.

Mentre ritorniamo al camper facciamo una breve sosta al museo dove sono esposti merletti che sono dei veri gioielli, delle simpatiche signore che stanno li lavorando ci spiegano i vari lavori in mostra.

Riprendiamo il camper e proseguiamo , superiamo S. Egidio alla Vibrata e, finalmente, arriviamo a Civitella del Tronto che fa parte del circuito “I Borghi più belli d’Italia” .

Alla base del Castello c’è un parcheggio, qui facciamo sosta pranzo e dopo andiamo a visitare il castello.

Ci spostiamo nell'abitato di Civitella del Tronto, ultimo baluardo dei Borboni, prima dell'Unità d'Italia.

Visitiamo il centro storico racchiuso all'interno delle antiche mura girovagando tra le strette viuzze, qui nominate con il termine francese "rue" così viene chiamata “ruetta” quella che, pare sia la via più stretta d’Italia.

Purtroppo la scala mobile che conduce all'ingresso della maestosa Fortezza, funziona

solo sabato e domenica, quindi ci armiamo di santa pazienza e facciamo la ripida salita fino ad arrivare all’entrata della Fortezza.

La Fortezza di Civitella del Tronto, situata a 600 m. s.l.m. in posizione strategica rispetto al vecchio confine settentrionale del Viceregno di Napoli con lo Stato Pontificio, è una delle più grandi e importanti opere di ingegneria militare d'Europa caratterizzata da una forma ellittica con un’estensione di 25.000 mq ed una lunghezza di oltre 500 m...

La rocca aragonese, sorta su una probabile preesistenza medievale, fu completamente

trasformata a partire dal 1564 da Filippo II d’Asburgo - re di Spagna - che, a seguito di un’eroica resistenza dei civitellesi contro le truppe francesi guidate dal Duca di Guisa, ordinò la costruzione della Fortezza, una struttura più sicura così come la vediamo oggi.

Nel 1734, dalla dominazione degli Asburgo si passò a quella dei Borboni che operarono importanti modifiche alla struttura militare e si opposero valorosamente all'assedio dei francesi nel 1806 e a quello dei piemontesi del 1860/61. Dopo il 1861 la Fortezza venne lasciata in abbandono, depredata e demolita dagli stessi abitanti di Civitella del Tronto.

La visita si sviluppa attraverso tre camminamenti coperti, le vaste piazze d'armi, le cisterne (una delle quali visitabile), i lunghi camminamenti di ronda, i resti del Palazzo del Governatore, la Chiesa di San Giacomo e le caserme dei soldati.

Notevole e suggestivo è il panorama che si gode dalla Fortezza.

Scendiamo ; siamo stanchi e contenti di questa interessante visita.

Riprendiamo la strada ed in breve arriviamo a Teramo; superata la città ci dirigiamo verso Atri.

Quando siamo vicini alla città possiamo ammirare i famosi calanchi che qui sono numerosi.

Arrivati in centro sistemiamo il camper nel parcheggio delle scuole (abbastanza vicino al centro storico) e dopo 5 minuti siamo in Piazza Duomo dove si erge la Cattedrale di Santa Maria Assunta.

La cattedrale è chiusa per lavori legati al recente terremoto, quindi ammiriamo la struttura dall’esterno e vediamo gli splendidi quattro portali, risalenti agli ultimi anni del Duecento.

La facciata presenta un rosone sormontato da una piccola nicchia che contiene una statua della Madonna col Bambino.

Mentre stiamo ammirando questa bella chiesa, un gruppetto di preti accompagnati da una guida aprono il portale laterale ed entrano nella cattedrale lasciando socchiusa la porta.

Anche noi entriamo ed arriviamo vicino alla guida che sta spiegando la storia della chiesa, in realtà si tratta dell’assessore regionale, al quale chiediamo autorizzazione a visitare assieme a loro questa bellezza.

L’interno, a tre navate, presenta un'abside quadrata con pareti affrescate. Il campanile risulta inglobato dentro la chiesa ed è una caratteristica unica in Italia.

Usciamo, siamo soddisfatti di aver potuto

visitare la Cattedrale. A fianco c’è uno splendido porticato ad archi tondi del Palazzo vescovile sede del museo che conserva preziose reliquie.

Andiamo verso il centro, in uno spiazzo si trova il Teatro ; decidiamo di tornare al camper e non sostare qui perché domani giorno di scuola - sicuramente sarà difficile uscire dal posteggio.

Il sole sta tramontando ma Peneto dista pochi chilometri, quindi ci dirigiamo verso il mare.

Ci fermiamo vicino al pala volley dove c’è un grande spiazzo e dove possiamo sostare senza problemi.

Giovedì 6 ottobre Oggi la tratta da percorrere è abbastanza lunga perché vogliamo arrivare a Termoli ( dove purtroppo i traghetti per le isole ci sono solo 2 volte al giorno ). Non prendiamo l’autostrada e proseguiamo per strade statali. Alle 11 siamo al porto di Termoli sotto il borgo antico che è arroccato su di un piccolo promontorio.

Oggi vogliamo mangiare del buon pesce quindi andiamo nella pescheria del porto ma è chiusa.

Chiediamo informazioni e ci consigliano di andare nel corso dove ci sono 3-4 negozi di pesce.

Acquistiamo il pesce, chiediamo che ci venga pulito e nell’attesa andiamo a vedere il borgo antico dentro le mura.

Grazioso e interessante, negozi artigiani e piccoli ristoranti nelle strade

strette che improvvisamente si aprono sulla piazza del Duomo, una costruzione dell’anno 1000 e dove troviamo un gruppo di americani in posa per la fotografia ricordo.

Proseguendo nel borgo antico si trova il Castello che attualmente domina dall’alto la famosa spiaggia di S. Antonio.

Dopo aver fatto un breve tour del paese ritorniamo alla pescheria e ritiriamo il pesce che andiamo subito a preparare nel nostro camper.

Che mangiata : eccellente il pesce e ottima la cuoca.

Intanto che facciamo un pò di siesta il cielo è diventato cupo ora la minaccia di pioggia è più forte, il vento incomincia a spirare forte ( qui è tipico ) e dopo poco inizia a piovere.

Non vogliamo restare qui nel porto, tira troppo vento, ma cercare una sosta più riparata. Antero aveva segnato che qui vicino a Rio Vivo, nella spiaggia a sud, c’è una area di sosta ( si chiama Baffo Nero ) e andiamo a vedere se è aperta o meno.

Pochi chilometri, siamo sul lungomare sud di Termoli ; l’area di sosta è nel piazzale di una abitazione e c’è la possibilità di sostare con carico/scarico ed elettricità a 10 euro al giorno.

Visto il cattivo tempo facciamo sosta qui, abbiamo la corrente e vediamo la televisione in santa pace.

Venerdì 7 ottobre Andiamo a rivedere dopo oltre 40 anni il lago di Lesina e Varano e Torre Mileto dove abbiamo iniziato a fare campeggio con un furgone.

Arriviamo a Lesina e invece di prendere la Statale 693 prendiamo la provinciale 40 che è parallela ma che è una stradaccia, scassata, motosa ( ha piovuto) e stretta, e fino a Torre Mileto è così.Quando arriviamo in paese vediamo che è tutto chiuso, morto; è finita la stagione, non c’è più nessuno; arriviamo alla Torre dove nel 1971 eravamo stati nel piccolissimo campeggio e vediamo che adesso c’è un meraviglioso villaggio, è tutto lindo e ben curato ma ha perso il senso selvaggio che avevamo provato quando siamo venuti qui la prima volta. Breve sosta alla Torre , il tempo di salutare un coetaneo che fa jogging e ripartiamo per il lago di Varano.

E percorriamo il sottile lembo di terra sospeso tra mare e lago e qui per circa 10 chilometri troviamo un ambiente incontaminato. A Foce Varano dove il lago si butta nel mare, facciamo una breve sosta caffè nel bar del porto; il gestore ci indica un parcheggio dove sostare anche per la notte, confidando di averci clienti per la sera, noi proseguiamo per Rodi Garganico.

Già da lontano Rodi Garganico rivela i tratti di un borgo di pescatori.

Le case sono addossate le une alle altre creando un dedalo di viuzze e stradine che denunciano le origini greche e quando attraversiamo il vecchio borgo lo facciamo con notevole difficoltà a causa delle strade strette e tortuose. Finalmente arriviamo al Porto dove vorremmo sostare. Il grande parcheggio è chiuso da sbarre, non possiamo restare, proseguiamo così per Peschici che dista pochi minuti.

Attraversiamo un pezzo della Foresta Umbra e siamo in mezzo a pini e conifere poi, improvvisamente nell’azzurro del mare si staglia un promontorio roccioso con alte pareti a strapiombo verso il mare è Peschici che con le sue case bianche di evidente stile mediterraneo scavate in parte nella roccia ha un a s p e t t o inconfondibile.

Abbiamo saputo che al mercato della frutta c’è un grosso parcheggio per bus e camper, proprio all’inizio del borgo antico, quindi quando siamo sul litorale a nord i saliamo per andare nel parcheggio.

C’è un cartello che indica strada stretta e divieto di accesso a camion oltre 3,5 T, noi proseguiamo e facciamo diversi tornanti che infine ci portano proprio ad uno stretto bivio in centro.

Alla nostra destra c’è una strada grande ma con divieto di accesso, davanti a noi una strada che biforca, molto stretta e piena di auto in sosta.

Siamo in crisi non possiamo tornare indietro ne andare a destra, dobbiamo passare in mezzo alle auto. Lentamente, molto, molto lentamente e dopo aver chiuso gli specchietti entriamo a filo tra le auto. Centimetro per centimetro e con uno spazio di 1 dito per parte riusciamo a superare questa barriera ( 10 minuti di terrore ), poi la strada è libera dalle auto e possiamo arrivare nel grande piazzale che domina le spiagge sottostanti.

Troppa tensione, troppa fatica non vogliamo restare qui meglio andare a riposare in un campeggio.

Quando lasciamo alle nostre spalle Peschici, entriamo nella foresta Umbra e saliamo, ora siamo in montagna e fino a Vieste è tutto tranquillo.

Percorriamo il lungomare prima di Vieste e arriviamo al camping Baia degli Aranci che è aperto ( siamo solo 3 camper ) . E’ appena tramontato il sole e noi andiamo a fare una passeggiata verso il centro che dista dal campeggio circa 1 chilometro.

Sabato 8 e Domenica 9 ottobre Vieste è una delle città più antiche della Daunia, anche se incerte sono le sue origini.

Secondo la leggenda sarebbe stata fondata addirittura da Noè, che qui sarebbe sbarcato e vi avrebbe seppellito la moglie Vesta (da cui il nome della cittadina). Altri la identificano con l’antica “Apenestre” a seguito dei numerosi reperti archeologici scoperti di recente.

Stamane 8 ottobre, giriamo per il borgo medievale della città, che si snoda nelle stradine strette e tortuose, fra le case bianche, dai piccoli usci e dalle ripide e anguste scalinate, che di tanto in tanto sono unite da esili archi.

Dopo una ripida salita ed una scalinata siamo arrivati alla Cattedrale che conserva una importante statua lignea.

Proseguiamo ancora più in alto fino ad arrivare al castello che sovrasta con la sua imponente mole il q u a r t i e r e medioevale.

Per andare a vedere il simbolo della città di Vieste dobbiamo percorrere un intricato percorso composto da decine di stradine strette, graziosi vicoli e scalinate e case bianche costruite su frammenti di roccia , e finalmente dall’alto di un balcone sul mare possiamo vedere il celebre monolito Pizzomunno, che si eleva per un’altezza di 25 m a ridosso della spiaggia “del Castello”, a sud della Punta di San Francesco.

Per andare nella piazza centrale dobbiamo prima risalire e percorrere strette stradine e poi ridiscendere.

Ecco siamo nella piazza principale, tanti turisti ed un gran vociare di tantissima gente.

Facciamo la salita che ci porta ai giardini e che ci permette di ritornare al campeggio, dopo aver fatto provviste per un buon pranzo.

Dopo pranzo facciamo un giro del campeggio e lo troviamo veramente bello e ben organizzato, c’è la possibilità - se vogliamo - di fare il bagno nella piscina e di usufruire del servizio bar e tutto questo fino al giorno di chiusura del 16 ottobre.

Nel tardo pomeriggio ritorniamo in centro, stasera vogliamo cenare qua. Andiamo a fare una passeggiata al porto da dove partono le navi per le Tremiti, poi facciamo la circonvallazione e vediamo il faro, infine siamo nella piazza con i giardini , i locali illuminati, il cinema e, davanti a noi le mure che circondano la parte vecchia di Vieste.Alle 10 di domenica 9 ottobre ritorniamo in centro per visitare quello che ancora ci manca, la parte vecchia sul promontorio che si trova subito dopo il museo Malacologico ( Conchiglie di tutto il mondo ma chiuso, apre solo su richiesta) . 

Qui ci godiamo il caldo sole fino all’ora di pranzo e rientriamo.

Il pomeriggio andiamo verso la zona dello stadio ( in corso una partita ) ci hanno detto che lì si trovano venditori di funghi e castagne.

Infatti vediamo diverse persone che con cesti pieni di mercanzia che offrono ai passanti. Sempre in salita, andiamo nel centro di questa bellissima cittadina.

Guardare il tramonto e l’imbrunire con le luci soffuse che si accendono nelle case è davvero bello. Ci godiamo il panorama , dopo andiamo in una friggitoria e , seduti ai tavolini, Mary chiede una paposcia……

“Paposcia: il panfocaccia del Gargano, Presidio Slow Food.

La Paposcia, detta anche “Pizza a Vamp”, cioè cotta con la “vampa” (fiamma) del forno a legna, è una focaccia conosciuta sin dal XVI secolo come prodotto da forno largamente diffuso nelle pizzerie, panifici, supermercati, alberghi e hotels del territorio del Gargano, in provincia di Foggia, per la sua squisitezza e per il modo di prestarsi facilmente ai diversi accostamenti gastronomici grazie alla consistenza perfetta dell’impasto e al gusto soffice ed equilibrato con un fresco retrogusto di grano.

Questa varietà di focaccia si distingue inoltre per il carattere di tipicità grazie al forte legame con il territorio di origine: l’olio utilizzato per la Paposcia proviene esclusivamente da ulivi monumentali di Vico del Gargano, per cui questo prodotto è considerato Presidio Slow Food.

Il nome è dato dalla forma allungata e schiacciata che ricorda una pantofola o babuccia che nel dialetto locale diventa “Paposcia”.

L’ingrediente segreto per la lavorazione della pasta e la “cresenza”, un lievito naturale (lievito madre) che rende morbida la Paposcia dopo 2 ore di lievitazione.

La cottura, nel rispetto della tradizione, si effettua in forno a legna di faggio per pochi minuti con fiamma viva: in questo modo conserva intatto il profumo e la fragranza di un tempo che rendono questo alimento tipico”.

mentre Antero ordina un panzerotto alle rape ….

“Una specialità tipica del Mezzogiorno realizzato nella classica forma di mezzaluna, al cui interno vi è un ripieno di ricotta forte e rape”.

E’ tardi le strade sono illuminate e non fa freddo; rientriamo al campeggio e vediamo le piscine con tante luci accese.

Lunedì 10 ottobre Oggi andiamo a vedere Monte S. Angelo passando da Pugnochiuso. Usciti da Vieste prendiamo la strada lungo costa, nei punti più panoramici facciamo una sosta poi quando la strada si arrampica per le colline dentro la foresta umbra riusciamo a vedere il mare da lontano. Curve, salite e ancora curve poi quando arriviamo a Pugnochiuso ( dove c’è il villaggio turistico Marcegaglia) , è tutto chiuso e non ci sono persone o abitanti. Proseguiamo fino a Mattinata dove la strada diventa più scorrevole e ci permette di andare più veloci. Giunti al bivio per Monte S. Angelo di nuovo la strada si restringe e sale anche in modo ripido, facciamo circa 15 chilometri ed arriviamo nel grande piazzale davanti al Castello , proprio in centro. “ Monte Sant'Angelo che è il più alto borgo del Gargano, non ha raggiunto la sua notorietà attraverso la storia, ma è da sempre un importante centro spirituale, riunendo in un sol luogo il principio sacro, legato al cielo e il principio sacro legato alla terra.

La prima chiesa qui costruita nel 493 fu dedicata all’Arcangelo Michele dopo la sua apparizione al Vescovo di Siponto.

Michele, che vuoi dire "che è come Dio", è considerato il Principe degli Angeli e nel medioevo apparve spesso, come si rileva dalle molte chiese a lui dedicate.

Sotto il Santuario esiste una Caverna Sacra nella quale sono raccolte testimonianze artistiche del culto: statue, affreschi, dipinti su legno, bassorilievi ed altari.

Il Santuario è patrimonio mondiale dell’umanità”.

Il parcheggio dove lasciamo il camper è a pagamento; andiamo verso il vicinissimo castello che si trova nella parte alta dell'abitato, poco lontano dalla Basilica ed è munito di solidi bastioni d'epoca diversa.

Al Castello si accede tramite un portale, il quale è preceduto dal ponte a due archi collocato attraverso il fossato che anticamente circondava la fortezza.

Pagato il biglietto visitiamo guardia posizionato sulla destra, e le scuderie e il deposito delle munizioni.

l’interno e vediamo il posto di

Particolarmente poderosa è nella sua parte più antica, la Torre dei Giganti alta 18 metri. Sulla sinistra si aprono due porte: passiamo dalla prima e raggiungiamo l’esterno del castello dove possiamo ammirare il panorama del borgo.

Attraversiamo la seconda porta e una scala ci conduce alla sommità del sovrastante Torrione a carena.

Proseguiamo nell’interno e vediamo una grande ampia corte interna, limitata dagli spalti e da due torri cilindriche. Il tempo sereno ci permette di continuare il nostro percorso andando a visitare i piani superiori, dove si trova la Sala del Tesoro.

Soddisfatti di questa visita ,scendiamo lungo la ripida stradina piena di negozi e forni fino ad arrivare al Santuario.

La prima cosa che ci colpisce è la scritta sopra le Porte di bronzo all’ingresso della Basilica :

“Terribilis est locus iste. Hic domus Dei est et porta coeli”. ( Questo è un luogo terribile. Qui è la dimora di Dio e la porta del cielo).

(L’apparente stranezza della presenza, all'ingresso di un luogo di culto, di una frase che sembra suonare come un ammonimento (questo luogo è terribile), ha prodotto molte ipotesi ed elucubrazioni circa possibili significati arcani ed esoterici. Il termine latino "terribilis", erroneamente tradotto nell'italiano "terribile", ha anche il significato di "cosa che incute rispetto". Pertanto, si può benissimo tradurre la frase nella seguente maniera: "Questo luogo incute rispetto" o "timore reverenziale". Rimane comunque più chiaro il significato se si prende in considerazione per intero il versetto biblico da cui la frase è tratta. Infatti nel testo originale la frase prosegue dicendo: "Questa è la casa di Dio e la porta del Cielo" . Quindi non solo la frase viene scritta sugli ingressi degli edifici religiosi per incutere timore, ma anche e soprattutto per indicare che da qui inizia la "scala" (o il "cammino") che conduce al Cielo).

L'attuale ingresso di Santa Maria Maggiore si trova nel centro della città, addossata alla chiesa semidiroccata della Chiesa di San Pietro. L’ingresso al Santuario è ad arcate e l'annesso campanile

ottagonale richiama i torrioni di Castel del Monte. Entriamo nel Santuario che si sviluppa su tre campate , in alto notiamo l’originale cupola emisferica sulla terza campata della navata centrale. Da qui , nel gioco di luci e ombre tra gli anfratti , si vede la scintillante presenza dell’urna che racchiude la statua la statua di S. Michele Arcangelo . Proseguiamo e , tramite una rampa discendente, andiamo nella cripta allestita nell'originale grotta sotto la chiesa.

La Chiesa, come l’interno della grotta, non è consacrata da mano umana ma dallo stesso San Michele che nel 490 apparve e disse: "Io sono l'Arcangelo Michele e sono sempre al cospetto di Dio. La grotta è a me sacra ed io l'ho scelta, consacrate la grotta al culto cristiano".

Terminata la scalinata si apre , davanti a noi , in una grande caverna uno spettacolo mistico, qui è la parte più suggestiva del santuario. Una miriade di persone sono qui riunite per la preghiera, alcuni preti concelebrano la messa e offrono la comunione.

La gente dopo aver pregato sciama verso l’esterno risalenti la rampa mentre altre

scendono in un via vai continuo poichè la grotta è stata prescelta da secoli come meta di pellegrinaggio, luogo di preghiera e soprattutto di riconciliazione con Dio.

Abbiamo visitato tutto e con comodo, ora andiamo a spasso nella parte vecchia del borgo e acquistiamo il pane tipico di questa zona.

Sono le 16,30 torniamo al camper pensando di rimanere qui anche per la notte. Antero, per curiosità chiede ad uno dei tanti personaggi che sono all’ingresso del parcheggio ( Parcheggiatori ?? ) quanto costa sostare qui: la risposta è 8 euro fino alle 20 e successivamente per la notte altri 10 euro.

Rimanere qui a dormire in una piazza, senza niente di utile per il camper e, con il chiasso dei turisti non ci piace e costa troppo, andiamo via e troveremo un approdo per la notte sicuramente meno caro e più accogliente.

Lasciamo Monte S. Angelo, superiamo Manfredonia, poi vicino a Foggia un temporale violentissimo ci obbliga a fermarci; dura poco fortunatamente, quindi proseguiamo per Troia dove troviamo una bella area di sosta gratuita, con attacco per la corrente e…..vicinissima al centro.

Andiamo subito a visitare il borgo medievale.

“ Troia, antichissima città, fa risalire le sue origini al famoso eroe greco della guerra Diomede. Curioso è lo stemma della città, all'inizio era raffigurata una scrofa che allattava sette porcellini, solo nel 1536 Carlo V decise di sostituirlo con un'anfora d'oro e una corona da dove si divincolano cinque serpenti, segno dell'astuzia degli abitanti del luogo”.

È un affascinante borgo medievale e passeggiare per i vicoli di Troia è come fare un tuffo nel passato. E quando siamo davanti alla cattedrale restiamo veramente

abbagliati dalla sua bellezza in particolare dal suo originale rosone a undici raggi , unico nel mondo ; al centro del rosone le undici colonnine poggiano su un cerchio di pietra lavorata a squame, a determinare una decorazione che ricorda una corda che si chiude o un serpente che si morde la coda, simbolo dell'eternità, della morte e resurrezione, oltre ad essere di forma circolare, simbolo della perfezione.

Il centro del rosone, dunque, simboleggia la figura di Gesù Cristo. ( il rosone è stato rappresentato sulla vecchia banconota da 5.000 lire) Importante ricordare che la città di Troia fu sede di tre concili indetti da vari papa.

Prima di entrare guardiamo bene tutto l’esterno bellissimo - e non è solo il rosone l’unica bellezza, si rimane incantati anche dalle sculture mostruose che si trovano sui capitelli o sulle bifore che decorano parti della facciata della chiesa che ricordano le cattedrali gotiche francesi.

Belle le porte in bronzo,con ventiquattro formelle con i leoni, le figure danzanti e dodici formelle con le immagini dei vescovi di Troia.

Questa piccola città merita senza dubbio una visita ora, scesa la sera, ritorniamo in camper.

Martedì 11 ottobre Il programma che avevamo preparato, comporta un itinerario nell’interno, avevamo letto cose interessanti per ciascun borgo ed in particolare per la città di Lucera ed ecco cosa avevamo letto: “Se c’è una località che merita di essere conosciuta e apprezzata, anche se fuori dai circuiti turistici di massa, questa è Lucera, in provincia di Foggia. Sorge a 240 metri sul livello del mare, su un’ampia collina che domina il vasto Tavoliere delle Puglie e vanta origini antichissime, tanto che ne parla anche lo storico greco Polibio e dopo di lui Cicerone, Cesare, Livio. Proprio in epoca romana Lucera ebbe un ruolo storico importantissimo nelle guerre tra Romani e Sanniti.

Un borgo dalla ricca storia, dunque, dovuta anche alla posizione strategica nel territorio del Tavoliere. E proprio al periodo romano risale l’anfiteatro fatto realizzare per celebrare l’età augustea , si tratta di un anfiteatro di notevoli dimensioni, tale da poter ospitare anche 18.000 spettatori. Non dimentichiamo che Lucera ha avuto un’importanza fondamentale nella pratica della transumanza.

La Fortezza La fortezza svevo–angioina fu eretta a scopo difensivo nel XIII secolo e oggi è area archeologica di grande interesse poiché vi sono visibili i segni di antiche civiltà neolitiche, romane, sveve, oltre a condotti idrici, resti del Palatium di Federico II, del palazzo di Carlo I d'Angiò (colui che face edificare la Fortezza) e di una chiesa dedicata a San Francesco d’Assisi.

Cattedrale La facciata si presenta asimmetrica. Infatti la sua parte destra è occupata da una torre campanaria quadrata alla cui cima è posta una lanterna ottagonale. Nella parte sinistra è invece collocata una torre ottagonale.

Nella torre campanaria si apre uno dei tre portali d’ingresso.

L'interno della cattedrale è a tre navate, nella navata di sinistra, nei pressi dell'ingresso, ci sono il battistero e un ciborio. ecc ecc….”

Con queste premesse lasciamo Troia e andiamo a Lucera che dista nemmeno 15 chilometri . Nel piazzale sterrato antistante il Castello, rimaniamo meravigliati di questo imponente monumento.

Attraversiamo il ponte sopra il fossato, all’ingresso del Castello c’è un cartello che dice - la biglietteria è all’interno- e così entriamo e siamo nel grande spiazzo sterrato e sconnesso, sassi e legname accatastati e solo le mura che circondano questo spiazzo.

C’è una piccola casetta dove due signore stanno al calduccio aspettando

i turisti. Chiediamo cosa c’è da vedere e ci dicono che è tutto lì, ma se vogliamo ci aprono la torre dove dentro potremo assistere ad un video - e nulla più che riporta la storia di questo imponente Castello.

Se vogliamo, in internet c’è abbondanza di informazioni al riguardo.

Giriamo intorno al Castello dall’esterno che è lungo oltre 500 metri e ci sono alcuni giovani che fanno jogging, le mura , alcune con i merli sono ben tenute, la Torre è quasi intatta, tutt’intorno però c’è spazzatura e alberi bruciati.

Lasciamo il camper nel piazzale e andiamo verso il

centro per vedere i tanto decantati giardini ed il centro storico. Scendendo, ci sembra che la città ( molto più grande di tutte le altre viste ), nella parte vecchia sia molto trascurata. La grande piazza dove si trovano i più importanti palazzi ed il Duomo, fin dal 1874 monumento Nazionale, non ci ispira più di tanto.

E’ vero, la cattedrale ha un certo fascino ed è forse più bella dentro che fuori, ma siamo rimasti delusi dalla visita del Castello e ora ci sembra tutto meno interessante.

Facciamo un breve giro sempre in centro e nel ritornare al camper visitiamo anche la Chiesa di San Francesco.

L’area archeologica si trova dall’altra parte della città che dobbiamo attraversare ma , prima di partire, Antero chiede ad un passante se c’è una strada di circonvallazione che permetta di arrivare all’anfiteatro senza passare dalle strette strade del centro. Per tutta risposta ci viene detto che non vale la pena andare a vederlo anche perchè forse è chiuso e di certo è in stato precario, quasi abbandono.

Grazie! guardiamo di nuovo l’esterno del Castello e lasciamo Lucera, passiamo di nuovo da Troia perché vogliamo visitare 4 borghi ( fra i più belli d’Italia ) e che si trovano nell’interno tra ripidi pendii e strette strade provinciali.

Superato Troia prendiamo una stretta strada vicinale che ci porta in breve fino ad Orsara di Puglia, abbarbicata in collina e fuori dalle rotti ordinarie. Siamo arrivati qui perché avevamo letto che : “nel cuore del centro storico di Orsara di Puglia, grazioso borgo premiato con la Bandiera Arancione dal TCI, in piazza Mazzini, s’innalza il maestoso complesso Abbaziale dell’Angelo, costituito dalla chiesa abbaziale, dalla seicentesca chiesa di San Pellegrino e dagli ipogei della Grotta di S. Michele. Una tortuosa scalinata, detta Scala Santa, conduce all’ingresso della grotta di San Michele, l’affascinante cavità dal soffitto in roccia, l’altare in marmo di Carrara e una nicchia dove è la statua di S. Michele Arcangelo”.

Ad Orsara c’è una area di sosta in cima alla collina che domina il Borgo.

Per andare in paese dobbiamo scendere a piedi per una strada

acciottolata e ripida, poi arrivati nella piccola piazza del borgo dove troneggia una fontana, chiediamo dove si trova l’abbazia e la grotta.

C’è un cancello chiuso con un lucchetto e non ci sono altre porte di accesso,

chiediamo ad un passante che ci suggerisce di andare dal parroco- nella prima piazza a 200 metri in salita e chiedere la chiave.

Purtroppo il prete non si trova, alcune signore ci dicono che il complesso è sempre aperto in estate e dopo solo durante il week-end o su prenotazione.

Oggi non è giornata ! Ritorniamo al camper ( 600 metri di ripida salita ! ) e lasciamo Orsara per dirigerci a Bovino.

“Riconosciuto come uno dei Borghi più belli d’Italia, si erge sulle alture del Subappennino Dauno, fitte di boschi e sorgenti d’acqua fu in questi luoghi che Annibale si accampò prima di sconfiggere i Romani nella battaglia di Canne.

Bovino è anche conosciuta come la città degli ottocento portali in pietra, che qui abbelliscono quasi ogni abitazione privata il Duomo, dichiarato monumento nazionale nel 1970. Fu costruito nel 905 e rappresenta il più antico esempio di Romanico Pugliese, Nel cuore del centro storico, che ricalca l’estensione planimetrica della città romana, si erge sobria e imponente la basilica Cattedrale”.

Entriamo in paese e posteggiamo davanti la stazione dei carabinieri, sotto il Castello Ducale.

Andiamo in centro che, finalmente,

troviamo accogliente, belle le piazze e impressionante il Duomo, incastonato in una piccola piazza. Proprio dietro il Duomo, tramite una ripida scalinata possiamo raggiungere il Castello.

“Il Castello Ducale di Bovino si colloca su uno sperone roccioso e domina su tutto il “Vallo di Bovino”, famoso per le scorrerie di briganti che, fino all’avvento dell’Italia unita, presero ad assaltare e depredare carovane e carrozze che, dalla Campania, per raggiungere il versante adriatico, erano costrette ad attraversare questa angusta e pericolosa gola tra le montagne”.

Oggi il Castello è adibito a B&B ma possiamo entrare per visitare alcune stanze che ci permettono di apprezzare il ricco arredamento.

Possiamo vedere la piccola ma suggestiva cappella privata con pavimento in maiolica, nella quale vengono conservati un frammento della sacra Spina della corona di Cristo, un lembo di porpora della Sua veste e di varie reliquie di Santi, donate dai papi Gregorio XIII e Innocenzo VIII alla corte dei Guevara, loro parenti.

Bene, siamo soddisfatti e abbiamo ancora tempo da dedicare la visita ad un’altro borgo.

Lasciamo Bovino e saliamo verso il Monte Salecchia (931 m) percorrendo strade silenziose e tortuose. Finalmente arriviamo a Deliceto piccolo borgo “Bandiera arancione” e già notiamo il

Castello che domina e sovrasta il borgo e che ha reso importante questi luoghi in quanto svolgeva la funzione di luogo di difesa contro le incursioni esterne, tipicamente dei saraceni.

Il Castello di Deliceto (X sec) è stato dichiarato monumento nazionale nel 1902.

Per andare all’area di sosta dobbiamo attraversare il piccolo centro ci sono divieti ma non ci sono altre strade che permettono di continuare il percorso. Finalmente, usciti dal paese dopo circa 600 metri vediamo l’area di sosta che purtroppo è stata chiusa in quanto vi hanno messo il deposito camion e la sede dei pompieri.

Non possiamo restare e andiamo a vedere se c’è un altro posto e Antero, nel fare manovra, tocca un’auto in sosta e rompe il fascione del camper ; meno male che l’auto non ha alcun graffio ( esce il proprietario dell’auto - un pompiere - che controlla che tutto è a posto).

Siamo innervositi, anche il tempo diventa brutto e minaccia pioggia.

Fatti ancora 500 metri vediamo un piazzale con la sede della protezione civile e qui ci fermiamo per chiedere informazioni circa la sosta.

Il responsabile ci invita a rimanere a Deliceto e ci suggerisce un posto dove fermarci, anzi ci accompagna lui stesso.

Non troppo lontano dal centro e dal Castello che vogliamo visitare e messi i giubbotti per la pioggia ci incamminiamo. Il borgo è completamente arroccato sotto il castello. Le sue strade sono molto strette e acciottolate. Ancora le botteghe devono aprire e noi siamo i soli turisti.

Arrivati sotto le mura del Castello vediamo che ha la forma di un pentagono irregolare, con due torri rotonde e una quadrata. Quella quadrata dall'alto dei suoi trenta metri, è la parte più imponente del castello, con feritoie e angoli scolpiti.

Tutt’intorno al Castello c’è un fossato ed il Castello è accessibile tramite un ponte levatoio. Purtroppo troviamo l’ingresso chiuso e in autunno è prevista la visita solo su prenotazione. Leggiamo in un cartello posto all’ingresso : In questa torre si trovava uno strumento di tortura a lame di rasoio, utilizzato contro i saraceni colpevoli di reati.

Sono le 18 e, finita la visita ridiscendiamo al camper per trascorrere la notte.

Incomincia a piovere a dirotto e durerà fino a tarda notte; noi siamo arrivati e siamo d e n t r o ; fortunatamente non ci siamo bagnati.

Mercoledì 12 ottobre Stamane il cielo è tornato sereno, riprendiamo la strada che prima discende tortuosa, poi diviene grande, infine riprende a salire per tornanti fino ad arrivare a Sant’agata di Puglia. “ Sant’Agata di Puglia, soprannominata la “Loggia delle Puglie” fu edificata dai longobardi sulla sommità di un colle e rappresentava l’ultimo avamposto del Ducato di Benevento.

L’impianto cittadino è di origine medievale e si è sviluppato traendo origine dal Castello Imperiale per poi scendere via via verso valle, il borgo è circondato da una doppia cinta muraria. Il centro storico è ricco di piccoli vicoli, torrette, archi e chiesette; numerosi sono i palazzi nobiliari con portali adornati da stemmi, motivi floreali e raffigurazioni degli antichi mestieri”.

Sappiamo che c’è un’area di sosta ma quando arriviamo alla porta di accesso alla città vediamo un cartello che indica l’altezza massima di 2,80 metri e noi non possiamo salire fino alla sosta e visitare la cittadina.

Una signora ci suggerisce di prendere una ripida salita che conduce in collina però ci dice di stare attenti, all’inizio ci sono due curve a gomito e ci sono sempre macchine in sosta quindi diventa difficoltoso.

Siamo reduci dall’incidente di ieri, non abbiamo voglia di correre particolari rischi, non ci fermiamo in questo borgo e torniamo sulla statale che, finalmente larga, ci permette di arrivare ad Ascoli Satriano.

“Ascoli Satriano è uno scrigno capace di custodire secoli di storia, infatti le sue origini sono molto remote, fu un importante centro dauno intorno all’XI secolo a.C., fu successivamente teatro di una famosa battaglia, qui infatti Pirro nel 279 a.C. sconfisse l’esercito romano. Ascoli divenne successivamente municipio romano e dopodiché fu conquistata dai saraceni, per poi divenire normanna.

Il Parco archeologico dei Dauni, permette al visitatore di attraversare fisicamente i luoghi storici, si sviluppa in due zone: la collina del serpente e l’area monumentale.

Lungo i declivi della collina del serpente è possibile ammirare ciò che resta del villaggio dauno, compreso un santuario e la necropoli del VI-V secolo a.C. L’area monumentale è caratterizzata da resti di pavimentazione realizzata con ciottoli di fiume, un santuario di età tardo antica e varie tombe.

Posto sul punto più alto del borgo antico c’è l’antico castello, di origini normanne.

Il bel Duomo , in parte con lineamenti barocchi, ha tre portali sormontati da baldacchini, all’interno è conservato un busto in argento di S. Potito.

Vicino si trova la chiesa dedicata all’Incoronata con a sua facciata neoclassica, il progetto fu realizzato dal Vanvitelli (l’architetto della reggia di Caserta)”.

Nel grande parcheggio vicino al centro, troviamo tutto occupato, ci suggeriscono di cercare altrove uno spiazzo perché qui i vigili fanno la contravenzione.

Andiamo via…non è possibile, con il camper, in assenza di posteggi poter venire a vedere questi posti.

Quando siamo quasi fuori del paese vediamo in una curva uno spiazzo, ci fermiamo: siamo al cimitero e c’è la possibilità di lasciare il camper senza dare fastidio a nessuno.

Ritorniamo in salita e dopo 5 minuti siamo all’inizio del paese, proprio dove si trova il polo museale .

Entriamo e Iniziamo la visita; in una vicina stanza vediamo esposto il famoso Trapezophoros ( sostegno per mensa ) con due grifoni alati che azzannano una cerva, si tratta di un oggetto unico al mondo. Meraviglioso!. “ Il “TRAPEZOPHOROS” con GRIFONI e CERVA (325 – 300 a.C.) è parte integrante del corredo funerario di una tomba macedone, è unico esempio di gruppo marmoreo, la cui qualità e la cui decorazione pittorica sono state risparmiate dal tempo e dalle odissee che l’hanno caratterizzato in tutti questi secoli. La straordinaria scultura, che rappresenta il sostegno di una tavola rituale, è alta 95 cm. e lunga 148 cm., è costituita da una coppia di “GRIFI” con il corpo di leone e la testa di drago con cresta sul capo di un colore rosso porpora ed ali azzurre spiegate verso l’alto, e sono in azione di caccia mentre bloccano a terra con gli artigli una cerva che emerge col muso, distesa per terra con le zampe anteriori piegate e quelle posteriori del tutto stese”.

Proseguiamo… all’interno del museo sono state allestite tre differenti mostre. La prima che incontriamo e che reputiamo la più bella è quella delle “Policromie del sublime”, dove meravigliosi reperti di marmo del IV secolo a.C. appartenuti ad una tomba della principessa dauna fanno bella mostra di sè.

Lo straordinario complesso di marmi policromi è costituito da un bacino r i t u a l e (podanipter), al cui interno è raffigurata la scena del trasporto delle armi che Efesto ha forgiato per Achille su richiesta della madre Teti, da una coppia di mensole, da un grande cratere marmoreo che non solo conserva tracce di policromia, ma anche l’impronta in negativo di una decorazione in oro che è stata riconosciuta come un motivo vegetale a foglie d’edera, due oinochai e quattro epichyseis, cioè vasi da mensa per versare, ed una loutrophoros, di uso funerari.

Proseguiamo nella nostra visita e ora il tema è : “Lo spreco necessario”, comprende i corredi funebri ritrovati nelle tombe daune e romane e che noi non abbiamo mai visto prima d’ora in altri musei; per ultima la terza collezione è quella del museo diocesano, ricca di dipinti ed arredi liturgici.

Abbiamo trascorso buona parte della mattinata in questo museo e siamo veramente entusiasti.

Proseguiamo il nostro viaggio verso Melfi ,lasciamo la Puglia e andiamo in Basilicata.

A Melfi andiamo nel parcheggio a lato del Comune e lasciamo il camper.

Già dal parcheggio vediamo il castello di Melfi che compare come la tipica fortezza feudale dei romanzi cavallereschi.

“ Melfi nobile città dell’Apulia, ha un castello costruito su una rupe ripidissima” Così Federico II all’epoca in cui reggeva il Sacro Romano Impero, descriveva Melfi.

Il nostro percorso di visita.

Per raggiungere il Castello superiamo le mura normanne che circondano completamente il nucleo antico e in ripida salita attraversiamo i suoi vicoli.

Sono talmente piccoli che non riusciamo più a trovare la strada diretta per il castello. Ci viene in soccorso una ragazza che ci mostra quale percorso fare.

Ora siamo davanti a questa poderosa e immensa fortezza costruita quando Melfi divenne capitale del Regno.

Attraversato il ponte levatoio, posto sopra il fossato entriamo nella fortezza che è in fase di restauro ma il museo archeologico è aperto e vogliamo vedere quali tesori nasconde.

Il castello ha otto torri grandissime che fanno da coronamento alle corti interne.

Proprio nella prima torre , appena entrati, vediamo esposto uno straordinario sarcofago in marmo del II secolo d.C.. Sul coperchio è raffigurata la defunta "dormiente". Sulle lastre del sarcofago

sono rappresentati ( all'interno di nicchie) , dei ed eroi romani, a testimoniare le figure mitiche di riferimento della famiglia aristocratica alla quale apparteneva la donna.

Entriamo, con una bellissima scalinata, stanze del castello che sono prive di qualsiasi arredo ma , completamente restaurate sono particolarmente belle. Alcune stanze ospitano una importante documentazione archeologica come i corredi funerari del VII-III secolo a.C. di sepolture principesche, altri oggetti etruschi e greci tra cui spade,lance,elmi corinzi 

( c’è anche un ascensore ) nelle

e vasi in bronzo, altre ancora sono occupate da raffinate ceramiche daunie a decorazione geometrica; poi ci sono armature in bronzo, preziosi ornamenti in argento, oro e ambra e vasi in bronzo di produzione sia greca che etrusca.

Ogni immensa sala del castello ha in esposizione qualcosa di particolare e caratteristico come le ceramiche magnogreche a figure rosse e i monumentali vasi a

decorazione policroma con figure applicate.

Sono raccolte testimonianze archeologiche risalenti al periodo compreso tra il VII secolo a.C. al II d.C., tra cui un sarcofago di marmo del I secolo d.C., corredi funerari.

Dal poggio sul quale è situato il castello scendiamo lungo stretti vicoli dove v e d i a m o

palazzi nobiliari con i balconi abbelliti da volti di pietra: Arriviamo in Piazza Duomo dove svetta alto il campanile della Cattedrale di Santa Maria Assunta. Su piazza Duomo, cuore religioso della cittadina, si affaccia anche il Palazzo del Vescovado, sede del Museo Diocesano, dalle raffinate sale affrescate, la cappella palatina ed il giardino all’italiana impreziosito da svariati busti marmorei. 

Una visita all’interno e poi procedendo a piedi attraverso vicoli e scalinate raggiungiamo Porta Venosina l’unica delle 6 porte costruite in età Sveva che è ancora in buono stato di conservazione.

Facciamo un giro intorno alla cinta muraria che circonda interamente il centro storico, poi percorriamo i viali con i giardini e presto siamo al camper e partiamo, ora andiamo nella area di sosta a Lavello. E qui incominciano i nostri guai:

Infatti, superato di poco Melfi dovevamo prendere la rampa ( che tramite la superstrada ci portava a Lavello) , ma il navigatore ci indica di proseguire. Giunti ad un bivio ci sono i lavori in corso ed una strada è interrotta.

Impostiamo nel navigatore la nostra posizione e..ci dice di p r o s e g u i r e fi n o a raggiungere un bivio che ci porterà in una strada dismessa, stretta, tutta buche e….in montagna.

Non è possibile fare inversione tant’è stretta la strada, proseguiamo e siamo nel nulla più assoluto dove ci sono solo piloni per energia eolica e case abbandonate.

Sotto di noi, in lontananza vediamo un nastro di asfalto che supponiamo sia la statale che vorremmo prendere. Ad un bivio giriamo a destra ( a sinistra è completamente sterrata e porta in cima alla collina e…poi ?) e prendiamo una strada molto, molto piccola- ci passiamo appena - e quando vediamo alcune case abitate siamo disperati perché ci viene in mente….e se qualcuno viene da giù per arrivare qui, come facciamo?

Infatti dopo 2 chilometri ecco che vediamo arrancare in salita un pulmino della scuola che riporta i ragazzi alle proprie case sperdute in queste colline.

Fortuna vuole che la stradina ha di fianco un campo coltivato dove l’autista si ferma. Chiediamo informazioni e proseguiamo come lui ci dice. Finalmente siamo nella superstrada ma molto più lontani rispetto a dove dovevamo immetterci e così proseguiamo fino a raggiungere la città di Lavello e fermarci nella nuova area di sosta ( che non ha scarico acque grigie ed ha cannelle a livello gnomo )ma in compenso offre la possibilità di allacciarsi alla rete elettrica, cosa che noi facciamo visto che sta calando il sole .Restiamo qui per la notte.

Giovedì 13 ottobre Ci siamo riposati , quindi partiamo ; il Monte Vulture si allontana lentamente mentre sono le ampie ed assolate campagne il bel

palcoscenico in cui si snoda la strada.

In breve siamo a Venosa, terra natia del poeta Quinto Orazio Flacco, attraversiamo la città ed andiamo nel parcheggio davanti all’angolo sicuramente più suggestivo della città: la Chiesa Incompiuta del complesso dell’abbazia benedettina della Trinità .

“Venosa è un comune in provincia di Potenza che si trova nel territorio del Vulture, considerata tra i borghi più belli d’Italia. Le origini di Venosa si perdono nella notte dei tempi. Il sito preistorico di Notarchirico, posto a pochi chilometri dal centro abitato, è il più antico della Basilicata.

Ha restituito numerosi resti fossili di animali estinti, il femore dell’homo erectus e numerosi strumenti litici.

La città fu fondata dai romani nell’anno 291 a.C. a controllo della valle dell’Ofanto, e della via Appia.

I Romani dopo la vittoria sui Sanniti, dedicarono la città a Venere, divinità cara ai vinti. La storia di questa città a partire da questa data è legata alla storia di Roma che la eleva a "Municipium" (città romana), estendendo il diritto di voto e di cittadinanza ai suoi abitanti.

Qui nacque e trascorse la sua adolescenza il grande poeta latino Quinto Orazio Flacco".

A piedi andiamo nell’interessante centro storico. Attraversando porticati e vicoli lastricati arriviamo alla casa natale di Orazio ( è in stato di abbandono la porta di accesso è chiusa con catene e da un buco vediamo l’interno ),passeggiando dentro questi vicoli dove ci sono botteghe artigiane , arriviamo nella piazza della Cattedrale che, conserva ben poco del suo passato glorioso,

ad eccezione dell’imponente campanile in stile romanico normanno, alto circa 50 metri.

Percorriamo il corso fino alla piazza dove c’è l’imponente castello aragonese a pianta quadrata con quattro torri cilindriche alle estremità e intorno alla costruzione, corre un grande fossato.

Il castello, visto da tutte le angolazioni, fa venire in mente il Maschio Angioino di Napoli. Non entriamo per vedere il museo

archeologico ( che fa parte di quello che abbiamo visto a M e l fi ) e p r o s e g u i a m o passeggiando nella città.

Andiamo all’entrata della Chiesa incompiuta dove c’è il camper e proseguiamo il nostro percorso per visitare il Castello di Lagopesole.

“Il castello di Lagopesole, a pianta rettangolare e racchiuso fra quattro torri angolari, è posto in posizione collinare e domina l'intera valle.

La scelta di posizionamento del castello e le sue imponenti dimensioni, adatte alle esigenze di sosta e di soggiorno, provano che l'imperatore Federico ha voluto Lagopesole proprio come residenza di caccia.

La parte più interessante del Castello, ubicata nel lato del cortile grande, è quella che dà accesso ad una bellissima Cappella di stile angioino e a diverse sale tra le quali quelle denominate "dell'imperatore e dell'imperatrice", di notevole pregio artistico. Il castello, per i suoi fregi e per l'alternarsi di stili che lo compongono, rappresenta uno degli esempi più belli e caratteristici di castelli federiciani nel Sud Italia”.

A Lagopesole , ci fermiamo in una piazzola e telefoniamo al castello per avere la certezza di poterlo visitare.

E’ possibile ; in programma ci sono 3 itinerari di visita con grandi proiezioni sulle pareti interne della corte del Castello di Lagopesole (residenza di caccia dell’Imperatore Federico II).

Una narrazione dinamica ed intensa, accompagnano il visitatore in un viaggio ideale nel tempo e nelle vicende del maniero e dei suoi protagonisti e, in un c o i n v o l g e n t e spettacolo di multivisione , le immagini si sovrappongono sulle pareti del castello destrutturandole e scomponendole al servizio della rappresentazione.

Noi abbiamo il camper e chiediamo se è possibile arrivare fino al piazzale del castello e sostare anche per la notte , ma……oggi è giorno di mercato e può darsi che non si riesca a salire nel borgo perché ci sono i banchi degli ambulanti. Ci suggeriscono di aspettare il pomeriggio quando i banchi saranno andati via, sostare qui la notte e domani vedere il castello.

Sarà per un’altra volta, proseguiamo….superiamo Potenza e andiamo al mare in Calabria a Praia a Mare o Scalea. Passiamo per il bel paese di

Brienza che ha un bel castello arroccato sulla cima del colle e quando arriviamo ad Atena Lucana prendiamo l’autostrada per Reggio Calabria. Superiamo Sala Consilina e, poco dopo usciamo a Lagonegro e con la statale 585 arriviamo a Praia a Mare ed infine a Scalea.

Arriviamo di tardo pomeriggio, ci sistemiamo e prepariamo per la cena.

Venerdì 14 ottobre Tempo bellissimo e caldo. Ci godiamo la giornata di mare e, stiamo tanto bene che rimaniamo qui per quasi una settimana. I giorni seguenti li trascorriamo al mare ( Mary fa anche il bagno ) , sotto un bel sole.

Di pomeriggio facciamo belle e lunghe passeggiate lungomare ed anche nel Borgo dove abbiamo acquistato prodotti locali e mangiato pizze eccellenti.

MercoledÏ 19 ottobre Questi giorni qui a Scalea sono trascorsi veloci decidiamo però ora vogliamo rientrare, quindi lasciamo alle nostre spalle il sole ed il mare di Calabria e facciamo ritorno verso casa. Soste tecniche lungo il percorso e alla sera siamo di nuovo nelle nostre poltrone a casa.