TB Magazine Agosto 2009

Page 23

sticato sulla sistemazione che sarebbe stata data alla statua. L’avrebbero posta sotto il porticato sì da attirare subito l’attenzione di brindisini e forestieri? O l’avrebbero sistemata all’ingresso, quasi a voler rimarcare l’importanza della tenzone culturale e culturalmente vinta con l’ex capitale Napoli? Con lo sguardo del curioso ma anche con un fastidioso affanno dello spirito mi sono recato al Museo ed è per questo che non sono stato in grado d’apprezzare subito la bontà dei lavori che vi sono stati eseguiti. In realtà ero lì per l’Ercole, il padre di Brento, il mitico fondatore della nostra città e questo faceva passare in second’ordine ogni altro pensiero. Ebbene, non ho trovato l’Ercole né all’esterno né all’ingresso. E nemmeno nel piano inferiore o nella grande sala del piano terra. Si è riaffacciata la speranza allorché, superando impegnative pendenze, sono giunto nell’area della Brindisi romana. È questa la sua giusta collocazione, mi sono detto. Certamente l’avranno posizionato accanto alla statua di Clodia Anthianilla, altra brindisina nonché poetessa emerita. Invece, di Ercole, nemmeno l’ombra! Anzi, no. In un pannello nominato “Sculture ideali” figura una succinta descrizione della nostra statuetta sotto la quale si legge: “Statua marmorea raffigurante Eracle (“Ercole brindisino”). Età anonima. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 6382”. Sono consapevole che, oggigiorno, la restituzione di un’opera d’arte può creare pericolosi precedenti. E so anche che le uniche, parsimoniose, eccezioni che vengono fatte riguardano i trafugamenti avvenuti in tempo di guerra (come le opere depredate dai nazisti o la stele di Axum da poco restituita dall’Italia al Governo Etiope) e le vendite illegali ai musei ad opera dei trafficanti d’arte (è questo il caso in cui, al contrario, reperti custoditi nel Paul Getty Museum di Malibu stanno rientrando in Italia). Per il resto si fa orecchio da mercanti… d’arte! E tuttavia, accanto al principio della “proprietà culturale” oramai acquisita (come i gruppi marmorei del Partenone al British Museum o il tesoro

di Troia al Museo Puškin di Mosca) rimane pur sempre valido il principio della “proprietà territoriale”. Quello in virtù del quale il Tar del Lazio recentemente ha decretato la restituzione della Venere di Cirene a Gheddafi perché “l’area in cui è stata fortuitamente trovata l’opera, all’epoca, faceva parte del territorio libico”. E dunque proprio a questo principio della territorialità ci si deve appellare per riavere l’Ercole a Brindisi, rafforzandolo col non trascurabile particolare che, a Napoli, l’opera continua a non essere visibile. Vale la pena, perciò, di tornare alla carica senza, con questo, ipotizzare nei confronti dei napoletani guerreschi scenari da secchia rapita. Anche perché, con il tempo, possono cambiare le situazioni, le persone e, soprattutto, le idee. Insomma, bisogna insistere, a costo d’andare a scomodare l’ultimo discendente dei Borbone, il principe Carlo, per un’azione d’intercessione nei confronti della Direzione del Museo di Napoli... Infatti, non è per colpa del suo avo se l’Ercole non è rimasto a Brindisi? E, se proprio tutto dovesse andare storto, ci si dovrebbe almeno muovere perché all’Ercole venga tolto l’appellativo di “brindisino” e venga cancellata anche l’omonima via dallo stradario della nostra città. Questo per evitare che al danno si aggiunga la beffa… Qualcuno potrebbe essere dell’avviso che non valga la pena imbarcarsi in una simile impresa dal momento che non si tratta poi d’un’opera d’eccelsa fattura artistica. Ma, se rinunciassimo anche solo a tentare, finiremmo per dare l’ennesimo schiaffo alla nostra identità storica e culturale e non renderemmo un buon esempio alle generazioni future. Insomma, non facciamo che Brindisi, a forza di cedere sempre e non recriminare mai (o facendolo molto fievolmente), finisca per diventare come Alessandria, la città “senza vestigia” di Kavafis. La città in cui “un passato cancellato e un torbido presente si mescolano in un’inconfondibile atmosfera di mistero ed eros”. Guido Giampietro

WHEN I BIT OFF MORE THAN I COULD CHEW (HO INGOIATO PIÙ DI QUELLO CHE POTESSI MASTICARE)

WWW.TBMAGAZINE.IT TB 23


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.