TB Magazine Gennaio 2011

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APRE IL PRIMO BOUTIQUE HOTEL Il gruppo Chez Vous/Tenuta Moreno ha riaperto l’ex Majestic (ribattezzato Palazzo Virgilio), dopo un restyling che ha cambiato radicalmente il volto della struttura ricettiva WWW.FABIOMOLLICA.COM TB

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TB EDITORIALE

N O N R E S TAT E A GUARDARE

Ragiona Salento! ABBIAMO DAVVERO BISOGNO DI UNA REGIONE CHE RIUNISCA BRINDISI, LECCE E TARANTO? OPPURE È SOLO UNA TROVATA MEDIATICA CHE GIOVERÁ ESCLUSIVAMENTE A POCHI? E SE INVECE CI CHIEDESSIMO PERCHÈ I BARESI FANNO SEMPRE LA PARTE DEL LEONE?

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avvero abbiamo bisogno di una Regione Salento? Abbiamo avuto per due legislature un presidente di Regione salentino: vuol dire che non ha fatto nulla per la sua terra? Da anni critichiamo Bossi e la Lega, ed ora ci scopriamo separatisti, non nei confronti del Nord ricco o di Roma ladrona, ma addirittura di Bari e Foggia. Abbiamo impiegato 10 anni a far emergere il brand Puglia, ed ora, proprio quando gli sforzi iniziano a dare qualche risultato, scendiamo dal carro e puntiamo sul Salento, marchio sconosciuto al mondo? Davvero abbiamo bisogno di una nuova micro-regione per avere un po’ di soldi in più? E a chi andranno poi questi soldi? All’Università di Lecce, forse? O ad altre istituzioni che continueranno - come è normale che sia - a tenere in considerazione prima il proprio territorio (quello leccese) e poi quelli limitrofi? Non è che tutto questo can-can servirà solo a ricevere un po’ di visibilità

(per sindaci e assessori, o aspiranti tali) oppure a inventarsi qualche candidato alle prossime elezioni politiche? E che senso ha parlare di regione Salento se nè i brindisini nè i tarantini si sono mai riconosciuti salentini (nè i leccesi li riconoscerebbero come tali, perché non lo sono: il Salento è un identificazione culturale, più che territoriale)? È normale accusare la politica per gli sprechi, gli alti costi e la proliferazione delle poltrone, e poi intavolare una battaglia che, partendo da una domanda giusta (maggiore considerazione e soldi per mezza regione) fornisce una risposta sbagliata (moltiplicazione di enti e sprechi) senza chiedersi perché fino ad oggi i baresi hanno sempre fatto la parte del leone? Io una risposta ce l’avrei: perché sono più bravi e più furbi. E perché noi siamo divisi. Diciamo pure più fessi. Allora non Regione Salento. Piuttosto, Ragiona Salento! info@fabiomollica.com

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SIAMO AD UN PASSO DAL BARATRO I commercianti del centro sono alla frutta. Cali delle vendite fino al 40%. Nuove chusure all’orizzonte. Bisogna correre ai ripari. Ecco alcune loro proposte. Prima che si arrivi alla serrata...

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iamo ormai alla canna del gas. Io proporrei di chiudere i negozi per due-tre giorni. Per dare un segnale. Ma mi rendo conto che una azione del genere richiede unitarietà, E qui ci sono miei colleghi che hanno disperato bisogno pure delle 50 euro di incasso quotidiano». Subito dopo Natale i commercianti dovrebbero essere soddisfatti e ottimisti. Rino Fontò, titolare del negozio di abbigliamento Diego (da 40 anni in corso Garibaldi) è invece molto pessimista. Al suo fianco ha due colleghi più giovani, Pietro Nuzzo (gioielleria Lo Scrigno) e Cristiano Pescara (titolare dei negozi Benetton/Sisley di Brindisi, Lecce e delle gallerie Auchan e Ipercoop di Brindisi e Mesagne). Tutti e tre la pensano allo stesso modo, come molti altri negozianti dei corsi. Non tutti, ma molti. TB. QUANTO AVETE PERSO QUEST’ANNO? Fontò. «Gli incassi sono calati del 35-40%». Nuzzo. «Sì, le percentuali sono quelle, in parte giustificate dalla crisi generale...».

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Fontò. «Ma per un buon 20% il calo è dovuto alla situazione locale». Pescara. «Anche per noi il calo è stato del 40% circa. Ma io, lavorando anche a Lecce e negli ipermercati, forse conosco meglio il polso della situazione. I miei dati dicono che i negozi della galleria Le Colonne (Ipercoop) hanno registrato un piccolo incremento, quelli dell’Auchan sono sempre andati e vanno come un treno, a Lecce manteniamo standard alti, mentre nei tre negozi nel centro di Brindisi le vendite crollano di un buon 35%». TB. E SIETE TRA I COMMERCIANTI STORICI. FIGURIAMOCI I NUOVI ARRIVATI... Nuzzo. «Le serrande abbassate parlano chiaro. Ci sono una trentina di locali sfitti lungo i corsi, cosa che non si vede in nessun’altra città. E si sentono voci di nuove imminenti chiusure». TB. EPPURE L’AMMINISTRAZIONE DICE DI LAVORARE PER LA SVOLTA. E SOSTIENE CHE IL MERCATINO DI NATALE ABBIA ATTIRATO VISITATORI DALLE PROVINCE VICINE. Fontò. «Nessuno è mai venuto a chiederci suggerimenti. Nessuno ci ha mai invitati ad un tavolo. I

pupazzi e l’uomo ragno non servono a farci lavorare. Così come non servono le gare podistiche sui corsi l’antivigilia di Natale. Roba da pazzi!» Pescara-Nuzzo. «A questa storia dei tarantini e dei leccesi venuti a Brindisi proprio non crediamo. O almeno noi non li abbiamo visti. E in ogni caso ci sarebbe da chiedersi quanti brindisini siano andati a Lecce, come al solito. E c’è da chiedersi anche perché alcuni brindisini decidono di aprire negozi a Lecce. Sono forse impazziti?» Pescara. «Io mi attengo ai dati e ai fatti. Fino all’anno scorso a Brindisi avevo cinque dipendenti nel negozio 012 e cinque nel negozio Benetton. Oggi sono diventate 3 e 4, e un altro negozio (Undercolors) l’abbiamo chiuso. Tutto il resto sono chiacchiere. E aggiungiamoci che riceviamo ogni mese centinaia di curricula da ragazze senza lavoro. Cosa che non accade dove ho gli altri negozi. Questi sono i fatti. Poi sento dire qualcuno che i commercianti brindisini non ci sanno fare, ma anche questa è una stupidaggine. Possibile che ci sappiamo fare all’Auchan e a Lecce, mentre a Brindisi non siamo bravi?» Nuzzo. «La verità è che abbiamo superato ogni limite:


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«Dovremmo chiudere per 2-3 giorni. Ma alcuni tra noi hanno un bisogno disperato perfino dei 50 euro di incasso» se nel 2010 hanno chiuso una decina di negozi in centro, e nel 2011 ne chiuderano altrettanti, vuol dire che siamo ormai al di sotto della soglia di sopravvivenza. TB. SO GIÀ DOVE VOLETE ARRIVARE: LA RIAPERTURA DEI CORSI. POSSIBILE CHE TUTTO IL PROBLEMA SI RIDUCA A QUESTO? Fontò. «Non è solo questo, ma è la causa principale. Mi spiegate perché la gente deve venire a Brindisi se non c’è nulla o se addirittura ha difficoltà ad arrivare in centro e a trovare parcheggio?» TB. BEH, IL PARCHEGGIO ORA C’È. Fontò. «Non basta. Io credo che un’altra chance ci sia dovuta. Facciamo una prova: riapriamo almen corso Garibaldi, a senso unico verso il porto, e invertiamo l’ingresso e l’uscita del parcheggio di via del Mare. Secondo me già questo cambierebbe molte cose. Visto che oggi io saluto tre volte al giorno sempre le solite dieci persone che passeggiano lungo il corso, ed il resto del tempo lo trascorro ad ammirarere auto di comune, provincia, Monteco, Multiservizi e forze dell’Ordine che fanno su è giù per il corso». Nuzzo. «Il commercio è una questione di flussi. Se

passano dieci persone, una entra nel negozio. Se ne passa una, restiamo a guardare». Pescara. «A mio avviso al Comune dovrebbero istituire un ufficio marketing commerciale, così come accade nelle gallerie degli ipermercati. Solo se c’è qualcuno che lavora per rendere appetibile la città riusciremo ad avere qualche risultato. Del resto questo va anche nell’interese del Comune. Più negozi vuol dire anche più Ici e più Tarsu da incassare, e più posti di lavoro, economia che gira e soldi che restano in città. TB. SAPETE SOLO LAMENTARVI. POI ARRIVANO I CROCIERISTI E RIMANETE TUTTI CHIUSI! Fontò. «State scherzando vero? Noi abbiamo avuto i crocieristi di bassa stagione, quelli che fanno la vacanza con quattro soldi. Figuriamoci se quella gente poteva venire a comprare un abito da me o un orologio alla gioielleria. Di fatto alla città hanno lasciato poco o nulla. Forse hanno speso solo nei bar. Io punterei sulle barche da diporto, sull’idea del porto turistico nel porto interno. Quello sì che porterebbe benessere e gente che spende». Pescara. «Ci hanno accusato di restare chiusi quando arrivavano le navi da crociera, ma io non posso rimanere aperto per imposizione: devono darmi anche il pane. Altrimenti è come se chiedessi alle mie commesse di lavorare la domenica senza percepire stipendio. E guardate che vi parla uno che per primo, a Lecce, è rimasto aperto all’ora di pranzo. Per un anno ci siamo guardati in faccia, poi la gente ha iniziato ad apprezzare l’orario continuato. Oggi lo fanno in molti e non siamo più gli unici pazzi a stare aperti. E mi piace ricordare che due anni fa, a Lecce, i commercianti si opposero in blocco alla volontà della Poli Bortone di chiudere al traffico piazza Mazzini». Fontò. «Qui non accadrà mai, perché abbiamo associazioni di categoria che non ci appoggiano e addirittura sostengono che tutto va bene». TB. NON SENTO ALTRE PROPOSTE. Pescara. «Per esempio portare lo Snim a piazzale Lenio Flacco sarebbe una grande cosa. I visitatori che vengono da fuori potrebbero ammirare il cuore della città». Fontò. «Io penso anche alla liberalizzazione delle spiaggie sul litorale Nord, e a quella dei tavolini. Ma è mai possibile che ogni anno dobbiamo assistere ai soliti problemi! E poi ci sono anche le piccole cose da

Da sinistra Pietro Nuzzo, Rino Fontò e Cristiano Pescara

sistemare. Per esempio, ho visto i carri attrezzi caricare auto alle 23. Capisco che bisogna pagare 4 mezzi e 24 dipendenti, ma in centro si è scatenata una caccia all’untore che non si vede in altre zone della città. In via Appia vedo auto parcheggiate in doppia fila e non c’è traccia di vigile e di carro attrezzi. Per non parlare dei paletti: da un giorno all’altro hanno rovinato i commercianti di via Carmine, gente che lavora da una vita e oggi fa la fame». TB. PERÒ PROTESTATE SOLO UNA VOLTA L’ANNO, NON VI SIETE MAI ORGANIZZATI E NON AVETE MAI FATTO PROPOSTE. COME AL SOLITO TUTTI DIVISI. Fontò. «Cosa volete che facciamo, abbiamo la nostra dignità. Con i corsi chiusi ho perso tutti i clienti della provincia. Cosa dovrei fare? Incatenarmi sotto al Comune? Quella di chiudere negozi e spegnere le insegne potrebbe essere la prossima mossa. Forse dovremmo chiamare Striscia la Notizia, visto che nessuna tv o giornale locale si mette contro il Comune» TB. BEH, QUALCUNO VI DÀ VOCE. MA QUI NON SI TRATTA DI ESSERE PRO O CONTRO, SI TRATTA DI DISCUTERE E TROVARE SOLUZIONI. Nuzzo. «Infatti speriamo che qualcuno ci inviti a dialogare, prima che sia troppo tardi». Pescara. «Per alcuni è già troppo tardi. Quelli che hanno chiuso non riapriranno. Io stesso avevo previsto tutto due anni fa e sono andato via. Ho ancora tre negozi in centro, ma è come se non ci fossi più, perché 3/4 del mio fatturato viene dai negozi situati fuori città. Di questo passo dovrò chiudere in centro». Fontò. «Seguiremo l’esempio tuo e di Mc Donald’s, che chiuse il giorno dopo che fu deciso di chiudere i corsi, pur avendo speso centinaia di milioni. Avevano previsto che senza passaggio di gente sarebbe stata la fine. Noi abbiamo sperato, ed ora eccoci qua». Nuzzo. «Gli esperti di flussi commerciali erano stati chiari: in cinque anni i corsi saranno desertificati. Hanno sbagliato di un anno». TB

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ECONOMIA

“PRONTO A PARLARE CON I COMMERCIANTI” L’assessore alle Attività produttive, Francesco Renna, convocherà gli imprenditori entro fine mese. «Per discutere senza preconcetti». Anche della richiesta di riapertura di corso Garibaldi. Ma non solo di quella.

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Francesco Renna, assessore all’Autorità Produttive, va dato atto di due cose: 1) quest’anno ha fatto accendere le luminarie a fine novembre, senza far pagare oboli ai commercianti (come sempre accadeva); 2) il mercatino di Natale in piazza Vittoria si è confermato un evento che piace e che crea movimento in un centro storico abbandonato dai brindisini. Detto questo, i commercianti del Centro continuano a lamentare incassi a picco e scarsa attenzione da parte dell’Amministrazione. È il caso di affrontare l’argomento. Partendo proprio dai problemi sottolineati a TB dagli imprenditori intervistati nelle pagine precedenti. Renna, si tratta di problemi non nuovi, ovviamente. Cosa state facendo per risolverli? Vorrei partire dal dato che più mi sta a cuore: il 26 dicembre piazza Vittoria ed i corsi sono stati presi d’assalto da brindisini e non brindisini. Per me è un grande successo, che si è ripetuto diverse volte durante il periodo natalizio. Stiamo cercando di rendere attrattivo il centro. E lo stiamo facendo imitando i centri commerciali, partendo dai parcheggi. Quello di via Del Mare è quasi gratis, come quello dei centri commerciali. E sto lavorando affinché l’ex cinema Di Giulio ospiti almeno altri 120 stalli. I parcheggi non bastano. Infatti lavoriamo sul fronte eventi. Anche io credo che le attività come il Mercatino vadano proposte con maggiore costanza. L’idea del Negroamaro Wine Festival ha portato per tre giorni (che nel 2011 diventeranno 5) flussi di gente “nuova” nel cuore della città. Però vi rinfacciano il mancato coinvolgimento dei

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commercianti nelle scelte. Io posso assicurare che l’Amministrazione comunale è aperta ad ascoltare ogni singolo imprenditore. E con le associazioni di categoria operiamo in simbiosi. Io voglio discutere con tutti, perché discutendo nascono idee nuove. Certo, se poi tutto si riduce alla richiesta di aprire i corsi... Beh, diciamo che da lì si parte.

Io sono pronto a discutere anche di questo, ma senza muri divisori. Dobbiamo parlarci in maniera serena. Credo che il problema non sia solo quello dei corsi chiusi, perché altrimenti non mi spiego per quale motivo ci sono attività che funzionano, pur non vendendo prodotti cinesi, anzi proponendo abbigliamento di prezzo medio-alto. Il futuro è mettersi insieme, fare le cose insieme. Potete scrivere che entro la fine di gennaio incontrerò i commercianti del centro per discutere di tutti questi problemi. Anche dei paletti? Anche di quello, però lì la competenza non è del mio assessorato. In ogni caso, anche in passato, chiunque è venuto qui ha trovato le porte aperte. Le chiedono di riaprire corso Garibaldi. Ripeto, parliamo di tutto. Non ho preconcetti. Però si sappia che non è solo l’Amministrazione a dover decidere. Che succede poi dal punto di vista del traffico? E come se pensassimo di ritornare a via Appia in doppio senso. Anche lì ci furono tante critiche, ma oggi mi sembra che la zona sia appetibile dal punto di vista commerciale, malgrado il senso unico. Allora, mettiamo sul tavolo tutto. Perché il futuro è mettersi insieme e lavorare insieme. Fin quando andremo avanti col muso lungo e con la sola voglia di criticare, non camberà nulla. Mentre gli altri marciano spediti: avete visto che all’Ipercoop quest’anno ci hanno copiati? In che senso? Anche lì hanno fatto il mercatino di Natale. Segno che l’idea è buona. Anche io so che il mercatino da solo non risolve i problemi. Però chiediamoci cosa sarebbe il centro se non ci fosse. Intanto ci sono sempre una trentina di locali sfitti. Ma noi in questo caso non possiamo farci nulla. Sta tutto alla decisione dei proprietari. Se vogliono affittare abbassano i prezzi, e mi risulta che qualcuno lo abbia già fatto. Se non hanno bisogno di soldi, se ne fregano. Ma non abbiamo armi contro di loro. Le armi sono altre... Tipo? Abbiamo appena vinto un bando regionale per il Distretto Urbano del Commercioi: 400mila euro a disposizione di quanti vorranno effettuare il restyling delle vetrine o potenziare gli impianti di sicurezza delle attività. Una parte dei soldi la useremo invece per creare una vera rete commerciale, per esempio lanciando una fidelity card, e per finanziare nuovi eventi attrattivi in altri mesi dell’anno.


TRE OBIETTIVI PER LO SVILUPPO Infrastrutture, aggregazione, innovazione: sono queste, secondo il presidente della Camera di commercio, Alfredo Malcarne, le linee guida da seguire nel corso del 2011. E sull’Università la strada è segnata: indipendenza dagli atenei di Lecce e Bari. E creazione di un vero Polo universitario brindisino.

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l contesto urbano ha un forte impatto sulla vita delle imprese. Secondo i dati in possesso della Camera di commercio, infatti, l’85% del pil generale viene prodotto nelle città ed è influenzato da fattori come la sicurezza, la viabilita, l’attrattività del territorio. Un tema caldo, che si aggancia alle polemiche sulla desertificazione dei corsi del capoluogo, e più in generale del suo centro storico. Secondo Alfredo Malcarne, presidente dell’ente camerale, ci sono tre modi per facilitare la vita delle aziende: «Il primo è l’infrastrutturazione delle città. Per esempio è ridicolo non avere a Brindisi una superficie retroportuale efficiente e attrezzata. Dovremmo essere al centro dei traffici che si sviluppano con il Nord Africa, e invece finora abbiamo pensato solo alle navi da crociera e passeggeri, perdendo di vista la logistica e le merci». L’altro punto su cui puntare è quello dell’aggregazione tra imprese: «Le filiere e i distretti sono importantissimi. Ma ora bisogna farli partire, non solo sulla carta, finanziandone i progetti». Dulcis in fundo: l’innovazione: «Servono adeguate politiche di sostegno. Abbiamo le menti e l’ingegno. Qui alla Camera ogni anno vengono registrati una infinità di marchi e brevetti, ma la maggior parte di essi resta un’idea e non diventa un’impresa». Ci sono altri dati che testimoniano il fermento che c’è sul territorio: «Nel 2010 è stato invertito il trend negativo dei due anni precedenti, le aziende nate sono state più di quelle cessate. Il tasso è positivo dell’1,4%. Inoltre il settore manifatturiero è quello che ha retto meglio la crisi: come dire che l’economia reale, quella che produce, è andata meglio di quella virtuale e finanziaria. Nel 2011 la Camera di commercio continuerà a battersi per una

compito, peraltro, non è di finanziare l’università di base, semmai è quello di assistere le aziende nel settore ricerca e innovazione. Allora io dico che sarebbe meglio sviluppare nuovi corsi post-laurea che rispondano alle esigenze delle imprese del nostro territorio, oppure dare vita a spin-off aziendali o a master di specializzazione. È più sensato dare soldi alle aziende per fare assumere gli ingegneri, anziché sfornare laureati che resteranno a spasso. Ora, è vero che per arrivare al Polo universitaro brindisino c’è bisogno di uno start-up, ma questo start-up dura ormai da dieci anni. È ora di andare oltre. Invece oggi siamo nella situazione di non poter dire nulla contro un corso di Management delle imprese culturali, la cui utilità ci sembra più che dubbia. Perché invece non puntare su Farmacia, visto che abbiamo la Sanofi, su Agroalimentare, sull’Aeronautica. Che senso ha fare qui Economia e commercio, se c’è già a Bari e Lecce? Che senso ha sfornare laureati che poi saranno costretti ad andare a lavorare altrove?». Malcarne punterà su altri due settori: turismo e agroalimentare. «In quest’ultimo campo si è investito moltissimo sulla qualità. Abbiamo tante eccellenze produttive, rinomate in Italia e all’estero. Ora però bisogna individuare e dare vita ad un sistema di commercializzazione. Dobbiamo riuscire a fare arrivare sul mercato le nostre produzioni. Un piccolo produttore, una piccola cantina non possono pensare di affrontare

«Abbiamo corsi di laurea che non sfornano i professionisti richiesti dalle aziende locali»

Università realmente brindisina: «Vogliamo costituire entro il 2012 la Fondaione per l’Università di Brindisi, e dunque basta con i contirbuti a Bari o Lecce, ma finanziamenti diretti al Polo universitario brindisino. Del resto se le due università regionali non si federano, è impossibile programmare la nostra formazione universitaria. Così rimarremo sempre dei satelliti. E il giocattolo oggi ci costa 270mila euro. Il nostro

da soli il mondo. Prendiamo spunto dal Trentino, dove i produttori delle mele hanno affidato la commercializzazione del prodotto a due sole aziende. Qui invece si continua ad andare in ordine sparso. Utilizzando i distretti si potranno creare massa critica e nuove condizioni di vendita. Infine il turismo: «Iniziamo a lavorare più seriamente di quanto si è fatto finora, potenziando le politiche di marketing e promozione del territorio e mirando sulle nostre vocazioni». Per quel che riguarda i servizi alle imprese, la Camera sta per varare, finalmente, lo Sportello unico d’impresa, per poter costituire (realmente) le aziende in un giorno. E all’inizio del 2011 partirà anche lo sportello di mediazione e conciliazione, che sarà utile per dirimere controversie senza dover finire per forza in un’aula di tribunale.

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EMILIO dalla parte GRAZIUSO dei cittadini

ASSENTEISMO ALLA ASL: SI POTREBBE CHIEDERE UN RISARCIMENTO

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egli ultimi anni, locuzioni quali “errore sanitario”, “responsabilità ospedaliera”, “colpa medica”, “malasanità” sono divenuti particolarmente familiari ricorrendo purtroppo con sempre maggior frequenza ed assurgendo agli onori delle cronache sulle prime pagine dei giornali. In merito, di recente, la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e i disavanzi sanitari regionali ha diramato i risultati di una indagine dalla quale emerge un dato fortemente allarmante: la denunzia di un caso di malasanità ogni due giorni, in media quindici al mese; in poco più di un anno 242 casi portati all’esame della Commissione. Ogni volta che si leggono notizie di tal genere, riguardando un settore particolarmente delicato ed un diritto primario, oltre che costituzionalmente garantito, la rabbia e la preoccupazione dei cittadini com’è ovvio aumentano notevolmente. Credo, però, che difficilmente una notizia riguardante un errore medico che, per quanto grave, è pur sempre umano, susciti il rammarico e l’indignazione che è scaturita dalle recenti notizie di cronaca riguardanti l’assenteismo di alcuni dipendenti operanti nel sistema della sanità brindisina. Questi ultimi, stando alle notizie emerse, timbravano o facevano timbrare il proprio badge marcatempo attestante l’arrivo in servizio, allontanandosi successivamente dal luogo di lavoro per ragioni personali. Da tali episodi, infatti, emerge da qualunque angolazione si voglia esaminare la questione, una circostanza sconfortante, vale a dire che spesso la salute dei cittadini è trattata con cinismo ed indifferenza proprio da coloro che hanno il dovere morale e professionale di preservarla. Seppure con le dovute cautele per una inchiesta ancora in corso, infatti, la vicenda che coinvolge medici, infermieri, tecnici, impiegati e addetti alle pulizie, rappresenta indubbiamente una realtà estrema ma nello stesso tempo drammatica ed indicativa di un certo degrado che si annida in un sistema che più degli altri ne dovrebbe essere immune, quale quello sanitario, preposto alla tutela della

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salute. Le vicende sottese all’inchiesta presentano ricadute sotto molteplici aspetti. Da un lato, vi è, infatti, la lesione dei diritti dei singoli pazienti i quali, a causa, delle disfunzioni causate dal malcostume sul quale sta cercando di far luce la magistratura, hanno subito la lesione di un proprio diritto. Dall’altro, c’è la violazione di un diritto diffuso quale quello di tutti i cittadini di poter beneficiare di un sistema sanitario efficiente e senza disfunzioni quali quelle oggetto di indagine. Infine, ed assolutamente non secondario, vi è la lesione dell’immagine di quelle centinaia di operatori del settore che operano con la massima dedizione al servizio della salute dei cittadini. Inoltre, anche la nostra città è uscita fortemente lesa da questa triste vicenda. Essere infatti alla ribalta delle cronache nazionali per un fenomeno così grave non può certo far bene ad un territorio, il cui nome è, purtroppo, ancora legato ad episodi di illegalità. Tornando alla posizione del cittadino, quest’ultimo, qualora abbia subito un danno dai comportamenti og-

getto di indagine, potrà, ove ne ricorrono gli estremi, prendere parte, in qualità di parte civile, al processo penale che si aprirà a seguito dell’inchiesta e chiedere il risarcimento per il danno subito. Quando si parla di “danno” non si deve pensare esclusivamente a quello relativo ad una operazione non andata a buon fine o ad una diagnosi errata. Il danno si può verificare anche in altre ipotesi, quali ad esempio i tempi lunghi delle liste di attesa. Fenomeno, quest’ultimo, spesso denunziato dai brindisini che ora, inevitabilmente, deve essere letto anche alla luce dei comportamenti oggetto di indagine della magistratura. Da episodi quale quello in esame scaturisce, poi, una lesione del diritto diffuso alla salute e del diritto ad avere un sistema sanitario efficiente e trasparente. Al riguardo si è di recente espresso il Tribunale Penale di Milano che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno alla Confconsumatori Nazionale (l’Associazione destinerà le somme liquidate dall’Autorità giudiziaria ad un progetto nazionale volto ad informare i cittadini, soprattutto i più deboli, circa i loro diritti in materia sociosanitaria) costituitasi parte civile nel processo relativo ai fatti che hanno coinvolto l’ormai tristemente famosa clinica Santa Rita (interventi non necessari effettuati per esclusivo fine di lucro). Sono quindi state accolte le tesi della Associazione, che ha sostenuto e dimostrato nel corso del giudizio la responsabilità degli imputati non solo per i danni provocati ai singoli pazienti ma anche per quelli provocati alla collettività, seppur in via indiretta. Un precedente fondamentale, quindi, nei processi riguardanti il mondo della sanità.

A MILANO IL TRIBUNALE HA CONDANNATO ALCUNI MEDICI ACCUSATI DI AVER EFFETTUATO INTERVENTI NON NECESSARI. A BRINDISI È RAVVISABILE IL DANNO CAUSATO DALLE LUNGHE LISTE D’ATTESA


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Non vi raccontiamo Brindisi.

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edici anni di Autorità portuale, un costante calo dei traffici e degli affari. L’attuazione di una politica dissennata di scelte errate, ha portato alla distruzione di una risorsa economica fondamentale per il territorio, il porto e le attività di logistica da esso indotte. Tanto che ormai il porto non rappresenta più una risorsa economica per la città. Le poche navi che occupano le banchine brindisine sono le carboniere, un paio di traghetti per la Grecia e Albania, qualche gasiera carica di GPL e le navi da crociera low-cost. Ad oggi l’unica prospettiva certa è l’arrivo di qualche nave carica di olio vegetale per rifornire l’ennesima centrale elettrica costruita sul nostro territorio, appartenente allo zuccherificio Sfir. Questi traffici non apportano ricadute economiche significative, essendo a servizio di singoli impianti industriali. Cosa ben diversa e complicata sarebbe avviare un effettivo piano di sviluppo del porto con progetti concreti, finalizzati ad attirare a Brindisi l’industria dell’intermodalità e della logistica, settore economico notoriamente caratterizzato da intensa e qualificata occupazione e importanti ricadute sul territorio. Ne parliamo con un esperto del settore, l’ingegnere Rino Casilli, presidente della Iais, società che a Brindisi intende realizzare un interporto. Siamo tagliati fuori dai grandi traffici e dai grandi progetti. Concorda? Facendo una “zoomata” sui programmi di sviluppo della nostra Regione, la programmazione regionale sui trasporti tende a “specializzare” la Puglia come grande ed importante piattaforma logistica, in grado di intercettare i traffici a lunga distanza tra Cina ed Europa e tra Europa e paesi del Mediterraneo, prevedendo di dotare la Regione di eccellenti infrastrutture intermodali, piattaforme logistiche, porti ed aeroporti efficienti. Su questa visione strategica la Regione Puglia ha indirizzato gli investimenti al porti di Taranto per completare la dotazione retro portuale di piattaforme logistiche, terminali intermodali, raccordi ferroviari e stradali e al territorio barese per potenziare il suo interporto. Sulla stessa visione di sviluppo logistico dell’intero Paese è basata la pianificazione nazionale. E Brindisi è assente? La pianificazione nazionale si concretizza con scelte precise attraverso l’utilizzo degli strumenti delle Intese Quadro fra Stato e Regione. All’interno di queste linee trovano posto i progetti che arrivano dal territorio coerenti agli obiettivi generali, supportati da progetti reali e valutati economicamente. Questi progetti, e solo questi, trovano posto nella Legge di Stabilità (ex Legge Finanziaria), all’interno degli strumenti di pianificazione delle infrastrutture e concordati con le regioni attraverso le intese generali quadro Stato Regioni. In poche parole, se

SULLA ROTTA SBAGLIATA

Il futuro del nostro porto è nelle attività retro-portuali, dice Rino Casilli, presidente della società Iais, che intende realizzare l’interporto a Brindisi. «Ma la città finora ha perso tempo e soldi, pensando a progetti ed opere ormai fuori mercato». i progetti che produce un territorio, sono coerenti agli obiettivi di sviluppo statali e regionali, allora entrano nella lista dei progetti da finanziare e si ritrovano sul Pis (Programma Infrastrutture Strategiche) allegato alla Legge di Stabilità. Solo per questa via ottengono i finanziamenti e si avviano le procedute realizzative. E qui richiamo la frase del vecchio e saggio Socrate spezzandola in due, “Tanto tuonò” cioè tanto ha progettato in questi anni a Brindisi l’Autorità Portuale ma fuori dagli obiettivi generali fissati dalla pianificazione statale e regionale, “che piovve”, con pioggia che spazza via tutto, come un’ inondazione, pioggia rappresentata nella mia metafora dalla Legge di Stabilità di settembre che ha spazzato via tutti i progetti inutili, compresi quelli brindisini. Il PIS della Legge di Stabilità non prevede quasi nessun finanziamento per Brindisi per opere realizzabili in tempi brevi, lasciando il territorio senza obiettivi reali

di sviluppo per i prossimi anni. Siamo davvero così mal messi? Al di la di qualche progetto marginale (la messa in sicurezza della Diga di Punta Riso) nell’ultimo documento dell’intesa Stato Regione Puglia, non vi sono progetti riguardanti Brindisi. Invece ci sono quelli necessari per avviare attività logistiche su Taranto e Bari. Sul Pis, ad ulteriore prova delle grandi potenzialità logistiche inespresse al momento di Brindisi, viene confermata la validità del cosiddetto hub interportuale, che è l’insieme delle opere previste nell’area industriale di Brindisi per realizzare la piattaforma intermodale, la piastra logistica e i relativi raccordi stradali e ferroviari. Peccato che l’ente attuatore pubblico di questo progetto, provate ad immaginare quale, pur potendolo fare non ha mai presentato a Stato e Regione i progetti e quindi, non sono mai stati attivati i finanziamenti. Le faccio un bilancio di 16 anni di Auto-

rità portuale: uno sfascio. In effetti la comunità brindisina paga anni di abbandono delle attività portuali e di progetti errati, che non hanno consentito al territorio di usare al meglio le proprie risorse naturali per diventare un vero hub intermodale mare-terra e accreditarsi sul mercato della logistica come porta di ingresso in Europa per i traffici marittimi. A causa di questa strategia perdente, il territorio è stato messo fuori mercato. Non ha saputo sviluppare volumi di traffico merci tali da consentire ad operatori storici come le Ferrovie dello Stato, di mantenere, ammodernare e sviluppare i loro impianti merci, tanto da abbandonarli. In conseguenza di ciò, non si sono attirati operatori nazionali ed internazionali in grado di fare gli investimenti infrastrutturali necessari a sostenere lo sviluppo del territorio nel settore dei trasporti. Si sono persi anni preziosi a presentare mega progetti irrealizzabili, ma soprattutto non richiesti dagli operatori marittimi internazionali. Stranamente queste iniziative velleitarie, sono state poco contestate sul territorio da chi di dovere. Per comprendere meglio quali sono i motivi che hanno marginalizzato la posizione del territorio brindisino rispetto ai grandi flussi di traffico internazionale, il perché i mega progetti proposti sulla carta dall’Autorità portuale di Brindisi non producono nessun vantaggio strategico ed economico per il territorio, anzi al contrario fanno perdere opportunità di sviluppo in settori trainanti, occorre guardare ai processi evolutivi dell’economia mondiale. Cosa dobbiamo aspettarci? Le grandi economie emergenti come Cina e India, sosterranno i loro ritmi di crescita dei prossimi anni, affidandosi molto più che nel passato allo sviluppo dei mercati interni. Ciò significa che negli scambi mercantili mondiali ci sarà meno Cina ma più America ed Europa. Per cui i grandi flussi delle merci varieranno le loro direzioni, saranno sostenuti gli scambi fra Europa e continente americano (Brasile, Stati Uniti, Messico) e fra Europa e i paesi dell’Europa dell’Est e del bacino del Mediterraneo. Quest’ultimo scambio svilupperà un notevole traffico regionale euro-mediterraneo. In una prospettiva di medio termine, non ci sarà più convenienza a trasportare su lunga distanza le merci dalla Cina all’Europa, o per lo meno con i volumi di traffico che si registravano prima della crisi. Tanto è vero, che gli stessi cinesi stanno delocalizzando le loro aziende nei paesi nordafricani e dell’Europa dell’Est, per essere più vicini ai mercati europei. In un approccio globale rispetto al mondo dei trasporti e della logistica, si osserva che le grandi compagnie di trasporto in questi anni di crisi, stanno “regionalizzando” le proprie attività su scala al massimo continentale. A causa del nuovo modello di trasporto mondiale che si va affermando e della diminuzione del traffico che si registra sulle rotte intercontinentali,

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ECONOMIA

La perenne attesa del Salvatore Mi è capitato di seguire le cronache dell’Autorità portuale fin dall’anno dell’approvazione delle legge che le istituiva, nel lontanissimo 1994. Ho scritto delle assunzioni dei parenti, delle (poche) gesta dei vari presidenti succedutisi, di affari giganteschi di cui si è sempre e solo parlato, di traffici annunciati e mai nati, di opere faroniche mai costruite. Ho conosciuto presidenti che avevano più dimestichezza con donne e Viagra che con i progetti; presidenti perennemente assenti; presidenti che in altre città non avrebbero mai ricoperto certe cariche. Erano tutti forestieri, preferibilmente baresi. Forse perché se ci fanno del male i forestieri tutto va bene. Siamo più felici. Ora l’attuale presidente Giuseppe Giurgola giunge al suo mandato: brava persona, per carità. Si è sforzato di fare qualcosa. Magari ha posto le fondamenta, come dice lui, per il futuro. Ma di grandi opere non ne abbiamo viste. Oggi qualche consigliere comunale si fa portavoce di una proposta decente: perché non affidare l’Autorità ad un brindisino? In effetti, visto quanto è accaduto in 16 anni, e registrati i 100 passi all’indietro fatti dal nostro porto da quando esiste l’Autorità portuale, sarebbe ora di evitare altri illustri dottori o ingegneri provenienti da chissà dove. Verrebbe da dire: se proprio dobbiamo finire di distruggerlo, questo porto, facciamolo con le nostre mani. Forse qualsiasi brindisino sarebbe capace di fare meglio di chi abbiamo visto all’opera finora. Rino Casilli, che ascoltiamo in queste pagine, è uno dei brindisini candidati, e vanta un curriculum che non sfigura di fronte a nessuno dei precedenti presidenti. C’è però un altro problema. Ed è quello della città. Se non ci si decide una buona volta a sedersi tutti insieme per elaborare un piano serio di sviluppo economico per i prossimi 20 anni, continueremo ad avere tanti uomini soli che indicheranno un nuovo presidente dell’Autorità portuale, poi un presidente dell’Asi, poi della camera di commercio e così via. Cioé tanti uomini soli al comando, che in realtà non comandano su niente. Cosa potrà mai fare una persona, anche di qualità eccelse, in un sistema economico che si muove per conto proprio, che non elabora progetti e idee, e che si muove secondo dinamiche dettate più da scelte personali che politiche? L’unico modo per invertire la rotta, non solo nel porto, è quello di marciare uniti: politica, economia, cittadini. Fin quando non sarà così, continueranno ad affossarci i baresi, i leccesi, i genonani, i romani. Avanti il prossimo. (f.m.)

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non c’è spazio per realizzare nuovi grandi porti container nel Mediterraneo. Di conseguenza nella filiera del trasporto, sarà in crescita la componente terrestre (stradale e ferroviaria). Nella prospettiva in atto di una forte regionalizzazione della logistica, a seguito dell’intensificazione degli scambi all’interno dell’Europa, dove i poli produttivi si svilupperanno nei paesi dell’Europa dell’Est, Turchia e Nord Africa, la merce prodotta viaggerà lungo i corridoi intermodali e sulle le autostrade del mare mediterranee. Quindi più interporti che porti. Esatto. I porti che si affermeranno, saranno quelli capolinea dei grandi corridoi europei, che investiranno in infrastrutture intermodali, in cui sarà possibile instradare la merce proveniente dai vicini poli produttivi regionali, che ha necessità di raggiungere i mercati prevalentemente su terra, tramite ferrovie e strade. Saranno i porti euro-regionali delle navi Ro-Ro ad assicurare il trasporto delle merci, in contrapposizione ai pochi porti hub che sopraviveranno nel Mediterraneo. Pertanto un porto che dispone di una grande retroportualità, di una potenziale intermodalità, compiendo corrette scelte progettuali ed organizzative, nell’ambito di una prospettiva a medio termine, può ben investire nel proprio futuro le risorse economiche pubbliche di cui dispone (in prospettiva sempre più scarse). Solo a queste condizioni si porranno le basi per un posizionamento strategico all’interno delle nuove filiere logistiche. In questo nuovo scenario economico il sistema “porto-retroporto” è uno dei modelli vincenti che la nuova logistica richiede. Il rapporto fra territorio e porto, in grado di far attecchire e sviluppare la logistica, che rappresenta un vero e proprio comparto industriale ad alto valore aggiunto ed occupazionale, non si basa sulla “semplice considerazione di avere un “retroporto” concepito alla stregua di un semplice allargamento del demanio portuale, dove posizionare uffici sanitari, dogane, operatori, configurandolo come una specie di allungamento del porto fine a se stesso. Occorre distinguere fra retroporto improduttivo ai fini dello sviluppo dell’industria della logistica come prima detto ed interporto o hub interportuale come si voglia dire, cioè una struttura considerata come un “nodo della catena logistica” costituita dal terminale intermodale ferroviario e dalla piattaforma logistica, in grado di risolvere il problema del trasporto terrestre in connessione al trasporto marittimo, avviando servizi ferroviari innovativi e competitivi. Ma la nostra Autorità portuale va in direzione diversa. Purtroppo questi concetti sono e sono stati estranei nel corso dei vari anni, ai vertici dell’Autorità Portuale brindisina, che hanno avuto la responsabilità di utilizzare le risorse finanziarie pubbliche per creare le giuste condizioni per lo sviluppo. A riprova di ciò, basta vedere i progetti dell’Autorità Portuale di Brindisi,

Brindisino, 55 anni, laureato in ingegneria meccanica. È presidente della società Interporto dell’area ionico salentina, che intende investire in città 12 milioni di euro (più 18 di finanziamenti pubblici) per la realizzazione di un interporto nell’area retrostante Costa Morena. Casilli vanta nel suo curriculum consulenze e incarichi con Regione Lombardia, Ferrovie Nord Milano, Cnr, Sea, Ministero trasporti.

portuale adiacente al porto. Lo Stato concentra le risorse pubbliche in aree particolari, situate all’imboccatura dei corridoi europei, dove già esiste un rilevante sistema infrastrutturale, ma mancante di strutture di collegamento tra le varie modalità di trasporto disponibili (mare, terra, aria). Si tratta di infrastrutture cerniera fra le reti, necessarie per rendere tutto il sistema intermodale e logistico. Questo è il caso di Brindisi e della sua area industriale adiacente al porto, che si trova all’imboccatura di due corridoi europei, il

che si ostina a proporre nel suo Piano Operativo Triennale 2009-2011 infarcito di tante opere inutili ai fini di uno sviluppo concreto del porto e della sua retroportualità, fra cui la realizzazione di un grande terminal container di 2-3 milioni di Teus (non è chiaro su quale analisi economico finanziaria è stata proposta questa infrastruttura e su quali basi siano stati calcolati i valori di traffico da catturare), senza oltretutto indicarne le fonti di finanziamento. Ma l’obiezione non è semplicemente sullo stile che ha contraddistinto la pianificazione nel settore dei trasporti dell’Autorità brindisina in questi anni, ma di merito. Se si avessero per ipotesi i finanziamenti pubblici per fare una simile infrastruttura, vorrebbe dire, per i ragionamenti prima fatti sui nuovi modelli di sviluppo del trasporto internazionale, realizzare un impianto portuale fuori mercato. Chi dovrebbe intervenire allora? Mi sento di lanciare un appello alla classe dirigente brindisina, politici, imprenditori, professionisti, sindacati e cittadini: lavoriamo tutti insieme per avviare un circuito virtuoso in grado di provocare nel territorio brindisino processi di sviluppo effettivi, avvalendosi di progetti validi che sono disponibili, per utilizzare al meglio le ultime risorse nazionali ed europee ancora a nostra disposizione. A questo proposito il Piano Nazionale della Logistica e il Pis allegato alla recente Legge di Stabilità, prevedono per Brindisi il ruolo di hub interportuale, in quanto il sito possiede una grande area retro-

Corridoio 8 e quello Greco cioè la nuova autostrada Egnatia di 680 km, che collegherà Igoumenitsa a Kipi Evrou fino alle porte di Istanbul, in metà tempo rispetto agli attuali tempi di percorrenza. Brindisi dispone di porto, aeroporto e vaste aree retro portuali, che vanno però collegate tra loro con particolari infrastrutture quali la piattaforme intermodale e i poli logistici con i rispettivi raccordi alle reti stradali e ferroviarie nazionali. L’insieme di queste opere: la piattaforma intermodale che realizzerà lo IAIS (la società dell’interporto) e i poli logistici con i rispettivi raccordi alle reti stradali e ferroviarie, compongono appunto l’Hub Interportuale, da realizzare nell’area retro portuale di Brindisi. Con queste opere l’Hub Interportuale di Brindisi diventa la porta di ingresso al Corridoio 8, così come auspicato dal Pis. A mio modesto avviso da qui occorre partire, con un programma di lavoro che si può attuare in quattro-cinque anni. Ma questo programma si potrà realizzare se il prossimo inquilino dell’Autorità Portuale sarà in grado di elaborare un Piano Operativo Triennale che contiene questi obiettivi e adeguare il piano regolatore portuale al ruolo effettivo che può giocare Brindisi nello scacchiere della logistica internazionale, se il futuro Presidente dell’Asi capirà che per lo sviluppo del proprio ente, occorre assumere una visione strategica nuova ed affrontarla con spirito manageriale, se gli enti locali controlleranno realmente le azioni e i risultati di Autorità ed Asi, avendo all’interno di queste strutture i loro rappresentanti istituzionali.

CHI È CASILLI


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GUIDO GIAMPIETRO storie nostre

DIFFERENZIAMOCI Perché, come diceva un grande saggio, “la Terra ha abbastanza per il bisogno di tutti, ma non per l’ingordigia di tutti”.

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a notizia è di quelle che fanno dire: sogno o son desto? Ma anche dopo il pizzicotto alla guancia l’articolo del giornale è sempre lì, con la classifica di Legambiente che, in fatto di raccolta differenziata, immortala Brindisi al primo posto tra le provincie pugliesi. Anche se poi i quotidiani economici il Sole 24 Ore e Italia Oggi ci precipitano, rispettivamente, all’86° e al 92° posto nella graduatoria (questa volta nazionale!) per quanto concerne la “qualità della vita”. Ma questa, come direbbe Kipling, è un’altra storia (che, però, faremmo bene ad approfondire). Dunque, per il momento, godiamoci questo primato; questo timido segnale positivo che assurge a dato significativo solo allorché dal capoluogo (transitato dal 19,3% del 2008 al 23,5% del 2009) si passa alla provincia (con Erchie che vola dall’1,4% al 48,6%!). E soprattutto non facciamo che un facile entusiasmo ci porti a fare narcisistici raffronti con altre realtà; come quella di Napoli, ancora alle prese con una tragica quotidianità, nonostante la sua monnezza stia diventando ora la nostra mundèzza. Operazione, questa, doverosa per degli ex sudditi perché, come profetizza con lungimiranza Nichi Vendola, «se crepa Napoli, crepa il Sud». Tralasciando le graduatorie viene però spontaneo chiedersi se la spazzatura ed il suo smaltimento rappresentino un’emergenza propria dell’età moderna o, piuttosto, di tutte le età. Ebbene, si può affermare che solo la quantità - figlia del consumismo - ha reso drammatico un problema che in realtà è sempre esistito da che mondo è mondo. Nell’Età della pietra, infatti, quando bisognava disfarsi della spazzatura si faceva ricorso a una sorta di raccolta indifferenziata creando delle discariche a cielo aperto nelle quali andavano a confluire, oltre ai rifiuti organici, i cocci del vasellame domestico, le ossa, i corni, le schegge di selce, ecc. Vale a dire tutto quel materiale

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che, millenni dopo, si è rivelato prezioso per far comprendere a paleontologi e antropologi la vita di quegli antichi progenitori. Immaginarsi che danno ne sarebbe derivato alla scienza se quei primitivi, anziché gettare fuori delle caverne o delle capanne le loro misere cose, le avessero bruciate. Ma anche nell’antica e raffinata Roma - la Roma delle spezie e degli unguenti profumati che, grazie al porto di Brindisi e alla via Appia, si facevano giungere dall’Oriente - non esisteva la raccolta differenziata e ognuno s’industriava di eliminare i rifiuti nel modo più semplice ed economico: gettandoli fuori dell’uscio o nel Tevere (che poi, nel momento delle piene, li restituiva insieme alle carogne degli animali). Scrive Giovenale che «se esci per le strade di notte ogni finestra che si apre è una minaccia di morte: tutto quel che puoi fare è augurarti che si limitino a gettare solo il loro vaso da notte». Dunque a Roma, a quei tempi, l’eliminazione dei rifiuti costituiva un problema molto serio che ricadeva nella

competenza degli edili e dei loro dipendenti incaricati viis purgandis, equivalenti agli odierni operatori ecologici o ai nostri cari mundizzàri d’un tempo. Naturalmente le cose non andavano per niente bene e l’olezzo che il ponentino romano diffondeva per i sette colli non era sopportato specie dai nobili patrizi, tanto da rendere necessaria un’apposita legge (la lex Iulia municipalis) del 45 a.C. in cui si regolamenta l’utilizzo dei carri stercoris exportandi causa, vale a dire i mezzi antesignani di quelli che oggigiorno utilizza la ditta Monteco srl per portare lo stercum, alias i rifiuti, fuori della città. Ma la pratica del “butto” è andata avanti anche nei secoli successivi registrando indici altissimi negli oscuri anni del Medioevo allorché la spazzatura veniva disinvoltamente gettata dai torrioni dei castelli o da quelli delle mura che cingevano città e villaggi. Un riferimento che ci riguarda da vicino lo si trova nell’Inventario dei Beni di Raimondo del BalzoOrsini del 1396 in cui si legge: «Nulla persona osa né deggia buttare rumato, né acqua sozza, né altra cosa lorda in le strade». Dunque, quella del “butto” è una sconsiderata pratica che è giunta fino a noi e di cui, proprio qualche giorno fa, ho avuto diretta percezione allorché, alla fine di via Cappuccini, da un’auto in corsa ho visto lanciare un sacchetto di spazzatura verso un cassonetto (chiuso) distante una decina di metri. Ovviamente, mancandolo! E questo episodio mi dà l’occasione per affermare che, con tutta la buona volontà dell’Amministrazione e della Ditta Monteco, la raccolta differenziata si pone soprattutto come una questione di cultura. Infatti, fintanto riterremo la nostra comodità privata più importante del futuro della comunità in cui viviamo non si farà molta strada. Un esempio? Una pubblicazione scientifica ha reso noto i risultati d’un esperimento in cui sono stati coinvolti alcuni topolini lasciati liberi nelle vicinanze d’un grosso sacco di grano. Alle bestioline non è parso vero trovare a disposizione tutto quel ben di Dio con cui avrebbero potuto campare allegramente per due o tre anni. E così, senza indugi, si sono trasferiti direttamente nel sacco nel quale hanno cominciato a mangiare ma anche a defecare. Mangiavano con ingordigia e defecavano alla grande. Solo che, dopo un po’, il più gracile dei topini ha cominciato a star male fino a morire. E, a poco a poco, la stessa sorte è toccata agli altri. Ma morti di cosa, visto che si trovavano in quella specie di Bengodi? Gli scienziati che hanno condotto l’esperimento hanno

«FINTANTO RITERREMO LA NOSTRA COMODITÁ PRIVATA PIÚ IMPORTANTE DEL FUTURO DELLA COMUNITÁ IN CUI VIVIAMO, NON SI FARÁ MOLTA STRADA»


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sentenziato che i topolini sono morti intossicati dai propri escrementi che, all’interno del sacco, erano fermentati producendo gas letali!

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uesta è la storia che, con i dovuti adattamenti, andrebbe raccontata a mo’ di fiaba ai nostri bambini (e non solo…). La morale è che, a causa dell’uso dissennato dei nostri scarti, rischiamo noi stessi di morire. Bisogna oramai entrare nell’ordine di idee che non si muore più per scarsa alimentazione (fatta eccezione per il Terzo mondo) ma per un eccesso di nutrimento e, di riflesso, di rifiuti (comprensivi di additivi, concimi e diserbanti). Ecco perché si deve ottimizzare il sistema della raccolta differenziata e ognuno deve fare la sua parte. Prima di tutto l’Amministrazione Comunale - qualunque essa sia (i rifiuti non sono né di destra né di sinistra!) - ha il dovere di eliminare il sommerso relativo alla Tarsu (ce n’è!) così da ridurre il costo del servizio (secondo l’Osservatorio dell’Associazione Cittadinanzattiva, nel 2009, Brindisi, con una spesa media annua di € 279 per nucleo famigliare è risultata, dopo Taranto, la città con la più alta Tarsu in Puglia). In secondo luogo la ditta Monteco deve incrementare (con spot televisivi, pubblicità murale e sulla stampa locale, inserimento di materiale divulgativo su Facebook, concorsi a premi per scuole elementari e medie, ecc.), l’informazione sulle modalità di smaltimento dei rifiuti. A seguire, gli architetti-ingegnericostruttori nostrani si cimentino nella progettazione di accorgimenti tecnici idonei a risolvere il problema della raccolta differenziata nei grossi condomini (inventandosi delle moderne scittalòre: cioè quelle che il Rohlfs indica come “smaltitoio, bottino, fogna, gettatoio ove si gettano i rifiuti” ed il nostro Ennio Masiello come “…foro generalmente situato nel cortile comune e collegato con la fogna, in cui si vuotavano i vasi da notte”). Ma, soprattutto, noi cittadini dobbiamo impegnarci seriamente. Un esempio su tutti dovrebbe rendere più chiaro questo concetto: attualmente, nel Veneto alluvionato, si sta facendo la raccolta differenziata dei detriti! Questo è il “senso civico” che si deve tirare fuori. Il Mahatma Gandhi diceva che “la Terra ha abbastanza per il bisogno di tutti, ma non per l’ingordigia di tutti” e dunque bisogna superare egoismo e qualunquismo specialmente da parte dei membri di una comunità che intende fare della cultura e del turismo il suo passaporto per l’Europa.

MA C’È QUALCHE PROBLEMA DA RISOLVERE La nostra Anna Rita Mellone esamina il servizio di raccolta differenziata partito in città e gestito dalla Monteco. E mette in risalto qualche pecca. E gli ostacoli cui andrà incontro chi ha una certa età, così come chi ha una casa piccola.

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repariamoci tutti ad avere in casa due bidoncini, uno di colore marrone ed uno di colore grigio, e pacchetti di buste gialle e bianche: è in arrivo la nuova raccolta differenziata! E, di questo kit, se ne raccomanda la massima cura! In pratica, per le strade non ci saranno più contenitori per i rifiuti, a parte quelli di colore azzurrino per vetri e metalli. Dovremmo tenerci tutta la mondezza in casa, per poi scendere in strada, nei pressi della propria abitazione, questi bidoncini che, per la precisione saranno destinati: quello di color marrone al rifiuto umido-organico (scarti di cibo), ed il ritiro è previsto nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì; mentre quello di colore grigio, destinato alla raccolta del rifiuto indifferenziato (es. pannolini e assorbenti, carta sporca, stoviglie di carta e plastica, tubetti di dentifricio ed altro) sarà ritirato solo il sabato! Anche se, per fortuna, si può chiamare un numero verde per ulteriori ritiri. Per la plastica saranno le buste gialle e per la carta quelle bianche che verranno ritirate rispettivamente il giovedì e il martedì. Ora, le domande sorgono spontanee: le persone anziane e sole come faranno a caricarsi questi bidoncini da scendere in strada solo e soltanto dalle ore 22.00 alle ore 6.00? Soprattutto coloro che non hanno ascensore? E chi ha una casa piccola… dove dovrà tenerseli? Per chi porta a spasso il proprio cane, e rispetta quel dovere civico di raccoglierne gli escrementi, dove dovrà buttarli? Forse tra i vetri e i metalli? O dovrà portarsi a casa anche quello? E soprattutto, non è prevista una raccolta degli olii di frittura. La cosa più inquinante di tutti i nostri scarti. Se vogliamo essere un paese civile… per favore facciano in modo che possiamo esserlo fino in fondo, perché noi cittadini la tassa sui rifiuti la paghiamo! Ed anche salata! Anna Rita Mellone

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DISCUSSIONI

SE LA CULTURA DÁ DA MANGIARE Davvero, come ha detto Tremonti (e come sostengono molti brindisini) “con la Cultura non si mangia”? Le cose non stanno proprio così. Perché in molte realtà italiane mostre e teatri, eventi e concerti hanno creato business enormi. A vantaggio di tutti.

STORIE DI CITTÁ di Iole La Rosa

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uanto vale la cultura a Brindisi? Qualche settimana fa, sull’Espresso è apparso un articolo dal titolo “Dante vale una fortuna”. La giornalista ha superato, molto abilmente, la polemica accesa dalle parole del ministro Tremonti (“La cultura non si mangia”), esternate in occasione dell’approvazione della finanziaria, per pubblicare dati ed esperienze tangibili che provano quanto la cultura possa valere. Informazioni straordinarie che dimostrano che la cultura è legata allo sviluppo economico del Paese e può rappresentare, contemporaneamente, patrimonio e reddito. Alcuni dati? Il 9,3 per cento del Pil italiano è dato da attività ricollegabili alla cultura; la cultura dà lavoro a quasi tre milioni di persone; gli investimenti nel settore sono tra i più remunerativi; numerosi gli eventi culturali divenuti fenomeni dal successo economico travolgente, giungendo a rendere sette o dieci volte la spesa. Alcuni esempi concreti: Umbria Jazz (i 706,3 mila euro versati per l’ultima edizione hanno attivato un prodotto lordo di oltre 2 milioni 270 mila euro, con risvolti entusiasmanti per la città, per gli albergatori, ristoratori e negozianti, grandi sostenitori della manifestazione), “Die Walkure” (ha incassato 2,3 milioni di euro nella prima serata, arrivando ad incassarne quasi 4 milioni con le repliche, ben più delle spese. A ciò si aggiungono gli introiti riguardanti l’indotto: negozi di moda, noleggi di vestiti, trucco, cappelli, scarpe, accessori, pochette. L’impatto

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economico è oltre il doppio rispetto ad una rappresentazione normale), Parco della Musica di Roma (ha il record europeo per spettacoli, spettatori e autofinanziamento. I ricavi sono sconvolgenti: 30 milioni di euro, di questi oltre quattro milioni sono il ricavato dei biglietti, che tende ad aumentare di anno in anno. Senza considerare tutto l’indotto che gravita attorno agli spettacoli), Festival della Taranta (con i suoi 100mila spettatori, costato circa 850 mila euro, ha prodotto 3 milioni 300 mila euro). L’articolo dell’Espresso ci ha incuriositi, e allora abbiamo deciso di vedere cosa accade a Brindisi, visto che l’Amministrazione comunale a guida Mennitti da sempre punta molto sulla cultura, ma una fetta di città ha sempre rinfacciato al sindaco che “la cultura non dà da mangiare”. non potevamo che partire da lui, dal primo cittadino. Che ovviamente non la pensa come Tremonti. «Due sono i presupposti che collegano cultura ed economia. Il presupposto di base è che senza cultura la città non può accedere alla produzione di economia. Quando c’è ignoranza ci si esprime male, dunque i messaggi non giungono e neanche gli input, così com’è importante che chi ascolta sia in grado di cogliere il senso di ciò che sente. Lo sviluppo di un territorio presuppone la cultura: bisogna comprendere, conoscere per poter intervenire. Non vi è possibilità d’intervento senza le opportune capacità e abilità». «Il secondo importantissimo presupposto - continua Mennitti - è che le iniziative culturali sviluppano economia a vari livelli, partendo dai più alti, che riguardano l’organizzazione, la gestione, le alte specializzazioni, si giunge via via ad attività più semplici ma sempre fondamentali e redditizie, che si generano

attorno al singolo evento». Quanto alla contestazione di pensare solo all’èlite brindisina, il sindaco non si tira indietro: «Sono contestazioni assolutamente infondate. Basta considerare che la cosiddetta èlite sa come alimentare la propria sete di cultura recandosi a Bari, a Roma ed in altre città d’Italia, andando autonomamente e con proprie risorse a ricercare e trovare appuntamenti artistici di livello e di spessore. Il nostro obiettivo è che la cultura sia diffusa, che sia patrimonio di tutti, che diventi parte integrante di tutta la popolazione e che da essa possa essere ampiamente condivisa. È questo il motivo per il quale le mostre ospitate a Brindisi sono sempre state gratuite, così come le visite guidate presso musei e aree storiche ed archeologiche della città e le rappresentazioni teatrali proposte a prezzi estremamente popolari. Abbiamo puntato sull’attività teatrale creando una Fondazione, che si occupa della gestione delle attività svolte presso il Nuovo Teatro Verdi e offre alla città una ricca stagione teatrale. Abbiamo creduto e crediamo nell’università, in ciò che essa rappresenta per il presente di tanti giovani brindisini e per il futuro della città. In questi anni abbiamo voluto avvicinare il cittadino alla cultura, desiderando che lo stesso avvertisse la necessità di partecipare ad una mostra e si sentisse orgoglioso che la sua città l’avesse ospitata». Ma la cultura gratuita può veramente

A sinistra Cosimo e Gianluca Alba. Qui sopra lo staff dell’agenzia: accanto ai due titolari ci sono Alessia (a sinistra) e Azzurra (a destra).

aumentare la “domanda culturale”? «Le prime mostre vedevano una partecipazione di pubblico esigua, pian piano il movimento attorno agli eventi culturali è cresciuto. Le mostre sono poi spesso ospitate nei palazzi storici della città, diventano pertanto occasione di visita ed esplorazione di splendidi siti, prima quasi sconosciuti. La nostra politica in tema di cultura è volta a soddisfare la richiesta di “vita culturale” in città e ad educare il cittadino alla domanda di cultura, a pretenderla e difenderla senza


da tutta Italia ed anche dall’estero. Abbiamo esempi molto vicini a noi: il “Festival della Valle D’Itria”, 36 anni fa, ha fatto da apripista ad una Regione, all’epoca, ignorata dal turismo. “La notte della Taranta”, con i suoi 100mila spettatori, ha prodotto 3 milioni 300.000 euro. Le itineranti “Spiagge d’autore”, la Film Commission, da ultimo Puglia Sounds stanno ben funzionando. In questo sistema integrato di distretto culturale regionale, ci sono degli spazi per la città di Brindisi? «Brindisi ha aderito a tutte le iniziative culturali promosse dalla Regione ma non sempre ha avuto i riscontri sperati, compresa l’adesione alla Film Commission che vede una gestione riservata soprattutto a Bari e a Lecce. A proposito della Puglia Sounds, invece, Brindisi ospiterà tre interessanti iniziative». Ma quali possono essere i presupposti di redditività della cultura brindisina? «Da tempo abbiamo puntato sulla risorsa storica di Brindisi: il suo porto, con il progetto “Brindisi Città d’Acqua”. Vogliamo rilanciare il turismo crocieristico e pian piano s’iniziano a registrare i primi risultati positivi. Integrare la città al suo porto è il nostro obiettivo, amalgamarla alla sua più importante e storica risorsa, permettere alla società d’impadronirsi del suo elemento caratterizzante. È un progetto ambizioso però, e come tale richiede tempo e costanza. Penso anche all’organizzazione di una importante manifestazione letteraria legata al mare, che rievochi le sensazioni e le emozioni che uomini e donne riescono a trarre da esso». In conclusione, a Brindisi cultura ed economia, possono ambire a formare

tregua». L’economia si sviluppa anche grazie al ricavato dei biglietti d’ingresso a mostre, esposizioni e quant’altro. Come fa l’amministrazione a sopperire a questa carenza di entrate? «Ovviamente la cultura non potrà rimanere gratuita in eterno. Superata questa fase si procederà ad un adeguato aggiornamento di prezzi e tariffe che possano portare introiti quanto meno sufficienti a coprire le spese minime. I costi rimarranno, comunque, popolari, abbordabili da tutti, tenendo sempre presente che il nostro è un territorio non particolarmente florido e che le famiglie non hanno grandi disponibilità economiche». Ma affinché la cultura sia coniugata all’economia, occorreranno delle strategie più imprenditoriali che sociali, che possano permettere di attirare pubblico

un binomio perfetto? Il sindaco non ha dubbi: «Oggi ciò non avviene, ma le potenzialità Brindisi le ha tutte, così come ha ormai basi culturali ed economiche solide e sicure. Abbiamo un Comune sano, che rispetta ogni anno i patti di stabilità, all’avanguardia tra i Comuni italiani. Il percorso più importante è stato compiuto, adesso occorre acquisire idee valide, valutarle, coinvolgere l’intera città, sia la parte sociale che quella economica ed insieme contribuire a realizzare grandi progetti”.

CHI CI GUADAGNA?

Dal bar allo scenografo Chi ci guadagna con la cultura? Davvero mostre e teatro non danno da mangiare. Beh, le cose non stanno proprio così. Escludendo i dipendenti comunali del settore, bisogna considerare che la Fondazione Nuovo Teatro Verdi ha dato l’opportunità di lavoro a 12 unità lavorative, tra quelle assunte a tempo indeterminato ed impiegate a progetto, con collaborazioni esterne o a chiamata. “L’attività teatrale - dice la dirigente Daniela Angelini - sviluppa un interessante ritorno economico indotto sul territorio, che però potrebbe essere di maggiore portata con l’adeguamento delle attività di ristorazione nei giorni delle rappresentazioni teatrali e agli orari di chiusura o d’apertura degli spettacoli. Capita infatti che termine degli appuntamenti culturali, ad esempio, molti ristoranti e bar sono chiusi!”. Ma a guadagnare non sono esclusivamente bar e ristoranti. Ci sono gli hotel, che ospitano gli artisti; ovviamente gli organizzatori delle mostre. E poi chi si prende cura della pubblicità, chi ospita le stesse inserzioni pubblicitarie (tv e giornali locali). L’elenco insomma non è breve, ma potrebbe sicuramente allungarsi. Anche perché per il 2011 ed il 2012, l’architetto Maurizio Marinazzo (dirigente del settore Beni Monumentali e curatore delle mostre che si svolgono a Palazza Granafei Nervegna e nelle altre sedi culturali del Comune) ha programmato rassegne importanti. A febbraio la città ospiterà la mostra della Fondazione Giacomo Manzù; a giugno saranno esposte le splendide foto dei fratelli Alinari ( Fondazione Alinari, Firenze); a novembre potremo ammirare i capolavori forniti dalla Fondazione Giorgio De Chirico. Per il 2012 Brindisi è in programma un’importante mostra di Renato Guttuso, che giungerà a Brindisi dopo l’esposizione al Vittoriano. L’architetto Marinazzo tiene a sottolineare anche un altro traguardo raggiunto recentemente dall’amministrazione: la stesura di un regolamento per l’uso di locali di rilievo storico-architettonico ed artistico, che prevede gli eventi che le strutture potranno ospitare, e disciplina le iniziative e le attività culturali. (I.L.R.)

DUE IDEE

Il vecchio treno, il nostro vino Tanti anni fa un brindisino brillante che si definiva un sognatore lanciò un’idea che oggi potrebbe rappresentare la giusta conclusione di questa breve inchiesta che vuole essere costruttiva e propositiva. L’idea necessitava di sponsor che potessero credere nell’iniziativa culturale e, forse per tale motivo, non si è mai realizzata. Il progetto riproponeva il viaggio de “La Valigia delle Indie”. Immaginate l’Orient Express, lo storico treno dallo stile prettamente inglese che, partendo da Londra, ricalca gli antichi percorsi ferroviari e giunge a Brindisi, permettendo agli ospiti di imbarcare su una nave da crociera, alla volta dell’India. Il viaggio potrebbe essere arricchito inserendo un’importante manifestazione letteraria “I saggi della letteratura del mare”, che possa accrescere la valenza culturale dell’evento. La seconda idea si riferisce alla “cultura del vino”. Come si evince dal saggio “La cultura come valore aggiunto nell’economia post-industriale”, scritto da Giuseppe Marchionna (ex sindaco, attuale direttore di Confcommercio Brindisi), «quando la cultura diviene agente sinergico in grado di fornire ai diversi settori del sistema contenuti, strumenti, pratiche creative, valore aggiunto, può andare anche oltre i musei, i teatri o i parchi e riguardare l’ambiente, la gastronomia, l’accoglienza; ecco che diviene cultura il turismo oppure una produzione enologica ed il suo mercato». Marchionna pensa alla «Cultura data dal capitale umano del vinificatore competente ed entusiasta che si rispecchia nel capitale umano accumulato dal consumatore esperto che dà valore al lavoro ed alle scelte del primo... È questo il modello a cui bisogna guardare quando si pensa allo sviluppo di un territorio utilizzando il nuovo fattore produttivo che è la cultura». È da tale considerazione che deriva la nostra idea, che potrebbe mettere in risalto un ulteriore elemento caratterizzante la città di Brindisi e tutto il suo territorio “Le vie del vino pugliese”. Ricordando un bel film americano “Sideways”, la cui trama è inserita in un affascinante contesto scenografico che ripropone la campagna californiana, le sue viti, il sole, “le strade del vino californiano”, si potrebbe proporre il percorso itinerante enologico dei pregiatissimi vini pugliesi, partendo da Brindisi ed esplorando la sua campagna, le aziende vinicole, che hanno fatto della cultura la propria strategia di vinificatori, produttori e distributori, le masserie pugliesi che sono cultura, vere opere d’arte, immerse in splendidi contesti arricchiti da distese verdeggianti, colline, ulivi secolari e viti. Chissà, potrebbe essere una idea per arricchire il programma del prossimo Negroamaro Wine Festival. (I.L.R.)

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SATIRA

SPAM DIVINO

TELE

VISIONI

L

e apparizioni della Madonna in città continuano, con appuntamenti fissi, manco fosse il palinsesto di Sky. Poiché però i brindisini non sembrano prestare molta attenzione all’argomento, la Vergine inizia a mostrare comprensibili segnali di irritazione e diventa logorroica. I suoi ultimi messaggi, infatti, sono lunghi come gli editoriali di Scalfari su Repubblica, e dunque in pochi riescono ad arrivare alla fine. Ma forse è meglio così, perché il testo si presenta ricco di errori grammaticali e frasi che sembrano pronunciate da uno straniero che con l’italiano non se la cava proprio benissimo. Qualcuno avanza l’ipotesi che la Madonna non sia di Brindisi, ma provenga dall’Albania o dal Montenegro. «Forse è arrivata tra noi con una delle prime navi giunte in città nel 2001, ed in tal caso dovremmo festeggiare il decennale di quell’evento in maniera adeguata», dice uno delle centinaia di fedeli che settimanalmente fanno visita ai luoghi delle apparizioni (ricordiamo che ce ne sono diversi, disseminati ormai in tutta la città). Intanto le analisi effettuate sulle lacrime fuoriuscite dagli occhi della statuetta hanno confermato che si tratta di olio, e poiché provengono dal volto della Madonna, è chiaro che si tratta di olio extra Vergine. A questo punto è ovvio (a meno che anche voi non siete tra quanti “con l’ateismo più sconsiderato, negano ogni apparizione e così fanno il gioco del demonio che vi ha accecati”) che la Madonna abbia voluto inviare un segnale chiarissimo ai brindisini: le lacrime di olio erano una manifestazione di approvazione per l’iniziativa di Massimo Ferrarese. La dieta mediterranea ha i suoi santi in paradiso. E anche una Madonna. Sempre a proposito di Ferrarese, sembra che la curva del PalaPentassuglia abbia ufficialmente avanzato richiesta a monsignor Talucci di chiedere a papa Benedetto XVI di procedere alla beatificazione di Massimo Ferrarese, anche se quest’ultimo non sembra affatto intenzionato a fare le valigie (tranne quelle per Roma). Fatte le dovute ricerche, abbiamo avuto conferma della notizia da una fonte che vuole restare anonima (l’abbonato del settore ACD numero 67988). Ecco allora, come sempre in esclusiva, il documento scritto da questi bravi figlioli: «Sua Eccellenza, le vorremmo fare notare che ormai il nostro Patròn (sempre sia lodato) continua a fare miracoli senza mai nulla chiedere in cambio. Domenica 2 gennaio, al termine della partita contro Pesaro, vinta per intercessione divina e per cessione di Perdichizzi, il direttore generale Antonello Corso è stato colto da malore e si è accasciato. Poteva cadere e battere la nuca sul pavimento. Poteva finire nelle mani degli ultras irriconoscenti che - dovendo sempre rompere i coglioni a qualcuno - gli rinfacciano gli errori della campagna acquisti, e Dio solo sà cosa gli avrebbero fatto. Sarebbe potuto finire tra le braccia di Antonio Corlianò, che magari gli avrebbe fatto la respirazione bocca a bocca (il ché non avrebbe sicuramente rappresentato una gran

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Madolio

l’unico, inimitabile extra Vergine

ABBIAMO TROVATO QUESTA PUBBLICITÁ SU EBAY: SPERIAMO SI SIA TRATTATO SOLO DI UNO STUPIDO SCHERZO. INTANTO GLI ULTRÁ DEL BASKET CHIEDONO A MONSIGNOR TALUCCI: «FERRARESE SANTO SUBITO!»

bella cosa per i presenti, ce ne rendiamo conto). E invece accanto ad Antonello c’era lui, il Patròn (sempre sia lodato). SuperMax ha sorretto Antonello e gli ha prestato i primi soccorsi, salvandolo da morte certa, o quantomeno da inevitabile rottura della mandibola. E questo salvataggio è avvenuto solo con l’imposizione delle mani. I giornalisti presenti hanno subito gridato al miracolo. La mano di Dio, diciamo noi. Quelli di Studio 100, che per certe cose sono davvero insuperabili, giurano di avere delle immagini esclusive in cui appare evidentissima un’aureola sulla testa del Patròn (sempre, sempre, sempre sia lodato). Ecco, magari esagerano un po’, in fondo sappiamo che i giornalisti sparano un sacco di cazzate, però la preghiamo di prendere in esame l’ipotesi di una beatificazione anticipata del Nostro. Con profonda stima e gratitudine». Ed ora la parola passa a Talucci. Chissà se nel prossimo numero riusciremo a pubblicare la risposta dell’arcivescovo al Patròn (sempre sia lodato!). Oh, scusate, quest’ultimo era soltanto un refuso.


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I LOCALI DI TB

Ristoranti

t Hara Un locale originale e coraggioso, che sta riscuotendo ottimi consensi. Potete scegliere i piatti del giorno, oppure prediligere (e ve lo consigliamo) i menù degustazione: Hara (carne, pesce e verdure), Fresco (solo pesce), Gusto (carne), Verde (vegetariano), Leggero (per chi tiene alla forma fisica). Il Sushi e il Sashimi sono degni di un ristorante giapponese. Il locale è anche wine-bar e sala da thé. Via G. Bruno 26/28, tel. 0831520064. Chiuso la domenica sera e il lunedì. L’Araba Fenice u Da anni uno dei ristoranti brindisini più apprezzati. Ambiente elegante, cantina sontuosa che dà il giusto spazio ai vini del territorio, cucina di qualità a prezzi accessibili. Servizio puntuale e discreto. D’obbligo partire con l’antipasto della casa. Come primo vi consigliamo gli gnocchetti con gamberi e melanzane. Insuperabili i gamberoni rossi di Gallipoli al sale. Pesce sempre fresco. Dolci da applauso. Corso Roma 31, tel. 0831590009. Chiuso il lunedì.

t Iaccato La storia della cucina marinara brindisina. Da decenni questo locale è la meta prediletta di quanti amano mangiare pesce fresco. Nel locale della famiglia Romanelli potrete assaggiare, tra le altre cose, degli incredibili tagliolini all’aragostella. Ma se proprio volete vivere un’esperienza gastronomica indimenticabile, allora ordinate la zuppa di pesce della casa: senza paragoni. Pizze anche a pranzo. Piaz.le Lenio Flacco, tel. 0831524084. Chiuso il mercoledì. La locanda del porto u Ambiente classico e piacevole. Cucina tradizionale. Si apre con l’antipasto della casa (10 piatti tipici). Tra i primi, da non perdere i paccheri alla rana pescatrice con ricottina piccante (oppure gli agnolotti ai crostacei con ricciola). Per secondo carne arrosto (c’è anche la fiorentina) oppure l’ottimo tonno scottato con salsa di basilico e parmigiano. Dal lunedì al venerdì si serve la pizza anche a pranzo. Via Montenegro 20, tel. 0831568181. Chiuso il martedì. t Locanda ti li Spilusi Il ristorante-pizzeria che soddisfa ogni “spilo”, ideato da Fabrizio e Gianfranco. Vecchie e nuove pietanze della cucina tradizionale pugliese ed italiana, in un ambiente rustico immerso nel verde. Da provare i troccoli ai granchi e la “taiedda” di riso patate e cozze, “bracioli e purpetti”, ed ovviamente la grigliata mista di carne o pesce. Antipasti numerosi e gradevolissimi. Contrada Restinco 4, tel. 0831555481, 3280898063. Chiuso a pranzo.

t Buena Vista Cucina completamente rinnovata per questo locale accogliente e caldo situato ai piedi della Colonna Romana. All’ottima selezione di salumi, formaggi e carni, si aggiungono ora i piatti della tradizione marinara. Ottimi il tonno alla griglia con zucchine gratinate, la seppia alla catalana, l’insalata russa con il dentice, gli gnocchetti ai frutti di mare. Azzardate, ma squisite, le orecchiette al nero di seppia con le cozze. Via Colonne 57/59, tel. 08311720488. Chiuso il mercoledì. Penny u L’arte del buon bere, della cucina e della cordialità. Il Penny è uno dei ristoranti più belli e romantici della città, situato in un palazzotto del 1200 affacciato sul porto. La cucina è raffinata e privilegia i piatti a base di pesce fresco, come i tagliolini allo scorfano. L’antipasto propone quattro portate in un unico piatto dal design ricercato. Il Penny è anche enoteca (e che assortimento!) e cioccolateria. Via San Francesco 5, tel. 0831563013. Chiuso il lunedì. 20

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Skipper/Betty u La cucina di uno dei locali storici del centro, abbinata alla location del bar più popolare. Ne esce un mix di buona cucina marinara, posti a sedere in piazzetta oppure nel romantico cortile interno. Ottimi i tagliolini ai frutti di mare, ma anche le pappardelle ai porcini con le vongole. Abbondante la grigliata di pesce, buone le pizze. Per dolce, cosa c’è di meglio del gelato del Bar Betty? Viale Regina Margherita 6, tel. 0831563465. Chiuso il mercoledì.


TEMPO LIBERO

LA DOLCE VITA

Ristoranti, vini, locali, sapori

PALAZZO VIRGILIO

In queste foto il nuovo Majestic, ribattezzato Palazzo Virgilio. Sotto Antonio Argentieri, presidente del gruppo Chez Vous, proprietario della struttura alberghiera

UN BOUTIQUE HOTEL NEL CUORE DELLA CITTÁ IL VECCHIO MAJESTIC SI È RIFATTO IL LOOK. TUTTO ALL’INSEGNA DEL BIANCO E DELLA MODERNA ELEGANZA

È

stato inaugurato lo scorso 5 gennaio, con inizio alle ore 19.30, il nuovo e ristrutturato Palazzo Virgilio Hotel Brindisi, ex Hotel Majestic.

Il nuovo hotel a quattro stelle, nato grazie all’investimento del Gruppo Chez Vous (presieduto da Antonio Argentieri, in foto) , è situato a soli 5 minuti a piedi

dall’incantevole centro storico di Brindisi, a due passi dalla stazione ferroviaria e dal porto. Un posto ideale per un soggiorno riposante tra storia e tradizione, sia per chi è in viaggio per affari oppure per turismo. All’inaugurazione non poteva mancare la città. Gli organizzatori infatti hanno pensato di dedicare il giorno dell’Epifania ai brindisini lasciando le porte aperte a chi vorrà visitare la struttura finemente restaurata e ripensata secondo le nuove esigenze dei clienti. I visitatori non appena entrati vengono immersi nel candore della hall, per poi passare al comfort delle camere, spaziose e organizzate secondo i nuovi concetti dell’accoglienza. L’hotel, grazie alla sua posizione, rappresenta un ideale punto di partenza per scoprire il favoloso patrimonio artistico di Brindisi e girovagare per le vicine città pugliesi caratterizzate da splendori artistici, paesaggi meravigliosi e spiagge incontaminate. Nel Ristorante Virgilio, la cucina esprime al meglio le eccellenze del territorio. Palazzo Virgilio dispone di 3 sale meeting accoglienti e perfettamente isolate, spazi moderni e attrezzature tecnologiche d’avanguardia in sinergia con servizi di alto livello su misura per qualsiasi esigenza. Oltre che a 66 camere, tutte pensate ad accogliere clienti esigenti e desiderosi di relax.

«Registriamo una grandissima attesa e aspettativa per il nuovo Hotel Brindisi. La partenza è stata assolutamente difficile, in salita - racconta Argentieri - come del resto sono tutte le nostre sfide. Abbiamo ristrutturato completamente il vecchio albergo, riformato la squadra dei collaboratori e impostato una nuova strategia aziendale su logiche qualitative tipiche e proprie del gruppo Chez Vous. Un grande investimento che si è sviluppato attraverso i lavori di ristrutturazione durati un intero anno. Ma siamo sicuri che i nostri sacrifici saranno ripagati dall’attenzione che tutti i brindisini presteranno ad un importante investimento come quello che abbiamo completato». L’impresa è stata possibile grazie alla caparbietà del Gruppo Chez Vous che da oltre 30 anni è impegnato nel settore del banqueting e dell’ospitalità di alta gamma. Palazzo Virgilio Hotel Brindisi segna un nuovo obiettivo del gruppo. Ma a quanto pare gli investimenti non sono finiti. Da qualche tempo, infatti, la società Villaggio Moreno srl (proprietaria di Palazzo Virgilio) si è trasformata in società per azioni con il primario obiettivo di allargare la compagine societaria a nuovi investitori. Un’occasione anche per gli imprenditori locali di partecipare ad uno dei gruppi più intraprendenti del nostro territorio. WWW.FABIOMOLLICA.COM TB

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TEMPO LIBERO

LA DOLCE VITA VINI

IL SELVAROSSA TRA I TOP 100 Gentleman, il magazine del gruppo MIlanoFInanza, inserisce il Salice Salentino di Cantine Due Palme tra i migliori rossi d’Italia

È

stata la prestigiosa classifica di Gentleman, magazine di Milano-Finanza, a far assurgere Cantine Due Palme al gotha della vitivinicoltura pugliese d’eccellenza, facendola rientrare nella superclassifica 2011 con il Salice Salentino Selvarossa Riserva 2007. La valutazione nasce dall’incrocio dei punteggi delle più importanti guide italiane, arricchite dalle considerazioni di Robert Parker e del magazine Wine Spectator. “La nostra passione per il vino - commenta il presidente di Cantine Due Palme, Angelo Maci - nasce da molto lontano, affonda le radici nella cultura vitivinicola e nell’amore della terra ereditata dai nonni e dai nonni dei nonni. Una passione, la nostra, trasformata in cooperazione, lavoro quotidiano dai vigneti alla tavola, per garantire la qualità del prodotto lavorato con la sapienza di sempre unita alle più moderne tecnologie agricole”. L’ennessimo importante riconoscimento nasce, dunque, dai premi assegnati precedentemente dalle guide di Gambero Rosso, L’Espresso, Veronelli, Maroni. “Nella Top 100 dei vini rossi migliori - aggiunge il Presidente Maci sono solo quattro i vini pugliesi presenti. Ciò deve portare l’intero sistema enologico pugliese a fare ancora di più per sfondare a livello nazionale ed internazionale. In questi anni si sta registrando un interesse sempre più forte da parte degli operatori esteri per i vini della Puglia che stanno assumendo sempre più una forte connotazione, strettamente legata al territorio e alle sue caratteristiche organolettiche. I dati parlano chiaro: la Puglia ha aumentato le esportazioni di prodotti agroalimentari del 38% e il comparto enologico concorre a tale risultato per il 22%. I marcatori identitari conferiscono, inoltre, assoluta unicità e tipicità. Siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti; certamente la strada da percorrere è in salita, ma le premesse fanno sperare che si debba continuare a percorrere la strada della qualità, attraverso un lavoro sinergico che compiono quotidianamente. I premi

sono un eccellente bigliettino da visita che consente di presentarci sui mercati nazionali ed internazionali con una immagine prestigiosa fatta soprattutto di un duro lavoro di promozione e salvaguardia del territorio, della storia e della tradizione vitivinicola pugliese”. Altro successo riscosso nelle scorse ore: il Selvarossa Salice Salentino Riserva Rosso DOP 2007 è rientrato a pieno titolo tra i 25 vini eccellenti della Guida dei Vini di Puglia de ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’.

SEX IN BRINDISI CITY

Un altro amore svanito. Resetta e re-start.

Ho conosciuto un ragazzo qualche mese fa, interessante diciamo, l’avevo notato un giorno in palestra ed avevo detto alla mia amica Iolanda: «Carino quello». Dopo qualche giorno, come ormai si usa fare in questi tempi moderni, mi chiese l’amicizia su facebook e iniziammo a conoscerci meglio. So benissimo di non essere una donna molto semplice ma lui aveva dei modi al quanto particolari, nel senso che per essere un uomo, aveva degli atteggiamenti molto ma molto delicati ed una sensibilità abbastanza profonda. La cosa non mi dispiaceva perché sono un’amante delle buone maniere e del romanticismo ma, c’è sempre un ma. Mi ha portato a cena, siamo stati fuori anche con i miei amici ed una sera, quando lui senza dirmi niente mi presenta ad un gruppo molto ristretto di suoi amici, piazzandomi in una tavolata di persone che non conoscevo e dove la novità in questione ero io, mi sentii alle strette! In quella serata ero ufficialmente la sua ragazza! Ero confusa e a disagio, io d’altronde con lui non c’ero stata nemmeno a letto e per una single come me, che da più di 6 anni non ha un fidanzamento ufficiale, non è tanto semplice affrontare la cosa. I miei amici continuavano a dirmi che lui era completamente diverso da me, che eravamo completamente opposti e dovevo lasciar perdere. Avevano ragione loro, oppure come dice Angelica se ci fosse stato il “Dottore” al suo posto, il fatto di sentirmi la sua ragazza mi avrebbe fatto solo piacere? Le sue attenzioni comunque mi piacevano e credetemi mi stavo sforzando di intraprendere una vera storia, nonostante non mi piacesse come baciava. Non volevo fare l’esagerata che sindacava anche sul fatto di come dovesse baciarmi (perché il primo giorno che lo fece gli dissi che avrebbe potuto fare di meglio) ma col passare dei giorni anche i baci si perfezionavano ed è per questo che ci credevo, magari insieme le cose potevano migliorare. Secondo me lui negli ultimi periodi si sforzava di farsi piacere, nel senso che i suoi modi ed i suoi atteggiamenti così sempre nelle linee risultavano essere un pò pesanti per me. Si, va bene gentilezza e cordialità, ma ho bisogno dell’uomo che faccia anche l’uomo, so di essere irruente e scalpitante e sembrerebbe difficile rincorrermi o meglio ancora sopraffarmi, ma se non ci riesci non riesco ad avere degli stimoli per continuare. Ora qualcuno potrebbe dire, queste donne non sanno più cosa vogliono! Ma il bello deve ancora venire, una sera mentre mi baciava e c’erano tutti i presupposti per andare a letto, gli confesso di avere un problema, non riuscivo a stimolarmi ed avere sensazioni mentre lo baciavo (sarà stato per il fatto di sentirmi una fidanzata, o perchè non riuscivo ad eccitarmi con i suoi baci). Scatta la catastrofe! Lui, invece di capirmi e di provocare in me delle sensazioni per non mandare tutto al diavolo, decide di allontanarsi. Avevo ferito il suo animo profondo? Questo non lo so, ma sta di fatto che è stato un coglione per aver gettato la spugna! Comunque come Lady Violet usa fare di solito con il primo dell’anno: resettare e ricominciare, eliminando i rami secchi! Buona Fortuna ed in bocca a lupo per un 2011 emozionante!

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di Lady Violet


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STEFANO vampiri LA MONICA di mattina

SE TUTTI FOSSERO COME ME...

I

n un intervista di qualche anno fa, Daniele Parente (amatissimo play dell’Enel Brindisi) rispose così ad una mia domanda: “Se tutti fossero come me…”. Non ricordo quale sapore volesse far intendere, a me e ai lettori di quell’intervista su carta stampata, nei 3 puntini di quella sospensione. Considerando la persona positiva che Daniele indiscutibilmente è, chiunque potrebbe garantire che quel piccolissimo falso mistero sapeva di buono. E ora voglio raccontare che gusto mi ha lasciato sulla lingua, quale ispirazione… Se tutti fossero come me… i Direttori dei giornali sarebbero indulgenti con i collaboratori cui spettano 1150 parole e invece si dilungano fino a 1778. Se tutti fossero come me… non esisterebbero fabbriche di vestiti e di cravatte, fallirebbero i calzaturifici borghesi e chiuderebbe ogni negozio di accessori per l’abbigliamento. Forse si salverebbero solo quelli fanno sciarpe e guanti, ma la loro vita commerciale sarebbe dura. Al pari di quella dei gioiellieri, che venderebbero ad ogni essere umano solo una manciata di orecchini in 18 anni. Affari d’oro invece per chi fa scarpe e tute per lo sport, per quelli che fanno da mangiare come si deve, per chi produce la Nutella e chi la mortadella buona. Le donne continuerebbero ad essere colpite con forza… ma solo con i fiori, le poesie e le canzoni, qualche libro e pensieri messi sulla carta per non dimenticarsene; nelle orecchie e sulle loro guance solo dolci schiaffi con massime e aforismi smielati… al punto che la sdolcinatezza e la logorrea sarebbero virtù. Se tutti fossero come me… il mondo non avrebbe il dono della sintesi, ma nemmeno l’orribile regalo del cinismo e di tutte le altre cose che gli sono affini come gemelli non propriamente identici: l’ipocrisia, la falsità, il rancore e il pessimismo ficcato a forza in ogni cosa. I Peccati Capitali sarebbero soltanto quattro; ma con gli uomini dotati di una sola anima, della superbia, dell’ira, dell’invidia e dell’avarizia non ci sarebbe traccia in nessun angolo della Terra. Mentre la gola, l’accidia e la lussuria verrebbero visti per ciò che effettivamente sono: meravigliosi pregi. Se tutti fossero come me… mai nessun autogrill subirebbe un furto. Almeno dal 1997 in poi… Se tutti fossero come me… non un giornale

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potrebbe raccontare di un uomo di potere che ruba i soldi della collettività. Ma questo, solo di recente. Forse solo dall’anno che è terminato da una decina di giorni. Se tutti fossero come me… molti mestieri nemmeno esisterebbero: non barbieri né estetiste, psicologi e fabbricanti di liquori, e neanche venditori di mangimi per gli animali costretti nelle gabbie. Forse venderebbero soltanto qualche guinzaglio e cibo per gatti e cani. Ma l’accidia di cui sopra mi fa pensare che si finirebbe a lasciar cadere dal piatto qualche avanzo. Non esisterebbero gli zoo, nemmeno quelli piccoli che uomini stupidi si fanno con quattro lastre di vetro temperato, riempite o meno d’acqua, per tenervi dentro pesci rossi o cobra alla catena. Se tutti fossero come me… provate a pensare che il Mondo non sarebbe infestato dei libri di Bruno Vespa o Emilio Fede. E nel meraviglioso circo di Hollywood (che sarebbe molto più ampio, equo e un po’ meno meraviglioso), Terence Hill sarebbe uno di quelli che comandano, al pari dei vari Tom Cruise, Brad Pitt o Robert De Niro. Se tutti fossero come me… gli U2 suonerebbero nei grandi locali o nei piccoli teatri, mentre Vinicio Capossela farebbe 30 date in giro per gli stadi di tutto il mondo davanti a 100 mila spettatori alla volta. Il genio sarebbe di più facile comprensione, e di semplicissima assegnazione. Magari grazie a equazioni divenute ritornelli: l’amore è cieco, Dio è amore, Ray Charles è cieco, quindi Ray Charles è Dio. Ma accanto a quel trono ce ne sarebbe un altro, di pari levatura e lignaggio, dello stesso prego e della medesima architettura. Eppure poggiato al livello della strada, alla stessa altezza degli occhi della gente comune, quella così tanto amata da Fabrizio De Andrè. E tutt’attorno Vecchioni Fossati e Guccini, Caputo Ligabue e Ruggeri, Van De Sfroos Bertoli e i due Bennato, i Sud RoyPaci e Gaber; dall’estero qualche lacrima degli Aerosmith, una poesia pagana di Bjork e il delirio per le strade di un carnevale dei Chiclete Com Banana. Ma all’uscita dai concerti di tutta questa gente, non un ragazzo andrebbe a schiantarsi contro un maledetto platano per aver spinto l’auto alla stessa velocità dello stereo. E mai striati di rosso sarebbero i sabato sera al ritorno dalle discoteche. Se tutti fossero come me… l’aria sarebbe piena di saluti e

di sorrisi, e la maggior parte dei baci verrebbe schioccata sul dorso delle mani delle donne e non sulle guance. Se tutti fossero come me… 99 telefonate su 100 si aprirebbero con un “pronto?” ancora prima del terzo squillo. E 99 persone su 100 troverebbero quello che stavano cercando. Se tutti fossero come me… un essere umano si legherebbe ad un altro, scegliendo secondo la vastità della sua anima e non con la solidità del proprio impiego. Se tutti fossero come me… non un’Assicurazione avrebbe venduto una pensione integrativa o un piano d’accumulo per una vecchiaia serena. Come si può avere una vecchiaia serena se non si è vissuto pienamente tutto quello che c’era prima?… Perché ogni uomo penserebbe, al tramonto come al mattino, nella gioia e nel dolore, in pena e in povertà, dovunque comunque e sempre… penserebbe che “La Vita è Adesso”: brevissima e ancor più completa regola di uno dei pochi Dei non inseriti in quella lista di cantanti qualche rigo più su. Se tutti fossero come me… ci sarebbero pensieri più reali per quel debole complicato amatissimo piccolo uomo che si chiamava Marco Pantani. E il ciclista più famoso del mondo, in questo terzo millennio, invece marcirebbe in una prigione francese. Se tutti fossero come me… gli agenti anti-sommossa verrebbero colpiti sui loro scudi soltanto con i gambi dei fiori, e tra i due schieramenti contrapposti non si incrocerebbero voli di sampietrini e lacrimogeni. Nella scuola Diaz di Genova, al posto delle botte da orbi, quella notte sarebbero stati concepiti figli di sbarbati poliziotti e dolci universitarie. Se tutti fossero come me… non sarebbero scomparse persone in Argentina o al tempo in cui “i treni arrivavano in orario”; non esisterebbero politici (ma nemmeno uomini comuni) che di quei tempi ne hanno onesta ammirazione e anche nostalgia, sebbene il meccanismo della nostalgia scatti soltanto per qualcosa che già si è avuto, che già si è vissuto; e i portatori sani di braccia tese non erano nemmeno nati al tempo del Ventennio. Se tutti fossero come me… i becchini, i fognaioli, gli spazzini e i muratori verrebbero omaggiati del rispetto e della dignità che assolutamente meritano; il rispetto e la dignità che io adesso sembro negargli se mi auguro che tutti loro possano presto cedere i loro mestieri a gente che di cognome fa Berlusconi o Bersani, D’Alema o Calderoli, Santanché o Bondi. E tanti altri ancora… Se tutti fossero come me… l’altezza di gente come Montanelli o Biagi non sarebbe scalfita nemmeno di un granello; e Luttazzi sarebbe per tutti un Dio delle risate, seppur macchiato dall’imbroglio di aver rubato 100 battute (a fronte di 25 mila autoprodotte) a storici comici americani. Se tutti fossero come me… non un solo secondo del tempo degli esseri umani verrebbe speso a discettare sterilmente sul sesso degli angeli, sulle scie chimiche, sulla possibilità che Jim Morrison o Michael Jackson

SE TUTTI FOSSERO COME ME IL MONDO NON AVREBBE IL DONO DELLA SINTESI, MA NEMMENO L’ORRIBILE REGALO DEL CINISMO E DI TUTTE LE COSE CHE GLI SONO AFFINI COME GEMELLI NON PROPRIO IDENTICI...


siano ancora vivi. Rudolf Steiner verrebbe inteso per quello che è stato: un pazzo visionario al pari di quel povero confuso filosofo che parlava di fenomeno e noumeno, di ciò che appare e di ciò che effettivamente è. Che esiste. Se tutti fossero come me… nulla di ciò che non può essere visto esisterebbe. Neanche Dio. Che verrebbe sostituito da ciò che tutti sanno ma che pochi riescono a dire ad alta voce: che le Croci, le Mezzelune, i Vasi della Ricchezza, le Stelle a 6 punte e i Candelabri a 7… che tutte le Religioni sono nate soltanto per l’immensa paura che l’uomo ha di morire, di non avere un seguito per la sua coscienza, per la sua anima, dopo che il corpo si sarà dissolto. E allora si è inventato un posto bellissimo dove ci andranno i buoni e i meritevoli per essere in eterno al riparo dalla morte. E viene quasi da ridere al pensiero che si è sempre ucciso per questo. Se tutti fossero come me… la morte verrebbe vista come una porta da chiudere soltanto, non da aprire per affacciarsi su chissà cos’altro. E forse si vivrebbe con più criterio la vita, sapendo che è una soltanto. E che non c’è altro. Se tutti fossero come me… i lavavetri ai semafori avrebbero una vita meno grama, forse riuscirebbero a comprarsi tutti quanti una casa cantoniera da ristrutturare. Ma mi piace pensare che ai semafori, così come sulle scale delle Poste, non ci sarebbe nessuno con la mano tesa e nulla da scambiare con qualche spicciolo. Perché non ci sarebbe uomo senza un lavoro. Forse con quest’ultima ho esagerato un po’… ma non riesco a non pensare a quella legge che dice che “…nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, e a non traslarla nella nostra vita di uomini comuni, nella nostra vita regolata dai soldi, che non si distruggono ma passano semplicemente di mano in mano. E la crisi in cui cerchiamo di sopravvivere in questi ultimi tempi bui, non è spuntata dal nulla una mattina che un deposito di soldi ha preso fuoco all’improvviso e miliardi di miliardi di banconote sono andate distrutte. I soldi sono sempre quelli, e ad oggi, qui in Italia, in questa povera Italia, la metà di tutta la ricchezza di questo bellissimo Stivale e del meraviglioso popolo che gli ha dato la forma, è nelle mani del 10% degli esseri umani. Se tutti fossero come me… ognuno di noi proverebbe a porre rimedio a questa assurda iniquità. Sin dagli atri dei Municipi, per arrivare alle Province, alle Regioni, ai ministeri e a ogni centro di potere… tutti luoghi che ospiterebbero politici veri, uomini veri, e non ribattini sudati e ansiosi che si affannano per un appalto, per un inganno, che leccano tutto ciò che passa con in mano una borsa in cambio di un favore per rendere serene e scevre di angosce le loro stronze vite, per portare a termine i loro fottutissimi progetti di spianare la via ai figli, di dar loro un futuro senza incognite, di modellarli bene affinché siano stronzi tali e quali ai padri. Perché, nonostante l’abbia cantato il Dio Fabrizio che ho citato poco fa, non è affatto vero che “dal letame nascono i fiori…”

Regalatevi una regione straordinaria!

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CONSUMI & AMBIENTE

FOCUS ACQUISTI

SPESA A KM ZERO? MICA TANTO. LEGGETE QUA MOZZARELLA PROSCIUTTO

SPAGHETTI

ACQUA MINERALE

CONCENTRATO DI POMODORO

BRESAOLA

KIWI

Altro che spesa a km zero! spesso la grande distribuzione ci vende prodotti realizzati con materie prime che hanno fatto il giro del mondo. Colpa anche nostra, che siamo ormai abituati a mangiare frutta e verdura non stagionale. Ecco qualche esempio illuminante (fonte: “Ventiquattro”, mensile del Sole 24 Ore, in collaborazione con Coldiretti).

BRESAOLA IGP 10.400 KM (BRASILE-SONDRIO-BRINDISI): ORMAI QUASI TUTTA LA CARNE BOVINA USATA PER LE LAVORAZIONI IN VALTELLINA PROVIENE DA ARGENTINA E BRASILE. MOZZARELLA 1.400 KM (GERMANIA-LOMBARDIA-BRINDISI): DALLA DOGANA PASSANO OGNI GIORNO 3,5 MILIONI DI LITRI DI LATTE STERILE E DI SEMILAVORATI CHE VENGONO TRASFORMATI INDUSTRIALMENTE (SOPRATTUTTO IN LOMBARDIA). CONCENTRATO DI POMODORO 8.400 KM (CINA-CAMPANIA-BRINDISI): TRA IL 1987 E IL 2009 DALL’ESTREMO ORIENTE È ARRIVATO PIÚ DI UN MILIONE DI TONNELATE DI CONCENTRATO. ACQUA MINERALE 1.200 KM (VALLE D’AOSTA-BRINDISI): PER I PRODOTTI A MARCHIO PROPRIO LE CATENA DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE SPESSO USANO UN UNICO FORNITORE NAZIONALE. KIWI 19.100 KM (NUOVA ZELANDA-GENOVA-BRINDISI): NEI MESI IN CUI IL PRODOTTO NAZIONALE NON È DISPONIBILE PER RAGIONI DI STAGIONALITÁ (DA MAGGIO A OTTOBRE) VIENE DISTRIBUITO QUELLO DELL’ALTRO EMISFERO. SPAGHETTI 7.600 KM (CANADA-CAMPANIA-BRINDISI): IL 40% DEL GRANO DURO EXTRACOMUNITARIO IMPORTATO DALL’ITALIA ARRIVA DAL CANADA, SEGUITO DA MESSICO E STATI UNITI. PROSCIUTTO 3.400 KM (DANIMARCA-LECCO-BRINDISI): DUE COSCE SU TRE PROVENGONO DA MAIALI ALLEVATI IN NORD EUROPA E SPAGNA. 26

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SPORT

CALCIO

TUTTO COME PREVISTO IL PALLONE SI SGONFIA

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on che ci volesse molto, ma la tragicommedia sta seguendo la scaletta proprio come avevamo previsto e come tutti si aspettavano: il calcio brindisino marcia dritto e veloce verso il capitolo finale. Una storia già vista. E purtroppo prevista allorquando i Barretta hanno ceduto la società alla coppia tarantina GaliganiPupino, anzi, alle loro mogli, visto che sono loro le intestatarie delle quote societarie. Ad ottobre avevamo scritto di Galigani “che sarebbe stato difficile innamorarsene, almeno fino a quando non avrebbe dimostrato di essere il presidente di una società seria, pagando con regolarità gli stipendi e dimostrando di saper restare in alta classifica”. A quanto risulta dalle dichiarazioni dei giocatori, finalmente venuti allo scoperto per difendere i propri interessi economici, già da allora gli stipendi non venivano pagati. Ecco spiegato perché una squadra partita in quarta, giocando bene e a sprazzi dando spettacolo, si era trasformata in un club da giocatori di calcetto del giovedì sera, incapace di battere avversari di gran lunga inferiori. Al momento in cui andiamo in stampa Galigani non riceve i tifosi (tranne due-tre), non vuole parlare con i suoi giocatori, ed è scortato dalla digos, forse per evitare un altro tipo di tifosi (nel calcio è sempre bene andarci cauti con gli ultrà...). Il tarantino preannnuncia conferenze stampa in cui, se si faranno, accuserà altri. Tutti tranne se stesso, ovviamente: accuserà nuovamente i Barretta, e poi i giocatori (già denunciati con l’accusa di aver “regalato” una partita), e magari i brindisini che non amano il calcio e la “sua” squadra. Queste storie le abbiamo già vissute. Abbiamo fiuto per certi personaggi e certe vicende, che iniziano in maniera strana, proseguono in maniera ridicola, e finiscono in modo tragico. E tra i Barretta e la coppia Galigani-Pupino non c’è storia: con i primi, sei anni di bel calcio e giocatori pagati; con i secondi, per ora, quattro mesi di sofferenza, lo stadio vuoto e forse la fine del pallone. Ai Barretta, a questo punto, va rimproverata solo una cosa: quella di aver ceduto troppo frettolosamente le quote societarie e di aver dato

fiducia (rimettendoci soldi, almeno al momento) agli acquirenti, pur di abbandonare il giocattolo-voragine che faceva perdere troppo denaro. Di certo c’è che ormai è troppo tardi per lanciare appelli agli imprenditori locali e alle istituzioni: soltanto un pazzo oserebbe perfino prendere in considerazione l’ipotesi di acquisire uan società in queste condizioni. Se si va avanti di questo passo, non solo il tribunale sportivo, ma perfino la guardia di finanza e la magistratura finiranno per occuparsi dei biancazzurri, o di quello che ne resta. C’è solo una via per salvarsi dal tracollo, ed è quella che passa ancora dalla famiglia Barretta. Sono loro gli unici a poter chiedere al duo Galigani-Pupillo di fare le valigie (magari dopo l’ennesimo, l’ultimo, esborso di denaro). Poi lasciassero tutto nelle mani del sindaco e di chi vuole proseguire, con una società senza ombre e senza inchieste in corso. Se questo non accadrà, il calcio potremmo anche cancellarlo. Del resto è meglio non averlo proprio, che assistere a questo spettacolo indecente. In campo e fuori.

E per il basket un mese cruciale

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ome sempre accade in questi casi, Perdichizzi è stato cancellato ed ora tutti si aspettano il miracolo da coach Luca Bechi. Contro la Scavolini si è visto un allenatore che si fa rispettare, che obbliga a giocare di squadra e che ha ben presenti quali sono i limiti della sua squadra. Ma la cosa che più colpisce è la volontà di trovare un ruolo a Diawara, il giocatore che più di tutti finora ha deluso. Era quello che doveva assicurare spettacolo e punti, e invece è stato così inguardabile da far chiedere a qualcuno come potesse sperare di giocare ancora in Nba. Evidentemente Diawara non è stato impiegato nel suo ruolo e la squadra non ha giocato per lui. O almeno così si spera Bechi. Se il coach farà il miracolo con l’ala piccola francese, e se finalmente un giorno riusciremo a vedere in campo l’americano Monroe, allora questo roster non avrà bisogno di grandi rivoluzioni, salvo forse di un pivot che possa far rifiatare Lang, perché sappiamo tutti che la buona volontà ed il cuore di Infante non possono sopperire alla differenza di stazza e tecnica con i pivot della serie A. E perfino Dixon, se non lasciato libero di fare ciò che vuole, può essere una risorsa importante. Contro la Scavolini lo ha dimostrato. Speriamo che continui a farlo. Comunque la classifica è ancora corta e squadre che hanno 12 punti non sono poi molto più forti di noi. I prossimi appuntamenti contro Biella e Avellino diranno davvero chi siamo. E dove possiamo arrivare. Nella foto di Damiano Tasco: Luca Bechi

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Cartellone EVENTI E PROTAGONISTI DEL MESE

20 Fino al

GENNAIO

BASTIONE SAN GIACOMO

Mostra ARMANDO SCIVALES

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’è tempo fino al 20 gennaio per ammirare le opere del brindisino Armando Scivales, in mostra al Bastione San Giacomo (via Nazario Sauro). Un brindisino illustre che ha legato il suo nome ad artisti, critici ed ambienti e premi culturali nazionali di grande rilievo. L’Amministrazione Comunale ha acquisito una collezione di sue opere, dipinti e disegni, che saranno definitivamente ospitati in una sede comunale, quale Pinacoteca a lui dedicata. Il giusto riconoscimento per un uomo che scriveva: “Qui (a Brindisi) sono nato e qui finirò i miei giorni”. Dal martedì alla domenica, ore 10/13 - 17/20. Lunedì chiuso. Visite guidate su prenotazione: tel. 0831229647.

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CARTELLONE

12 Sabato

FEBBRAIO

TEATRO IMPERO - ORE 21

COMPAGNIA STABILE DEL MUSICAL & MAURIZIO CASAGRANDE NOI... FIGLI DELLE STELLE

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favolosi anni ‘70 e ’80 saranno lo scenario per lo straordinario attore Maurizio Casagrande, protagonista di una storia avvincente, romantica e divertente. Casagande condividerà il palco in compagnia di 24 fantastici artisti tra cantanti, ballerini, attori e musicisti in una “commedia musicale” inedita ed originale! Lo spunto dal famosissimo brano di Alan Sorrenti, per la nuova produzione della Compagnia Stabile del Musical (direttore artistico Adolfo Marazita), che nel 2011 festeggia il nono anno di attività. I brani cantati dal vivo, faranno rivivere i famosi successi di Claudio Baglioni, Riccardo Cocciante, Reanto Zero, Mia Martini, Gianni Morandi, Lucio Battisti, Pino Daniele e altri ancora. La storia, scritta appositamente per questa produzione, vedrà Maurizio Casagrande con tutto il cast, rivivere il periodo caratterizzato da “La Febbre del Sabato Sera”, la “Musica D’autore”, la “Disco Dance Italiana”, “DJ Television”, “Super Classifica Show” e le tante sigle televisive danzate da Raffaella Carrà, Heather Parisi e Lorella Cuccarini. I musicisti in scena riproporranno le “indimenticabili” sonorità dance dell’epoca e l’imponente gioco di luci esalterà i “mitici brani” portati al successo da Kool and the Gang, Eart Wind and Fire, Michel Jackson ed altri ancora. Si racconterà un decennio dimenticato dallo stile, con fatti di costume e cronaca che hanno cambiato per sempre il destino del mondo. Biglietti in prevendita da Quincy Music, Edicola SCardicchio (via Appia), Caffé al teatro, Tabaccheria il Quadrifoglio (Auchan).

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opo lo straordinario successo della primavera scorsa a Napoli, e di questo autunno a Lucca, la grande mostra “L’Audace Bonelli L’avventura del fumetto italiano”, si sposta a Brindisi, nella prestigiosa sede di Bastione San Giacomo, dal 27 gennaio al 17 aprile 2011. L’esposizione è dedicata alla più prestigiosa casa editrice di fumetti made in Italy, la gloriosa Sergio Bonelli, ed è curata da Napoli Comicon. Il percorso espositivo ripropone la mostra napoletana in una versione aggiornata alle ultime novità editoriali e non solo, e si articola in più di 150 tavole originali dei maggiori artisti che hanno lavorato e lavorano per la Bonelli, in una collettiva che prevede opere di decine di disegnatori. Napoli Comicon ha sempre collaborato con la storica casa milanese ed era giunto il momento di omaggiare la Sergio Bonelli Editore con una grande esposizione a 360 gradi per fare il punto su un fenomeno editoriale unico nel mondo della Nona Arte mondiale. Si dà largo spazio ad alcuni dei personaggi e delle saghe più note tra gli appassionati, e non solo, della letteratura disegnata, che hanno attraversato decenni di storia italiana, mantenendo inalterata la qualità: innanzitutto Tex, naturalmente, e Dylan Dog, oltre a Zagor, Mister No, Martin Mystère, Julia, Magico Vento, Napoleone, Dampyr, Brendon, Nathan Never, Comandante Mark, Piccolo Ranger, fino ai recenti Brad Barron, Volto Nascosto, Caravan, Greystorm, Cassidy. Per questa edizione la mostra è arricchita e integrata grazie a nuove sezioni e alla presenza di numerose tavole in anteprima delle future iniziative editoriali della casa editrice.

27-28 Giovedì e Venerdì

GENNAIO

NUOVO TEATRO VERDI

Musical JESUS CHRIST SUPERSTAR Ore 20.30

27 Fino al

APRILE

BASTIONE SAN GIACOMO

Mostra L’avventura del Fumetto italiano

È fondamentale rimarcare la peculiarità tutta italiana dell’ormai paradigmatico

G

iuda ha l’X Factor. Matteo Becucci, il vincitore nel 2008 del talent show targato Rai, gioca la carta del musical. E in Jesus Christ Superstar veste i panni del traditore per antonomasia. Con lui, sul palco, il cantante Mario Venuti (nel ruolo di Pilato) e - nella parte di Maddalena - la cantante dei Dirotta su Cuba, Simona Bencini. Paride Acacia dà invece voce e corpo a Gesù nello spettacolo firmato da Massimo Romeo Piparo, che torna 15 anni dopo il memorabile debutto per confermare il primato di Jesus Christ Superstar, l’opera rock più amata dal pubblico italiano, di nuovo sulle scene nella versione originale in lingua inglese, con un’orchestra dal vivo e trentacinque artisti sul palco. Nel numeroso cast spiccano anche affermati talenti del musical italiano come Massimiliano Giusto (Hannas), Cristian Ruiz (Simone) e Ciccio Regina (Caifa). Lo spettacolo, che dopo l’esordio ha avuto ben undici stagioni consecutive di repliche per oltre un milione di spettatori, prevede anche una chicca: la proiezione del video So Long Judas con brani inediti, interviste e immagini che ricordano la partecipazione di Carl Anderson (storico Giuda, scomparso qualche anno fa) nella produzione di Piparo, il primo ad aver ideato un allestimento italiano di Jesus Christ Superstar, l’unico riconosciuto dal Vaticano. www.fondazionenuovoteatroverdi.it

albo popolare bonelliano, un caso che non ha raffronti al mondo e che vede serie “aperte”, con cadenza quasi sempre mensile, affidate a valenti sceneggiatori, e a un’enorme fucina di talenti e a molte affermate matite, nella maggior parte di autori italiani. Gli albi sono rigorosamente in bianco e nero, tranne alcuni numeri dichiaratamente “speciali”. Una vera industria del fumetto, insomma, che ha anche il paradosso di essere gestita in maniera “familiare”, mantenendo un’umanità e un’umiltà che si ritrova, ad esempio, nello scarso sfruttamento commerciale del proprio prodotto, per volontà di Sergio Bonelli in persona e dei suoi fidati collaboratori. Particolarmente curato è l’apparato informativo della mostra, sia nel ripercorrere l’aspetto storico, che per la descrizione bio-bibliografica. Larga parte è poi dedicata agli albi e alle pubblicazioni, italiane ed estere, con un intenso lavoro di ricerca tra storici e collezionisti. Il tutto incastonato nella evocativa cornice scenografica dello storico Palazzo Guinigi. La presenza di molti dei disegnatori e dei protagonisti, a partire dallo stesso Sergio Bonelli, contribuirà a creare maggiore attenzione nei tre mesi della mostra. A corredo dell’esposizione, poi, un libro di 240 pagine realizzato grazie ai contributi inediti dei massimi studiosi e specialisti dell’universo bonelliano. Un’occasione da non perdere per approfondire il mondo fantastico della Casa editrice milanese, irrinunciabile risorsa e perno dell’industria dell’immaginario del nostro Paese. La mostra è a ingresso gratuito, aperta dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00.

15-16 Sabato e Domenica

GENNAIO

NUOVO TEATRO VERDI

TEATRO (PRIMA NAZIONALE) LA CIOCIARA

di Annibale Ruccello, con Donatella Finocchiaro e Daniele Russo h 20.30 sabato / h 18 domenica


ATTUALITÁ

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA/2

IL VIGILE, IL SINDACALISTA E IL GIORNALISTA Il Coordinatore provinciale del Sulpm esprime “disappunto per le farneticanti esternazioni” espresse su TB da Emanuele Corvetto nei confronti di un vigile che, per lo stesso sindacalista “è ingiustificabile”.

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aro direttore, intendo esprimere il mio disappunto alle farneticanti esternazioni del sig. Emanuele Corvetto, che ha firmato l’articolo pubblicato a pag. 22 di TB n. 26 di dicembre 2010. La presente non è certo una giustificazione agli inverosimili comportamenti degli agenti di Polizia Municipale (non più vigili urbani dal 1986) più volte citati dal “giornalista”, perché ritengo che i colleghi non abbiano bisogno di alcuna difesa. Sicuramente il primo passo per migliorare la situazione attuale, senza scomodare qualche premio Nobel, sarebbe quello di comportarsi tutti in maniera più corretta, civile ed urbana, guardando prima agli errori commessi senza rivolgere sempre lo sguardo agli errori altrui per cercare delle inutili attenuanti, creando una più stretta collaborazione tra il cittadino e l’Agente di polizia Municipale. L’unico obiettivo del sig. Corvetto sembra essere quello di colpevolizzare una categoria di lavoratori che, nonostante le gravissime carenze di organico, garantisce alla città un egregio servizio 365 giorni all’anno, senza periodi di stanca o di coprifuoco tali da non poter far mettere il naso fuori di casa agli utenti della strada. Questo è un comportamento vile e scorretto ed io con i miei colleghi non lo accettiamo né da parte sua né da parte di nessun altro; naturalmente non intendo tutelare tutti indistintamente, perché esistono certamente degli agenti inefficienti come esistono sicuramente dei giornalisti incapaci. Fortunatamente pochi mesi fa è stato bandito dall’amministrazione un concorso per assumere nuovi agenti, che speriamo tutti si svolga nel più breve tempo possibile, perché in barba a ciò che è stato scritto con troppa leggerezza, la città ha

TUTTOBRINDISI NUMERO 27 - GENNAIO 2011 TIRATURA 5000 COPIE Autorizzazione Tribunale di Brindisi n. 4 del 13/10/1995 Direttore Responsabile FABIO MOLLICA info@fabiomollica.com Grafica SALVATORE ANTONACI Stampa TIPOGRAFIA MARTANO (Lecce) Numero chiuso in redazione il 4 Gennaio Il prossimo sarà in distribuzione martedì 10 febbraio 2011.

www.fabiomollica.com Edizioni Effe Srl Prolungamento Viale Arno, sn 72100 Brindisi - Tel/Fax 0831550246 Le altre nostre pubblicazioni bisogno della propria polizia municipale per garantire un corretto ed equilibrato vivere civile. Riguardo, invece, alle presunte collusioni con quella che viene definita ”brindisi bene” da parte di alcuni agenti che compiono il proprio dovere utilizzando due pesi e due misure esorto il sig. Corvetto a rivolgersi alla Magistratura laddove dovesse ravvedere fatti di rilevanza penale oppure ai responsabili del servizio d’istituto per altri comportamenti scorretti o sconvenienti, diritto/dovere di qualunque buon cittadino. Enrico Giannini Coordinatore Provinciale del S.U.L.P.M. di Brindisi Gentile signor Giannini, la ringrazio per la sua lettera, ma francamente nello scritto di Corvetto non ho ravvisato alcuna attacco al corpo di Polizia Municipale, altrimenti stia tranquillo che non sarebbe stato pubblicato. Il collaboratore ha raccontato solo un episodio di cui è stato testimone, con protagonista un vigile che evidentemente non ha fatto il suo dovere. So benissimo che la città ha bisogno della sua Polizia Municipale, così come della Polizia, dei Carabinieri, di un sindaco, degli assessori e di giornalisti seri e corretti. Ma criticarne uno - seppur in divisa, o che riveste una carica - non significa attaccare una categoria. Significa solo fare il proprio dovere di cittadino. Fabio Mollica

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i sarà anche un equipaggio brindisino tra i 100 che parteciperanno dal 19 al 22 gennaio al 79° Rally di Montecarlo: è quello composto da Francesco (pilota) e Alberto (navigatore) Motta. È il “rally dei rally” ovvero la più difficile, antica ed affascinante corsa su strada che quest’anno compie 100 anni (la prima edizione risale al 1911, e fu sospesa solo negli anni della guerra). «È un traguardo ambizioso per un pilota da rally, anzi, sicuramente il più ambito», dice Francesco, che corona così un sogno nel cassetto. Solo cento dunque gli equipaggi ammessi al via, provenienti da 27 nazioni diverse, le più lontane delle quali sono Barbados e Australia, a suggellare un’edizione memorabile del Rally di Montecarlo: l’edizione del centenario. Basti pensare che sono state ben 305 le domande di iscrizione pervenute da tutto il mondo all’Automobile Club di Montecarlo. “Correre il Rally di Montecarlo aggiunge Francesco Montagna - sarà per me e mio fratello un’emozione fortissima, non priva di qualche preoccupazione, vista la difficoltà della gara più “dura” del mondo. Sarà l’esame di laurea di diciannove anni di attività agonistica nei rally”.

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PERSONE

CB CIAO BRINDISI

ANDREA RONGONE

Il figlio di Vito (banchiere, ex giocatore di basket) e Patrizia (impiegata della Camera di Commercio), è a Madrid per ultimare gli studi. E in questo suo articolo ci parla delle differenze con la realtà brindisina. E delle nostre potenzialità. Inespresse.

«Qui i giovani portano idee, apertura internazionale, vita notturna, moda e glamour»

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amiglia, basket, ingegneria e… tapas! In breve, non riesco a trovare parole che meglio mi descrivano. Nato a Brindisi 23 anni fa, cresciuto a “pane e basket”, col papà Vito giocatore e mamma Patrizia che mi portava alle sue partite quando ancora ero nella culla, oggi appartengo alla folta schiera di brindisini che vivono lontani dalla nostra città. Ho vissuto tanti anni al centro, per poi trasferirmi nella zona dei Salesiani; ho frequentato il Liceo Fermi (mitico prof Lanciano, un’istituzione!) e, subito dopo la maturità, mi sono iscritto al Politecnico di Milano, dove ho concluso la triennale in Ingegneria Gestionale. Da 5 mesi, grazie al progetto Erasmus, mi trovo a Madrid, frequento la Universidad Politécnica e vivo una magnifica esperienza internazionale, fatta di tapas al jamon, Real e Atletico, Goya, una nuova lingua e, soprattutto, amici di tutto il mondo. Ciononostante, i miei legami emotivi con Brindisi sono rimasti fortissimi: passare le domeniche dai nonni, uscire con gli amici di tutta la vita (Alessandro, Daniela e Nicolò, in rigoroso ordine alfabetico), seguire il basket con la New Basket e l’Aurora Brindisi, e perfino mangiare un piatto di riso, patate e cozze formano una parte indelebile della mia storia e del mio presente. In più, si dice che chi va a vivere fuori perda l’accento, e invece esporto il dialetto e i nostri prodotti, visto che a Milano divido l’appartamento con un ragazzo di San Pancrazio, e a Madrid abito con Augusto, figlio dell’indimenticabile Gino Maiorano; case in cui non mancano mai caffè nostrano, olio, tarallini e frise.

STORIE DA LONTANO

Madrid è una città culturalmente molto simile a Brindisi, perché il suo clima da barrio prevale sull’essere capitale europea: gli habitué dei bar tipici, piastrellati anni ’70-’80, con la birra o il Vermut alla spina al posto del nostro caffè, ne rappresentano l’emblema; eppure, le opportunità di divertimento non sono neanche comparabili: concerti, locali, la movida, teatri e perfino centri sociali in pieno centro ne fanno una delle città più vive d’Europa. Insomma, niente a che vedere con i nostri corsi o il lungomare - quanto cemento!! - semi-vuoti un sabato pomeriggio invernale. La differenza principale? I giovani portano idee, apertura internazionale, vita notturna, moda e glamour. Madrid ha il polo universitario più grande d’Europa, e Salamanca, una città paragonabile alla nostra, ha 40 mila studenti a fronte di 160 mila abitanti; sono città attive, vive, moderne. Il confronto con la Cittadella, con l’Ospedale e con i nuovi edifici del Casale, adibiti a università, mette quasi tristezza: dov’è finito il progetto della

città universitaria? E la “città d’acqua”? Le promesse non mantenute sono frutto del rispetto di cui manchiamo a noi stessi: ogni volta che torno a Brindisi “quasi” invidio l’efficienza milanese, la

Con questa rubrica vi proponiamo le storie di chi vive fuori città. Di quanti hanno scelto, o hanno dovuto scegliere, di emigrare. Saranno loro stessi a farlo, con le loro parole. Se siete uno dei brindisini emigrati, scriveteci: info@fabiomollica.com

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loro capacità di misurare ex-post le promesse fatte in campagna elettorale e il loro senso civico (senza esagerare però, perché restano pur sempre molto grigi). Avere la centrale più inquinante d’Europa, le strade sporche persino rispetto alla patria del botellon, accorgerci che ci manca un palazzo dello sport adeguato solo quando si sale in serie A, diminuire il traffico di uno dei porti potenzialmente migliori d’Italia, svendere la nostra sabbia alla provincia vicina per alimentare il loro turismo… tutto questo è strettamente relazionato, ed è solo colpa nostra, di chi promette e non è capace di mantenere, di chi vive nell’indifferenza del futuro della città, finanche di chi ancora non si rende conto che una città più pulita è una città migliore per tutti. Eppur si muove qualcosa all’orizzonte. L’aeroporto in crescita, le strade rinnovate, qualche (troppo poche) area verde in più, nuovi gruppi d’interesse, come il “NO al rigassificatore” o le inchieste sulla centrale, sono presupposti importanti di una possibile crescita. Il punto è sempre lo stesso: lo sviluppo può partire solo dal turismo, e la difficoltà storica è fare in modo che il turista di passaggio scelga Brindisi come meta. Ma chi si occupa del marketing del territorio? Far conoscere la meraviglia di Torre Guaceto, ampliare l’offerta turistica ambientale e sostenibile, promozionare eventi culturali, sportivi, mostre, sagre, eventi (e possibilmente varie combinazioni fusion, come alcuni locali madrileni che sono delle vere e proprie gallerie d’arte) che attirino l’attenzione nazionale e internazionale verso la nostra città, soprattutto nei nuovi collegamenti aerei di cui il nostro aeroporto dispone: è questa la nuova frontiera e l’opportunità per garantire la sopravvivenza della città. Da cosa iniziare? Non lo so, ma i risultati e l’esempio sono a due passi da noi, nel leccese, e il nostro potenziale è ancora migliore. Nel mio piccolo, la promozione di Brindisi e delle sue spiagge inizia dai miei amici: da anni, come dice mio fratello Simone, ci trasformiamo in gestori di un B&B, ospitando ragazzi da Milano che vengono a visitarmi; e dalla prossima estate, l’offerta si arricchirà con amici tedeschi, svedesi e spagnoli. Chissà, magari con il passaparola… Andrea Rongone Nella foto in alto, Andrea con mamma Patrizia e papà Vito. Qui accanto, con Augusto Maiorano.


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TB ALBUM

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AL MARE D’INVERNO Coraggiosi? Pazzi? Decidete voi. Loro però si divertono. Sono i componenti dell’associazione sprotiva Brindisi Surf Club, ricostituitasi nel luglio 2010 per iniziativa di Osiris Masiello e Luigi Spagnolo. Sono una trentina circa gli appassionati locali di questo sport, e si ritrovano nella spiaggia che affianca il lido dei Vigili del Fuoco, dove le onde da surfare non mancano quasi mai. Attrezzature e abbigliamento tecnico invece sono in vendita presso il Drop Surf Shop (collegato all’associazione) di via XV Novembre, al rione Casale, proprio in prossimità della fermata della motobarca. Per ulteriori informazioni contattate su facebook Osiris Masiello, oppure visitate il blog brindisisurfclub.blogspot.com.

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MARIO LIOCE turista per casa

LA CITTÁ INVISIBILE È TEMPO DI BILANCI E DI PREVISIONI PER IL FUTURO. IO INVECE GETTO UN OCCHIO DISINCANTATO AL PASSATO, CERCANDO DI TRARNE IL MEGLIO

C

on l’inizio del nuovo anno per molti è d’obbligo tracciare bilanci ed esprimere i primi proponimenti. Il mio proverbiale pessimismo, invece, mi ha sempre sconsigliato di percorrere questa strada irta di ingannevole progettualità. Al profetizzare un futuro migliore preferisco di gran lunga gettare un occhio disincantato al passato, cercando di trarre qualche considerazione speculativa. E dunque, mio malgrado, non posso esimermi dall’esprimere una profonda preoccupazione per il futuro di questa città. Ciò che alimenta e moltiplica la mia inquietudine è il perdurare di quella sorta di incorporeità che la caratterizza. Già all’inizio del 2009 - sempre da queste pagine - in contrapposizione alla granitica convinzione del sindaco (“Ora sappiamo chi siamo”), opposi la mia perplessità in merito. Nelle mie considerazioni cercai di andare oltre la domanda “che cosa siamo”, ritenendo questa una questione più ascrivibile ad un’indagine filosofica o metafisica. Mi concentrai quindi sull’aspetto politico del “chi siamo”, considerandolo come un interrogativo corretto da porsi quando si cerca di plasmare, o meglio riplasmare, un’identità storicosociale. Nonostante il tempo trascorso ho l’impressione che alla domanda non sia stata data ancora una risposta. Geograficamente siamo schiacciati tra due province limitrofe economicamente più forti e propositive che, grazie a un dinamismo illuminato e levantino, ci sottraggono ossigeno ed energie. Anche l’auspicio di divenire una realtà turistica cozza fragorosamente e contraddittoriamente contro l’unico aspetto che attualmente ci

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caratterizza realmente e cioè l’essere uno dei poli del comparto energia più vasti e inquinanti d’Europa. L’antropologo Lévi Strauss sosteneva che “non può esserci identità se non c’è differenza” e, difatti, la nostra principale inadeguatezza è rappresentata dall’assenza di una visione identitaria in grado di realizzare un’offerta strutturale e distintiva di lungo periodo. Siamo invisibili nel bene, quando le mode e le tendenze indicano il Salento come meta dei nuovi trend turistici, ma di Brindisi non vi è traccia. Siamo invisibili nel male, quando il giornalismo di indagine parla dei miasmi industriali di province a noi vicine, trascurando i nostri mali non meno nocivi e devastanti. È invisibile persino la protesta. Invisibile perché inascoltata. Invisibile perché l’indifferenza collettiva la smaterializza e la rende vana. E purtroppo è invisibile anche il cambiamento, poiché assente nella nostra struttura genetica. Invisibile è la capacità di reagire, di opporre lo sdegno all’immobilismo, la partecipazione all’indolenza, la consapevolezza all’ignoranza. La comunicazione è asservita al consenso e la politica della “concretezza” è sostituita dalla politica del “comunicare”. Una politica che usa le conferenze stampa come strumento preventivo e non a cose fatte. Un sistema malsano che vede telecamere e scribacchini sempre pronti a fare da eco acritico alle dichiarazioni del politico di turno.

Dopo un importante evento sportivo sarà capitato ad ognuno di leggere su qualche quotidiano nazionale come le dichiarazioni degli addetti ai lavori avessero trovato un esito diametralmente opposto rispetto alle previsioni “strombazzate” in prima pagina. Servirebbe qualcosa del genere anche per la politica: un telegiornale del giorno dopo o un programma che periodicamente si occupi a consuntivo di verificare se le tante pirotecniche promesse deflagrate in mirabolanti conferenze stampa hanno trovato compimento. Quante volte su queste pagine ho cercato di trasmettere la soddisfazione personale e collettiva per alcune iniziative della politica: centri di accoglienza destinati a restituire un senso di dignità a chi vive nel disagio, polmoni verdi da rendere fruibili al godimento dei cittadini, realizzazione di infrastrutture in grado di riqualificare l’offerta di una città in cerca di riscatto. Dov’è tutto questo? Che fine hanno fatto tutte le iniziative che per mesi hanno occupato le pagine e gli spazi dei media locali? Sono certo che chi di dovere sarebbe pronto a fornire mille spiegazioni in merito al mancato compimento. Però la mortificazione cresce, la rabbia monta. Ti accorgi che le riflessioni, le parole, le speranze stesse che avevi speso per quegli ipotetici fatti sono tornate invisibili. Ti senti defraudato e delegittimato. Ma siamo all’inizio dell’anno e se il mio scetticismo impedisce vaticini positivi, non posso fare altro che prendere in prestito l’ottimismo altrui. Nei giorni scorsi, durante la ormai classica cena prenatalizia della redazione di questo magazine, ho avuto la fortuna di conoscere una persona che ho appreso essere in prima linea nell’impegno sociale. Educata ma risoluta, garbata ma incisiva, questa persona mi ha spiegato che nella sua costante azione di trincea ha incominciato a intravedere un rinnovato impegno della gente. Una positiva voglia di monitorare l’azione della politica e un’inusuale volontà di chiederne conto. Non c’è grandezza né impresa senza sogno, e allora consentitemi di ringraziare questi sognatori, poiché è grazie a loro che la coscienza civile resta desta.

LA NOSTRA PRINCIPALE INADEGUATEZZA È RAPPRESENTATA DALL’ASSENZA DI UNA VISIONE IDENTITARIA IN GRADO DI REALIZZARE UN’OFFERTA STRUTTURALE E DISTINTIVA DI LUNGO PERIODO...


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SOGNANDO ALTAN

EDIZIONE STRAORDINARIA:

OGGI FERRARESE NON HA DETTO NIENTE! 38

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